LEZIONE C3 Lati in ombra: Le nuove cronicità

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Covisco - Nodi di Policy - Lezione C3 1 LEZIONE C3 Lati in ombra: Le nuove cronicità CoViScO 2012/2013 – Ricadute di policy Giuseppe A. Micheli

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CoViScO 2012/2013 – Ricadute di policy Giuseppe A. Micheli. LEZIONE C3 Lati in ombra: Le nuove cronicità. QUESTIONE NUMERO 1. [1] Che peso e che connotati ha la quarta fase della transizione epidemiogica, concernente le patologie croniche logico-cognitive?. - PowerPoint PPT Presentation

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LEZIONE C3

Lati in ombra:Le nuove cronicità

CoViScO 2012/2013 – Ricadute di policy Giuseppe A. Micheli

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QUESTIONE NUMERO 1

[1]

Che peso e che connotati ha la quarta fase della

transizione epidemiogica, concernente le patologie croniche logico-cognitive?

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Sei premesse sul dolore cronico/1[I] Il dolore non è oggetto di studio. Descrivendo solitudine e disperazione i ricercatori di Chicago le riportarono sempre all’idea di disorganizzazione sociale e di lì a quella di patologia sociale. Misero le basi per riflettere sull’influenza reciproca tra: quadri dell’organiz-zazione sociale, variabilità degli stili dei vita dei gruppi, diversa capacità dei singoli di tollerare condizioni di vita disagiate, cioè produttrici di pathos. Ma invece di addentrarsi in questo intreccio “presero altre strade: rifiutando la patologia, trascurarono il pathos” (Matza, 1969). A parte filosofia e psico-logia la riflessione sul dolore in sé è stata poco praticata nei risvolti sociali. [II] Il dolore è anche dolore cronico.

L’antropologia dei riti del cordoglio privilegia il dolore causato da apocalissi improvvise; ma simile, negli umori e nelle conseguenze, è il dolore cronico. Anche in esso si esperisce una ‘crisi della presenza’: la “frantumazione degli assunti”, il collasso del mondo ‘dato per scontato’ che orienta le nostre azioni. Il chronic sorrow non ha rito del cordoglio, ma proprio per questo è ancora più alienante perché non mette in moto gli anticorpi della destorificazione. Uno scivolamento lento, atteso e prolungato è una ‘crisi della presenza’ senza fine, che produce bisogni di care altrettanto, se non più, destabilizzanti.

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Sei premesse sul dolore cronico/2[III] Il dolore cronico non riguarda solo il pazienteL’idea di pathos è bilaterale come quella di capacità (facoltà di agire su qual-cosa, ma anche di recepire l’azione su di sé). Pathos denota sofferenza passi-va ma anche alterazione di stato che tracima (spillover) sulle persone accanto. Il paziente (portatore/datore di pathos) cronico non è l’unico coinvolto nel do-lore: una più estesa cellula sociale elabora il lutto intorno a lui. La più elemen-tare lega paziente e caregiver. Kara, radice gotica di care, indica il rito collet-tivo del cordoglio, di chi partecipa all’elaborazione di una crisi della presenza.

[IV] Il dolore cronico funzionale va distinto da quello cognitivo.Due cronicità hanno oggi dimensione di massa, nelle società di welfare maturo: demenze senili, specie Alzheimer (AD) e forme psichiatriche maggiori (Ψ). Entrambe mettono in crisi le capacità cognitive dell’individuo, e con esse la sua socialità. Mentre il generico anziano non autonomo crea nel caregiver confina-mento, malato mentale e AD producono isolamento e spossessamento. Nei casi di sfaldamento cognitivo la persona ‘non la si riesce quasi a ricono-scere’, perché lei stessa non riconosce se stessa come ‘continuante’, non riconosce se stessa nel divenire.

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Sei premesse sul dolore cronico/3[V] Il cronico cognitivo non è continuante Nel viaggio di ritorno ad Atene da Creta, la nave di Teseo rimase identica a se stessa anche dopo che tutte le sue tavole, consunte e squassate da tempeste, furono sostituite ad una ad una in mare aperto con altre tavole, rifatte con lo stesso legno e analoghe funzioni. Le celebrazioni di Apollo ad Atene consiste-vano ogni anno nell’incoronare di alloro la nave della ‘teoria’: una nave nuova, con un frammento di quella di Teseo, ma ‘continuante’, sempre nave di Teseo. Essere totalmente diversi e totalmente identici a se stessa è il paradosso hobbesiano della continuità trans-temporale dell’identità, anche in presenza di un totale cambiamento. L’anziano non autosufficiente, che perde e sostituisce pezzi del suo corpo, resta ‘continuante’. Non così AD, né Ψ, anche se la vita loro e di chi sta intorno scorre apparentemente identica a se stessa. [VI] Il dolore cronico cognitivo ha suoi gironi

Se la perdita di continuità accomuna AD e , due cose li distinguono:* La natura e l’eziologia delle due cronicità: l’una organica, l’altra al punto di contatto tra psichico e organico.•Il rapporto col caregiver. Che in AD vive un’esperienza sconvolgente ma mantiene spazio per sé, mentre nei disturbi mentali può essere spossessato del suo essere dalla invasività e aggressività dell’alienazione.

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QUESTIONE NUMERO 2

[2]

Come cambia in mezzo secolo il quadro epidemiogico delle

degenerazioni logico cognitive (e quello della loro

gestione)?

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AD: quanti oggi in ItaliaOggi in Italia le demenze di Alzheimer (AD) dovrebbero aggi-rarsi intorno a 600mila, applicando il tasso di prevalenza più accreditato in letteratura, il 5%, agli attuali over65. Ma i più autorevoli studi italiani di settore intrapresi negli anni ’90 si sono discostati in modo polarizzato dalla soglia del 5%.

Taluni ritengono che la soglia del 5% sovrastimi il fenomeno. L’Italian Longitudinal Study on Aging stima una prevalenza pari a circa la metà; uno studio basato su segnalazioni dei me-dici di medicina generale riporta stime ancora più basse.

Altri ritengono che il 5% sot-tostimi il fenomeno. Oltre a studi di prevalenza di Marche e Lombardia, il Conselice Study of Brain Aging valuta i nuovi casi annui di AD pari a tre volte e mezzo quelli stimati dallo studio ILSA.

Le differenze nelle stime sono dovute a diversi criteri diagnostici utilizzati. Atteniamoci alle stime più basse che portano a valutare circa 270mila gli ammalati outpatients. Ad essi vanno aggiunti circa 150mila ospiti nei presidi residenziali per anziani (partendo dalla valutazione del National In-stitute of Health che stima al 60% la quota di residenti in nursing homes affette da AD). Si arriva a una stima totale di circa 420mila malati.

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Crescita delle prevalenze per età

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Ma non si tratta di fotografare il fenomeno, bensì di coglierne la dinamica. Quale che sia la dimensione attuale del fenomeno, conta come si espande. E il ritmo di espansione è il risultato della sinergia tra due processi:

la crescita esponenziale degli

over85

la crescita esponenziale dei tassi di prevalenza age-dependent X

È opinione scientifica consolidata che dopo i 65 anni la prevalenza di AD (2/3 delle demenze) triplichi ogni 10 anni di vita: 2% tra 65 e 74 anni, 6% tra 75 e 84, 18% tra 85 e 94, 30-40% dopo i 95.

Un pool di dati tratti da due indagini campionarie recenti sulla popolazione anziana non istituzionalizzata in Lombardia confermano:•la crescita geometrica della prevalen-za per età,• una prevalenza maschile non molto inferiore a quella femminile, • prevalenza dei centenari intorno al 40%, non distanti da quelli comparsi in letteratura (Ravaglia li stima al 50%).

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Sistemi di care integrati (e la riscoperta del ricovero)

Nell’ultimo quarto del ‘900 è prevalsa la spinta a frenare la domanda di ri-coveri di anziani, puntando sul loro radicamento nel loro territorio. Nulla è cambiato nella validità di quella filosofia. Ma la crescita imponente del nu-mero di grandi anziani obbliga a ripensare a forme di ricovero non asilari. Questo è ancora più vero per l’assistenza e cura degli AD:

Tutto questo obbliga a progettare e implementare strutture residenziali per AD, attrezzate in modo idoneo a dare ospitalità non solo passiva.

per la maggiore intrattabilità delle forme avanzate

perché colpiscono di più proprio quelle classi di età (over90) che stanno diventando di massa

perché a tale età i deficit fun-zionali e cognitivi si intrecciano con un diradamento del suppor-to di caregiving familiare

Anche in Italia prendono forma da qualche anno elementi di progettazione e realizzazione di strutture mirate a persone AD.

Nei piani sanitari regionali sono stesi ca-pitolati di attivazione di Nuclei Alzheimer in RSA, col tetto di 15-20 posti letto e standard di riferimento specifici

Compaiono le prime esperienze architettoniche e mediche pilota che si rifanno a modelli di riferimento inglesi e americani

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Tre stadi del percorsoEarly-stage (1-3) non intacca in modo grave le capacità funzionali. L’individuo conserva autonomia nella cura della persona, mentre si notano modificazioni del carattere e della personalità, difficoltà nei rapporti con il mondo esterno, diminuite capacità percettive visuo-spaziali, incertezza nei ragionamenti. I sintomi (disturbi di memoria, episodi di disorientamento, piccole difficoltà nell’uso dei vocaboli, tendenza alla depressione) sono gestibili entro famiglie e comunità di territorio, per radicare il malato nel suo habitat. La ricerca percepisce che esiste una fase prodromica, pre-clinica, che può essere di lunga durata e in cui manca qualunque capacità diagnostica e di prevenzione. Mid-stage (3-8). Si accentuano turbe di memoria recente: crescono disorien-tamento tempo/spazio, disturbi del linguaggio, incapacità di eseguire movi-menti volontari consueti (aprassie), di leggere e scrivere (alessia, agrafia) di riconoscere gli stimoli sensitivi (agnosie). Le azioni quotidiane diventano pro-blematiche. Disturbi del linguaggio (afasia) e comportamentali (agitazione, a-patia, inversione sonno-veglia) rendono difficili i rapporti in famiglia.Nel terzo stadio (1-4) c’è dipendenza funzionale dai caregiver.

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Impatto sanitario, impatto socialePer scorporare l’impatto sanitario da quello sociale il midstage va scom-posto in due parti. Nel midstage lieve il deterioramento cognitivo ha ancora per teatro lo spazio di vita ‘normale’ del malato, che il malato contrae via via arroccandosi in una sorta di “confinamento debole” tra le mura di casa. Segnato da un crescendo di difficoltà di caregiving, è il punto di massima criticità sociale del decorso. Nel midstage avanzato l’aggravarsi dei sintomi porta a sradicare il malato. Duesono i processi emergenti e rilevanti. [I] Le Ds incidono pesantemente tra gli iper-anziani, meno appoggiati a una rete parentale, che a loro volta stanno diventando massa.

[]II Le fasi early-stage e midstage lieve tocca-no fasce di vita con bassa incidenza, ma in va-lori assoluti coinvolgono una fascia ampia di persone, con una lunga speranza di vita. Inoltre una quota non irrilevante di Ds è ad esordio precoce, manifestandosi a partire dalla quinta, sesta decade di vita.

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QUESTIONE NUMERO 3

[3]

Come cambia in mezzo secolo il quadro epidemiogico delle malattie mentali (e quello

della loro gestione)?

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Epidemiologia psichiatrica e collasso dell’istituzione

Gran Bre-tagna: psi-chiatria di comunità, revolving door

Francia: psichiatria di settore, politica di territoria-lizzazione

USA: O.P. filtrati da community mental health services

Italia: alt in-gressi OP + filtro medico generico (SDC)e spe-cifico (CPS)

La sterilizzazione del rischio manicomiale: quattro modelli na-zionali a partire dagli anni ’60:

Attenuazione chiusura e intensificazione di con-tatti interno-esterno; filtro territoriale all’ac-cesso e ‘chiusura’ O.P.

territorio

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I sette passi del processo di smantellamento asilare

[I] Razionalizzazione entro le mura (democrazia partecipativa, lavoro in équipe, uscite controllate)

[II] Apertura parziale in entrata (ingresso episodico e poi di routine della cittadinanza)

[III] Apertura bidirezionale delle mura (con uscita e sistematico reinserimento di ex lungodegenti)

[IV] Allestimento di rete non sistematica di presidi territoriali di reinserimento e filtro a nuovi ricoveri

[V] Completamento di rete di presidi territoriali finalizzati all’ intercettamento di nuovi ricoveri

[VI] Chiusura definitiva di strutture asilari e spostamento definitivo del baricentro fuori le mura

[VII] Organizzazione dell’intervento sul territorio senza più il manicomio come ultima istanza

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Calendario del cambiamento in sette prototipi

Periodo / Attori

Varese Balducci

Parabiago Marinato

Firenze Magherini

Gorizia Basaglia

Trieste Basaglia

Reggio Jervis

Perugia Manuali

61-63 1 1, 2, 3

64-66 1, 3, 4 2, 3, 4 1, 2, 3 1, 2, 3

67-69 1, 3, 4 1 2, 3, 4 1, 2, 3 1, 2, 3

70-72 2 1, 2, 3 4, 5 4, 5

73-75 3, 4 4, 5 4, 5 4, 5

76-78 3, 4, 5 4, 5 4, 5 6, 7

79 6 6 6, 7

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Effetti diretti della riforma sulle dinamiche / 1

1. L’esplosione delle recidivanze

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0 1 2 3 4 5 6 7 8

% di recidivanze tra i ricoveri nei semestri successivi alla riforma (Treviglio, 1979-1981)

Lo svuotamento dei manicomi, sancito dalla l. 180/78, avvie-ne bloccando l’ingresso di nuo-vi casi in O.P.: dal 1979 i nuo-vi casi sono gestiti dai Servizi Diagnosi e Cura, mentre i pa-zienti O.P. declinano per morte o dimissioni.

Ma rapidamente si impenna il numero di casi psichiatrici che si ‘cronicizzano’ sul territorio. La quota di ricoveri di persone già prese in carico dal nuovo circuito psichiatrica tende velocemente al 60%.

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Effetti diretti della riforma sulle dinamiche / 2

2. Moltiplicazione dei poli di riferimento, cronicità pendolare

CPS

NEU SDC

CNV PRV

CPS

NEU SDC

CNV PRV

Circolazione tra le agenzie presenti nel territorio di Milano-Nord nei quadrienni ‘75-78 (A) e ’79-82 (B), prima e dopo la riforma. Flussi significativi ( >10%, <10%) in uscita. Agenzie: CPS=centro psicosociale territoriale; SDC= servizio diagnosi e cura; NEU = reparto neurologico O.G.; CNV = cliniche convenzionate / case di riposo; PRV= cliniche private).

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Effetti diretti della riforma sulle dinamiche / 3

3. Accelerazione dei tempi di passaggio tra agenzie

m PRV

92

NEU

559

CPS

201

CNV

138

3

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9 19 128 19 85

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m PRV

89

NEU

316

CPS

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SDC

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CNV

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12 6 4 4 38 13

15 1 43 10

18 1 4 3 27 7

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36Percorsi individuali tra agenzie nei 36 mesi dopo la presa in carico: ’75-78 e ’79-82

A = 1975-78 A = 1979-82

In A di mille nuovi utenti iniziali 656 hanno in 36 mesi 1 solo contatto con 1 sola agenzia, 215 più contatti con 1 agenzia, solo 129 più contatti su più agenzie. In B i mo-nocontatto sono 484, i recidivi fedeli 266, i pendolari inter-agenzie salgono a 250.

Gli intervalli medi di passaggio si ab-bassano drastica-mente.

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Effetti diretti della riforma sulle dinamiche / 4

4. Induzione della domanda da parte dell’offerta di servizi

Tassi di incidenza annua 1982-4

Tassi di incidenza annua, per areola, di nuova utenza del servizio psichiatrico territoriale, 1979-1981

Tassi di incidenza annua, 1982-4, dopo spostamento sede del CPS

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Effetti diretti della riforma sulle dinamiche / 5

4. Negoziazione tra prezzo dell’offerta e quantità della domanda di cura : fluttuazioni della domanda e cobweb theorem

L’agenzia muta il prezzo della merce ‘intervento terapeutico’ (= ‘benignità’ della diagnosi: da specifi-che gravi a aspecifiche a specifiche lievi) in funzione della massa della domanda che preme su di essa.

Il portatore di disagio si sposta sul mercato fino a trovare il ‘prezzo migliore’ (diagnosi fausta). L’agenzia sottoposta a eccesso di domanda alza il prezzo (rende severa la diagnosi).

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Effetti ritardati della riforma sulle dinamiche / 1

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1978 1982 1986 1990 1994 1998

Ricoveri nei Servizi psichiatrici Diagnosi e Cura con diagnosi di psicosi. Italia 1979-1997 (elaborazioni su dati Istat).

In Italia i ricoveri per psicosi erano 46mila nel 1979, 47700 nel 1987 e 80700 nel 1997, con un incremento medio annuo nel secondo decennio del 5,4%. Il tasso di ricovero per centomila abitanti passa da 81,5 (’79) a 84,3 (87’) a 140,3 (’97).

Analogo l’andamento dei ricoveri per neurosi e altre turbe psichiche non psicotiche, che calano da 32700 (58,1) nel 1979 a 29500 (52,5) nel 1987 per poi balzare a 52400 (91,2) nel 1997, con un in-cremento annuo del 5,9%).

Tra il 1987 e il 1997 il tasso di rico-veri annui per centomila abitanti >14 anni per il complesso di distur-bi psichici passa da 140 a 238.

1. Esplosione ritardata dei ricoveri

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Effetti ritardati della riforma sulle dinamiche / 2

2. Cumulazione delle prevalenze rispetto alle incidenze

Diagnosi

Tassi per 10.000 >14 a.

Preval Incid Pr/In%

Dist.psichici di natura organica 5,9 3,1 190

Dist.per abuso di sostanze 3,9 1,8 217

Sindromi schizofreniche e deliri 29,9 3,8 787

Sindromi affettive 28,3 9,2 308

Sindromi nevrotiche 28,8 13,3 217

Ritardi mentali & alteraz.fisiolog. 6,7 2,5 268

Dist.della personalità e d. sviluppo 12,1 4,0 302

Nessun disturbo psichiatrico 3,1 2,0 155

In totale 118,7 39,7 420

Tassi di prevalenza e di incidenza per diagnosi dei presi in carico, Regione Lombardia 1997 [prevalenza = complessi-vamente presi in carico / popolazione]

Nel 1997 i nuovi presi in carico dal circuito psichiatri-co sono il 4 per-mille della popola-zione ‘adulta’. Ma i presi in carico nel complesso supera-no l’1%.

Il rapporto preva-lenza/incidenza individua nelle psicosi schizo-freniche il punto di crisi del circuito.

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Effetti ritardati delle dinamiche sulla riforma / 1

Negli anni ‘90 la rete di servizi psichiatrici territoriali rivela un incremento esponenziale del numero di azioni di intervento. Ma queste azioni sono – salvo casi isolati controtendenza – in buona parte azioni intra moenia. Nel decennio l’incremento medio annuo di azioni a domicilio è solo del 2,4%, contro il 9% complessivo. L’attività svolta entro le strutture rimane e si consolida come la privilegiata nel lavoro dei servizi.

AnnoInterventi

compl.Di cui in sede Di cui a

domicilio

Nx000 %incr. Nx000 %incr. Nx000 %incr.

1989 601 464 97

1993 861 9,4 676 9,9 103 1,5

1997 1202 8,7 943 8,7 117 3,3

Nella definizione dei compiti delle Unità Operative di Psi-chiatria, il Centro Psicosociale è proprio il luogo della presa in carico e della progettazione complessiva dell’intervento; in realtà non c’è ‘presa in ca-rico sul territorio’.

Interventi in strutture non residenziali in Lombardia

1. Il crollo degli interventi a domicilio

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Effetti ritardati delle dinamiche sulla riforma / 2

Anche la dizione ‘interventi a domicilio’ è fuorviante, includendo prevalentemente azioni di somministrazione di farmaci eseguita dal personale paramedico.

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1987 1991 1995 1999

ColloquiPsicoterapieSomm.farmaci

La somministrazione di farmaci si impenna in re-gione Lombardia nella de-cade degli anni ’90 da 49-mila a 100mila, crescendo del 205%.

La somministrazione di farmaci è un’attività di routine che segue la stabi-lizzazione del disturbo in forma codificata e cronifi-cata; insomma, dopo che i buoi sono scappati.

2. Riduzione degli interventi a domicilio a somministrazione routinizzata di farmaci