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l’evoluzione settorialel’evoluzione settorialein Veneto:in Veneto:

i tre “sistemi” produttivi i tre “sistemi” produttivi

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Quale l’evoluzionedei settori produttivi

del Veneto?

Il “mito” della vocazione tessile della regione, e della provincia di Vicenza in particolare

Un “mito” perché? Perché dal II° dopoguerra il cluster dominante della regione è quello delle imprese meccaniche che detengono il 50% dell’export regionale complessivo.Imprese attive nella meccanica strumentale, nella elettromeccanica, negli elettromestici, meccanica di precisione, stampi, oreficeria…

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Al Censimento Industriale del 1961, anche nel vicentino il primo settore era ormai quello meccanico

Il tessile, comunque, non scomparve, solo che andò riassestandosi e ristrutturandosi con una serie di salti tecnologici e stilistici, avviando una prima risposta alla concorrenza dei paesi emergenti. Con esiti che, tuttavia, portarono ad una strisciante delocalizzazione:che tuttavia non eliminò il tessile veneto, tanto che esso rappresenta un mega-distretto diffuso in tutto il territorio. La definizione di distretto è insolita, ma…

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Comunque, facendo un salto logico,l’apparato produttivo veneto è andato nel tempo articolandosiin tre “sistemi”:

Sistema della meccanica strumentale: elevata tecnologia, con il ruolo dei distretti… Sistema-moda:

si tratta dell’antico T-A, con l’incorporazione di tutto ciò che riguarda l’abbigliamento e i conseguenti accessori (calzature, borse, occhiali ecc.). Anche in questo caso, i distretti!

Sistema-casa:costruzioni, mobilio, rivestimenti, illuminazione

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progressiva evoluzione delle filiere specializzate del made in Italy verso funzioni a maggior contenuto di conoscenza, e quindi a maggior valore aggiunto…

nella meccanica, come in altre tipologie merceologiche

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Una sottolineatura:

E’ nel tempo successo che settori sostanzialmente “maturi” hanno saputo in regione dimostrare un dinamismo produttivo, organizzativo e tecnologico di elevato livello, specialmente nell’innovazione di processo, nella qualità dei materiali, nel contenuto di design e nell’alta propensione all’export (il 30% del valore aggiunto, il livello più elevato tra le regioni italiane).

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Osserviamo, in particolare, il ruolo del sistema-moda:

settore tra i più maturi, e quindi per sua natura “inevitabilmente” destinato all’estinzione…

MA INVECE:

- ruolo dell’innovazione (processo e prodotto)

- fenomeni di concentrazione

- razionalizzazione organizzativa e produttiva

- valore extraeconomico ed immateriale dello “stile”

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dei processi didei processi didistrettualizzazionedistrettualizzazione

( in Veneto, ma non solo… )( in Veneto, ma non solo… )

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“distretti”,aree-sistema,

sistemi economici locali

Una ricerca CNR del 2001: i “sistemi economici locali” tra ‘800 e ‘900 I risultati?

la verifica “sul terreno” dell’esistenza di un terreno di piccola impresa nato nel tempo in vaste aree del paese. E ciò ben al di là del c.d. NEC (Nord-Est-Centro) individuato dal sociologo Bagnasco ancora a metà degli anni ’70 del ‘900 Novecento, che peraltro smentì l’idea stessa di un “modello veneto di sviluppo”

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I “sistemi economici locali”, quali definiti da detta ricerca C.N.R., non coincidono necessariamente con i “distretti industriali”, ma spesso li integrano, e per certi versi li arriscono di ulteriori sinergie

I “distretti” non sono comunque immutabili: nascono, si sviluppano, ma anche scompaiono…Ma perché scompaiono i distretti?- declino di un prodotto, o delocalizzazione

dello stesso… (cfr. il laniero vicentino)- l’eccessiva concorrenza dei paesi emergenti- un tempo, anche il mutamento dei traffici

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Riassumendo le tematichesui distretti:

Origini da protodistretti pre-industriali:il ruolo delle antiche tradizioni di mestiere…

Origini da impresa-matrice,grazie ripetuti (e successivi) spin-off

I distretti mono e pluri-settoriali:quali differenze?

L’emigrazione “di ritorno”? Come c’entra?

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Le caratteristiche dei distretti:

Aree ristrette con una prevalente specializzazione produttiva

Forti valori comunitari/identitari

“Trasparenza” rispetto alle innovazioni di processo e di prodotto. Tutti conoscono tutto di tutti…

Crescente “interscambio” interno

Tendenziale “governo” del distretto.Quali attori?

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I processi di distrettualizzazionesono sempre processi di lunga durata

Ciò vale per i distretti più antichi, come per quelli più recenti…

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Vediamo i distretti plurisecolari:

particolare regime della struttura fondiaria

mancanza di alternative alle forme prevalenti di utilizzazione del suolo

esuberanza di forza-lavoro

lunga consuetudine ad attività integrative

disponibilità di alcune materie prime e di risorse energetiche rinnovabili

libertà/volontà di iniziativa individuale

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Propensione agli scambi a medio e lungo raggio

specializzazioni produttive ecozonali con continui adattamenti e sostituzioni merceologiche nel corso del tempo e con un non trascurabile apporto (a fini accumulativi) del contrabbando…

legalità/illegalità… (anche l’evasione odierna?)

arretratezza/modernità…

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il “modello veneto”il “modello veneto”comecome

MODELLO VIRTUALEMODELLO VIRTUALE

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Modello “virtuale”ma vitale

La teoria del “modello veneto” come modello di sviluppo economico altro e diverso rispetto al resto d’Italia nacque all’inizio degli anni ‘70, dopo la istituzione dell’ente Regione.La tesi era che, contrariamente alle grandi conurbazioni industriali del Nord Ovest, il processo di industrializzazione veneto era avvenuto senza traumi, portando a una diffusa presenza nel territorio di piccole imprese basate sulla manifattura leggera e su un forte legame “identitario” con il territorio.

Il mito di “una fabbrica per ogni campanile”.

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Abbiamo visto che, in realtà, sistemi analoghi di piccola impresa erano più o meno contemporaneamente sorti in altre parti del paese, e tutti facendo innestandosi su antiche tradizioni manifatturiere.Il sociologo Bagnasco ha spiegato, almeno per il cd. sistema NEC, che ciò era in parte dovuto a territori omogenei dal punto di vista sociale, culturale, politico (come ad es. in Veneto e in Emilia Romagna…)

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Da cosa nasce, allora, l’idea di un “modello” particolare?

Dalla “particolarità” delle genti venete, come teorizzata da Gavino Sabadin:

- laboriosità- morigeratezza- cattolicesimo come valore condiviso- solidarietà sociale

Dall’idea (errata) che in Veneto la legislazione sulle aree c.d. depresse avesse funzionato meglio che altrove…

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Abbiamo visto che l’84% dei comuni veneti erano stati dichiarati depressi: 489 su 583. In termini di estensione “beneficiata” il Veneto superava tutte le altre regioni.Vediamo nel dettaglio le varie provincie:

- BELLUNO, depressi tutti i 69 comuni- ROVIGO, depressi tutti i 51 comuni- TREVISO, l’87,3% (83 comuni su 95)- PADOVA, l’84,7% (89 su 105)- VENEZIA, il 76,7% (33 su 43)- VERONA, il 75,5% (74 su 98)- VICENZA, il 72,9% (89 su 122)

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Conosciamo gli effetti distorsivi:

- “nuove” imprese solo in piccolissima parte tali…

- concorrenza fra comuni depressi, in ordine ai benefici aggiuntivi rispetto a quelli statali

- ulteriore concorrenza tra comuni “depressi” e comuni “non depressi”

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Di quelli “depressi”, ben 247 comuni su 489 (poco più del 50%) fornirono:

- il 48% terreni gratuiti, o a prezzo agevolato- il 38% allacciamenti gratuiti alle varie utenze- il 38,7% contributi diversi in conto capitale- il 21% agevolazioni sulla “tassa-famiglia”

29 comuni “non depressi” fornirono invece:- esenzioni alle imposte sulle imprese- prezzi agevolati per l’acquisto dei terreni

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Osservazioni:

Un modello deve essere progettato, e quindi “governato”. In Veneto non accadde.

La crescita che portò il Veneto ad affermarsi come grande area industriale, avvenne per spinta dal basso di energie imprenditrici che colsero la particolare congiuntura favorevole del mercato interno e internazionale (ad es. l’apertura del MEC-Mercato Comune Europeo che divenne operativo il 1° Gennaio 1958).

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La maggior parte delle “vere” nuove imprese non usufruirono di agevolazione alcuna.

La politica dell’ente Regione in materia di incentivi all’innovazione nelle piccole imprese (L.R. sull’Artigianato) fu di concedere contributi a pioggia, e quindi irrisori) alla stragrande maggioranza dei soggetti, senza discriminare le domande presentate e, quindi, senza “fare politica economica” che favorisse i settori moderni rispetto quelli tradizionali.

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E TUTTAVIASI VERIFICO’ IL “MIRACOLO”DI UNA GRANDE CRESCITA…

Si concretò infatti, grazie alla “spinta dal basso”, un MODELLO VIRTUALE che generò crescita e sviluppo.

Anche senza una “politica industriale”, i settori produttivi si ristrutturarono ed emersero quelli più moderni, ad es. la meccanica strumentale, ma anche il T-A andò virtuosamente rimodellandosi.

Il ruolo dell’associazionismo (e di una cultura) imprenditoriale