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LETTERA DEL PARROCO Cari fratelli e care sorelle nel Signore, da quando sono diventato parroco agli Angeli Custodi sono ormai passati dodici anni. In questo lasso di tempo ho potuto vedere e toccare con mano come si è tra- sformata la vita del quartiere, soprattutto per quanto riguarda il numero di eserci- zi pubblici di ristoro e ritrovo (ce ne sono più di cinquanta!), ma l’indice più signifi- cativo, perché vistoso che dice dove stiamo non tanto andando, ma già vivendo, è certamente che quasi tutti i bar-sport storici del quartiere sono gestiti da cinesi. Ogni mattina prendo il caffè nel bar di Federico e Laura, genitori di un maschietto vivace e in attesa di un altro bimbo. Se non fosse per i loro lineamenti che ne di- chiarano in modo lapalissiano l’appartenenza etnica non avrei altri motivi per no- minarli cinesi. Anzi, mi verrebbe da aggiungere che la cosa finisce qui: parlano l’italiano meglio di me; a volte si cimentano, con ottimi risultati, in battute tipica- mente milanesi; sono dediti al lavoro e senza orari; non conoscono molto della Cina se non quanto basta per fugare ogni nostalgia di ritorno a Itaca… Chiacchierando con loro mi dicono che sono atei ovvero non sono religiosi, non credono in un dio come noi, ma una fede ce l’hanno: al primo posto stanno i da- neè (e non c’è bisogno di nessuna traduzione, perché non è parola cinese), poi al secondo posto la famiglia unitamente al lavoro. A Milano i cinesi sono circa 28.000, nell’hinterland 37.000 e in Lombardia 64.000. Certamente non sono tutti come loro, ma ho l’impressione che siano in crescita: il gruppetto di 23 ragazzi che frequenta regolarmente il nostro Doposcuola, su indicazione della Scuola ele- mentare di via Colletta, è composto per il 25% da cinesi (cinque anni fa non ce ne era nessuno e mai avremmo immaginato che arrivassero). Conclusione: i cinesi sono sbarcati, silenziosamente, a Porta Romana. La loro presenza discreta e operosa è un fatto che come cittadini e credenti non possiamo trascurare, se non altro perché è inedita e ci mette accanto uno stranie- ro un po’ diverso dagli stranieri di estrazione occidentale e mediterranea: i cinesi Fratel Peppo dal Sud Sudan pag. 3 Merendine e pallottole. Prove di futuro? pag. 5 Sintesi del Consiglio pastorale decanale sul Sinodo minore pag. 6 Gruppi di ascolto della Parola di Dio nelle case pag. 9 In questo numero: Parrocchia Angeli Custodi Via Pietro Colletta 21, Milano www.parrocchie.it/milano/angelicustodi [email protected] Anno 2018, numero 5 - mese di maggio Per inviare suggerimenti, lettere e articoli scrivere a: [email protected]

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LETTERA DEL PARROCO Cari fratelli e care sorelle nel Signore,

da quando sono diventato parroco agli Angeli Custodi sono ormai passati dodici

anni. In questo lasso di tempo ho potuto vedere e toccare con mano come si è tra-sformata la vita del quartiere, soprattutto per quanto riguarda il numero di eserci-

zi pubblici di ristoro e ritrovo (ce ne sono più di cinquanta!), ma l’indice più signifi-cativo, perché vistoso che dice dove stiamo non tanto andando, ma già vivendo, è

certamente che quasi tutti i bar-sport storici del quartiere sono gestiti da cinesi.

Ogni mattina prendo il caffè nel bar di Federico e Laura, genitori di un maschietto vivace e in attesa di un altro bimbo. Se non fosse per i loro lineamenti che ne di-

chiarano in modo lapalissiano l’appartenenza etnica non avrei altri motivi per no-minarli cinesi. Anzi, mi verrebbe da aggiungere che la cosa finisce qui: parlano

l’italiano meglio di me; a volte si cimentano, con ottimi risultati, in battute tipica-

mente milanesi; sono dediti al lavoro e senza orari; non conoscono molto della Cina se non quanto basta per fugare ogni nostalgia di ritorno a Itaca…

Chiacchierando con loro mi dicono che sono atei ovvero non sono religiosi, non

credono in un dio come noi, ma una fede ce l’hanno: al primo posto stanno i da-neè (e non c’è bisogno di nessuna traduzione, perché non è parola cinese), poi al

secondo posto la famiglia unitamente al lavoro. A Milano i cinesi sono circa 28.000, nell’hinterland 37.000 e in Lombardia 64.000. Certamente non sono tutti

come loro, ma ho l’impressione che siano in crescita: il gruppetto di 23 ragazzi che frequenta regolarmente il nostro Doposcuola, su indicazione della Scuola ele-

mentare di via Colletta, è composto per il 25% da cinesi (cinque anni fa non ce ne

era nessuno e mai avremmo immaginato che arrivassero). Conclusione: i cinesi sono sbarcati, silenziosamente, a Porta Romana.

La loro presenza discreta e operosa è un fatto che come cittadini e credenti non

possiamo trascurare, se non altro perché è inedita e ci mette accanto uno stranie-ro un po’ diverso dagli stranieri di estrazione occidentale e mediterranea: i cinesi

Fratel Peppo dal Sud Sudan pag. 3

Merendine e pallottole. Prove di futuro? pag. 5

Sintesi del Consiglio pastorale decanale sul Sinodo minore pag. 6

Gruppi di ascolto della Parola di Dio nelle case pag. 9

In questo numero:

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Per inviare suggerimenti, lettere e articoli scrivere a: [email protected]

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appartengono a un altro mondo, a un’altra civiltà e la differenza culturale, storica, sociale e religiosa è proprio differente e profonda. Eppure la loro dichiarata fede (vedi sopra) ci avvicina, ce li fa ritrovare ac-

canto: così differenti e simili a noi. E pone diversamente, rispetto agli altri stranieri che abitano o girova-gano in città, la domanda, il problema e il compito dell’integrazione. Già… integrare e integrazione sono

termini che descrivono più di altri la nostra complessa e faticosa condizione attuale e anche il futuro ver-so cui ci incamminiamo, che ci piaccia o no. Ho cercato, con un po’ di pazienza, l’etimo ovvero il significa-

to di queste parole e ho scoperto con mia sorpresa qualcosa di interessante che va in una direzione con-traria al sentire comune francamente insofferente rispetto a discorsi triti e ritriti circa il problema e il do-

vere dell’integrazione, anzi ne smaschera l’inconsistenza ovvero il vuoto. Integrazione e integrare portano in sé la coscienza e la consapevolezza che ci manca qualcosa e che per vivere bene e meglio è indispen-

sabile altro. L’etimo del verbo integrare, infatti, non lascia dubbi, perché significa rendere completo e con-

forme a giustizia. Ora - sarà anche antipatico dirlo, ma lo dico – a noi abitanti del Vecchio mondo ci man-ca qualcosa che abbiamo perso per strada o volutamente lasciato perché giudicato superato, inutile, in-

fantile, non scientifico, non adatto ai tempi nuovi dell’era contemporanea e digitale e ci ritroviamo vuoti, con la tristezza di essere qui senza un senso o, peggio, senza che nessuno ci parli di speranza in un

mondo migliore: e non è possibile che sia rimasto solo Papa Francesco a dire certe cose…

E i cinesi che cosa c’entrano direte voi. Ci azzeccano, perché loro han capito bene che da noi contano so-prattutto i daneè e il lavoro (per la famiglia le cose stanno diversamente, perché, si sa, dalle nostre parti

non gode di buona salute). Ma a loro va bene così e a loro ho pensato quando la mattina del Sabato San-to scorso ho letto sul Corriere della Sera questa notizia:

Pub aperti anche il venerdì santo [rigorosamente in minuscolo]. Per la prima volta da 90 anni, ieri nella

cattolicissima Irlanda è stato possibile bere (e ubriacarsi legalmente) anche nel giorno della passione e morte di Cristo. Una legge del 1927 vietava l’apertura dei locali in questa ricorrenza, ma la norma è stata

cancellata e ieri nei pub sono state segnalate file di persone già all’apertura. Soddisfatti i gestori dei loca-li: l’organizzazione di categoria ha stimato in 40 milioni di euro i guadagni complessivi derivanti dal gior-

no in più di vendite.

In Irlanda i cinesi si troverebbero proprio bene! Ma, battuta a parte, sarà bene svegliarci prima o poi, per-ché è a questo punto che siamo giunti. È un mondo così che lasciamo ai nostri figli, che da noi non hanno

ricevuto una speranza, bensì la libertà di ubriacarsi anche al Venerdì Santo. E sono convinto che la vera sfida la giochiamo con i cinesi: solo il Vangelo può qualcosa verso il loro millenario e impermeabile modo

di vivere, oggi così simile al nostro.

Don Guido

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Fratel Peppo dal Sud Sudan

Giovanna Borgonovo

Lo scorso mese di marzo Fratel Peppo è rien-trato in Italia per un breve periodo di “riposo” e, come è successo anche in passato, abbiamo avuto modo di incontrarlo sia singolarmente che in qual-che incontro di gruppo. Anche noi del Movimento della Terza Età lo ab-biamo invitato un giovedì pomeriggio desiderosi di conoscere meglio dalla sua diretta voce quale è la situazione in Sud Sudan, oggi. Fratel Peppo ha iniziato risalendo a un passato non proprio lontano: nel 2005 ottenuta l’indipen-denza dopo tanti sanguinosi conflitti, la popolazio-ne del Sud Sudan guardava al futuro con fiducia e speranza e stava per iniziare un cammino di rico-struzione quando nel 2013, trascorsi otto anni si ritrova a vivere una guerra civile che provoca mi-gliaia di morti e decine di migliaia di feriti, numeri che sono andati via via aumentando negli anni suc-cessivi e che dicono di una situazione attualmente quasi fuori controllo. Ma quali sono stati in particolare i motivi di que-sto conflitto? - Una classe politica impreparata, incapace e corrotta; - Un tribalismo molto forte (si contano circa 64 tribù e lingue) che viene manipolato dai leader politici per mettere le fazioni le une contro le al-tre. - I tanti interessi extra nazionali: multinazio-nali in particolare. Si è arrivati quindi ad emergenza umanitaria pro-vocata da bombardamenti, incendi di strutture civili e di luoghi abitativi. Da qui un forte numero di sfollati accolti nei campi interni e nei paesi limi-trofi. Con questa situazione l’economia del paese è in caduta libera e i prezzi dei generi alimentari so-

no altissimi; l’insicurezza è diventata una realtà inevitabile e il paese è fortemente militarizzato. E Fratel Peppo continua poi dicendo quale è il loro impegni di Missionari Comboniani. In questo contesto non possiamo che essere in prima linea appunto sui problemi più gravi: - Sull’emergenza fornendo a quante più perso-ne possibili aiuti alimentari e un minimo necessa-rio per la sopravvivenza; non dimentichiamo che i più colpiti e bisognosi di aiuto sono le donne e i bambini. - Sull’educazione con l’attivazione e il sostegno alle scuole primarie, cercando poi di favorire la possibilità di accesso alle scuole superiori me-diante delle borse di studio; - Sulla sanità con l’assistenza diretta alla popo-lazione e con il sostegno all’Ospedale che i Com-boniani hanno realizzato. Ci preoccupiamo inol-tre della formazione del personale sanitario di assistenza. Quale sarà il futuro di questo popolo? SOLO LA PACE PUÒ GARANTIRE UN FUTURO! Un futuro che nonostante questa situazione dav-vero molto tragica questi nostri fratelli non han-no mai smesso di sperare. Di fronte a questa testimonianza dire una parola in più è di troppo. Ma interroghiamoci: non vogliamo dimen-ticare che il valore e la potenza della pre-ghiera possono arrivare anche nelle peg-giori situazioni di difficoltà e perciò mettia-mo nelle nostre preghiere anche questi no-stri fratelli ma forse potremmo anche con-cretamente pensare di offrire loro una cio-tola di riso.

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Juba, 28 Marzo 2018

Gruppo Terza Età

Parrocchia Angeli Custodi

Milano

Cari Amici,

ormai sono passati una decina di giorni dal mio rientro a Juba. Il viaggio di ritorno è stato tranquil-lo e dopo tanta pioggia e freddo ho trovato un clima decisamente più caldo.

La situazione nel paese non è delle più facili. Il conflitto in atto nel paese si fa sentire. Il costo della vita è salito molto a causa di insicurezza e della diminuzione di valore della moneta locale. A que-sto si aggiunge il fatto che i salari dei dipendenti pubblici sono pagati dopo diversi mesi. Nonostan-te questo la gente vive questa situazione con tanta pazienza e speranza.

Mi ha fatto piacere incontrarvi durante un vostro incontro settimanale. Vi ringrazio per la vostra attenzione per la situazione del Sud Sudan, per le vostre preghiere e per il vostro sostegno; conti-nuate a pregare perché il Signore ci doni il grande dono della pace. Senza pace non ci può essere giustizia e sviluppo per tutta la gente del paese.

Con le offerte che mi avete dato, stiamo cercando di aiutare una ventina di bambini/e ad avere l’opportunità di poter frequentare la scuola elementare. L’educazione è importante per mantenere vivo il loro sogno di un futuro migliore. Sosteniamo i ragazzi/e con materiale scolastico e assicu-rando la retta scolastica.

A nome dei bambini/e e delle loro famiglie, vi ringrazio e prego il Signore perché doni a tutti voi salute e gioia nel vostro quotidiano.

A tutti auguro una Santa Pasqua di Risurrezione.

fr. Peppo

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All'ingresso c'è un uomo palestrato, un metro e novanta, spalle larghe, rasatura del volto perfetta, anfibi e uniforme nera con la scritta “difendiamo i nostri figli”. Ci saluta con un lieve cenno del capo. Imbraccia un mitra. Passiamo il metal detector, Alice mi tiene stretto con la sua piccola mano. È il suo primo giorno di scuola, è curiosa e impau-rita. Sui muri del corridoio ci sono i disegni degli alun-ni, paesaggi con il sole, la casetta con il laghetto, figure stilizzate, colorate con i pastelli. Alice ha sulle spalle il suo nuovo zainetto rosa di Hello Kitty, spallacci rinforzati, astuccio e quader-ni in tema. All'interno c'è una lastra di protezione antiproiet-tile e la merendina, personalmente scelta dalla mamma. Mia moglie ed io abbiamo optato per questa scuo-la, un po' lontana da casa, ma di gran lunga la più sicura. “L'istituto è completamente presidiato da teleca-mere di sicurezza, collegate alla società di vigilan-za”. La preside, vestita nel suo abito grigio perfetta-mente stirato, era sicura e determinata. Ci aveva mostrato un grafico con le percentuali di sparatorie nella zona “la nostra scuola eccelle, non abbiamo avuto aggressioni con arma da fuoco da quasi due anni”. “Considerate che la media degli altri istituti è di circa una sparatoria ogni quattro – cinque mesi”.

Mia moglie aveva chiesto in merito alle compe-tenze dei docenti. “Tutti gli insegnanti hanno il porto d'armi, hanno ricevuto un addestramento iniziale presso corpi speciali che prevede l'utilizzo di armi e mitraglia-tori, oltre ad avanzate tecniche di difesa persona-le. Ogni anno frequentano corsi di aggiornamento e devono cumulare almeno cinquanta ore di ad-destramento al poligono”. Sono davanti alla porta della classe, prima C. Alice mi guarda “Ciao papà”, abbozza un sorriso. “Andrà tutto bene le dico”. Lei lascia la mia mano e senza più voltarsi entra in classe. “Andrà tutto bene, piccola mia” ripeto a voce bassa. “La nuova moda americana degli zainetti anti proiet-

tile. Dopo la sparatoria nella scuola in Florida è boom di

zaini protettivi per i bambini che frequentano le scuo-le americane”

(Corriere della Sera, 18 Febbraio 2018) “Boom di zainetti anti proiettile dopo l'ultima spara-

toria in un liceo della Florida“ (ANSA, 20 Febbraio 2018)

Mi sveglio di sobbalzo, agitato. Alice dorme serena nel suo lettino. È stato un incubo. Il futuro è ancora da scrivere, per fortuna.

Merendine e pallottole. Prove di futuro?

Simone Moscardi

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Introduzione Il presente documento, redatto dal Consiglio pa-storale del decanato Romana-Vittoria della zona 1 (Milano), intende da un lato fare un rapido reso-conto sulla situazione in essere nel nostro territo-rio individuando chi sono “gli stranieri” e quali iniziative sono già in essere per la loro inclusione nelle comunità parrocchiali, dall’altro individuare le criticità e suggerire percorsi e riflessioni da mettere in campo per creare comunità accoglienti e capaci di guidare il passaggio da “migranti” a “fratelli” nella considerazione che di essi comune-mente si ha. Lo stile sinodale, fatto di ascolto e comprensione di tutte le opinioni, deve caratterizzare il dibattito e l’assunzione di ogni tipo di decisione perché so-lo in un clima fraterno e disteso, rispettoso verso tutti, è possibile maturare belle e credibili espe-rienze che realizzino nel concreto quella “Chiesa dalle genti” auspicata dal nostro Arcivescovo. Situazione del decanato La presenza di stranieri nel decanato Romana-Vittoria è molto differente tra le varie parrocchie, coprendo un territorio che spazia da zone semi-centrali a zone ben più periferiche e si ha pertan-to una situazione molto variegata che proviamo ora sinteticamente a riassumere: 1. Abbiamo alcune parrocchie in zone semi-

centrali in cui la presenza degli stranieri è molto ridotta e mancano pertanto le occa-sioni concrete per misurarsi con queste problematiche.

2. In una parrocchia in particolare, di confine con l’Ortomercato e nella zona più periferi-ca, la presenza di stranieri è molto elevata (molti di religione musulmana) e la comunità si è attrezzata da tempo per organizzare momenti di incontro e confronto reciproco. Si incontrano le persone e si parla con loro invitandole all’Eucaristia e a pranzare insie-me. Si è anche notato che i ragazzi non desidera-no partecipare agli incontri nelle cappellanie con i loro genitori, che invece hanno la ne-cessità di mantenere le proprie radici, ma preferiscono frequentare l’oratorio e/o la messa in parrocchia.

3. In altre parrocchie, dove la presenza dei mi-

granti è abbastanza rilevante, le comunità si mostrano sostanzialmente accoglienti per cui a) qualche straniero è presente nel

CPP; b) alcuni migranti sono catechisti; c) a livello liturgico ci sono sacrestani

stranieri e alcuni migranti svolgono il ministero di lettori;

d) ci sono significative presenze di ra-gazzi stranieri in oratorio (soprattutto durante il GREST), nel doposcuola e nelle attività sportive, cosa che non pone ostacoli ad una buona integrazione e alla condivisio-ne di valori comuni, che lo sport ren-de vivi e presenti in numerose occa-sioni;

e) nei Centri d’Ascolto parrocchiali gli utenti stranieri rappresentano circa il 50% del totale, anche se difficilmente in questi contatti si può parlare di integrazione o progetto di migliora-mento delle persone, in quanto pre-vale quasi sempre l’assistenzialismo attraverso la consegna di generi ali-mentari e vestiario;

f) tra i bambini battezzati una compo-nente significativa è composta da stranieri;

g) la scuola di italiano per stranieri, pre-sente da tempo in una parrocchia, è frequentata da un numero elevato di persone e si apprezza il clima frater-no.

In nessuna parrocchia si sono messe in atto espe-rienze liturgiche più vicine alla cultura dei migran-ti, tipo particolari animazioni durante le celebra-zioni (eccezion fatta per la S. Messa nella Festa delle Genti), verso le quali dunque rimane, da parte dei migranti che le frequentano, la sensazio-ne di una certa freddezza. Per la verità, i migranti preferiscono largamente partecipare alle funzioni liturgiche nelle rispettive cappellanie. In generale si può dire che non si rilevano preclu-sioni nei confronti dei nostri fratelli in Cristo (cattolici, copti, ortodossi, evangelici) mentre permangono talune difficoltà nei confronti dei

Sintesi del Consiglio pastorale decanale sul Sinodo minore

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musulmani, anche se non si manifestano particola-ri preclusioni verso i nuclei familiari regolarmente costituiti, mentre si nutrono diffidenze verso i senza fissa dimora. Bisogna comunque rilevare che le differenze di cultura, dove evidenti e facilmente percepibili, co-stituiscono ancora un problema, ostacolo per una serena convivenza. Le differenze portano ad aver paura dell’altro, si pensa che la diversità crei dei problemi, destabilizzi, faccia perdere sicurezze interiori ed esteriori. A livello teorico è facile concepire gli stranieri come una risorsa, ma a li-vello pratico ci sono ancora barriere da abbattere. Si tende ad accettare, confinando. Sono presenti due tipi di paure: perdita di sicurezza dovuta al non avere un

passato comune, che porta alcuni ad avere un complesso di superiorità e a negare il passato dello straniero,

paura di non essere all’altezza di poter in-contrare gli altri.

Una nota dolente è costituita dal fatto che a livel-lo di decanato non c’è alcun tipo di contatto pe-riodico e continuativo con nessuna istituzione del-la società civile (ad esempio, scuola, consiglio di circoscrizione). Per concludere la fotografia del decanato, da par-te delle persone più attente e sensibili si ritiene che l’incontro con gli stranieri possa costituire una bella occasione per verificare la qualità della nostra fede. Chi vogliamo diventare Il punto fondamentale è quello culturale, perché solo diffondendo cultura saremo in grado di supe-rare la paura del diverso e passare dal termine “migrante” a quello di “fratello”. Il percorso verso la fraternità è un percorso lungo e complesso che si devono prefiggere tutti. Poi chiaramente verrà declinato in funzione delle spe-cifiche situazioni in cui si trova la propria parroc-chia. Dobbiamo anche tener conto della necessità di un percorso di formazione reciproco per superare le incomprensioni che non avvengono solo tra italia-ni e stranieri, ma anche tra stranieri di etnia diver-

sa: il cammino deve essere comunitario, fatto in-sieme. Anche nelle omelie durante le Messe domenicali il tema della sensibilità verso i migranti dovrà più spesso essere richiamato per aiutare il supera-mento di diffidenze e paure. Inoltre sarà importante prestare la massima at-tenzione verso la cura delle relazioni all’interno delle nostre comunità spogliandoci da pregiudizi, mugugni, proteste e lamentele. A chi osserva dall’esterno la vita delle nostre comunità, deve balzare all’occhio la serenità e la gioia di chi vi appartiene, deve essere attratto dal clima che vi si respira, dal vedere come è bello stare bene insieme. Sarà anche importante far risuonare spesso il ter-mine “meticciato” per superare il significato nega-tivo che spesso gli si dà e valorizzarlo nel corret-to senso di incontro tra diverse culture, tutte allo stesso modo arricchenti. Per favorire la più ampia lettura e conoscenza del territorio diventa significativo creare occasioni di incontro con i migranti dove si trovano, indivi-duando quei luoghi dove possiamo incontrarli, quali Bar o Trattorie da essi frequentati e lì avvia-re la loro conoscenza (bere un caffè, pranzare o cenare…). Occorre valorizzare le iniziative già in essere a livello diocesano e decanale quali la Festa delle genti: deve esserci l’impegno a convergere tutti verso le iniziative proposte, con un fermento che nasca dalla base, proprio dalle genti. Un’ultima proposta, frutto della consapevolezza dell’importanza del lavoro di ascolto capillare ef-fettuato personalmente con inviti mirati, potreb-be essere quella di accogliere alle porte delle chiese con un saluto e la consegna del foglietto della Messa tutti coloro che arrivano per parteci-pare alla celebrazione; al termine, lo stesso Sa-cerdote senza passare dalla sacrestia potrebbe portarsi subito sul sagrato della chiesa per scam-biare un saluto e una parola con chi lo desidera, come segno di apertura e dialogo.

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Abituati a notizie negative circa i comportamenti dei nostri ragazzi, rischiamo di non accorgerci delle loro straordinarie doti quali sensibilità e creatività.

A dimostrarcelo è questa poesia, scritta da un ragazzino egiziano di undici anni, Youssef Khalil, che frequenta il nostro doposcuola.

Gli era stato assegnato dal suo insegnante di italiano il compito di comporre una poesia, che esprimesse le proprie sensazioni, dopo aver osservato il dipinto di Gustav Klimt "Il bacio", nel quale sono rappresentati un uomo e una donna stretti in un abbraccio, circondati da un manto do-rato in uno sfondo di cielo stellato e di fiori.

Ecco il risultato, davvero sorprendente, tenendo conto anche del fatto che sia stata scritta in bre-ve tempo e rispettando le rime baciate..

IL BACIO

Nel cielo stellato

un bacio inaspettato!

Sbocciano i fiori pieni di bellezza

nel caldo abbraccio ricco di tenerezza.

Le stelle illuminate

in notti fatate

creano l'atmosfera

di una passione vera

con un bacio avvolto da un manto d'oro

che assorbe tutto l'amore loro.

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Mercoledì 11 aprile si è tenuto il quinto incontro dell’ascolto della Parola di Dio nelle case sull’Eso-do intitolato “IN CAMMINO VERSO LA LIBER-TÀ – Dalla schiavitù alla Pasqua”. Lo leggeremo con l’aiuto di Mons. Pierantonio Tremolada Leggiamo il testo (Es 7,26 - 8,15) 7,26Il Signore disse a Mosè: «Va' a riferire al faraone: "Dice il Signore: Lascia partire il mio popolo, perché mi possa servire! 27Se tu rifiuti di lasciarlo partire, ec-co, io colpirò tutto il tuo territorio con le rane: 28Il Nilo brulicherà di rane; esse usciranno, ti entreranno in casa, nella camera dove dormi e sul tuo letto, nella casa dei tuoi ministri e tra il tuo popolo, nei tuoi forni e nelle tue madie. 29Contro di te, contro il tuo popolo e contro tutti i tuoi ministri usciranno le rane"». 8,1Il Signore disse a Mosè: «Di' ad Aronne: "Stendi la mano con il tuo bastone sui fiumi, sui canali e sugli stagni e fa' uscire le rane sulla terra d'Egitto!"». 2Aron-ne stese la mano sulle acque d'Egitto e le rane usciro-no e coprirono la terra d'Egitto. 3Ma i maghi, con i loro sortilegi, operarono la stessa cosa e fecero uscire le rane sulla terra d'Egitto. 4Il faraone fece chiamare Mosè e Aronne e disse: «Pregate il Signore che allon-tani le rane da me e dal mio popolo; io lascerò partire il popolo, perché possa sacrificare al Signore!». 5Mosè disse al faraone: «Fammi l'onore di dirmi per quando io devo pregare in favore tuo e dei tuoi ministri e del tuo popolo, per liberare dalle rane te e le tue case, in modo che ne rimangano soltanto nel Nilo». 6Rispose: «Per domani». Riprese: «Sia secondo la tua parola! Perché tu sappia che non esiste nessuno pari al Signo-re, nostro Dio, 7le rane si ritireranno da te e dalle tue case, dai tuoi ministri e dal tuo popolo: ne rimarranno soltanto nel Nilo». 8Mosè e Aronne si allontanarono dal faraone e Mosè supplicò il Signore riguardo alle rane, che aveva mandato contro il faraone. 9Il Signore operò secondo la parola di Mosè e le rane morirono nelle case, nei cortili e nei campi. '°Le raccolsero in tanti mucchi e la terra ne fu ammorbata. 11Ma il fa-raone vide che c'era un po' di sollievo, si ostinò e non diede loro ascolto, secondo quanto aveva detto il Si-gnore. 12Quindi il Signore disse a Mosè: «Di' ad Aron-ne: "Stendi il tuo bastone, percuoti la polvere del suo-lo: essa si muterà in zanzare in tutta la terra d'Egit-to!"». 13Così fecero: Aronne stese la mano con il suo bastone, colpì la polvere del suolo e ci furono zanzare

sugli uomini e sulle bestie; tutta la polvere del suolo si era mutata in zanzare in tutta la terra d'Egitto. Ma maghi cercarono di fare la stessa cosa con i loro sorti-legi, per far uscire le zanzare, ma non riuscirono, e c'erano zanzare sugli uomini e sulle bestie. 15Allora i maghi dissero al faraone: «È il dito di Dio!». Ma il cuore del faraone si ostinò e non diede ascolto, secon-do quanto aveva detto il Signore. Dopo una lunga introduzione, il racconto dell’E-sodo ci presenta ora lo scontro diretto. Il farao-ne di ascoltare Mosè e gli obbietta “Chi è il Signo-re? Io non conosco il Signore!”. A questa provoca-zione l’autore contrappone l’obbiettivo a cui la narrazione tende “Ora l’Egitto saprà che io sono il Signore!”. Il luogo. Siamo in Egitto, nel paese dove il farao-ne è sovrano e invece i figli d’Israele sono ridotti in schiavitù. Il tempo. Al versetto 8 del capitolo 7 inizia un lungo racconto che termina alla fine del capitolo 11. È la pagina che viene intitolata “Le piaghe d’E-gitto” e rappresenta lo scontro diretto tra Dio e il faraone. Mosè è l’intermediario, ma il personag-gio principale è sempre Dio e il faraone è l’anta-gonista. Siamo abituati a parlare generalmente di piaghe anche se il testo biblico utilizza questo ter-mine solo per l’ultima, la decima e decisiva. La morte dei primogeniti. Nel resto del racconto, invece, troviamo l’uso di altri termini come “segno” o “prodigio” e l’interesse del narratore è quello di ricordare prodigi e segni strani, fuori dalla norna e dall’abitudine che hanno una capaci-tà di evocare la presenza di Dio. Il racconto dei prodigi compiuti da Dio per la liberazione del po-polo dall’Egitto era ed è una tradizione molto dif-fusa, cioè si conserva il ricordo di una serie di eventi strani, interpretati come gli effetti dell’in-tervento di Dio a favore del suo popolo. Tutto comincia con la decisione del faraone di inasprire le condizioni degli israeliti a seguito del-la richiesta di Mosè ed Aronne di lasciar partire il popolo israelita. Mosè tenta allora di rincuorare i suoi fratelli ma – ricorda il testo- “Essi non l’ascol-tarono, perché stremati dalla dura schiavitù”. Torna-

Gruppi di ascolto della Parola di Dio nelle case

Flora Evangelisti

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ti di nuovo alla presenza del faraone, Mosè ed Aronne, fanno quello che Dio aveva detto per dimostrare al faraone che essi agiscono con la ma-no di Dio: Aronne getta il bastone davanti al fa-raone e il bastone diviene un serpente. Il faraone lo interpreta come un gesto di magia, convoca la sua classe sapiente maghi, incantatorie indovini. Essi fanno la stessa cosa: gettano i bastoni che di-ventano serpenti, da notare però che il bastone di Aronne divora i bastoni dei maghi egiziani. Il fa-raone rimane fermo nella sua decisione e non la-scia partire Israele. Da questo momento in poi il racconto sviluppa il tema delle lezioni inflitte da Dio all’ostinato farao-ne, l’intento è quello di fargli riconoscere il Dio d’Israele. Il risultato sarà la sua testarda chiusura, fino alla piaga più terribile, quella che alla fine pie-gherà l’ostinazione del faraone e solo a quel punto permetterà agli israeliti di lasciare l’Egitto. I personaggi. Abbiamo due gruppi contrapposti: da un lato il Signore Dio, Mosè e Aronne suoi mi-nistri, dall’altro il faraone con i suoi maghi e sa-pienti che cercano di imitare i prodigi compiuti dai due fratelli. Dobbiamo però sottolineare l’onestà di quest’ultimi, perché ad un certo punto arrivano ad ammettere il loro limite e riconoscono “il dito di Dio” in azione attraverso Mosè ed Aronne. Azione. La prima considerazione è che gran par-te delle calamità si ripete una identica sequenza. Il racconto delle lezioni che Dio dà al faraone è se-gnato da alcuni ritornelli: Il primo è quello dei maghi. Compaiono

alcune volte maghi e indovini con un signifi-cato simbolico: la potenza umana che si op-pone a Dio; la magia che tenta di sostituire la religione è presentata come fallimentare.

Il secondo è quello della richiesta. Sempre con insistenza Mosè chiede, in nome di Dio, al faraone di “rilasciare il mio popolo perché mi serva”. Ritorna in ogni brano sempre la medesima invocazione di libertà. Il popolo deve essere liberato dalla schiavitù d’Egitto per poter diventare servo di Dio. L’uomo è veramente libero solo quando è al servizio di Dio.

Il terzo è la distinzione operata da Dio nei confronti di Israele e dell’Egitto. Dio ha scel-to un popolo e separa il suo popolo dagli altri. L’azione però non è arbitraria: il popo-

lo di Dio è composto da coloro che hanno ascoltato la sua voce. la distinzione è fatta in base all’ascolto o al rifiuto.

Il quarto è quello del riconoscimento. Ed è uno dei più importanti. Infatti il filo teolo-gico che unisce il racconto delle piaghe è proprio il riconoscimento di Dio “Così disse il Signore: da questo riconosceranno che io so-no il Signore”.

Il quinto. È l’indurimento di cuore. Il testo usa due espressioni “il cuore del faraone s’in-durì” ma anche “Il Signore indurì il cuore del faraone”. Che il faraone si ostini in modo colpevole è evidente. Per la seconda espressione dobbiamo osservare come il Signore con i suoi ripetuti interventi obbli-ghi il faraone a misurarsi con lui. In questo senso lo indurisce, cioè lo rende sempre più rigido; il Dio d’Israele non deve averla vinta.

Il cuore dell’episodio. Il cuore della sezione delle piaghe è costituito dal confronto fra l’osti-nazione del faraone e la pazienza del Signore. Risonanze bibliche. Il nostro testo richiama il libro della sapienza che ci fornisce la chiave di lettura del modo di agire di Dio (11,21-26) “Prevalere con la forza ti è sempre possibile; chi si opporrà alla potenza del tuo braccio? Tutto il mondo, infatti, davanti a te è come polvere sulla bilancia, co-me una stilla di rugiada mattutina caduta sulla terra. Hai compassione di tutti, perché tutto puoi, chiudi gli occhi sui peccati degli uomini, aspettando il loro pen-timento. Tu infatti ami tutte le cose che esistono Tu sei indulgente con tutte le cose, perché sono tue, Si-gnore, amante della vita.” Meditatio. Dalla lettura del testo cerchiamo ora di capire l’insegnamento che le “lezioni d’Egitto” offrono a noi lettori d’oggi. Prima di tutto si trat-ta di una lezione teologica. questo testo ci inse-gna qualche cosa su Dio. Dio vuole che il suo po-polo sia libero per poterlo servire; vuole la liber-tà del popolo di Israele e s’impegna, intervenendo con forza nella storia per raggiungere questo fine. Ma il progetto divino può trovare degli ostacoli, può incontrare l’opposizione degli uomini. Il fa-raone rappresenta la prepotenza umana che si oppone a Dio, non ascolta la sua parola, indurisce la propria cervice e rifiuta il piano di salvezza di

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Dio. Ma la volontà di Dio è irresistibile, il suo progetto si compie nonostante le opposizioni. Dio alla durezza del cuore superbo e sprezzante, ri-sponde con pazienza perché Egli ama l’uomo e dà tempo al peccatore per ravvedersi e convertirsi, mettendo in campo anche una “pedagogia della sofferenza”. È il suo modo di amare insieme la vit-tima e il suo carnefice. Infatti il valore pedagogico della sofferenza è dato dall’insegnamento che por-

ta con sé, capiamo che non siamo onnipotenti, che abbiamo dei limiti e che non possiamo di-sporre di noi stessi come vogliamo, che siamo fragili, che non siamo i padroni del mondo e della vita. La sofferenza vissuta sulla propria pelle, ci aiuta a comprendere meglio la sofferenza degli altri, che troppo spesso rischiamo di considerare come estranei.

GRUPPI DI ASCOLTO DELLA PAROLA DI DIO NELLE CASE

L’ultimo incontro si svolgerà

Mercoledì 16 Maggio 2018 h. 21.00

Elenco delle famiglie ospitanti Balboni via Muratori, 46/4 tel. 02 5464508

Evangelisti via Colletta 21 tel. 02 55189978

Vanelli via Muratori, 32 tel. 02 59900257

Gli incontri sono sempre aperti a tutti, anche a chi non ha partecipato agli incontri precedenti

FESTA DEGLI ANNIVERSARI

Domenica 27 maggio 2018 durante la Santa Messa delle ore 11.00 ricorderemo gli anniversari di ma-trimonio. In particolare festeggeremo gli anniversari del: primo anno, quinto anno, decimo anno , quindicesimo anno, ventesimo anno… Così via di cinque anni in cinque anni fino al…

Le coppie che desiderano festeggiare il loro anniversario con la comunità degli Angeli Custodi sono pregate di dare il proprio nominativo e numero telefonico in Segreteria Parrocchiale entro il 18/05

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Pubblichiamo una lettera ricevuta e la relativa risposta

Milano, 20 febbraio 2018

Gent.mo don Guido, Le scrivo questa lettera per parlare della mia rabbia e del mio dispiacere nel vedere la situazione che si è creata nell’Oratorio della parrocchia. Quest’anno, infatti, ho partecipato a più iniziative promosse dagli animatori tramite la pagina facebook o i volantini distribuiti a catechismo ma de-vo dirLe la verità ne sono sempre rimasta delusa. Innanzitutto dove sono questi ragazzi? Perché non si vedono mai? Solitamente alle iniziative vedo sempre i soliti 3-4 adolescenti, ma gli altri che fine fanno? Anche scendendo in oratorio alla domenica si vede solo un cortile vuoto, senza giovani. Inoltre, anche quelli che ci sono li vedo spesso svogliati, annoiati, tristi e non mi trasmettono per nulla il piacere e la gioia di partecipare a dei momenti di festa. Sembra quasi che quello che fan-no lo facciano malvolentieri, a tempo perso, senza scopo. Vorrei sapere se la parrocchia segue questi ragazzi e in che modo, perché non mi pare ci sia la mano di un adulto a seguirli. Il proble-ma, credo, non è tanto per me, che ormai sono adulta, ma per i più piccoli, i bambini ed i ragaz-zi che sono quelli cui appartiene l’oratorio e che lo vivono. In questo modo infatti non lo sentono come casa propria, diventa un luogo in cui si è obbligati ad andare per imparare la dottrina (come si diceva una volta) e non lo si ama. Personalmente dall’oratorio dei miei tempi (parlo de-gli anni 70-80) io ho imparato a vivere con e per gli altri, e mi dispiacerebbe se i nostri adole-scenti non imparassero altrettanto. Tanti valori che oggi mi porto con me traggono origine in quegli anni belli dove vivevamo l’oratorio con gioia e non ne sentivamo il peso pur passandoci dentro moltissimo del nostro tempo. Se era vero per noi allora perché non dev’esserlo anche per i ragazzi di oggi? Mi piacerebbe chiederglielo direttamente agli animatori (mi pare oggi si chiami-no così). Sono sicura che c’è moltissimo bene e buono in loro, ma questa poca voglia, questa apatia che vedo quando partecipo alle vostre iniziative mi rattrista e fa rabbia. Mi sento molto più viva io che ho ben più anni di loro! Eppure le cose che si potrebbero fare in un luogo che appartiene so-lo a loro sono vastissime ed anche delle più grandi e complesse! Certamente questo aiuterebbe a stimolarli. Il rischio vero che sto riscontrando con le mamme della scuola è che queste scelgano di portare i figli presso altri oratori del decanato perché più dinamici e vivi. A me piace pensare di venire in questo oratorio perché, rispetto ad altri più grossi ed organizzati, ha una dimensione più umana in cui ogni bambino singolarmente viene accolto e riceve dei valori spirituali e civili da vivere con radicalità per tutta la propria vita. O si punta in alto o niente, così la penso io. Sperando di non averLa troppo annoiata e scusandomi del mio sfogo, Le porgo distinti saluti. Marina

Milano Via Pietro Colletta, 21 11/04/2018

Gentilissima Signora Marina, dopo essere venuti a conoscenza della lettera invita da lei a Don Guido, noi animatori dell’orato-rio abbiamo deciso di rispondere alle domande che ha posto, esprimendo il nostro pensiero. Rispetto all’oratorio dei sui tempi, nel 2018 i ragazzi occupano il loro tempo libero in svariati mo-di, con l’avvento della tecnologia purtroppo i rapporti umani sono venuti ameno, di conseguenza

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un ragazzo preferisce stare a casa navigando su internet piuttosto che scendere in oratorio e pa-lare con i suoi coetanei. Uno dei punti a sfavore che nostro malgrado ha portato la tecnologia è il fatto di poter avere una risposta sotto mano a qualsiasi domanda che viene posta, quindi come possiamo riscontrare tutti i giorni i ragazzini crescono molto più velocemente e si informano molto prima, rispetto ad altri tempi, oltre a trovare interessi maggiori in nuove e differenti attivi-tà. Per quanto riguarda noi animatori, la nostra voglia di scendere in oratorio è data dal desiderio di aiutare il prossimo (e quindi la nostra comunità), di stare con i bambini, che ci riscaldano il cuore coi loro sorrisi pieni di gioia, ed infine ma non per ultimo stringere forti amicizie. Purtroppo tutte queste motivazioni non sempre riescono a prevaricare sui nostri impegni ed interessi. Ovviamen-te tutto ciò dipende da soggetto a soggetto, infatti per rispondere ad una sua affermazione, è questo il motivo per il quale vede sempre i soliti 3-4 animatori, e per continuare il suo discorso, la demotivazione e la stanchezza di questi ultimi è generata dall’eccessivo carico di lavoro prove-niente sia dall’oratorio che dalla vita personale di ciascuno, ma soprattutto dallo sconforto di tro-varsi, appunto, sempre “tra i soliti pochi” a fronte di un gruppo molto più numeroso. Riguardo a ciò che diceva dell’oratorio la domenica completamente vuoto, la risposta è molto semplice e gliela possiamo spiegare in diversi modi: Il punto principale è già stato espresso all'inizio della lettera con l'avvento dei Social, un altro punto riguarda il fatto che dei pochi animatori che ci sono tutti frequentano il liceo e quindi soli-tamente la domenica preferiscono studiare o semplicemente fare ciò che non possono fare gli altri giorni, data anche la scarsità di bambini che scende spontaneamente, viviamo in un quartie-re agiato e molti bambini hanno sempre mille impegni, attività o luoghi da frequentare coi propri genitori. Un altro cambiamento significativo deriva dalla mancanza di preti, non vi è più un sa-cerdote riservato solo all'oratorio, dunque esso è gestito da laici volontari, ci troviamo dunque ad un diverso indottrinamento rispetto a quello che potrebbe dare un sacerdote dell'oratorio. Le sue perplessità non ci sono nuove e ci siamo già avviati per “fare qualcosa” cercando di mi-gliorare e arginare queste lacune, sperando di aver risposto ai suoi dubbi e perplessità Le auguriamo i nostri migliori saluti Gli animatori degli Angeli Custodi.

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Gli Angeli raccontano… (a cura di Elisabetta Perego)

LE ICONE

Secondo la tradizione cristiana S. Luca sarebbe stato, oltre che medico, discepolo di s. Paolo e scrittore di ben due libri del Nuovo Testamento (il Vangelo di s. Luca e gli Atti degli Apo-stoli), anche pittore di icone, in particolare della Vergine Maria. In realtà però s. Luca non fu un pittore di icone. È il suo modo di scrivere che può essere paragonato all’opera di un pittore, il quale, con ac-curati tocchi di pennello, sa creare delle immagini. Infatti gli scritti di s. Luca hanno la carat-teristica di suggerire ed ispirare immagini, come se le sue parole fossero un libro riccamente illustrato

COS’È UN’ICONA? Icona: dal greco eikon, immagine. Nei primi secoli dopo Cristo era la tipica raffigurazione della Madonna, del Cristo o dei santi, eseguita con una particolare tecnica di pittura su legno e resa preziosa dallo sfondo: un sottile strato d’oro. Oggi le icone sono una particolarità degli ortodossi. La persona che dipinge le icone viene chiamato iconografo. Egli conosce non solo la tecnica pittorica, ma anche la Bibbia. Ogni icona, infatti, non viene dipinta, ma “scritta”. Ogni parte del dipinto, dalla disposizione delle figure (secondo uno schema geometrico), alle scritte, alle posizioni delle parti del corpo, ai colori delle vesti, racchiude un messaggio di fe-de. Nelle icone, infatti, si fa uso di molti simboli. I colori, i gesti, le espressioni dei volti han-no un significato preciso e profondo  

Per la comprensione di un’icona è molto im-portante conoscere il significato che viene at-tribuito ai colori usati. ORO – La luce di Dio. ROSSO – L’umanità (ricorda il colore del san-gue). AZZURRO – La divinità (Gesù nelle icone veste di rosso e azzurro o blu per indicare le sue due nature: vero Dio e vero uomo). VERDE – La freschezza della gioventù e della natura. NERO – Mancanza di vita. BIANCO – Candore, purezza, semplicità

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Hanno collaborato a questo numero: Ugo Basso, Andrea Borroni, Carlo Favero, Fabrizio Favero, Roberta Marsiglia, Simone Moscardi, don Guido Nava, Elisabetta Perego

I numeri precedenti sono raccolti nella sezione “La Parrocchia” del sito internet parrocchiale www.parrocchie.it/milano/angelicustodi

Sacerdoti Parroco Don Guido Nava tel. e fax. 0255011912 Residente Don Michele Aramini (con incarichi pastorali)

Ss. Messe festive: 9.00 (inv.) - 11.00 - 18.00 vigilia: 18.00 feriale: 8.15 (inv.) - 18.00 Segreteria tel. 0255011625 Lun. - Ven. 9.30 - 12.00 / 17.00 - 18.00 Lun. - Mer. - Ven. 16.00 - 17.00 (Centro di ascolto)

RACCOLTA CARITAS Domenica 27 maggio durante le SS. Messe (sabato h. 18, domenica h. 9, 11, 18) raccolta viveri

in favore della Caritas parrocchiale

FESTA DELLA MAMMA PRIME COMUNIONI

Domenica 13 maggio 2018

11.00: Prima Comunione

15.30: Festa Primavera – Iscrizioni al GREST 16.30: Benedizione delle Mamme

PELLEGRINAGGO DECANALE MARIANO

Venerdì 25 maggio ore 20.00

- Parrocchia Santa Maria del Suffragio -

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CALENDARIO PARROCCHIALE MAGGIO 2018 MAR 1 S. Giuseppe lavoratore

MER 2 S. Atanasio GIO 3

VEN 4 19.00: Incontro Edu - Preado - Ado

21.00: Rosario presso la nostra Madonnina

SAB 5 15.30: Catechismo ragazzi II elementare

DOM 6 VI di Pasqua

Prima Domenica 10.30: Battesimi

LUN 7 21.00: Consiglio Pastorale Parrocchiale

MAR 8 MER 9

GIO 10 21.00: Redazione …tra le case

VEN 11 21.00: Rosario presso le Suore Mantellate

SAB 12 20.45: Veglia Prima Comunione

DOM 13 Ascensione

Prima Comunione

11.00: Prima Comunione

15.30: Festa Primavera – Iscrizioni al GREST

LUN 14 Fine catechismo

MAR 15 MER 16 GIO 17

VEN 18 21.00: Rosario presso Strada della Carità 5

SAB 19 17.30: Battesimo

DOM 20 PENTECOSTE

LUN 21 MAR 22 MER 23

GIO 24

VEN 25 20.00: Pellegrinaggio decanale mariano – S. M. del Suffragio

SAB 26 17.30: Battesimi

DOM 27 SANTA TRINITA’ 11.00: Anniversari di Nozze

LUN 28 MAR 29 MER 30 GIO 31

CALENDARIO PARROCCHIALE GIUGNO 2018 VEN 1 SAB 2

DOM 3 CORPUS DOMINI

Prima Domenica 10.30: Battesimo

LUN 4 MAR 5 MER 6 GIO 7 VEN 8 SAB 9

DOM 10

III dopo Pentecoste

ORARIO ESTIVO DELLE

SS. MESSE FESTIVE:

11.00 e 18.00

16.00: Verifica catechismo