“L’Epoca Delle Passioni Tristi”

3
“L’epoca delle passioni tristi” http://www.questotrentino.it/2005/06/passioni.htm 1 di 3 27/10/2008 17.06 U L'autore Miguel Benasayag. Il teologo Dietrich Bonhoeffer. Home Archivio Abbonati Monitor Link Forum Cerca Chi siamo Silvano Bert Abbiamo letto “L’epoca delle passioni tristi” Miguel Benasayag Gérard Schmit, L’epoca delle passioni tristi. Feltrinelli, 2004, pp.129, 15. Il futuro che da promessa si converte in minaccia, la crisi delle idee di progresso e rivoluzione, in un libro appassionante rivolto agli educatori. n° 6 del 25 marzo 2005 na donna francese adotta un bambino di origine asiatica. Piena di buona volontà, consulta subito uno psichiatra per dare al piccolo un nome francese ed evitargli così di subire atti di razzismo. Ma è il nome che fa soffrire il bambino, oppure il razzismo? Se pensiamo che sia il razzismo, non possiamo intervenire solo come clinici: cambiare il nome è un trucco che elimina il sintomo (come prescrivere il Valium, la "pillola della felicità"), ma lascia sussistere la causa esistenziale della sofferenza. Gli autori sono degli psichiatri francesi, e quindi europei, ma anche dei cittadini, che sanno di vivere in una società in crisi, "l’epoca delle passioni tristi". C’è una sofferenza che non può essere psichiatrizzata, perché dovuta all’esistenza stessa. C’è un destino che ci è stato assegnato, che non possiamo evitare con uno scatto di ribellione. Destino che dobbiamo accettare e conoscere (la "resa"), per organizzare, come possibile, la critica e l’opposizione (la "resistenza"). Questo è un libro, un dialogo, rivolto agli educatori. E di genitori, insegnanti, operatori sociali, è affollata la sala a Trento per l’incontro (organizzato dal Centro Antidroga di Valerio Costa), con Miguel Benasayag, argentino di origine, in gioventù incarcerato per essersi opposto alla dittatura nel suo paese. Il suo atteggiamento è mobile: nell’analisi della realtà maneggia gli strumenti della psicanalisi, della filosofia, della politica, nel pensare la terapia, a fronte dello stato di cose presenti, critica con fermezza e agisce con senso del limite. Non cede alla rassegnazione, né al senso di onnipotenza. Leggendolo, e ascoltandolo, io ripenso a Dietrich Bonhoeffer, condannato a morte da Hitler per aver attentato alla vita del dittatore. In carcere, nel 1945, nel suo "Resistenza e Resa", il teologo tedesco scrive: "Spesso qui ho pensato a dove passino i confini tra la necessaria resistenza alla sorte e l’altrettanto necessaria resa. Dobbiamo opporci altrettanto decisamente al destino quanto sottoporci a lui a tempo opportuno. Non è possibile definire in linea di principio i confini tra resistenza e resa, ma è certo che debbono essere presenti ambedue e ambedue devono venire assunte con decisione. La fede richiede questo atteggiamento mobile, vivo. Soltanto così possiamo reggere alle varie situazioni del presente e renderle feconde". Articoli precedenti: "L'individuo senza passioni" (n° 20 del 24.11.01) e successivi: “Patologie del nostro tempo” (n° 9 del 7.5.2005) Fra Melk e Mauthausen (n°12 del 18.6.2005) Archivio QT vedi articoli sui seguenti argomenti: Storia Didattica Tu cosa ne pensi? Ogni giorno nuovi argomenti, scrivi la tua opinione sul nuovo Blog! www.avoicomunicare.it Resistenza La storia d'Italia raccontata dalla Lira. Scoprila subito online ! www.StoriaDellaLira.it Libro sulla sofferenza Come liberarsi dalla solitudine e dalla sofferenza www.csbstore.com Terapia di Coppia Trattamento di terapia breve. Studio: Vicolo de' Cinque 55 - Roma www.psicologi-roma.com Generated by Foxit PDF Creator © Foxit Software http://www.foxitsoftware.com For evaluation only.

description

Intervista a MiguelBenasayag.

Transcript of “L’Epoca Delle Passioni Tristi”

Page 1: “L’Epoca Delle Passioni Tristi”

“L’epoca delle passioni tristi” http://www.questotrentino.it/2005/06/passioni.htm

1 di 3 27/10/2008 17.06

U

L'autore Miguel Benasayag.

Il teologo Dietrich Bonhoeffer.

Home Archivio Abbonati Monitor Link Forum Cerca Chi siamo

SilvanoBert

Abbiamo letto

“L’epoca delle passioni tristi”

Miguel Benasayag Gérard Schmit, L’epoca dellepassioni tristi. Feltrinelli, 2004, pp.129, 15.Il futuro che da promessa si converte in minaccia, la crisi delle idee di progresso e rivoluzione, in un libroappassionante rivolto agli educatori.

n° 6 del 25 marzo 2005

na donna francese adotta un bambino di origine asiatica. Piena di buonavolontà, consulta subito uno psichiatra per dare al piccolo un nomefrancese ed evitargli così di subire atti di razzismo. Ma è il nome che fa

soffrire il bambino, oppure il razzismo? Se pensiamo che sia il razzismo, nonpossiamo intervenire solo come clinici: cambiare il nome è un trucco cheelimina il sintomo (come prescrivere il Valium, la "pillola della felicità"), malascia sussistere la causa esistenziale della sofferenza.

Gli autori sono degli psichiatri francesi, e quindi europei,ma anche dei cittadini, che sanno di vivere in una societàin crisi, "l’epoca delle passioni tristi". C’è una sofferenzache non può essere psichiatrizzata, perché dovutaall’esistenza stessa. C’è un destino che ci è statoassegnato, che non possiamo evitare con uno scatto diribellione. Destino che dobbiamo accettare e conoscere(la "resa"), per organizzare, come possibile, la critica el’opposizione (la "resistenza").

Questo è un libro, un dialogo,rivolto agli educatori. E di genitori,

insegnanti, operatori sociali, è affollata la sala a Trentoper l’incontro (organizzato dal Centro Antidroga di ValerioCosta), con Miguel Benasayag, argentino di origine, ingioventù incarcerato per essersi opposto alla dittatura nelsuo paese. Il suo atteggiamento è mobile: nell’analisidella realtà maneggia gli strumenti della psicanalisi, dellafilosofia, della politica, nel pensare la terapia, a frontedello stato di cose presenti, critica con fermezza e agiscecon senso del limite. Non cede alla rassegnazione, né alsenso di onnipotenza. Leggendolo, e ascoltandolo, ioripenso a Dietrich Bonhoeffer, condannato a morte daHitler per aver attentato alla vita del dittatore. Incarcere, nel 1945, nel suo "Resistenza e Resa", il teologotedesco scrive: "Spesso qui ho pensato a dove passino iconfini tra la necessaria resistenza alla sorte e l’altrettanto necessaria resa.Dobbiamo opporci altrettanto decisamente al destino quanto sottoporci a lui atempo opportuno. Non è possibile definire in linea di principio i confini traresistenza e resa, ma è certo che debbono essere presenti ambedue eambedue devono venire assunte con decisione. La fede richiede questoatteggiamento mobile, vivo. Soltanto così possiamo reggere alle variesituazioni del presente e renderle feconde".

Articoliprecedenti:

"L'individuo senza passioni"(n° 20 del 24.11.01)

e successivi:

“Patologie delnostrotempo”(n° 9 del 7.5.2005)

Fra Melk e Mauthausen(n°12 del 18.6.2005)

Archivio QTvedi articoli sui

seguenti argomenti:

Storia

Didattica

Tu cosa ne pensi?Ogni giorno nuovi argomenti, scrivi la tua opinione sul nuovo Blog! www.avoicomunicare.it

ResistenzaLa storia d'Italia raccontata dalla Lira. Scoprila subito online ! www.StoriaDellaLira.it

Libro sulla sofferenzaCome liberarsi dalla solitudine e dalla sofferenza www.csbstore.com

Terapia di CoppiaTrattamento di terapia breve. Studio: Vicolo de' Cinque 55 - Roma www.psicologi-roma.com

Generated by Foxit PDF Creator © Foxit Softwarehttp://www.foxitsoftware.com For evaluation only.

Page 2: “L’Epoca Delle Passioni Tristi”

“L’epoca delle passioni tristi” http://www.questotrentino.it/2005/06/passioni.htm

2 di 3 27/10/2008 17.06

M

L

Lo storico Eric Hobsbawm,l’autore de "Il secolo breve".

a qual è dunque la crisi profonda, a cui la storia ci ha destinati, edentro la quale dobbiamo operare, da educatori e da cittadini? Per cuidobbiamo aspettarci, (è normale, un evento nella struttura), che il

bambino venuto dall’Asia sia investito da atti di razzismo?

Benasayag ritiene che l’inizio della crisi sipossa collocare negli anni ‘70 del ‘900.Secondo Eric Hobsbawm, l’autore de "Il secolobreve", è nel 1975 che incomincia appunto"l’età della frana", dopo l’età dell’oro, itrent’anni gloriosi successivi alla guerra. Essaprecipiterà, (col crollo del comunismo), nellostrapotere del capitalismo, un sistema chestringe in una gabbia d’acciaio la tecnica el’economia. E’ allora che il futuro muta disegno: da promessa si converte in minaccia.

Il meccanismo funziona, competitivo: la tecnica e l’economia proclamanosuccessi e profitti. Ma paradossalmente noi stiamo male, i bambini e gliadolescenti in particolare. Il mondo diventa incomprensibile, privo di senso. Lascienza diventa scientismo: tecnicamente tutto diviene possibile, e anchepensabile eticamente. L’economia diventa utilitarismo: il valore di scambiotravolge il valore d’uso. L’ospedale e la scuola diventano aziende.

Ogni limite viene abbattuto: per questo stiamo male. La crisi del principiod’autorità, in famiglia e a scuola, ne è un sintomo indicativo. L’autorità è unbene condiviso, perché garantisce la trasmissione della cultura dall’adulto algiovane, fonda l’educazione sul desiderio di crescere: contestare le norme hasenso in una comunità da rinnovare, ma che persiste, protegge. Quandoquesto legame (dell’autorità che pone dei limiti, con cui confrontarsi) sispezza, gli succede, inefficace, l’autoritarismo: si insegna con la minaccia. Nonsappiamo ripetere altro che: "Devi imparare, perché nella giungla devi essereforte, all’altezza".

Il disagio, le "passioni tristi", sono questa disgregazione, questo legame cheviene a mancare, si dissolve, fra noi e gli altri, e dentro ognuno di noi.

La cura non può essere che ricostruire, pazientemente, i legami, in questasocietà competitiva, utilitaristica, tecnicizzata. Devono provarci il clinico, e ognieducatore. La strategia che Benasayag propone alla scuola è di insegnarel’inutile.

Sono le pagine che leggo con maggiore attenzione. Quante volte i mieistudenti, di un Istituto Tecnico Industriale, mi hanno domandato: a che servela storia? e la poesia? E’ stata una sfida, ogni mattina all’aprirsi dell’aula, conDante e Leopardi sul banco, assediati fra officine e laboratori, il sottoporre acritica le sorti "magnifiche e progressive", in nome della fragilità degli uomini.

a forza di questa proposta sta nella sua valenza politica. Sorprese tutti laspiegazione di Giovanni Bollea, il decano degli psicoanalisti italiani, ilgiorno della tragedia, quando Erika e Omar uccisero la mamma e il

fratello: questo succede perché in famiglia, e a scuola, non si parla più dipolitica. La politica è fiducia nella parola che lega, che media: la violenza, laguerra, scoppiano quando si interrompe il discorso sulle divergenze che ciseparano. E allora discutiamo, facciamo qualche obiezione, al ragionamentopolitico di Benasayag. E se la crisi, il futuro vissuto come "minaccia" e noncome "promessa", invece che datare dagli anni ‘70 del Novecento, dall’etàdella frana, venisse da più lontano, dal cuore stesso dell’età moderna? "Nonc’è mai stata un’epoca che non si sia sentita moderna, e non abbia creduto diessere davanti a un abisso. La lucida coscienza disperata di essere nel mezzodi una crisi decisiva è qualcosa di cronico nell’umanità". Con questaosservazione di Walter Benjamin probabilmente Benasayag non concorda.

Progresso e rivoluzione sono categorie costitutive dellamodernità: è l’individuo che acquisisce gradualmentecentralità emergendo dal "cosmo" medievale di "corpi" e"ordini" prestabiliti. Rompe i legami antropologici, socialie culturali, che lo tenevano protetto in uno spazio e in untempo ben noti. L’esito finale è però preoccupante:l’individuo appare oggi stretto fra solitudine econformismo, fra atomismo e massificazione. ScriveElena Pulcini, in un saggio dal titolo significativo,"L'individuo senza passioni", che l’età moderna"spezza ogni legame: sia quello tra l’individuo e i propri

Generated by Foxit PDF Creator © Foxit Softwarehttp://www.foxitsoftware.com For evaluation only.

Page 3: “L’Epoca Delle Passioni Tristi”

“L’epoca delle passioni tristi” http://www.questotrentino.it/2005/06/passioni.htm

3 di 3 27/10/2008 17.06

Lo psicanalista Giovanni Bollea.

M

Il pedagogista Jerome Bruner.

avi e discendenti, sia quello tra l’individuo e i propricontemporanei".

La patologia non si è dunque infiltrata dall’esterno nel nostro organismo,intrinsecamente sano, soltanto da poco. La crisi delle idee di progresso e dirivoluzione, come possibilità dell’uomo, faber e civis, di modificare la realtà, èinestricabilmente connessa al loro affermarsi. Quando Freud parla di "disagiodella civiltà", e Nietzsche di "morte di Dio", spingono lo sguardo più lontano diHobsbawm, il quale sa, per altro, che il Novecento inizia con "l’età dellacatastrofe". E Spinoza, inventore delle "passioni tristi", è un filosofo del ‘600.

a cosa cambia per un educatore se, politicamente, guarda alla storiascandita secondo una periodizzazione diversa da quella dei duepsichiatri francesi? Cambia che non si vede più solo, e primo, di fronte

all’impresa di ricostruire i legami. L’età che ci è data da vivere ha dellespecificità, ma anche delle continuità con quelle che l’hanno preceduta.

Ma soprattutto l’educatore scopre che i legami che la modernità habrutalmente spezzato erano sì protezioni che davano identità e sicurezza, maanche vincoli che opprimevano. E’ ambigua la modernità: produce solitudine elibertà. Quel mondo che a Benasayag pare una gabbia d’acciaio, un muro lisciosenza appigli, io preferisco vederlo intriso di crepe, attraversato da antinomie.I loro nomi sono mercato, tecnica, democrazia. Può la persona vivere,possiamo educarci a vivere, in più dimensioni: la competizione e lacooperazione?

Con la rivoluzione industriale la cultura, fino ad alloradisinteressata, aristocratica, si incontra con il lavoro,denigrato da sempre. E’ una conquista storicairreversibile. Nella mia attività di insegnante ho trovatoun barlume di luce nella concezione di Jerome Bruner, ilpedagogista americano. Il sistema educativo deveprodurre una forza lavoro adeguata alla societàindustriale, e deve formare dei cittadini, delle persone,capaci di rinnovare il mondo. Deve dare il senso delleidentità particolari di appartenenza, e aprire alle veritàuniversali. Nel fondo l’antinomia è fra l’adeguare i giovania una cultura che la storia ci consegna già data, e iltrasformarla creativamente per i giovani stessi che

cambiano, fra la società che pretende disciplinamento, e l’individuo che aspiraa realizzarsi.

Con i giovani sono riuscito a stabilire un legame non quando ho contrappostola storia e la poesia alla tecnica e all’economia, (l’inutile all’utile), ma quandoho chiamato le due dimensioni, nel legame interdisciplinare, a interrogarsireciprocamente. Costringendo me stesso, e i ragazzi. Secondo modalità, èovvio, sempre troppo rozze e inadeguate. Il futuro non concede promesse,solo uno sprazzo di senso. C’è cultura nella mano che si muove nel laboratorioe nell’officina, e c’è lavorio nella mente del poeta che misura il ritmo dei versi.

Perché Miguel Benasayag, nella terapia del creare legami, lo fa fronteggiandola "gabbia d’acciaio", inespugnabile, invece che infiltrandosi nelle antinomie?Quasi che lo scontro politico sia segnato in partenza, e sia possibile soltantocostruire legami in nicchie fortunate, sociali. Ascoltandolo mi sono dato unarisposta, che lo rende più degno di rispetto e di attenzione.

Lui viene da una sconfitta, in una battaglia campale, eroica: è stato un"comunista" latinoamericano, vicino a Che Guevara. "Oggi sono uno psichiatradi strada, non frequento le stanze dei ministeri", afferma con orgoglio. Lapolitica, come la tecnica e l’economia, è ormai un territorio caduto (persempre?) in mano al nemico, da spiare in lontananza, con diffidenza.

Io sono seduto in sala accanto a Marco Rossi Doria, che a Napoli è maestro distrada. Ma che, ai tempi di Tullio De Mauro, ha accettato di entrare anchenella commissione per riformare la scuola. Siamo più avanti se uomini esperti,di strada, sono invitati lassù. Quaggiù, allora, lavoriamo meglio anche noi. E’quella pratica di "resistenza" e "resa" che è l’insegnamento più profondo dellibro.

Generated by Foxit PDF Creator © Foxit Softwarehttp://www.foxitsoftware.com For evaluation only.