Lenti Intraoculari - Ivan Schiavo

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Università Degli Studi dell’Aquila Lenti Intraoculari Studente: Schiavo Ivan Matricola: 207267 Docente: Prof. L.A. Pajewski Corso: Biomateriali

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Università Degli Studi dell’Aquila

Lenti Intraoculari

Studente: Schiavo IvanMatricola: 207267

Docente: Prof. L.A. PajewskiCorso: Biomateriali

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L’OCCHIO UMANO

L’occhio umano è un organo complesso di vitale importanza per la vita quotidiana ed è per questo oggetto di una serie di accessori, impianti e dispositivi biomedici. Una vasta gamma di biomateriali sono utilizzati per fabbricare dispositivi oculari per correggere carenze funzionali causate da età, patologie o traumi.

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L’occhio è ospitato in una cavità detta bulbo oculare, od orbita, entro il cranio; essa, in termini di dimensioni supera con un margine considerevole quelle del tessuto molle del bulbo oculare. Lo spazio tra il globo e l’orbita è riempito di grasso e rivestito con uno strato di tessuto connettivo conosciuto anche come fascia bulbare o capsula di Tenone.Questa, nel complesso, ha la funzione di sostenere, proteggere e stabilizzare l’occhio nello spazio orbitatorio, fornendogli una cavità adatta alla rotazione.

Il legame fra il globo oculare e ilsistema nervoso centrale è ottenuto mediante il nervo ottico, che insieme ai muscoli ottici e alla vascolarizzazione oftalmica impedisce al grasso oculare di raggiungere il globo.

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Le pareti del globo sono formate da 3 strati di tessuto distinti:

• Uno strato esterno sclerale/corneale

• Uno intermedio vascolare/coroidale

• Uno più interno retinale

CARATTERISTICHE ESTERNE DEL GLOBO OCULARE

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LO STRATO CORNEALE/SCLERALE

Questo strato esterno è un tessuto protettivo formato da collagene,la cui regione posteriore è opaca e forma la cosiddetta sclera mentre la parte anteriore, invece, è visibile sulla superficie del globo e forma la ben nota parte bianca dell’occhio; la parte più importante della sclera anteriore forma una finestra specializzata trasparente che prende il nome di cornea che permette alla luce di arrivare alla parte interna del globo; e’ un sottilissimo tessuto, elastico e resistente, che proprio grazie alla sua perfetta regolarità, consente trasparenza e uniformità di penetrazione alla luce che entra.

LO STRATO CORNEALE/SCLERALE

CORNEA: Larghezza della figura 1/5 di mm occorrono cioè 5 pagine per fare 1 mm Ingrandimento 1500x

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La cornea è una struttura non vascolare costituita da uno strato esterno epiteliale, uno intermedio di collagene chiamato stroma, popolato di cellule fibroblastiche dette cheratociti, e uno interno endoteliale.La cornea e la sclera anteriore sono protette contro l’abrasione e le lesioni accidentali dalle palpebre e dal sistema lacrimale. Ogni palpebra è rinforzata da una piastra fibrosa, il tarso, che è attaccato al bordo dell’orbita attraverso il tessuto connettivo. Le superfici più interne delle palpebre e il segmento posteriore del globo sono coperte da una membrana epiteliale conosciuta come congiuntiva, la cui funzione è quella di mantenere umido l’occhio.

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Questo strato comprende il coroide, il corpo ciliare e l’iride (che conferisce la colorazione all’occhio); la maggior parte dello strato vascolare è pigmentato. Il pigmento svolge una funzione simile a quella delle superfici interne opache degli apparecchi fotografici, evitando la dispersione della luce all’interno del globo. Alla giunzione fra la sclera e la cornea, il coroide (membrana sottile situata tra la sclera e la retina) si ispessisce, andando a formare il corpo ciliare, una struttura fortemente increspata che è responsabile della produzione dell’umore acqueo.

LO STRATO VASCOLARE/COROIDEO

Anteriormente al corpo ciliare vi è l’iride circolare che è dotato di muscoli, e controlla le dimensioni della pupilla attraverso una combinazione di contrazioni e rilassamenti delle fibre dei muscoli radiali e circolari. La dimensione della pupilla è una risposta automatica,che varia a seconda del livello di luce.

Corpo ciliare

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L'iride è una formazione circolare, pigmentata, localizzata dietro la cornea e davanti al cristallino; essa presenta un'apertura circolare al centro, la pupilla, le cui dimensioni sono controllate da un muscolo posto sul suo margine. Contraendosi e rilassandosi, questo muscolo fa allargare o rimpicciolire la pupilla stessa, controllando la quantità di luce che penetra nell'occhio.

La macula è la zona centrale della retina, la più sensibile agli stimoli luminosi. Si tratta della regione con più elevata densità di fotorecettori (in questo caso principalmente i coni), cellule nervose fotosensibili deputate alla trasformazione dell'energia luminosa in impulsi elettrici.

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Lo strato retinale è una complessa struttura innervata che copre circa i due-terzi della superficie interna posteriore del globo; essa appare come una sottile membrana trasparente suddivisa in due aree: un’area centrale chiamata macula che contiene la fovea centrale, ed una media-periferica.La luce passa attraverso l’intero spessore della retina andando a colpire le cellule sottostanti, contenenti i pigmenti fotosensitivi; queste cellule sono conosciute come coni e bastoncelli.

LO STRATO RETINALE

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I BASTONCELLI

I bastoncelli sono di un solo tipo, di forma allungata, hanno una rapida capacità di rigenerare rodopsina (proteina che una volta attivata genera l’iperpolarizzazione della membrana e il conseguente impulso nervoso tramite nervo ottico) e così sono sensibili a livelli bassi di luce e vibrazione; per questo vengono sfruttati nella condizione di bassa visibilità, sono più numerosi dei coni (circa 120 milioni) e risiedono nella parte periferica della retina.Le loro caratteristiche consistono in una elevata sensibilità alla luce ed una grande capacità di percezione del movimento a tutto campo a scapito però della distinzione dei colori e della focalizzazione degli oggetti.

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I CONI

Sono localizzati nella parte centrale della retina (fovea) e sono deputati alla percezione e al riconoscimento dei colori (funzione fotopica) e alla visione distinta. Esistono tre tipi di coni rispettivamente per il rosso, il verde e il blu; mediamente sono 6,3-6,4 milioni.A differenza dei bastoncelli non consentono di percepire in modo omogeneo l'intero campo visivo; il punto di percezione ottimale è il centro del campo visivo stesso.

Sensibilità dei coni ai colori dello spettro di luce in funzione delle

lunghezze d'onda.

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I coni e i bastoncelli sono disposti perpendicolarmente alla superficie retinica; sono deputati alla trasformazione dello stimolo luminoso in stimolo elettrico e alla sua trasmissione fino all’encefalo attraverso il nervo ottico. Infatti, i coni e i bastoncelli contengono pigmenti che, per effetto delle radiazioni luminose, subiscono trasformazioni biochimiche dalle quali origina l’impulso nervoso. Tale impulso viene trasmesso alle cellule retiniche contigue (bipolari e gangliari), i cui assoni costituiscono le fibre del nervo ottico, fino ad arrivare a centri specializzati della corteccia cerebrale.

La visione tricromatica (capacità dell’essere umano di vedere tre colori) è data dalla presenza nella retina dei coni dotati di pigmenti sensibili a tre differenti lunghezze d’onda. In essi, infatti, sono presenti tre tipi di proteine (opsine) che corrispondono rispettivamente ai colori blu, verde e rosso.

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La visione notturna è conferita da un pigmento chiamato rodopsina presente nei bastoncelli. Tale proteina è inattivata dalla luce, ma si riforma in condizioni di oscurità. Infatti, quando si passa direttamente da una condizione di forte luce a una di buio è necessario aspettare un po’ (qualche secondo) prima di riuscire a vedere, proprio in attesa che si riformi la rodopsina precedentemente inattivata dalle condizioni di luminosità.

Nella figura sono evidenziate in rosso le fasce di luminanza (indicativa dell’abbagliamento che può indurre una sorgente luminosa) della visione con bastoncelli (1) e di quella con i coni (3).La luminanza è data dal rapporto tra l'intensità luminosa emessa da una sorgente verso una superficie normale alla direzione del flusso

Cd = candela (misura dell’intensità

luminosa)

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Nel punto in cui il nervo ottico penetra nel bulbo oculare si trova una piccola zona rotonda di retina priva di cellule fotosensibili, la papilla ottica, che rappresenta il punto cieco dell'occhio.

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CARATTERISTICHE INTERNE DEL GLOBO OCULARE

I principali costituenti interni del globo sono il cristallino,l’umore acqueo e vitreo.

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IL CRISTALLINO

Il cristallino è situato appena dietro l’iride e la pupilla ed è attaccato al corpo ciliare tramite il legamento sospensorio. La forza di tale legamento sul bordo del cristallino, fa sì che esso si appiattisca; al contrario, il rilassamento del legamento provoca l’ispessimento della lente dovuto alla sua elasticità intrinseca.L’allentamento del legamento sospensivo è determinato da una contrazione del muscolo ciliare e questo processo è fondamentale per l’accomodamento, la rifrazione della luce attraverso il cristallino per consentire una precisa focalizzazione dell’immagine sulla retina.Il cristallino è un corpo trasparente biconvesso, coperto da una capsula, un involucro esterno elastico, costituito da collagene; sotto la parte anteriore della capsula vi è un singolo strato di cellule epiteliali del cristallino. Queste cellule possono produrre un grande varietà di macromolecole, con la capacità di influenzare così la biocompatibilità; è composto principalmente di acqua e proteine, orientate in modo tale da mantenerlo trasparente per permettere il passaggio della luce verso la retina.

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Sotto, nell’immagine al microscopio, è riportata la struttura a pettine del cristallino (cioè dell'obiettivo dell'occhio). I “dentini“ che si vedono sono i punti in cui le singole fibre si uniscono incastrandosi in modo da costruire un tessuto elastico e trasparente. E' grazie a questa struttura che il cristallino può contrarsi, regolando la messa a fuoco dell'occhio.

Larghezza della pagina 1/80 di mm occorrono cioè 80 pagine per fare 1 mm Ingrandimento 24000x.

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L’UMORE VITREO E ACQUEO

Umore vitreo e umore acqueo determinano la forma del globo oculare. L’umore acqueo, liquido molto simile al plasma sanguigno, è secreto dai capillari e fornisce sostanze nutritive ed ossigeno al cristallino, all’iride ed alla cornea portando via le sostanze di rifiuto. L’umore acqueo rientra nel sangue attraverso dei piccoli dotti presenti vicino all’iride; l’ostruzione di questi dotti può causare il glaucoma ed il conseguente aumento della pressione oculare può condurre a cecità provocando una compressione sulla retina e sul nervo ottico.

L’umor vitreo (o corpo vitreo) è essenzialmente un gel composto principalmente da acido ialuronico, collagene e proteine del plasma. Esso occupa la cavità vitrea, spazio compreso fra la superficie posteriore del cristallino e la retina.

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FUNZIONAMENTO DELL’OCCHIO UMANO

Il funzionamento dell'occhio umano può essere paragonato a quello di una macchina fotografica. La cornea e il cristallino sono lenti naturali in mezzo alle quali si trova l'iride, colorata diversamente a seconda del soggetto. Al centro dell'iride la pupilla o foro pupillare, che ha la stessa funzione del diaframma in una macchina fotografica, si stringe e si dilata a seconda dell'intensità di luce.

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Quando guardiamo un oggetto i raggi luminosi che esso ‘emana’ (o meglio 'riflette') attraversano il rivestimento esterno e trasparente del bulbo oculare (la cornea), poi passano attraverso la pupilla, che è un foro dilatabile nel mezzo dell’iride. L’iride è la parte colorata dell'occhio; è costituita da tessuto muscolare e serve a regolare automaticamente il diametro di apertura della pupilla a seconda della quantità di luce che proviene dall'esterno.

I raggi luminosi e le sensazioni provenienti dall’immagine reale, dopo aver attraversato la pupilla, proiettano le loro informazioni, capovolte, sulla retina posta sul fondo dell’occhio; è il cervello che interpreta e decodifica le immagini, rimettendole nella posizione corretta.

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Nella fotografia il processo di riproduzione delle immagini non è troppo diverso dalla visione umana. Le immagini, dopo essere passate attraverso l’obiettivo, vengono proiettate sul piano di fondo della camera oscura. Nell’occhio umano il piano di fondo è costituito dalla retina e la pupilla corrisponde all’obiettivo fotografico.Esiste però una differenza sostanziale tra la macchina fotografica e l'occhio: negli esseri umani la visione è binoculare. Entrambi gli occhi ricevono la stessa (ma non identica) impressione, perché percepiscono lo stesso oggetto, nello stesso momento, da un punto lievemente diverso. Ciò ci permette di giudicare la distanza alla quale si trova l’oggetto e di calcolarne la profondità e le dimensioni. Sarà il cervello poi a fondere le due immagini.La stereopsi è una delle funzioni più complesse del sistema visivo e riconosce la sua sede anatomica nella corteccia

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SITI DI INTERVENTO PER BIOMATERIALI OFTALMICI

Sezione verticale del globo oculare

Ad oggi quello delle lenti intraoculari è solo un tipo di intervento che può essere fatto sull’occhio.In base alla posizione del globo oculare dove si va ad intervenire si distinguono:

1. Lenti a contatto, sistemi a rilascio controllato,cornea artificiale,riparazione condotti lacrimali

2. Condotti di drenaggio per il glaucoma

3. Lenti intraoculari4. Vitrei artificiali5. Occhi artificiali

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DIFETTI VISIVI

Nel linguaggio comune, un individuo “normale” dal punto di vista visivo, non presenta anomalie o disfunzioni. Avere una visione normale ( termine tecnico emmetropia ) implica la capacità del sistema visivo di fare in modo che l’immagine di un oggetto posto all’infinito ( oltre 5-6 metri) si vada a formare perfettamente a fuoco sulla retina.

Occhio Emmetrope

Indipendentemente dal difetto rifrattivo i raggi di luce passano attraverso la cornea e il cristallino per poi raggiungere la retina. I raggi di luce sono focalizzati perfettamente sulla retina, l’occhio non presenta quindi difetti visivi e avrà una visione nitida.L’emmetropia si ottiene quando la curvatura della cornea e la lunghezza assiale del bulbo oculare sono in relazione tale che i raggi di luce vengano a coincidere esattamente a fuoco sulla retina.

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LA MIOPIA

La miopia è un difetto visivo molto diffuso. Il miope vede bene da vicino e male da lontano; nell'occhio miope si riscontra una lunghezza eccessiva del bulbo oculare la cui conseguenza è la messa a fuoco delle immagini davanti alla retina per cui la visione da lontano risulta sfuocata.

La miopia si manifesta quando il bulbo oculare è troppo lungo (Figura 1),quando la cornea è troppo curva (Figura 2). Questo determina la messa a fuoco delle immagini davanti alla retina e, come conseguenza, una visione sfuocata per lontano.

Figura 1

Figura 2

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L’IPERMETROPIA

Nell'occhio ipermetrope la luce proveniente dagli oggetti esterni è messa a fuoco dietro la retina. Il paziente con ipermetropia noterà maggior difficoltà nella visione da vicino e dopo i 40 anni sia da vicino che da lontano.

L’ipermetropia si verifica quando il bulbo oculare è più corto del normale (Figura 1) oppure quando la cornea risulta più piatta del normale (Figura 2).

Figura 1

Figura 2

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L’ASTIGMATISMO

Nell'occhio astigmatico le immagini risultano essere distorte a causa di una curvatura anomala della cornea. La cornea non ha una superficie sferica ma ellissoidale e la luce, quindi, non può mai focalizzarsi perfettamente sulla retina.

Si tratta di un errore refrattivo per il quale i raggi di luce che entrano nell’occhio non vengono focalizzati in un unico punto, ma in due punti distinti che non si trovano necessariamente sulla retina. I punti di messa a fuoco dipendono dall’eventuale associazione con miopia o ipermetropia.

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L’astigmatismo si verifica quando la superficie interiore dell’occhio, la cornea, ha una curvatura irregolare. Essa, infatti, è solitamente omogenea e con un profilo sostanzialmente sferico che le conferisce la forma di una palla da calcio.

In caso di astigmatismo la curvatura lungo i meridiani principali risulta più accentuata in uno rispetto all’altro. Questo determina una conformazione della superficie anteriore corneale più simile ad una palla da rugby.

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La presbiopia non è un vero e proprio difetto della vista, ma un processo fisiologico legato all’età. Dopo i 40 anni infatti l’occhio normale (emmetrope) continua a vedere bene da lontano, ma perde progressivamente la possibilità di vedere vicino.Quando un occhio emmetrope guarda lontano, il cristallino è in posizione "di riposo", in altre parole è rilassato e appiattito. In queste condizioni i raggi che attraversano cornea e cristallino (i cosiddetti mezzi trasparenti), vengono deviati in modo che l’immagine arrivi perfettamente a fuoco sulla retina.

LA PRESBIOPIA

Cristallino “a riposo” Cristallino “più curvo”

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L'accomodazione è dunque la capacità del cristallino di assumere la curvatura adatta affinché le immagini vadano a fuoco sulla retina guardando "da vicino". Questa capacità è assolutamente autonoma e involontaria. Con il passare degli anni (indicativamente sopra ai 40 anni) la capacità accomodativa diminuisce e conseguentemente risulta più difficile mettere a fuoco gli oggetti da vicino (la difficoltà più comune risulta la lettura).

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LA CATARATTA

La cataratta è l’opacizzazione del cristallino naturale; questa perdita di trasparenza impedisce alla luce di raggiungere normalmente la retina. Da questo fenomeno deriva l'annebbiamento progressivo della vista. Solitamente la cataratta insorge come conseguenza del processo di invecchiamento dell'occhio, ma può svilupparsi anche in età giovanile, sia spontaneamente che a seguito di varie condizioni locali o generali, di cui la più comune è il diabete. L’accumulo di zucchero, tende a fare agglomerare le proteine del cristallino, opacizzandolo e creando un annebbiamento della visione.Parliamo di:

Occhio affetto da catarattaCataratta nucleare : quando abbiamo un opacamento della zona centrale del nucleo del cristallino.

Cataratta Corticale : quando abbiamo un opacamento della zona periferica del cristallino

Cataratta Sottocapsulare: quando abbiamo un opacamento della zona a livello della parte più posteriore della corteccia del cristallino.

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Un ulteriore motivo di cataratta è legato all’età:questo processo, infatti, è causato da fenomeni di ossidazione delle proteine del cristallino che perde la sua trasparenza a causa della precipitazione di alcune proteine a livello del suo nucleo. Fenomeno molto diffuso dopo i 60 anni.La cataratta può ad un certo punto tendere a far aumentare di volume il cristallino; infatti la cataratta consiste in una precipitazione di proteine a livello delle cellule del cristallino, che determina il richiamo di acqua dall’esterno e cosi il cristallino si gonfia, e qui la sua faccia anteriore può avvicinarsi pericolosamente alla faccia posteriore, con abbassamento della camera anteriore.

Anche l'uso prolungato di farmaci, come ad esempio il cortisone, sia applicati localmente che assunti per altre vie, possono essere fra le cause di opacizzazione del cristallino. In rari casi la cataratta può essere congenita, cioè presente dalla nascita. A distanza di tempo dall’intervento chirurgico, invece, può comparire la cosiddetta cataratta secondaria in cui si opacizza il sacco capsulare (il sacco in cui è viene impiantato il cristallino artificiale).È sufficiente una semplice applicazione di laser, che viene focalizzato sulla camera posteriore e permette di rompere il sacco senza toccare l’occhio, per ridare trasparenza e nitidezza in modo definitivo.

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In presenza di una cataratta i raggi luminosi che entrano nell'occhio non riescono ad attraversare il cristallino opaco ma vengono deviati in più direzioni. In questo modo, le immagini non possono andare a fuoco sulla retina, generando così una sensazione di annebbiamento.

Occhio normale Occhio con Cataratta

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Dai dati pubblicati dalla IAPB (Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità - Sezione italiana) basati su stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, su 37 milioni di ciechi presenti nel mondo, più della metà sono dovuti a questa patologia.Nei Paesi più industrializzati il numero di interventi per milione di popolazione varia dai 5.000 agli 8.000 l’anno; in quelli in via di sviluppo da 200 a 500.

Trattamento chirurgico della cataratta: la FACOEMULSIFICAZIONE

La facoemulsificazione è il tipo di chirurgia Consiste nella frammentazione e aspirazione della cataratta all’interno dell’occhio attraverso una apertura di soli 2 mm.

L'intervento viene effettuato ambulatoriamente, senza ricovero, e in anestesia locale e dura circa 20 minuti.

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Attraverso una piccola incisione nel globo oculare viene introdotta una sonda a ultrasuoni che frantuma e poi aspira il cristallino (Figura 1). La capsula che conteneva la lente naturale viene lasciata quasi completamente intatta ed all'interno di essa viene posizionato il cristallino artificiale tramite iniettore (Figura 2).

Figura 1 Figura 2

Cristallino artificiale impiantato

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TRATTAMENTI ALTERNATIVI: IL LASER AD ECCIMERI

Per tutti i difetti visivi visti,fatta eccezione per la cataratta,esistono altri trattamenti alternativi all’impianto di lenti intraoculari basati sull’utilizzo di laser ad eccimeri.Si tratta di un dispositivo che produce luce laser nella regione dell'ultravioletto (per la sua elevata energia), impiegato nella chirurgia refrattiva; il termine “eccimero” è la contrazione di dimero eccitato e si riferisce al materiale con cui la luce laser viene prodotta.Il primo laser a eccimeri è stato inventato nel 1971 da Nikolaj Basov presso l'istituto di Fisica "Lebedev" di Mosca e utilizzava un dimero di xeno(Xe2) eccitato con un fascio di elettroni per stimolare un'emissione di luce coerente alla lunghezza d'onda di 172 nm;in seguito si sono usati alogenuri dei gas nobili come il bromuro di Xeno (XeBr).

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L’operazione con laser ad eccimeri è una procedura che permette di intervenire sulla curvatura corneale riportando il fuoco dell’immagine nuovamente sulla retina, eliminando quindi in modo definitivo il difetto visivo. L’intervento può avvenire con la tecnica del Lasik o con il laser PRK.

Consiste nell'asportare con uno speciale strumento, (microcheratomo), una sottilissima lamella di cornea e ribaltarla di lato. Viene quindi effettuato il trattamento con laser ad eccimeri e la porzione di cornea tagliata viene poi riposizionata sulla superficie trattata e qui si salda in pochi minuti spontaneamente.Il trattamento con il laser a eccimeri Lasik non avviene sulla superficie della cornea, ma all'interno di essa. Perché ciò sia possibile è necessario praticare, prima del trattamento con il laser ad eccimeri, una sottile incisione a lamella: a ciò provvede uno strumento meccanico, il microcheratomo.

LASIK

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PRK

La tecnica PRK (Photo - Refractive Keratectomy) è una metodica che prevede l'utilizzo del laser ad eccimeri che permette di asportare microscopiche frazioni di tessuto corneale in superficie mediante l'emissione di un raggio laser facente parte della gamma dei raggi ultravioletti.Dopo aver rimosso la parte più superficiale della cornea, chiamata epitelio, il laser permette di modificare la superficie corneale appiattendola in caso di miopia, incurvandola in caso di ipermetropia, regolarizzandola nell'astigmatismo.

I limiti di queste tecniche sono dovuti soprattutto alla struttura della cornea: spessore, curvatura e forma non consentono una correzione efficace e sicura per difetti visivi molto forti.Inoltre si tratta di una chirurgia irreversibile al contrario delle lenti intraoculari in cui, in caso di complicazioni, è sufficiente rimuovere la lente.

SVANTAGGI

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LENTI INTRAOCULARI (IOL)

Dalle considerazioni precedentemente fatte fino a questo punto risulta evidente l’importanza dell’utilizzo delle lenti intraoculari;oltre al fatto del vantaggio della reversibilità rispetto alle tecniche con il laser ad eccimeri, le lenti intraoculari sono l’unica alternativa per la risoluzione di difetti visivi come la cataratta,per via della sostituzione del cristallino opacizzato.

Le lenti intraoculari possono essere suddivise in fachiche e pseudofachiche:

Lenti Pseudofachiche: si tratta di lenti intraoculari destinate alla sostituzione del cristallino naturale (pseudo = falso, faco = cristallino). Questa condizione è sempre il risultato di una operazione chirurgica di rimozione della cataratta (cristallino opaco) e di impianto di un cristallino artificiale o lente intraoculare sostitutiva. Si viene a creare così la condizione di pseudofachia chirurgica.

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Lenti Fachiche: talvolta indicate come “lenti a contatto impiantabili (ICL), sono lenti intraoculari impiantate all’interno dell’occhio senza però rimuovere il cristallino umano naturale.Questa condizone avviene per la presenza di un difetto refrattivo elevato (ipermetropia, miopia, astigmatismo); le lenti fachiche funzionano come gli occhiali o le lenti a contatto, eccetto per il fatto che lo fanno da dentro l'occhio.

Lente fachica a fissazione iridea ben centrata sulla pupilla.

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Impresa Quota

Wavelight [inferiore all’1%]Alcon [60%-70%]AMO/VisX [20%-30%]Bausch&Lomb [10%-20%]Zeiss Meditec [0%-10%]Altri [0%-10%]Totale 100%

Valori delle quote delle imprese presenti nel mercato delle lenti intraoculari:

Dalle stime comunicate dalle aziende italiane i prezzi delle lenti intraoculari sarebbero i seguenti (Prezzi Iva esclusa): Crystalens AO: € 699,00; Synchrony: € 650,00; Tek-Clear: € 450,00; Tetraflex (KH-3500): € 490,00.

PREZZI E MERCATO DELLE IOL

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L’idea di sostituire il cristallino con una lente artificiale é nata nel 1776 per merito dell’oculista italiano Tadini. Intorno al 1795 é stata tentata un’operazione di sostituzione del cristallino, ma le scarse conoscenze in questo campo non hanno dato risultati soddisfacenti.Nel 1949, l’oculista inglese Sir Harold Ridley ha impiantato con successo la prima lente intraoculare (IOL) al St. Thomas Hospital di Londra. L'impianto è stato realizzato in un materiale flessibile chiamato PMMA (polimetilmetacrilato), che Ridley aveva pensato di utilizzare dopo aver osservato la buona tolleranza che gli occhi dei piloti della Royal Air Force avevano denotato al PMMA.

LENTI INTRAOCULARI:LA STORIA

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Durante la seconda guerra mondiale l’oftalmologo inglese Harold Ridley curò molti piloti di aerei da guerra che avevano subito ferite agli occhi causate da piccole particelle di plastica (PMMA) a seguito della rottura del finestrino inferiore del bombardiere B17; essi non avevano nessuna infiammazione e nessun fenomeno di rigetto e grazie a queste osservazioni Ridley ebbe l’idea di rimpiazzare lenti naturali soggette a cataratta con lenti di PMMA.

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Nonostante il successo della scoperta di Ridley, la cosa non attecchì all’interno della comunità oftalmica per un certo numero di decenni, poiché molti erano contrari all'idea di sostituire la lente naturale dell'occhio con una artificiale.Nel 1951, Ridley presentò la sua carta 'lenti intraoculari acriliche' al Congresso Oftalmologico di Oxford, che fu accolta con una forte opposizione da parte di colleghi; nonostante ciò il 1952 ha segnato anche il primo intervento di impianto IOL negli Stati Uniti.Il motivo più comune per l'utilizzo di IOL è quello di eseguire un intervento di cataratta; questa operazione viene eseguita di routine dal 1970,anno in cui le tecniche IOL finalmente guadagnarono un diffuso consenso.

Dopo gli anni ’70, le tecniche si sviluppano e gli interventi di questo tipo sono considerati sicuri ed efficaci. Oggi in molti paesi ogni anno, centinaia di migliaia di lenti sono impiantate in microchirurgia ambulatoria.

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POSIZIONI LENTI INTRAOCULARI

Esistono diversi tipi di lenti intraoculari che vengono posizionate in zone differenti dell'occhio:

a) In camera anteriore nell'angolo tra cornea e iride

b) In camera anteriore ma agganciate all'iride

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c) In camera posteriore tra iride e cristallino

A queste configurazioni relative alle sole lenti fachiche, va aggiunta quella che porta la lente (pseudofachica) ad essere introdotta sulla capsula che sorregge il cristallino sostituito.Il tipo di lente viene scelto in base a precise indicazioni cliniche, sulla base delle caratteristiche anatomiche dell'occhio ed ha lo scopo di correggere interamente o quasi il difetto di vista.

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TIPI DI LENTI INTRAOCULARI

• Lente intraoculare Monofocale Sferica

Tali lenti mettono a fuoco una sola distanza, per cui il paziente, se non ha altre patologie o difetti visivi concomitanti, potrà vedere bene e senza occhiali, in base alla scelta fatta congiuntamente col medico, o da lontano oppure da vicino, mentre avrà la necessità di portare gli occhiali per l’altra distanza di utilizzo.

Lente intraoculare Monofocale Sferica

E’ un cristallino che viene scelto per vedere bene o per lontano o per vicino, non può correggere l’astigmatismo.

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L’aberrazione sferica delle lenti monofocali tradizionali causa una leggera distorsione periferica dell’immagine, specialmente quando la pupilla si dilata in condizione di scarsa luminosità, inducendo una perdita di qualità della visione. La lente asferica corregge questa piccola distorsione facendo riguadagnare una perfetta qualità delle immagini percepite.

• Lente intraoculare Monofocale Asferica

Lente intraoculare Monofocale Asferica

Anche la lente monofocale asferica è in grado di mettere a fuoco una sola distanza; sia quella sferica che quella asferica non sempre forniscono una buona qualità di vista, sia per vicino che per lontano per cui sono raramente utilizzate per la presbiopia, mentre sono adatte per correggere la miopia.

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• Lente intraoculare Torica

Lente intraoculare Torica

Molte persone presentano un difetto visivo chiamato astigmatismo che influisce sulla qualità della vista, sia da lontano, sia da vicino e che richiede la correzione tramite occhiale.Anche dopo l’intervento di cataratta, se in presenza di elevato astigmatismo pre-operatorio, sarà necessario l’ausilio di occhiali sia da lontano che da vicino, in quanto con l’impianto del normale cristallino monofocale, non si ha la possibilità di correggere anche l’astigmatismo pre-operatorio presente, che quindi rimane della stessa entità anche dopo l’intervento.Oggi però, esistono delle lenti intraoculari, chiamate lenti toriche, in grado di correggere l’astigmatismo anche se elevato.

La preparazione del paziente all’impianto di IOL toriche richiede oltre alla biometria anche lo studio della cornea per la quantificazione dell’astigmatismo corneale per confrontarlo con quello totale. E’ necessario eseguire una marcatura degli assi corneali o immediatamente prima dell’intervento alla lampada a fessura o direttamente sotto il microscopio operatorio.

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E’ una delle lenti intraoculari che essendo multifocale, permette al paziente di poter vedere sia da lontano che da vicino senza l’ausilio dell’occhiale.Sono state realizzate delle lentine di tipo multifocale che sono composte da diversi sottili anelli concentrici con diverso potere proprio per sfruttare al meglio la visione contemporanea da lontano e da vicino.

• Lente intraoculare Multifocale

L’impianto di questo tipo di IOL ha l’obiettivo di ridurre la dipendenza del paziente operato di cataratta dall’uso di occhiali sia per lontano che per vicino. Queste IOL sono impiegate anche per la correzione di difetti della vista che non possono essere operati con il laser e quindi anche in soggetti giovani che non hanno ancora la cataratta.

Lente intraoculare di tipo Multifocale

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• Lente intraoculare Accomodativa

Le lentine accomodative sono state realizzate, però, per riprodurre il meccanismo fisiologico meccanismo della messa a fuoco del cristallino umano. La lentina subisce dei minuscoli movimenti in avanti e indietro che le consentono di mettere correttamente a fuoco le immagini, come se fosse un cristallino naturale.

Lente intraoculare di tipo Accomodativo

Anche l’impianto di questo tipo di IOL ha l’obiettivo di ridurre la dipendenza del paziente operato di cataratta dall’uso di occhiali sia per lontano che per vicino.

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The visible transmission spectrum of Benz IOL 25 Natural Yellow™ material, 1.0 mm thickness is shown in Figure 12 compared to the transmission spectrum of a young human crystalline lens.

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TECNICHE DI PRODUZIONE

Le lenti intraoculari vengono ottenute mediante tre procedimenti principali:

• Tornitura• Centrifuga• Stampaggio

TORNITURA

In questa tecnica il monomero è polimerizzato a formare un’asta che viene poi tagliata per ottenere dei bottoni. Questi vengono posti su di un tornio che, guidato da un computer taglia il bottone in modo da ottenere la lente. Le lenti ottenute con questa tecnica garantiscono un miglior centraggio e un miglior movimento dopo l’applicazione.

Tornio per lenti intraoculari

Tramite questa lente è possibile ottenere lenti dalla complessa geometria.

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CENTRIFUGAZIONE

La centrifugazione (spin casting), introdotta da Otto Wichtrle, consiste nell’inserire in uno specifico stampo il monomero allo stato liquido. Lo stampo viene fatto centrifugare ad una velocità prestabilita in modo da ottenere una lente dalla curvatura desiderata. Questa viene esposta alla luce ultravioletta in modo da disidratare il materiale che viene poi reidratato in un secondo tempo. Le lenti così ottenute sono più sottili e hanno i bordi più smussati.

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STAMPAGGIO

Altra metodica impiegata nella fabbricazione delle lenti intraoculari, è lo stampaggio; il monomero liquido viene posto tra due stampi, uno concavo e l’altro convesso, e riscaldato in modo da ottenere una lente disidratata che poi in seguito viene reidratata.

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UNI EN ISO 11979-1 - 2000

Vocabolario. UNI EN ISO 11979-2 - 2000

Proprietà ottiche e metodi di prova. UNI EN 13503-3 - 2001

Proprietà meccaniche e metodi di prova. UNI EN 13503-5 - 2001

Biocompatibilità. UNI EN 13503-6 - 2003

Durata di conservazione e stabilità durante il trasporto UNI EN 13503-7 - 2002

Investigazione clinica UNI EN 13503-8 - 2001

Requisiti fondamentali (riassunto delle precedenti)

NORMATIVE

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Body parte centrale di una IOL che incorpora l’optic Clear optic diametro del cerchio, concentrico all’asse ottico della IOL Optic la “lente” vera e propria Haptic o loop elemento non ottico, periferico, della lente, che aiuta la sua

sistemazione sull’occhio (i baffi, cfr. loop) Multipiece intraocular lens IOL formata da body e loops separati One-piece intraocular lens IOL in cui l’haptic è parte integrale del body Optic decentration spostamento dell’optic dovuto a compressione dei

baffi, misurato come distanza tra il centro geometrico del clear optic e il centro del cilindro circoscritto alla IOL

Optic tilt angolo tra l’asse ottico della lente nel caso non compresso e nel caso compresso

Nomenclatura parti di una IOL

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Overall diameter diametro del cilindro circoscritto alla IOL, con l’asse del cilindro coincidente con l’asse ottico

Positioning hole foro di diametro compreso tra 0,4-0,5 mm come punto di attacco per gli strumenti chirurgici al fine di posizionare la lente

Sagitta massima distanza tra i piani, normali all’asse ottico, passanti per il punto più anteriore e il punto più posteriore, di una IOL non compressa.

Vault height distanza tra il piano, normale all’asse ottico, contenente il vertice della superficie ottica prossima all’iride e il piano, normale all’asse ottico, contenente il punto più vicino all’iride dell’haptic non compresso di una IOL.

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Per tutti i tipi IOL, tranne le multicomponenti in camera posteriore, la tolleranza per il diametro globale è ± 0,20mm. Per multi-piece posterior chamber IOL, la tolleranza è ± 0,30 mm.

Tolleranza sul vault height (Distanza piano iride-piano baffi):

a) per IOL a camera anteriore, ± 0,15 mm;

b) per IOL a camera posteriore con loops in PP, ± 0,35 mm;

c) per altre IOL, ± 0,25 mm. Tolleranza sulla sagitta (Distanza piano più anteriore-piano punto più

posteriore) :

a) per IOL a camera anteriore, ± 0,25 mm;

b) per IOL a camera posteriore con loops in PP, ± 0,45 mm;

c) per altri IOL, ± 0,35 mm. Tolleranza sul clear optic: ± 0,10 mm. Tolleranza sulle dimensioni del body: ± 0,10 mm. Tolleranza sul diametro dei fori posizionatori:+0,05/0,00mm.

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Forza di compressione esercitata dai loops dopo l’impianto

Deviazione assiale in compressione

Decentramento ottico Optic tilt Angolo di contatto

UNI EN 13503-3: Prove Meccaniche

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Resistenza a fatica (250000 cicli)

Resistenza meccanica dei “baffi”

Condizioni generiche di misuraTemperatura: 23 °C ± 2 °C Umidità relativa (RH) 50 % RH ± 10 % RH.

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UNI EN 13503-5: Biocompatibilità

In questa parte della EN 13503 – ISO 11979 specifica le modalità per la valutazione biologica delle lenti intraoculari (IOL); vengono fornite, quindi, le linee guida sul come condurre i test di biocompatibilità.

Test di degrado del materiale: test che determina il potenziale degrado del materiale

Test di esposizione al laser Nd-YAG: test che determina gli effetti fisico-chimici del laser Nd-YAG sul materiale

Test in vivo di impianto in tessuti: test che valuta la tossicità locale e l’irritabilità del materiale e dei suoi eluati su tessuti viventi non-oculari, utilizzando alcuni specifici tessuti di animali appropriati.

Test in vivo di impianto nell’occhio: test che valuta la tossicità locale su tessuti oculari a livello macroscopico e microscopico del materiale che viene chirurgicamente impiantato nel segmento anteriore dell’occhio di animale appropriato

Test di fotostabilità: test che determina il potenziale degrado del materiale dovuto all’esposizione a luce

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Il materiale deve essere testato sia nella sua forma finale di IOL che in forma di campione rappresentativo, seguendo in entrambi gli stessi step di processo, inclusa la sterilizzazione.

I primi test da fare sono quelli fisico-chimici:

• stabilità idrolitica

• fotostabilità ai raggi ultravioletti e alla luce visibile

• stabilita all’esposizione del laser Nd-YAG

Data la piccola massa di una lente intraoculare (tipicamente 20mg), in generale non vengono richieste prove di tossicità sistemica o cronica.

Gli obiettivi di questo gruppo di test sono:• Quantificare possibili residui di sintesi e additivi o impurità derivanti dalla

lavorazione;• Quantificare i possibili prodotti di degrado dovuti a idrolisi;• Quantificare i componenti chimici rilasciabili; • Facilitare l’analisi di ogni rischio introdotto da prodotti tossici che

possono risultare dalla sintesi, dalla lavorazione e dall’invecchiamento del materiale.

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Lo scopo di questi test è quantificare gli additivi estraibili e altre sostanze rilasciabili, così come i possibili prodotti di degrado derivanti da idrolisi; il test si applica a un totale di 180 IOL, sterili.

TEST DI STABILITA’ IDROLITICA

Estrazione

Estrarre il materiale a 37°C ± 2°C per 72 h ± 1 h usando 2 diversi mezzi di estrazione, un solvente acquoso e un solvente lipofilico, scelti in base alla letteratura.Dividere il materiale in 2 parti uguali per l’incubazione nei 2 mezzi di estrazione. Determinare la massa di ciascuna parte.Incubare in fiale di vetro con un sufficiente volume del mezzo per raggiungere una frazione di 10 g di materiale su 100 ml di solvente. Usare almeno 2 fiale per ciascun solvente. Se necessario, usarne di più e agitare per assicurare che tutte le superfici del materiale siano disponibili per l’estrazione durante l’intero periodo di incubazione.

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Dopo l’estrazione, risciacquare il materiale e farlo asciugare. Determinare la massa totale, calcolare e registrare la variazione in massa di ciasun mezzo.Prendere a caso 5 pezzi di materiale da ciascuna condizione estrattiva e farne un’analisi spettrofotometrica come descritto nella EN ISO 11979-2. Comparare i dati del materiale in esame con quelli del materiale di controllo e registrare ogni variazione.Comparare le osservazioni e le foto del materiale da testare e del materiali di controllo per identificare alcun cambiamento nell’aspetto, per esempio bolle, dendriti, rotture e fessure.

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Scopo di questo test è determinare la fotostabilità del materiale irradiato nel range di lunghezza d’onda tra 300nm e 400nm. I parametri rilevanti sono:

• Intensità della radiazione UV-A in vivo tra 300nm e 400nm sulla IOL in condizioni di luce diffusa (I1): 0,5 mW/cm2;

• Tempo di esposizione giornaliera alla luce del sole (t): 3 h;• Tempo di esposizione in vivo (T1): 20 years;• Fattore di intensità (n): 1; (i.e. intensità max nelle regioni assolate);• Periodo del test in vitro (T2, in giorni): fattore calcolato con la seguente

equazione dipendente dalla densità in vitro (I2) della sorgente di radiazione nel range 300nm-400 nm.

TEST DI FOTOSTABILITA’

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Procedura:

Immergere il materiale nella fiala contenente circa 2ml di soluzione salina fisiologica. Esporla alla luce della lampada a scarica di xenon per 72 ore, assicurarsi che la temperatura del materiale nella fiala sia sempre 37°C ± 2°C.L’intensità della sorgente radiante può essere scelta, ma non deve eccedere 30 mW/cm², e non deve causare una rapida fotodegradazione del materiale.Prevenire contaminazione microbiche, per evitare crescita di microorganismi nella fiala durante il periodo di irradiazioneAl termine del tempo di esposizione, analizzare la soluzione salina per i componenti trasferitisi.Determinare gli spettri UV come descritto nella EN ISO 11979-2, su 5 campioni irradiati e su 5 non irradiati,quindi, esaminare le differenze.

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Lo scopo di questo test è determinare gli effetti fisici e chimici del laser Nd-YAG sul materiale, per essere sicuri che il laser comunemente usato sugli occhi dei pazienti con IOL impiantate non causi rilascio di sostanze tossiche.

TEST DI ESPOSIZIONE AL LASER Nd-YAG

Procedura

Immergere la IOL nella cuvetta ottica contenente 2ml soluzione fisiologica ed esporla a 50 singoli impulsi del laser Nd-YAG, settato a un livello di energia di 5 mJ. Focalizzare il laser sulla superficie posteriore della IOL. Per ogni impulso, ricentrare il laser. Rimuovere la IOL dalla cuvetta e raccogliere i mezzi di estrazione da sottoporre ad analisi. Ripetere l’operazione per le altre IOL.Analizzare la soluzione salina alla ricerca di possibili sostanze tossiche.

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TEST DI IMPIANTO OCULARE

Lo scopo di questo test è dimostrare la reciproca tolleranza del materiale da testare e dei tessuti oculari dopo l’impianto su animali. La procedura di impianto dovrebbe rispecchiare il più possibile il successivo uso clinico.Come materiale di controllo, si usa una IOL di cui sia stata già testata la biocompatibilità in vivo (tipo di materiale e geometria), e di cui sia stata provata l’alta tolleranza per un periodo minimo di 5 anni.

Procedura:

Si tiene conto del numero stimato di insuccessi e altre considerazioni sulla salute e il benessere per le specie scelte, occorre usare un numero sufficiente di animali affinché sia disponibile un minimo di 6 test e 6 occhi di controllo alla fine del periodo di follow-up.Il coniglio è l’animale preferito. Si dovrà impiantare un occhio di ognuno di questi animali con il materiale da testare e l’altro occhio con una IOL di riferimento.

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Periodo dell’impianto:

Se viene scelto il coniglio per l’impianto, il periodo del test è di 4-6 mesi. Questo perché, se viene rimosso il cristallino naturale, la rigenerazione lenticolare avviene dopo 3 mesi.

Durante il periodo post-operatorio si procede ad un’analisi microscopica degli occhi operati dopo 7 giorni, 4 settimane, 3 mesi e 6 mesi focalizzando l’attenzione su:

• cellule• adesioni• neovascolarizzazioni• edema corneale• trasparenza della lente• posizionamento dell’haptic• centralità della lente

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MATERIALI

Ciò che si richiede ai materiali di una IOL sono:• buone proprietà ottiche• buone proprietà meccaniche• biocompatibilità con i tessuti circostanti • permeabilità all’ossigeno e ai metaboliti • filtrazione dei raggi UV dannosi per la retina. • proprietà superficiali (Bisogna tener conto per esempio

dell’adesione potenziale delle proteine presenti nell’umor acqueo sulla superficie)

I materiali più comuni sono PMMA, HEMA per il corpo centrale, e PMMA o PP per i baffi. Altri materiali recentemente adottati sono: idrogel, siliconi e copolimeri acrilici.

Interesse attuale rivolto ai polimeri più flessibili, tali da consentire incisioni chirurgiche < 3mm.

PMMA o PP

PMMASILICONEACRILICI IDROGEL

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Bagnabilità

Per bagnabilità si intende la possibilità che un liquido si distribuisca sulla superficie di un solido. L’indicazione del grado di bagnabilità può essere ottenuta dal valore dell’angolo di contatto o angolo di bagnabilità. Il materiale dovrebbe presentare un bassissimo angolo di bagnabilità, cioè essere idrofilico, per poter dare il miglior comfort a LAC inserita.

La bagnabilità è definita per una superficie ideale dalla relazione di Young. Essa si ricava dalla relazione di equilibrio delle forzeorizzontali:

La bagnabilità è massima quando l’angolo tende a zero

AL

SLSA

cos

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Modulo di Elasticità

Il modulo di elasticità è la misurazione della flessibilità del materiale ed è considerato un elemento “chiave” nella progettazione di una lente a contatto confortevole.Quanto più è basso il modulo (e quindi più flessibile è la lente) tanto più facilmente la lente a contatto segue i contorni naturali dell’occhio adattandosi ad esso.Tuttavia un modulo eccessivamente basso richiede particolari materiali per assicurare la massima accettabilità.

Conducibilità termica

Intesa come capacità di condurre il calore, è una proprietà da non trascurare. Si ricordi infatti che fra la superficie esterna della lente e quella a contatto con l’esterno possono verificarsi dei gradienti di temperatura abbastanza rilevanti.Durante il suo normale metabolismo, la cornea, come tutti i tessuti, produce calore, che se non viene disperso all’esterno porta ad un aumento del metabolismo e ad un conseguente aumento nel consumo di ossigeno. Una lente a contatto con bassa conducibilità termica impedirà tale dissipazione determinando sensazione di fastidio e bruciore

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Indice di rifrazione

L’indice di rifrazione del mezzo ottico è dato dal rapporto tra le velocità delle luce nel vuoto e la velocità della luce nel mezzo considerato. (n=c/v).Nella costruzione delle lenti esso deve essere tenuto bene in considerazione visto che, a parità di potere, più alto è l’indice di rifrazione del materiale impiegato , minore sarà lo spessore della lente.

Stabilità dimensionale

E’ la capacità da parte del materiale di mantenere le proprie caratteristiche originali (curvatura, diametro, spessore, ecc.) al variare delle condizioni d’uso. E’ necessario che un materiale mantenga le sue caratteristiche stabili nel tempo; oltre alla stabilità è però importante anche la reversibilità delle dimensioni al variare dei parametri quali temperatura, pH, grado di umidità dell’aria.

Potere diottrico

Una lente intraoculare nonostante i ridotti spessori non può essere considerata come una lente sottile in quanto anche i raggi di curvatura delle superfici risultano molto piccoli.Il calcolo sarà affrontato in seguito.

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PMMA (POLIMETILMETACRILATO)

Il polimetilmetacrilato (PMMA) è una materia plastica formata da polimeri del metacrilato di metile, estere dell'acido metacrilico, noto anche con i nomi commerciali di Plexiglas, Perspex, Lucite, Vitroflex, Limacryl e Resartglass.Chimicamente, è il polimero del metacrilato di metile. Nel linguaggio comune il termine metacrilato si riferisce generalmente a questo polimero.Questo materiale fu sviluppato nel 1928 in vari laboratori e immesso sul mercato nel 1933 dall'industria chimica tedesca Röhm.

Il PMMA è un materiale che, alla temperatura corporea e a quella ambiente, mostra un aspetto simile al vetro,cioè,rigido e fragile.Queste proprietà derivano dalla sua struttura in quanto le singole catene sono rigide e strettamente unite tra loro.

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La prima lente intraoculare, come detto in precedenza, è stata fatta da Sir Harold Ridley nel 1949 in seguito alla tolleranza mostrata degli occhi dei piloti dei bombardieri B12 in cuii finivano frammenti di PMMA.Il PMMA è un polimero ottenuto dalla polimerizzazione vinilica del monomero

Catena polimerica del PMMA

di MMA (metilmetacrilato) essendo questo un monomero vinilico, cioè una piccola molecola contenente un doppio legame carbonio-carbonio.

Polimerizzazione vinilica

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Vantaggi delle lenti in PMMA

Il PMMA ha una elevata qualità ottica, infatti il materiale risulta essere:• trasparente,• omogeneo,• stabile,• scarsa tendenza alla formazione di depositi,• leggero;• di facile lavorazione sia per tornitura che stampaggio• elevata resistenza chimica• buone proprietà meccaniche (carico di rottura 60 Mpa)• resistente ai graffi• indeformabile entro i limiti della temperatura corporea• non attaccabile da enzimi presenti nell’organismo• Ideali per pazienti astigmatici

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Svantaggi delle lenti in PMMA

• Materiale idrofobo• Basso coefficiente di diffusione dell’ossigeno nel PMMA (D=11*10-7 cm2/h);• Basso coefficiente di permeabilità L’idrofobicità delle superfici delle lenti intraoculari in PMMA porta ad

indesiderate adesività con le cellule dell’endotelio corneale e dell’unor acqueo intaccandone la trasparenza

Numerosi tentativi sono stati fatti per cercare di migliorare la bagnabilità del PMMA come:• Aggiunta di un rivestimento idrofilico permanente sulla superficie della lente;• Modificazioni chimiche degli strati superficiali della lente.Nessuno di questi trattamenti sembra essere sufficientemente efficace .

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Il plasma è il quarto stato della materia; è costituito da elettroni, ioni, molecole neutre, radicali e radiazione elettromagnetica.

E’ un processo che viene eseguito a bassa pressione e a temperatura ambiente. Si genera applicando una differenza di potenziale tra due elettrodi posti in una camera contenente un gas rarefatto.

Permette il trattamento superficiale del substrato senza il deterioramento dello stesso (bassa temperatura). Al termine del ciclo di lavorazione la nuova lente è introdotta in una camera sotto vuoto dove è presente ossigeno puro che investito da energia ad alta frequenza si scompone in forma ionizzata “Plasma”.

Trattamento al plasma

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Questo procedimento determina il fenomeno di ossidazione delle superfici favorendo la pulizia e l’attivazione superficiale.

Il trattamento al plasma incrementa:

• Il comfort iniziale

• L’angolo di bagnabilità del materiale

• La pulizia della lente, migliorando l’interazione lacrimale

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Microscopia a forza atomica

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PP (POLIPROPILENE)

Il polipropilene è uno di quei polimeri abbastanza versatili. Ha un doppio utilizzo, come plastica e come fibra. Come plastica viene utilizzato per realizzare oggetti come i contenitori per alimenti lavabili in lavapiatti. Può essere utilizzato in quanto non si fonde al di sotto dei 160°C, o 320°F.

A livello strutturale è un polimero vinilico, è simile al polietilene, solo che ha un gruppo metilico su ogni atomo di carbonio della catena principale. Il polipropilene si può ottenere dal monomero di propilene grazie alla polimerizzazione di Ziegler-Natta.

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Acrilati siliconici

Al fine di ottenere materiali caratterizzati da una maggiore permeabilità all’ossigeno, in seguito l’attenzione è stata rivolta soprattutto ai materiali al silicone.I copolimeri al silossano sono costituiti da una struttura principale in metilmetacrilato (MMA) e caratterizzati dalla presenza di legami silossano (Si-O).Il gruppo silossanico è di fondamentale importanza perchè responsabile della maggiore permeabilità ai gas, mentre il MMA garantisce la stabilità dimensionale e la bagnabilità.Il monomero più rappresentativo è il TRIS ovvero il metacrilossipropil (tri-metil-silano).

La permeabilità all'ossigeno, il modulo di elasticità, la durezza e la bagnabilità di questi materiali sono modulati dal mescolamento incrociato del TRIS/MMA.

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Generalmente il polimero in silicone/acrilato è formato per il 65% da MMA e per il 35% da silicone; a seconda delle diverse percentuali di costituzione si ottengono materiali profondamente diversi.Quando il silicone è aggiunto in maggiore quantità, • la gas-permeabilità aumenta; • diminuiscono la stabilità dimensionale, la bagnabilità e la rigidità della lente,• aumenta la capacità di formare depositi lipidici.

L’aumento di MMA • riduce la gas-permeabilità,• aumenta la stabilità dimensionale, la bagnabilità e la rigidità della lente,• diminuisce la capacità di formare depositi.

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Il PMDS, il polidimetilsilossano, fu per la prima volta studiato negli anni 50, come potenziale materiale per le lenti a contatto . Esso appartiene al gruppo dei silossani. La struttura del PMDS consiste in un gruppo silossano inorganico e gruppi laterali metilici.L’unità monomerica (la più semplice struttura ripetitiva) è mostrata in figura:

Polidimetilsilossano (PMDS)

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Proprietà

•Il PMDS è un elastomero con una buona stabilità termica, •bassa tensione superficiale,•buona trasparenza •L’indice di rifrazione è 1.430 •La conduttività termica è 0.18 W/mK

Il PMDS è dotato di una buona elasticità data dal fatto che la macromolecola ha una struttura molto avvolta. L’elasticità dipende dalla capacità delle regioniadiacenti del polimero di scivolare l’una sull’altra. L’elasticità è influenzata direttamente dalla quantità di legami incrociati: più il PDMS è dotato di questi legami, meno è elastico.

Per ciò che riguarda la permeabilità, nei silossani è molto superiore a quella della maggioranza degli altri materiali elastomeri.

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Per quanto riguarda le proprietà della superficie: l’angolo di contatto, la rugosità e l’adsorbimento.

• L’angolo di contatto (idrofobicità) della struttura è una proprietà fondamentalmente collegata ai legami della struttura; il trattamento superficiale al plasma ad ossigeno può essere utilizzato per far decrescere l’angolo di contatto, comunque tale idrofilicità è instabile nell’aria e scompare nel tempo (circa 30 minuti).

• La rugosità di superficie dipende direttamente dalla formazione dello stampo del PMDS. Un aumento di rugosità significa un aumento di area superficiale utile per l’assorbimento, e la cattura di bolle d’aria nel sistema.

• Per quanto riguarda l’adsorbimento di sostanze, il PMDS non trattato è fortemente idrofobico; ha la tendenza ad adsorbire proteine provocando disagi nel paziente e danno alla lente.

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GLI IDROGELI

Cosa sono gli idrogeli?

• Strutture tridimensionali polimeriche che rigonfiano inpresenza di acqua

• Sono composti da omopolimeri idrofillici o copolimeriinsolubili in acqua

• L’insolubilità è realizzata attraverso legami cross-links che garantiscono la forma

• Il rigonfiamento dipende dalle condizioni

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Sviluppo e applicazioni principali

• Sviluppati a partire dal 1960 con il poli(2-idrossietil metacrilato)

• Le principali applicazioni sono per il campo biomedico e farmaceutico

• Inizialmente vengono sviluppati per sostituire tessuti vivi (causa il loro elevato contenuto d’acqua ed elasticità tipica delle gomme)

• Proprietà : controllo permeabilità e rigonfiamento

• Applicazioni principali attuali:

lenti a contatto, biosensori, materiali per sutura e dentali

rilascio controllato dei farmaci

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Partendo dal processo di produzione si possono distinguere in:

- idrogeli omopolimerici prodotti dalla polimerizzazione di una sola unità monomerica;

- idrogeli copolimerici prodotti dalla polimerizzazione di due o più unità monomeriche;

- idrogeli interpenetrati prodotti mediante il rigonfiamento di una prima rete polimerica, contenente un monomero che viene polimerizzato successivamente.

La modifica consiste nel convertire la superficie idrofobica tipica del silicone in idrofillica,bagnabile, impedendol’adesione all’occhio e l’accumulo di proteine

Preparazione idrogeli

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In relazione alla struttura tridimensionale si suddividono in:

• Copolimeri lineari: catene senza ramificazioni;Tali polimeri hanno generalmente caratteristiche meno nobili: sono termoplastici, solubili, instabili

• Branches polymers: catene con ramificazioni;Tali polimeri sono inerti, stabili e insolubili nei comuni solventi; il numero delle ramificazioni influenza alcune caratteristiche: un numero relativamente basso rende il materiale meno rigido e più facilmente rigonfiabile; un numero di legami alto invece lo renderà più rigido e più incapace di assorbire solventi.

• Cross linked polymers:polimeri composti da un legame “incrociato” nella catena polimerica.

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Bisogna considerare che l’acqua si trova nel polimero sia in forma libera che legata.

L’acqua libera:• viene assorbita dal polimero attraverso i suoi pori;• può evaporare facilmente, • aumentare il suo volume vicino al punto di

congelamento, • rappresentare un buon solvente.

L’acqua legata forma invece legami ad idrogeno con i gruppi idrofili presenti nel polimero: -COOH, -NH2, -CONH2, -OH.

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Il primo idrogel ad essere utilizzato per la costruzione delle lenti morbide è l’idrossietilmetacrilato (HEMA), una sostanza flessibile ed elastica che è in grado di assorbire fino al 38,6% di acqua.

IL POLIIDROSSIETILMETACRILATO (PHEMA)

E’ un polimero simile al MMA, dove però il monomero acrilico ospita sulla sua struttura uno o più gruppi ossidrile, in modo da rendere il polimero maggiormente idrofilo, HEMA (idrossietilmetacrilato).L’alta percentuale di acqua assorbibile è giustificata dal fatto che le molecole dell’HEMA possiedono gruppi OH dotati di una lieve carica negativa. Le molecole di acqua hanno una carica positiva e sono attratte verso i gruppi OH dell’HEMA.

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Poliidrossimetilmetacrilato (PHEMA)

Dalla polimerizzazione dell’HEMA deriva il poliidrossietilmetacrilato (PHEMA).

Nei primi anni 50 un chimico cecoslovacco di nome Otto Wichterle stava lavorando nella sua cucina di casa cercando di polimerizzare un nuovo monomero che aveva sintetizzato nell’università in cui lavorava;era il PHEMA, o poliidrossietilmetacrilato, che pensò avrebbe potuto essere più “compatibile” per la realizzazione di lenti intraoculari rispetto alle lenti rigide in PMMA.Il PHEMA e la sua forma monomerica l’HEMA, fu utilizzato per le prime lenti a contatto soffici e per le lenti intraoculari.

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Lenti a contatto con alto contenuto d’acqua sono ottenute dalla copolimerizzazione dell’HEMA con monomeri altamente idrofilici come l’acido metacrilico (MAA). Se l’HEMA viene copolimerizzato con questo monomero il contenuto di acqua può arrivare fino all’80%, ovviamente maggiore è il contenuto di acqua migliori sono le caratteristiche di piegabilità della lente intraoculare; questo aspetto risulta fondamentale nelle operazioni di rimozione della cataratta.

L’MAA è un acido organico che oltre ad aumentare il contenuto in acqua conferisce alla superficie del polimero una maggiore carica elettrica negativa, che in questo modo aumenta l’attrazione nei confronti dell’acqua.

Formule di struttura dell’MMA

Ovviamente come contropartita si ha una diminuzione delle proprietà meccaniche caratteristica da tenere sotto controllo nella produzione di lenti intraoculari.

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Per questa motivazione le lenti intraoculari della Rayner sono prodotte in un copolimero costituito da 2 polimeri (HEMA) idrossi-etilmetacrilato e metil metacrilato (MMA) con etilene gicolE dimetacrilato (EGDMA) come agente di reticolazione : il Rayacryl.All’idrossietilmetacrilato (HEMA) è abbinato il metilmetacrilato (MMA) con la finalità di conferire al polimero resistenza e rigidezza. Per raggiungere un contenuto idrico specifico, si tratta quindi di provvedere in fase di realizzazione, ad un adeguato bilanciamento tra i monomeri presenti; è importante inoltre ricordare che la stessa percentuale di idratazione può essere ottenuta attraverso scelte diverse.Proprietà fisiche del Rayacryl®• Contenuto di acqua - 26%• Coefficiente di elasticità (Young’s modulus) - 46.02 kg/cm²• Forza di tensione - 56.86 kg/cm²• Capacità di allungamento prima di rompersi - 279%• Monomeri estraibili - 0%• Densità 1,18 g/cm2• Angolo di contatto 29°

Lente intraoculare RAYNER

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CALCOLO DEL POTERE DELLE IOL

Anche se vediamo i progressi delle tecniche e dei materiali nella chirurgia della cataratta, rimangono costanti e invariati alcuni aspetti “basilari”, come il calcolo del potere diottrico di una lente intraoculare (IOL) anche per comprendere i dati inviati dai vari fornitori del settore.

• Diottria

In ottica, la diottria, D, è l'unità di misura (in m-1) del potere di rifrazione di un sistema ottico o di una semplice lente. Esprime la sua capacità di modificare le direzioni dei raggi di luce entranti per focalizzarli e formarne un'immagine, reale o virtuale, ad una certa distanza dal centro del sistema ottico stesso (distanza focale f (m)). Il numero di diottrie di una lente o di un sistema ottico è pari all'inverso della distanza focale espressa in metri:

D = 1/f

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Cheratometria ottica

Per il calcolo del potere diottrico, le formule matematiche usate oggi vertono sui corretti valori dati della lunghezza assiale del globo oculare e della curvatura della cornea.

• Biometria

•Cheratometria

Biometria ottica

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BIOMETRIA

Ci permette di misurare la lunghezza anteroposteriore del bulbo oculare; distinguiamo la Biometria a ultrasuoni e Biometria ottica.Nella biometria a ultrasuoni una sonda applicata a contatto della superficie corneale anteriore emette ultrasuoni che nell’attraversare le barriere acustiche incontrate nel tragitto emettono echi: la frequenza degli echi permette di calcolare la lunghezza assiale.Il contatto con la superficie anteriore della cornea può causare traumatismi di superficie e necessita per la sua esecuzione di anestesia topica.

Durante questa pratica viene utilizzata una sonda a ultrasuoni A scan (A da “amplitude”) di 8 MHz. Viene effettuata con due modalità, a contatto e ad immersione.

La biometria a contatto comporta il contatto, appunto, della sonda con la cornea del paziente previa instillazione di collirio anestetico. La misurazione va effettuata manualmente o montando la sonda al posto del prisma del tonometro ad applanazione.

Biometria ad ultrasuoni a contatto

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La biometria ad immersione viene effettuata appoggiando sul bulbo anestetizzato del paziente, in posizione supina, un cilindretto riempito di metilcellulosa.La sonda viene inserita in questo cilindro, mantenendo una distanza dal bulbo di circa 10 mm.

Biometria ad ultrasuoni ad immersione

Circa il 50% degli errori refrattivi conseguenti ad impianto di IOL sono il risultato di una erronea misurazione della lunghezza assiale.Maggiore precisione ed affidabilità nel calcolo della lunghezza assiale possono essere ottenute mediante la biometria ottica (IOLMaster, Carl Zeiss).

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La biometria ottica misura la distanza tra le barriere luminose rappresentate dalla superficie anteriore del film lacrimale e la superficie dell’epitelio pigmentato retinico.L’occhio viene illuminato attraverso una fessura fino a produrre una sezione ottica, una telecamera registra le immagini della superficie anteriore della cornea e del cristallino. La distanza tra le sezioni ottiche è valutata quale misura della profondità della camera anteriore.

Biometro IOL-Master

Di seguito è riportato un biometro moderno lo IOL-Master che permette di calcolare anche i dati cheratometrici e la profondità della camera anteriore (ACD) necessaria per il calcolo della IOL in alcuni tipi di formule biometriche.

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CHERATOMETRIA

La determinazione del corretto potere di curvatura corneale (raggio di curvatura della superficie della cornea) gioca un ruolo cruciale nel calcolo biometrico. Rispetto al potere diottrico complessivo oculare il potere refrattivo corneale infatti ne rappresenta circa il 78% (45 D circa), ed il cristallino il 22% (13 D circa).La determinazione del potere refrattivo della cornea dipende dal rapporto curvatura corneale anteriore/posteriore, dell’asfericità anteriore e posteriore; l’indice di refrazione è una conseguenza del rapporto tra questi fattori(Ad esempio, se cambia lo spessore corneale, cambia l’indice di refrazione).L'indice di rifrazione di un materiale è un parametro macroscopico, solitamente indicato col simbolo n, che rappresenta il fattore numerico per cui la velocità di propagazione di una radiazione elettromagnetica viene rallentata, rispetto alla sua velocità nel vuoto, quando questa attraversa un materiale.

Cheratometria ottica

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La misurazione del potere corneale viene effettuata tramiche cheratometri ottici o tramite i biometri moderni.

Se la cornea del paziente presenta delle alterazioni come leucomi corneali, astigmatismi elevati e irregolari, esiti di chirurgia corneale è opportuno eseguire una topografia corneale che permette di valutare anche la superficie corneale posteriore e l’influenza di questa nel potere corneale totale.Nell’immagine si vede bene il differente potere corneale (espresso in diottrie) che va dalle 50 diottrie (Rosso) alle 30 (Blu).

Topografia corneale-Si vedono le zone a diverso potere corneale

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Dalla letteratura è ormai noto come un errore di misurazione di solo 0.32 mm della lunghezza assiale del bulbo oculare comporti un difetto refrattivo residuo di una diottria e come il 54% degli errori refrattivi post intervento di cataratta siano dovuti ad errori nella valutazione della lunghezza assiale, il 38% ad un errore della misurazione della profondità della camera anteriore e l’8% ad un errore nella valutazione del potere corneale. Addirittura un errore nella misurazione della LA è la prima causa di espianto di lente intraoculare negli Stati Uniti ed in Europa.

Una volta eseguita la misurazione della lunghezza assiale, della cheratometria, della camera anteriore (CA), i moderni biometri calcolano automaticamente il valore della lente intraoculare da impiantare secondo varie formule biometriche e costanti.

PERCENTUALI

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Le formule biometriche si distinguono in:

1. Formule di prima generazione: Fyodorov (1967), Colenbrander (1972), Hoffer (1974), Binkhorst (1975)

2. Di regressione lineare (seconda generazione): SRK (1980), SRK II (1988)

3. Teoretiche di terza generazione: Holladay (1988), SRK T (1990), Hoffer Q (1992)

4. Teoretiche di ultima generazione: Holladay II (1996), Haigis (2002).

Attualmente le formule biometriche più utilizzate sono:

• Holladay I: per gli occhi di lunghezza assiale compresa tra 22 e 26 mm• SRK T: per gli occhi miopi, > 26 mm• Hoffer Q: per gli occhi ipermetropi, < 22 mm.

FORMULE BIOMETRICHE

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Tutte si basano su un’accurata misurazione della lunghezza assiale, del poterecorneale e della posizione stimata della lente.La lunghezza assiale (LA) rappresenta il parametro più importante nel calcolo delpotere della IOL; per questo la sua misurazione (in mm) deve essere estremamente accurata: un errore di 1 mm altera la refrazione postoperatoria di 1.2-2.5 D a seconda della lunghezza assiale dell’occhio.Il secondo parametro da inserire nelle formule biometriche è il potere corneale (K), espresso in diottrie (D). In genere pensiamo al potere corneale in termini di D di potere ottico ma in realtà misuriamo il raggio di curvatura della superficie anteriore della cornea.Il terzo fattore nel calcolo della IOL, meno importante come possibile fonte di errore, è la posizione stimata della lente (ELP): un errore di 1 mm altera la refrazione postoperatoria o il potere della IOL di circa 0.6-2.5 D.Inizialmente si è parlato di profondità della camera anteriore (ACD: Anterior Chamber Depth) poiché l’ottica di tutte le IOL era posizionata davanti all’iride in CA (IOL di II e III generazione). In seguito, con l’avvento delle IOL da camera posteriore, è stata proposta una nuova terminologia: Effective Lens Position (ELP) secondo Holladay e Actual Lens Position (ALP) dalla FDA.

PARAMETRI

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Comunque la si voglia definire, la posizione della lente rappresenta la distanza assiale tra le due lenti del sistema diottrico o, più esattamente, la distanza tra la superficie anteriore (vertice anteriore) della cornea ed il 1° piano principale della IOL (o superficie anteriore del cristallino).

• Costanti

Le diverse formule utilizzano costanti specifiche: la SRK-T usa la costante A, la formula Hoffer Q la costante ACD che rappresenta la stima dell’ACD postoperatoria, mentre nelle formule di Holladay viene utilizzato il fattore chirurgico o surgeon factor (SF) che è la differenza tra la ACD stimata ed il piano irideo.Esistono a riguardo equazioni e tabelle di conversione:

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FORMULA DI HOLLADAY

La formula di Holladay è una modifica della formula teorica basata su una più accurata misura della ELP che aumenta l’accuratezza in occhi corti, medi e lunghi. Holladay introduce il concetto di “fattore chirurgico” personalizzato.Mentre nelle formule precedenti la ELP corrisponde alla ACD, nella formula di Holladay la ELP è la somma della ACD anatomica (aACD) e della distanza dal piano anteriore dell’iride al piano ottico della IOL, conosciuto come fattore chirurgico (SF: Surgeon Factor).

La aACD è la distanza dal vertice corneale al piano irideo anteriore dopo chirurgia. Questa distanza è predetta abbastanza accuratamente usando una formula matematica in cui AG è il diametro della camera anteriore.

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I fattori SF più comunemente usati sono:

da –0.7 a –1.4 IOL da camera anterioreda –0.1 a +0.1 IOL a supporto irideo

IOL da saccoda +0.9 a +1.1 Piano-convessada +1.2 a +1.6 Biconvessa

Il potere calcolato con la formula di Holladay risulta quindi:

na: indice di refrazione dell’umore acqueo, 1.336nc: indice di refrazione corneale, 4/3LAopt: lunghezza assiale modificata in mm = AL (lunghezza assiale) + Rethick (fattore indicante lo spessore retinico)R: refrazione postoperatoria desiderata in sferoequivalente in DV: distanza vertice-occhiali in mm, 12.0 mmOACD: profondità ottica della camera anteriore.r: raggio corneale medio in mm, 337.5/ K

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FORMULA DI SRK T

Si basa sull’ipotesi che la IOL giace ad una distanza costante dal piano irideo calcolato.La costante ACD può essere calcolata dalla costante A:

Si rifà alla formula di Fyodorov e usa il metodo della regressione empirica per l’ottimizzazione della ELP,

La costante ACD rappresenta l’espressione in mm della costante A.

La Costante A è la stessa costante utilizzata nell’RSK I; varia col tipo di IOL ed è fornita dal suo costruttore. Il valore della costante A è un numero superiore a 100 e rappresenta concettualmente la posizione che la lente impiantata avrà all’interno di un occhio ideale. Tale costante è quindi legata alla forma della IOL ed alla sede di impianto.E’ ovviamente rappresentabile anche in mm ed esiste una precisa formula di correlazione fra la costante A e la posizione presunta dell’impianto.

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L’altezza della cupola corneale (H) è la distanza tra la cornea e il piano irideo ed è calcolata matematicamente con la formula.

Dove Cw è il diametro corneale espresso come

La costante A racchiude diverse variabili (il costruttore IOL, il tipo di IOL, la tecnica chirurgica, la posizione della IOL e gli strumenti di misurazione):

da 115.0 a 115.3 IOL da camera anterioreda 115.5 a 115.7 IOL a supporto irideo

da 117.5 a 117.8 Piano-convessada 117.8 a 118.8 Biconvessa

IOL da sacco

Il potere della IOL risulta quindi essere:

Raggio curvatura corneale

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Rappresenta una modifica della formula di Colenbrander; si somma l’errore refrattivo postoperatorio atteso a livello del piano corneale (R) al potere corneale (K).

FORMULA DI HOFFER Q

Nella formula compare il termine relativo alla Effettiva Posizione della Lente dato da:

Nella precedente espressione l’ACDpre è la profondità della camera anteriore

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I valori di ELP comunemente usati per i diversi tipi di IOL sono i seguenti:

da 2.8 a 3.1 mm IOL da camera anterioreda 3.3 a 3.5 mm IOL a supporto irideo

da 4.3 a 4.5 mm Piano-convessada 4.8 a 5.1 mm Biconvessa

IOL da sacco

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STERILIZZAZIONE

I due metodi di sterilizzazione principali per quanto concerne le lenti intraoculari sono:

• Sterilizzazione con Ossido di Etilene

• Microonde

STERILIZZAZIONE CON OSSIDO DI ETILENE

L’ossido di etilene è un gas tossico e corrosivo.Viene fatto flussare sul prodotto attraverso accorgimenti per proteggere l’operatore e l’ambiente esterno: si inserisce il prodotto in una camera dalla quale viene estratta l’aria e in seguito viene fatto flussare l’ossido di etilene alla temperatura di 45° per circa 4 ore.La confezione deve essere permeabile all’ossido di etilene.Si verifica l’avvenuta sterilizzazione per mezzo di un indicatore situato sulla confezione contenente batteri.

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Dopo la sterilizzazione l’indicatore viene sottoposto a coltura cellulare per controllare che non vi sia proliferazione batterica.Il pezzo viene certificato se entro 7 giorni non si verifica proliferazione.

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STERILIZZAZIONE CON MICROONDE

Il processo si basa su onde elettromagnetiche caratterizzate da una frequenza compresa fra circa 0,3 e 3 GHz. Le microonde producono frizione di molecole di acqua generando calore.

L'azione dei sistemi a microonde si basa su i due principi, termico e non termico. L'effetto termico deriva dalla capacità di generare rapidissime vibrazioni molecolari determinando un aumento della temperatura alterando le capacità vitali e funzionali dei microrganismi. L'effetto non termico è dovuto all'energia trasportata dalle onde elettromagnetiche che viene trasferita alla materia colpita.

Questo effetto è molto importante, si è visto infatti che la riduzione microbica è maggiore se alla stessa temperatura raggiunta sussiste anche un effetto non termico.

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La diffusione nella chirurgia della cataratta con microincisione ha reso necessaria l’utilizzazione di lenti intraoculari (IOL) con piatto ottico grande, in grado di essere impiantate attraverso il tunnel dopo essere state piegate e di distendersi una volta inserite all’interno dell’occhio.Prima sono state utilizzate IOL al silicone, poi sono comparse sul mercato anche lenti intraoculari rigide acriliche in grado di essere piegate ed impiantate attraverso un taglio compreso fra 1,8 mm e 3,2 mm.Queste IOL acriliche possono essere idrofile e idrofobe, in rapporto alla quantita di acqua presente nella loro struttura.

OPACIZZAZIONE LENTI INTRAOCULARI POST- OPERAZIONE

Da uno studio sugli espianti di lenti intraoculari le IOL al silicone hanno evidenziato la possibilità di ingiallire e le IOL acriliche idrofile ad opacarsi per l’accumulo di calcio e di fosfati sulla superficie e nella sostanza dell’ottica della lente.Le parti aptiche sono invece piu spesso risparmiate dall’opacizzazione.

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Sempre secondo l’articolo riportato sul Journal of Cataract & Refractive Surgery, L’opacizzazione del piatto ottico della IOL, possono essere:

- diffusione o assorbimento della sostanza dentro il polimero della IOL;

- reazione con additivi, come i filtri UV o altri monomeri presenti all’interno della IOL;

-semplice deposizione di materiale a base di sali di calcio sulla superficie della IOL, con successivo passaggio all’interno dell’ottica stessa;

- problemi legati all’impacchettamento e al piegamento, che puo favorire o provocare la calcificazione.

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% casi opacizzazione del sacco capsulare post impianto di IOL in base al materiale

Quindi è chiaro come la questione sia ancora senza una soluzione certa e rivolta a possibili studi futuri.

Opacizzazione capsula posteriore del cristallino

L’opacizzazione della capsula posteriore rappresenta una delle maggiori complicanze della chirurgia della cataratta e sembra dipendere dalla proliferazione e migrazione di cellule epiteliali del cristallino nel sacco capsulare dopo estrazione extracapsulare di cataratta, con conseguente formazione di membrane sulla capsula posteriore.

Anche questa problematica è ancora oggetto di studio; a fianco è riportato l’andamento della percentuale di opacizzazioni in base al materiale della lente.

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…perché le pupille abituate a copiare

inventino i mondi sui quali guardare…

(Un Ottico – F. De Andrè)

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GRAZIE PER L’ATTENZIONE!!!!!