Leggi la storia delle stanze

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Le Stanze della “Locanda Bio!” di Galbusera Bianca raccontate da Gaetano Besana Edizioni Oasi di Galbusera Bianca

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Le Stanze della “Locanda Bio!” di Galbusera Bianca

raccontateda

Gaetano Besana

Edizioni Oasi di Galbusera Bianca

Le Stanze della Locanda di Galbusera Bianca

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Un giorno …

Un giorno sono capitato qui: cercavo un posto che potesse raccogliere il senso di tutta la storia delle vite della mia famiglia passata, e si trasformasse nel mio senso del futuro per le mie famiglie attuali, e per le personeintorno a me.Ho visto questo posto come un piccolo paradiso. Subito. Immediato. Evidente. Rivelazione.Ma era un paradiso tutto nascosto, tutto coperto dai rovi e dall’abbandono di anni.Ho avuto la sensazione che ”La Terra cura l’uomo che cura la terra”.E così ho fatto.E dopo molti anni questo posto è diventato un paradiso accogliente.

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Premessa

Gaetano Besana ha vissuto fino ad oggi moltissime vite, tutte strette nei suoi 62 anni. La sua memoria è traboccante di luoghi, esperienze, viaggi, passioni, arti e mestieri. Si porta appresso un oceano di passato, di una famiglia che spaziava tra molti continenti e troppe stanze, immersa in strati di ricordi, e dispersa in una miriade di oggetti.

Tutto questo fermento di vita ereditata e vissuta si è riversato in un libro vivente, un film tridimensionale, un progetto tra l’utopia e l’umida realtà della terra.

E l’Oasi di Galbusera Bianca, oltre ad essere un’oasi ecologica, un’azienda agricola biodinamica, un’”Osteria Bio!” a metri zero, prati, orti, appartamenti, terrazze e giardini, ora è anche le stanze della “Locanda Bio!”

Attenzione...Queste stanze sono come i capitoli di un libro molto intenso. Sono storie, esperienze, emozioni. Non potrete attraversarle senza portarvi via un frammento di tutte le vite che contengono, senza lasciarvi cambiare, cullare, spostare dall’energia della loro narrazione vivente.

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Inizio

Ci sono solo le cose che succedono. Non sono né giuste né sbagliate, né belle né brutte. Un giorno sono capitato in questo luogo e ho visto la possibilità di un mondo a parte, in cui esseri umani ed esperienze potessero rinascere all’interno di un progetto di vita, che oggi è diventato concretezza, oggi c’è.

Non l’ho fatto per gli altri, nemmeno per me. L’ho fatto perché è successo. È come se avessi scritto un libro, e adesso la mia opera è quasi compiuta.

Vorrei raccontarti ora come sono nate queste stanze.

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Le stanze Queste stanze sono pezzi della mia vita, della mia capacità di vedere e di immaginare. Ogni stanza è un piccolo mondo, che contiene molti mondi. Ed è un mondo del fare. Perché queste stanze sono fatte di esperienze, di costruire e immaginare spazi e mondi attraverso oggetti. Sono stanze di un fare.

In ogni stanza c’è una piccola parte di me che ha voluto fare quel mestiere, vivere quell’esperienza, attraversare quella dimensione.

Sono ruvide, sono rivestite di intonaco a grana grossa che viene disteso nella passata finale e tirato a pennello bagnato. Si vedono e si toccano solchi e segni di pennelli che compongono prospettive caotiche ma ordinate. Ogni bagno è in sintonia con il colore della stanza, ma è liscio, perché in bagno si sta nudi e ci si deve poter appoggiare, si deve poter toccare, ci si deve sentire accolti. Però questo intonaco liscio permette molta più profondità di colore. E quindi ogni bagno è un’apertura rispetto alla stanza, una densità di sovrapposizioni cromatiche in continua espansione.

È come se andasse più in profondità. Verso l’alto e verso il basso. Come un big bang. Un’energia che esplode, che diventa più tangibile rispetto alla stanza. I bagni sono lo spazio del corpo, sono molto tattili.

Le stanze sono lo spazio dei sogni e potrebbero essere definite deliranti, perché piene di visioni, di quelle visioni tipiche di quando si ha la febbre, e si esce dalla realtà, dalla materia contingente. Sono stanze visionarie, oniriche.

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Ogni spazio ti restituisce la sensazione che tu provi in quel momento. Risveglia un tuo modo di essere.Le persone che vedono queste stanze, spesso provano emozioni o sensazioni forti. Dipende in parte dalla quantità di informazioni che ogni stanza racchiude e contiene, ma anche e soprattutto dalla emozioni che risveglia: momenti di vita, molto forti, molto significativi.

Mi piacerebbe se le persone che entrano in queste stanze riuscissero a percepire tutti i piccoli semi che contengono e che arrivano da dimensioni e tempi diversi. Ogni persona reagirà in modo diverso, alcune forse non reagiranno affatto.

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La Stanza dell’Amaca

Questa è la stanza del movimento eterno, dell’essere cullati dal tempo, dell’impossibilità di stare fermi. Come stare su un’amaca, o sui letti sospesi, che dondolano anche soltanto se respiri. La stanza dell’amaca nasce come la stanza dell’oscillazione universale. Pensavo a un luogo che fosse in continuo divenire, appeso a un filo.

Qui ci sono tutti i colori del fuoco: giallo, rosso chiaro, rosso scuro. Il rosso mi scalda, mi rincuora. Come una fiamma, anch’essa movimento perpetuo. E mi viene in mente l’evoluzione della terra che era un palla di fuco da cui è sgorgata la materia e la vita. Le superfici cambiano - liscio, ruvido - e di nuovo è movimento.

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Questa è una stanza piena di energia. Eppure è calma. Rassicurante.

L’amaca si può usare, da soli o anche in due.

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La Stanza del Falegname

In questa stanza ci sono tutte le rappresentazioni e i vissuti del legno. Qui la bellezza è quella dell’artefice, del fare e trasformare. Questa stanza è una piccola parte molto simbolica di tutta l’Oasi, in cui il legno ha una parte consistente: di legno sono i pavimenti, i soffitti e molti oggetti. Il legno è materia originaria, vivente, in continua trasformazione, può essere infinitamente riciclato.

La stanza del falegname è nata mentre studiavo architettura all’università. Ero in quel periodo della mia vita in cui ho negato tutta la mia storia personale, la mia famiglia, era il periodo della contestazione, erano gli anni 70. Era il periodo in cui la mia indipendenza nasceva innanzitutto a un livello molto basico, molto elementare: devo sopravvivere, cosa faccio? Sapevo segare, tagliare, immaginare. Con una sega circolare, un seghetto alternativo e carta vetrata ho costruito alcuni mobili per gli amici, delle

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librerie, un soppalco per casa mia, dei tavoli.

Il corridoio che porta alla stanza è scuro, come un piccolo bosco, una porta stretta, lo spazio delle tenebre che attraversi prima di arrivare in uno spazio di luce. Si arriva piano piano alla luce. Il bagno è addirittura un’esplosione di sole, un condensato di energia.

Questa è una stanza calda, di colore e di sensazione, pur essendo ruvida. È una stanza grande, famigliare, collettiva. Riprende il modo di abitare delle stanze contadine, 4 letti, 4 lampade. Si dorme nelle travi che formavano il tetto della vecchia cascina di Galbusera Bianca, tutti i letti di questa stanza sono stati costruiti così. Mi piace pensare che questa sia una forma di “accoglienza agricola”, fatta della trasformazione degli oggetti, di vita che continua. Così da un lato stiamo facendo tante cose nuove, dall’altro ci circondiamo di oggetti stravecchi a cui diamo un uso diverso, a volte inaspettato.

Il pavimento è fatto con assi di rovere montate a rovescio, perché si senta la ruvidità del legno, si veda il taglio a piano sega. Le assi sono montate coniche in riquadri di due metri per due, riprendendo un vecchissimo modo di montare i pavimenti, che rendeva possibile utilizzare tutto il tronco di un albero che, non essendo cilindrico, ma conico, esigeva di fare degli accostamenti particolari tra le assi.

I quadri dentro le cornici mostrano cortecce di alberi, sono la pelle del legno. Questi quadri sono finestre dell’anima dell’albero. Modi di percepire le dimensioni della vita che noi continuiamo a trasformare.

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La Stanza del Ferro

A guardarlo, così grande, l’orologio appeso di fronte ai letti ti fa sentire piccolo. Scandisce un tempo: il tempo del ferro. Questa è la stanza di quel momento della vita, di un rito di passaggio, un’iniziazione, del bambino che si fa uomo, o della crescita dell’uomo.

Questa stanza racconta quella parte dello spirito umano che ciascuno deve forgiare. Come il ferro. Ed è un forgiare che non finisce mai. Forgiare te stesso mentre resisti alle prove che la vita ti mette davanti, perché hai una visione del mondo che cerchi di realizzare.

Eppure qui c’è qualcosa di estremamente bello che va oltre la durezza. È la bellezza delle prove superate. O della capacità di ogni persona di trasformare anche gli aspetti più spigolosi e rigidi della vita. La stanza di una rigidità che diventa bellezza.

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Questo è il letto in cui dormivo da piccolo. Dal 1955 al 1972, perchè poi dopo sono andato via da casa dei miei. Era un vecchio letto di famiglia. Quest’altro è una branda da campo militare di mio nonno Gaetano, risale alla prima guerra mondiale, con sopra una pagodina in ferro che stava sulla vasca da bagno della mia casa con Carolina e Gibi, anni ‘90.

Il bagno è completamente diverso, pur avendo lo stesso sapore. È accogliente, raffinato, intenso, elegante, denso.Sembra scuro, ma è morbido. Forse rappresenta l’aspetto più profondo della trasformazione. È il perfetto luogo per fare pace, con se stessi, innanzitutto.

Questo bagno è anche uno spazio archetipico. In cui tutti i materiali sono ancora allo stato grezzo, pietra, legno. Come il momento in cui è esploso il big bang, era tutto buio e poi si sono create le stelle.

Anche qui ci sono pezzi di casa mia - lo specchio, la persiana e la balaustra in ferro - che diventano ripiano.

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La Stanza del Fieno

Quando entro in questa stanza rivivo l’archetipo del desiderio di andare in “camporella”. C’è il profumo del fieno in cui si ha voglia di rotolarsi con l’amato o con l‘amata. Il profumo della natura vibrante che entra nel naso, nel corpo, nelle vene, È avvolgimento, semplicità.

Chi entra in questa stanza sorride e poi ride pieno di stupore. Qualcosa si sgretola. E ci sente nudi di fronte a una forza atavica, archetipica, incontrollabile. Perché qui l’anima viene toccata oltre le sue difese, questo spazio con il suo profumo intenso tocca passioni e corde che non possono essere raccontate con le parole. È un luogo da vivere.

È difficile descrivere questa stanza, va sentita, toccata, annusata.Ci sono le gerle per raccogliere il fieno, le scale per salire nel fienile, le

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mangiatoie (ora poltrone) e i graticci. È un mondo agricolo ed elementare, con tutta la forza confortante di qualcosa che esiste da sempre e sempre esisterà, ma che abbiamo dimenticato.Il muro è liscio. E questa “morbidezza” fa da contrasto alla paglia, al ferro e al legno grezzo. Anche il pavimento è come velluto. Camminando a piedi nudi si sente il contrasto del liscio con il ruvido dei fili di paglia che si incastrano tra le dita. Il colore è caldo come la terra e fresco come il prato che poi diventa fieno.

Questa stanza è inaspettata, ma non è strana. È una dimensione che ci riporta alle nostre origini, alla nostra nascita, uno spazio di natura originaria, con cui abbiamo perso ogni contatto.

In questa stanza non c’è razionalità, non c’è la testa. C’è la protezione che ti dà la natura.

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La Stanza del Giardiniere

Quando entro in questa stanza mi viene voglia di coltivare l’anima.Questa è la stanza di chi pensa e coltiva il giardino. E il giardino, per me, è uno spazio di natura che riflette il mondo, un microcosmo che riflette il macrocosmo. Un piccolo mondo di vitalità, di ordine, di amore.È la rappresentazione fisica di uno spirito universale, e quindi, attraverso la cura del giardino, attraverso l’amore per le piante, e la loro disposizione un po’ ordinata e un po’ caotica, si può entrare in connessione con il mondo e con l’universo. Questa è una stanza conciliante, pacificante. Una stanza in cui si sta bene. È la stanza dell’attesa, dell’attesa paziente che non genera inquietudine.

Per anni e anni ho raccolto libri sui fiori e sulle piante, che hanno riposato

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fino a oggi sulla mia libreria, e ora sono qui, appesi a queste pareti. (Mi piacerebbe poter appendere qui anche le ninfee di Monet, perché sono respiro, universo, sono acqua, sono primavera.)Questo letto viene da molto lontano, è stato costruito da un falegname di Como con porte pachistane. Il legno è duro e robusto, resistente nel tempo. Rapresenta per me la durabilità degli elementi sostanziali della natura.Ci sono gli oggetti del giardiniere: le carriole, i setacci per la terra. Mi piace che queste pareti siano color del prato di primavera, verde chiaro quasi giallo, e che contengano sia il prato estivo di quando l’erba è bruciata, sia il prato autunnale quando finisce il caldo torrido e c’è nell’aria quel respiro autunnale ancora fresco, prima del riposo dell’inverno. C’è un incrocio di travi nel punto che sostiene il tetto. Le travi indicano - quasi in modo perfetto: nord, sud, est, ovest.In questo soppalco si può dormire, per chi volesse godersi questo panorama di forza e sostegno, in un luogo protetto, guardando in mondo da lì.

Entrare in bagno è come entrare in un profumo. Alle pareti ci sono piastrelle di recupero, di nuovo la natura che si rivive, si ricicla. Il pavimento è acqua.

La natura è caos, il giardino è ordine. Sono due elementi diversi, nessuno dei due è positivo o negativo. Coesistono. Ordine nella natura significa razionalità, pensiero, testa. Mentre quel caos aggrovigliato delle foreste tropicali e dei giardini in cui le piante sono libere, rappresenta il fascino degli elementi passionali della

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natura che crescono in un disordine apparentemente incomprensibile. Ma se da questo disordine ti lasci invadere riesci a respirare qualcosa di meraviglioso e rigoglioso che in qualche modo fa già parte di te.

Mi piacerebbe presto poter riempire di piante e fiori le carriole e invitare le persone che dormiranno qui a bagnarle e a prendersene cura. Vorrei che questa stanza fosse viva, profumata, riempita di colori che cambiano.

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La Stanza delle Meraviglie

Questa è la stanza della celebrazione assoluta della diversità. Dell’esplosione dell’inconsueto e straordinario. Questa stanza ha una lunghissima storia, che non è la storia di un luogo, ma la storia di un modo di essere. È la Wunderkammer, la stanza delle meraviglie.

La meraviglia è quella di scoprire gli oggetti in quanto tali. Ogni oggetto è uno stupore. Ha una bellezza in sé, è apparentemente scollegato da ogni altro.È il mondo dei bambini che si stupiscono di ogni cosa. Un circo, un posto immaginifico, una fiaba. Alice nel paese delle Meraviglie.

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Ci sono oggetti grandissimi, oggetti bizzarri, oggetti incredibili. Un’alabarda del tiro al piccione del milleottocentoequalcosa, la vite gigante di un torchio, un manichino di stoffa. Ogni cosa qui trova il suo spazio in un’accozzaglia ordinata di oggetti che si parlano attraverso la diversità che rende possibile il dialogo. (In questi letti dormivo da piccolo nella casa di campagna. E poi ci ha dormito mio figlio da bambino.)

Le pareti sono color acqua marina caraibica e color prugna. Come una visione, un delirio, come una favola. Anche questa stanza racconta tutte le storie possibili. Tutte le storie del bambino che è in ognuno di noi.

Questa stanza è adatta anche a persone diversamente abili.

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La Stanza della Pittrice di Peonie

Un colore innanzitutto, che quasi sembra un profumo. Un respiro, una sensazione, un’emozione.Questa è la stanza per una coppia innamorata. Perché qui dentro c’è passione, amore, intimità, sublimità.È la bellezza che c’è, esiste in natura e basta coglierla. La carnalità, la sensualità che non hanno bisogno di essere in alcun modo artefatte.

Si potrebbe dire che questa stanza inizi quando ho iniziato a leggere libri sulla storia dei giardini, era il 1990, e arrivi fino ad oggi. Per un periodo della mia vita, ho coltivato peonie. Mi sono sempre piaciuti i fiori, i giardini. Li ho persino studiati, volevo progettarli. Ho frequentato fiere e giardini botanici alla ricerca di quellaolimpica tranquillità che ti dà la natura che cresce, esplode, decade, si spegne.

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Tra tutte le piante quella che mi ha sempre affascinato di più è la peonia. Perché è carnosa, sensuale, vermiglia, giallissima o candidamente bianca, tenue, pallida.Contiene dentro di sé tutte le facce della sensualità. È accogliente, voluttuosa, ha grandi braccia. È colorata.

Avevo voglia di celebrare in una stanza questo mio modo di essere. In quel periodo avevo una storia con una pittrice di peonie. E allora mi è sembrato che questa stanza avrebbe potuto essere un ringraziamento a lei, offrirle la possibilità di dipingere qualcosa che a me piace molto e che era la sua specialità. E desideravo che fosse uno spazio di rappresentazione di una creazione, che mette insieme i fiori fotografati, la dimensione tutta immaginaria dei fiori dipinti, la visione di un luogo dedicato a un fiore e alla sua pittura.Questo armadio e i suoi numerosi rumori erano nella soffitta di casa mia. Le lenzuola color prugna e i cuscini color del tramonto vogliono invitare ad esserne avvolti. Il letto bianco è una vecchia porta. Quanti passaggi ha dentro di sé, quante storie può raccontare, quante soglie. Ci sono molti pennelli, che potrebbero essere usati per dipingere, ma anche per fare i grattini sulla schiena.

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La Stanza dei Ricordi

Entri qui ed è un tuffo nel passato che prepara questo presente e si apre al futuro delle persone che dormiranno qua. Rosa antico e verde prato. C’è il letto dove ho dormito da piccolo, che era nella stanza della nonna Rita, ed è il letto dove ho dormito fino all’estate 2013, e che si ricorda tutte le emozioni delle mie varie famiglie ed avventure. C’è il bagno con le tessere di mosaico dove sono cresciuto da sempre. C’è il letto recuperato con le vecchie tavole dei tetti e le mensole in legno trovate nei soffitti.

Ma soprattutto c’è l’aria di casa, l’aria della Cina e di Shanghai dove la mamma è nata, c’è commistione tra Oriente e Occidente, e anche gli attaccapanni in plastica anni 50.

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E poi le foto. Le foto sono l’anima della mia vita precedente, e qui sui muri sono i miei nonni, i miei genitori, i miei figli, le mie vacanze, la mia vita.

È condividere il mio passato con il presente delle persone che passano di qua, e insieme facciamo un piccolo passo insieme nelle nostre vite. È il rivelarsi, accogliere, esserci ed essere, momento presente, ponte tra passato e futuro. Augh.

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La Stanza del Viaggiatore

Le pareti hanno un colore di spezie. Si respira aria di Africa e Oriente, lo spirito di chi ha voglia di esplorare, di scoprire mondi nuovi dentro e fuori di sé. Ci sono strumenti, oggetti e ricordi. Fotografie di carovane di elefanti, deserti, barche da trasporto, mari in burrasca. Oggetti esotici e oggetti meno esotici.Gli sci del mio papà e miei da piccolo, accanto alle foto degli esploratori dei primi del novecento che vanno a visitare le piramidi. Ci sono contaminazioni di percorsi, epoche diverse, come una dilatazione del tempo e dell’esperienza.Ci sono i ricordi dei miei viaggi. Il batik comprato a Bali, dopo una trattativa durata un giorno intero, in un certo posto dove si arrivava solo in autobus. Le scopine sono thailandesi, i cappelli vengono dall’Indocina. Questi altri batik (sulle poltroncine) li ho presi a Bangkok. Gli oggetti di questa stanza sono ancora in movimento, non sono inerti.

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Questa potrebbe essere chiamata anche la stanza del movimento che non finisce mai, che sfocia nel cambiamento, in un’evoluzione continua.Le valigie qui dicono che un viaggio deve ancora iniziare. Questa stanza cambierà ancora, si aggiungeranno oggetti e ricordi di nuovi viaggi. I letti di ferro sono di famiglia, il letto matrimoniale è stato fatto apposta per questa stanza, con i legni di Galbusera. Ma la sua forma ricorda il disegno sulla pelliccia di una tigre, o di una zebra.La porta e le finestre contengono dei riquadri di cielo stellato, in cui mancano ancora le stelline d’oro. Come il cielo stellato delle pitture trecentesche. O come il cielo visto dal finestrino di una nave o di un treno, o un aereo.

In un certo senso questa stanza inizia nel 1975 quando ho attraversato l’Atlantico in barca a vela verso il Sud America. È stato il mio primo grande viaggio, 23 giorni di navigazione e poi 2 mesi tra Braslie, Bolivia, Perù, Ecuador. Sono arrivato a Machu Picchu pensando che avrei scoperto qualcosa fuori di me e invece ho scoperto che il vero viaggio è insieme fuori e dentro di sè, che il viaggio è la meta, e che sei sempre arrivato da tutte le parti senza mai arrivare da nessuna parte. Ho scoperto il Viaggio.

In un altro senso questa stanza era cominciata molto prima, ad esempio quando mio nonno è andato a Samarcanda a cavallo nel 1920. Ci sono le valigie dei miei genitori, di quando ero piccolo, i bauli dei miei nonni quando viaggiavano all’inizio del novecento e la mamma tornava da bambina per fare la vacanze in Europa, e sussurrano sommessi di viaggi in piroscafi e carrozze a cavalli. Mia mamma è nata a Shanghai nel ‘25 e ha abitato in Cina fino al ’38. A quell’epoca mio nonno abitava in Cina, era rappresentante per la DuPont, che produceva, tra le altre cose, il blu cina,

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con cui sono state dipinte tutte le casacche degli operai cinesi. Forse questa stanza è finita quando ho fatto l’ultimo grande viaggio nel 1990. Oppure non finisce mai.

In questa stanza ci si trova bene chi è in perenne fare, trasformare. Chi sa cambiare, vuole cambiare, e mescolare passato e futuro.È una stanza viva, dinamica. Del movimento, e in movimento. Di tutti gli aspetti che sono tipici del viaggio. Che non è solo il posto che si va a vedere, ma la trasformazione della persona che viaggia.

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La Stanza Zen

Questa è la stanza del silenzio. Dell’ascolto. Del respiro. Oltre ogni parola.Ti immergi nella quiete della pace. Ti adagi sul tuo sé profondo. Ti espandi e voli in uno spazio infinito senza spazio e senza tempo.È uno degli aspetti della mia anima. A differenza di tutte le altre stanze che raccontano storie, questa stanza è silenziosa, ti invita a raccontare, a far emergere, sedimentare la tua storia, o a riposare. E ti ascolta.

Anche il bagno è uno spazio di nudità e di accoglienza. Celebrazione dell’essenza del corpo.

La Casa del Custode

Questa casa è sempre stata destinata a chi avrebbe fatto il custode a Galbusera Bianca, nei tempi del progetto nel secolo scorso quando tutto sembrava possibile.

L’anima del custode sarebbe stata la mia e il corpo dei custodi sarebbe stata la forma maschile e femminile di chi avrebbe vegliato e accolto le vite delle persone in transito. Ma poi le cose cambiano e la Casa del Custode è diventata questo appartamento in affitto.

Questa casa è amorevolmente dedicata a Nirava, oppure Lulù, anima

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femminile della mia vita presente e futura, anima accogliente di Galbusera

Bianca. C’è la sua risata cristallina qui dentro, un’aria leggera, tutto è colore naturale di terra chiara e sabbia, i soffitti sono altissimi e vorrei riempirli di stelline come il cielo sopra di noi, e le stanze sono troppo essenziali con i mobili fatti di vecchie cassette e gli armadi riscoperti nel solaio di casa mia.

Colore della terra che ci custodisce e ci ospita in questo nostro viaggio.

“La Terra cura l’uomo che cura la terra”.

Ci sono le Stanze, ci sono le Case…e poi e prima e sempre ci sono le persone…

… senza le quali tutto ciò non sarebbe stato possibile…non so da che parte cominciare…non so con chi finire…perché in realtà nulla finisce e tutto si trasforma, come nei campi e nella vita…

E allora grazie a tutti:a Papi e Mami, che hanno messo insieme questo mio insieme di cellule un po’ creative e un po’ disordinate,ai miei fratelli che mi hanno sempre, e ancora sempre, sostenuto, anche controvoglia,alla Lori, che è la mia roccia, che brandisce pure la spada, e che è meglio del mio braccio destro e sinistro insieme,alla Mari, che cerca, sempre un po’ a fatica, di tenermi i piedi per terra,all’Ernesto, che fa e disfa e aggiusta e avvita e dà forma alle mie idee,all’Andrea e a Illy, che hanno fatto dei campi il nostro paradiso in terra

e a tutti, ma proprio tutti gli altriGRAZIE DI ESISTERE!