LEGA NORD - Storia e retroscena di un partito che ha venduto l'anima al diavolo

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L'infiltrato "La Lega Nord” I DOSSIER DE: “LA LEGA NORD” “LA LEGA NORD” Storie e retroscena di un partito che ha svenduto l’anima al diavolo Storie e retroscena di un partito che ha svenduto l’anima al diavolo 1

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Bossi è diventato un traditore, Maroni il salvatore di una patria – quella padana – che sta colando a picco sotto le nefandezze berlusconiane. Pur di ottenere l’agognato federalismo, scendono a patto con mafiosi, lestofanti e faccendieri loschi. Nonostante la base del partito sia in rivolta, i vertici stringono accordi e vendono l’anima al diavolo. Vediamo come, analizzando storie e retroscena di chi una volta “ce l’aveva duro” e ora se la fa con “il vecchio flaccido”.

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I DOSSIER DE:

“LA LEGA NORD”“LA LEGA NORD”Storie e retroscena di un partito che ha svenduto l’anima al diavolo Storie e retroscena di un partito che ha svenduto l’anima al diavolo

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La Lega Nord vince grazie a populismo e

xenofobia?Domenica 20 Giugno 2010

La Lega Nord vince grazie a xenofobia e populismo, temi sociali che hanno forte presa

sui leghisti. Chi vota Lega? E perché?

E la Lega dilaga alle regionali. In Veneto,

Lombardia, Piemonte. Ma anche in Emilia Romagna.

Cresce a dismisura, tanto da non potersi più

considerare soltanto un partito “regionale”. Si dice:

“ha vinto perché è un partito radicato sul territorio,

bisognerebbe prenderne spunto”. Vero. Ma è solo

questo? Tentiamo di andare oltre, di capire il sostrato popolare su cui fa presa il partito del senatur

Umberto Bossi.

A tal proposito quest’episodio, penso, sia molto eloquente: martedì dopo le elezioni, è pomeriggio,

a bordo di un bus urbano nel centro di Verona. Autobus pressappoco pieno, una signora sulla

cinquantina, in piedi, aggrappata ad una manopola, rompe il silenzio generale con un tono di voce

che attira l’attenzione della gente attorno a lei, mentre si lamenta con una ragazza bassettina di

origine sudamericana, la quale viene accusata dalla suddetta signora di averle calpestato i piedi.

Un gesto di stizza che può capitare a chiunque; fino a quando la signora dà della “cafona” alla

ragazza, visibilmente in difficoltà e imbarazzo (il suo italiano non le permetteva di capire, tanto

meno di risponderle). Poi la signora allarga il discorso dicendo “per fortuna che ha vinto la Lega

adesso, così ve ne tornate tutti a casa, cafoni!”. E la signora continua il suo comizio nel silenzio

generale tenendo sempre il tono di voce alto, affinché tutti sentano, e se la prende ancora con gli

immigrati in generale dicendo che sono dei vittimisti, ma che ora le cose cambieranno.

Checché se ne dica, dunque, la Lega è un partito che fa leva su sentimento che, pur velato, ha un

retrogusto razzista. E basta, d’altronde, ricordare alcune perle di grandi uomini padano-celtici,

personaggi di prim’ordine della Lega Nord. Come ad esempio il Ministro Roberto Calderoli che il

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14 settembre 2007, partecipò allo sciopero della pasta e propose di mangiare solo maiale per fare

dispetto ai musulmani che praticavano il ramadan e inoltre di mettere a disposizione lui stesso e il

suo maiale per una passeggiata a Bologna nel territorio destinato alla costruzione di una moschea

proprio come aveva fatto a Lodi; e, a tal proposito, lo stesso Calderoli ricordò quasi con le lacrime

agli occhi: “Il terreno dopo la passeggiata del mio maiale fu considerato infetto e pertanto non più

utilizzabile per la moschea!”. Ma non è finita qui: lanciò anche la proposta di un vero e proprio

“Maiale Day” con tanto di mostre e ”concorsi e mostre per i maiali da passeggiata più belli”, per

evitare la costruzione di moschee.

Gentilini che, oltre a ripromettere il suo impegno per eliminare i bambini degli zingari, una volta

eletto sindaco di Treviso si impegnò fortemente per la società e allora disse: “Darò subito

disposizioni alla mia comandante dei vigili urbani affinchè faccia pulizia etnica dei culattoni.

Devono andare in altri capoluoghi di regione che sono disposti ad accoglierli. Qui a Treviso non

c’è nessuna possibilità per culattoni e simili”.

Mario Borghezio, condannato in via definitiva per incendio aggravato da “finalità di

discriminazione”, per aver dato fuoco ai pagliericci di alcuni immigrati che dormivano sotto un

ponte di Torino, a 2 mesi e 20 giorni di reclusione commutati in 3.040 euro di multa: “Pensate se i

nostri nonne avrebbero raccontato che noi ci facciamo togliere i canti natalizi da una banda di

cornuti islamici di merda, detto con il massimo rispetto per gli imam, con tutte queste palandrane

del cazzo, che circolano liberamente, che organizzano terrorismo e attività sovversive che nessuno

controllava in questo paese di Pulcinella, con prefetti che guadagnavano dieci milioni al mese e

non facevano un meritato cazzo”.

Ma non è finita qui. Ancora più incredibili e, diciamocelo, razzisti sono alcuni provvedimenti che

sono stati attuati in alcuni comuni leghisti. Letizia Moratti ha chiesto al ministro Maroni un

decreto legge per permettere di perquisire le case dei migranti.

Anche senza mandato, per individuare i «clandestini» (a mò di leggi razziali che creano ghetti e

schiavi); ad Adro (Brescia), c’è una taglia di 500 euro che verrà versata a ogni vigile che catturerà

un clandestino; a Voghera si è deciso che non si ci può sedere sulle panchine in più di tre persone,

per evitare assembramenti di stranieri; a Vicenza devi avere almeno 70 anni se vuoi sederti su una

panchina, se no stai in piedi; a Sanremo, devi avere tra 0 e 12 anni oppure più di sessanta. E si

potrebbe continuare con l’elenco di queste soluzioni per la sicurezza: ad esempio il «White

Christmas» di Boccaglio, comune a sindacatura leghista, dove entro Natale 2008 si volevano

stanare i migranti per cacciarli dal paese. E per sfuggire a questo clima razzista, spesso gli stranieri

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scappano verso sud. Dove trovano, ancora una volta, la ferocia italiana, fatta di mafia e

sfruttamento.

La Lega può anche vincere, è giusto che vinca se viene votata, come è giusto che Bossi Renzo, in

arte “Trota”, diventi consigliere se ha ottenuto i suoi bei voti. Però dobbiamo essere sinceri: la Lega

vince perché sì è radicata sul territorio, ma anche perché ha creato un clima di paura per l’altro, una

forte xenofobia che, purtroppo, tuttora continua ad esercitare per catturare voti.

In sintesi: la Lega vince anche perché è un partito secessionista (e non lo dico io. Borghezio può

confermare: “io ho ascoltato con piacere l’urlo spontaneo di questa piazza quando il ministro

Roberto Calderoli ha pronunciato quella parola che ci evoca tante battaglie, che ci evoca il futuro:

secessione!”). Dovrebbe, allora, far riflettere non tanto il fatto che vinca un partito radicato sul

territorio, quanto il fatto che vinca un partito come la Lega che alimenta un clima di odio, paura e

razzismo.

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MARONI SAVIANO/ Ndrangheta, Lega e

Nord Italia: mai così unitiMartedì 16 Novembre 2010

Le polemiche di Bobo Maroni contro "Bobo" Saviano sono appena cominciate. Secondo

il Ministro dell'Interno la ndrangheta non avrebbe mai messo piede al Nord Italia,

figurarsi poi i rapporti con la Lega: quelli sarebbero invenzioni del "comunista" Saviano.

Sarà davvero così? Nonostante Maroni abbia ricevuto i

complimenti dello stesso Saviano per la lotta alla

criminalità organizzata, cosa accade nel Nord del Paese?

Nove milioni di telespettatori l'altro ieri sera hanno assistito alla

seconda puntata di “Vieni via con me”, il programma di Fazio e

Saviano che sta riscuotendo un successo inimmaginabile (addirittura complimenti per i risultati

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sono arrivati anche da Piersilvio Berlusconi).

Eppure lo sappiamo bene: l’Italia è un Paese particolare. Se riscuoti grande successo e lo fai non

con lo stupido intrattenimento “all’italiana” , vieni attaccato, boicottato, censurato. Se arrivi a quota

nove milioni e non lo fai spiattellando sesso in diretta con “tette e culi” a gogò, ma arrivi ad un tale

traguardo semplicemente parlando dell’Italia reale, sei uno che lancia “parole infamanti” (Roberto

Maroni), che “rischia di apparire un pirla” (Mario Borghezio), uno che sta in televisione per fare

“arringhe politiche e demagogiche senza alcun contraddittorio e senza alcun riscontro nella realtà

dei fatti” (Davide Boni).

Ci si chiederà: è mai possibile trattare un uomo (Saviano ha solo 31 anni) che vive sotto scorta da

più di cinque anni rinunciando in pratica alla sua stessa esistenza, in questo modo? In Italia sì, è

possibile. E perché mai? E’ questo il punto: non si sa. O meglio, si sa, ma è paradossale: ieri

Saviano, parlando delle infiltrazioni ‘ndranghetiste al Nord, non ha fatto altro che ricostruire

una verità accertata non solo per vie giornalistiche, ma anche e soprattutto per vie giudiziarie.

Dunque non ha fatto altro che raccontare una verità riconosciuta da tutti.

E allora? Perché assistiamo al “tutti contro Saviano”? Semplicemente perché quello riferito da

Saviano (“la 'ndrangheta al Nord, come al Sud, cerca il potere della politica e al Nord

interloquisce con la Lega. Che ha sempre detto che non vuole qui le manette o la repressione, ma

non basta, perché sono i soldi legali che irrorano questo territorio, è lì che il fenomeno deve

essere contrastato”) è assolutamente vero, certo, verificato. Ma scomodo. E allora il caro

Ministro Maroni (e dietro di lui tutti gli altri) hanno preferito zittire il giornalista raccontando che

non è vero nulla, che la Lega non ha assolutamente rapporti con le mafie, che nel Nord non ci sono

infiltrazioni.

Si è arrivati addirittura a dire che è impossibile che

al Nord ci siano infiltrazioni mafiose perché Maroni

ha condotto una battaglia senza precedenti alle

mafie. Come se Maroni rappresentasse tutto il

Nord. Incredibile? Eppure Gianni Alemanno ha

sostenuto proprio questa tesi affermando che “la

sua attività è la dimostrazione migliore che non c'è

nessun rapporto" con le organizzazioni mafiose.

Insomma, si arriva a sostenere l’assurdo pur di celare la realtà dei fatti.

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Già, perché di realtà dei fatti bisogna parlare. Sappiamo da tempo, infatti, che la ‘ndrangheta ha

piantato le radici in Lombardia ad esempio. Sappiamo bene che un vero e proprio esercito

criminale sta cercando di mettere le mani su Expo 2015. E’ questo quello che emerge

dall’inchiesta di alcuni mesi fa che portò all’arresto di 300 presunti affiliati alle famiglie storiche

della criminalità calabrese (di questi 160 solo in Lombardia, anche se in questa regione,

addirittura, secondo le indagini si pensa ne siano “operativi 500”). Una maxi operazione

(ribattezzata “Il Crimine”) di come non se ne vedevano dagli anni ’90, coordinata dalle Procure

congiunte di Reggio Calabria e Milano. Complessivamente furono sequestrati beni per oltre 60

milioni di euro, insieme ad armi ed esplosivi. E chi finì in manette? Uomini di punta della

‘ndrangheta, come Domenico Oppedisano, numero uno delle cosche calabresi, e, come detto, altri

affiliati a famiglie storiche: i Commisso di Siderno, gli Acquino-Coluccio ed i Mazzaferro di

Gioiosa Ionica, i Pesce-Bellocco di Rosarno, gli Alvaro di Sinopoli, i Longo di Polistena, gli

Iamonte di Melito Porto Salvo. Cognomi che non tradiscono le origini del Sud, ma da anni

impiantati nel Nord per condurre i loro affari malavitosi.

E la politica cosa c’entra? Nel registro degli indagati, stando ad alcune indiscrezioni, sono stati

iscritti numerosi amministratori leghisti, rei, secondo gli inquirenti, di aver concesso favori alle

‘ndrine. Tra questi spicca Angelo Ciocca, uomo di punta della Lega Nord pavese, il quale avrebbe

avuto “rapporti diretti” con Giuseppe Neri, boss della ‘ndrangheta in Lombardia. Nella primavera

del 2009 i due, infatti, sono stati filmati dai carabinieri mentre si incontravano per discutere dello

scambio di voti per favorire un candidato gradito alle cosche. E chi sarebbe questo candidato? Un

altro leghista: Francesco Rocco Del Prete, candidato alle comunali di Pavia nel 2009 (poi non

eletto).

E non è finita qui. Si potrebbe pensare che l’attività mafiosa al Nord sia esclusivamente

“imprenditoriale”. Certamente è vero. Ma anche al Nord non manca la matrice puramente

criminale. Anche qui, infatti, alcuni omicidi commessi sembrano essere di natura mafiosa. Nel

2008 a Legnano, roccaforte leghista, viene ucciso con un colpo di pistola Cataldo Aloiso, genero

di Giuseppe Farao della cosca Farao-Marincola di Cirò Marina, in Calabria. Un anno prima a

Tagliuno, in provincia di Bergamo, a morire è il collaboratore di giustizia Leone Signorelli,

secondo molti il raffinatore di cocaina colombiana rivenduta poi alla ‘ndrangheta. Ma un testimone

– l’unico – aveva visto l’accaduto. Cinque mesi dopo, infatti, è proprio Giuseppe Realini,

artigiano del legno di Chiuduno, a pagarne le conseguenze.

Ma, per carità, la ‘ndrangheta non esiste. Come la camorra e la mafia. Fantascienza.

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MAFIE ITALIANE/ Abusivismo edilizio: casi

eclatanti in Veneto e LombardiaGiovedì 09 Dicembre 2010

Se la prima parte dell'inchiesta riferiva provvedimenti del Governo Berlusconi, bocciati

dalla relazione di controllo della Corte dei Conti, in cui emerge che il settore nel quale

le attività mafiose investono maggiormente è l’abusivismo edilizio, in questa seconda

parte gli scenari si allargano e invadono il Nord del Paese, Veneto e Lombardia in

particolare, dove le mafie prosperano.

C’è da sorprendersi? Probabilmente se qualche

esponente leghista leggerà quest’articolo rimarrà

incredulo, ma, in realtà, non c’è affatto da restare

meravigliati: l’abusivismo edilizio è, oramai, un

fenomeno dilagante che sta colpendo tutt’Italia. Dal

Nord al Sud. Non solo, dunque, nelle classiche

“regioni malavitose” di Campania, Sicilia e Calabria (per le quali, chiaramente, la percentuale di

abusivismo rimane la più alta). Ma anche in quelle regioni settentrionali nelle quali dominano

incontrastati Pdl e Lega Nord. Alcuni esempi potranno essere molto chiarificatori.

LE “TERRE DI ORIGINE”: CAMPANIA, CALABRIA E SICILIA

La regione in Italia nella quale abbiamo la più alta percentuale di abusivismo edilizio è la Sicilia. E

gli ultimi episodi ne sono una conferma: soltanto il 2 dicembre l’inchiesta “Redde rationem” della

Squadra Antimafia di Caltanissetta ha portato all’arresto di 22 persone coinvolte in un sistema

che da anni imponeva il “pizzo” in città e gestiva alcune aziende tramite insospettabili prestanome.

Durante l'operazione sono state sequestrate tre ditte edili: la “Failla Calcestruzzi” e la “Graci

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Costruzioni”, operanti a Caltanissetta, e la fabbrica di asfalti e bitumi “Conbival”. Un sistema

abusivista contornato anche da estorsione mafiosa: nel corso delle indagini, infatti, sarebbero state

raccolte prove schiaccianti su 22 imprenditori che, sottoposti ad estorsioni, pagavano e

tacevano. A molti di loro venivano anche imposte forniture di mezzi e materiali in regime di

monopolio, alle cui condizioni non potevano ribellarsi. Ma, più in generale, in Sicilia attiva

nell’edilizia è soprattutto la famiglia Lo Piccolo: dall’acquisto dei terreni agli appalti pubblici e

privati, allo smaltimento dei rifiuti, alle forniture, agli impianti. Secondo gli inquirenti,

addirittura, i vertici di Cosa nostra arrivano ad imporre ad accreditati studi professionali di

consegnare l’elenco dei lavori più importanti in corso di progettazione in modo da selezionare

quelli da riservare all’organizzazione.

Per quanto riguarda la Calabria, già l’anno scorso si diceva che questa regione “è tutta un

ecomostro”. E le statistiche rivelano la verità di quanto affermato: nella sola provincia di Cosenza

sono stati rilevati 1156 abusi (il 22,19%), a Catanzaro 548 (il 10,52%), a Crotone 915 (il 17,56%),

a Reggio Calabria 2093 (il 40,17%) e a Vibo Valentia 498 (il 9,56%). E si è stabilito che, tra i casi

individuati l’anno scorso, 412 erano in aree per le quali il Piano d'Assetto Idrogeologico definisce

“gravi condizioni di rischio idraulico”. Per quanto riguarda i vincoli ambientali, “si riscontra che

54 casi individuati ricadono all'interno di Aree Marine Protette, 421 in SIC (Siti d'interesse

comunitario, ndr) e 130 in ZPS (Zone a protezione speciale, ndr)”. Non meraviglia, allora, che

soltanto alcuni mesi fa dieci edifici, per un valore di 15 milioni di euro, sono stati sequestrati nel

Vibonese. Le inchieste hanno portato ad avvisi di garanzia per 23 persone tra pubblici

amministratori e funzionari e a 12 cittadini stranieri che amministravano gli edifici stessi. Anche

se molti sono convinti che dietro ci possa essere la “longa manus” delle ‘ndrine.

Per quanto riguarda la regione campana di certo le cose non vanno meglio. Secondo le ultime

stime di Legambiente sono circa 60 mila le case abusive costruite negli ultimi 10 anni, con una

media di 6 mila all’anno. Cinquecento al mese. La Procura Generale conferma la gravità di questi

dati, parlando di oltre 30 mila abitazioni abusive, concentrate soprattutto nell’area di Napoli e

provincia. E molte di queste sono costruite sulle pendici del Vesuvio, altre lungo le direttrici

individuate dalla Protezione Civile nei piani di evacuazione in caso di eruzione vulcanica. Si

potrebbe citare, ad esempio, il caso dell'Ospedale del Mare costruito a 8 km dal centro eruttivo

dal Vesuvio, attualmente nella cosiddetta zona gialla di pericolosità vulcanica. E la camorra?

Basterebbe tener conto di questo: il boss della cupola camorristica, Michele Zagaria, è stato

definito dalla DDA di Napoli il “re del cemento a livello nazionale”. Oggi, tuttavia, sappiamo

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anche altro: secondo quanto appurato soltanto alcuni giorni fa, la famiglia dei Lo Russo,

operante nei quartieri di Piscinola e Miano alla periferia nord di Napoli, non solo faceva affari

nell’abusivismo edilizio, ma, come se non bastasse, imponeva a chi intendesse realizzare una

costruzione abusiva, il pagamento di una tangente in denaro e l'obbligo di rivolgersi a imprese

edili “amiche” della cosca.

ABUSIVISMO EDILIZIO MAFIOSO AL NORD. DUE ESEMPI ECLATANTI: VENETO E

LOMBARDIA

Le infiltrazioni mafiose abusiviste nella regione in cui domina la Lega sono forti e risalgono

addirittura già al 1998, quando a Caorle venne arrestato Costantino Sarno, sospetto boss della

camorra che aveva dato vita a una cellula camorristica attiva tra il Veneto e il Friuli-Venezia

Giulia. La commissione parlamentare antimafia all’epoca parlò di “illegalità nell’assunzione di

manodopera e alcuni attentati a danno di cantieri o agenzie immobiliari ricollegabili

all’aggiudicazione di lavori edili”. Nello stesso anno nel Bellunese “alcuni pregiudicati pugliesi

affiliati alla Sacra corona unita, al fine di assicurarsi il controllo su ditte facenti capo a cittadini

pugliesi, imponevano l’assunzione di operai che percepivano stipendi senza, di fatto, lavorare e

che erano incaricati di riscuotere il provento delle estorsioni”. Ma il Veneto è stata anche la terra di

affari per il potente clan (già citato) dei Lo Piccolo: fu la stessa Procura di Palermo a scoprire che

il famigerato clan aveva deciso di investire 8 milioni per accaparrarsi un’area immobiliare che

doveva sorgere a pochi passi dal centro storico di Chioggia. Coincidenza casuale: dopo 30 anni il

Comune aveva deciso di sbloccare il piano regolatore.

E per quanto riguarda quest’anno? Ecco cosa si legge nella relazione 2009 della Direzione

nazionale antimafia (Dna): si mantiene alto lo “stato d’allerta in funzione di possibili

inquinamenti da parte di organizzazioni facenti capo a Cosa Nostra, ‘ndrangheta e camorra,

vuoi del tessuto finanziario attraverso immissione nello stesso di capitali di illecita provenienza,

vuoi di quello economico imprenditoriale attraverso l’inserimento di ditte direttamente od

indirettamente collegate a quelle organizzazioni nelle grandi opere in corso di svolgimento in

quel territorio”. Mentre nel rapporto della Direzione investigativa antimafia (Dia) del primo

semestre 2010 si afferma che “le condizioni di benessere presenti nella provincia trevigiana

costituiscono un polo di attrattiva per le compagni criminali, che investono in attività commerciali

o proprietà immobiliari i proventi illeciti”. Insomma, forte abusivismo, forte presenza mafiosa.

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Anche in Lombardia, d’altronde, le mafie hanno attecchito ed anche qui gli affari, oltre che con lo

smercio dei rifiuti tossici, si fanno con l’edilizia. Ne è un esempio il comprovato interesse delle

criminalità malavitose per l’Expo. Ma l’abusivismo edilizio legato alle organizzazioni mafiose non

è solo Expo: il 25 febbraio 2010, ad esempio, è partita un’inchiesta che ha dimostrato che la giunta

del sindaco Loris Cereda (sindaco di Buccinasco, paese a Sud di Milano) tra il 2008 e il 2009 ha

affidato appalti per circa 40.000 euro a un'impresa edile legata alla cosca Barbaro-Papalia.

Altri 15.000 euro di denaro pubblico sono finiti, invece, a un'impresa di catering legata alla società

di Alfredo Iorio, coinvolto anche in un'altra inchiesta che tocca la ‘ndrangheta. Ma la zona

lombarda e soprattutto milanese, stando a quanto rivelato da MilanoMafia, fa registrare la presenza

di altri esponenti illustri. Tutti legati all’edilizia. Sempre a Sud di Milano abbiamo la presenza

della cosca Muià-Facchineri; a Nord, invece, lavorano i fratelli Mandalari, Nunzio e Vincenzo, i

quali “specializzati in edilizia, hanno il loro quartier generale nella zona di Bollate”. A Monza,

invece, ritroviamo i Moscato, “costruttori con legami di parentale con il boss di Melito Porto

Salvo, Natale Iamonte”. E tra questi spicca il “taycoon dell’edilizia, coinvolto, ma poi prosciolto,

in un indagine di 'ndrangheta di metà anni Novanta”, Nicola Moscato.

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CASO RUBY/ Le reazioni del popolo leghista:

“Bossi ci hai tradito”Venerdì 21 Gennaio 2011

“Bossi ci hai tradito” sono le parole di Loredana. E forse non è un caso che sia proprio

una donna a squarciare il velo di omertà di una Lega non più padrona nemmeno del

proprio destino. Bossi - il traditore del popolo padano - ha capito che questi scandali

fanno male innanzitutto al suo partito, ne intaccano la credibilità, fiaccano un

elettorato che non ne può più di essere spettatore pagante del teatrino berlusconiano.

Basta fare un giro sui blog e sui siti della Lega per capire che in

Padania tira una brutta aria. Il partito che si ostina nel

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dichiarare assoluta fedeltà al Premier sta perdendo il contatto con il suo elettorato, con quel popolo

padano pronto a tutto – o quasi – in nome del federalismo e della Padania Libera.

Voci fortissime si levano contro Berlusconi e, soprattutto, contro chi ne avalla la linea.

“La Lega che votavo proponeva la castrazione chimica per certe cose”; “Io ho le figlie minorenni

e provo vergogna”; “con Berlusconi rischiamo di giocarci la faccia”; “Berlusconi si dimetta

subito”; “Berlusconi sta rovinando anche la Lega”…

Il popolo leghista non ha più voglia di barattare il federalismo con “certe porcherie” e si scaglia

contro il Premier, chiedendone la testa. La cosiddetta Padania Libera (da cosa, poi, è difficile

capirlo) vive l’ennesimo scandalo con disgusto e disprezzo, ma il dato che più salta all’occhio – e

che Bossi ha capito per tempo – riguarda le conseguenze politiche di questa “ribellione

celtica”…

“Bossi ci hai tradito” è il succo del va’ pensiero leghista degli ultimi giorni. “Bossi ci hai tradito”

perché – come ricorda anche un serafico Grillo – volevamo la secessione e ci propini questo

federalismo risicato, bisognava combattere le mafie e invece ce le ritroviamo in casa, a

braccetto con gli alleati che ci siamo scelti: Dell’Utri, Schifani, Cosentino, Berlusconi….

“Da cattolico mi sento indignato per l’immoralità dei comportamenti del Premier. Non vi è più la

convenienza per la Lega Nord a proseguire nel sostegno a Berlusconi, che da Giugno 2010

sostanzialmente non governa (e per fortuna che c’erano i nostri ministri, altrimenti….)”

La parola chiave è “convenienza”, anche perché – come aggiunge Giorgio – “non si può barattare

un federalismo monco e pasticciato con il discredito internazionale e con i valori della dignità

umana.”

Bossi non è così stupido come sembra. Il primo a pagare per il caso Ruby sarà proprio lui, come

certifica un sondaggio di Padania.org in cui viene superato - quanto a preferenze come leghista

dell’anno - persino da quella Trota del figlio. Tremonti, capoclassifica, è pronto a fare le scarpe a

entrambi, oltre che a Mr. B.

E infatti da più parti si invoca l’attuale Ministro dell’Economia come salvatore della Patria, Padania

compresa; Mauro si spinge oltre e chiede “Maroni premier e Tremonti al Quirinale”, tutto pur di

togliersi il vecchio Pedofilo dalle scatole. Impresa ardua, quest’ultima, perché “indegnamente

Berlusconi non si dimette, dimostrando di aver assimilato dai suoi compari siciliani anche la

vigliaccheria”.

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Decisamente duro il commento di Marco, ma in linea con una rabbia condivisa dalla stragrande

maggioranza dei leghisti, che “ne ha le tasche piene di Berlusconi, con il quale rischiamo di

giocarci la faccia e perderla davanti alle nostre figlie e ai nostri figli”.

Il tema si fa delicato, la domanda delle cento pistole è: “Se fosse stato un clandestino a fare bunga

bunga con una minorenne, cosa sarebbe accaduto?” A parte il linciaggio fisico, si capisce.

L’elettorato cattolico della Lega non è per niente incline a queste tristi vicende e sapere che i leader

del partito tacciono provoca un certo turbamento. Sentire i vertici dichiarare “è solo gossip,

avanti col federalismo” è come risvegliarsi di colpo e trovare la moglie a letto con il peggiore

dei nemici.

“Basta far finta di niente per avere in cambio il federalismo. Quale esempio diamo ai figli e alle

figlie soprattutto. Non eravamo diversi da Roma? Smentitemi se dico che ci stiamo comportando

esattamente come loro. Se la Padania deve nascere su escort, ruffiani ed inciuci non ci sto.”

Graziano va giù duro, mettendo in discussione le fondamenta stesse della Lega, ma è l’amarezza

di Alex a segnare probabilmente una svolta nei rapporti, fin’ora solidissimi, tra l’elettorato

padano e il partito: “Igieniste nel listino, Trote nel Consiglio Regionale, cavolo non dovevamo fare

la rivoluzione? Brutta cosa abituarsi al potere. Brutta cosa rendersi conto di aver buttato via 20

anni di sogni e ideali. W il professor miglio, lì si è arrestata la rivoluzione…”

Perché chi ha gridato contro “Roma Ladrona”, chi sognava la secessione, un Nord libero da mafie e

clientelismi, una politica diversa, lottava proprio per quell’ideale rivoluzionario che la Lega ha

cavalcato abilmente e con notevole cinismo.

Fino al risveglio, fino alla pericolosa questione che pone Giancarlo: “Ma la lega è ancora nel

popolo o è già cotta e imbrigliata da lacci e lacciuoli invisibili ai suoi elettori?”

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FEDERALISMO SCOLASTICO/ Docenti, via

le graduatorie nazionali, arrivano gli albi

regionaliMercoledì 12 Gennaio 2011

Divenuta legge la Riforma Gelmini, ecco una serie di decreti per il reclutamento dei

docenti. Il Ministro ha sul tavolo diverse proposte, tra cui una in particolare che con

grande probabilità potrebbe essere approvata, anche perché – pare – ha già l’appoggio

di buona parte dell’opposizione ed anche di alcuni sindacati. La proposta in questione

prevede albi regionali e non più le graduatorie su scala nazionale.

“In pratica, secondo quanto si è potuto appurare – ci rivela una

professoressa di un Liceo perugino – ogni docente dovrà scegliere

una regione che sarà suo domicilio professionale. E da lì non potrà

più muoversi per un minimo di cinque anni”. E mettiamo ci siano

questioni serie familiari per le quali è necessario per un docente

trasferirsi in un’altra regione? “Questo, per il momento, non è dato

sapere. Mettiamola così: penso che nella norma non ci si possa più muovere. Ma voglio sperare

che in caso di emergenze sia possibile. Voglio credere che non siamo arrivati ancora a questo

punto”.

Ma come mai una misura di questo genere (incomprensibile nei fini)? Presto detto. Dietro la

proposta ritroviamo la longa manus della Lega Nord. Sebbene ci si ammanti di “meritocrazia” e si

insista sulla necessità di evitare “certificazioni facili”, il vero obiettivo è quello della

“territorializzazione”. Come sempre accade quando di mezzo c’è la Lega Nord, anche questa

norma mira al mantenimento di un’integrità (razziale?) evitando le migrazioni da una regione

all’altra. Dal Sud al Nord. E perché mai? Perché al Sud – dicono - su alcuni titoli c’è la “manica

larga”, come affermato da Marco Pittoni, senatore leghista che ha dato il nome al ddl.

Ma c’è da sorprendersi? Assolutamente no. Luglio 2008. Umberto Bossi ad un congresso della Lega

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Nord a Padova: “Dopo il federalismo bisogna passare anche alla riforma della scuola. Non

possiamo più lasciare martoriare i nostri figli da gente che non viene dal Nord. Il problema della

scuola è molto sentito perché tocca tutte le famiglie”. Dunque, è nel profondo del cuore leghista

l’esigenza di staccarsi anche scolasticamente dal Sud. Perché arretrato? Non solo. Almeno stando

alla dichiarazione (esilarante) rilasciata in quei giorni da Paola Goisis, capogruppo della Lega Nord

in Commissione Cultura a Montecitorio: “gli insegnanti meridionali quando vengono al Nord per

insegnare, diventano più severi, soprattutto con gli studenti settentrionali. Al Sud questo non è

possibile perché - ha detto testualmente la deputata del Carroccio - sono minacciati e temono la

mafia e la ‘ndrangheta, mentre al Nord non esistono rischi di questo tipo”. No comment.

La misura, dunque, se dovesse essere approvata, renderebbe molto più problematico uno

spostamento dei docenti da una regione all’altra e da Sud a Nord. Proprio come vuole la Lega Nord:

niente professori dal Sud.

Niente professori, ma chiaramente i soldi sì. Ci mancherebbe. Infatti, mentre già agli inizi di

giugno le proteste - tra studenti, precari, ricercatori e docenti - cominciavano a montare per via

dell’allora ddl Gelmini; mentre a causa di spaventosi tagli,

organici e materiali, le classi crescevano fino a contenere 35

alunni e gli insegnanti diminuivano drasticamente; mentre

insomma la scuola italiana sprofondava in basso a causa di

misure che tutto fanno meno che garantire qualità; mentre

avveniva tutto questo ancora una volta la longa manus

padana ha saputo approfittarne.

Un piccolo decreto del Ministro Tremonti, infatti, il 9

giugno scorso ha decretato – nel silenzio generale degli

organi di stampa – una lista di enti beneficiari di piccoli (o grandi) finanziamenti. E indovinate

cosa troviamo in questo elenco? La Scuola Bosina di Varese. Meglio conosciuta come Libera

Scuola dei Popoli Padani. Ma cos’è? Un po’ di storia. Quest’associazione è stata fondata nel 1998

dalla signora Manuela Marrone, “maestra di scuola elementare di lunga esperienza”, si legge nel

sito, ma soprattutto moglie di Umberto Bossi. Nella cooperativa, che è a fondamento della scuola

stessa, non compare soltanto la dolce metà del senatur, ma anche Dario Galli, Presidente della

scuola, il quale, oltre ad occuparsi di “pedagogia padana” (?) è stato anche senatore della Lega.

Ebbene,la Scuola Bosina, come detto, è tra quegli edifici beneficiari di contributi: 800mila euro per

due anni, 2009 e 2010, rubricato alla voce “ampliamento e ristrutturazione”. “Il provvedimento

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della commissione bilancio – si legge in un articolo di Paolo Bracalini e Gian Marco Chiocci, tra i

pochi che affrontarono la questione - ha anche un nome più popolare, ‘legge mancia’, perché in

quel modo senatori e deputati assegnano contributi e fondi a enti o amministrazioni che hanno

particolarmente a cuore (per circa 200milioni di euro tra Senato e Camera), ovviamente anche a

fini elettorali”. Ma non è questo il caso della Scuola Bosina. Ecco cosa sul sito della Lega Nord:

“La Scuola Bosina si propone come obiettivo quello di coniugare l’insegnamento previsto dagli

organismi competenti con le esigenze del tessuto sociale locale, di formare futuri cittadini integrati

nella realtà storica, culturale, economica e industriale che li circonda, pronti a confrontarsi con

altri modelli sociali”. Come detto anche prima riguardo il ddl Pittoni, il fine è quello del

“territorialismo”. Una sorta di federalismo scolastico.

Dunque, mentre la scuola pubblica soffriva, i soldi sono stati destinati a istituzioni di questo genere.

E intanto Umberto Bossi può continuare ad affermare che: “la scuola deve alzare la propria qualità

abbassata dalle scuole del Sud”.

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Federalismo fiscale e Riforma Gelmini: B.

nella morsa della LegaMercoledì 26 Gennaio 2011

Mentre l’attenzione mediatica era tutta puntata sulle notti brave ad Arcore e sul

“lettone” di Silvio Berlusconi, i lavori parlamentari sono andati avanti. Anzi, i due

aspetti non possono essere intesi se non legati nel

profondo. E allora chiediamoci: come sta influendo la

vicenda-Ruby nella politica italiana? Quali sono stati i

suoi effetti?

Caso Ruby. In queste ultime due settimane la vicenda -

oramai arcinota checché ne dicano i Berluscones – ha

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monopolizzato le cronache politiche, nazionali e non. Giustamente, per carità, visti i retroscena e i

reati penali imputati agli indagati protagonisti dello scandalo (dalla concussione, alla

prostituzione minorile, fino al favoreggiamento della prostituzione). Ma, mentre l’attenzione

mediatica era tutta puntata sulle notti brave ad Arcore e sul “lettone” di Silvio Berlusconi, i lavori

parlamentari sono andati avanti. Anzi, i due aspetti non possono essere intesi se non legati nel

profondo. E allora chiediamoci: come sta influendo la vicenda-Ruby nella politica italiana?

Quali sono stati i suoi effetti? Ad uno sguardo superficiale sembrerebbe che la vita governativa

italiana, a parte le rituali critiche del momento alzate dall’opposizione, stia continuando come

sempre. Eppure non è così: il Governo potrebbe trovarsi in una situazione di profondità

instabilità. L’ago della bilancia? Come sempre – ed ora più che mai - la Lega Nord.

FEDERALISMO MUNICIPALE. IL TESTO DECISIVO PER LE SORTI DEL GOVERNO

Iniziamo dalla questione che più delle altre sta tenendo banco in queste ore in Parlamento. Il

federalismo fiscale. Il testo è pronto e sembrava che dovesse andare in porto con estrema facilità,

eppure proprio due giorni fa il parere contrario dell’Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani)

ha bloccato i lavori. Tutto rimandato al tre febbraio, come dichiarato da Enrico La Loggia,

Presidente della Commissione Parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale. In quel giorno

ci saranno le dichiarazioni di voto e il voto finale. Ma la questione resta profondamente

ingarbugliata, anche perché pare che, oltre alle opposizioni, anche il Terzo Polo ritenga che il testo

sia stato concepito in fretta e furia, tant’è che Futuro e Libertà già quattro giorni fa aveva chiesto

una proroga di sei mesidecreti attuativi proprio del Federalismo fiscale. per il varo dei

Tempo in più che, invece, non è contenuto nel testo. Proprio per questo Fli, Udc e Api hanno

assicurato che, se il testo dovesse rimanere così com’è stato concepito, non voterà “sì”. E la

questione preoccupa e non poco Silvio Berlusconi. Se, infatti, da una parte è pressato dalla

magistratura e dalla vicenda Ruby, dall’altra potrebbe cadere l’appoggio incondizionato della

Lega, appunto se il federalismo dovesse arenarsi. Scenario che non è affatto da escludere: è la terza

volta, infatti, che il Governo presenta un decreto sul fisco municipale. Quanto accaduto le prime

due volte, potrebbe ripetersi anche in quest’occasione. Sono infatti diversi i punti contestati

dall’Anci. Essenzialmente i rilievi riguardano soprattutto i tempi e i valori, tali da non consentire

una effettiva valutazione degli effetti che le nuove norme potranno provocare sui territori. Stessa

posizione delle opposizioni, dunque.

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E allora come giustificare questa “agire di fretta” dell’esecutivo? Come detto anche prima, è la

stessa sua fragilità che spinge innanzitutto la Lega a fare pressioni su Silvio Berlusconi affinchè si

giunga ad attuare quanto promesso all’elettorato padano. Se saltasse il federalismo la strada verso le

elezioni sarebbe spianata, non soltanto per un problema di coerenza della Lega, ma anche perché

non è credibile che il Carroccio sia disposto a pagare dazio senza colpo ferire. E così la palla

torna nuovamente all’opposizione: lascerà passare il provvedimento sebbene le evidenti lacune o

resisterà rendendo, in questo modo, la vita impossibile al Governo? In più e più occasioni,

d’altronde, Umberto Bossi ha mostrato di non digerire quanto sta venendo alla luce da

intercettazioni e testimonianze (“si riposi, ci pensiamo noi”); e nemmeno ha fatto mistero di non

disdegnare elezioni anticipate.

Proprio per questo pare che Umberto Bossi si cominci a guardare attorno e, se fino a poco tempo fa

riteneva che Fini “presidente della Camera è un problema” perchè “invidioso e rancoroso per le

nostre ripetute vittorie”, ora pare che non disdegni il dialogo – preventivo – con Futuro e Libertà;

e il partito di Fini, stando a quanto rivelato da “Il Fatto Quotidiano”, potrebbe rilanciare:

“votiamo subito il federalismo e un minuto dopo noi siamo pronti a far cadere Berlusconi e dare

il via alle manovre per un governo a guida Tremonti”. Il Pdl si è subito prevenuto ponendo per

oggi alle 16 il voto di fiducia su Sandro Bondi: la Lega sarà obbligata a votarla proprio perché

colta in contrattempo. Ma, comunque vada con il Ministro della Cultura, la questione rimane

rovente. La partita politica, in pratica, potrebbe giocarsi definitivamente proprio sul federalismo.

LA GELMINI E I SETTE MEMBRI DELL’ANVUR. SI CONTINUA CON UNA LINEA

LEGHISTA?

Un’altra notizia che è passata assolutamente in silenzio e che, tuttavia, rivela come il Governo sia

fortemente condizionato dalla Lega Nord, riguarda – ancora una volta – la Riforma Gelmini.

Alcuni giorni fa “Infiltrato.it” aveva analizzato un ddl sul quale sta lavorando il Ministro, un ddl

talmente discriminatorio che avevamo ribattezzato “federalismo scolastico” (non più albi nazionali,

ma solo regionali, con l’impossibilità in pratica, per i docenti, di spostarsi da regione a regione). Ma

non è finita qui. Proprio in questi giorni sono arrivate, direttamente dal Consiglio dei Ministri, le

nomine dei membri dell’Anvur, l’organo che dovrà valutare il sistema universitario e la ricerca.

Chi mai sarà stato nominato? Sette professori universitari: una sociologa (Luisa Ribolzi), un

genetista (Novelli), un fisico (Stefano Fantoni), un veterinario (Massimo Castagnaro), un

ingegnere (Sergio Benedetto) e due economisti (Fiorella Kostoris e Andrea Bonaccorsi). Due

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particolarità.

La prima salta agli occhi: nessun umanista o letterato. Nessun professore di facoltà umanistiche le

quali, in questo modo, saranno tagliate fuori. La seconda, invece, è ancora più clamorosa: tutti

questi professori appartengono a Università del Nord o del Centro. In pratica nell’Anvur non ci

sarà nessun professore di Atenei meridionali, nessun rappresentante delle facoltà collocate a Sud

di Roma. Né la questione dev’essere ritenuta secondaria nel quadro della Riforma. L’Anvur, infatti,

giudica gli atenei non per gusto di giudizio. Il ruolo di quest’agenzia è fondamentale: dalle

valutazioni, infatti, discendono i finanziamenti che premiano i risultati migliori. Il rischio, a

questo punto, è tangibile: si potrebbe profilare una situazione per la quale gli atenei del Nord

risultino profondamente più avvantaggiati sugli altri. La domanda, a questo punto, è ovvia: chi ha

nominato i sette membri? E soprattutto: quali sono stati i criteri di selezione? Verrebbe da pensare

esclusivamente a “criteri territoriali”.

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LEGA NORD/ Storie e retroscena di un

partito che ha svenduto l’anima al diavoloMercoledì 09 Febbraio 2011

Bossi è diventato un traditore, Maroni il salvatore di una

patria – quella padana – che sta colando a picco sotto le

nefandezze berlusconiane. Pur di ottenere l’agognato

federalismo, scendono a patto con mafiosi, lestofanti e

faccendieri loschi. Nonostante la base del partito sia in

rivolta, i vertici stringono accordi e vendono l’anima al

diavolo. Vediamo come, analizzando storie e retroscena di

chi una volta “ce l’aveva duro” e ora se la fa con “il vecchio flaccido”.

La Lega Nord. A detta di molti è il partito oggi che più di ogni altro influenza l’agenda politica

italiana. Proprio due sere fa con una cena ad Arcore – l’ennesima – Bossi e Berlusconi hanno

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tracciato la nuova “road map” dell’esecutivo: federalismo in cambio di una nuova (vecchia) legge

ad personam per il premier. Stiamo parlando del processo breve, rispolverato per l’occasione, visti

gli impegni giudiziari che attenderanno da qui a poco il Presidente del Consiglio .

Ma l’ago della bilancia è, appunto, il federalismo: se la maggioranza non riuscirà – nel suo quarto

tentativo dopo i tre falliti in questa legislatura – ad approvare tale misura, l’appoggio a Berlusconi

cadrà e molto probabilmente l’unica strada praticabile allora sarà quella delle elezioni anticipate. La

Lega, dunque, è il partito che può decidere, nel bene e nel male, le sorti di questo Governo.

Ma cos’è la Lega Nord? Quali i suoi obiettivi reali? Chi i suoi protagonisti? Quali i nuovi scenari?

Cerchiamo di darci alcune risposte che, probabilmente, ci permetteranno di giudicare meglio e con

maggiore obiettività l’operato di questi politici e gli obiettivi reali che molti di loro si prefissano.

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LEGA NORD/ “Padania libera” è lo slogan.

Ma è a Roma ladrona che svernano Bossi &

Co…Mercoledì 09 Febbraio 2011

La secessione, la Padania libera, le balle spaziali che la Lega propina ai suoi elettori

cozzano contro un dato di fatto: il partito sverna in quella stessa

Roma ladrona vista come il fumo negli occhi dalle camicie verdi.

Tutto ebbe inizio da quella volta che Bossi, in riva al Po’, accecato

dal Sole delle Alpi, pronunziò le famose ultime parole….

“Il Movimento politico denominato ‘Lega Nord per l’Indipendenza della

Padania’, costituito da Associazioni Politiche, ha per finalità il

conseguimento dell’indipendenza della Padania attraverso metodi democratici e il suo

riconoscimento internazionale quale Repubblica Federale indipendente e sovrana”. Questo si

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legge nell’articolo 1 dello “Statuto della Lega Nord per l’indipendenza della Padania”. Non c’è,

dunque, bisogno di altre parole per comprendere adeguatamente quale sia il fine, l’obiettivo ultimo

della Lega Nord: l’indipendenza dall’Italia. Come definire, allora, un partito del genere?

Secessionista. Punto.

Basti ricordare un piccolo particolare: fu proprio Umberto Bossi ad annunciare il15 settembre

1996 di voler perseguire il progetto della secessione delle regioni dell’Italia settentrionale

(“indipendenza della Padania”): organizzò una manifestazione lungo il fiume Po arrivando a

Venezia e qui, dopo aver ammainato la bandiera tricolore italiana, fece issare quella col Sole delle

Alpi verde in campo bianco, e proclamò provocatoriamente l’indipendenza della Repubblica

Federale della Padania leggendo una dichiarazione che affermava “Noi Popoli della Padania,

solennemente proclamiamo: la Padania è una Repubblica federale, indipendente e sovrana”.

Fu sempre, poi, Bossi a venir condannato per il reato di vilipendio alla bandiera italiana per averla

in più occasioni offesa usando, nella prima occasione la frase “Quando vedo il tricolore mi incazzo.

Il tricolore lo uso per pulirmi il culo“, nel secondo caso, rivolto ad una signora che esponeva il

tricolore, “Il tricolore lo metta al cesso, signora“, nonché di aver chiosato “Ho ordinato un camion

di carta igienica tricolore personalmente, visto che è un magistrato che dice che non posso avere la

carta igienica tricolore“.

D’altronde sappiamo bene che senatùr & co. non hanno mai professato amore per Roma e per il Sud

tutto. Soltanto qualche mese fa Bossi, parlando a Lazzate della possibilità di spostare il Gran

Premio della Formula Uno da Monza a Roma, affermò: “I romani se lo possono dimenticare,

Monza non si tocca e a Roma possono correre con le bighe”. Ma non è finita qui. Il Senatur - ci

mancherebbe - si spinse oltre: ”Basta con Senatus Populusque Romanus, ‘il Senato e il popolo

romano’, io dico ’sono porci questi romani’“. Il tutto condito dagli applausi degli infervorati

leghisti presenti.

Non c’è mai stato amore per Roma, dunque. Oggi sentiamo Bossi affermare “Sono porci questi

romani”. Ma quante volte, ancora, abbiamo sentito ripetere come una litania lo slogan che fa breccia

nei cuori leghisti: “Roma ladrona”. Indimenticabile (purtroppo), a tal proposito, fu un’intervista del

19 settembre 2003 durante la quale il senatùr svelò che “la capitale è Milano, il governo dovrebbe

stare al Nord, a Milano, e il Parlamento fra Venezia e Torino” e questo perché Roma capitale non è

altro che “la continuazione di uno degli errori principali fatti dai Savoia e da Garibaldi”.

In un altro comizio (6 Aprile 2009 a Verbania) Bossi non accantonò l’idea di passare alle maniere

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forti: “Queste elezioni potrebbero finire con la necessità di imbracciare i fucili e di andare a

prendere queste carogne, la canaglia centralista romana […] canaglia romana!! Canaglia

romana centralista, attenta! La Padania, i lombardi, decine di milioni di lombardi, di veneti, sono

pronti a battersi per la loro libertà contro la merda che voi rappresentate!!!”. Interessante anche il

commento di Maroni: “Qualcosa da dire sui fucili? E allora porteremo i cannoni”.

Ma non è finita qui. Come dimenticare le indicibili prese di posizione contro l’inno di Mameli.

L’ultima iniziativa a tal proposito è stata avanzata qualche mese fa dal sindaco di Treviso Gian

Paolo Gobbo: “Da adesso in poi le cerimonie si faranno senza inni”. Ma, come molti ricorderanno,

non è nemmeno la prima volta che questo accade. Potremmo ricordare il caso di Curno, in

provincia di Bergamo, dove la Lega Nord tentò di bloccare una mozione che chiedeva di affiggere

nelle scuole d’Italia l’inno suddetto con la seguente motivazione: “L’Italia non esiste, è solo sulla

carta”. Ancora più celebre l’episodio dell’inaugurazione di una scuola di Vedelago, per la quale

si suonò, alla presenza di Zaia con la mano sul petto, il Va’ pensiero al posto dell’Inno. Ma di

episodi alquanto grotteschi ce ne sono a centinaia: esami in dialetto per vigili, documenti ufficiali

redatti in dialetto, il “federalismo meteorologico” proposto dallo stesso Zaia.

E poi le scuole, a iniziare dal celebre caso di Adro. O come la Scuola Bosina di Varese che ha

ricevuto dal governo centrale (quella stessa Roma Ladrona di cui parlano i leghisti) 800mila euro

per due anni. Meglio conosciuta come Libera Scuola dei Popoli Padani, quest’associazione è stata

fondata nel 1998 dalla signora Manuela Marrone, “maestra di scuola elementare di lunga

esperienza”, si legge nel sito, ma soprattutto moglie di Umberto Bossi. Nella cooperativa, che è a

fondamento della scuola stessa, non compare soltanto la dolce metà del senatur, ma anche Dario

Galli, Presidente della scuola, il quale, oltre ad occuparsi di “pedagogia padana” (?) è stato anche

senatore della Lega. Insomma, si disdegna la gente meridionale, ma non i loro soldi, non i

finanziamenti che vengono da “Roma Ladrona”, destinati a imprese, banche, scuole.

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LEGA NORD/ Meridionali, stranieri e

omosessuali: fuori dai coglioni! Siam leghisti,

siam razzistiMercoledì 09 Febbraio 2011

"La civiltà gay ha trasformato la Padania in un ricettacolo di culattoni… Qua rischiamo

di diventare un popolo di ricchioni." “E noi vogliamo far decidere il futuro nostro, del

Paese e dei nostri figli a chi fino a cinque anni fa era nella giungla a parlare con Tarzan e

Cita?” "Terroni di merda!". Calderoli, Borghezio e simili raccontano, a furor di popolo,

ciò che il leghista medio vorrebbe sentirsi dire...

Infatti molte dichiarazioni e provocazioni di esponenti (molto

spesso di punta) della Lega rivelano tratti xenofobi ed anche

omofobi. Basti ricordare alcuni episodi emblematici. Ad iniziare, ad

esempio, da Roberto Calderoli, Ministro della Repubblica

Italiana. Anni fa il Ministro leghista – il 14 settembre 2007 –

partecipò allo sciopero della pasta e propose di mangiare solo

maiale per indispettire i musulmani che praticavano il ramadan e

inoltre di mettere a disposizione lui stesso e il suo maiale per una

passeggiata a Bologna nel territorio destinato alla costruzione di una

moschea proprio come aveva fatto a Lodi, e, a tal proposito,

ricordò: “Il terreno dopo la passeggiatta del mio maiale fu

considerato infetto e pertanto non più utilizzabile per la moschea!”.

Ma non è finita qui: lanciò anche la proposta di un vero e proprio “Maiale Day” con tanto di

mostre e ”concorsi e mostre per i maiali da passeggiata più belli”, per evitare la costruzione di

moschee. Ma d’altronde il suo odio (perché di odio si tratta) verso il “diverso” si manifestò già un

anno prima: il 18 settembre 2006, durante un comizio, chiese ad una platea esalatata: “E noi

vogliamo far decidere il futuro nostro, del Paese e dei nostri figli a chi fino a cinque anni fa era

nella giungla a parlare con Tarzan e Cita?”

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Ma Calderoli si è distinto anche per le esternazioni contro i gay: “La civiltà gay ha trasformato la

Padania in un ricettacolo di culattoni… Qua rischiamo di diventare un popolo di ricchioni”. Ed

ancora, quando incombeva la “minaccia” dei Di.Co.: “Se non si fosse ancora capito essere

culattoni è un peccato capitale e chi vota una legge a favore dei Di.Co. finirà nelle fiamme del

più profondo dell´Inferno”.

Cambiamo politico, ma il registro non cambia. Mario Borghezio non solo con parole, ma anche

con azioni ha dimostrato il suo essere razzista: l’europarlamentare, infatti, è un pregiudicato,

essendo stato condannato in via definitiva per incendio aggravato da “finalità di

discriminazione”, per aver dato fuoco ai pagliericci di alcuni immigrati che dormivano sotto un

ponte di Torino, a 2 mesi e 20 giorni di reclusione commutati in 3.040 euro di multa. Ma anche con

dichiarazioni ha palesato la sua indole da ventennio: “Pensate se i nostri nonni avrebbero

raccontato che noi ci facciamo togliere i canti natalizi da una banda di cornuti islamici di merda,

detto con il massimo rispetto per gli imam, con tutte queste palandrane del cazzo, che circolano

liberamente, che organizzano terrorismo e attività sovversive che nessuno controllava in questo

paese di Pulcinella, con prefetti che guadagnavano dieci milioni al mese e non facevano un

meritato cazzo”.

E ancora. “Gli enti locali non continuino a finanziare una manifestazione alla quale in

maggioranza partecipano atleti africani o comunque extracomunitari in mutande”. Questo si

domandò Pietro Giovannoni, leghista e presidente del Consiglio comunale di Vigonza, in merito

alla maratona che si organizza ogni anno a Padova: a che serve fare una maratona – si chiese – se

poi tutti gli anni la vincono extracomunitari e in particolar modo Africani?

Negli ultimi anni, infatti, il predominio del “continente nero” nella competizione non è stata digerito

di buon grado dal Carroccio. L’ultima manifestazione (25 aprile 2010), ad esempio, ha visto salire

sul podio più alto, tra gli uomini, Gilbert Chepkwoni, mentre tra le donne si è imposta Rael

Kiyara. Entrambi keniani. Ed allora ecco l’assurda proposta del leghista: niente più

finanziamenti se poi a vincere sono “africani o comunque extracomunitari in mutande”.

E’ evidente: la proposta è alquanto assurda. Ma, anche qui, nulla di cui sorprendersi. Pietro

Giovannoni, uno degli uomini di punta della Lega Nord veneta, non è nuovo a queste dichiarazioni

e provocazioni. Tempo fa, ad esempio, dichiarò che “I gay sono culattoni”; in occasione della

discussione della mozione contro l’omofobia, invece, parlò – ancora una volta – di “culattoni e

lesbiche“. Giustificandosi poi per l’uso del termine ingiurioso con il fatto che “in Veneto si dice

così“.

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È indubbio, allora, che la Lega abbia avuto un ruolo determinante nel rendere l’Italia un Paese

razzista. Checché se ne dica, infatti, oggi noi viviamo in un Paese dai tratti fortemente razzisti. E

non siamo noi a dirlo. Un vasto rapporto (2009) dell’Agenzia dei Diritti Fondamentali dell’UE

dimostra che il razzismo e la discriminazione sono il pane quotidiano dei Paesi membri dell’Unione

Europea, ma le vittime molto spesso nemmeno sporgono denuncia, per paura o perché non credono

di poter essere aiutate dalle autorità. Lo studio, realizzato nei 27 paesi della UE, si basa su 23500

interviste a persone appartenenti a minoranze etniche e ad immigrati. E indovinate chi troviamo in

testa a questa speciale classifica? Proprio la nostra bella e cara Italia: ben il 94% degli intervistati

dice di essere stato vittima di discriminazioni.

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LEGA NORD/ Il populismo padano

“leghistizza” anche il SudMercoledì 09 Febbraio 2011

Stanno nascendo, infatti, centinaia e centinaia di sedi della Lega Nord anche al Sud: nel

Lazio, nelle Marche, in Umbria e addirittura in Sardegna,

Puglia, Abruzzo, Campania, Molise, fino in Calabria.

Addirittura in Molise e Basilicata hanno rispolverato il

manifesto con la gallina dalle uova d’oro e una donna

grassa (che rappresenterebbe Roma ladrona) che si ruba

le uova, con l’aggiunta di uno “Sveglia lucano!” e “Sveglia

molisano!”.

Una domanda, però, a questo punto diventa inevitabile: cos’è la

Padania? A cosa corrisponde? Sembrerebbe scontata la risposta,

ma probabilmente non lo è per gli stessi leghisti. Stanno

nascendo, infatti, centinaia e centinaia di sedi della Lega Nord anche al Sud: nel Lazio, nelle

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Marche, in Umbria e addirittura in Sardegna, Puglia, Abruzzo, Campania, Molise, fino in

Calabria. E alcuni dati possono farci capire ancora di più l’assurdità di quanto sta succedendo: la

Lega Nord Sardegna (anzi, “Sardinia” come la chiamano loro) ha 3mila iscritti, due assessori (a

Tortolì, provincia dell’Ogliastra) e quattro consiglieri comunali, e alle ultime provinciali ha

preso l’1,4 per cento; in Abruzzo il partito di Bossi si attesta al 3 per cento; in Umbria e Marche

al 5 -6 per cento.

Addirittura in Molise e Basilicata hanno rispolverato il manifesto con la gallina dalle uova d’oro e

una donna grassa (che rappresenterebbe Roma ladrona) che si ruba le uova, con l’aggiunta di uno

“Sveglia lucano!” e “Sveglia molisano!”.

E poi c’è la Campania. Anche qui la Lega Nord acquista sempre più adepti. Il coordinatore del

movimento campano è Gianluca Buonanno che, nell’intenzione di voler promuovere incontri

elettorali in alcuni paesi della provincia di Napoli come Casal di Principe e Castellammare di

Stabia, ha avanzato anche un proposta: “Chiederò a Saviano di venire da noi“. Chissà cosa pensa

di questa proposta Roberto Castelli che soltanto pochi giorni fa ha affermato che “Saviano è

accecato e reso sordo dal suo inopinato successo e dai soldi che gli sono arrivati in giovane età”.

Ma le contraddizioni non sono finite qui. Tutt’altro. “Il movimento non è affatto contro il

Meridione”, va ripetendo in litania Giovanni Fava, coordinatore del Carroccio per tutto il

CentroSud. Ma sarà vero? Ecco un breve reportage degli attestati di affetto dei rappresentanti

leghisti nei confronti dei meridionali.

Per quanto riguarda Napoli, ad esempio, ci pensa Mario Borghezio che avanza una proposta molto

eloquente: “Vogliono mettere il becco persino nei rifiuti di Napoli. E’ pur vero che una soluzione ci

sarebbe: basterebbe regalare la Campania e il Sud alla Corona di Spagna, erano già il Regno

delle Due Sicilie, se la tengano pure!”. E, ancora, abbiamo Gentilini: “Io voglio la rivoluzione

contro chi dice che devo mangiarmi la spazzatura di Napoli. Io la prendo e la macino e poi se la

devono mangiare loro”; e come non citare gli osceni cori di Matteo Salvini che, a Pontida,

intonava slogan da stadio come “Senti che puzza, scappano i cani, stanno arrivando i meridionali,

brutti terroni terremotati che con il sapone non si sono mai lavati”.

E poi ci sono tutte quelle proposte che sono state avanzate da leghisti che mal sopportano la

presenza del meridionale. Potremmo parlare dell’assurda vicenda di Lampedusa: il vicesindaco

Angela Maraventano (ora senatrice), lampedusana doc, ma leghista convinta, si fece promotrice

della secessione dalla provincia di Agrigento e l’annessione di Lampedusa alla provincia di

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Bergamo. Insomma, terroni no. Ma, molto (troppo) spesso fessi sì.

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LEGA NORD/ “I giudici li educhiamo noi”.

Ecco la Scuola di Magistratura PadanaMercoledì 09 Febbraio 2011

I magistrati oggi si fanno “i cazzi loro e noi i cazzi nostri”, mentre un tempo “avevamo un

certo feeling”, per questo adesso “i giudici li educhiamo noi”. Questo diceva Umberto

Bossi qualche in piena estate a Calalzo. Qualcuno, probabilmente, ha pensato che fosse

un’altra delle tante provocazioni leghiste. E invece no, tutto vero. E’ nata a Bergamo la

prima Scuola Superiore di Magistratura padana.

E ne sono previste ben tre, pronte a sfornare magistrati

padani per gente padana, per i distretti di Lombardia,

Trentino Alto Adige, Valle d’Aosta, Friuli Venezia

Giulia, Veneto, Piemonte, Liguria ed Emilia Romagna.

Insomma, in attesa del federalismo tanto auspicato, si

comincia con una sorta di federalismo giudiziario. Ed è

molto curiosa anche l’affermazione di Calderoli che, si

suppone, avrebbe dovuto rasserenare gli animi: “non si

tratta di una scuola leghista, bensì di una scuola padana per avere magistrati padani in

Padania”. Ecco, cosa cambia? Chi parlerebbe di una scuola solo ed esclusivamente padana per

magistrati solo ed esclusivamente padani in Padania? Certamente un leghista. E dunque?

(foto tratta da Eco Di Bergamo)

Ma c’è di più. Per quanto assurda sia questa proposta, sarebbe per lo meno concepibile se fosse

stato un partito immune da “guai giudiziari” ad avanzarla. Con quale diritto un prescritto, un

indagato o addirittura un condannato potrebbe parlare dell’istituzione di una “Scuola Nazionale di

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Magistratura” padana? Ed è proprio qui che viene il bello: la Lega Nord di certo non è immune

da condannati, indagati e prescritti.

Di Umberto Bossi abbiamo già parlato, ma ricordiamo quanto detto. Il senatùr è stato condannato

in via definitiva a 8 mesi di reclusione per 200 milioni di finanziamento illecito dalla

maxitangente Enimont; è stato in seguito condannato per il reato di vilipendio alla bandiera

italiana per averla pubblicamente offesa in più occasioni. Il 26 luglio 1997 affermò: “Quando vedo

il tricolore mi incazzo. Il tricolore lo uso per pulirmi il culo“; il 14 settembre dello stesso anno,

invece, ad una signora che aveva esposto il tricolore alla finestra disse: “Il tricolore lo metta al

cesso, signora”, e ancora: “Ho ordinato un camion di carta igienica tricolore personalmente, visto

che è un magistrato che dice che non posso avere la carta igienica tricolore“. Per la prima

affermazione, Bossi è stato condannato ad un anno e quattro mesi di reclusione, con la sospensione

condizionale della pena. Per il secondo evento la Cassazione ha rigettato il ricorso di immunità

presentato da Bossi, in quanto europarlamentare, confermando la condanna a pagare 3000 euro di

multa.

Ma abbiamo anche altri esponenti di spicco che ritroviamo tra le file dei pregiudicati: Roberto

Maroni, attuale Ministro degli Interni, condannato definitivamente a 4 mesi e 20 giorni per

resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale durante la perquisizione della polizia nella sede di via

Bellerio a Milano; e Mario Borghezio, che è stato condannato nel 1993 a pagare una multa di

750.000 lire per violenza privata su un minore in relazione ad un episodio risalente al 1991,

quando aveva trattenuto per un braccio un venditore ambulante marocchino di 12 anni per

consegnarlo ai carabinieri; e ancora condannato nel 2000 per incendio aggravato da “finalità di

discriminazione” a 2 mesi e 20 giorni di reclusione commutati in 3.040 euro di multa, per aver

dato fuoco ai pagliericci di alcuni immigrati che dormivano sotto un ponte di Torino.

E poi abbiamo Matteo Bragantini, che nel 2004 è stato condannato in primo grado a 6 mesi di

carcere e tre anni di interdizione dall’attività politica. L’accusa è istigazione all’odio razziale e

propaganda di idee razziste. Nei documenti giudiziari si legge che Bragantini e altri sei

coimputati, tra cui l’attuale sindaco di Verona Flavio Tosi, hanno “diffuso idee fondate sulla

superiorità e sull’odio razziale ed etnico e incitato i pubblici amministratori competenti a

commettere atti di discriminazione per motivi razziali ed etnici”. L’11 luglio 2009 la Cassazione ha

condannato in via definitiva Tosi, Bragantini e gli altri a due mesi di reclusione, con

sospensione della pena, e a 4 mila euro di multa e alla sospensione per tre anni dai pubblici

comizi. Logicamente questo è fatto di vanto: Bragantini è stato ricandidato ed eletto alla Camera,

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Tosi rimane sindaco di Verona.

Ancora abbiamo Matteo Brigandì. Era assessore regionale in Piemonte quando fu arrestato per

truffa aggravata ai danni della Regione Piemonte: avrebbe “regalato” all’amico imprenditore

Agostino Tocci circa sei miliardi di lire, a titolo di “rimborso” per inesistenti danni subiti dalle

alluvioni tra il 1994 e il 2000. Anche lui premiato per la sua condotta: Onorevole.

Onorevole è anche Roberto Castelli, indagato per abuso d’ufficio per alcune facili consulenze

concesse quand’era Ministro della Giustizia. Il voto del Senato, tuttavia, l’ha salvato regalandogli

l’immunità dai suoi reati ministeriali. Ma non è sfuggito alla Corte dei Conti, che l’ha condannato a

rimborsare un danno erariale di circa 99 mila euro. E ancora Roberto Calderoli, indagato per

ricettazione nell’inchiesta sulla Bpl di Fiorani. Lo stesso Fiorani dichiarò di averlo corrotto per

ricevere l’appoggio politico della Lega. Secondo l’accusa Calderoli e l’allora sottosegretario Aldo

Brancher (ve lo ricordate? Il Ministro più breve della storia Italiana) si sarebbero spartiti 200 mila

euro.

Senza dimenticare, ancora, Giancarlo Gentilini, l’ex sindaco di Treviso, omofobo (“darò

immediatamente disposizioni alla mia comandante affinché faccia pulizia etnica dei culattoni […]

Qui a Treviso non c’è nessuna possibilità per culattoni o simili”) e xenofobo (“Bisogna sparare sui

gommoni e sulle carrette del mare […] i gommoni vanno distrutti, perché, a un certo punto,

bisogna puntare ad altezza d’uomo”), indagato per istigazione all’odio razziale, e poi condannato

a non poter sostenere pubblici comizi per 3 anni e al pagamento di 4.000 euro di multa. Ancora si

potrebbe parlare di Alessandro Costa, una sorta di Dottor Jekyll e mister Hyde: assessore alla

Sicurezza di Vicenza di giorno; mentre di notte gestore di un vero e proprio giro di prostitute

attraverso gli annunci pubblicati su internet. Senza dimenticare, infine, i ben 36 leghisti rinviati a

giudizio per l’inchiesta sull’operato delle cosiddette “camicie verdi”, che fa riferimento al

periodo tra il ’96 e il ’97. Secondo l’accusa la Guardia Nazionale Padana sarebbe stata allestita

con l’obiettivo anche di organizzare attraverso un’organizzazione armata la resistenza e

pianificare l’eventuale secessione.

Insomma, mentre Bossi dice che è necessaria una Scuola di Magistratura padana perché i magistrati

si fanno “i cazzi loro e noi i cazzi nostri”, la realtà pare essere esattamente l’opposto: si vuole a tutti

i costi questa scuola proprio perché i magistrati si fanno troppo “i cazzi loro”. Sembrerebbe più

plausibile, no? E allora, caro senatùr, se si vuole fare i “cazzi suoi”, per lo meno non dica cazzate.

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LEGA NORD/ Nella padana Pavia forti

contestazioni alla dirigenza leghistaSabato 19 Marzo 2011

Elio Veltri segnala un fatto inatteso e, forse, controproducente per la propaganda

leghista: Fausto Bazzani, vice-capogruppo della Lega, subisce una forte contestazione

da parte di un folto gruppo di persone. Qualcosa si sta muovendo, gli elettori padani

sono sempre più stanchi di un partito che sta diventando peggio di quella Roma

ladrona, contestata un giorno si e l'altro pure. Il bluff è stato scoperto...

Segnalo un fatto imprevisto e imprevedibile accaduto ieri a Pavia

e passato nel silenzio dei giornali e televisioni locali. Ma devo

dire che ha colto di sorpresa anche me che un pò conosco la città.

Alle 15 del pomeriggio nell’aula magna del Collegio Ghislieri, il

più prestigioso insieme al Borromeo, l’amministrazione

comunale, sindaco il giovane Alessandro Cattaneo, Forza Italia, è

stato convocato il consiglio comunale aperto per celebrere i 150

anni, con una lezione di storia del prof. Guderzo, che conosce il Risorgimento come pochi.

Primo fatto inaspettato: c’erano oltre 400 persone con un mix di tutti gli strati sociali. Era una forte

presenza di popolo che a Pavia non si era vista più vista dagli anni 70, quando su alcune questioni

come l’approvazione del PRG il consiglio aperto veniva convocato al teatro Fraschini;

Secondo fatto, ancora più inaspettato, e questa è la notizia, il capogruppo della Lega è stato

contestato come mai era accaduto in città. La contestazione è stata corale e prolungata. Nella città

dei Cairoli, 4 figli di Adelaide, madre del Risorgimento, come l’hanno definita Mazzini e Garibaldi,

morti per la patria( Ernesto- morto a seguito dei Cacciatori della Alpi; Luigi morto a Cosenza a

seguito dei Mille; Enrico e Giovanni morti a villa Glori), le parole di Fausto Bazzani, vice

capogruppo della Lega( assessori e capogruppo si erano rifiutati di partecipare) sono sembrate

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insopportabili.

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