LE ST AGIO NI · 2017. 1. 14. · Tomaso Albinoni (1671 - 1751) Concerto in re minore per oboe e...

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ITALIA-GERMANIA 2015 2016 LE ST AGIO NI CONSERVATORIO TEATRO VITTORIA +SPAZIOQUATTRO

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  • ITALIA-GERMANIA

    2015 • 2016

    LE STAGIONICONSERVATORIOTEATRO VITTORIA+SPAZIOQUATTRO

  • SABATO

    28NOVEMBRE

    DOMENICA

    29NOVEMBRE

    MARTEDÌ

    1DICEMBRE

    ITALIA-GERMANIAGli Archi dell’OrchestraFilarmonica di Torino

    Sergio Lambertomaestro concertatore

    Paolo Graziaoboe

    Noi schieriamo Albinoni e Vivaldi;i tedeschi fanno scendere in campoBach e Händel.Vinceremo anche stavolta?

    Cecchi PointORE 10-13PROVE APERTE

    Teatro VittoriaORE 17PROVA GENERALE

    Conservatorio G. VerdiORE 21

  • Tomaso Albinoni (1671 - 1751)Concerto in re minore per oboe e archi op. 9 n. 2

    Allegro e non prestoAdagioAllegro

    Sinfonia in sol minore per archi e basso continuoAllegroLarghetto e sempre pianoAllegro

    Johann Sebastian Bach (1685 - 1750)Concerto in la maggiore per oboe d’amore e archi BWV 1055

    AllegroLarghettoAllegro ma non tanto

    Georg Friedrich Händel (1685 - 1759)Concerto n. 3 in sol minore per oboe e archi HWV 287

    GraveAllegroLargo moderato e cantabileAllegro

    Antonio Vivaldi (1678 - 1741)Concerto in sol minore per archi e basso continuoRV 157 “di Parigi”

    AllegroLargoAllegro

    Concerto in do maggiore per oboe, archi e basso continuo RV 447Allegro non moltoLarghettoMinuetto

    Walter Mammarella clavicembalo

    In un discorso tenuto a Francoforte nel 1991, il compositore tedesco Karlheinz Stockhausen ha portato l’attenzione sul legame fra la bellezza e ciò che si presenta ai nostri occhi come “straniero”. Ad affascinarci e ad attrarci, diceva Stockhausen, è soprattutto ciò che non conosciamo, e a esserci estraneo è soprattutto quel che viene da fuori: lo straniero. Le nostre prime reazioni sono di sorpresa e di meraviglia. In seguito, però, assimiliamo la novità, la elaboriamo, la facciamo nostra fino al punto in cui lo straniero ci diventa familiare e il

    sentimento di sorpresa si trasforma in piacere per la bellezza.Oggi, proseguiva Stockhausen, è molto difficile dire “da dove” possa arrivare qualcosa di realmente straniero. Le tecnologie ci mettono a disposizione gli archivi di tutte le musiche del pianeta, di tutti i generi, di tutte le provenienze e tutte le epoche. Straniero, allora, è ciò che può venire a noi dal cosmo, da “altri pianeti”. Non è in fondo quello che già aveva sentito Arnold Schönberg quando, componendo il suo Quartetto n. 2 op. 10, aveva introdotto una voce di soprano e usato le parole del poeta Stefan George: «respiro l’aria di altri pianeti»? E non è sempre l’arte alla ricerca di altri pianeti, di una bellezza nuova? L’altra possibilità, secondo Stockhausen, è che lo straniero provenga da ciò che normalmente escludiamo dalla nostra attenzione, per esempio dal microcosmo del rumore, ora indagato, campionato e reso manipolabile dalle nuove tecnologie del suono. In passato, quando la conoscenza che si aveva del mondo era ristretta in limiti geografici ben più ristretti, lo “straniero” musicale abitava molto vicino e bastava poco, in fondo, per lasciarsi sorprendere da qualcosa di estraneo. All’epoca di Bach e di Händel per un tedesco della Germania centrale erano straniere e quasi sconosciute l’Italia, la Francia, l’Inghilterra, ed è uno dei successi maggiori dell’Illuminismo aver contribuito a costruire una coscienza europea anche grazie alla maggiore delle tecniche allora disponibili: la stampa.Chi non aveva mai viaggiato oltre i confini del mondo tedesco, come Bach, poteva scoprire tramite le edizioni a stampa musica proveniente dall’Italia, o dalla Francia, e accogliere quegli stranieri nella sua opera trascrivendoli, copiandoli, oppure rielaborandone la lezione fino a farla propria e a restituirla non solo ai tedeschi, ma all’Europa intera, come una nuova forma di bellezza. Chi invece, come Händel, aveva lasciato la Germania e, prima di approdare in Inghilterra, aveva seguito la rotta del Grand Tour, poteva incontrare direttamente i suoi stranieri in qualità di viaggiatore, dunque conoscere la musica di Vivaldi e di Albinoni non dai libri, ma dall’ascolto e dall’esperienza viva di un ambiente.Il programma mostra in effetti la circolazione non solo di una forma, quella italiana del “concerto”, che nell’arco di pochi decenni ha contagiato, all’inizio del Settecento, tutto il linguaggio della musica strumentale europea. Oltre a questo dato, che si riscontra facilmente nei brani di Bach e di Händel, si assiste anche alla distribuzione europea di uno strumento allora nuovo, l’oboe, la cui agilità e la cui leggerezza erano diventati sinonimi del divertimento sonoro. Lo strumento ad ancia doppia aveva un’origine antica, ma solo da pochissimo i costruttori francesi gli avevano dato la forma e l’ampiezza di possibilità che l’oboe avrebbe mantenuto fino a metà Ottocento, e una letteratura capace di definirne il carattere espressivo, a cominciare dall’opera di Jacques Hotteterre. Traducendo il nome dal francese, hautbois, l’Italia lo aveva modificato, mentre i compositori veneziani lo avevano inserito in un contesto musicale. Nel Concerto in re minore op. 9 n. 2, Albinoni colloca il timbro insieme brillante e velato dell’oboe in dialogo con l’orchestra, senza trascurare di assegnarli un ruolo cantabile e tendente all’intimismo nel movimento centrale, Adagio. Vivaldi aveva puntato di più sulla brillantezza e sull’agilità, affidandogli arpeggi, trilli e scale virtuosistiche nel Concerto in do maggiore RV 447. Dall’Italia poi la Germania ha ripreso sia il nome

  • dello strumento mutandone solo l’accento, Obòe, sia la sintassi sonora ed emotiva. Bach, che usava in prevalenza un oboe d’amore, cioè uno strumento leggermente più grave e con un suono meno penetrante, adotta però nel Concerto in la maggiore BWV 1055 lo stesso genere di fraseggio e lo stesso rapporto fra melodia e agilità che era stato tipico degli autori veneziani, fra i quali bisogna annoverare anche il nome di Benedetto Marcello. Händel, che ha scritto il Concerto n. 3 in sol minore HWV 287 giusto due anni prima di partire per l’Italia, è forse meno legato agli esempi veneziani per quanto riguarda la tecnica dell’oboe, non altrettanto precisamente caratterizzata, ma è comunque sensibile al linguaggio italiano del concerto, lo stesso che si ritrova anche nella Sinfonia in sol minore di Albinoni, nonostante l’adozione di un titolo, “Sinfonia”, che tuttavia allora indicava l’uso costante del “tutti” orchestrale ma non si riferiva a una forma precisa. Il Concerto di Vivaldi nella stessa tonalità è più tardo, ma soprattutto è il tipico caso di un “effetto di ritorno” negli scambi degli stranieri musicali. Nel 1726, infatti, Vivaldi ricevette dall’ambasciatore francese presso la Serenissima la richiesta di scrivere un’opera, La Senna festeggiante, e in quell’occasione concepì anche una serie di sei brani che assorbivano caratteri musicali francesi, e in alcuni casi presentavano anche interi movimenti “alla francese” e sono detti, proprio per questo, Concerti di Parigi.

    Stefano Catucci

    Primo premio al 4th International Oboe Competition of Tokyo, secondo premio al 42th Internationaler Musikwettbewerb di Monaco di Baviera con il Quintetto Bibiena con il quale ha conseguito nel 2003 il premio “Abbiati” della critica, Paolo Grazia, attraverso prestigiosi riconoscimenti, ha contribuito a valorizzare la forte tradizione musicale degli strumenti a fiato italiani.Diplomatosi con il massimo dei voti e la lode presso il Conservatorio “G. B. Martini” di Bologna nel 1985, si è successivamente perfezionato con Ingo Goritzky presso la Hochschule fur musik di Stoccarda e, successivamente, ha seguito i corsi di Hansjorg Schellenberger presso l’Accademia Chigiana di Siena. E’ vincitore di numerosi premi nazionali ed internazionali e significativi sono stati anche i successi nell’ambito della musica da camera in competizioni quali Ancona, Martigny, Palmi, Atkinson’s di Milano.Ha al suo attivo numerose tournée come solista, in quintetto e con importanti formazioni cameristiche in Europa, Canada, Stati Uniti, Sud America. Dal 2001 è regolarmente invitato in Giappone a tenere concerti e masterclass nelle Università e al Hamamatsu Wind Festival.Primo oboe dell’Orchestra Giovanile Italiana dal 1984 al 1986, diviene docente preparatore nel 1988; nello stesso anno vince il concorso come primo oboe solista presso l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e, l’anno successivo, lo stesso concorso presso l’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna, ruolo che tuttora ricopre.E’ stato diretto in veste di solista da prestigiosi direttori quali Kakhidze, Inbal e Gatti. Il Teatro Comunale di Bologna lo ha visto protagonista nell’esecuzione del Divertimento per oboe e orchestra scritto e diretto

    da quest’ultimo. Molte anche le collaborazioni come primo oboe con Orchestra Filarmonica della Scala, Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Royal Philarmonic Orchestra, City of Birminghan Simphony Orchestra, Chamber Orchestra of Europe, con quest’ultima anche in veste di solista. Numerose le collaborazioni con prestigiose compagini italiane quali Solisti Veneti, Orchestra da camera di Mantova, Solisti di Pavia.Attualmente docente presso la Scuola di Musica di Fiesole, tiene regolarmente masterclass in Italia ed in Europa. Ha effettuato registrazioni per Rai, RaiSatShow, Bayerischer Rundfunk, Radio di Baden Baden. Per la casa discografica Agorà ha inciso il Concerto in do maggiore K 314 di Mozart e un cd di Fantasie su opere di Donizetti. Per Tactus ha inciso con l’Ensemble Respighi l’integrale dei Concerti per oboe di Vivaldi e tre concerti inediti di F. Margola.Paolo Grazia suona un oboe Yamaha modello Yob 831 GR.

    Frutto del lavoro appassionato e costante di Sergio Lamberto, primo violino dell’Oft e animatore indiscusso della formazione, gli Archi dell’Orchestra Filarmonica di Torino hanno ormai raggiunto una meritata autonomia, pur senza venir meno al loro ruolo di cuore pulsante dell’intera orchestra. I solisti con i quali hanno collaborato, il pubblico e la critica riconoscono nelle loro esecuzioni la fondamentale attenzione al dettaglio, ma anche l’allegria e la partecipazione emotiva che caratterizza ogni concerto, segno tangibile del piacere che ogni membro del gruppo prova nel fare musica.

    Sergio Lamberto è stato primo violino solista dell’Orchestra Haydn di Trento e Bolzano, dell’Orchestra da Camera di Torino, dell’Orchestra Sinfonica Abruzzese e dal 1991 ricopre lo stesso ruolo nell’Orchestra Filarmonica di Torino. È il violinista del Trio di Torino con cui ha vinto il primo premio di musica da camera al Concorso Internazionale “Viotti” di Vercelli nel 1990, il secondo premio all’International Chamber Music Competition di Osaka e al Concorso Internazionale di Trapani. È primo violino concertatore de Gli Archi dell’Orchestra Filarmonica di Torino, formazione con la quale ha tenuto concerti nelle più prestigiose sedi concertistiche italiane, collaborando con solisti di fama internazionale. Dal 1982 è docente di violino presso il Conservatorio di Torino. Ricopre il ruolo di preparatore dei primi violini presso l’Orchestra Giovanile Italiana a Fiesole e dal settembre 2013, su invito di Enrico Dindo, collabora con I Solisti di Pavia nel ruolo di primo violino.

    PROSSIMO CONCERTO

    martedì 12 gennaio 2016Torino, Conservatorio “G. Verdi” - ore 21

    I Fiati dell’Orchestra Filarmonica di TorinoGiampaolo Pretto maestro concertatore e flauto solista

    Musiche di Jacob, Gounod, Gouvry, Français

  • mood-design.itStampa: Agit Mariogros Industrie Grafiche S.r.l.

    www.oft.it

    L’INIZIATIVA SI SVOLGE IN SEDI PRIVE DI BARRIEREARCHITETTONICHE

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