Le sfide del presente richiedono nuovi approcci

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Sapere è potere, ma è la qualità del sapere a fare la differenza

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Di che cosa parliamo, quando par-liamo di centro commerciale? Ciriferiamo a un organismo comples-so, caratterizzato da un peculiareciclo di vita, con una specifica fisiologia e patologia, cheinteragisce con un dato territorio e tessuto socio-economico,in un contesto competitivo in evoluzione. Abbiamo rilevatoche, in ambito retail, a determinare il reale valore di uncespite (dal singolo punto di vendita alla struttura organiz-zata) è la capacità degli operatori di generare fatturato,dunque reddito, per la proprietà in forma di canoni. Nediscende che popolazione residente e potere d’acquisto rap-presentano due fattori chiave ai fini di qualunque analisiintenda individuare le potenzialità di qualsivoglia insedia-mento e gli effettivi livelli di performance raggiungibili:direttamente proporzionali alla ricchezza del bacino d’uten-za e inversamente proporzionali all’intensità concorrenzia-le. Disporre di strumenti analitici evoluti è una leva strate-gica per il successo di un progetto e per il suo buon anda-mento: si tratta di capire, a monte, se vi siano le condizioniper promuoverlo, definendone tipologia, dimensionamento eposizionamento ottimali, un corretto mix merceologico ecanoni d’affitto commisurati al fatturato atteso; e di moni-torare i complessi già attivi, tracciando la provenienza dellaclientela e del fatturato, definendo il reale bacino di utenzain rapporto a quello teorico, la quota di mercato e il poten-ziale residuo e così via. Dovremmo essere nel campo dell’ovvio: eppure continuano averificarsi clamorosi errori in termini d’interpretazionedella location nell’accezione lata e d’impostazione struttu-rale e gestionale. L’insufficiente utilizzo di strumenti affilati gioca un ruolodeterminante. Sappiamo che l’area d’attrazione di un centroè definibile sulla scorta di un limite di accessibilità massimoin rapporto al tempo di percorrenza richiesto per raggiun-gerlo da un certo punto di partenza e che la popolazione iviresidente viene suddivisa per isocrone di varia ampiezza. Manon basta sapere che nei 30 minuti risiedono (poniamo)100.000 abitanti: è basilare verificare quale sia la loroeffettiva distribuzione, quali le caratteristiche socio-demo-grafiche e di potenziale di spesa. Né è possibile considerarele singole realtà isolatamente prese: l’insieme dei centrisituati in un contesto territoriale circoscritto costituisceinfatti un sistema d’offerta interconnesso, sicché i centriconcorrenti possono influenzare diversamente il comporta-mento dei consumatori residenti nelle varie porzioni in cui si

può dividere l’area di attrazione.Escludendo la malafede, ci pareche la vischiosa persistenza diapprocci all’insegna del presappo-

chismo e della spannometria (malattie infantili dell’indu-stria degli shopping centre, con diffusione trasversale) siariconducibile a limiti “culturali”: non si spiegherebbe altri-menti come primari player possano presentare iniziative disviluppo e opportunità d’investimento corredate da analisi dibacino basate su isocrone che ricordano i confini dell’Africapostcoloniale. E stiamo parlando di asset del valore di deci-ne di milioni di euro. In una prospettiva qualitativa, la situa-zione peggiora ulteriormente. Sono ben pochi i centri com-merciali che conoscono davvero i loro utenti (effettivi epotenziali) e le loro abitudini in materia di shopping (sem-pre più sofisticate e mutevoli): ma è proprio la comprensio-ne delle dinamiche di frequentazione e d’acquisto a influen-zare i livelli di performance, consentendo l’ottimizzazionedel retail asset management. Al riguardo, le indagini campionarie sono un’imprescindibi-le miniera di informazioni sia rispetto a clienti del centrocommerciale, sia ai “non clienti” residenti nell’area d’attra-zione: permettono di conoscere meglio “chi è il clientetipo”, selezionando e incrociando le informazioni socio-eco-nomiche rilevanti, i dati sulla provenienza, le motivazioniper cui frequenta il centro; individuando in quali punti ven-dita acquista abitualmente; recependone il giudizio sullastruttura e le sue diverse componenti (ancore, negozi specia-lizzati, parcheggio, servizi ecc.); evidenziando “cosa” e“come” vorrebbe cambiasse per aumentare il proprio gradodi soddisfazione.E permettono di conoscere le ragioni dei “non clienti”: per-ché non frequentano il centro, in quali altri vanno e perché.Ricerche mirate possono estendere l’angolo visuale a svaria-ti ambiti, anche attraverso approcci non convenzionali.Poiché “sapere è potere”, strategie e piani d’azione pog-gianti su maggiori e migliori informazioni non possono chemassimizzarne efficacia ed efficienza. C’è chi sostiene che il nostro mondo è cambiato e pochi sene sono accorti. Sottoscriviamo, aggiungendo che oggioccorre impegnarsi di più per ottenere quello che ieri si otte-neva con meno fatica. Ce ne siamo accorti anche in SincronInova che ha da sempre nel dna il desiderio di contribuire inmodo fattivo al cambiamento.

* Chairman di Sincron Inova

L’INTERVENTO di Mario Taccini*

Sapere è potere, ma è la qualità del sapere a fare la differenza

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