Le risposte dello Stato alle “catastrofi” - una storia ... · - una storia lunga come il...

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Dipartimento di Fisica e Scienze della Terra Università di Ferrara ETICA E RESPONSABILITA’PROFESSIONALE Un caso storico: STAVA 19 LUGLIO 1985 Monica Ghirotti Università di Ferrara Le risposte dello Stato alle “catastrofi” - una storia lunga come il dissesto idrogeologico -

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ETICA E RESPONSABILITA’PROFESSIONALEUn caso storico: STAVA 19 LUGLIO 1985

Monica GhirottiUniversità di Ferrara

Le risposte dello Stato alle “catastrofi”- una storia lunga come il dissesto idrogeologico -

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ETICA E RESPONSABILITA’PROFESSIONALEUn caso storico: STAVA 19 LUGLIO 1985

La prevedibilità dell’evento catastrofico dal punto di vista scientifico e l'esito del processo

Dorsal root ganglion from a chicken embryo [R. Levi Montalcini, Science, 1964]

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ETICA E RESPONSABILITA’PROFESSIONALEUn caso storico: STAVA 19 LUGLIO 1985

La normativa è inadeguata o insufficiente?

L'evoluzione della normativa nazionale sui vari aspetti del Governo del Territorio è stata fortemente condizionata dagli eventi calamitosi che si sono succeduti nel dopoguerra, senza un quadro organico ed un opportuno coordinamento.

1. Le risposte dello Stato alle “catastrofi”

Generare Leggi sul Governo del Territorio

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ETICA E RESPONSABILITA’PROFESSIONALEUn caso storico: STAVA 19 LUGLIO 1985

2. Le risposte dello Stato alle “catastrofi”

L’accertamento delle responsabilità ovvero

di chi è la colpa?

La prevedibilità dell’evento catastrofico dal punto di vista scientifico

e l'esito del processo

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(da Salvati et al., 2010)

I numeri delle frane

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Frana del Vajont, 9 ottobre 1963

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E. Semenza, 2010

Frana del Vajont, 9 ottobre 1963

La stima più attendibile è, a tutt'oggi, di 1910 vittime.Sono stati commessi tre fondamentali errori umani che hanno portato alla strage:

l'aver costruito la diga in una valle non idonea sotto il profilo

geologico

l'aver innalzato la quota del lago artificiale oltre i margini di

sicurezza

il non aver dato l'allarme la sera del 9 ottobre per attivare

l'evacuazione

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Il processo venne celebrato nelle sue tre fasi dal 25 novembre 1968 al 25 marzo 1971

In primo grado gli imputati furono accusati di disastro colposo di frana e disastro colposo d'inondazione, aggravati dalla previsione dell'evento e omicidi colposo plurimi aggravati.

La prevedibilità della frana non viene riconosciuta.

Il terzo grado si concluse con il riconoscimento di responsabilità penale per la previdibilità di inondazione e di frana e per gli omicidi colposi plurimi. 

Furono condannati solo Biadene e Sensidoni.

Frana del Vajont, 9 ottobre 1963

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Nelle Scienze, il nesso di causalità è un principio fondamentaleLa Giurisprudenza italiana per lungo tempo, almeno fino alla sentenza di Stava, ha fatto a meno delle leggi scientifiche, attenendosi ad un approccio fondato sulla mera “intuizione” del giudice.

«Se nessuno è in grado di spiegare perché la frana si sia verificata, ciò nondimeno non si può minimamente dubitare che la

frana sia dovuta all’opera dell’uomo ».Dalla sentenza sul disastro del Vaiont (Trib. L’Aquila, 17 dicembre 1969):

Frana del Vajont, 9 ottobre 1963

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La frana di Agrigento: 1966

8.500 vani costruiti in pochi anni in contrasto con tutte le norme esistenti

Nel 1958 si verificarono i primi fenomeni franosi, nel luglio 1966 franò l'estremità occidentale della città. I movimenti franosi proseguirono per quattro settimane, i senzatetto furono cinquemila.

Gran parte della stampa tenta di accreditare la versione dell'«evento naturale imprevedibile»

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La frana di Agrigento: 1966

Commissione di inchiesta parlamentare:“gli uomini, in Agrigento, hanno errato fortemente e pervicacemente, sotto il profilo della condotta amministrativa e delle prestazioni tecniche, nella veste di responsabili della cosa pubblica e come privati operatori”

Il processo:ventisette persone finiscono sul banco degli imputati chiamati a rispondere del reato di frana colposa: saranno tutti assolti.

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La frana di Agrigento portò alla formulazione della cosiddetta "Legge Ponte" (L.765/1967) che introdusse i piani regolatori

Ad accelerare l'approvazione della legge concorsero i disastri del novembre 1966: le tragiche alluvioni di Firenze e Venezia, le frane e le alluvioni nel Veneto.

Anno di moratoria della Legge Ponte. In un anno l’Italia è inondata di licenze edilizie: 8.500.000 di vani residenziali, quasi il triplo della media annuale del decennio precedente.

La frana di Agrigento: 1966

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La catastrofe di Stava: 19 luglio 1985

Colata di fango di 230 M m3 velocità fino a 90 km/ora 268 vittime: 28 bambini con meno di 10 anni, 31 ragazzi fra i 10 e i 18 anni, 89 uomini e 120 donne.

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Il nesso di causalità e le frane.Il processo di Stava segna una svolta importante nella storia della giurisprudenza italiana.

Solo con la sentenza sul disastro di Stava (Cass. Sez. IV, 6 dicembre 1990), sotto l’impulso di un grande studioso, Federico Stella, la Corte di Cassazione ha operato una svolta irreversibile a favore del procedimento da seguire per l'utilizzazione delle leggi scientifiche al fine di spiegare il perché un determinato evento possa aver luogo: in essa si precisa che ogni teoria “deve ricevere conferma mediante il ricorso a metodi di prova razionali e controllabili”.

La “intuizione” del giudice quindi non basta più a valutare l’operato dell’uomo in relazione a fatti naturali, ma deve essere avvalorata, finalmente, da prove scientifiche che stabiliscano le cause e gli effetti che hanno prodotto il disastro o che non ne abbiano impedito il verificarsi.

La catastrofe di Stava: 19 luglio 1985

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Il ventennale lavoro della Commissione De Marchi ha portato alla Legge di Difesa del Suolo 183/1989

La delimitazione dei Bacini avviene non su base amministrativa, ma con

criteri geomorfologici e ambientali

Individua nel bacino idrografico l’unità più idonea per realizzare azioni organiche di tutela del territorio e salvaguardia ambientale

Definisce una nuova struttura istituzionale di coordinamento: Autorità di bacino

Definisce i piani di bacino (PAI)

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Sarno, Siano e Bracigliano (SA) e Quindici (AV): 5-6 maggio 1998

140 movimenti franosi originarono circa 40 tra colate e valanghe detritiche complessivamente vennero mobilizzati oltre due milioni di metri cubi di materiale che distrussero 178 abitazioni, ne danneggiarono oltre 450 e causarono 159 vittime.

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Tra il 1956 e il 1998 l’urbanizzato è aumentato di circa il 500%, mentre il rischio da frana è aumentato del 900%.Le nuove costruzioni hanno occupato anche le aree ad elevata pericolosità ubicate in prossimità dello sbocco dei valloni, che nel solo Ottocento erano state interessate da più di quindici eventi analoghi

La frana di Quindici: 5 maggio 1998, 11 vittime

Reato di frana colposa e di concorso in omicidio colposo plurimo per aver omesso di effettuare attività di programmazione, monitoraggio e studio del territorio per evitare o contenere gli eventi franosi, violando così la legge e cagionando la frana.

La Cassazione nel 2011 assolve tutti i sei imputati perché il fatto non sussiste.

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La frana di Sarno: 5 maggio 1998, 137 vittime

Nel 2013 la Corte di Cassazione ha confermato la condanna dell'allora sindaco: cinque anni di reclusione e l'interdizione perpetua dai pubblici uffici per plurimo omicidio colposo. E' stata infatti riconosciuta la negligenza nel non avere ordinato con tempestività l'evacuazione della cittadina, a fronte di una sottovalutazione dei rischi della frana.Il sindaco aveva fornito alla popolazione notizie imprudentemente rassicuranti sull'emergenza in corso, mediante due appelli televisivi, con cui si invitava la popolazione a restare nelle proprie abitazioni.

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Le frane di Sarno hanno portato alla Legge 267/1998, che ha permesso la rapida mappatura delle aree a rischio idrogeologico su tutto il territorio nazionale con la perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico.

La Legge Sarno

La Legge stabilisce il divieto di ricostruzione e l’obbligo di rilocalizzazione o di stabilizzazione nelle aree classificate a rischio molto elevato

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Stato di attuazione dei PAI aggiornato al 2012 (ISPRA)

Il DL 180/98 prevedeva che tutte le Autorità di Bacino adottassero i Piani stralcio per l'Assetto Idrogeologico entro il 30 ottobre 2001

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D.Lgs. 284/2006 D.L. 208/2008L. 27 febbraio 2009 n.13

soppressione delle Autorità di Bacino

trasformazione in Distretti Idrografici

Direttiva 2000/60 del Parlamento EuropeoFinalità: istituire un quadro per la protezione delle acque superficiali, di transizione, costiere e sotterranee

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“nascono” i Distretti Idrografici: 2006

Bacino interregionale del Marecchia-ConcaBacino interregionale del RenoBacini regionali RomagnoliBacino nazionale del Fiume ArnoBacino regionale Toscana NordBacino regionale Toscana CostaBacino interregionale del Fiume FioraBacino regionale Ombrone GrossetanoBacino regionale delle MarcheBacino interregionale del Fiume MagraBacini regionali Liguri

Distretto Idrografico dell'Appennino Settentrionale

Le Autorità di Bacino proseguono il loro lavoro per garantire l'incolumità pubblica e la sicurezza territoriale

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Una revisione della normativa vigente sul Governo del Territorio è necessaria, non per introdurre nuovi vincoli o strumenti, ma per coordinare quelli esistenti in un quadro organico integrato, basato su un'analisi multi-rischio del territorio, condotta secondo rigorosi criteri scientifici.

L'assetto geologico dovrebbe rappresentare il criterio centrale per la valutazione dei rischi e per la pianificazione

La normativa è inadeguata o insufficiente?

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Nonostante i numerosi vincoli normativi si continua a costruire nelle aree a rischio, sulle frane e dentro gli alvei dei fiumi.

Ciò che si costruisce è spesso vulnerabile ad eventi geologici ed idrogeologici anche di modesta intensità.

Le nuove norme tecniche sulle costruzioni (NTC 2008) dovrebbero per il futuro evitare che le costruzioni recenti collassino per terremoti di media magnitudo.

Purtroppo le stesse norme contengono poco o nulla in termini di resilienza degli edifici ai processi idrogeologici, come l’inondazione o le frane.

La normativa è inadeguata o insufficiente?

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Macroscopica sproporzione di scala e una notevole distanza tra la percezione collettiva dell’evento -di enorme lesività e gravità- e la reazione penale -molto contenuta-

Le sanzioni sono costruite intorno alla responsabilità della persona fisica: “la responsabilità penale è personale”

Nei disastri innominati -macro-evento a carico di intere collettività- il sistema penale attua una frammentazione dell’offesa per ricondurne ogni frammento al contributo causale e alla colpevolezza di una persona fisica determinata.

Diretta conseguenza: la non rara impunità di fatti di enorme portata, creando instabilità nella percezione della giustizia

L’accertamento delle responsabilità ovvero di chi è la colpa?

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Regio Decreto n.193 del 18/4/1909, emanato da Vittorio Emanuele III dopo il terremoto di Messina del 1908. Esso stabiliva il “divieto di nuove costruzioni e ricostruzioni su terreni posti sopra e presso fratture, franosi o atti comunque a scoscendere, od a comunicare ai fabbricati vibrazioni e sollecitazioni tumultuarie per differente costituzione geologica o diversa resistenza delle singole parti di essi”.

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Grazie per l'attenzione

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Art. 426 cod. pen. Inondazione, frana valanga. Chiunque cagiona un'inondazione o una frana, ovvero la caduta di una valanga, è punito con la reclusione da cinque a dodici anni.

Art. 427 cod. pen. Danneggiamento seguito da inondazione, frana, valanga. Chiunque rompe, deteriora o rende in tutto o in parte inservibile chiuse, sbarramenti, argini, dighe o altre opere destinate alla difesa contro acque, valanghe o frane, ovvero alla raccolta o alla condotta delle acque, al solo scopo di danneggiamento, è punito, se dal fatto deriva il pericolo di un'inondazione o di una frana, ovvero della caduta di una valanga, con la reclusione da uno a cinque anni. Se il disastro si verifica, la pena è della reclusione da tre a dieci anni. Art. 434 cod. pen. Crollo di costruzioni o altri disastri dolosi. Chiunque, fuori dei casi preveduti dagli articoli precedenti, commette un fatto diretto a cagionare il crollo di una costruzione o di una parte di essa ovvero un altro disastro è punito, se dal fatto deriva pericolo per la pubblica incolumità, con la reclusione da uno a cinque anni. La pena è della reclusione da tre a dodici anni se il crollo o il disastro avviene.

I reati ambientali nel codice penale

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Una parte delle norme incriminatrici in materia ambientale è contenuta nel codice penale.

I reati ambientali contemplati dal codice penale hanno tuttavia, salvo poche eccezioni, la natura

di delitti, con tutte le implicazioni che ne discendono sul piano sanzionatorio e prescrizionale.

Rientrano nei Delitti contro l’incolumità pubblica e Delitti contro il sentimento degli animali.

Si tratta, pertanto, di norme che assecondano, in linea di massima, un’immagine dell’ambiente

inteso quale elemento strumentale alla salute umana, poiché ad essere tutelato, a ben vedere,

non è il bene ambientale in sé, quanto, piuttosto, l’incolumità della collettività.

I reati ambientali nel codice penale

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I reati ambientali nel codice penale: le radici delle responsabilità

L’altro disastro è di fatto il disastro innominato in cui far rientrare il “disastro tecnologico” e il “disastro ambientale”.Il codice penale è lacunoso sul disastro innominato, tanto che molti giuristi pensano che esso non possa essere utilizzato per contestare il cd. disastro ambientale, avendo il bene ambiente una consistenza “indeterminata, immateriale e diffusa, e forse, anche istituzionale (…), sì che un’oggettività così vaga esula da quella (…) che circoscrive la pubblica incolumità”

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Fenomeni naturali quali le frane sono oramai divenute sinonimo di catastrofe

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Cigna et alii, 2012.

3.0 mm/anno per la Cattedrale di San Gerlando2003-2007 spostamento totale 1,2 cm

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Alcuni alberi sono morti, ma altri hanno trasformato il proprio tronco in radici, radici esterne al suolo e su cui sono germogliati altri alberi. Sono la testimonianza di quanto la natura sappia essere resiliente, sappia adattarsi ai traumi e perpetuare sé stessa, ma senza cancellarli.

Il Bosco Vecchio, frana del Vajont

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• Nonostante i numerosi vincoli normativi si continua a costruire nelle aree a rischio, sulle frane e dentro gli alvei dei fiumi. Ciò che si costruisce è spesso vulnerabile ad eventi geologici ed idrogeologici anche di modesta intensità. L'assetto geologico dovrebbe, a maggior ragione, rappresentare il criterio centrale per la valutazione dei rischi e per la pianificazione di uno sviluppo del territorio sostenibile e in condizioni di sicurezza (Legambiente et al., 2013)

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Il procedimento penale della tragedia di Stava è durato 7 anni e si è concluso con la condanna per

disastro colposo e omicidio colposo plurimo di 10 tra tecnici delle società minerarie e dirigenti degli

uffici provinciali.

Nessun procedimento penale è stato mai avviato nei confronti delle grandi società responsabili della

costruzione dei bacini

La catastrofe di Stava: 19 luglio 1985