Le mazze ferrate della I Guerra Mondiale - armigeridelpiave.it · L’esercito italiano non ebbe...

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39 D urante la prima Guerra Mondiale tutti i principali eserciti, con l’esclu- sione di quello italiano, fecero uso di mazze ferrate quali armi d’as- salto per i corpo a corpo in trincea. Furono costruite innumerevoli varianti di tali armi sia dagli Austro- ungarici e Tedeschi che dagli Anglo-francesi. Tutti i principali musei europei ne espongono (citiamo per tutti l’Imperial War Museum di Londra; l’Heeresge- schichtliches Museum di Vienna; il Musée de l’Armée di Parigi). La mazza fer- rata non entrò invece mai in uso presso l’esercito italiano. Molto raramente ne furono costruite in trincea ed altrettanto raramente ne furono usate di preda bel- lica austriaca. L’inizio della guerra del 1914 aveva trovato gli eserciti impreparati ad af- frontare la realtà della guerra di posizione in trincea, con i suoi feroci corpo a corpo e lotte individuali. I più tempestivi a porre rimedio alla carenza di armi per il corpo a corpo furono i tedeschi, che rapidamente si dotarono di pugnali di vario tipo, anche di provenienza commerciale. Ma neppure sul fronte opposto si perse tempo, e si può dire che già entro il 1914 la maggioranza dei soldati fu dotata di coltello da combattimento. Le officine francesi erano abilissime nel trasformare i paletti in ferro per filo spinato in micidiali coltelli (non solo il noto “clou français”, ma anche altri di varie forme, ad una o due lame ed anche a roncola). Tra gli Inglesi erano molto diffusi i coltelli a noccoliera, di cui la ditta Robbins di Dudley divenne la più nota produttrice con numerosi modelli. Sui campi di battaglia i fanti scoprivano che le vanghette erano più utili come mannaie che per scavare fango in trincea. Le mazze ferrate della I Guerra Mondiale 1ª Parte RENATO FINADRI

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D urante la prima Guerra Mondiale tutti i principali eserciti, con l’esclu-sione di quello italiano, fecero uso di mazze ferrate quali armi d’as-salto per i corpo a corpo in trincea.

Furono costruite innumerevoli varianti di tali armi sia dagli Austro-ungarici e Tedeschi che dagli Anglo-francesi. Tutti i principali musei europei ne espongono (citiamo per tutti l’Imperial War Museum di Londra; l’Heeresge-schichtliches Museum di Vienna; il Musée de l’Armée di Parigi). La mazza fer-rata non entrò invece mai in uso presso l’esercito italiano. Molto raramente ne furono costruite in trincea ed altrettanto raramente ne furono usate di preda bel-lica austriaca.

L’inizio della guerra del 1914 aveva trovato gli eserciti impreparati ad af-frontare la realtà della guerra di posizione in trincea, con i suoi feroci corpo a corpo e lotte individuali.

I più tempestivi a porre rimedio alla carenza di armi per il corpo a corpo furono i tedeschi, che rapidamente si dotarono di pugnali di vario tipo, anche di provenienza commerciale. Ma neppure sul fronte opposto si perse tempo, e si può dire che già entro il 1914 la maggioranza dei soldati fu dotata di coltello da combattimento.

Le officine francesi erano abilissime nel trasformare i paletti in ferro per filo spinato in micidiali coltelli (non solo il noto “clou français”, ma anche altri di varie forme, ad una o due lame ed anche a roncola).

Tra gli Inglesi erano molto diffusi i coltelli a noccoliera, di cui la ditta Robbins di Dudley divenne la più nota produttrice con numerosi modelli.

Sui campi di battaglia i fanti scoprivano che le vanghette erano più utili come mannaie che per scavare fango in trincea.

Le mazze ferrate della I Guerra Mondiale

1ª Parte

RENATO FINADRI

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Cartolina di G. Mazzoni facente parte di una serie commissionata nel 1918 dal Comando della 3ª Armata

E’ in questo panorama di guerra di posizione e di assalti all’arma bianca, che si inserisce la riapparizione della mazza ferrata, riesumata dopo circa tre secoli dalla sua scomparsa dai campi di battaglia.

Sul fronte occidentale quest’arma fu in dotazione a tutte le forze contrap-

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poste; i modelli inglesi hanno spesso impressi la data di fabbricazione ed il tipi-co marchio (la piccola e larga freccia) che contrassegna l’equipaggiamento bri-tannico.

L’esercito italiano non ebbe mai in dotazione la mazza ferrata (abbiamo visto qualche rozzo esemplare costruito in trincea); tale arma restò estranea al-la cultura militare italiana dell’epoca, mentre fu usata dai reparti austroungarici a decorrere dall’estate del 1916 sull’Isonzo.

Mazza ferrata a tre anelli, 18 punte ribattute, lunghezza cm. 67, peso gr. 900

Modello con testa in legno con anello in ghisa a 10 punte. Anima rigida in ferro con impugnatura in legno. Lunghezza cm. 50, peso gr. 600. Osserviamo che tale tipo è indicato all’Heeresgeschtliches Museum di Vienna erroneamente (e stranamente) come italiano

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Modello con testa in legno con anello in ghisa a 10 punte. Particolare della testa

Mazza ferrata con testa ricavata dalla bomba a mano LAKOS. Tale modello fu fabbricato in serie utilizzando gli involucri della bomba, ritirata dal fronte a causa dei frequentissimi scoppi prematuri. Lunghezza cm. 55, peso gr. 700, 14 punte

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Il primo utilizzo delle mazze sul fronte italiano sembra che sia avvenuto nel modo più raccapricciante durante la battaglia del Monte S. Michele del 29 giugno 1916, quando i reggimenti ungheresi della 7ª e 20ª Honved fecero uso delle mazze per finire i soldati italiani in agonia per i gas asfissianti. Riportia-mo una pagina del libro di Franco Bandini “Il Piave mormorava":

Sono le cinque del mattino del 29 giugno 1916.

I soldati della 21ª e 22ª Divisione italiana stanno ancora dormendo nelle malcomode trincee del Monte San Michele. E’ l’alba, qualcuno si muove nel sonno leg-gero del primo mattino, mentre le sentinelle si stropiccia-no forte le mani, godendo del tepore di sole che il cielo presenta. Improvvisamente dalle appena sovrastanti trin-cee austriache lunghi serpenti di fumo giallognolo, emes-

a) Testa formata da cilindro rastremato a punta, con 20 punte piantate sul legno. Lunghezza cm. 58,5, peso gr. 1300; b) Variante con punte avvitate sul cilindro in ferro. Il manico è trattenuto nella testa da uno scanso in cui si inseriscono le 5 punte più vicine, svitate le quali il manico si può staccare

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si da becchi invisibili, ma sinistramente numerosi, co-minciano a spingersi, col favor del vento, verso la linea italiana. Le poche sentinelle corrono disperatamente ai grandi barattoli di latta che funzionano da improvvisati campanelli d’allarme: ma il gas è più veloce di loro.

In pochi istanti, mentre il cielo schiarisce, 6.250 uomini e 182 ufficiali, prevalentemente delle due Brigate “Pisa” e “Regina” della 21ª Divisione passano senza ac-corgersene dal sonno alla morte. Dietro alla mortifera ca-ligine, sbucano come fantasmi due reggimenti scelti un-gheresi della 7ª e 20ª “Honved”: sono stati allenati ad un corso speciale di tre settimane a Krems, ed ora sanno be-nissimo cosa debbono fare. Con le tozze mazze ferrate che recano legate al polso destro, ispezionano accurata-

a) Mazza ferrata con chiodi ribattuti su 4 lamine in ferro saldate a punta. Lun-ghezza cm. 62, peso gr. 1200, 16 punte; b) Mazza ferrata con chiodi ribattuti in 5 lamine in ferro saldate in punta. Lunghezza cm. 59, peso gr. 950, 20 punte

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mente ogni trincea. Ogni camminamento, ogni pertugio, uccidendo senza pietà i pochissimi superstiti: nel fronte si è aperto un varco di parecchie centinaia di metri.

La data del 29 giugno rimase storica nella guerra sul nostro fronte. Per la prima volta furono usati i gas asfissianti (sulle cui reali conseguenze esistono tuttavia innumerevoli versioni sia da parte austriaca che italiana). Per la prima volta i cittadini seppero dell’uso di mazze ferrate, attraverso una strumentaliz-zazione propagandistica di stampa cosi battente che l’uso dei gas passò in se-condo piano. Può apparire assurdo, ma le critiche più violente all’uso dei gas provengono da fonti austriache, le quali peraltro tacciono totalmente sull’uso orrendo che qui sembra sia stato fatto delle mazze, e che indusse lo S.M. ad e-manare il 13 agosto una circolare che ordinava l’immediata fucilazione degli austriaci colti nell’atto di finire “per mezzo di mazze chiodate nostri militari trovati feriti o svenuti”.

Mazze ferrate con punte ribattute su due anelli avvitati al legno e spuntone ter-minale: a) Esemplare a 12 punte (ne esistono di diverse forme e dimensioni). Lunghezza cm. 67, peso gr. 800; anche lo spuntone è ribattuto in metallo. b) E-semplare a 12 punte. Lunghezza cm. 63, peso gr. 550. Si tratta del tipo “leggero”, con legno di minor diametro e spuntone piantato direttamente nel le-gno

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L’uso barbaro delle mazze in quell’occasione è da ritenersi, purtroppo per la dignità dell’esercito austro-ungarico, realmente verificatosi. anche in base a

Particolare di mazza a due anelli, tipo leggero con spuntone piantato nel legno e non ribattuto su sbarretta in ferro

Particolare di mazza a due anelli con punte piccole

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diari di combattenti da ritenersi del tutto attendibili (cfr. per tutti L, Passeri “Monte San Michele”).

Da quel momento la stampa italiana, su ispirazione del1’Ufficio Propa-ganda dello Stato Maggiore, che forniva anche le fotografie dei diversi tipi di mazze ferrate, presentò sempre tali armi all’opinione pubblica come strumenti usati esclusivamente dagli Austrotedeschi ed esclusivamente per finire i feriti; non divulgò mai che erano in dotazione anche ai nostri alleati Francesi ed In-glesi e non le presentò mai come armi d’assalto. La mazza ferrata divenne pre-da della propaganda e della leggenda di “arma dei barbari”.

Osserviamo che i giornali di trincea invece, liberi da imposizioni propa-gandistiche e scritti e disegnati da chi al fronte ci viveva e le mazze ferrate le vedeva in combattimento e non in fotografia, raffiguravano realisticamente tali armi in mano agli austriaci all’assalto (cfr. per tutti: La Tradotta n.4/1918; La Trincea n.24/1918; Il Razzo n.13/1918).

Sul fronte nemico, invece, gli Austriaci dovettero sentirsi piuttosto orgo-gliosi della “riscoperta” delle armi da botta dopo secoli di inattività; la distribu-

Mazze ferrate in fusione unica con la testa: a) Lunghezza cm. 60, peso gr. 800. b) Lunghezza cm. 54, peso gr. 750, 12 punte a base quadrangolare

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Mazze ferrate con testa ricavata da ordigni esplosivi: a) Bomba da fucile (Zeitzunder GewehrGranate). Le punte della testa sono costituite dai segmenti a frattura prestabilita. Lunghezza cm. 65, peso gr. 1400; b) Bomba a mano Lakos e spuntone terminale piantato nel legno. Lunghezza cm. 67, peso gr. 800, 20 punte

Varianti dello stesso modello: a sinistra testa formata da 2 parti fuse in verticale, a destra fusione in orizzontale

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Mazza ferrata artigianale la cui fabbricazione non ha però nulla da invidiare a quelle costruite in serie. La testa è costituita da 2 semisfere vuote, tenute unite dal manico in ferro che le attraversa. 24 punte ribattute

Modello con testa cilindrica con 20 punti a base quadrangolare, avvitate nel fer-ro. Lunghezza cm. 64, peso gr. 1300

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a) Modello elastico a corda d’acciaio, testa piena. Lunghezza cm. 49, peso gr. 550; b) Modello elastico a molla, testa piena. Lunghezza cm. 43, peso gr. 750

zione nel 1916 delle nuove armi d’assalto fu infatti ampiamente commemorata con distintivi da portare sulla divisa e cartoline reggimentali. Sono peraltro molto rare le fotografie di austroungarici armati di mazze. Non crediamo che ciò sia dovuto ad una sorta di pudore nei confronti dell’opinione pubblica au-striaca, cui di certo si celavano gli aspetti più brutali e cruenti della guerra; rite-niamo piuttosto che si possa spiegare con la scarsità delle distribuzioni, avvenu-te solo a pochi reparti ed in zone limitate.

D’altro canto gli stessi Austriaci cercavano di non farsi catturare prigio-nieri in possesso di tali armi, che sapevano detestate dagli italiani: rischiavano di essere eliminati sul posto.

Molte mazze usate nel 1916 si ispiravano ai bastoni ferrati tedeschi dei Medioevo, i “morgenstern” (letteralmente “stella del mattino”), costituiti da un manico di legno con applicate all’estremità grosse punte di ferro. Alcune erano di costruzione industriale, altre di produzione artigianale, costruite nelle offici-ne del fronte. Le teste erano spesso formate con materiali di recupero, come in-

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La propaganda antiaustriaca elegge la mazza ferrata a simbolo di barbarie sul n. 16 del 15 agosto 1916 de “Lo sport illustrato e la guerra”

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Opuscolo di propaganda distribuito ai soldati come deterrente contro le diserzio-ni. E’ palese l’insinuazione che i prigionieri vengano finiti con le mazze ferrate…

volucri di bombe a mano o pezzi di tubi di esplosivo a frattura prestabilita, do-tati di grossi chiodi ed infilati in manici di legno tornito od anche grezzo.

Una catalogazione completa è impossibile, considerato il grande numero di mazze costruite artigianalmente, con innumerevoli differenze fra l’una e l’al-tra. Una fondamentale differenza è comunque quella fra tipi rigidi del 1916, costituiti da un manico di legno con testa in ferro, e tipi elastici, comparsi sul nostro fronte sembra successivamente (1917), di originaria ideazione tedesca. Questi erano formati da una impugnatura di legno di circa 15 cm., inserita su una molla od un cavo d’acciaio di 25 cm. con una pesante testa d’acciaio di for-ma conica.

Le mazze erano di norma tenute legate al polso con un laccio di corda o di cuoio.