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I n una delle gite organizzate dalla nostra associazione, abbiamo avuto l’interessan- te opportunità di visitare la città di Bergamo per un intero week-end. Da lì ci siamo recati a Gandino, in val Seriana, cen- tro industriale della montagna bergamasca. Qui abbiamo appreso il percorso esemplare del recupero e valorizzazione di quella che per un secolo e mezzo è stata la coltura ali- mentare principe: il mais (melgòtt) da polenta. Non avevamo subito intuito l’importanza e l’interesse locale per il mais, ma in questi giorni l’abbiamo capito: a Expo 2015 Bergamo si propone come capitale mondiale del mais cioè MEB (Mais Expo Bergamo) 2015. Bergamo intende presentare nell’occa- sione il progetto di Gandino che viene così inserito in una decisiva rampa di lancio. Peraltro, da tempo, realtà istituzionali e ter- ritoriali lavorano per “seminare” un proget- to condiviso rispetto alla coltura del mais e alla cultura cresciuta intorno ad esso. La val Seriana è stata la culla della coltura del mais e “la terra della polenta”. E proprio i chicchi spinati dell’antica varietà seriana (arrivati in Lombardia agli inizi del 600) sono i protagonisti, dato che il proget- to di salvaguardia, promozione e valorizza- zione del mais spinato di Gandino, avviato nel 2008, è stato preso come paradigma di sviluppo da esportare su larga scala. Il pro- getto di Gandino è supportato da due pila- stri di sostegno come coltura e cultura. Di qui l’ambizione di Bergamo a proporsi come capitale mondiale del mais, naturalmente del mais spinato della val Seriana. L’associazione “Senza confini” si propone di visitare Expo 2015, l’avvenimento mondiale che avrà luogo a Milano da inizio maggio a fine ottobre, con un programma nel quale vorremmo inserire Arts & Foods. Rituali dal 1851, la mostra a cura di Germano Celante che si terrà alla Triennale di Milano dal 9 aprile al 1 novembre 2015. Ad Expo non perderemo l’occasione di rive- dere anche il mais spinato di Gandino. Sempre a proposito di Expo, vorrei segnala- re a chi fosse interessato a saperne di più, che venerdì 12 giugno, alle ore 19 la nostra associazione, in collaborazione con il Caffè Filopanti, nell’omonima piazza, organizza un incontro dal titolo “Parlando dell’Expo”. Durante la serata, si potrà degustare un appetitoso apericena ascoltando Maurizio Campiverdi, membro dell'Accademia Italiana della Cucina, Delegato di 'Bologna San Luca' e Presidente dell'Associazione Internazio- nale 'Menù Storici', che ripercorrerà la storia dell’Expo dalla prima esposizione di Londra nel 1851 a quella di Milano del 2015. Verso Expo 2015 DI GIANCARLO CAROLI SENZA CONFINI NOTIZIARIO DELL’ASSOCIAZIONE CULTURALE E DI PROMOZIONE SOCIALE SENZA CONFINI Anno IX - N°1-2015 - Registrazione presso il Tribunale di Bologna - n° 7658 del 18/04/06- Tiratura: 1500 copie stampate su carta riciclata Dir., Red. e Amm. sede Via Saffi, 54 - Budrio (BO) - Dir. Resp. Maurizia Martelli - Comitato di red.: Renzo Bonoli, Maria Marzia Lodi, Guido Montebugnoli Per la Vs. pubblicità contattate Renzo Bonoli. Tel. 338 3904582 - www.senzaconfinitaly.com - [email protected] L’EDITORIALE www.senzaconfinitaly.it senza confini budrio Riflessioni La scuola è ancora utile? a pagina 2 Budrio ieri E suonarono le campane... Budrio 1945, ore 10.10 a pagina 4 Eventi Alle origini di EXPO a pagina 6 La pagina dell’arte Giorgia Montanari e Valeriu Paladi a pagina 8 Le nostre iniziative Da Cimabue a Morandi, Conegliano, Concerto Senzaspien a pagina 12 A maggio ho sempre apprezzato le esalazioni dei tigli lungo il viale che conduce alla stazione ferrovia- ria, oltre che per la gradevolezza all’olfat- to, anche perché associo questo profumo all’arrivo dell’estate, ma mai avrei pensa- to che un tempo questi fiori avessero avuto un ruolo, se pur marginale, nell’e- conomia budriese. Infatti, mentre leggevo della gloriosa sto- ria del nostro Teatro Consorziale su quel- la che io considero la “bibbia” del paese in cui vivo – ovvero “Budrio Casa Nostra”, di Fedora Servetti Donati – sono rimasta colpita da una notizia che non conoscevo e che ha scatenato la mia curiosità... Non tutti sanno che i tigli, oltre al loro profu mo... DI MAURIZIA MARTELLI CONTINUA A PAG.9

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In una delle gite organizzate dalla nostraassociazione, abbiamo avuto l’interessan-te opportunità di visitare la città di

Bergamo per un intero week-end. Da lì cisiamo recati a Gandino, in val Seriana, cen-tro industriale della montagna bergamasca.Qui abbiamo appreso il percorso esemplaredel recupero e valorizzazione di quella cheper un secolo e mezzo è stata la coltura ali-mentare principe: il mais (melgòtt) dapolenta.

Non avevamo subito intuito l’importanza el’interesse locale per il mais, ma in questigiorni l’abbiamo capito: a Expo 2015Bergamo si propone come capitale mondialedel mais cioè MEB (Mais Expo Bergamo)2015. Bergamo intende presentare nell’occa-sione il progetto di Gandino che viene cosìinserito in una decisiva rampa di lancio.Peraltro, da tempo, realtà istituzionali e ter-ritoriali lavorano per “seminare” un proget-to condiviso rispetto alla coltura del mais ealla cultura cresciuta intorno ad esso. La valSeriana è stata la culla della coltura del maise “la terra della polenta”. E proprio i chicchi spinati dell’antica varietàseriana (arrivati in Lombardia agli inizi del600) sono i protagonisti, dato che il proget-to di salvaguardia, promozione e valorizza-zione del mais spinato di Gandino, avviatonel 2008, è stato preso come paradigma disviluppo da esportare su larga scala. Il pro-

getto di Gandino è supportato da due pila-stri di sostegno come coltura e cultura. Diqui l’ambizione di Bergamo a proporsi comecapitale mondiale del mais, naturalmentedel mais spinato della val Seriana.L’associazione “Senza confini” si propone divisitare Expo 2015, l’avvenimento mondialeche avrà luogo a Milano da inizio maggio afine ottobre, con un programma nel qualevorremmo inserire Arts & Foods. Rituali dal1851, la mostra a cura di Germano Celanteche si terrà alla Triennale di Milano dal 9aprile al 1 novembre 2015.

Ad Expo non perderemo l’occasione di rive-dere anche il mais spinato di Gandino.Sempre a proposito di Expo, vorrei segnala-re a chi fosse interessato a saperne di più,che venerdì 12 giugno, alle ore 19 la nostraassociazione, in collaborazione con il CaffèFilopanti, nell’omonima piazza, organizzaun incontro dal titolo “Parlando dell’Expo”. Durante la serata, si potrà degustare unappetitoso apericena ascoltando MaurizioCampiverdi, membro dell'Accademia Italianadella Cucina, Delegato di 'Bologna San Luca'e Presidente dell'Associazione Internazio-nale 'Menù Storici', che ripercorrerà la storiadell’Expo dalla prima esposizione di Londranel 1851 a quella di Milano del 2015.

Verso Expo 2015

DI GIANCARLO CAROLI

SENZA CONFINI

NOTIZIARIO DELL’ASSOCIAZIONE CULTURALE E DI PROMOZIONE SOCIALE SENZA CONFINI

Anno IX - N°1-2015 - Registrazione presso il Tribunale di Bologna - n° 7658 del 18/04/06- Tiratura: 1500 copie stampate su carta riciclataDir., Red. e Amm. sede Via Saffi, 54 - Budrio (BO) - Dir. Resp. Maurizia Martelli - Comitato di red.: Renzo Bonoli, Maria Marzia Lodi, Guido MontebugnoliPer la Vs. pubblicità contattate Renzo Bonoli. Tel. 338 3904582 - www.senzaconfinitaly.com - [email protected]

L ’ E D I T O R I A L E

www.senzaconfinitaly.it senza confini budrio

Riflessioni

La scuola è ancorautile?

a pagina 2

Budrio ieri

E suonarono le campane...Budrio 1945, ore 10.10

a pagina 4

Eventi

Alle origini di EXPO

a pagina 6

La pagina dell’arte

Giorgia Montanarie Valeriu Paladi

a pagina 8

Le nostre iniziativeDa Cimabue aMorandi, Conegliano,Concerto Senzaspien

a pagina 12

Amaggio ho sempre apprezzato leesalazioni dei tigli lungo il vialeche conduce alla stazione ferrovia-

ria, oltre che per la gradevolezza all’olfat-to, anche perché associo questo profumoall’arrivo dell’estate, ma mai avrei pensa-to che un tempo questi fiori avesseroavuto un ruolo, se pur marginale, nell’e-conomia budriese. Infatti, mentre leggevo della gloriosa sto-ria del nostro Teatro Consorziale su quel-la che io considero la “bibbia” del paesein cui vivo – ovvero “Budrio Casa Nostra”,di Fedora Servetti Donati – sono rimastacolpita da una notizia che non conoscevoe che ha scatenato la mia curiosità...

Non tutti sannoche i tigli, oltre al loro profumo...

DI MAURIZIA MARTELLI

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R I F L E S S I O N I

Prendo spunto da unarecente indagine dallaquale è emerso che sol-

tanto 20 studenti su 250 cheentrano al liceo, sottoposti adun test d’ingresso, sanno scri-vere correttamente in italiano,riconoscono predicato verbale enominale e distinguono unavverbio da una congiunzione.In altre parole, poco meno del10% conosce la nostra lingua.A questo punto mi chiedo:come faranno mai ad appren-derla in futuro? È ovvio chenon saranno mai capaci dicostruire decentemente unafrase, così com’ è ovvio cheinsegnare, oggi, l’ortografia ela grammatica a scuola diventaun’impresa inutile.Tutto questo visto dalla partedegli insegnanti. E i ragazzi cosa ne pensano? Una domanda chemi viene spontanea guardandoli entrare inclasse al mattino: zaini spropositati in spalla,pieni di adesivi e piccoli peluche, pantaloni acagarella, scarpe da ginnastica, t-shirt, mutan-de fuori dai pantaloni e cellulare: il tutto rigo-rosamente firmato e griffato.Danno l’idea che la scuola per loro sia un luogodi ritrovo, un momento di socializzazione anzi-ché di studio e di apprendimento. Un sempli-ce momento di una giornata che sarà scanditadal corso di chitarra o di ocarina, dall’allena-mento di basket o di calcio, da una escursione

su facebook, da un’oretta di chat e da un giret-to in motorino.Se gli studenti oggi sono questi, immagino chegli insegnanti siano sulla soglia di una aliena-zione permanente che li costringe spesso aconsiderare quasi inutile la loro attività didat-tica. Allora c’è da concludere che la scuola nonsta più in questo mondo perché non riesce piùad interessare gli studenti, perché non c’è piùquel feeling, quel rapporto di reciproca eincondizionata simbiosi tra insegnamento,desiderio di apprendere, educazione e cultura.Certamente non tutti i giovani sono così, macoloro che frequentano la scuola con interessee con coscienza credo siano la minoranza.Forse da sempre la scuola non è mai piaciuta,

ma almeno una volta la sifrequentava come un“dovere”, non fosse altroche per trovare lavoro ofare carriera, mentre oggila scuola pare essere , noncerto per colpa sua, solouna fabbrica di disoccupati.Che sia un po’ colpa degliinsegnanti? Oppure deiragazzi che non hanno piùla capacità di capire ciòche leggono, perché hannouna povertà lessicale note-vole? Forse la scuola non haofferto alternative validealla discoteca o ai videogio-chi. La scelta poi di trascu-rare l’insegnamento dellatino, che molto hannospacciato come sceltamoderna e progressista, avantaggio di altre materie,magari venute di moda, èsinonimo di regressione

culturale.La scarsa abitudine alla riflessione, al ragiona-mento, all’autocritica si traducono in un vuotomentale, grammaticale e linguistico negli stu-denti, ormai avvezzi fin dalla scuola media aiquestionari, alle schede, alle dispense fotoco-piate, ai test. Ci vorrebbe più tempo, ma nellascuola superiore questo tempo non c’è. Non c’ètempo per la grammatica, non c’è tempo perleggere, per analizzare il senso di ciò che vieneofferto. Non c’è tempo per fare ciò che si pote-va fare prima.La conclusione allora potrebbe essere che i gio-

vani non sanno più né parlare, né scrivere per-ché il mondo si sta avviando verso un’era disuper-afasia dove il linguaggio non sarà piùverbale ma si esprimerà in altre forme, unadelle quali, il web, la “information tecnology”è diventata la forma prevalente di dialogo, diespressione, di connessione globale.Ecco quindi che non importa più strutturare ilpensiero, la comunicazione, perché sul web, neiblog, nei social network si trova tutto, si copia,si scarica, si manipola. Non importa nemmenopiù conoscere la nostra bella lingua perché esi-ste sulla tastiera il correttore automatico.

Se io scrivo “Dante”, il PC mi corregge automa-ticamente in “dente”: che problema c’è, non sipotrà pretendere che un PC sappia che è Dante(Alighieri).Se tutto questo è reale, dobbiamo concludereche presto non occorrerà più andare a scuola,perché c’è un altro cervello, quello elettronico,che lavorerà per noi. Come dice Pietro Baricco,quelli che consideriamo i barbari di oggi,saranno i classici di domani. Ubi es Homosapiens?Sarà pure una provocazione la mia, ma allorachi critica la scuola, chi cerca di cambiarla èfuori tempo? Siamo proprio sicuri che ancorauna volta non si tratti di un inganno per inostri figli ai quali non abbiamo saputo dare,attraverso una scuola diversa, un sufficientegrado d’istruzione e di amore per lo studio?Sono decenni che, nel tentativo di riformarla,la snaturiamo e la distruggiamo. A partire daglianni ’70 siamo passati dalla scuola di DonMilani (una scuola meno severa e classista, mapiù democratica ed egualitaria) a quella diGianni Rodari (una scuola dove predominavaun metodo didattico alternativo, basato sullafantasia e sul gioco, perché, come lui stessodiceva, “a scuola si ride troppo poco”), daTullio De Mauro (sua la battaglia contro i temid’italiano) a Luigi Berlinguer (una scuola utile,dei saperi pratici, strettamente connessa almondo del lavoro). All’inizio del 2000 possia-mo dire che “l’anticultura, l’antinozionismohanno avuto la meglio: la scuola del sapere edella letteratura ha lasciato il passo alla scuoladel saper essere e della tecnologia” come scri-ve Paola Mastracola in un suo recentissimolibro.Vediamo cosa saprà fare il Governo attuale permigliorarla. Visto l’esordio non c’è da esseremolto ottimisti...

Titolo: la scuola èancora utile?Sottotitolo:la lingua battedove il Danteduole...

DI RENZO BONOLI

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R I F L E S S I O N I

Dopo un mio primo intervento al riguardo,mi è stato presentato, dal presidenteGiancarlo Caroli, un altro caso nel comu-

ne di Argenta, a Campotto.Anche in questo caso si sono succedute polemi-che, spaccatura radicale nel consiglio comuna-le, i giudizi più divaricati, sull’opera e l’autore.Si può obiettare che il tema, mondine e scarrio-lanti, sia passato di moda, che si tratti di unmondo oramai manierato. Mi viene in menteLucio Dalla, cantava degli Inti Illimani, i rap-presentanti canori della repressione cilena nelmondo: la musica andina...che noia mortale. Epensare che erano trascorsi pochi anni dagliHits, come la canzone (per me ancora bella, atrent’anni di distanza) “El pueblo unido Jamàsserà vencido”.Mi dispiace solo che ne faccia le spese TizianoBolognesi, l’autore e buon artigiano delle terre-cotte. Si tratta di una persona per bene che inoccasione di un’intervista ha concluso con:...mi raccomando non fatemi inutili compli-menti. Non è poco in un mondo di sgarbi e pre-sunzione effimera.

Esco ora dal locale e dal caso specifico persegnalare una questione più generale.Esistono dei precedenti importanti. Si pensialla Colonna traiana a Roma con la descrizionedelle gesta romane lungo il Reno, quello dellaGermania. La teologia ha trattato e approfondi-to il desiderio dell’umanità di collegarsi con ilcielo, ritenuto il luogo della casa delle divinità.Dal punto di vista figurativo, in diverse raffigu-razioni, non esclusa la Bibbia, compare l’axismundi, il ponte o la scala per raggiungere ilcielo. A Campotto, come nei casi già citati inprecedenza di Benevento, con Padre Pio, eBorgo Panigale, con l’Icaro in versione camioni-sta, l’insistere sulla stele e sulla monumentalitàverticale ci riportano al principio antico di risa-lire la distanza tra la terra e il cielo.Troppo bello e troppo giustificatorio, dirannoin molti. Si badi che tutte le immagini chevediamo periodicamente nel cinema americano,con mondi e astronavi gigantesche che passa-no alte sulla testa di umani stupiti, sono sicu-ramente riconducibili allo stupore di un anticoebreo di fronte alla scala di Giobbe.

C’è un’altra dimensione che qualcuno potràliquidare in fretta con l’aggettivo triviale.Senza intenzione di nobilitarla da parte mia,posso dire che sta nel bel mezzo della grandeletteratura occidentale. Non voglio alludere,come pure far finta di niente. Una stele di cin-que metri, rosata e rotonda, al centro di undisco circolare, sono tutte raffigurazioni chepassano come un lampo nei commenti degli“italiani in gita”; accenni con la gomitata,occhiolino e immancabili allusioni metaforiche.

Appunto la metafora; quella forma espressivache collega, a volte, tra opposti: alza il buffonee abbassa il re: usata dai Cervantes, Ariosto,Shakespeare per citare il colto; dall’amicoMarino se invece si scende al bar sport. Quantevolte nell’uso di immagini retoriche o della pro-sopopea del nostro Balanzone, con tutta lafamiglia di burattini, nel tentativo di raggiun-gere l’iperumano, si viene abbassati al sempli-ce e comune umano, all’umano ventrale.Questo rischia l’eloquenza monumentale dellerotonde. Ho già detto che altrove, al nord delleAlpi, le rotonde rimangono pezzi della viabi-lità, con i cartelli stradali rigorosi e le pavimen-tazioni raffinate per meglio sterzare.Per fortuna che in un museo italiano, a Firenze,è custodita l’immagine di una rotonda di inten-sa emozione, inestimabile! È una tavoletta aolio, di trentacinque centimetri, dipinta daGiovanni Fattori nel 1866; “La Rotonda deibagni Palmieri” è il titolo dell’opera; l’altezza èdi soli dodici centimetri, la si guarda come nelsegreto di una feritoia. Un gruppo di agiatesignore sedute, con le dame di compagniaaccanto, vestite di nero, guardano il mare;anche loro con lo sguardo abbassato e protettodallo splendore di una marina, grazie a unenorme tendone che copre la piattaformarotonda. Tutto è fermo, anche l’acqua del mare,sembra che si sia fermata anche la linea d’om-bra circolare; qualcosa si muove, è il nostroricordo di una situazione simile vissuta dabambino con una nonna accanto, senza cogni-zione del tempo e un rispetto del paesaggioinnato, naturale, non imparato sui libri illustra-ti da figurine Panini o da internet.

Non c’è pace trale rotonde

DI ANTONIO NICOLI

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Via Gramsci, 20 - 40054 Budrio BO - Tel. 051. 801128www.ristorantegiardino.net - [email protected]

Ristorante il Giardinouna scelta di gustonella prestigiosa cornice della villa cinquecentesca

Domenica 26 aprile, alle ore 21, pressol’Auditorium, in Via Saffi, 50, si terrà lapresentazione del diario di Elena Davalli.

Andrea Gentili, pur non avendolo mai letto,conosceva l’esistenza del diario che la madre,nei cinque giorni che precedettero laLiberazione, aveva scritto dal proprio rifugio,denominato “Colosseum”. In quei tempi Elena era una studentessa uni-versitaria di ventitrè anni, iscritta alla facoltàdi lettere moderne di Bologna, che ovviamen-te si vede costretta ad inter-rompere gli studi durante laguerra. Il Colosseum era un ambientericavato dietro il caffè diGraldi (caffè di Piazza), dovegli inquilini del condominio“Colosseo” si nascondevanoquando i caccia alleati inizia-vano a bombardare. Era unouno dei tanti rifugi budriesi.Dopo 70 anni Andrea, solleci-tato dalla giovane figlia Adele,intenta nello svolgimento diuna ricerca scolastica sullaLiberazione, recupera il diariodella madre. L’emozione, nel leggerlo per la prima volta, ètalmente forte da indurlo a pubblicarlo.

Il diario è innanzitutto una testimonianza distoria locale che contribuisce a ricostruire ilcontesto storico dell’aprile 1945 a Budrio,

poco prima dell’arrivodegli Alleati: il rifugioin cui Elena Davalli scri-ve e vicinissimo a piaz-za Filopanti, al Comunee alla Chiesa di SanLorenzo e rappresentaun ottimo “punto diosservazione” deglieventi che accaddero a

Budrio in quei terribili giorni. Sono infattiben documentati la caduta del campanile diSan Lorenzo, da parte delle mine tedesche, ilmomento dell’arrivo delle truppe alleate equindi della Liberazione. Inoltre, nel 70° anniversario della Liberazionerivolge un messaggio alle nuove generazioni,

perche dall’esperienza di Elena Davalli ricavi-no l’insegnamento di lottare per un mondopossibilmente piu giusto, piu umano e senzaconflitti.

Completano la pubblicazione due prezioseinterviste a testimoni degli eventi narrati,Gioconda Cane e Annino Magli le cui voci –come scrive nella prefazione la storicaLorenza Servetti – “si intrecciano con quelladi Elena a creare il quadro vivo e suggestivo diun passato da non dimenticare”.

Il libro è pubblicato con il patrocinio delComune di Budrio e il contributodell’Associazione Senza Confini.

E suonarono lecampane...Budrio, 20 aprile1945, ore 10.10

A CURA DELLA REDAZIONE

B U D R I O I E R I

Edizioni Stilelibero

ASSOCIAZIONE CULTURALE e di PROMOZIONE SOCIALE

TURALE e di PROMOZIONE SOCIALEOCIAZIONE CUL LTURALE e di PROMOZIONE SOCIALE

SinoizidE orebilelitS

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L A PA G I N A D E I G I O VA N I

Iprocessi di comunicazione sono stati com-pletamente stravolti dai nuovi media e inparticolar modo dai social network che

hanno rivoluzionato le relazioni interpersona-li e il mutamento dei linguaggi. Nel momentoin cui entriamo la comunità virtuale, le nostreidentità si trasformano in avatar: un’ incarna-zione virtuale di noi stessi. Il mondo virtualerimane un luogo ancora non del tutto decifra-to, dove il confine tra identità e la rappresen-tazione online di noi stessi è molto sottile.La rete rappresenta una dimensione democra-tica e libera dove qualsiasi individuo puòlasciare una traccia di sé stesso nella realtàvirtuale. Per alcuni internet dona una “voce” achi è quotidianamente sottoposto a un regime

e alla censura. Tra queste persone è presenteAmir Ahmad Nasr giovane attivista sudanese,al quale internet ha tradotto i suoi silenzi ran-corosi nei confronti dell’Islam e delle violenzecommesse dal governo sudanese, in articoli didenuncia che hanno raggiunto migliaia di let-tori in tutto il mondo.La storia di Amir nasce nel 2006, quando haavuto il suo primo approccio alla comunità vir-tuale che gli aperto le porte a una cultura e aun’ informazione libera dai vincoli della reli-gione e senza i confini imposti dalla censura.Immediatamente rimane affascinato dalla“blogosphere”, una comunità virtuale di blog-gers che usufruisce di identità fittizie perpoter offrire ai lettori un’informazione libera enon inquinata dalla propaganda mediatica deigoverni. Amir si rende conto di non essere l’u-nica voce ad infrangersi contro il muro dellacensura e decide di aprire un suo blog perso-nale chiamandolo “The Sudanese Thinker”.Immediatamente per Amir postare articoliriguardanti le condizioni del suo paese di ori-gine e la sua complessa relazione con l’Islam,

diventa un’attività morbosa a cui non può piùfare a meno, riconoscendo il suo blog come ilsuo unico specchio dove riconoscersi.Amir, dopo aver rivelato la sua reale identitàonline ha deciso di raccogliere in un libro chia-mato “My Islam”, la sua esperienza di comeInternet “gli ha aperto gli occhi e il cuore adun mondo che va al di là delle teorie di com-plotto e fondamentalismo religioso inculcate-gli durante la sua giovinezza”.Amir Ahmad Nasr non è l’unico che ha trovatoin internet la libertà di parola. Infatti a popo-lare la “blogosphere” ci sono numerosi attivi-sti che si impegnano quotidianamente a divul-gare un’informazione libera, tra questi è pre-sente anche Mahmoud Salem giovane egizianoautore del blog “Rantings of a Sandmonkeys”,che con i suoi articoli ha dato voce a migliaiadi giovani egiziani protagonisti dellaPrimavera Araba in Cairo.Il mondo virtualerimane ancora un luogo non decifrato ma sicu-ramente offre una piattaforma dove dare vocea chi è soffocato dalla censura e dalla propa-ganda mediatica.

Libertà virtuale

DI TIBERIO VENTURA

Restando nel mondo giovanile, non pote-vamo tralasciare la testimonianza chel’amico Leonardo Arrighi, divenuto ormai

un nostro assiduo e autorevole collaboratore,ci ha inviato a proposito della mostra,Johannes Schmidl, al di là della disabilità,da lui stesso curata, inaugurata a Budrio il10 aprile, alle ore 17,30 in Sala Rosa (PalazzoMedosi Fracassati - Budrio – via Marconi 3b).Si tratta di un omaggio ad un illustre perso-naggio della vita budriese, il prof. HannesSchmidl, ortopedico austriaco, protagonista,fin dagli inizi degli anni ’60, di un’avventuraprofessionale che lo portò ad essere un puntodi riferimento della scienza ortopedica mon-diale e che ha legato il proprio nome alla crea-zione della protesi mioelettrica.

La mostra, valorizzata anche dallapresentazione di un libro realizza-to da Arrighi sulla vita di Schmidle realizzata in collaborazione conla Pro Loco, con il Comune diBudrio e con il Centro ProtesiINAIL di Vigorso, consiste in oltre40 ingrandimenti fotografici, pub-blicazioni, documenti e protesi diarto superiore, raccolti daLeonardo e collocati in opportunebacheche, capaci di attirare l’at-tenzione dei visitatori e, soprattut-to, di far apprezzare l’evoluzione el’umanizzazione della protesicadella quale il prof. Schmidl è statoleader mondiale.Grazie al lavoro di LeonardoArrighi il pubblico è testimone diquello che era il sogno di Schmidl,porre cioè l’essere umano in con-dizione di poter vivere una vitavera e nuova pur in presenza dimenomazioni fisiche invalidanti. La mostra resterà aperta fino al 26aprile prossimo.

Johannes Schmidl,oltre la disabilità

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Già più di 5000 anni avanti Cristotutto cominciò con il “mercato”, unluogo dedicato allo scambio delle

eccedenze riduttive. Allora il denaro nonesisteva ancora e gli scambi avvenivanoattraverso il baratto. Ma gli antichi, perdare un maggiore impulso ai mercati,inventarono le fiere (dal latino “feria”,ovvero “giorno di festa” o “fiera merca-to”), che si svolgevano una sola voltaall’anno, di solito in concomitanza conimportanti festività religiose. Le fiereduravano molti giorni, talvolta anche set-timane e in casi rari anche due o tre mesi.Ne abbiamo testimonianze dall’anticoEgitto, in Mesopotamia, in India, Persia,e anche nella Grecia classica fino all’anticaRoma, in epoca sia repubblicana, sia imperia-le. L’epoca d’oro per le fiere fu in assoluto iltardo medioevo. Nelle diverse località europeele fiere divennero l’elemento trainante deifesteggiamenti in onore dei Santi Patroni. Viera fra esse una notevole concorrenza, anchedi carattere campanilistico. Queste manifesta-zioni, grandi e piccole, riassunsero via via unacaratterizzazione sempre più folkloristica, ascapito del valore meramente commerciale. Perovviare a questo problema, nacquero così le“Fiere Generali”, volte alla compra-venditadelle merci: divennero poli di attrazione nellelocalità geograficamente più idonee ed in pos-sesso dei requisiti necessari perché situate sulpercorso delle vie commerciali più antiche, giàda secoli calcate dai mercanti delle più varienazionalità. I mercanti affluivano con le loromerci: bestiame, cavalli, stoffe, legname,vasellami ecc. e attiravano un numero elevatis-simo di mercanti; erano fonte di straordinariaricchezza per i territori coinvolti.

Le tre fiere più importanti d’Europa Per almeno due secoli, XIV e XV, tre fiere si

imposero all’attenzione di tutta l’Europa per laloro straordinaria rilevanza economica: in pri-mavera si svolgeva la Fiera du Beaucaire sullasponda destra del Rodano, a metà strada traLione e Arles; in estate si svolgeva la fiera diNovgorod, l’antica città russa fondata daiVichinghi, non lontana dalle rive del MarBaltico; in autunno, la fiera dello Champagneoccupava gli spazi pianeggianti tra te città diTroyes e Reims e accrebbe la propria notorietàdalla relativa vicinanza a Parigi.

È difficile oggi rendersi conto di questi straor-dinari raduni annuali. Basti pensare a decine dimigliaia di persone coinvolte che prendevanopossesso per due o tre mesi di un ampio terri-torio creando un formidabile indotto che arric-chiva le popolazioni locali e i loro governanti.

Le fiere campionarie e i saloni specializzatiCon lo sviluppo industriale e il miglioramen-to della viabilità terrestre e dei trasporti, leFiere Generali furono sostituite dalle fiereCampionarie, organizzate nelle più importan-ti capitali e città europee e internazionali.Qui i commercianti e i produttori portavanosoltanto i “campioni” delle loro merci e i com-pratori ordinavano le quantità necessarie. Si trattava di prodotti appartenenti a molte-plici categorie merceologiche che però, neltempo, con l’estrema segmentazione delleattività produttive sono mutate in esposizio-ni di prodotti appartenenti ad un comparto

industriale o ad un segmento specializzato diun settore specifico dell’industria. Le fiere specializzate sono rivolte agli opera-tori (fiere B2B), ai consumatori (fiere B2C),oppure sono fiere miste. Il Motor show di Bologna è stato per vent’an-ni il Salone specializzato di maggior successoal mondo e ha raggiunto picchi di oltre unmilione e mezzo di visitatori paganti.Duramente colpito dalla crisi economica cheha interessato il settore automobilistico, ilMotor Show ha dovuto sopprimere l’edizio-ne 2013, per ritornare nel 2014 in versioneridimensionata.

Le grandi esposizioni industriali e le esposizioni “universali”Parallelamente alle fiere commerciali, sindall’Età Moderna si sono sviluppate le espo-sizioni, che invece non mirano al meroincontro tra venditori e compratori, ma per-seguono un obiettivo più “alto” ed elitario:esprimere l’orgoglio di una nazione o di unacittà per le proprie conquiste industriali osociali. A partire dal secondo dopoguerra, leEsposizioni Universali hanno affrontatoanche i grandi temi di importanza fonda-mentale per il genere umano, accentuando

così il loro carattere etico, didascalico e scien-tifico: in Europa, Ginevra, Amburgo, Praga,Parigi alla fine del ‘700 e poi Magonza, Berlino,Lipsia, Monaco di Baviera; in Italia, a partiredal 1829, a Torino, a Firenze e a Genova. Nel 1851, in pieno sviluppo industriale comin-cia a scriversi la storia delle esposizioni univer-sali. Siamo nell’era vittoriana quando infattil'impero Britannico decide di ospitare un’Expoper esibire la sua grande potenza industriale. Sisvolgerà a Londra e si chiamerà GreatExhibition of the Works of Industry of AllNations, ovvero grande esibizioni dei lavori del-l'industria di tutte le nazioni. Da allora sono 34 le esposizioni universali rico-nosciute dall'organismo internazionale chesovrintende all’ Expo (BIE). In Italia ne furono organizzate tre: a Milano nel1906, a Torino 1911 e a Roma nel 1942 cheperò non ebbe luogo a causa della guerra,lasciando come traccia il noto Palazzo dellaCiviltà italiana all’Eur. Ogni expo, i tutto il mondo, nelle città ospitan-ti, ha donato un’eredità in ambito scientifico,tecnologico e anche architettonico, ancora oggivisibile.

Alle origini di EXPO

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E V E N T I

La prima esposizione universale si tenne nel 1851 aLondra, all’interno del Crystal Palace, costruito perospitare la manifestazione. Fu presieduta dal princi-pe Alberto, consorte della regina Vittoria.

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Milano 2015, la fiera delle aspettative deluse può cominciareIl progetto iniziale della manifestazionemilanese, che sta per cominciare, era partitoin grande: l’allora sindaco Letizia Moratti –eravamo nel 2007 – giocò sulla presenza diarchitetti di fama mondiale come DanielLibeskind, Renzo Piano, Massimiliano Fuksase Vittorio Gregoretti. Poi, dopo l’aggiudicazione a Milano da partedel Bureau International des Expositions,gran parte dei progetti faraonici che avrebbe-ro dovuto promuovere una trasformazioneurbana in una chiave ecologica e di sosteni-bilità vengono depennati, rimandati o ridi-mensionati. Tra questi, la Biblioteca Europea, la Cittàdello Sport, la Città della Giustizia, il Cerba(Centro Europeo di Ricerca BiomedicaAvanzata), voluto e sostenuto dall’oncologoUmberto Veronesi, la Città del Gusto e dellaSalute, sono stati depennati o rimandati;delle Vie di Terra, quattro itinerari che avreb-bero dovuto collegare le parti storiche dellacittà in una nuova logica di mobilità dolce esostenibile non è rimasto nulla; il progettodelle Vie d'Acqua che nel sogno morattiano,mediante un percorso ad anello, avrebberodovuto collegare Darsena e sito Expo, attra-

verso due percorsi navigabili, si ridimensio-na: le due vie diventano una sola, non piùnavigabile. La Expo Tower, una torre di 200metri d’altezza che avrebbe dovuto ospitareuna terrazza panoramica e ristoranti, è statasostituita dall’Albero della Vita, icona delPadiglione Italia, ideato da Marco Balich esponsorizzato da Coldiretti. Anche questaopera ha rischiato di fallire in quanto blocca-ta dall’autorità anticorruzione che avevaespresso dubbi sulle procedure...Fortunatamente, dopo il via dell’autorità,l’albero della vita è stato realizzato con unagara di assegnazione cui ha partecipato unacordata di imprenditori bresciani, OrgoglioBrescia, consorzio di aziende costituito perl'occasione: l’albero della vita è stato costrui-to in acciaio e legno di larice e montato gra-tuitamente a tempo di record.

L’Expo può cominciare...L’evento, con tutte le difficoltà che ha attra-versato dai suoi esordi e ben lontano dallefantasmagorie originali, può cominciare.“Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita” èil tema al quale negli intenti l’esposizione,trasformandosi in una grande piazza, darà

risonanza e valore e al quale le 53 nazionipresenti forniranno la loro interpretazionepresso i Padiglioni dei Paesi Partecipanti. Presenti un Expo Center dedicato agli even-ti e alle conferenze e un Open Air Theatre,teatro all’aperto con 11 mila posti a sedere,che ospiterà concerti e cerimonie e dove,dal 6 maggio al 23 agosto, si esibirà ilCirque du Soleil; il Padiglione Italia, checomprenderà il Palazzo Italia, il PadiglioneVino, la Lake Arena, diverse piazzette tema-tiche, un percorso allestito da Dante Ferrettilungo il viale del Cardo e, per l’appunto,l’Albero della Vita.Presenti anche i Padiglioni Corporate: spazipromozionali occupati dalle grandi multina-zonali e il padiglione Italy is Eataly allesti-to da Eataly con 20 ristoranti regionali.Inoltre, due padiglioni allestiti daFederalimentare dove troveranno spazio leaziende del comparto agroalimentare italia-no, un Padiglione UE, struttura realizzata egestita dall’Unione Europea, che presenteràun percorso dedicato al pane; Cluster: padi-glioni collettivi che ospiteranno più paesipartecipanti accorpati in base alle loro pro-duzioni alimentari (Bio-Mediterraneo,Cacao, Caffé, Cereali & Tuberi, Frutta &Legumi Isole, Riso, Spezie, Zone Aride);Cascina Triulza: padiglione dedicato allasocietà civile e alle organizzazioni nongovernative.

Anche la Chiesa comunicherà a Expo 2015Il tema del cibo è anche occasione di rifles-sione ed educazione sulla fede, la giustizia,la pace, i rapporti tra i popoli, l'economia,l'ecologia. A tale proposito, sarà presenteanche la Santa Sede come Paese espositorecon un proprio Padiglione, promosso, rea-lizzato e sarà gestito in collaborazione dalPontificio Consiglio della Cultura (espres-sione della Santa Sede), dalla Conferenzaepiscopale italiana, dalla diocesi di Milano.«Non di solo pane» è il tema che verrà svi-luppato.

Info: www.expo2015contact.it

E V E N T I

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L A PA G I N A D E L L ’A R T E

Nelle scorse settimane, passando per casodavanti alla Sala Rosa, ci siamo imbattu-ti nella mostra di Giorgia Montanari, ed

è stato piacevole scoprire una giovane artista,perdipiù budriese.Giorgia Montanari è stata selezionata dalComune di Budrio per l’allestimento di unaMostra organizzata per l’evento “BUDRIODONNA” in occasione della Festa della donna.L’artista, come descrive bene Cristiano Galassinella presentazione che segue, lancia unasfida ad altre forme di comunicazione visivaricorrendo al disegno, che ne mette in luce lagrande tecnica, il suo realismo espressivo e lacapacità di rappresentare la condizione umanae sociale.

“Opere a volte ironiche, a volte tese ad un’aper-ta sfida alla fotografia sono quelle di GiorgiaMontanari. Una profonda maestria tecnica al

servizio di un mezzo espressivo tutt’altro chesemplice e che affonda le proprie radici nellapiù remota forma di espressione figurativa del-l’uomo, vale a dire il disegno.Sono disegni a matita quelli che più ci colpisco-no tra le opere di Giorgia: un disegno che rap-presenta appieno la realtà, pur rimanendo nelcampo della finzione, ma che si pone come unasfida aperta nei confronti della fotografia. Lagrafite, lasciando sul foglio tracce grigie, chiaree scure, ci restituisce quel sapore che solo vec-chie foto in bianco e nero possono darci, seppu-re rimanendo nel campo della creatività e delmezzo artistico.Sono sì rivisitazioni di lavori di Rockwell,Salgado o Macha, ma comunque frutto dellavoro e del pensiero dell’artista. Opere nellequali apprezziamo non solo l’abilità tecnica,

ma altresì successivi e più profondi messaggi:l’ironia nei lavori di Rockwell, che Giorgia cirestituisce ancora più pungente, eliminando lacromia (distraente ?) per donarci una rivisita-zione ancora più salace, oppure la denunciadella condizione umana delle fotografie diSalgado, che viene rielaborata con la cifra sti-listica propria dell’artista, senza tralasciare ilben che minimo particolare, ma risultando, sepossibile, ancora più diretta.In fondo, nell’arte (pittura, scultura, disegno),non si assiste forse alla completa spersonalizza-zione, con il conseguente innalzamento a sim-bolo, dell’uomo? Ecco allora che la donna , chela Boscimana – bellissimo l’atteggiamento diintrospezione in cui è ritratta – non risulta piùessere quella donna in particolare, ma “laDonna”. La donna che, ad ogni latitudine,affronta spesso il carico e l’incarico più gravosoall’interno del nucleo familiare e nella sua inte-ra società.Talvolta nelle opere di Giorgia il colore compa-re, quasi a sottolineare alcuni particolari. Sonocomunque colori mai sfacciati, del tutto natu-rali e stesi con sensibilità. Certo che tutta laproduzione non vive per mostrare come prota-gonista la cromia: essa solamente ha la funzio-ne di esaltare quello che, oggettivamente, è lavera e propria cifra stilistica di GiorgiaMontanari, il disegno”.

Cristiano Galassi

Una felice scoperta in Sala Rosa:GiorgiaMontanari

A CURA DELLA REDAZIONE

Giorgia Montanari, in una fotografia eleborata cheha utilizzato come locandina della mostra.

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Quello che non ti dicono.

BUDRIONE TXIl primo magazine online dedicato a Budrio

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7 7 40184

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I n Sala Rosa, a Budrio, Renzo Bonoli e ilpittore Enrico Visani, con il patrociniodel Comune di Budrio, hanno organizzato

ai primi del mese di aprile, una sorprendentee interessante esposizione di arte contempo-ranea dal titolo “VUOTO CONCRETO” del pit-tore moldavo VALERIU PALADI, da anni resi-dente a Molinella. Ecco come il critico BrunoBandini ha tenuto a battesimo la mostra diquesto artista nato a Sarata-Veche, che hastudiato all’Accademia di Belle Arti diBucarest e che ha esposto le sue opere inRomania e Moldavia prima di approdareall’Accademia di via Belle Arti a Bologna, doveè stato allievo del prof. Rinaldo Novali:

«i percorsi che danno vita all’immagine sono

complessi, tanto quanto lo sono quelli che ren-dono evidenti le variazioni alle quali l’immagi-ne è costretta. A volte accade che il modo stes-so di interrogare l’immagine da parte dell’arti-sta subisca torsioni in apparenza incomprensi-bili. Eppure il caso di Valeriu Paladi ha moti-vazioni piuttosto evidenti e, per certi versi,paradigmatiche. Nel volgere di alcuni annil’attenzione dell’artista rumeno passa da unarivisitazione del paesaggio, della figura, aduna risoluzione formale “astratta”, dove sonogli accordi cromatici a divenire nucleo proble-matico e struttura portante dell’immagine pit-torica. Un processo che avviene per decanta-zione e non per rottura: l’elemento naturalisti-co si raggela progressivamente; i colori paionostrutturarsi in forme geometriche conchiuse econtrapposte; la gamma cromatica si semplifi-ca e infine si trasforma in campitura larga,dove il disporsi tenue dell’acquerello predomi-na evitando giustapposizioni, lasciando emer-gere zone “libere” dove ogni contaminazionediventa possibile. Sono zone vuote, assenzeche segnano gli andamenti di un confine chenella sua incertezza diventa elemento concretovivo, ricco di potenzialità.Non già la “griglia” alla quale il Modernismoci aveva abituato: non si tratta più dello sche-ma che si impone alla nostra azione dellosguardo. Piuttosto Paladi confida – almenocosì sembra – nella scommessa che le massecromatiche possano di nuovo rimettersi ingioco: il confine è aperto, permeabile.Insomma, è come se si trattasse di condurreun’operazione ad un tempo seducente e dram-matica: far emergere la necessità della pitturaattraverso la ricognizione di pochi elementi,attraverso la loro progressiva riduzione sullasuperficie del “quadro”. Detto, in altre parole,un gioco di linee e di colori. La grammaticadella pittura è tutta lì e da essa si deve ripar-tire per pensare di generare una visione capa-ce di dar ordine all’universo del visibile.Certo Valeriu Paladi non è il primo a percorre-re questa strada, ma le premesse ormai speri-mentate sembrano avvalorare le sue sceltesilenziose, quasi “monastiche”. La matrice delpensiero che lo sorregge appare forte come lesue motivazioni. Il vuoto d’immagine che oraPaladi dipinge è quanto di più lontano, quan-to di più ostile possa manifestarsi rispetto al“nulla”».

Vuoto concreto

A CURA DELLA REDAZIONE

La notizia riguarda i diversi utilizzi delnostro teatro durante la Grande Guerra del1915-18. È noto che gli edifici civili nel corso deiconflitti servissero da alloggi per militari eprofughi, e ciò avvenne anche per il nostroteatro. Tuttavia, per un breve periodo ilConsorziale fu utilizzato anche come depo-sito dei fiori di tiglio. Infatti erano albe-rati con tigli oltre a quello della stazione,anche i quattro viali che perimetravano ilpaese seguendo il tracciato delle antichemura. Ma non si trattava di un semplicevezzo botanico: a maggio, i fiori venivanoraccolti e venduti per usi farmaceutici, edecco il motivo per il quale il teatro servìcome deposito. La conferma giunge da Silvia Gnudi, il cuinonno conduceva proprio in quegli anni lastorica farmacia budriese. “Dai racconti della mia famiglia ricordo cheil nonno faceva uno sciroppo per la tosse abase di malva, sambuco, tiglio e camomil-la. Del resto le proprietà del tiglio sono note:combatte l'insonnia, la tachicardia, il nervo-sismo e persino il mal di testa, dovuto a statid’ansia e di stress. Inoltre, questi fiori sonoindicati anche in caso di disturbi alle vieaeree dei bambini e degli adulti, perché lemucillagini contenute conferiscono proprietàmucolitica e antinfiammatoria per tosse ecatarro”.

Il tiglio è un albero millenario e in centroEuropa è considerato l’albero dell’immortali-ta. Per battezzare il tiglio i Greci si sonoispirati alla brattea alata che accompagna ilpeduncolo del fiore. Infatti il nome derivada ptìlon, che significa “ala”.Pare che sia una pianta originaria dellaPrussia, e a Berlino è famosissimo il vialeUnter den Linden (sotto i tigli), voluto daFederico Guglielmo I di Prussia.

Non tutti sanno che i tigli, oltre al loro profumo...

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Assicurati alla vita Agenzia Generale di BUDRIO

di ZUCCHELLI AURELIO

L’interesse per la storia passata del nostropaese e dei suoi abitanti, a cui il nostroMagazine ha sempre dato importanza,

sembra essersi diffuso, come provano gli artico-li del giovane storico Leonardo Arrighi, che ciregala importanti scorci del passato dalle pagi-ne di “Budrio terra e civiltà”.I nostri storici ufficiali sono il signor AnninoMagli, Nino per gli amici, e la signora GiocondaCané, due esempi di lucida memoria storica,che raccontano le esperienze e i particolari delpassato, di cui sono stati testimoni.Magli è l’autore dell’articolo sull’oratorio diSanta Giuliana, che completa quello pubblicatosu “Budrio terra e civiltà”; a Gioconda si devo-no invece due brevi articoli sul clima storicodel periodo, in cui si concluse la Seconda guer-ra mondiale.

L’oratorio di Santa GiulianaI vecchi, cioè quelli nati prima di me, hannosempre detto che l’Oratorio di Santa Giuliana fucostruito come sussidiario dell’antica chiesa diPieve, esistente sotto quella attuale e visitabi-le solo in parte, perché le abbondanti inonda-zioni del torrente Idice, che anticamente nonaveva gli argini, la allagavano spesso e l’acquaportava con sé sabbia, che poi rimaneva lìdepositata. Con il tempo divenne impraticabile,e i parrocchiani decisero di costruirne unanuova, su quella già esistente.Durante la seconda guerra mondiale (1940-45)con l’occupazione tedesca, nel periodo che vadal settembre del ‘43 all’aprile del ‘45, divenneil magazzino per il combustibile, utilizzato perfar funzionare i camion tedeschi, che in man-canza di benzina andavano a gassogeno. Dietrola cabina dei camion, mi sembra di ricordaredalla parte destra, era collocata una colonnad’acciaio, simile ai vecchi scaldabagno a colon-na, che era il serbatoio, che aveva sotto un for-nello, in cui erano bruciati dei pezzetti dilegno, della grandezza di due dita della manounite, indice e medio. Il fuoco scaldava l’acqua,che produceva vapore, poi c’erano dei tubi che

andavano al motore del camion, naturalmentemodificato. Il camion non avrebbe mai rag-giunto gli 80/90 chilometri orari, come se aves-se funzionato a benzina, ma i 40 chilometriorari sicuramente li faceva.Questa osservazione non c’entra con l’oratoriodi Santa Giuliana, ma ci sta ugualmente: se set-tanta anni fa già funzionavano gli autocarri agassogeno, perché nonostante tutte le inven-zioni moderne si continua a costruire auto abenzina, che inquinano?L’oratorio era pieno zeppo di questi pezzotti dilegno e la croce carolingia era in fondo allachiesetta, quasi sommersa da questi legnetti(secondo me fu trasferita alla chiesa di Pieve aguerra finita, perché con il passaggio del fron-te la chiesetta fu tanto danneggiata, da doveressere demolita).

Annino Magli

���� ���� ����

C’era la guerra24 agosto 1944 mattinaStavo riassettando la camera, mettevo le len-zuola al sole(1); rivolsi lo sguardo verso PiazzaXXVIII ottobre. Vidi un ragazzino minuto conuna camiciola verde fermarsi all’entrata a norddel barbiere Zecchi. Senza scendere dalla bici-cletta, mise il piede sinistro sul gradino, tenneil manubrio con la mano sinistra e passò sottoil braccio la mano destra. Si sentì sparare esubito il ragazzo fuggì per via Donati, pedalan-do velocemente.Non mi resi conto subito di cosa fosse succes-so, per quanto sentire sparare in quel tempometteva grande agitazione. Si seppe che erastato un attentato. La mia impressione fu tale,che ancor oggi a sessantacinque anni didistanza, ricordo il fatto nei suoi particolari. Che cosa terribile è la guerra con i suoi odi e lesue vendette!(1) la casa dove abitava allora Gioconda si trovain via Martiri Antifascisti.

Primavera 1945Appena finita la guerra, l’aria della democraziasi fece sentire in tutte le istituzioni. Agli ospe-dali fu nominato Presidente il veterinarioNatale Neri. Subito si rese conto delle condizio-ni generali e si diede da fare per riordinare, nelmodo possibile in quel momento. Uno dei problemi era la scarsità di biancheria,

tanto consumata per l’uso in quegli anni; poinei giorni del passaggio del fronte era scoppia-ta una bomba nel guardaroba, con conseguen-te incendio, domato a fatica dal personale. Il Presidente chiese alle donne dipendenti, chisapesse tessere. Fu montato un telaio in una delle stanze dovepranzavano i vecchi ricoverati, furono trovatematasse di cotone in varie mercerie e matassedi filo di canapa furono offerte dalle contadine.Si misero al lavoro mia suocera e la sorella delsindaco Canova. La tela cresceva e in poco tempo le guardaro-biere poterono cucire un buon numero di len-zuola.

Gioconda Canè

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Guerrino Sarti è nato a Bologna il 26 giu-gno 1942, ma può considerarsi cittadinobudriese. Egli infatti ha abitato nella

Corte del Muto fino al 1960, anno in cui permotivi di lavoro emigrò a Bologna, ma ha con-servato nel suo cuore e nella sua memoria tantiricordi (la fossa dove si giocava a pallone, labottega del barbiere Giorgio Zecchi, la barac-china dei gelati, i bagni al fiume) che, anzichésbiadire, si sono concretizzati in chiave dia-lettale nella sua passione per creare "zirudelle".Una di queste, quella intitolata "Al buden",abbiamo il piacere di presentare, scusandoci perla versione ortografica, certamente deficitaria,che l'amico Tiziano Casella, supremo cultore ditesti e dialettali e di zirudelle, avrebbe certa-mente bocciato. Il testo è stato splendidamen-te illustrato dalla figlia secondogenita diGuerrino, Ester, laureata con 110 e lodeall'Accademia di Belle Arti di Firenze.

“Durante una convalescenza, mi sono resoconto di avere in testa una specie di archi-vio di espressioni dialettali e ho voluto

vedere se ero capace di scrivere una zirudella. Ènata così “ Zirudela a spas pr’al marché “. Percaso, cinque mesi dopo, era previsto un incon-tro fra gli alunni della Scuola di AvviamentoAgrario ed allora ho pensato che forse mi sareb-be riuscito di scriverne un’altra con l’intento didescrivere come eravamo, quando frequentava-mo quella scuola.poi ho scritto le altre, che atutt’oggi sono sei in tutto: Al buden, Al ninazen, Zirudela sté a’sculter el’ultima di pochi giorni fa, A l’Arcardina”.

70 annida quel 25 aprile...

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R I C O R D I

AL BUDENUn eletrizesta ed BudriSobit dop la gueraL'andè a ca' d'un cuntadenPar der un po' ed curantE sbrigher soquant ciapen.

Cum l'era naturelPrema ed tacher a lavurerAs guardé un po' in girE come se un presentimantL'avess guidè i su pas e i su pensirAs truvè davanti A una porta avverta, spalanchèCh'la pareva mesa lè propri a posta,Propri a posta par incuriosir.Apana dantarPar quant al zarchessPar quant al pruvessEd capir duv l'andessAl pareva che la lusCh'la zugheva con l'ombraAll'imbarbaiessMo pasè al prem mumantPiò al so sguerd al s'abituevaPiò la so curiosità la carsevaAnc se a dir la veritèLa so memoriaA zerti impruvisèL'an era pio abituè.

Se la memorria al l'avess sobit aiutè,Aloura séCh'al srè stè fazil stabilirCus'ai era soura cal tavlenUn po' riapre dal moscIn cal dè d'agost.

Per furtuna che,Con l'aria frasca d'la matinaAl cafè dantr'a la tazinaE un bel respir par reagirPian pianen, pian pianen,Anc la memoria la tachè a partirE dop un etar mumant d'esitazionSoul d'un'impressionAs ciarè finalmente tota,Tota quanta la situazion.

Oh insomma! Ai era poc da fer!La guera l'ai era stèMo se Dio vol, l'era bela pasèE la memoria l'era turné.

Mò aloura, se la memoria l'era turnèQual lè, suora ch'al tavlenApana appanna riapre dal moscIn cal bel dè d'agost

Se Dio vol, sampar se Dio vol,L'era propri un bel buden!

Un bel budenEd qui ch'is preparevan soul na voltaPrema d'la gueraCol lat, agli ov fraschiE un mòch ed zocar!

Con la camisa d'al locar caramlè,Caramlè dantr'al stampenE la cotura lanta, lanta,A fiama basa, basa,A bagn marìI preparevan di buden brulèDa fer invidia a tot al pastizarì.

Soul che l'eletrizesta, la tension, l'ai tur néPropri parchéAdes che la memoria l'as era lasè anderUn povar cristian scampè a la gueraEd front a la tentazionCum s'aveval da cumuperter?

Quand a si và a metar anc al destèn,Soura al tavlen, atais al buden,An i mancheva gnanc un cuciaren!

Gnanc al freno d'un trenoAl srè riuscè a farmer cal brazCal braz ch'al spinzeva cla man,Cla man ch'la stricheva al cuciarenVers al buden!

Durant la degustazionL'eletrizesta l'era completament isolèE la guera, l'an i era mai stè,E in cal'smantar ch'al pluchevaGnanc unasa d'la trifèsLa srè riuscè a fe salterAl sistema dal suo facoltàToti riparè cum i eranDa un rivestimant doulzE da un savour spezielA dir poc zelestielCh'i fevan super come di viulen

Parfen al budel!Dop al fò tot un seguitE al bune an i era pio!Tot qual ch'hai era avanzèl'era un tavlencon un piat vudUn cucciare e un po' ed sughe.

Ai era però avanzè anch un eletrizestaChe, pr'al mumentAl pareva abastanza penE che, par totta la veta,Al fò ciamè "Buden".

Par zarcher ed scnslerAl ché originel dal pesar,Al fiol d'eletrizestaAl fò regolarmant batzè;Regolarmant mo inutilmantParchè a Budri, tot quant,I al ciamevan solamant,"Al filo ed Buden"

Mastar Tampec, che da una fiopa l'i cave un cavec

Illustrazioni di ?????

C.M.G. S.p.a. Via A. Sarti, 2 - Budrio (BO) Tel. +39 051 6920875 - 6924611 - Fax +39 051 6920874 - 6920599

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Domenica 19 aprileVisita alla mostra

DA CIMABUE A MORANDI, FELSINA PITTRICE PALAZZO FAVAAppuntamento alle 11,45 davanti all’ingresso. Dopo la visita, verso le 14, brunch all’HOTEL BAGLIONI,dove potremo ammirare altri affreschi dei Carracci. Costo della visita e del pranzo, € 55

Sabato 16 maggio

GITA A CONEGLIANO, PER LA MOSTRA DEL CARPACCIOPARTENZA DA BUDRIO ALLE ORE 7,30 Pranzo da “Lino” a Solighetto, poi visita a CastelfrancoVeneto.Ingresso alla mostra poi partenza per Solighetto.Dalle 15 alle 16 visita a Castelfranco e rientro previsto tra le 19,30 e le 20.Costo della gita € 60, pranzo € 38

Giovedì 21 maggio, ore 21

CONCERTO ORCHESTRA SENZA SPINETEATRO CONSORZIALE DI BUDRIOL'orchestra Senzaspine torna al Teatro di Budrio con unconcerto sinfonico dal programma grandioso: l'ultimo piano concerto di Beethoven, il numero 5 op. 73 inMib maggiore, soprannominato "L'Imperatore" e la primasinfonia di Brahms, op. 67 in Do minore. Solista MatteoRubini, direttore Tommaso Ussardi. Tommaso Ussardi, classe 1984, dopo essersi diplomato conil massimo dei voti in Direzione d'Orchestra e in Direzionee Composizione Corale, nel 2011 ha vinto il "PremioGalletti" in Direzione D'Orchestra, nel 2012 ha ricevuto unamenzione d'onore al Premio Nazionale delle Arti e nel2013 ha vinto il Premio Zucchelli in Composizione. Nel2014 viene invitato dal Conservatorio di Lione per il Festivaldi musica contemporanea “Suona Italiano”. Numerose leesecuzioni di composizioni sue e di celebri compositori contemporanei presso festival, concorsi e rassegne sianazionali sia internazionali. Nel maggio 2013 fondal'Orchestra Senzaspine di cui e presidente, direttore artisti-co e musicale, con la quale si esibisce regolarmente pressoil Teatro Duse e il Teatro Manzoni di Bologna.Costo del biglietto € 10

Venerdì 12 giugno, ore 19

PARLANDODELL’EXPO CON MAURIZIOCAMPIVERDI CAFFÈ FILOPANTI, PIAZZAFILOPANTIStoria dell’Expo dalla primaesposizione di Londra nel1851 a quella di Milano del2015. L’incontro si svolgera presso ilcaffè Filopanti. Segue apericena presso lostesso caffè.

Supermercato di MolinellaVia Podgora 31 - Tel.051-882775

Supermercato di BaricellaVia Roma 199 - Tel.051-879146

Supermercato di BudrioVia Verdi 4 - Tel.051-801644

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