L'attacco alla base navale di Taranto, Novembre 1940 · Regia Marina non era poi così ovvio nel...

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L'attacco alla base navale di Taranto, Novembre 1940 Galli Sergio __________________________________________________________________Storia Navale _____ Pag. 1-3 Nel mese di Maggio 1940 la Wehrmacht tedesca aveva lanciato la tanto attesa e pianificata offensiva ad Ovest verso l’Olanda, il Belgio e la Francia. Nei primi giorni di Giugno era ormai chiaro a tutti che la Francia sarebbe caduta. Il 10 Giugno 1940 il premier italiano Benito Mussolini portò l’Italia in guerra al fianco della Germania. La Francia si arrese il 25 Giugno. Inizialmente la strategia degli alleati contava sulla disponibilità della Flotta Francese per proteggere il Mar Mediterraneo occidentale, da Malta a Gibilterra, mentre la Royal Navy con la Mediterranean Fleet, di stanza ad Alessandria d’Egitto, avrebbe controllato la parte orientale. Ma, con la Francia battuta e ormai fuori dalla guerra, le forze della Royal Navy dovettero assumersi la responsabilità dell’intero bacino Mediterraneo. Al confronto con le forze navali che la Royal Navy poteva dislocare nel Mediterraneo, la Regia Marina Italiana rappresentava, a giudizio britannico, un formidabile avversario. La sua principale forza navale derivava dalle sue sei navi da battaglia: le quattro vecchie, ma recentemente rimodernate, Conte di Cavour, Giulio Cesare, Andrea Doria e Caio Duilio, tutte con un dislocamento prossimo alle 25.000 tonnellate, e le due nuovissime navi gemelle da 40.700 tonnellate Littorio e Vittorio Veneto, entrate in servizio nell’Agosto 1940. Inoltre erano in costruzione due nuove corazzate sempre della classe Littorio: la Roma e Impero. Per poter sostituire la Flotta Francese, l’Ammiragliato britannico stanziò una squadra navale a Gibilterra, la famosa Forza H che avrebbe giocato un ruolo importante anche nella caccia alla corazzata tedesca Bismarck. Questa squadra navale era incentrata attorno a tre corazzate e una portaerei. Infine la Mediterranean Fleet venne rinforzata con una quarta corazzata. Questa mossa permise alla Royal Navy di ottenere una piccola superiorità in questo teatro operativo per quanto riguardava le navi di battaglia. Ma queste comparazioni finivano qui: il compito di opporsi alla Regia Marina ricadeva quasi esclusivamente sulla flotta basata ad Alessandria d’Egitto, cioè la Mediterranean Fleet, che di fatto era inferiore alla Regia Marina in tutti i tipi di navi da guerra, eccetto uno. Questo tipo di nave era la portaerei, di cui la Mediterranean Fleet ne aveva inizialmente una e successivamente furono portate a due. L’Italia era l’unica grande potenza navale a non aver costruito neanche una portaerei tra le due guerre. Tutto il supporto aereo si basava sul fatto che doveva essere fornito efficacemente, da aeroporti basati a terra sia in Italia che in Libia, dalla Regia Aeronautica, arma indipendente dalla Marina. Questa strategia si dimostrò in pratica un vero disastro. Bisogna riconoscere che lo svantaggio dovuto all’assenza di portaerei nella Regia Marina non era poi così ovvio nel 1940 come lo è ai nostri giorni. Molte opinioni diffuse in Italia sostenevano che gli aeri imbarcati fossero ausiliari alle navi da battaglia, considerate come l’unico e definitivo arbitro della potenza navale. L’Ammiraglio Sir Andrew B. Cunningham era il comandante della Mediterranean Fleet. Cunningham era uno degli ammiragli inglesi con una notevole mentalità offensiva, desideroso di negare al nemico il controllo del Mediterraneo centrale. Ma presto si dovette rendere conto con disappunto che la Regia Marina con condivideva il suo pensiero per uno scontro navale risolutivo. Lo staff navale italiano, convinto che uno scontro diretto, finalizzato al controllo navale del teatro, avrebbe avuto un costo troppo alto in fatto di perdite, aveva limitato le azioni della flotta per perseguire specifici obiettivi operativi, come la protezione dei trasporti truppe alle forze italiane nel Nord Africa e l’attacco dei convogli britannici. In base a questa situazione interlocutoria Cunningham accettò in modo entusiasta il piano proposto da Lumley St. G. Lyster, ammiraglio comandante la squadra delle portaerei inglesi, di lanciare un attacco notturno alla flotta italiana alla fonda nella sua base operativa di Taranto, nel sud della penisola, sulle coste del Mar Ionio.

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L'attacco alla base navale di Taranto, Novembre 1940

Galli Sergio

__________________________________________________________________Storia Navale_____

Pag. 1-3

Nel mese di Maggio 1940 la Wehrmacht tedesca aveva lanciato la tanto attesa e pianificata offensiva ad Ovest verso

l’Olanda, il Belgio e la Francia. Nei primi giorni di Giugno era ormai chiaro a tutti che la Francia sarebbe caduta. Il 10

Giugno 1940 il premier italiano Benito Mussolini portò l’Italia in guerra al fianco della Germania. La Francia si arrese

il 25 Giugno.

Inizialmente la strategia degli alleati contava sulla disponibilità della Flotta Francese per proteggere il Mar

Mediterraneo occidentale, da Malta a Gibilterra, mentre la Royal Navy con la Mediterranean Fleet, di stanza ad

Alessandria d’Egitto, avrebbe controllato la parte orientale. Ma, con la Francia battuta e ormai fuori dalla guerra, le

forze della Royal Navy dovettero assumersi la responsabilità dell’intero bacino Mediterraneo.

Al confronto con le forze navali che la Royal Navy poteva dislocare nel Mediterraneo, la Regia Marina Italiana

rappresentava, a giudizio britannico, un formidabile avversario. La sua principale forza navale derivava dalle sue sei

navi da battaglia: le quattro vecchie, ma recentemente rimodernate, Conte di Cavour, Giulio Cesare, Andrea Doria

e Caio Duilio, tutte con un dislocamento prossimo alle 25.000 tonnellate, e le due nuovissime navi gemelle da

40.700 tonnellate Littorio e Vittorio Veneto, entrate in servizio nell’Agosto 1940. Inoltre erano in costruzione due

nuove corazzate sempre della classe Littorio: la Roma e Impero. Per poter sostituire la Flotta Francese,

l’Ammiragliato britannico stanziò una squadra navale a Gibilterra, la famosa Forza H che avrebbe giocato un ruolo

importante anche nella caccia alla corazzata tedesca Bismarck. Questa squadra navale era incentrata attorno a tre

corazzate e una portaerei. Infine la Mediterranean Fleet venne rinforzata con una quarta corazzata. Questa mossa

permise alla Royal Navy di ottenere una piccola superiorità in questo teatro operativo per quanto riguardava le navi

di battaglia. Ma queste comparazioni finivano qui: il compito di opporsi alla Regia Marina ricadeva quasi

esclusivamente sulla flotta basata ad Alessandria d’Egitto, cioè la Mediterranean Fleet, che di fatto era inferiore alla

Regia Marina in tutti i tipi di navi da guerra, eccetto uno.

Questo tipo di nave era la portaerei, di cui la Mediterranean Fleet ne aveva inizialmente una e successivamente

furono portate a due. L’Italia era l’unica grande potenza navale a non aver costruito neanche una portaerei tra le

due guerre. Tutto il supporto aereo si basava sul fatto che doveva essere fornito efficacemente, da aeroporti basati

a terra sia in Italia che in Libia, dalla Regia Aeronautica, arma indipendente dalla Marina. Questa strategia si

dimostrò in pratica un vero disastro. Bisogna riconoscere che lo svantaggio dovuto all’assenza di portaerei nella

Regia Marina non era poi così ovvio nel 1940 come lo è ai nostri giorni. Molte opinioni diffuse in Italia sostenevano

che gli aeri imbarcati fossero ausiliari alle navi da battaglia, considerate come l’unico e definitivo arbitro della

potenza navale.

L’Ammiraglio Sir Andrew B. Cunningham era il comandante della Mediterranean Fleet. Cunningham era uno degli

ammiragli inglesi con una notevole mentalità offensiva, desideroso di negare al nemico il controllo del Mediterraneo

centrale. Ma presto si dovette rendere conto con disappunto che la Regia Marina con condivideva il suo pensiero

per uno scontro navale risolutivo.

Lo staff navale italiano, convinto che uno scontro diretto, finalizzato al controllo navale del teatro, avrebbe avuto un

costo troppo alto in fatto di perdite, aveva limitato le azioni della flotta per perseguire specifici obiettivi operativi,

come la protezione dei trasporti truppe alle forze italiane nel Nord Africa e l’attacco dei convogli britannici.

In base a questa situazione interlocutoria Cunningham accettò in modo entusiasta il piano proposto da Lumley St. G.

Lyster, ammiraglio comandante la squadra delle portaerei inglesi, di lanciare un attacco notturno alla flotta italiana

alla fonda nella sua base operativa di Taranto, nel sud della penisola, sulle coste del Mar Ionio.

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Con un senso storico notevole, Cunningham pianificò il raid il 21 Ottobre, la stessa data della battaglia di Trafalgar,

ma un incendio scoppiato a bordo della nuova portaerei Illustrious lo obbligò a rimandare l’attacco ad un altro

interessante anniversario, l’ 11 Novembre, il giorno dell’Armistizio. In origine l’azione doveva essere intrapresa

utilizzando due portaerei, la Illustrious e la vecchia Eagle. Ma nel frattempo la Eagle venne danneggiata e dovette

essere ritirata. Anche se cinque dei suoi aerei vennero imbarcati sulla Illustrious, la forza della squadra aerea venne

ridotta a un totale di 24 velivoli, sei in meno del previsto. Successivamente, altri problemi ridussero ulteriormente il

numero di aerei disponibili a 21.

Gli aerei imbarcati erano i Fairey Swordfish, comunemente noti come “Stringbags”, aereo da ricognizione,

bombardamento e silurante. Sebbene questo

aereo fosse stato introdotto nella marina inglese

solo nel 1936, lo Swordfish sembrava piuttosto

un residuato della precedente guerra del 1914-

18. Rivestito di tela, con un abitacolo aperto, un

carrello fisso, biplano, aveva un’apertura alare di

45 piedi e 6 pollici, un equipaggio di due persone

(per attacchi aerosiluranti) o di tre (per la

ricognizione). Raggiungeva una velocità massima

di 125 nodi e poteva volare ad un’altezza

massima di 10.700 piedi. Oltre al notevole ruolo

giocato durante l’attacco di Taranto, questo

antiquato aereo avrebbe in seguito giocato un

ruolo chiave nell’affondamento della Bismarck

nel Maggio 1941.

Durante il pomeriggio dell’11 Novembre 1940 la Mediterranean fleet si posizionò al largo delle isole ioniche. Al

crepuscolo l’Illustrious, scortata dagli incrociatori Berwick, Glasgow, Gloucester e York si mosse verso il punto

previsto per il lancio degli aerei, circa 170 miglia a sudest di Taranto. Alcune ore prima una ricognizione aerea aveva

rivelato che tutte e sei le corazzate italiane erano alla fonda in porto.

Alle 20:00 l’Illustrious iniziò le

operazioni di decollo dei primi 12

Swordfish. Sei degli aerei di questa

prima ondata erano armati con siluri.

Gli altri invece erano equipaggiati con

bombe e compito di illuminare il

porto e di sviluppare attacchi diversivi

a incrociatori, cacciatorpediniere e

installazioni portuali. Malgrado

l’intensa difesa posta in atto dalle

armi antiaeree delle navi italiane, dalle 21 batterie da 4 pollici dell’esercito e dalle 193 mitragliatrici pesanti presenti,

la tattica inglese si dimostrò vincente. Un siluro affondò la Cavour e anche la Littorio fu colpita da altri due siluri.

Uno Swordfish venne abbattuto e gli italiani soccorsero entrambe le persone dell’equipaggio.

Figura 2: la corazzata Duilio.

Figura 1: Lo Swordfish, l'aereo imbarcato inglese protagonista a Taranto.

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La seconda ondata di “Stringbags” consisteva di quattro aerei armati di bombe e razzi illuminanti e cinque

aerosiluranti. Essi raggiunsero Taranto verso mezzanotte e applicarono la medesima tattica messa in atto dalla

prima ondata con un quasi identico successo. Due ulteriori siluri e una bomba inesplosa colpirono ancora la Littorio

ed un altro colpì la Duilio. Da parte inglese venne perso un altro aereo con tutto il suo equipaggio. L’ultimo degli

Swordfish atterrò sull’Illustrious alle 2:50 e la portaerei tornò immediatamente a ricongiungersi con la

Mediterranean Fleet.

Il risultato strategico del raid su Taranto fu di vastissima

portata. In un solo colpo la forza della linea di battaglia

italiana era stata dimezzata. Due delle corazzate di

Cunningham potevano quindi essere riposizionate altrove

per aiutare a contenere i corsari tedeschi nel Nord

Atlantico. La Cavour non rientrò mai più in squadra mentre

la Littorio e la Duilio rimasero in riparazione fino ad Aprile

e Maggio 1941, rispettivamente. In aggiunta la flotta

italiana di ritirò da Taranto, dislocandosi in porti della costa

occidentale dell’Italia, più sicuri ma molto più lontani dalle

aree delle operazioni militari. Infine, in un momento poco

felice per la Gran Bretagna, sotto attacco dalla Luftwaffe

sul suo territorio e perdente ovunque, il raid vincente di

Taranto dette alla popolazione una delle poche vittorie che

valesse la pena di celebrare dopo tanti disastri.

Non ultimo, importantissimo, il raid di Taranto fornì al mondo la prima reale dimostrazione di combattimento

aeronavale che avrebbe reso la portaerei lo strumento dominante della futura guerra sul mare e che ispirò il

comandante in capo della Marina Giapponese, l’ammiraglio Isoroku Yamamoto, a concepire l’attacco aeronavale

alla base navale americana di Pearl Harbour nel Dicembre 1941.

Fonte: United States Naval Institute

Galli Sergio

Figura 3: la corazzata Cavour, semisommersa, dopo l'attacco degli Swordfish.