L'Artistico Impertinente - Diario Di Bordo

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 DIARIO DI BORDO L’ARTISTICO IMPERTINENTE Laboratorio di integrazione multidisciplinare Progetto in rete Anno Scolastico 2010/2011

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Nella giornata del 29 novembre 2011 si è concluso ufficialmente il primo anno dell’Artistico Impertinente, il laboratorio di integrazione multidisciplinare, atto anche all’integrazione degli studenti diversamente abili, tenuto da Emanuele Morandi professionista del Teatro Impertinente (www.teatroimpertinente.info) nell’anno scolastico 2010-2011 presso il Liceo Artistico di Imperia Oneglia; progetto in rete destinato a rinnovarsi quest’anno e forse anche per i prossimi anni con sempre maggiore successo.I ragazzi appartenenti al corso 2010-2011 hanno oggi dato l’addio alla scorsa esperienza, chi per iniziarne una nuova e chi per prendere altre strade. Durante l’incontro erano presenti (o meglio: partecipanti) anche i Dirigenti Scolastici Beatrice Grossi (del Liceo Artistico) e Elisabetta Bianchi (del SMS N. Sauro) e molti dei professori di sostegno che sono stati o saranno implicati nell’Artistico Impertinente, che quest’anno ha un’adesione altissima anche presso altri istituti scolastici.

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DIARIO DI BORDOL’ARTISTICO IMPERTINENTE

Laboratorio di integrazione multidisciplinare

Progetto in rete

Anno Scolastico 2010/2011

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Nel veloce, troppo veloce, scorrere del nostro tempo tante volte trascuriamo di riettere, di interrogarci sui signicati della vita, sul perché esistiamo,

chi siamo, quali meccanismi ci hanno permesso di vivere no all’età cui siamo giunti in un certo modo, fortunato, rispetto alla immensa moltitudine

che sta invece innitamente peggio di noi. Ma sono sempre vere le differenze che ci pare ci separino dagli altri? Oppure a volte nel generalizzare

commettiamo dei grossolani errori? 

Ed ecco appunto una occasione che ci fornisce l’Istituto d’Arte di Imperia per fare un attimo mente locale, e riportarci su alcune di queste

nostre domande inespresse, e compresse, per la solita, cronica.…mancanza di tempo. E allora ci misuriamo, ci confrontiamo, e ci accorgiamo che

ci disorienta accorgerci di quanto frequentemente siamo superciali nel considerare il prossimo, e che molte volte chi consideriamo disabile, e quindi

meno performante di noi, in realtà spesso non solo è abile, ma anche dotato di un notevole talento e capacità. Ecco allora che le nostre convinzioni

vacillano, che ogni barriera e pregiudizio deve per forza cadere. Si scopre il valore sostanziale della relatività, di fronte a chi, nonostante un limite sico

o psichico riesce ad esprimere con forza una abilità artistica ed a trasmettere emozioni profonde, al punto che ci viene quasi spontaneo confonderci, e

riconoscere invece una nostra “disabilità”. Si mescola tutto, allora. E scopriamo che è la diversità il vero motore, il vero cardine intorno al quale ruota

tutto l’Universo umano.

Dal punto di vista creativo, artistico, quindi le persone afitte da un qualche handicap sico non sono disabili, bensì diversi, come ognuno di

noi è diverso da ogni altro. Teatro, danza, musica, pittura, scultura: discipline in cui grazie all’occasione creata dall’Istituto d’Arte possiamo vedere

come questi ragazzi disabili esprimono emozioni, creano, stupiscono. Con una bravura unica. Essi sono la dimostrazione provata che i desideri si

 possono realizzare, che cambiando lo sguardo si possono scorgere immagini di cui non si conosceva l’esistenza, che la diversità può essere portatrice di

una ricchezza enorme in termini di cultura e conoscenza. Questa iniziativa ci dice, con voce forte e chiara, che occorre davvero cambiare l’approccio nei

confronti della disabilità: perché le abilità differenti ci danno mille prove della loro straordinaria capacità di stupire.Ed in particolare colpisce il Teatro, dove, anche con l’importante supporto del compianto e mai dimenticato Franco Carli, i ragazzi hanno

imparato a comunicare davvero, a rapportarsi con il diverso in maniera autentica. Perché ogni persona è portatrice di un pezzo di vita, di un modo del

tutto unico di percepire la realtà. Attraverso l’esperienza teatrale che si sviluppa come laboratorio delle diversità, si confrontano le presunte verità di

ognuno, cadono certezze, sicurezze, integralismi. Il Laboratorio di teatro ed attività espressive è un laboratorio permanente delle diversità. Le diversità

 siche, psichiche, sensoriali, culturali, politiche, religiose, etniche ed economiche non vengono considerate nel Teatro come motivo di discriminazione

ed emarginazione, ma come occasione di scambio reciproco e di crescita comune. Perchè sul palcoscenico non ci sono personaggi ma persone capaci come

nessun altro di raccontarsi. E mentre si raccontano ci danno lezioni di vita, ci insegnano che cosa sono il coraggio e la voglia di vivere.

Arte e cultura nel mondo dei disabili, questo è un argomento enorme su cui il Rotary club di Imperia di cui rivesto pro tempore la carica di

Presidente, e noi due imprenditori, Giovanni Amadeo ed il sottoscritto, abbiamo voluto soffermarci un momento per riettere e considerare, e abbiamo

voluto contribuire a far sì che se ne parli, perché questo argomento fa parte, e deve far parte , della nostra vita di tutti i giorni, come tributo alla creatività

esteriore ed interiore espressa da tutti gli uomini oggi e da sempre. Ci auguriamo che anche altri scorrendo queste pagine trovino ispirazione e motivodi riessione, oltre ovviamente il piacere dei lavori da scoprire ed ammirare.

Il Presidente del Rotary Club di ImperiaAlberto Alberti

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INTRODUZIONE Appena concluso il progetto di integrazionedell’a.s. precedente, portato in scena con tre repli-che al DAMS, una il 30 settembre e due il 1 ottobre2010, e riproposto all’interno della Casa di Riposo“Agnesi”, si riparte per la nuova avventura.Alcuni protagonisti sono gli stessi: io, la prof.Claudia Giordano, referente dei progetti in reteper l’Istituto d’Arte, e alcuni ragazzi, i “miei pro-di” come, a volte, scherzosamente li chiamo.Alcuni hanno terminato il corso di studi, altri perproblemi personali o di studio, riescono a parteci-pare saltuariamente e, durante le loro comparse,sono sempre accolti dal gruppo con grande entu-siasmo. Gente che va e gente che viene.Il “laboratorio multidisciplinare in rete verticale”,nome tecnico per indicare il progetto del presenteanno scolastico, quest’anno si apre alla scuola se-condaria inferiore “N. Sauro”, allievi e docenti, inuno scambio dialettico di competenze, supporto,perché, si sa: la diversità arricchisce (presupponeconfronto, dialogo, ascolto dell’altro, apertura,crescita…. anche se non sempre indolore).L’altra novità è la collaborazione di nuovi esper-ti esterni: Emanuele Morandi, in veste di condut-tore delle attività di laboratorio teatrale, artistagiovane, con grande grinta e pieno di iniziative,competente e fondatore del Teatro Impertinente;Carmelo Solano, veterano di spettacoli di intratte-

di qualità del lavoro educativo: trasformare la di-versità e l’handicap in risorsa è la scommessa chevalorizza la qualità dell’azione educativa arrecan-do spesso i maggiori beneci proprio agli alunnicosiddetti normali.Il Gruppo Handicap, che si è costituito per pro-muovere e organizzare l’attività formativa deglialunni diversamente abili inseriti nella scuola, as-sume come obiettivo primario del progetto edu-cativo il realizzarsi di una integrazione totale ecomplessa, che interessa ogni livello della vita sco-lastica e l’insegnante di sostegno, con le sue com-petenze e le sue conoscenze professionali speci-che, si pone come mediatore nella comunicazionetra tutti gli alunni, tra gli insegnanti e gli alunni,in particolare con l’alunno in situazione di handi-cap, la sua famiglia e la scuola nel suo complesso.Inoltre l’insegnante di sostegno svolge un ruolo dipromozione e progettazione nella ricerca di inno-vazioni metodologiche e didattiche per individua-re gli interventi educativi che possano focalizzarel’attenzione verso le risorse dell’alunno piuttostoche verso il decit e le difcoltà nell’apprendimen-to disciplinare.

 Gli obiettivi. Nell’ottica del rafforzamento della cultura deldialogo tra scuole di diverso ordine, il progettodi integrazione multidisciplinare si è posto comeobiettivo principale quello di potenziare relazionisignicative in cui ogni componente possa essere

nimento e magia, nel percorso laboratoriale mettea disposizione la sue conoscenze per la realizzazio-ne di pupazzi in spugna e oggetti vari di scena.Inizia quindi la grande macchina organizzativa,composta da tante componenti che devono neces-sariamente essere assemblate in modo che il tuttosi intrecci in un lavoro sinergico e uido in ogni suaparte, anche la più piccola…. lavoro arduo!In questa metafora, io mi sento un po’ a metà stra-da tra la calamita e il lubricante: unisce diverseistanze e tenta di farle procedere in modo uido. Sonoesagerata???? Forse un pochino.Comunque è certo che un progetto in rete di in-tegrazione è composto da tanti fattori eterogeneiche per funzionare richiedono un forte legame eafatamento tra tutti i componenti.

 Le f I nalit à. L’integrazione degli alunni portatori di handicaprappresenta un obiettivo impegnativo, ma ancheun’occasione di crescita umana e di arricchimentopersonale per il gruppo e per tutte le componentidella scuola.All’Istituto d’Arte si lavora in un ambiente edu-cativo valorizzante per coloro che, attraversol’espressione creativa, possono conseguire una re-alizzazione non solo lavorativa, ma anche socia-le culturale e personale. La creatività è il valoreaggiunto che permette di attuare una piena inte-grazione di tutti gli allievi con le loro diversità. Ilrealizzarsi di questa integrazione è un indicatore

A Franco Carli Manterremo viva la fiaccola che hai acceso in noi.  

I ragazzi dell’Arte 

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valorizzato e possa rappresentare una risorsa irri-nunciabile per la creazione di una vera comunitàeducante, intrisa di senso di appartenenza, solida-rietà e aiuto reciproco.Quindi: far acquisire il senso di appartenenza allascuola, funzionale anche alla riduzione della di-spersione scolastica; acquisire una maggiore con-sapevolezza alle problematiche legate alla disa-

bilità; imparare a conoscere se stessi e le proprieattitudini attraverso il miglioramento della comu-nicazione all’interno del gruppo; sviluppare nuovecompetenze e nuovi codici comunicativi.Tutto questo attraverso l’attivazione di un percor-so e di proposte che si avvalgono di conoscenze,abilità e competenze e che utilizzano, come mezziespressivi centrali, la comunicazione teatrale, lamusica, le arti visive e le arti multimediali.

 L ’ organizzazione degli incontri. Il laboratorio progettato in rete con la ScuolaMedia Statale “N. Sauro” e sovvenzionato dalla

Provincia di Imperia, ha avuto inizio il 28 ottobre2010, si è sviluppato nel corso dell’anno scolasticocon cadenza settimanale presso le aule del LiceoArtistico – Istituto Statale d’Arte di Imperia.

Gli incontri di laboratorio sono stati articolati indue fasi: nella prima, sotto la guida di EmanueleMorandi, si è privilegiato un percorso di educazio-ne alla teatralità improntato all’improvvisazionedi gruppo, alla realizzazione di giochi, movimentie situazioni nalizzati alla scoperta del sé e deglialtri. Il clima accogliente e sereno ha consentito atutti gli allievi, compresi i disabili, di esprimersi al

meglio e di raccontarsi con strumenti comunicati-vi alternativi, quali il movimento e il suono.Nella seconda parte del pomeriggio gli allievi, sul-la base delle loro preferenze e dei bisogni specici,sono stati suddivisi in tre sottogruppi: gli attori,che hanno proseguito il percorso maggiormenteorientato alla teatralità; i musicisti-pittori, che sisono principalmente occupati della realizzazionedi strumenti musicali; i creatori di marionette, che

hanno svolto attività maggiormente nalizzatealla realizzazione di oggetti in spugna (marionettee strumenti da indossare).Materiale di consultazione (messaggi, commenti,fotograe, les) è stato reso disponibile, oltre chedurante gli incontri, anche per via telematicaattraverso la creazione di uno spazio virtuale in cuigli allievi hanno avuto la possibilità di condividere

informazioni a distanza. E’ nato così l’archiviodigitale del progetto.

 La multidisciplinarit à. Descrizione dei diversi

 laboratori.

 Educazione alla teatralit à. 

Scrive Morandi: “per comprendere le qualità el’importanza di un progetto di educazione allateatralità è indispensabile cogliere che il teatroe l’educazione possiedono alcune nalità comu-ni: sono entrambi ambiti aperti all’aspetto dellacreatività e al recupero della piena espressivitàindividuale.”“Secondo una visione pedagogica, l’attività tea-trale possiede obiettivi che facilitano la comuni-cazione e la relazione interpersonale quotidiana,quali: impartire sicurezza, migliorare la timidez-za e il modo di esprimersi. La pedagogia teatralediventa una ricerca consapevole dell’individuo

per acquisire padronanza nell’uso delle sue risor-se. Quindi una pedagogia teatrale è una pedago-gia del vissuto individuale che tende a renderevalore al teatro, inteso come strumento fonda-mentale e costruttivo per lo sviluppo integraledella persona. Il teatro appartiene all’esperienzavissuta, della ricerca del senso e dell’espressione”(Loredana Perissinotto, Tre dialoghi sull’anima-zione, Roma, Bulzoni, 1999).

Nella comunicazione teatrale ogni diversità haavuto la possibilità di integrarsi utilizzando unlinguaggio comune, quello corporeo, relazionalein cui gioco, creatività, scambio hanno permessodi consolidare un dialogo di ducia di gruppo e,quindi, renderlo unito.L’obiettivo principe del progetto è stato quellodi creare un’armonia di gruppo e una crescita in

un percorso laboratoriale volto al confronto, alloscambio reciproco, al divertimento, nel rispettodelle regole e delle dinamiche della comunicazione.

 Creazione di marionette e oggetti in gomma piuma. L’attività manuale ha permesso il coinvolgimen-to degli allievi disabili nell’ottica di uno sviluppocreativo del linguaggio iconico e del colore, svilup-pando potenzialità e gusti personali.Sotto la guida di Carmelo Solano, il gruppo degliArtisti si è cimentato nella costruzione di pupazziin gomma piuma (volto e collo, vestiti di sola ca-micia). Molti sono stati i materiali necessari, tracui la lana per la creazione dei capelli dei nostriprotagonisti. La tipologia dei pupazzi è stata indi-cata dal gruppo Attori, sulla base del canovacciocreato.All’interno di un progetto di integrazione vengo-no spesso prese in considerazione attività colle-gate allo sviluppo della manualità, del disegno edel colore. Questo perché generalmente le attivitàpratiche potenziano la sfera motivazionale: la re-alizzazione progressiva di un “oggetto” permette,oltre che allo sviluppo di abilità, la constatazionedel lavoro svolto e quindi dei progressi fatti.Le diverse possibilità fornite dalla gomma piumadi creare oggetti vari ha poi permesso di unire igruppi Artisti e Musicisti in un’unica attività dicreazione di strumenti musicali (contrabbasso,arpa, pianoforte, pianola).

 Attivit à musicale. La musica, come le altre arti, è un mezzo di cono-scenza di se stessi e un mezzo di comunicazione. Il

 

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pedagogista Edgar Willems (1890-1978) consideral’educazione musicale una formazione dell’indivi-duo nella sua totalità, partendo dal principio cheil ritmo interessa soprattutto il corpo, ossia “famuovere”, la melodia è collegata all’affettività el’armonia all’intelligenza.La musica rappresenta uno stimolo importanteper la creazione di dinamiche di gruppo collegate

al ritmo, all’immedesimazione in ambienti “altri”,al gioco di coordinamento e alla danza.Il gioco è in genere prerogativa dell’età dell’in-fanzia, ma non dimentichiamoci che anche nell’e-tà adulta l’attività ludica assume importanza peresprimere la propria personalità in un contestolibero e privo di ansia: non si nisce mai di co-noscere, di crescere, di capire …. e di divertirsi.Lo stimolo e il gioco sonoro permettono quindidi recuperare il movimento, il corpo, la gioia divivere e di essere parte della grande orchestra delmondo.In questo spazio, si è inoltre data voce alla cre-

atività personale artistica anche attraverso larealizzazione di strumenti musicali: tubi dellapioggia, sonagli (con utilizzo di materiale di rici-clo), oltre a quelli già citati realizzati in gommapiuma. Si può quindi parlare di una stimolazionemultisensoriale: vedere, toccare, sentire, suonare,cantare, ballare.

 La conclusione del percorso. La rappresentazione nale è stata concordata conl’intero gruppo e realizzata come una lezione labo-ratoriale aperta agli ospiti esterni, in una sorta dicondivisione attiva di un’esperienza creativa.

La scelta è stata dettata, come già previsto in fasedi ideazione, dall’intendimento di prestare atten-zione al percorso e all’adattamento dello stessosulla base delle risposte degli allievi, senza pre-disporre inevitabilmente una rappresentazionenale di tipo tradizionale. Anche per questo si èpuntato alla creazione di una documentazione ac-curata che potesse essa stessa considerarsi un rac-conto e una potenziale rappresentazione in grado

 Un’ ultima considerazione. Come ogni progetto, il percorso è stato oggetto diosservazione sia in itinere (diario di bordo, registropresenze, spazio internet, scambio di opinioni, ri-unioni, supervisioni di docenti esterni al progettodell’Istituto d’Arte – Liceo Artistico e della scuola“N. Sauro”) sia nale con la compilazione di un

questionario anonimo da parte dei ragazzi parte-cipanti e il colloquio con i genitori che hanno par-tecipato all’ultimo incontro.Il lavoro profuso direi che ha ampiamente dato isuoi frutti, tra cui la presente pubblicazione e ildocumentario video. Questo grazie all’impegno ditutti i componenti, spinti dalla forza propulsiva diun ragazzo pieno di energia, il nostro EmanueleMorandi.

IL TEATRO

IMPERTINENTEChi siamo?Il Teatro Impertinente  è una compagnia dianimazione teatrale attiva dal 2007 attraversola collaborazione congiunta di varie gureprofessionali legate all’ambito della pedagogia, delteatro e della formazione. Attivo nell’Imperiese enel Varesotto, il T.Im. si è dedicato principalmenteall’educazione teatrale con bambini e adulti, inambito scolastico e non, realizzando interventi dieducazione alla teatralità e corsi di formazione perinsegnanti e operatori.L’Associazione di promozione sociale Il Parcheggiodelle Nuvole  è l’organismo istituzionale cui facapo la compagnia del Teatro Impertinente,con l’intento di essere tramite creativo d’idee,collaborando con istituzioni, associazioni e liberi

pensatori. Lo scopo principale è di creare rete neidiversi campi dell’arte e del sociale, per trovare undialogo volto alla creazione di momenti d’interesseculturale e ludico.

Che cosa propone il Teatro Impertinente?Tutti hanno il diritto di esprimersi e di comunicarei propri sentimenti e la metodologia teatrale offreconcrete possibilità a chiunque vi si accosti, con lagaranzia di non essere giudicato, ma semplicementeincoraggiato ad agire e a liberarsi dei proprigrovigli interiori. L’obiettivo è incorniciare storieed esperienze attraverso metodi, che per quanto

differenti, sono comunque adatti ad un processodi narrazione.Lo strumento teatrale, infatti, crea un livello dicoinvolgimento che supera la sfera razionale eattiva anche il piano emotivo dei partecipanti.Le potenzialità maggiori si manifestano quandoè necessario suggerire cambiamenti di mentalità edi atteggiamento alla persona, laddove la sempliceprescrizione comportamentale tende a rivelarsi

di far emergere l’importanza dei diversi linguagginell’integrazione scolastica e la forza del gruppoper crescere e sviluppare capacità sociali e intel-lettive. Il 4 maggio 2011, data dell’ultimo incon-tro, i Dirigenti Scolastici, i docenti, le famiglie eamici hanno condiviso un’esperienza laborato-riale con il gruppo, “mettendosi in gioco” con iragazzi e i docenti del progetto multidisciplinare.

Ognuno ha avuto una dimostrazione pratica diquanto espresso in questa introduzione: suono,movimento, colore, teatro sono elementi univer-sali che possono far comunicare ogni individuo erendere unito un gruppo.Nelle pagine che seguono dopo un’introduzionesulle attività del Teatro Impertinente, l’allievaIsabella Biscaglia, frequentante la classe 5 dellasezione lmica, ha riportato la descrizione, i com-menti, le riessioni, le emozioni dei vari incontriin una sorta di diario di bordo. La sua parte, pun-tualmente messa a disposizione di tutto il gruppo,è stata poi integrata dai commenti e interventi dei

partecipanti.Essendo maggiormente descritta l’attività di edu-cazione teatrale, gruppo di appartenenza di Isabel-la, la parte di laboratorio è stata arricchita da foto-grafe documentative del percorso svolto.

 

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scarsamente efcace. Il cambiamento nonsempre è accettato, sia che si tratti di modalitàorganizzative, di pensiero o comportamentali;il teatro quindi, proponendosi come gioco, creauno spazio intermedio dove molte cose diventanopossibili.Ecco perché il teatro è un mezzo per dialogaree confrontarsi con i paradossi della società. Può

quindi portare voci ed evidenziare silenzi conun’azione che favorisce la riessione sulle tantedifferenze della realtà: differenze culturali, di modidi vivere, generazionali e di abilità.

I laboratori per i ragazziIl teatro inteso come luogo d’incontro, diviene perchi lo pratica una casa in cui sentirsi protetti, unambiente familiare in cui è sempre bello ritornaree dal quale si possa partire sereni e rinnovati. Daqui nasce l’idea di creare un percorso teatrale checonsenta ai ragazzi di trovare nella dimensionepiacevole del gioco drammatico, stimoli e

motivazioni per comprendere e apprendere,mettendo sé stessi in ciò che si fa; si ha la possibilitàdi conoscersi e farsi riconoscere all’interno di unsistema di regole che garantiscono il rispetto e lavalorizzazione delle proprie personalità. Durante ilpercorso si utilizza spesso il concetto di “teatro fuoridal teatro”, ovvero riportare i vissuti personali e imomenti più veri delle proprie sintomatologie fuoridalla rappresentazione canonica. Questo consentedi mettere in relazione sistemi di vita generalmenteseparati, come l’immaginario e il reale, il corpoe la mente, l’individuo e il gruppo, la norma e latrasgressione, l’inconscio e la razionalità.

 A chi ci rivolgiamoÈ rivolto a tutti coloro che intendono:

− Lavorare sulla propria capacità intellettualeed emotiva per ottenere un pensiero

autonomo.− Sviluppare l’uso dei sensi al ne di accrescere

la capacità di ascolto e di azione.− Sviluppare attraverso lo strumento

dell’improvvisazione la propria capacità dicomunicare ed esprimersi.

Aumentare la conoscenza di sé all’interno delle

dinamiche di gruppo.

 U  nTeaTro I mpertInente Impertinente è una parola che deriva dal latino(impertinentem). Essa viene utilizzata per deniretutto quello che, rispetto ad una linea generale dicomportamento, non è opportuno.Chi si aspetta dal nostro lavoro un semplicecorso di teatro, comprenderà presto chequello che proponiamo non fa a tal proposito.Utilizzando la parola Impertinente,  vogliamosottolineare il fatto che questa idea non rispetta

i tradizionali canoni teatrali di rapportoregista-attore, attore-spettatore. Inoltre laparola impertinente è solitamente utilizzata perdefinire gli stessi ragazzi che non conoscono leregole base del comportamento da adottare indeterminati contesti sociali ed istituzionali.Il nostro scopo è quindi quello di “prendercicura” in particolare di queste persone che, acausa delle loro mancanze, della loro difficoltàdi comunicazione, spesso vengono isolati etrascurati. Lo facciamo partendo dal lorolinguaggio (impertinente) cercando di aiutarlea far emergere la propria interiorità con

l’intenzione di liberarle dalla sciocca certezzadi non poter cambiare.Il Teatro impertinente è quindi la nostra propostaper un nuovo modello di teatro di animazione. Unprogetto che racchiude in sé le diverse esperienze eacquisizioni teoriche dei nostri percorsi.

Tutti in scena giù dal palcoCon “Tutti in scena giù dal palco” si tenta diafancare, rielaborandole, le due concezioni piùclassiche del teatro di animazione, con l’ambizionedi approdare ad una nuova realtà fresca d’intenti,punto d’incontro tra il teatro di animazione piùtradizionale ed il teatro integrato.Partendo dal presupposto che questi due modi

di fare teatro non sono affatto divergenti, si puòragionevolmente ipotizzare di svolgere un’attivitàdi educazione alla teatralità che, pur incentrandosisugli aspetti più propriamente sociali, umani ecreativi del progetto, punti nel contempo allarealizzazione di un evento nale in grado divalorizzarne i risultati.La parola chiave di questo lavoro diviene così“tutti”, perché ognuno in realtà può essere messonelle condizioni di beneciare delle potenzialitàsocio-pedagogiche del teatro. In questo casola scena è   giù dal palco, è là dove si colloca laquotidianità, perché tutti possono andare in scena

spogliandosi delle proprie paure, utilizzando leesperienze della loro vita di tutti giorni, diventandocosì protagonisti a pieno titolo del proprio futuro.Tutti insieme, tutti in scena, come protagonisti, maal contempo tutti  giù dal palco, tutti sullo stessopiano, senza retorica, senza paura, senza null’altroche sé stessi.“Tutti in scena giù dal palco” rappresenta quindila sintesi più efcace degli obiettivi che il TeatroImpertinente si pregge di raggiungere con il suooperato.Il Teatro di animazione impertinente si preggequindi lo scopo di associare le pratiche

pedagogiche e organizzative del laboratoriointegrato al sistema di laboratorio per ragazzipiù tradizionale. Il risultato è una preparazionea priori sul gruppo classe ed uno svolgimento deigiochi e degli esercizi secondo un programmauido e essibile.

 

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Prefazione

Quel che di seguito sta per essereriportato si avvicina il più possibile aifatti realmente accaduti. Se qualcosa èstato dimenticato, modificato, o addiritturaaggiunto, è dovuto alla gravosità del

compito affidatomi da Emanuele Morandi:appuntare su questo Diario di Bordo leattività svolte da quel gruppo di ragazzie professori che, nell’anno scolastico 2010-2011, hanno tentato di metter su “qualcosa”da potersi chiamare “Teatro”.Specifico inoltre che l’uso della prima

persona e, più precisamente, del mio punto divisuale è una scelta puramente stilistica,in quanto ne farei volentieri a meno senon ritenessi insita nella natura umana(specialmente dei lettori) la propensionea farsi i fatti altrui, e qual migliormodo (purtroppo) che non parlare in primapersona?

Comunque, ogni riferimento a fatti, cose, opersone esistenti è puramente voluto.

DIARIO DI BORDO

UN’ESPERIENZA IMPERTINENTE

A cura di Isabella Biscaglia

 

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Mercoledì 27 ottobre

Quel che penso sia necessario sapere, per cominciare ad ambientarsi nella vicenda, è che iltutto si svolge al Liceo Artistico di Imperia, più precisamente nella grande Aula 2 del pianoterra, subito accanto all’uscita di emergenza e ai minuscoli bagni, un tempo ospitanti bambinidell’asilo e oggi normalmente utilizzati da bestioni di diciotto anni.

In ogni caso, quel giorno sono in mezzo a un gruppetto di ragazzi che già durante il precedenteanno scolastico aveva seguito un corso di teatro integrativo (costruendo con il Maestro FrancoCarli lo spettacolo “Le Figure della Memoria” assieme a ragazzi diversamente abili), e assaifelici e spensierati parliamo tra noi, resi elettrici dall’attesa del nuovo insegnante, nonchéintimoriti dalla gente nuova del corso, a dirla tutta.Per carità: la nostra scuola non ha mai raggiunto in molti anni il numero di quattrocento

studenti, e quindi dopo nemmeno due anni ci si conosce tutti almeno di vista, si è mangiatoinsieme almeno una volta aspettando i rientri pomeridiani o il treno in ritardo ma, sì sa: lavicinanza provoca belligeranza; e questo può, in alcuni casi, capitare anche per il teatro.Di questi ragazzi più “anziani” quello che avreste potuto trovare facilmente mezzo stravaccato

sui grandi banchi dell’Aula 2 è Gian Piero Battista, ossia JP: al quarto anno della sezione

filmica (nonostante sia un ‘94), il mezzo brasiliano ha interpretato ne “Le figure della memoria”lo scettico e polemico, Melchisedecco e Kent, oltre che un cavaliere capitato al Castello deiDestini Incrociati. Spesso, vicino a quest’allegra persona dai biondi capelli e gli occhi azzurrine trovate un’altra a tratti silenziosa, un po’ il suo contrario, tenebroso quanto JP è solare:Davide Moscato, ossia Davide. Ha interpretato ne “Le figure della memoria” il leader ben saldo

nella cultura classica, il Saladino, Re Lear e unpadre che legge delle lettere di soldati dellaseconda guerra mondiale. Ha già pubblicato unlibro di narrativa, dal titolo “Non abbandonarmi”riguardante i maltrattamenti sui cani. Suona

molto bene svariati strumenti. È al terzo annodella sezione pittorica.Vaganti tra gli iceberg bianchi dell’Aula 2 quel

giorno ci sono anche due ragazze della classequinta di decorazione, solari e originali comei colori delle loro tavolozze. La ragazza dalla

 

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carnagione mediterranea e gli occhi azzurri è Chiara Bolla,ossia Kya. Scout da molto tempo (e, come ogni buon scout, unvulcano di energia e idee), quando suona la chitarra classica siforma intorno a lei un capannello di gente con una faccia unpo’ ebete, modo brutale per dire “in ascolto”. Ne “Le figure dellamemoria” era la moralista, Regana e la voce di un soldato delfronte. L’altra ragazza accanto a lei, più minuta e silenziosa,è Masa Washio, ossia Masa. Giapponese da parte di padre (e ilsangue italiano si manifesta in composte lentiggini, nonostantei capelli neri), è in classe con Kya. Masa sa passar inosservatacome un ninja, ma chi la conosce ben sa quanto sia portatricedi buon umore e quanto sia forte il suo carattere, anche selei lo nega. Quindi … non ditele che l’ho scritto. Ne “Le Figuredella Memoria” ha interpretato la ragazza con più spiritocritico, la figlia Cordelia, “Lilì Marlene” (un’accompagnatriceromana che racconta storie dai fronti della seconda guerramondiale) e l’arcano della Temperanza. Anche queste due ragazze

formano, nella nostra piccola compagnia, una coppia di opposticomplementari.Assai più dirompente e chiassosa, quel giorno come molti altri

messa in piedi vicino al banco dove mi sono abbarbicata, troviamouna ragazza sempre con il sorriso sulle labbra. Quest’annofrequenata 1°A, e già l’anno prima mi ha eletta sua zia: ValeriaBurgio, ossia Wale. Ne “Le Figure della Memoria” ha interpretatola carismatica, con tuttavia ancora intatto il senso del gioco,Gonerilla1 e la narratrice della storia del Saladino. La mianipotina ha una memoria paragonabile a quella del suo animalepreferito: l’elefante. Quindi vengo io, quel giorno in bilico suun banco a parlottare con Wale: Isabella Biscaglia, ossia Buccia.Mi sentirete già troppo narrare di queste avventure, per cui milimito a darvi una brevissima descrizione fisica: molto minutama mediterranea, somigliante a un ragazzino afgano di tredici

1-Io, comunque sono Regana, non Gonerilla. By Wale XD

Vi sbagliate sempre!!!!

anni.Non distante da me c’è Desy Vicari, ossia Desy. A vedersi, dal

modo di vestire colorato e ricercato forse può sembrare unapersona eccentrica, ma si rivela, invece, una delle poche “sanedi mente” tra noi (o quasi?), in modo non dissimile da ManueleOliveri, ossia Holly, piccolo talento teatrale da sbocciare. Dopoun anno sono riuscita a fargli provare il corso che, come ci haanticipato la professoressa Claudia Giordano, sarà tenuto daun ragazzo giovane, proveniente dal DAMS, con un’impostazioneteatrale diversa da quella principalmente classica di FrancoCarli, e quindi dalle nostre precedenti esperienze. Ma, primadi lui, descrivo la donna grazie alla quale tutto il gruppodi questi ragazzi esiste: la prof. Claudia Giordano, appunto.Riconoscibile per combinazione fissa di poncho, occhiali e passosvelto, è la risposta ai problemi energetici mondiali. Se solosi riuscisse a scoprire l’energia che la alimenta… Ci ha sempreascoltati, seguiti, aiutati, sostenuti, incoraggiati e ispirati,

dato che dietro l’aspetto da eccentrica professoressa di sostegnosi nasconde l’animo spontaneo di una bambina: qualità assairara, che già noi ragazzi abbiamo in gran parte perso. Ma perquesto esiste la prof. Giordano. Vi è tuttavia un solo modo perfarsi ignorare da lei: chiamarla mamma, come erroneamente hosuggerito l’anno scorso.Fatto sta che mentre noi siamo sparsi in stanza in un’elettrica

attesa, la Prof. si dirige spedita verso la cattedra, sorriso,occhiali e poncho annessi.– Buongiorno ragazzi. –E giù a spiegarci del Teatro Impertinente, da dove viene

appunto Emanuele Morandi, il nuovo insegnate che ci seguirànel progetto di integrazione organizzato con un occhio diriguardo ai ragazzi diversamente abili, che si uniranno algruppo nella lezione successiva. Ci accenna anche al fatto che,

 

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quest’anno, sarano presenti anche alcuni allievi della scuolamedia, e subito JP storce il naso, esternando il pensiero di moltidi noi: “i babanetti no”.Forse, ragionando un secondo, alla “normalità” può sembrare

strano che una simile reazione l’abbiamo avuta per dei ragazzinie non per ragazzi autistici, down o sulla carrozzina per via

di gravi problemi fisici: l’anno prima abbiamo appreso molto daloro. Ve ne farò cenno durante le pagine dedicate al raccontodelle lezioni seguenti, appena avrò l’occasione di descriverviun’azione che renda bene l’idea.Comunque, allo storcere del pallido naso di JP, la Giordano,

accorgendosene, risponde semplicemente unendo poi le mani nelclassico suo gesto che indica “cominciamo a lavorare”.– Oh, eccolo qua! –E, alla sua esclamazione, ci giriamo tutti verso l’entrata

dell’aula, dalla quale arriva un ragazzo abbastanza alto,giovane, e robusto. Ricordo ancora la maglia blu acceso e il

modo di muoversi che appare da subito diverso da quello di noitutti, quasi assimilabile a quello di Franco Carli. Con passosilenzioso come fosse dietro un vetro, in un attimo si porta alfianco della prof.– Allora, io sono Emanuele Morandi.2 -Anche il modo di parlare è diverso: meno scandito e lento

rispetto a quello di Carli, ma comunque molto chiaro e sicuro.Il viso rotondo è incorniciato da una barba bruna sagomata inmodo non troppo radicale, comunque più precisa dei capelli, chemal nascondono, al centro della testa, un modellino di Piazza

Calvi.Al giro di nomi siamo ancora molto timidi. Emanuele scrive, poi,sulla lavagna la parola “teatro”, mentre la Giordano si arma digessetto: il primo esercizio dell’anno è un brainstorming.

2- Quando ho visto Emanuele per la prima volta, quel giorno, sinceramente mi è

sembrato troppo giovane per poter insegnare teatro… mi sono dovuto ricredere dopo

 pochi minuti. Davide.

JP prende l’iniziativa: – Teatro è comunicazione. –Rotto il ghiaccio, interveniamo a turno. Il primo è Holly: –

Emozione. –E via discorrendo: rappresentazione, recitazione, gioco,

divertimento, fino a parole più tecniche quali maschere, o luci(detta da me, che usare il mixer luci mi fa sentire come un dio

del teatro).Sorridente, ma impassibile, poi piacevolmente sorpreso, Morandistimola la creatività; la Giordano riporta le parole-concetti inuna grossa mappa concettuale sulla lavagna.Durante l’esercizio riusciamo a far indispettire il nuovo

insegnante quando, rivolgendoci a lui, gli diamo del lei.– Allora! – si sporge un poco verso noi, come a farsi sentir

meglio. – non stai parlando con “lei” ma stai parlando con me. Emi chiamo Emanuele.3 -Più rilassati e divertiti, al centro della lavagna viene scritto

la parola “arte”.

– Arte è comunicazione. –Pur concordando con l’affermazione di JP, siamo tutti scoppiati

a ridere: nasce per lui un nuovo soprannome: vi presento ilbiondo Mister Comunicazione, dal Brasile con furore.4

– Arte è anche emozione. – d’accordo, ma ridiamo anche per Holly,che subito si giustifica: – alla fine sono più o meno le stessecose! –Un po’ è vero, rileviamo che l’arte comprende il teatro e

anche le nostre tre sezioni: cinema e tv, decorazione, graficapubblicitaria; a queste si può aggiungere la musica, le artimarziali, ecc.

Passiamo ora ad attività che coinvolgono maggiormente il

3- Pensavo scherzasse, invece era serio! Davide

4- Non con furore, ma con il furgone!!!. Holly

 

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movimento. Spostiamo, quindi, tutti i grandi banchi ai latidella stanza, creando uno stretto spazio dove camminare (tantonoi liguri ci arrangiamo sempre) e seguire le indicazioni diEmanuele.– Ora dovete ripete una parola: la prima che vi viene in mente. –Nel mio caso non dico una parola, ma il suono “Uau”, che sta

per “uau” e non per “wow”,e, seguendo la consegna, continuo aripeterlo. La prof. Giordano (che fa tutti gli esercizi con noi),vaga invece per la stanza ripetendo “bello”. Morandi ci chiededi utilizzare diversi toni vocali e in svariati modi , cercandodi sgombrare la mente, e agire senza inibizioni.Un po’ straniti, ci sediamo poi a terra in cerchio a gambe

incrociate, discutendo dell’esercizio come prima avevamo fattoper il brainstorming, introducendo, infine, l’esercizio successivo.Emanuele si alza, si dirige verso il centro e mima di appoggiare

qualcosa. Sono le scarpe invisibili: chiunque le avesse indossatesarebbe potuto diventare qualsiasi cosa. Stranamente non è JPil primo a provare.Le scarpe magiche hanno trasformato la prof. Giordano in un

germoglio; Buccia in una rana, Masa in un sasso, JP in un gatto,Davide in un generale autoritario (per riportare alcuni esempi).

Insieme ci confrontiamo per trarre alcune riflessioni. Emanueleci aiuta spiegandoci il significato e le varie implicazionidegli esercizi che ci verranno proposti durante l’anno ancheraccontandoci aneddoti di sue esperienze passate vissute inprima persona o osservate.Soddisfatti e un poco confusi, ci lasciamo con la raccomandazione

di dare il prima possibile la conferma dell’eterna fedeltà algruppo (si tratta, infatti, del primo incontro introduttivo apresentazione dell’attività organizzata per il presente annoscolastico). Infine ci consiglia di cercare e vedere su YouTube ilteatro di Eugenio Barba, che dovrebbe far comprendere lo stile

del percorso e della performance finale, diversa dal classicospettacolo teatrale, di cui abbiamo avuto esperienza.L’idea maturata da Morandi e dalla Giordano è quella di

organizzare un Open Day: quattro stanze nelle quali il pubblico,coinvolto nel gioco teatrale, si sposta tra diverse situazioniteatrali incentrate sul tema dell’arte.La domanda comune che frulla nella testa alla fine di quel

pomeriggio è: “Teatro itinerante? Stanze sull’arte? Ma è unoscherzo?!”

Benché sia inevitabile lo stupore di fronte ad un nuovo 

 percorso sconosciuto, i ragazzi mi sono sembrati motivati ed 

interessati: è un buon inizio!!! Claudia Giordano 

 

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Mercoledì 3 novembre

Dopo la prima lezione introduttiva, oggi riallacciamoi legami con altri ragazzi della scuola partecipantial corso e conosciamo un nuovo insegnante: l’artistadelle marionette.

Il signor Carmelo Solano ci presenta una sintesidella storia del teatro delle marionette, ci parladei metodi moderni per la loro realizzazione e lamessa in scena e ci mostra, commentandoli, pupazzi,marionette, oggetti da lui creati.In questa occasione c’è anche Franco Carli, con suo

figlio Matteo.Poi la prof. Giordano porta un televisore in aula 2

e ci propone alcuni filmati di spettacoli con pupazzie marionette: l’intento è quello di mostrare le varie

possibilità di “messa in scena”. Durante la partefinale del video, vediamo anche uno stralcio dellaregistrazione di uno spettacolo di Solano.Per rendere più chiara l’attività laboratoriale che

sarà proposta durante l’anno, il nostro esperto cidà una dimostrazione pratica dell’uso della spugnae della metodologia che verrà utilizzata durante illaboratorio: gli spicchi.Cominciamo a costruire una testa, grossa come un

palmo di mano.Per mancanza di tempo e parte del materiale

necessario, rimarrà un prototipo dimostrativo.

 

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Mercoledì 10 novembre

Se durante la prima lezione eravamo, noi attori, spaventati dalle nuove relazioni,questa giornata l’abbiamo iniziata con un rischio di infarto.Conosciamo, infatti, i ragazzi delle medie, che ci appaiono simpatici, ma ci avevano

detto che sarebbero stati quattro con una professoressa, invece sono una decina,

contando due professoresse e Roberta, una tirocinante del DAMS che da oggi partecipaagli incontri.Noi del vecchio gruppo di teatro, o comunque dell’artistico, siamo in generale

abituati svolgere attività con ragazzi disabili, spesso molte di queste persone hannoattitudini spiccate per vari indirizzi dell’arte, sicché siamo sempre a contatto conquella parte di mondo che nelle altre scuole viene ignorata o peggio isolata. Quelpomeriggio abbiamo conosciuto Alberto, alto, magro, sorridente e mai fermo; ma seAndrea, allievo del nostro istituto, modella da creta o pongo animaletti realisticiin pochi secondi, Alberto è invece interessato a ogni tipo di musica (soprattutto laclassica), e sembra particolarmente attratto dallo strumento dal quale spesso la

musica esce: lo stereo. Sa cambiare volume ma gli altri tasti non gli vanno a genio.– Tranquilli, – sussurra la Giordano ad alcuni di noi – ci divideremo in tre gruppidi lavoro: più siamo e meglio è. –

 

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La prima parte di lavoro è stata di riscaldamento generale etutti nella stessa aula, ossia la due. Ci siamo tutti guardatiintorno, osservando i grandi e chiari banchi, assai rigati.– Spostiamoli ai lati della stanza. –Con un gran fracasso, la prima collaborazione è stata

prettamente manuale: i banchi sono quasi un metro per settanta

centimetri, sono fatti in legno pesante e metallo… sono circauna ventina.– Che fatica… – dico infatti girandomi verso Lodo.Normalmente non mi lamento, ma esternare la fatica che sto

facendo a spostare un banco insieme ad un’altra ragazzinadelle medie serve a far ridere Lodovico, il nostro amico sullasedia a rotelle, con gravi disabilità motorie e comunicative,un ragazzo che, dietro al corpo leggero e debole, nasconde unamente sveglia, in grado di capire qualsiasi cosa. Avrò molteoccasioni per descrivervi Lodo in azione.Alla mia affermazione, mi guarda, infatti, ridendo, cosciente

del fatto di non poterci aiutare ma felice perché per noi,ragazzi dell’artistico, è normale non farglielo pesare. Lui, conil suo ottimismo infinito (e non per mancanza d’autocoscienza,anzi), ha sdrammatizzato e alleggerito molte situazioni dellaboratorio del precedente.Una volta sistemata la stanza, Emanuele accende lo stereo

e subito Alberto si attiva, cercando e scovando il piccoloaggeggio rosso. Intanto, su indicazione di Emanuele e ignaridelle macchinazioni che Alberto sta per mettere in atto,cominciamo a camminare, seguendo la musica e le indicazioni

dell’insegnante, che dopo poco deve fermare al voloAlberto mentre tenta di cambiare brano, forse allaricerca di capire come funziona la bestia di nome“stereo”. Gli esercizi di gruppo sono centrati sullospostamento all’interno della stanza, seguendo “amodo nostro” le indicazioni.Ben rilassati e carichi ci dividiamo nei tre

gruppi: Artisti, in gran parte composti dai ragazzi

delle medie e supervisionati dalla nostra Iliana, la nuovaiscritta del nostro istituto, e dalla prof. Giordano (prof. disostegno dell’arte), incaricati di costruire, assieme a Solano,le marionette che serviranno poi per l’Open Day; Musicisti,tra i quali Alberto e la nostra piccola Nicole (al primo annodi scuola superiore) che, se l’amico la musica vuole farla, a

lei piacerebbe tanto averla in sottofondo per cantare. Questiultimi sono accompagnati dalle insegnanti delle medie, ClaudiaMontissori e Luisella Merano. Gli attori siamo noi restantidell’artistico, capitanati ovviamente da Emanuele. Facendoparte di quest’ultimo gruppo, descriverò quindi principalmentele attività svolte durante il laboratorio teatrale o meglio dieducazione alla teatralità.Quel giorno siamo presenti solo Io, Desy, Wale e Holly, ed è

probabilmente anche per questo motivo che Emanuele decide dilavorare in un certo modo…– Voi sapete che cos’è un mandala? –

– Cerchio magico e sacro! –Mi accorgo subito che, nonostante il mio interesse per le arti

marziali, la risposta data è incompleta e confusa. Ne segue unabreve lezione, in cui osserviamo i mandala fatti da altri ragazzie alcuni di base d’esempio dai quali partire. Ci viene spiegatoche si tratta si una sorta di rituale, o meglio, dell’esternazionedi un percorso interiore. Compito nostro è quello di disegnareil nostro mandala, guidati anche dalla musica rilassante. PerJP stimolante. Da buoni artisti scegliamo tutti di iniziareda un foglio bianco, sventrando però l’astuccio di Emanuele econstatando, anche, che il materiale all’interno èsì tanto ma di qualità inferiore rispetto ai nostristandard. Che si può pretendere…. c’è chi disegna echi recita.E c’è chi scrive gratis un diario di bordo, a

scapito degli altri romanzi, perché adeguatamentemanipolata da uno strizzacervelli recitante. :-)Il risultato di quella intensa e rilassata mezz’ora

  

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è riportato qui di sotto. I colori sono in 

realtà  più  saturi  e  scuri, ma  anche  gli scanner odierni hanno dei difetti.Il primo è quello di Desy.

Alla fine della prima fase, la produzione del nostro mandala, Emanuele prende tutti i  disegni  e  li  ridistribuisce  dicendo  ad 

ognuno di analizzarlo. Quello di Desycapita a JP, mentre quello di JP a Desy.Ecco il mandala di JP:

Il mio, capita a mia nipote Wale (il

bianco dentro al cerchio è in realtàgiallo).

E quello della mia nipotina capita a me.

Ognuno di noi avrebbe dovuto descrivereil mandala assegnatogli in teoria senza

conoscerne l’autore. È stato quindidoppiamente comico quando Emanuele ci hachiesto di riprenderci ognuno il proprioper spiegarlo agli altri e ci siamo siamoscambiati i fogli con fare sicuro…Ci consegna, poi, dei bigliettini con una

frase. Prima di uscire in giardino per unapausa, ci assegna il compito di pensare acome improvvisare su essa, sempre senzafar vedere la frase ad altri (e questavolta, come tutte le altre, siamo leali).La prima a improvvisare, su scelta

dell’insegnante, sono io, e nonostantel’esperienza con Franco Carli, quel cavolodi “Cogliere i frutti” non sembra dirminulla. Emanuele inserisce un sottofondomusicale. Cominciando a vagare tra i gessidell’aula quattro l’ispirazione finalmentearriva proprio dalla musica, (per me comepoi per gli altri) e quel cogliere i fruttisi materializza nell’osservazione delgesso di testa di cavalloe nel mimare di annotarequalcosa sul bigliettostesso. “Cogliere i frutti”diventa “studio” e questaastrazione effettivamentemi è possibile anche grazie

  

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agli allenamenti con Carli.Desy è ancora più astratta: il suo “Volare via” la fa diventare vento, indifferente e leggera. Nemmeno

l’ingresso della Preside nell’aula e di un geometra la distrae; è anzi lei a mettere loro in difficoltàcon il suo modo di fare imperturbabile.“L’ultima parte di me” di JP si trasforma in un nascondersi, che a noi sembra essere come quello di

un ladro. Se si pensa però al modo di dire “Vergognarsi come un ladro”, anche JP ha colpito nel segno.

Più pragmatica è Wale. Ci fissa, sgranando gli occhi, poi arretra e schizza veloce fuori dall’aula.“Scappare”, c’è scritto sul suo bigliettino.E’ proprio quell’indicazione, scappare, che Emanuele utilizza per mostrarci un esempio. Durante la fase

iniziale dell’interiorizzazione (fase di preparazione all’improvvisazione), lo guardiamo ridacchiandoperchè sembra, eccessivamente concentrato: si porta le mani agli occhiali, coprendosi il volto e poisembra accartocciare tutto il corpo mantenendosi a gambe incrociate, seduto come noi. Inizia, poi, adondolare leggermente; noi ci zittiamo, quasi con paura. Sembra muoversi a ritmo di musica, poi qualcosacambia, si sente il suo respiro farsi più veloce e pesante fino a diventare un urlo al cielo.– Ecco, così è interiorizzare. –Sì, ma almeno avverti, pensiamo, entusiasti, osservandolo lamentarsi per essersi raschiato la gola

urlando.

Per salutarci, Emanuele ci ricorda di vedere il video di Eugenio Barba e aggiunge l’Odin Teatret.Effettivamente nessuno si era ricordato di farlo, tranne ovviamente Wale, che ha una memoria prodigiosa,ma è sprovvista di computer.

Mercoledì 1 dicembre

Finita la ben organizzata occupazione e tornate le aule alla normalità, la giornata di mercoledìci vede riuniti in aula 2, ma con alcune persone in più.Al gruppo degli attori si aggiungono, infatti, due ragazze, Giorgia di 2°H e Emalia, compagna di classe

di Desy. Quest’ultima, in verità, aveva già partecipato al secondo incontro, quello sui burattini, ma nonessendo argomento a lei gradito aveva poi battuto in ritirata. Solo dopo tutte queste settimane Desy èriuscita a farla tentare di nuovo.Discorso simile per Giorgia, che bersagliata da Davide5 e JP ha infine deciso di provare (e restare)

5- A Giorgia ho rotto le palle un mese perché venisse! Davide

 

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Oggi c’è anche Emanuele che, accompagnato daWale, svolge la prima parte di attività con noi,in attesa dell’inizio della lezione di inglese.Per il gruppo sono stati tre bei regali di natale.La lezione svolta con i tre gruppi riuniti

è differente dal solito. In piedi in cerchio

svolgiamo l’esercizio dell’oggetto immaginario:Morandi (costretta a chiamarlo per cognome vistala presenza del compagno di Wale) mima di tenereun oggetto in mano, cercando di farci capire dicosa si tratti e lo passa al suo vicino, che, asua volta lo prende e lo trasforma in un nuovooggetto.Dopo un primo giro, l’insegnante ovviamente ci

complica la vita.– Ora, quest’oggetto è leggero… e viola. –

Viola sarebbe bastato di per sé… ma pure leggero?Nonostante le iniziali perplessità, vedere la prof.Giordano prendere l’oggetto immaginario, farlodiventare un foglio e colorarlo ci ridà speranza.Quando l’oggetto arriva a Lodovico è invece lafiducia nel nostro intelletto ad abbandonarci.In quel momento, il prof. Garibbo (insegnante disostegno di Lodo, entrato da poco in aula) capisceal volo l’esercizio e avvicinandosi gli chiede:– Che cos’è, Lodo? –Lodovico, sorridente, avvicina un poco i polsi

tra loro e articola la parola “palla”. Leggerae viola. Il compagno a fianco prende quindi lapalla e la trasforma in un altro oggetto.L’esercizio successivo è, in un certo senso, più

caotico. Disposti sempre in cerchio non si trattadi camminare, questa volta, ma di usare la voce.Morandi al centro come un direttore d’orchestra

ci divide come se fossimo due sue ali e ci haassegna una parola.– Voi, direte la parola italiana con più vocali:

A-i-u-o-le. –– No. – interviene la voce sicura e forte di Davide.

– La parola con più vocali è “cuoiaio” . –

Agitando l’indice destro a ritmo, come suo solitoquando si tratta di spiegare o precisare qualcosa,Davide sembra prendere alla lettera le paroledi Morandi, che sicuramente intende invece laparola con più vocali per diversità.– Va bene, – risponde l’insegnante dopo un poco

– la tua ala dice “cu-o-i-a-io”. – Ma come? – tracommenti e risate inizia il concerto.Seguendo il movimento delle sue mani, non subito

con la parola ma cominciando con le sole vocali

slegate, cerchiamo di emettere suono non dallagola, ma dal diaframma, la cosiddetta voce “dipancia”, così che la voce possa uscire forte echiara anche a chi, come me, ha una voce debole.Per l’ennesima volta, l’attitudine artisticadella nostra scuola stupisce positivamenteMorandi, soprattutto quando ci fa articolarele parole anche con pulsazioni, anche incontemporanea tra i due gruppi, un pò sullostile degli artisti del Living Theater. Iragazzi disabili si sono divertiti moltissimo.

L’attività prosegue poi in sottogruppi: gliArtisti continuano il lavoro di costruzionedelle marionette richieste dal nostro gruppo; iMusicisti decidono di iniziare a costruire deglistrumenti musicali, utilizzando del materiale direcupero; gli Attori – eccezion fatta per Wale, chedeve tornare in classe con Emanuele, si spostano

  

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in aula 4 (quella dei famosi cavalletti).Il gruppo di cui faccio parte quel giorno

è al completo, con addirittura due elementi“nuovi”.Emanuele (Morandi) mi incarica di

riassumere le attività svolte alledue nuove arrivate e al tornato Holly,

ripercorrendo soprattutto gli esercizi dimovimento e respirazione, che servirannoper l’esercizio successivo. Si tratta,infatti, di una camminata un poco diversadalle altre, più introspettiva, per certiversi.Sempre accompagnati dalla musica,

iniziando da seduti e sparsi per l’aula,il nostro conduttore ci chiede diripercorrere i gesti della giornata fin dal

primo risveglio, e quindi di cominciare amuoverci. La consegna successiva è quelladi comportarci come se fossimo all’albadi una qualche rivoluzione. Appenaarriviamo al culmine della musica e quindidei nostri movimenti Emanuele fermainaspettatamente la situazione. Tutti,anche le nuove arrivate, ci pietrifichiamo,in ascolto, la mente è vuota.– Ora vi sentite come a rivoluzione

avvenuta, e l’avete vinta. –

Il brano che accompagna i nostrimovimenti per la stanza è più calmo. Sedutiin cerchio discutiamo un pò sulle nostresensazioni e ascoltiamo la spiegazionedell’esperimento successivo: la candela.Emanuele ci fatto una brevissima

dimostrazione: partendo da una

posizione eretta si scioglie pian piano, primaabbassa lentamente la testa, poi le spalle eprogressivamente si rannicchia sempre di piùfino a trovarsi sul pavimento e da lì distendersicome una chiazza di cera. Non ci mostra peròla risalita. Dicendo che l’esercizio sarebbe daeseguirsi assi più lentamente di quanto abbia

appena fatto lui, salta su con un balzo scenico,ben poco stile candela.Disposti ai lati della stanza e in cerchio,

trascorriamo non so quanti minuti a scioglierci ericomporci: la musica lenta dà un po’ il ritmo a ognisingola articolazione che lentamente si piega eai muscoli che a tratti tremano nello sforzo disostenere le posizioni più… sciolte. Ricomposti,Emanuele ci spiega che, svolto ancora piùlentamente, l’esercizio serve proprio a prendere

maggiore coscienza dei movimenti corporei, anchedei più minimi. Anzi, fatto seriamente, l’eserciziodura anche un’ora.Arriva poi il turno di un giro di improvvisazioni

da svolgersi singolarmente.Pensate che la spiegazione finisca qui? No!

Perché ovviamente, il perfido, consegna unbiglietto ad ognuno, esfido a dimostrarmi chenon abbia almeno in partecalcolato l’assegnazione:

su questi vi è scritta laparola che noi dobbiamorecitare. Chiaramentenon siamo a conoscenza

 

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dell’arcano che lega quei bigliettini tra loro.Ognuno porta, infatti, un elemento.JP, neanche più a dirlo, si propone per aprire il giro di

improvvisazioni, anche se sembra più perplesso e meno (scusate)sciolto del solito.A lui, quindi l’inizio. Lo vediamo far finta di stare per morire

di sete, trascinandosi in un deserto di sabbia verso noi della

platea. Sul suo biglietto c’è scritto “acqua” 6·.Davide è l’unico a utilizzare la voce in un’improvvisazione

un po’ surreale: rimprovera con dei categorici “no” delle figureimmaginarie e dice loro di tacere. Il suo biglietto è “legno”.Emanuele gli ribadirà poi che, essendo il filo-giapponese(Davide) molto energico, il passo successivo per la sua crescitaa livello teatrale sarà proprio quello di cercare di sapercontrollare la sua esuberanza.Kya invece si siede a terra e inizia a fare gesti come se stesse

disegnando e giocando in modo malinconico con la sabbia. Il

suo biglietto è “terra”.L’improvvisazione di Holly potrebbe sì sembrare stupida madenota invece un controllo molto ben sviluppato: è imbambolato,immobile, con un’espressione volutamente un po’ ebete e losguardo che sembra fissare il nulla davanti a sé. Come nullafosse, si siede, poi, di nuovo tra di noi, che emaniamo perplessitàda tutti i pori. Sul suo biglietto c’è scritto “sasso”.Desy è molto veloce: come in preda a una scarica elettrica si

aggira nell’area dell’aula adibita a palco e poi torna tra noi.Il suo biglietto è “elettricità”.Ora tocca a me. Entro in scena sgranchendomi le spalle; mi

metto poi in guardia come una sorta di pugile e colpisco unobiettivo immaginario. Il mio biglietto è “fuoco”.Emalia si addormenta su uno sgabello con la testa poggiata

6- Acqua? – pensavo – Ema, se hai sete ti vado a prendere qualcosa dalla macchi-

netta. Ma come faccio a improvvisare l’acqua???!!! – La odiavo, non sapevo cosa

fare. Ho chiuso gli occhi e ho improvvisato la prima cosa che mi è venuta in mente:

mi manca l’acqua. JP

sul suo braccio, in bilico su di un cavalletto. Guarda poi unadelle grandi vetrate dell’aula 4, strizza un poco gli occhi edesce dalla scena. Il suo biglietto è “sole”.Giorgia fa finta di aprire una finestra, essere travolta dal

vento e poi richiuderla. Il suo biglietto è “aria”. Emanuelesottolinea che una delle regole base è quella di non imitareoggetti che non ci sono, come una finestra.

Svelato il contenuto dei bigliettini, che comunque, in modidiversi, siamo riusciti a far capire ai compagni, discutiamosulle difficoltà emerse e sugli errori osservati, oltre allaparticolarità degli elementi, specialmente di “sole”, “legno”e “elettricità”.A grande richiesta proviamo un’improvvisazione di gruppo:

questa volta iniziano Desy (elettricità) e Giorgia (aria). Da unanormale discussione fra amiche, all’entrare dei vari attori(e quindi elementi) la situazione è degenerata: “non si puòpiù fare l’incontro di giovedì”. Intorno a quest’affermazione

i vari elementi venendone a conoscenza, reagiscono e siconfrontano. Interessante ma poco riuscito è il tentativodi JP di sfruttare a pieno le relazioni scientifiche fragli elementi: rappresentando l’elemento da lui odiato7·, ossial’“acqua”, si quieta al tocco dell’elemento terra e si elettrizzaal tocco di Desy.Gli altri esercizi proposti sono simili, ma con l’eliminazione

di tutti gli elementi tranne i quattro greci: acqua, fuoco,terra e aria, ridistribuiti tra noi (JP rimane acqua8· e Giorgiaaria).Inizialmente la consegna è quella di relazionarci senza

parole e senza toccarci, poi, a coppie non dobbiamo perdereil contatto visivo. I vari elementi vagano per la stanza conle loro movenze, sul ritmo della musica incalzante. L’aria (io)fugge se incontra il fuoco (Desy), la terra e l’acqua si

7- Lo ha fatto apposta, lo sapeva che non mi piaceva quell’elemento. JP

8- E gurati! JP

 

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Esasperato, il vigile cerca di fermare JP, ma questo fluisce via,con il legno alle calcagna.Io controllo il mio amico sasso e poi propongo ai presenti,

sconosciuti, una fuga di massa, che alla fine attuo solo io. Glialtri si disperdono dopo un poco, fino a che in scena rimanesolo Desy. Poi ritorna il vigile.Davide: Ma come? Dove sono andati tutti?

Desy (elettricità): (alzando gli occhi da suo libro) Se ne sonoandati, e me ne sto andando anch’io. (tranquilla secca si alza

e esce) 

Davide: Cosa?! E a chi faccio la multa? (in panico si guarda

intorno, poi indicando se stesso) Io? Documenti! (uscendo, tirafuori dalla tasca il portafoglio e i documenti) Signor… MarioRossi…10

Durante i saluti conclusivi ci accorgiamo che se dicembre ciregala tre nuovi ragazzi di cui due attrici, ci toglie l’incontrodell’8, che cade nella festa dell’Immacolata Concezione. Conl’assegnazione dei nuovi arrivati all’organizzazione dellevarie stanze termina un incontro ricco di sorprese ed esperienze.

E’ impressionante come uno riesca ad esprimersi bene riuscendo 

ad essere consapevole della sensazione che VUOLE trasmettere.

Come diceva Vittorio Gassman “l’attore è un bugiardo a cui si 

chiede di dire la verità”.

E’ impressionante come si riesca a percepire e trasmettere 

emozioni concrete semplicemente impersonificandosi in un

elemento naturale.

Davide.

10 E’ più forte di me! Ogni scena improvvisata vorrei farla concludere con una

 battuta che lasci presagire la parola “ne” …. ma non è sempre facile farlo… Davide

fronteggiano (Holly e Ema). Al segnale di Emanuele, le duepersone si scambiano l’elemento; poi ancora cambiamo il partner.

Non paghi, ci cimentiamo in un’ultima improvvisazione digruppo (eroicamente Kya perde il treno delle cinque pur dipartecipare), ognuno nella parte del proprio elemento.

Tento di trascriverlo teatralmente, nel modo più fedelepossibile:JP (acqua): (lanciando il suo cappellino di lana a terra

rovesciato, come a raccogliere offerte) Venite gente! Guardate! 

(si esibisce in qualche acrobazia) Dai, unitevi a me!(Intanto entra in scena Holly, il sasso, che si porta da un

lato mettendosi poi le cuffie dell’mp3) 

JP: (sempre rivolto ad un pubblico immaginario) Su! Un po’ dienergia!Buccia (fuoco): Hey! Ciao Holly! Che fai…? (nota le cuffie) dai,

muoviti un po’! Non dici mai nul…JP: Hey tu! (rivolto a Buccia) Unisciti a me! (e fa la verticale) 

E da qui entrano in scena anche le altre ragazze, ci scambiamoqualche battuta e in primo piano c’è una specie di “scontro” traJP e Buccia.(entra il vigile Davide) 

Davide (legno): Cos’è questo casino?(tutti si girano, allarmati) 

Il vigile monopolizza la nostra attenzione, in quantopalesemente non è completamente in sé. Vuole a tutti i costi

vedere i nostri documenti, specialmente quelli di JP, alcentro del marasma di gente, e i miei, che inizio ad attaccarepesantemente l’intero ordine di polizia. Solo Holly rimane tuttoil tempo imperturbabile e indifferente qualsiasi cosa accada9.

9 l bello di una persona che ha il cuore di pietra (sasso) è che non prova nien-

te… quindi non può soffrire. Holly

 

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Giovedì 9 dicembre

Per recuperare la lezione della giornata di festa di mercoledì8, il solo gruppo degli attori si riunisce nella solita aula2. A dire il vero, il nostro obiettivo sarebbe stato quello diinsediarci nell’aula magna al piano di sopra, grande e ben

ampia, ma non riusciamo a superare il blocco categorico deibidelli.In questa giornata facciamo conoscenza con ben tre nuove

possibili leve: Anna, Priscilla, non nuove all’ambienteteatrale, e Asia, neofita ma piena di risorse, oltre che privadi autocontrollo, paragonabile ad una minuta bomba artistico-distruttiva ad orologeria.Stranamente, Emanuele assegna immediatamente ad ognuna una

delle quattro sale per l’Open-Day: Asia alla sala Arte-musica,Anna a quella Arte-teatro e Priscilla a Arte-televisione.Specifica inoltre di non poter più accettare nuovi ingressi. In

effetti, vorrei far notare, che a questo punto il gruppo attori ècomposto da dodici ragazzi, e la regola base del team-managingè proprio quella che in un gruppo in cui ogni elemento riescaad avere relazioni con tutti gli altri elementi è formato danon più di dodici elementi.Iniziamo con le solite camminate per scioglierci un po’.Gli esercizi successivi della giornata focalizzano l’attenzione

sulla voce: niente musica, nessun altro suono che non sianole nostre voci. Voci articolate in una parola scaturita da unamente sgombra di ogni pensiero, voci che si dividono a coppiea realizzare una scenetta. Coppie formate in modo causale,anche perché non vedo come volontariamente si possa accostare“Sogno” di Priscilla a “Cesso” di Davide. Loro però riesconodrammatizzando una moglie che tenta di raccontare al maritoil proprio sogno, mentre lui scalpita perché ha la necessità

impellente di andare in bagno. Bravi!11

Io sono alle prese con JP a improvvisare sulle parole “dubbio”e “ippocampo”Della serie… la creatività e la fantasia non hanno limiti.Emanuele ripropone poi l’esercizio rinominato come “Aiuole

e Cuoiaio”. Solo che, divisi su due file e ben più numerosi delsolito (eravamo infatti dieci ragazzi, con le sole assenze di

Holly12 e Kya), il virtuosismo vocale risulta più impegnativo ecomplicato del solito.Presa confidenza con il proprio diaframma (emettere, infatti,

suono in modo corretto è fondamentale per ogni attore), passiamoalla modulazione dei vari toni di voce.

L’esercizio che ci viene proposto consiste nell’articolare unascena con il solo uso di parola “albicocca”: sta al tono divoce ed alla gestualità far capire cosa vogliamo comunicare.La prima scena corale è completamente caotica: albicocche di

qui e albicocche di là ben comprese, e questo è comunque unpiccolo merito, ma nulla di più. Emanuele ci divide poi a coppie,facendo svolgere l’esercizio a turno.Non stupitevi se, parlando con certi ragazzi di Imperia, alla

parola “albicocca” uno di questi si mette a ridere o ha reazionianormali.13

11- A dire la verità, quell’improvvisazione con Priscilla è stata fantastica. Tutte le

 battute venivano da sé, da sole, e tutto uiva perfettamente grazie al talento di quella

ragazza. Mi serviva le battute su un piatto d’argento! Nonostante non ci fossimo

quasi minimamente preparati, fu davvero facile recitare quella scena.Peccato solo che sia stata l’unica lezione che Priscilla ha frequentato… peccato dav-

vero! Davide

12- Ero assente per motivi importanti XD. Holly

13- Credo che quel esercizio sia stato uno dei più divertenti. Nei giorni seguenti,

quando incontravo i ragazzi del gruppo di teatro facevamo sempre cenno a questa

“albicocca”. PS. Le albicocche sono buone!! GNAM GNAM. Asietta

  

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Lo scopo dell’esercizio è comunque quello di farci capire unaltro principio fondamentale del teatro: l’importanza dellarelazione di gruppo e della costante attenzione all’altro.Passiamo ora all’esercizio dei gemelli: siamo tutti in scena

e tutti abbiamo lo stesso personaggio da interpretare, cioèdobbiamo recitare la parte di un ragazzo timido e introversoche non ama parlare con gli estranei e che è innamorato di unaragazza, ovviamente assente dalla scena. Questo esercizio èstato ispirato dall’affermazione di Asia di preferire stare ingruppo con gente che la pensa come lei. Nonostante ci ritroviamotutti sul palco, l’unica relazione è quella instauratasi pervia di contatti involontari che si limita a un chiedere scusae a volte nemmeno quello. 14

Altro esperimento: le gerarchie.

Ognuno deve essere pronto siaa recitare un ruolo di gerarchia

più alta dell’altro sia a piegareil capo e anche a uscire di scenaall’entrata di un ruolo dalcarisma più forte. E parlandodi gerarchie la secondaimprovvisazione “albicocca” ècominciata proprio con Emanuele,che ci ha fatto intendere diessere un sergente militare.

14- L’esperienza è stata eloquente per dimostrare ciò che potrebbe succedere se tutti

fossimo uguali; Asia e tutti in generale forse hanno compreso un po’ di più, e, in una

modalità più efcace rispetto a una spiegazione teorica, la ricchezza che le diver -

se personalità forniscono nelle relazioni (sperimentare e riettere: la chiave di una

diversa metodologia di insegnamento di competenze trasversali). Emanuele è stato

molto bravo a gestire le resistenze di Asia.

Ps. durante l’incontro mi sono cimentata nelle riprese video, potendo osservare le

varie dinamiche di gruppo, immersa nel gioco teatrale … un gioco che, ridendo e

scherzando, fa crescere. C.G.

Mercoledì 15 dicembre

La prima parte dell’incontro, quella con il gruppo al completo,inizia leggermente in ritardo e gli esercizi hanno un caratterepiù generico. Il tempo vola, tanto che mi sembra di riusciresolo a salutare i piccolini delle medie prima di dividerci ingruppi.Artisti – il gruppo orami avviato, già con qualche testa sparsa

in giro per la stanza, inizia a creare gli accessori delleteste che, trattandosi appunto di teste, sono poi dei cappelli.Nonostante tutte le lezioni perse il gruppo lavora velocementee quindi: tanto di cappello ai ragazzi artisti!Musicisti – oltre ai soliti esercizi musicali, i nostri

musicisti sperimentano un altro aspetto legato alla musica: lacostruzione dello strumento musicale. Effettivamente avevanogià cominciato, ma il lavoro vero e proprio prende il viaproprio in questo giorno.Attori.Questo giorno noi ragazzi lo ricorderemo come una delle

lezioni più sconvolgenti dell’intero corso, oltre che come unadelle esperienze più strane della nostra breve vita. Emanueleesordisce subito in modo grave.– Ragazzi, il prossimo esercizio occuperà praticamente metà

lezione, e se accetterete di farlo vi chiedo di andare fino infondo. – ancora non ci spiega di cosa si tratta. – Se vi fidate

B h è , la  p r i m a  l e z i o n e è  s t a t a  u n a  d e l l e  m i e  p r e f e r i t e , s a r à  s t a t a  l ’ e c c it a z i o n e , 

i l d u b b i o  o  n o n  s o c o s ’a l t r o , m a è  s t a t a  m o l t o  d i v e r t e n t e . La c o s a  c h e  p i ù  m i  h a  

“ s c o n v o lt o ”  è  s t a t o  v e d e r e , a p p e n a  e n t r a t a , u n   g r u p p e t t o  d i  c r e a t u r e  t u t t e  u 

n  

p o ’ b u f f e  c h e  s e  l a  r id e v a n o  e  s c h e r z a v a n o  t r a n q u i l l e  c o m e  s e  n i e n t e  f o s s e ;  

e  p o i i n  c e n t r o  c ’e r a  l ’a n z i a n o  c a p o b r a n c o , c h e  p i ù  c h e  q u e l lo  s e m b r a v a  u n  e x - 

p a  g li a c c i o  c a d u t o  in  d e p r e s s i o n e X D  As i e t t a .

 

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di me, se accettate - perché è un esercizio veramente tosto - nonpotrete più tirarvi indietro. –Effettivamente, e ora che l’ho scritto me ne rendo conto,

l’adorabile Emanuele ci ha incastrato: ha detto, in mezzo alresto, “Se vi fidate di me”.Abbocchiamo tutti.Ci dispone rigorosamente in fila indiana, pronti a riceve la

parola che ci avrebbe perseguitato per tutta la lezione. Mentreattendiamo tra i cavalletti il nostro turno, all’avanzare delprimo verso di lui ci accorgiamo che non si sarebbe trattatodella solita consegna del foglietto: Emanuele scrive la parolasul momento, riflettendo su ognuno di noi. Tranne per Holly,Asia e Anna che Emanuele conosce meno e ai quali ha datoparole meno mirate, intaschiamo tutti il foglietto o sorridendoo, come nel mio caso, sbiancando.Un tappeto musicale ci accompagna e ci sostiene anche quel

giorno, ma si tratta di una musica diversa: campane tibetane.

Tre diverse campane con tre simbologie differenti, sintonizzateuna sull’acqua, una sull’aria e una sullo spirito. Cosa poici volesse dire Emanuele in realtà, quale arcano significatoavessero, rimane un mistero. Non è forse la situazione più normaleper una lezione teorica. Sicuramente sono ipnotizzanti.

Noi, poco in grado di svuotare lamente senza aiuti, proviamo a farcitrasportare dal suono: i simbolici prendono, in modo più subdoloe profondo rispetto alle bendeche Emanuele ci mette a turno.

camminiamo quindi per la stanzacome dei cechi. Riporto da questo momento un commento di

JP. Siamo tutti bendati ormai, e avanziamo a tentoni, a voltescontrandoci, in silenzio, in modo lento, serio anche se unpo’ storditi dalla situazione e dalla campane tibetane. JP èancora l’unico senza benda, l’unico a vedere in quel mondo di

ciechi. Si sente perso, un po’ fuori luogo, e ciò per parecchiminuti. Emanuele lo fa attendere un bel po’, lasciandolo in unasituazione diversa dalla nostra. E’ come se, essendo l’unico avedere, sia escluso da tutti noi, avvolti sotto la coperta dibuio. Poi finalmente ci raggiunge. Emanuele, che si è portato aun lato della stanza, ci chiede di rallentare respirazione epasso. Poi ci invita a sederci a gambe incrociate, nel modo checi aveva prima mostrato. Tap. Chissà quanto prima poi. Tap. Palmirivolti verso l’alto. Tap. Avambracci poggiati sulle ginocchia.Tap. Schiena dritta. Abbiamo ancora rallentato la respirazione.Tap. Su sua indicazione, seguendo il percorso del respiro nelsuo circolo infinito. Tap. Anche la voce di lui diventa piùlenta e profonda. Tap. Ci dice di avvertire la presenza deipiedi, di sentire che diventano pesanti e rilassati. Tap. E lostesso poi, dopo molti passi, dopo molti “Tap” dei tacchi diEmanuele, ci invita a percepire le gambe, rilassate e pesanti.Tap. Sentirle a contatto con i jeans e contratte su loro stesse,

accorgendosi quindi di doverle distendere e rilassare. Tap.Poi succede per la schiena e le spalle, assai contratte inmolte persone, solleticate dallo sfregare dei vestiti nell’attodelle respirazioni. Tap. Pesante è poi la testa, ora reclinataun poco verso il basso e finalmente immobile, lontana. Tap. Lepulsazioni cardiache si sentono fin sulla punta delle ditadel corpo pesante e di pietra; sì presente ma lontano sembraora un rivolo di sangue che scorre, costretto, nelle dita. Lepulsazioni sembrano vibrare sulla cassa toracica, scuoterla,colpirla. Tap.– E ora la vostra parola prende forma, – Tap. – ma non nel modo

solito: lasciatela fluire… –Tap. Mentre nel buio rincorro la mia parola, cercandone ogni

significato senza sforzo, quasi attendendo che mi si mostri, nondistante da me Davide precipita dentro un fosso: solo, al buio,la solitudine è talmente profonda che fisicamente la senteaddosso, fredda fin nelle ossa, bagnata e umida fino a fondersi

 

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con lui, preda della sua più grande paura. La parola che emergeè la sua unica compagnia, ma è la sua stessa condanna, compagnanon gradita e non gestibile dalla sua energia. Tap.La sua parola è un puntino arancione nel foglietto.Tap, tap. Emanuele si ferma davanti a lui e lo accarezza sulla

spalla, portandogli l’unica vampa di calore, l’unico spiragliodi luce in quella fossa fredda e fangosa. Ma dura un attimo. Tap.E torna tutto come prima.Almeno fino a che alle campane si aggiunge una voce, ma è di

donna, proviene dallo stereo e canta.– Prima di partire per un lungo viaggio. – Tap. – Devi aver la

voglia di non tornare più. –Tap. Il nostro viaggio sta in qualche modo giungendo al termine.

Il viaggio da individuale diventa di gruppo e questo mi sembragrandioso. Emanuele ci chiede di “sentire” gli altri ragazziAnna sente vicino a sè Holly e me, anche se in realtà siamo

fisicamente distanti nella stanza; poco più lontano sente

Davide, ora fuori dal suo fosso. Non vede un qualche tipo discena, sa che ci siamo. Tap. E come lei anche gli altri, in qualchemodo, avvertono i compagni, se li figurano nella stanza nellastessa situazione: esser imprigionati ma distanti dal propriocorpo, contemporaneamente liberi dalla normale percezione, dalnormale pensiero. Tutti insieme in quella situazione. Tap. Oquasi. Io, che durante l’esercizio avevo reagito con fastidio allacarezza sulla spalla fatta Emanuele, quasi senza accorgermenemi accorgo di non aver incluso nessun altro nel viaggio, di nonaver visto nessuno e di non aver voluto nessuno.– Prima di pretendere qualcosa – Tap. – prova a pensare a

quello che… – Tap. – dai tu… –– Il vostro respiro torna normale. – Tap. – E quando ve la

sentite potete togliervi la benda. –Il silenzio è impressionante. Anche l’esplosiva Asia è silenziosa,

Anna è la prima a riprendersi; comincia a far domande, stupitadella posizione in cui si trova all’interno della stanza, (nel

buio aveva percepito la sua posizione a due metri e mezzo didistanza rispetto a quella reale).Ci sediamo in cerchio vicino a Emanuele, tiriamo fuori i nostri

bigliettini pronti a discutere la parola, o il puntino.Davide ci descrive molto bene la sua situazione (è uno scrittore):

ci racconta come con rabbia si è accanito sul puntino, puntinoche l’insegnante gli aveva assegnato proprio in contrasto conla sua abitudine ad “esagerare”. E ha fatto centro.15

Io avevo l’unica parola che, prima di cominciare, ho pensato“va bene tutto tranne”. Sesso. Non l’ho intesa solo in un modo, main senso ben ampio, ed essendo un gran parolone, soprattutto perme, vederla scritta mi ha sconquassato. L’ho affrontata, certo, main modo un po’ egoistico. Sono uscita vittoriosa dal confronto,ma penso di essere morta poco dopo. Per fortuna ho molte vite.Per Anna la parola “Teatro” ha riportato a galla molti ricordi,

e l’ha portata ad associare questa parola all’intera vita umana,alle relazioni e al teatro quotidiano.

– Insomma: il teatro è vita e la vita è teatro, ecco. –Per Asia la faccenda è complicatissima: essendo che di lei

Emanuele ha subito notato i problemi di concentrazione, la parolaa lei assegnata è stata proprio “concentrazione”. Asia non hasaputo infatti dirci molto altro oltre il fatto che non è riuscitaa concentrarsi. Seguendo un’idea di Anna diamo noi due parole aEmanuele: “Maestro” e “X”. In conclusione ci viene consigliato diprovare almeno un quarto d’ora di meditazione su qualsiasi cosa,prima di andare a dormire. Io l’ho fatto, e ricordo molto bene ilsogno di una delle notti seguenti. Sogno che non c’entra nulla conla parola di quel giorno.

15 - L’esercizio di meditazione è stato splendido, mi ha insegnato davvero tante

cose… Sapete, magari è facile meditare su guerra, pace, terra… argomenti n troppo

enormi, in fondo! Ma… meditare su questo… davvero, un’esperienza che ricorderò

 per sempre.

Davide.

 

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Mercoledì 22 dicembre

Oggi è una giornata particolare, oltre ad essere l’ultima prima delle vacanza natalizie. La prof.Giordano ha organizzato un incontro con tutti i ragazzi del gruppo teatrale del precedente annoscolastico, ricordate “Le figure della memoria” di cui ho parlato durante il primo incontro? In presenzadella Preside, di Franco Carli, dei genitori dei ragazzi disabili si riunisce in aula 3 il nutrito gruppo,in un clima di festa. come festeggiamento e ringraziamento per la bella esperienza vissuta a settembree ad ottobre al DAMS e presso la casa di riposo “Agnesi” a fianco della scuola.La stessa Preside, commossa, ringrazia tutti coloro che hanno partecipato al laboratorio teatrale

conclusosi molto bene all’inizio dell’anno scolastico con quattro repliche, consegna ad ognuno un libro

d’arte, di argomenti simili ma diversi tra loro, su cui, personalmente, ha apposto una dedica. La prof.Giordano consegna a ciascuno due fotografie scattate dai ragazzi di 4S durante le repliche al DAMS diImperia, anche queste con una sua dedica personale.La parola passa a Franco Carli, regista e scrittore dello spettacolo portato in scena, a cui viene

regalato un mosaico creato dai ragazzi dell’Istituto d’Arte, talmente pesante che dovrà ripassarea ritirarlo con un aiutante. Anche a lui viene consegnato un libro con dedica della Preside ealcune fotografie con dedica della Giordano da consegnare a Matteo, il figlio, oggi non presentealla festa per motivi di salute. I ragazzi consegnano a Franco ciò che avevano promesso a

Matteo: il manifesto dello spettacolo con tutti i loro autografi. Il clima è

U n ’e sper ien za fa nta st i ca  , m em or abi le. Re st are z itti  , im m obi li, sen za la possibi lità di ve de re ni e nt e...Insom m a  , sen za sa  pe r n ep pu re in  ch e 

 pun t o de lla sta nz a t i tr ov av i . In q ue l l’ora di “  pa ce ” a ssol uta  , tu tt o e ra  tra nn e c he pa ce a ssolu ta!  I pen sie ri c om in cia van o a scorre re ve loci,

f orse inc om  pr en sib ili... Il d iff i cile è tr asf or ma re qu ei  pe nsi eri in en erg ia, in en erg ia ch e d ev i c erc ar e d i c on ce n tr are d e nt ro il t uo corpo, ne lle 

t ue ve ne . I n cr ed ibil e c om e  ti se nti  , un a v ol ta tol ta la b en da . D av ide 

pieno d’affetto e riconoscenza verso tutti.

Conclusi i discorsi, i saluti, i ringraziamenti, si brinda esi mangia!!!Dopo il rinfresco, cinque superstiti si ritirano con Emanuele

nell’aula 4 e, insieme alle teste di cavalli e agli altri gessiio, Holly, Davide, JP e Desy svolgiamo un esercizio semplice maassai interessante: il provino.Emanuele è colui che presenzia il provino. Ci chiama a turno

 

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e ci invita a vuotare cartelle o giubbotti e a parlare di noi. Sarebbe stato un normale eserciziocomplesso come tutti i precedenti, ma per me e Holly quel giorno è ulteriormente critico per il fattoche abbiamo entrambi la febbre a trentotto.A parte ciò, in generale, si è svolto così.Io (Buccia) mi siedo di fronte a Emanuele-esaminatore con la mia fida cartella arancione al fianco.

Specifico che sono febbricciante; lui comincia a tirarne fuori quei pochi quaderni che essa contiene,a mostrare la mia grafia e a parlare in generale. A causa della febbre sono leggermente sconnessa,

soprattutto nella postura, ma entro in una sorta di berserk (propriamente è uno stato di ridottalucidità mentale causato da un eccesso d’ira): non mi comporto in modo naturale, ma parlo in modoabbastanza fluido e sicuro, addirittura quasi sfacciato.Holly è il terzo a provare, ma ne parlo subito dopo di me per una sorta di solidarietà tra ammalati.

Già normalmente è abbastanza timido in situazioni del genere e oggi si mostra ancor più chiuso emolto breve nelle risposte.Davide è l’unico ad avere quasi un diverbio con l’esaminatore: come spesso si è detto, Davide ha il

difetto che, teatralmente parlando, esagera. Quindi non è naturale e l’esaminatore non si esime nelfarglielo notare, mettendolo quasi in ridicolo e cacciandolo poi via.JP si mostra spigliato, non ha generalmente difficoltà a parlare (anzi non ha mai difficoltà a

parlare, il signor Comunicazione), ma fa l’errore di far capire di non essere naturale. Non è cacciato,ma l’esaminatore non si mostra contento.Desy è semplicemente fenomenale. Semplice. Naturale. Non sembra pensare “devo fare bella figura”, si

occupa solo di far vedere i bracciali che ha nella borsa, spiegandone il significato. Risponde poialle domande dell’esaminatore che, interessato, le chiede il perchè di quei minuscolissimi disegni

dei compagni di classe conservati come sagomine dentro l’ordinatissima borsa. Imbarazzata manaturale, rimaniamo tutti incanti da un semplice esempio di psicologia umana spiegata tramitela storia di una borsa.Subito a seguire Emanuele ci mostra il cortometraggio di un provino, dove una ragazza in modo

molto naturale spiega i vari oggetti nella borsa, proprio come ha fatto Desy. La visione durasvariati minuti (nel mezzo dei quali io e Holly svuotiamo a

turno gli stomaci in bagno) e si conclude con la ragazza cheesce dalla sala dimenticando la borsa. L’esaminatore, che giàè quasi sicuro di scritturarla, sta per incaricare qualcunoa portargliela prima che si allontani, ma un’altra ragazzadella troupe si avvicina e svela che quella è la sua borsa.Quindi la ragazza del provino ha improvvisato tutto, ed eranaturalissima.

 

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Mercoledì 26 gennaio

Oggi ci dedichiamo alla stanza Arte-musica. Noi Attori siamo ancora un poco giù di morale a causadella lezione precedente, in cui abbiamo lavorato giù di tono.Riusciamo tuttavia a scioglierci a contatto con l’energia dei ragazzi disabili del nostro istituto

e con i ragazzini delle medie: ormai io in coppia fissa con Francesco. Sperimentiamo l’idea di Asia.Emanuele ci concede dieci secondi, il tempo della spiegazione, per inventarci un linguaggio, in

quanto idea del topolino esplosivo era proprio quella di “un mucchio di persone che non si capisconoma che con la musica riescono a parlare”, tradotto da Emanuele in una torre di Babele dove la solaAsia parlerà italiano in mezzo al pubblico stranito.Emanuele ci fa un esempio spiegando nuovamente l’esercizio con il nuovo idioma, parlando in

Emanuelese. Prova poi rivolgendosi ad ognuno di noi. Piccoli sketch di pochi secondi, i cui più comicisono Emalia, che risponde con una frase in slang americano, JP, che adotta un pseudolinguaggiobrasiliano, quello con la prof. Marcella che gli risponde in francese, lasciando allibiti tuttiquanti. Anche Nicole, che di solito parla poco e a fior di labbra, accenna qualcosa, in modo menoplateale rispetto a Lodo, che alzando le braccia mormora una sorta di saluto. Quel ragazzo capiscetutto. Sarebbe stato anche interessante vedere in azione il perfetto siciliano di Wale, ma ha lezione

e non può venire con noi.Pronti, o quasi, cominciamo a muoverci per la stanza, tentando di comunicare e sviluppando pianpiano i nuovi idiomi. Siccome la musica è restia a raggiungere un volume accettabile, e quindiudibile, Emanuele inizia a dare colpi sul banco, come per dare ritmo e suono. Viene presto imitato

 

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da alcuni del gruppo. Pian piano, senza più bisogno di parlare, lo stimolo sonoro ci guida a formaregruppi di percussioni sempre più grandi, fino a riformare il grande cerchio e ballare un poco tuttiassieme, forse non ancora fluidi e sicuri come saremmo dovuti essere (anche per via del fatto che è laprima prova) ma, dalla risata di Lodo, si percepisce che sembriamo abbastanza convincenti.Emanuele ci fa un breve discorso sulla musica, sul fatto che è uno strumento di veget-cazione

universale (ndr: comunicazione universale non verbale).– Cosa?! –Al lapsus mal celato di fine discorso trovo stranamente una replica impertinente. – Hai appena

ammesso di essere un bietolone. –Scappando, riesco a trarmi in salvo dando una grande notizia ai presenti. Collegandolo al momento di

gloria per via della battuta, tiro fuori dallo zaino il libro che mostro all’intero gruppo: “Licenziateil primo attore”, la mia prima opera letteraria.La scuola, e il gruppo di teatro in particolare, possono quindi vantarsi di avere due piccoli scrittori.Conclusi i commenti e gli apprezzamenti, in cui mi crogiolo, salutiamo il gruppo degli artisti e, nel

nostro spazio, in compagnia di gessi e cavalletti, ultimiamo la stanza arte-teatro. Seduti in cerchio,di nuovo tutti presenti (tranne Wale), discutiamo a lungo delle varie migliorie e ognuno esprime lapropria opinione (soprattutto di stampo tecnico). All’accenno sull’assetto della stanza arte-musica

Asia interviene mostrandosi fortemente scettica della sua idea (forse proprio perché è stata lei atirarla fuori); a noi, invece, convince abbastanza.Termina poi il suo breve discorso con l’unica frase che non avrebbe dovuto dire: – Ma… che ansia. –Mi giro verso Gigia16, tentando malamente di fare la seria, indicandole in modo fermo l’amica sdraiata

pancia a terra vicino a lei.– Argh. Giorgia, testata. –Gigia fa uno scatto in direzione di Asia, articolando anche lei il suono di una testata

virtuale. JP intanto sta presentandoci le sue modifiche alla stanza di arte-teatro: pensa diunire i personaggi interpretati da me e Desy a quelli di Anna (la moglie) e di Gigia (la scocciata),oltre aggiungere una sorta di dottore che dovrebbe spiegar cosa è il teatro all’ignorante (JP),

al quale poi tocca di trarre le conclusioni con un monologo. Emanuele subito si trasforma nel dottor

Doc., un professorone da “tutto fumo e niente arrosto”, che vive di citazioni e gran collegamenti senzain realtà capire propriamente gli argomenti da lui studiati. Inoltre, ridistribuiamo i ruoli e, su ideadi Emanuele, decidiamo che almeno JP e Gigia avrebbero orchestrato i lavori e si sarebbero occupatidella sola regia, lasciando comunque Anna (quel giorno riposata ma ancora acida) all’interno dellarecitazione.

16 - Gigia è il diminutivo di Giorgia, da un mesetto membro del gruppo di laboratorio.

 

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O meglio, la scena è un poco più articolata. Ovviamente il tutto scaturito da una decisioneconclusiva dell’insegnante.– Allora… io però cambierei i ruoli. –Siamo tutti chini sul foglio che Emanuele sta usando per appuntare la sistemazione della stanza

e, ora, i vari personaggi, con le interpretazioni da assegnare.– Io (non per altro) – JP è sdraiato pancia sotto ed è quello di noi più vicino al foglio – farei

l’ignorante. –

E già lo dice ridacchiando, intuendo la risposta di Emanuele, non secca, comunque. L’ignorante loassegnamo poi a Holly con le seguenti connotazioni: persona sveglia, ma che di teatro non ne saproprio nulla e che confonde l’“Amleto” di Shakespeare con un film di cassetta.JP accetta il ruolo di regista, proponendo subito Gigia per la scocciata. Noi altri concordiamo

con Emanuele di scegliere Anna, che subito si mostra scocciata, ironicamente però, riuscendo a farciridere.Per la moglie, anche se un poco scettici inizialmente, puntiamo su Emalia. Desy e io siamo le uniche

convinte, soprattutto dopo aver osservato gli enormi occhioni supplichevoli che la mezza americana(Emalia) rivolge all’insegnate per non farsi dare quel ruolo. Ma, alla fine, accetta di provare,smentendo JP che ci avrebbe visto meglio Anna.

Per il ruolo del dottore discutiamo molto. Si pensa dapprima ad Anna, poi JP propone Davide, iopunto su Holly. Ma, dato che vige la Morandicrazia, si sceglie Asia, come primo esperimento.Quando qualcuno accenna a cambiare anche il ruolo del marito, JP inizia a protestare, esausto.– Ma non ne avete scelto uno di quelli che ho detto io! –Anche per questo, Davide rimane unanimemente il marito.Poi JP si cala nel ruolo di regista… per carità bravo e simpatico, ma poco sicuro, tanto che

continua a chiedere pareri a Gigia, solo per avere conferme. Io e Desy osserviamo i lavoriche stanno sì districandosi, ma a rilento. Tuttavia, a fatica, mentre torturo il mezzo teschiodi plastica, tento di tirar su di morale una Desy convalescente o gioco con l’insegnante, la

scena prende forma.Vorrei sì raccontarvela, ma mi limiterò a uno sketch,

a un’improvvisazione geniale che ha Holly . Il resto losaprete durante l’Open Day.Nell’Aula 4 sistemiamo quattro sgabelli in fila con dietro

altri due per accennare la fila posteriore, nell’intentodi imitare le tribune di un teatro. Inizialmente, seduta asinistra (rispetto a noi pubblico) c’è la scocciata Anna conaccanto un posto vuoto oltre il quale vi è Holly, l’ignorantedi teatro, e di seguito ancora un posto vuoto.

 

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L’ingresso della coppia Emalia-Davide la spinge poi a spostarsia destra di Holly ed è qui che nasce l’idea di Holly, che inteoria avrebbe dovuto solo confondere lo spettacolo teatralecome tratto da un film differente.– Certo che… – Holly ha già fatto svariate domande alla

scocciata e sta tentando di cambiare argomento, puntando sulcontenuto dello spettacolo – le cose con gli alieni mi sono

sempre piaciute! –– Ma come alieni? – Anna è scandalizzata – Questo è Amleto: non

c’entrano nulla gli alieni. –– Ma nel film c’erano! –– Non so che film ha visto, ma questo è Am-leto. –– E io che ho detto? Il film era “Men-am-let”! –Se pensate che sia finita qui avete torto, all’uscita della

scocciata entra infatti in scena il topolino esplosivo nellaparte della dottoressa. Si siede vicino a Holly che, dopo avertentato inutilmente di far domande a un Davide occupato a non

farsi divorare dalla moglie, si rivolge a lei, invece ben lietadi offrire la propria conoscenza.– Perché il teatro, – ispiratissima, già Asia gesticola come

a prendere dall’aria le parole – è vita, ecco: il teatro comepalcoscenico della vita. –E poi si ferma un attimo: le era stato detto di fare molte

citazioni e infatti era partita citando la frase di Anna (ilteatro è vita). Le arriva quindi un suggerimento da Emanuele.

– Desesseaux! –– Sesseax diceva che il teatro… –– Stop, scusami… –Esplodiamo a ridere.Capendo che, più che dottoressa, Asia ha uno stile hippie,

Emanuele cambia le parti: Gigia sarà la scocciata e Anna ildottorone. Qui, un altro colpo di genio.

– È questo… – discorsone pieno di citazioni, soprattutto diShakespeare – il teatro. –Holly annuisce, ma il moto verticale lento si velocizza

prendendo una traiettoria più tonda, fino a trasformarsi in unveloce diniego.– No, no… può dirlo con parole sue? –Attimo di stasi, in sottofondo i due coniugi litigano. La moglie

(Emalia), appena allontanata, si accortoccia su se stessa, partendocon un pianto che pare più il fischio di un treno. Prontamente,Davide le concede cinque secondi di abbraccio e il cambio di

espressione di Emalia rende ottimamente il personaggio dellamoglie, anche grazie alla spessa matita che evidenzia gli occhidella mezza americana. Anna riprende.– Secondo Shakespeare il teatro… –– No, no! Me lo dica con parole sue, se no non capisco! –– Shakespeare… –– No! Non nomini Sciechspir e non nomini nessun altro, lo dica

con parole sue! –

 

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Anna vacilla, lo guarda negli occhi. Soffoca il nome diShakespeare, una, due, tre volte, con fatica ne sputa pezzettini,mentre Holly la fissa immobile. Si alza, quasi in lacrime,ancora singhiozzando quel nome, passando poi dietro la primafila e trovandosi nuovamente vicino a Holly gli poggia unamano sulla spalla, avvicinandosi.– Perché Shak… –

E esce sconvolta.Abbastanza soddisfatti, Emanuele trova il tempo per un

ultimo breve esercizio, a prima vista stupido ma di vitaleimportanza, in modo da abituarci al contatto fisico tra noi:gli abbracci.Semplicemente dobbiamo abbracciarci tra noi, almeno una

volta tutti quanti, Emanuele compreso.Personalmente, il contatto fisico quasi non lo uso, per

un certo periodo di tempo l’ho anche evitato. Ho ripreso autilizzarlo grazie al laboratorio teatrale dell’anno scorsoe, più precisamente, grazie a Matteo, Lodo e Giulia.Matteo, soprattutto durante le prove, si trovava quasi sempre

vicino a me e per fargli capire che sul palco ero accantoa lui gli prendevo la mano. Inizialmente non funzionavapoi, col tempo, lo calmava. Terapia d’urto è stata con Giulia,l’odalisca de “Le figure della memoria”: credo che più di leimi abbia abbracciato solo mia madre. E con Arianna (di spiriticritici come lei ne ho visti pochi) ho imparato a far domande,

chiacchiere e massaggi.Lodo invece, come spesso hodetto, capisce tutto: durante

“Le Figure della Memoria”doveva semplicemente essereportato con la carrozzinavicino a me, io prendevo ilcartello e lo mostravo alpubblico per far capire il

titolo della successiva scena (o capitolo teatrale). Dopo leprime due volte, Lodo arrivava tenendo il cartello tra i polsi,premuto sul ripiano della carrozzina per essere meglio sicuroche non cadesse. Una volta vicino a me, ridendo alzava lebraccia di modo che lo potessi prendere e poi le riabbassavaper ancorare il cartello prima di venire riportato indietro,tutto orgoglioso. Nonostante la sua situazione, Lodo sorride e

ride molto più di noi. E non perché non è consapevole, ormaidovreste conoscerlo anche voi, ma perché gli piace stare connoi ragazzi e si diverte osservandoci. Ritorniamo all’abbraccioconclusivo della lezione di oggi: il contatto con l’altro ècomunque comunicazione e confronto, è incredibile quanto sipossa cambiare e capire solo toccandosi. Vorrei tanto saperecome è stato per gli altri.Quel giorno, il ritorno in treno lo passiamo cantando le

canzoni dei film Disney.

Mercoledì 23 febbraio

La stranezza di questo giorno emerge subito negli esercizidi gruppo. Poco del teatro ho capito, e una di queste pochecose che ho inteso è proprio che in teatro qualcosa di stranoaccade sempre. In questa giornata, la prima stranezza è statavedere un gruppo assortito di persone costituito da ragazzi dimedie, superiori, università, professoresse di medie e superiori.Andiam per passi.Emanuele ci divide in due gruppi, e sinceramente tanti siamo

(e tanti sono gli scambi tra gruppi, vedi Alberto o Francescoche fuggono un paio di volte da una parte all’altra) che nonricordo bene i miei compagni di squadra. Ma la consegna sì:un gruppo deve assumere una posizione strana, l’altro gruppopartendo dall’imitazione di quella, deve creare una scenetta.Noi ci posizioniamo metà in terra, soprattutto noi ragazzi,

 

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Francesco ed io teniamo in equilibrio Francesca mentre Luisellaci osserva dall’alto, anche per via del mal di schiena.L’altro gruppo si affaccenda a imitarci, già ridendo

nell’immaginare una scena: infatti non ci si può metter d’accordoprima (in teoria, ma un pò trasgrediamo). Da quell’accozzagliadi corpi esce un misto fra ospedale da campo e infermeria didiscoteca. Non ricordo chi sta sostenendo JP, ma ricordo bene il

suo barcollare facendo l’ubriaco.Tocca poi a loro, che si dispongono ugualmente disordinati

ma in pose più coordinate, che noi tentiamo di tradurre in unaaccademia di ballo.Il gioco ci è talmente piaciuto che facciamo una seconda

manche.E il bello viene poi, divisi in gruppi.Abbandonata l’aula 2 per la 4, Emanuele ci elenca brevemente

tre esercizi, dando poi a noi la possibilità di scegliere l’ordinein cui affrontarli (perché gli esercizi di teatro non si fannoma si affrontano, per chi ancora non l’ha capito). Il primo sisvolge davanti a un foglio.Mentre deprediamo il materiale da disegno di Emanuele, quel

giorno meglio fornito, e ci distribuiamo i fogli, lui legge dalsuo magico e dannato libretto le azioni da svolgere.– Dividete il foglio in sei parti. –Abbiamo l’ordine di non spiare il lavoro degli altri per

evitare di influenzarci, e così è. A occhi bassi, gli unicisuoni sono quelli melodici che giungono dalla radio rossadell’insegnante e di un foglio che viene piegato, il mio, mentretento di dividerlo in sei in modo preciso facendo confusione.

– Numeratele. –Di nuovo, sono quella che ha più difficoltà. Il mio fogliol’ho infine diviso disegnando in verde le linee mediane ediagonali,. Metto la numerazione che per prima verrebbe inmente: da sinistra a destra, prima le sezioni sopra la lineaorizzontale del foglio (usato orizzontale come più si usa per

disegnare) e poi le sezioni sotto. Appena finito, dò retta allavocina che mi dice una semplice parolina. Stona.Partendo dalla prima sezione in alto a sinistra, le numero

come a leggere un orologio.– Disegnate dove vive il vostro eroe. –Oh no.Se prima era una vocina a parlarmi, da quell’istruzione

comincio a sentire una voce, che ben conosco. L’unico eroe cheha un percorso diverso dagli altri è quello su cui ora stoscrivendo un romanzo.In modo molto naif e simbolico, disegno un’isola lontana con

velieri in lontananza; la visuale è quella di qualcuno su unaltro veliero diretto all’isola.– Nella seconda sezione disegnate il suo scopo. –E qui il mio pennarello azzurro comincia ad odiarmi. Disegno

infatti un sorta di demone dal quale il mio eroe vuole salvarsi.L’atmosfera è molto cupa.– Nella terza ciò che lo può aiutare. –Vorrei disegnare la sagoma di una persona (non proprio una

persona, in verità) e invece disegno un misto tra il protago-nista e questa persona. A volte il non saper disegnare aiuta.– Nella quarta disegnate i suoi nemici o ostacoli. –Seconda apparizione del demone, affiancato da un altro coso.

Il pennarello azzurro ha preso a lamentarsi, ma non sa ancoracosa lo aspetta.– Nella quinta come raggiunge il suo obiettivo. –Nel mio solito modo fulmineo disegno una sorta di griglia

o trama, che verso l’alto sfumo in buio. O qui azzurro, povero

pennarello.– Nell’ultima la conclusione. –Ecco, l’unica cosa che posso solo immaginare. Questa volta

ridisegno il buio in basso, poi sfumo a bianco con qualcheombra di nuovo verso la cima.Il risultato finale, insomma, è questo.

 

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Il primo disegnoanalizzato è quello,scelto a caso, di JP.In modo molto serio( s d ramma t i zzan d oraramente) facciamoda spacca cervelli a

JP, ricostruendo trale sue spiegazioni ele nostre analisi laseguente storia.Il protagonista, una

inteso proprio comebuona volontà eserenità, date anchele nuvolette. Il suoobiettivo è quello direndere felici piùpersone possibili, non

solo di famiglia. Anchequi, aiuto e ostacoloè il mondo stesso, perun obiettivo che èsolo ipoteticamente

in modo più precisoil foglio (seguendo lostesso schema di JP).È stata l’unica cheha interpretato laconsegna di Emanuele diprenderci un pennarellocome di prendere almenoun pennarello. Il suoprotagonista, di nuovouna persona generica,vive però nell’amore,

persona che può rappresentare tutti, vive in una bella casa, inun posto senza troppi problemi. Vorrebbe un mondo dove tuttisiano felici (notare la minuscola faccina sorridente in centrodel mondo), obiettivo che da solo non può raggiungere, e infattiprogetta una collaborazione con moltissime altre persone, per-

sone che possono però essergli d’aiuto quanto d’intralcio. Nelperseguire il suo obiettivo l’eroe confida d’esser d’ispirazioneper le altre persone. Però lui stesso non sa se il suo obiettivoè raggiungibile e, se sì, quando. Nonostante ciò va avanti.Assai simile risulta il disegno di Anna, che però ha diviso

raggiungibile con la collaborazione e la cui ricerca potrebbeprotrarsi all’infinito.Più terra terra sono stati i disegni di noi altri.Quello analizzato successivamente è quello di Gigia,

che Emanuele hareputato il più

esemplificativo. Unafavola e, come tutte lefavole, il più semplicee rappresentativo.La protagonista, chevive in un semplicevillaggio, ha comeobiettivo quello disalvare un ragazzo.Tramite magia eoggetti vari, deve infatti sconfiggere la minaccia che la separada lui. Nonostante riesca in ciò, compare un altro impedimento.– Il fantasy – ci spiega Emanuele – ha sempre avuto molto

successo perché il male viene reso fisico e ben distinguibile:sai cosa picchiare e come farlo. E’ liberatorio. – Un po’ meno losono per me gli occhi della nuova minaccia incontrata dallaprotagonista. Mi sono rimasti impressi.

 

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E’ il turno del disegno di Desy, diviso inmodo meno classico e numerato in ordineanomalo. Faccio notare il miglior trattodi lei, che frequenta infatti la sezionedi decorazione, e specifico che i semidelle carte disegnati in alto a sinistrali aveva fatti ancora prima di sapere

l’uso del foglio. Sono quindi da escluderenell’analisi; bisogna capire i ragazzi didecorazione.Come ci spiega Emanuele, l’eroe e il nemico

di Desy sono entrambi nella mente di lei,mente in grado di ispirarsi a semplici ele-menti, che preferisce la fuga di fronte a determinati problemio pressioni.Il “quadro clinico peggiore” è però quello di Davide che,

per incominciare, nonha nemmeno scelto un

colore per disegnare.Il nero e il biancosono infatti conside-rati come non-colori.Divisione regolare

ma non più a lineerette, l’eroe di Davideè lui stesso, immer-so in mezzo ai suoistrumenti artistici.

Davide è infatti eclettico, all’attivo ha alcuni brani in ungruppo musicale (nel quale suona anche JP) e il romanzo di de-nuncia “Non mi abbandonare”. Sa suonare gli strumenti che hadisegnato e anche qualcos’altro. Ha l’obiettivo, ben dichiarato,di passare alla storia, noi aggiungiamo con anche fama e soldi.L’unico suo alleato, circondato dal nulla, è il suo cervello, lasua mente, e come nemico ha la mancanza di soldi. Per riuscire

nel suo intento ha intenzione di sfruttarel’ingegno, in modo da trasformare piccolecose in grandi cose.– Come conclusione mi vedo solo ma felice… –Emanuele lo interrompe subito.– Solo non puoi essere felice. –Discutiamo per pochi minuti e nessuno di

noi riesce a mettere un po’ di dubbi a Davi-de, o così sembra. Il suo reagire leggermen-te aggressivo mi dice tanto che in cuor suoun dubbio lo ha, e non piccolo.Per penultimo analizziamo il mio disegno,

che già vi ho mostrato e descritto. Il riqua-dro che Emanuele trovato più interessante è proprio il terzo.– La sua soluzione risiede nel passato, la persona scomparsa,

e nel presente, ossia lo stesso protagonista. –Mi ribadisce poi, riguardo il quinto riquadro, che non si può

pianificare la vita come l’eroe che tesse trame e imbrogli per

salvarsi.L’ultimo e straniante disegno è quello, nemmeno a dirlo, del

topolino esplosivo Asia.Il suo eroe è Xena, che vive nella grotta tanto vista in tv.

L’obiettivo di Xena è quello di diventare ricca facendo ascol-ti in televisione eper alleati ha gliamici X, X, il caval-lo, la spada e l’ormaifamosissimo cerchio

di metallo dalle tra-iettorie improbabili.I suoi nemici sononuovamente collocatinel mondo reale: sitratta infatti dellagente che dorme fino

 

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a tardi, perdendosi la messa in onda della serie, oltre che i genitoriche vietano (per punizioni varie) di guardare la tv togliendo ascol-ti. La realizzazione dell’obiettivo di Xena sta poi nel fare la bellavita, situata ancora nel mondo reale con macchinoni e rifacimentivari. La conclusione è un solo grande e roseo punto di domanda.Disorientati da questa mescolanza interessante di fantastico e re-

ale, appuriamo quanto triste deve essere il destino di Xena e quanto

la sua storia sia opposta a quella di JP e Anna, incalzando Asia sulperché delle scelte di Xena.Concluso il primo esercizio, scegliamo quello delle spade.Consiste semplicemente nell’utilizzare un braccio come fosse una

spada, tagliente solo dalla parte esterna. Muovendoci tutti al ral-lentatore in una battaglia campale, dobbiamo soppesare movimenti epagare ogni slealtà con dieci secondi senza difese. Davide scetticis-simo fino all’aggressività, si è poi ricreduto in parte.Facciamo non so quante manche.Nella prima muoio dopo poco, falcidiata da non ricordo chi; nella

seconda per paura di essere presa da Gigia sono uccisa da Emanuele.Mentre la seconda battaglia a squadre si sposta dietro i gessi inmezzo all’aula quattro io, cadavere in terra, alzo una mano urlando.– No! Voglio giocare ancora! –E per far urlare me ce ne vuole.– Se sei una mezza sega non è colpa mia! –Rispondo ora a Emanuele: invece sì, è in parte colpa tua.Quando mi ritrovo poi in squadra con Davide, Anna e Gigia propongo il

primo e unico schema della giornata: proteggerci le spalle formando unquadrato, avvicinandoci agli avversari sotto le mie direttive.Ma a vedere il fronte avversario, sono stata la prima a fuggire e mo-

rire. Stendendo un velo pietoso, dato che non posso raccontare i duelliepici che da morta non ho visto ma solo udito, il terzo esercizio è sta-to il più… strano. Ricollegabile a quello degli abbracci, ma assai piùlungo.Nuovamente con un sottofondo musicale calmo e introverso, ci mettiamo

a coppie; Emanuele compreso, siamo in otto. Sparsi per l’aula 4, si devonochiudere gli occhi e non parlare, comunicando solo attraverso il contatto

L’ u l t i m a  v o l t a  c h e  abb i a m o  f a t t o  te a t r o  s o n

 o  p a r t i t a  c o n  l a 

s pe r a n z a d i  u n  i nc o n t r o  t r a n q  u i l l o  pe rc h é e r o

 g ià  t u rb a t a d a l l a 

 m a t t i n a t a.

 C o n  i  r ag a z z i  d is ab i l i  m i  s o n o  d i ve r t i t a ;  i l  f a t

 t o  d i  c o in v o lge re 

 t u t t i c o n de i s u o n i è s t a t o ge n i a le.

 P u r t r o p p o s ub i t o d o p o  abb i a m o f a t t o de l le

  p r o ve  pe r l o s pe t t ac o l o 

ed e r o de l  t u t t o  pe rs a.  [ È  s t at o  un  m o m e n t o   b ui o ,  A l cun i  di  n o i  

e r an o  s ce t t i i ci  ci r ca l ' i de a i n i  zi al e  s ul l o   s  p e t t aco l o  f n al e . P o i  c

i  

f u l a s v o l t a...s o l o   p o i .] 

 D o p o  u n  p o’  E m a n ue le  h  a  n o t a t o  l a  m a nc a n z a d

 i  i n i z i a t iv a  f r a  n o i 

e c i h  a de t t o d i  u r l a re  t re  p a r o le  pe r s f og a rc i. 

 Og n u n o  h  a de t t o  le 

s ue  t r a n ne  me e  Desy. A ve v o  in  me n te  a lc u ne c

 ose d a d i re,  m a  h  o 

 p re fe r i t o c h e  r i m a nesse u n  f a t t o  m io. Q u i nd i, pe r 

 n o n d i re  u n a m i n...

 a t a  (s t u p id agg i ne ), s o n o  r i m as t a s i le n z i os a.

Abb i a m o ce rc a t o d i  r is o l ve re  a lc u ne  f acce nde,

  t r a c u i  i l d i a r i o d i 

b o rd o, e  abb i a m o  te n t a t o d i  r ic re a re 

 u n  m o me n t o d i  fd uc i a  ne l 

g r u p p o.

 Q u a nd o s i a m o  a nd a t i a  p re nde re  i l  t re n o,  pe r ò, h 

 o  v is t o c h e e r a v a m o 

 u n  p o’ g i ù d i  m o r a le. E m al ia

  

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fisico.Noto che tra i due c’è quasi sempre chi guida l’altro. Al primo

turno sono in coppia con Emanuele, con il quale non ho disagio acapire o a esprimere. Avevo già provato, grazie al corso di teatro,quanto si può comunicare con il contatto e in questo frangente hol’occasione di mettere in pratica le esperienze fatte.Con Gigia e Asia, più piccole di me e con le quali non passo molto

tempo, mi ritrovo a guidare, a suggerire una linea di comunicazio-ne: per entrambe si trasforma tutto in gioco. Io e Gigia utilizziamoun approccio più timido. Con lei non mi soffermo a esaminarle lemani come invece faccio con altri. Preferisco movimenti più gene-rici come provare a capire chi si protende più in alto. Tra l’altro,sulle punte, perdiamo assieme l’equilibrio.Con Asia è più gioco puro e non può mancare il giochino che tanto

la ipnotizza. Il mio tic stagionale è ora quello di unire mani edita come a volte si fa per pregare, però distendendo gli indici efacendoli ondeggiare. Ho delle dita abbastanza elastiche e il mo-vimento incanta e distrae sempre il topolino. Tento di insegnarleil giusto movimento.

Con JP ci alterniamo a guidare e ho meno riserve. Non intendiatenulla di strano, il corpo fa anche molto altro e con lui ho benpotuto analizzare la parte esterna della mente: le mani.In qualche modo distanti, mi guidano verso il suo viso o verso il

suo capo, uno dei pochi che utilizza anche il movimento di spalle etesta per farmi capire che la mia carezza è giunta a destinazione.Con Desy è una festa. Ed è assurdo.Io la vedo. Abbiamo gli occhi chiusi, ma nemmeno ciò serve ad im-

pedirmi di vederla. Dal contatto con le sue mani rie-sco a capire l’intera sua postu-ra, ed è incredibile come, senza

metterci d’accordo, ci muoviamocome una persona sola. Balliamosenza nemmeno sbattere contro itroppi oggetti dell’aula quattro,che di certo, guardandoci dagliscaffali, avranno smesso di ri-dere per il pericolo corso, rico-

L o  s o, c o m e  s e m p r e mi di m o s t ro il r a g a z z o  d e l tu t t o, s o n o  f a t t o c o s ì, r a gio n o  s e m p re  s u ll in si e m e  e s u  tu t to . . A n c h e  s e i l t u t to  h a 

i l limit e di n o n  av e r n e . M a c o n c e n t ra rmi s u u n  s o lo  e s e rci zio  mi vie n e  dif fici le, sic c o m e  s t o s e g u e n d o  q u e s to  la b o r at o rio  c o m e  u n

 p e r c o rs o, c o s ìc o m e, d e s criv e n d o  l’ as c e s a  di u na  s c a l a, no n  ci si s o ff e r m a a d  o g ni  si n g o lo  s ca lin o, io  p re f e ris c o p a r la re  di t u tt o il

 p e r c o rs o  c h e h o  vi s s u to  fi n o a d  ad e s s o : u n a fig a ta . E ’ dif ficil e s pi e g a r e  c o m e  si p ro g r e dis c a i n via g gio, c o m e ci si s e n t a d o p o  o g ni gio r n at a, p e rc h è  si ri d e  u n  c a sin o  m a q u a n d o  è i l

 m o m e n t o  di co nc e n t ra r si, t ut t o h a  u na  s o lu zio ne  e  s e n ti, e s ai, c h e  n u l la  n e l la  t u a  vi ta  ti p u ò  f ar e  m a le . Ri p e to  è  dif fi cile  s pie g a r e,

 fo r s e pi ù s e m p lic e m e n t e è  dif fi cile  d a c a pir e s e  n o n si c a pi s ce  d a s o li. Q uin di s o n o in u tili t an t e  b e l le  p a r o le, s e m p lic e m e n t e  è s o lo  d a 

 di re  c h e n o n  s o lo im p a r o a  re ci t a r e m a  a C OM U N IC A R E   (c o m e s e m p r e  = ) ) a t t r a v e r s o il c o rp o  e  le  p ar o le  e  a  c o n o s c e re  m e  s t e s s o 

 e  ciò  c h e v o g li o e s s e r e ... H o l la d a l v o s t ro  a mic h e v o le  J P di q u a rtie r e .. . X D

minciando poi quando ci cambiamo di coppia, ma, si sa, neanche igessi possono essere tutti così intelligenti da capire l’esercizioe non ridere al vederlo. Io e Emanuele non ridiamo, ad esempio. Perqualche motivo, forse sbagliamo gli scambi di coppie, ci ritroviamodi nuovo assieme e sfruttiamo l’occasione per osservare gli altriragazzi. Sembrano ipnotizzati; ad occhi chiusi vagano nel buiocon il solo punto di riferimento del compagno, ora, per loro, rap-presentante l’intero mondo. C’è chi si accarezza, chi si pizzica, chitenta invano di mettere le dita nel naso al compagno (Desy con unaschifatissima ma divertita Gigia) e così via. Riprendiamo sul trenodove, incontrando Wale, io, JP e Desy prendiamo posto in un vagonevuoto per farle provare l’ultimo esercizio.

04 Maggio 2011

E infine arriva il giorno conclusivo dell’esperienza di labo-ratorio multidisciplinare.

Già dieci minuti prima della fine della pausa pranzo noiattori ci ritroviamo all’entrata posteriore della scuola (inverità solo un’uscita d’emergenza affacciata su uno spiazzodelimitato dal muro a secco delle fasce), preda di una stranoed apparente torpore. Io, pur di essere presente, mi presento conquasi trentotto di febbre. Alcuni sono un po’ tristi perché ilpercorso si sta concludendo. Ci guardiamo i vestiti: ognuno dinoi, come da copione, ha un abbigliamento di un

 

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unico colore, a scelta. Emalia e JP sono entrambi blu, seppur nonidentici, Anna è tutta bianca, Nicole è una bambolina lilla. Nonc’è proprio la tipica atmosfera da ansia prima della prima, maquella non sarebbe stata una prima “normale”.Nessun copione vero e proprio si era scritto, solo la struttura

generale (Emanuele è il paladino dell’improvvisazione). Perfinole stanze avevano finito di esistere: tutto si sarebbe svolto inaula magna, tutto in una volta e una volta per tutte: d’altra

parte si tratta di una lezione aperta, con gran parte di improv-visato e tanta voglia di stare assieme.Finalmente cominciamo a salire. Ormai conosciamo i nostri com-

piti: io con Andrea, Desy e altri ragazzi cominciamo a sistemarein aula magna il materiale da usare durante la performance,JP, Emanuele, la Prof. Giordano e altri più forzuti portano alpiano superiore Lodo e la carrozzella. Nel frattempo inizianoad arrivare gli ospiti. Il gruppo, ormai denominato “Bragunda”,si riunisce in un cerchio per raccogliere la concentrazione eincoraggiarci a vicenda all’urlo di “bragunda”, appunto. Poi cisediamo ai nostri posti…

– Buongiorno a tutti. –Comincia Emanuele rivolto al pubblico. Seduti di fronte a noi,dall’altra parte dell’aula magna, c’è un bel gruppo di genito-ri e parenti, dirigenti scolastici e insegnanti della nostra edell’altra scuola, ragazzi del DAMS conoscenti di Emanuele eaddirittura il fratello minore di Anna. Andrea ed Erika sonopronti per le riprese video, mentre Silvia ha già l’occhio e ildito in allerta per il click fotografico.Emanuele presenta le finalità del corso, il suo svolgimento, fa

i ringraziamenti e i saluti di rito, spiega al pubblico che nonsarà un’esibizione normale (già sembrano averlo intuito, difatti

ci guardano parlare e ridere seduti in una unica fila di sedieposte contro il muro fronte alla platea), specificando che i ra-gazzi avrebbero anche potuto chiamarli in causa… E noi ridiamo,i genitori non sanno se imitarci o meno.Emanuele dà il via. Noi ragazzi ci alziamo e cominciamo subito

a vociare in lingue inventate, incomprensibili a tutti tranneche a noi stessi. Wale si esprime in siciliano e calabrese: non

trova comunque nessuno che possa capirla. In quella sorta dimercato senza merce la prof. Luisella risponde qualcosa di mol-to stringato in francese ai ragazzi che le rivolgono paroleassurde o versi. Ci dirigiamo a prendere le scatole create dalgruppo degli “Artisti”, poste su dei banconi collocati vicino aimuri laterali e con quelle vaghiamo tentando di comunicare franoi. E non solo fra noi.Nella confusione totale, non trovando nessuno che possa spie-

garmi il significato delle scatole, mi dirigo dal pubblico.– Asoin teéh? –– Cosa? –Mi risponde la madre di uno dei ragazzi delle medie.– Asoin teéh, enke sa? –– Non ti capisco… –Continuo a chiedere in giro di questa scatola, ma non riesco

minimamente a capire le risposte, come loro non capiscono lemie domande. Nel frattempo altri ragazzi hanno preso anche glistrumenti musicali costruiti durante le lezioni; li porgono aqualcuno del pubblico, invitando ciascuno, a gesti e a versi, ad

unirsi al grande gruppo che sta vagando al centro della grandeaula.Ad un certo punto inizia a diffondersi nell’aria della musica;

qualcuno comincia a tenere il tempo. Vado a vedere cosa acca-de, sostenendo anch’io il ritmo. Ora sono pochissime le personerimaste sedute. Anche la nostra Preside, vinta ogni resistenza,si unisce a questa specie di rito di gruppo. Continuiamo a noncapirci, ma il colpire tutti insieme le nostre scatole decoratesembra in qualche modo stabilire un legame tra noi. Anche gliospiti non parlottano più, attratti dal cambiamento. Holly è alcentro del gruppo che, pian piano, in modo naturale comincia a

girargli intorno. Lui poggia la sua scatola in terra, dicendoqualcosa e indicando la scatola di Andrea e poi di nuovo la suain terra. Nel frattempo si forma un cerchio e Holly coordina lacostruzione di un muro, Desy e Patrizia distribuiscono i costu-mi di strumenti musicali e il vortice di ragazzi tiene il tempodell’allegra musica folkloristica. Riporto in carreggiata chirischia di disturbare la costruzione del muro, prestando atten-

 

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zione ogni tanto ad eventuali cenni di Emanuele, appollaiatodietro la carrozzina di Lodo come una statua guardiana. Lodoride, ma è anche un pochino teso.Emanuele lancia un lungo urlo per richiamarci: il cerchio di

persone si ferma, la musica cambia in una di ritmo più lentoe di stile indiano, comunque allegra ma più rituale. Tutti permano, Holly compreso, danziamo intorno al muro, cantando i versi

(letteralmente versi) ad eco di quanto Emanuele ci suggerisce.Li ripetiamo dopo di lui come dei veri indiani, i più energici(io compresa, che, data la febbre sono ormai in stato di berserk),oltre a muovere passi a tempo, saltano, pestando i piedi in terra.Tutti in modi diversi, ma tutti insieme. Il non capirsi parlandonon sembra esser ora un problema: il ritmo e la musica ha unitoil gruppo.– Bragundaaaa! –Urla Emanuele; le braccia si spostano dall’alto verso l’esterno,

indicando di dividerci in due ali. Lodo stringe i denti, mentrecominciamo a fare la ola. L’insegnate afferra le maniglie della

carrozzina e si dirige verso il “muro”. All’impatto, Lodo chiudegli occhi, mentre il muro di scatole colorate crolla.E ride, a pieni polmoni, seguito dall’applauso di tutti.Il muro dell’incomprensione e del distacco è stato abbattuto:

da ora si può parlare in modo comprensibile a tutti.Emanuele spiega l’accaduto al pubblico, mentre noi velocemen-

te sistemiamo sui tavoli tutto l’armamentario di vesti, pianole,barattoli della musica e bastoni della pioggia, disponendocisulle sedie sistemate più vicino al pubblico.La prof. Giordano distribuisce dei fogli: è il momento di sup-

portare la più timida del gruppo, Nicole. E’ una ragazza assaischiva e silenziosa; avrò sentito la sua flebile voce solo unpaio di volte durante il corso, e di orecchio solitamente ne ho.Emanuele la presenta, si mette vicino a lei, la prof. Marcella fapartire la terza base musicale della giornata: “Perdere l’amore”.Nicole inizia a cantare con Emanuele, la sua voce ora si sente;all’arrivo del ritornello cantiamo tutti, formando un coro cer-

tamente non molto intonato, ma sicuramente affiatato. Siamo ungruppo. Il gruppo del Bragunda certo, ma un gruppo. Emanueleinizia a ballare con Nicole, entrano in scena anche le marionet-te e si uniscono in questa festa da ballo. L’applauso dei genito-ri conclude la performance della nostra “cantantessa”.E’ arrivato il momento delle improvvisazioni nonché la fine

della tranquillità del pubblico stesso. Emanuele ci divide in

gruppi di quattro persone; ad ogni gruppo assegna tre paroleproposte dal pubblico (luogo, azione, parola) su cui avrannopochissimi minuti di discussione per procedere poi all’improv-visazione di fronte a tutti noi. Il risultato è un grande coin-volgimento e attenzione da parte di tutti e tante risate. Albertoanche quando non recita fa commenti e le sue risa risuonanoall’interno della stanza.Ora veramente la tranquillità del pubblico è veramente in

pericolo: Emanuele chiede se qualche ospite ha voglia di speri-mentare. Panico!!!!– Ci sono volontari per improvvisare con i ragazzi? –

Alla domanda di Emanuele e al successivo silenzio stampa at-tacco con una cantilena veloce e scandita. Infatti caso vuoleche l’occhio mi cada sulla preside, e caso vuole che la febbrecontribuisca a togliermi i freni inibitori. L’energica e sveltaAnna mi segue subito.– La Preside-la Preside-la Preside-la Preside…. –Essendo però l’ego della Preside troppo forte, alla sua rinun-

cia ha rimediato Anna, subito da me seguita.– Cicco! Cicco! Cicco! –Al tifo da stadio che si allarga a tutti i ragazzi, la prof. di

ginnastica non può rifiutare. Anche al suo gruppo, composto dadue insegnanti e tre ragazzi, vengono assegnate le tre parolesu cui creare una breve scenetta. Si può pensare che un gruppocostituito da adulti, ragazzi, tra cui disabili, possa non fun-zionare, e invece, posso assicuravi, che è molto coinvolgente edivertente. Ricordo bene il pubblico ridere, e non poco, osser-vando la prof. Cicconetti salvarsi da sola dall’annegamento

 

t il b i P i t d li di t ll i i i ( it d ll i li i i i i i lt

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mentre il bagnino JP ci sta provando con Emalia, distesa sullaspiaggia. O ancora osservare interessati il detective Francescoe me tentare di incastrare i due criminali Davide e Anna solosulla base della parola “blu”. O ancora Wale, JP che dicono stu-pidaggini (le parole sono: teatro, recitare, formaggio) in manierateatralmente molto enfatica.Il laboratorio si conclude con le formalità di rito: la conse-

gna degli attestati tra un entusiasmo da stadio, il breve discor-so dei due Dirigenti Scolastici, infine viene invitato Solano adire due parole sul laboratorio di marionette. Foto di gruppo ebanchetto: siamo tutti soddisfatti e, tra un pezzo di torta o dipizza, ci scambiamo commenti, saluti e quant’altro ci viene inmente.… scusate. “Tutto qui?” sarà la domanda che inconsciamente vi

state probabilmente ponendo. Credetemi, ma so che è così. Sì, ètutto qui, sia perché non sono in grado di ben descriverlo, siaperché il nostro obiettivo finale non è stato di certo quello diorganizzare un Open Day che dovesse intrattenere un pubblico.

Penso che ogni partecipante abbia respirato un’aria di gioia efreschezza, la stessa che forse ritroveranno rileggendo questerighe.Tutti quanti forse capiremo la vera importanza di quel giorno

tra molti anni.Esagero? Non penso… tra dieci anni mi sembra di vedere France-

sca, la ragazzina delle medie: non so quanto ricorderà effetti-vamente di questa esperienza, eppure per un anno ha condivisoattività creative con dei ragazzi che l’hanno accolta come parteattiva in un gruppo. Ha potuto vedere le scatole e gli strumentida lei costruiti come elementi di uno “spettacolo condiviso” connoi “ragazzi grandi”, professori e genitori.E Francesco? Tra dieci anni cosa ricorderà? Forse avrà dimen-

ticato il mio nome, quello di Emanuele, quello di Wale, di Hol-ly… ma non la sensazione di essere al centro di una scena e diguidarla: ricorderò sempre con piacere la sua interpretazionedi un faraone in attesa che i suoi schiavi gli portino la carta

igienica (per citare una delle migliori improvvisazioni, svoltaappunto da Francesco, Holly, Wale e Desy).Per noi “ragazzi grandi”, tra dieci anni questa giornata potrà

essere ricordata forse in modo più nitido che non quello di Al-berto o Andrea, ma non per questo più intenso. Già ora sto dimen-ticando i dettagli delle improvvisazioni dell’Open Day (immagi-no ve ne siate accorti), essendomi ritrovata a scrivere l’ultimo

capitolo del Diario di Bordo circa un mese dopo.Forse è un bene, perché in genere si ricordano le cose princi-pali, quelle che ci hanno maggiormente colpito.Noi ragazzi abbiamo avuto la responsabilità di gestirci e di

gestire, abbiamo dovuto utilizzare tutto il bagaglio che Fran-co Carli ci ha lasciato come eredità e l’abbiamo impiegato sulcampo, non più allievi ma già un po’ insegnanti, con Emanuele atappare prontamente buchi e danni dovuti alla nostra enormeinesperienza. Attori, educatori… è solo un inizio: tra dieci annipotrebbero diventare le nostre linee guida. Franco Carli ha resopossibile e accelerato un processo che quel giorno è cominciato

e che si spera non abbia fine.Grazie quindi al Signor Franco, a Emanuele, alla nostra Presi-

de Beatrice Grossi (sempre sia lodata), a Solano, alla prof. Gior-dano, ad Andrea, Nicole, Lodo, Francesco, agli insegnanti dellemedie e a tutte le persone citate nel diario… grazie a loro siamopiù vicini a diventare Persone, con la “P” maiuscola.Ci rivediamo tra dieci anni, e se allora qualcuno ancora avrà

dubbi sulla validità di questi progetti, con più calma sarò ingrado di meglio spiegarmi, e forse non sarete nemmeno costrettia leggere delle bozze.Bragunda a tutti.

 

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E per finire...

Di solito scrivo con la musica nelle orecchie.Metto il brano che credo possa meglio descrivere il pezzo

che sono in procinto di creare, anzi spesso lo creo a secondadell’intuizione che la musica mi suggerisce, musica a sua voltasuggerita da un qualche mio presentimento o intuizione, più che

da un piano.Eppure il risultato non è spontaneo come la scelta del brano.Ecco, finisco a parlar di me, anzi inizio. Quale conclusione

potrebbe non esser banale?– Ti va di scrivere il diario di bordo? –Emanuele mi sorride, a trentadue denti e quattro occhi. Mi ha

tipo ipnotizzata, credo.– Sì, va bene! –E non mi sono nemmeno chiesta in cosa stavo imbarcandomi. Mi

sono ritrovata pomeriggi a scrivere senza nessuna musica. Midistraeva. Avrei dovuto capire prima che quel diario non potevache essere una pallida e indegna rievocazione di quello che noiragazzi abbiamo vissuto durante le lezioni.Sono abituata a scrivere di mondi fantastici e creature mitiche

ma descrivere una lezione di teatro svolta nella provincia diImperia da un gruppo diretto da ragazzo molto giovane e bravo(quanto ancora poco conosciuto) mi sembrava difficile. E tuttoranon mi risulta semplice, forse perché gli altri ragazzi non liho creati io.No.– Abbandono il diario di bordo. –L’ho annunciato al gruppo con rabbia, stavo liberandomi di un

peso eppure ero arrabbiata. Infuriata con quei ragazzi che non

si erano degnati di aiutarmi. E, l’incontro successivo:– Ho stampato il diario di bordo. –– C-cosa?! –Emanuele mi ha fermata vicino alle macchinette della scuola.

Ho notato come avesse un fare più timoroso, appena un filo:aveva stampato tutto il diario di bordo come l’avevo scritto,

ossia la prima e orrida stesura. Un aborto.Ma in una veste grafica stupenda.Non credo al caso: il diario doveva essere stampato in bianco e

nero, invece tra le mani avevo della carta plastificata a colori,del formato che hanno oggi molti book fotografici, con il mioaborto a occupare la metà sinistra della pagina e dall’altraparte delle semplici righe vuote. Per scrivere.E quelle righe sono state messe su carta.Non sono stati riportati commenti di lezioni delle quali non ho

scritto. E sono molte, anche molto interessanti, con degli episodiesilaranti o perfino toccanti, dovuti alla maggior coesione delgruppo.Appena oggi, alla stazione di Oneglia stavo leggendo i commenti

che i ragazzi hanno aggiunto a fianco di quello che ho scritto.No, si vede che non li ho creati io, per fortuna. Però li ho

guidati.Mi hanno folgorata.Come è possibile che solo una decina di righe scritte da Desy

mi abbiano così tanto colpita? Solo dieci righe… dieci righe

di una spontaneità che non ho ritrovato in nessuna delle mielettere. Desy è quel che scrive, quel che fa, è teatro.E Asia? Mi ha stupita, sconvolta. Chi è questa ragazzina? Leggevo,

senza capacitarmi che quelle righe fossero le sue. Ma quanto èricettiva quella ragazza? Tanto sembra slegata dal mondo, chemi vien da pensare che il suo atteggiamento sia uno scudo peruna persona troppo sensibile in mezzo a noi ciechi buoi. Davidemi ha fatto ridere. I suoi commenti sono stati quanto di piùvicino alla sincerità di quanto io abbia visto in lui. O meglio,Davide è sempre sincero, con tutto e tutti. Forse semplicementenon lo sa, quel genio cieco e sordo.

Purtroppo degli altri ragazzi non ho ancora letto commenti oscritti, essendo arrivato troppo presto il tempo di pubblicare.Ironico che venga stampato in cinquecento copie qualcosa cheho abbandonato mentre ho dovuto pagare fior fior di quattrinila pubblicazione di un mio romanzo…Qui chiudo il diario di bordo, ancora con le frasi dei ragazzi

a rimbalzarmi in testa. Alcuni di loro li ho guidati per due

 

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anni, già dai tempi di Franco Carli, organizzandoli e tentandodi calmare attriti interni, per gli altri sono stata un punto diriferimento almeno come affidabilità, in parte a torto.Eppure mi han guidato loro.Sono io la vostra creazione, e avete fatto un buon lavoro.Grazie, soprattutto a Emanuele. 

Isabella (Buccia) Biscaglia

L’esperienza del Teatro Impertinente è stata unica e piacevo- 

le, l’unica cosa che a volte l’ha rovinata sono stati i problemi 

esterni che entravano di continuo nella mia mente durante le lezioni. Questi problemi non mi permettevano di tirar fuori la

mia bravura al 100% ed è un peccato, perché non ho fatto vedere 

quanto valgo veramente. Comunque quest’anno di teatro mi è stato 

molto utile ed ho imparato molte cose, sia tecniche nuove teatra- 

li, sia la fiducia e il rapportarmi meglio con gli altri. Duran- 

te questi mesi sono anche cresciuto molto interiormente grazie alle tecniche dell’unione, dell’educazione e del teatro … quin- 

di alla fine abbiamo fatto educazio- ne al teatro (e 

alla vita). Sono 

molto contento 

di Emanuele (no- 

stro nuovo in- 

segnante), spero 

che faccia mol- 

ta strada nel

campo teatrale, perché se lo me- 

rita..

Manuele Olive- 

ri (Holly) 

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Un po’ di documentazione fotografica!

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Un po di documentazione fotografica!Foto di Valeria Callari

 

Foto di Silvia Chiesa

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Foto di Silvia Chiesa

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I ragazzi del gruppo laboratoriale e le loro famiglie,i Dirigenti Scolastici, i docenti e gli educatori,

Emanuele Morandi del Teatro Impertinente 

 

Ringraziamenti iscritta al corso specialistico del DAMS di Imperia,h l d li t ti ità è

coinvolta nella progettazione, organizzazionell b i di i di i i

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 Ringraziamenti.Preziose sono state le collaborazioni di moltepersone che, con i loro diversi ruoli e le loro diversecompetenze, hanno permesso la riuscita di questoprogetto laboratoriale.

Doverosi sono quindi i ringraziamenti.

Innanzitutto ai Dirigenti Scolastici delle duescuole in rete, la prof.ssa Elisabetta Bianchi dellaScuola Superiore di primo grado “N. Sauro” e lanostra prof.ssa Beatrice Grossi, che ha voluto ecreduto fortemente nel progetto, sostenendo leproposte del gruppo e supportandolo in tutte letappe del percorso.Un ringraziamento agli insegnanti che hannocollaborato, Marcella Grossi, Luisella Merano,Claudia Montissori. Grazie a Emanuele Morandi (Teatro Impertinente), che è riuscito con la suabravura e professionalità a coinvolgere tutto il

gruppo in un clima di collaborazione, ascolto,gioco e complicità. Egli inoltre si è impegnato inprima persona, avvalendosi anche di suoi amici-collaboratori, per la realizzazione di questapubblicazione nonché del lmato documentativodell’attività svolta. Si è trattato di un contributosia pratico sia di aiuto nella motivazione acontinuare a lavorare alacremente per lasciare unaprofonda traccia dell’attività svolta.Un ringraziamento a Carmelo Solano che, con lasua profonda esperienza nel settore degli spettacolidi gura, ha seguito il gruppo nella costruzione di

marionette e strumenti in gommapiuma (spugna).Un supporto prezioso è stato fornito da PatriziaArrigoni, madre di Andrea, che ha partecipatoa tutti gli incontri e si è dimostrata una personaaperta ad ogni proposta di attività, nonché unapersona con un’eccellente manualità e praticità.Ringraziamo Roberta Francaviglia, una ragazza

Mi chiamo Patrizia, sono la mamma di AndreaCordini, che frequenta l’Istituto Statale d’Arte;anche quest’anno ho partecipato con mio glio al

corso di educazione alla teatralità e creazione dimarionette.E’ stato molto creativo sotto tutti i punti di vista;ci ha arricchito per l’aspetto manuale e morale.Per questo ringrazio Claudia Giordano, con laquale si è instaurato un rapporto di amicizia,la scuola per il grande impegno che impieganell’organizzare questi corsi, coinvolgendo anchei ragazzi con diverse problematiche. Grazie alsig. Carmelo Solano, a Emanuele Morandi, alleprofessoresse Marcella, Luisella, Claudia, alleassistenti Elisa e Roberta, per la professionalità

e grande sensibilità. Ma un encomio particolareai ragazzi, che ci hanno insegnato e dimostratoche l’integrazione è molto importante e la si puòottenere. Mi auguro che questi e altri corsi abbianoseguito in più scuole. Nuovamente grazie.

Patrizia, Andrea

che con la sua delicatezza, creatività e premura èriuscita ad entrare in relazione con tutto il gruppoe ci ha aiutato nel contenimento e nel supportodei ragazzi disabili; le educatrici, Sara Ferrando eElisa Rotunno che si sono occupate dell’assistenzadegli allievi disabili, supportandoli sia nella pausapranzo che nelle diverse proposte laboratoriali.Un ringraziamento all’Associazione Scubi: a SilviaChiesa che ha messo a disposizione la sua bravurafotograca per cogliere emozioni, espressioni,colori, ambienti; ad Andrea Languasco ed ErikaBaruffaldi che hanno svolto riprese video dimomenti di laboratorio, interviste e commenti deiragazzi sintetizzandoli nel lmato-documentariodel progetto; a Valeria Callari, allieva dell’Istitutod’Arte, che, coinvolta in questa avventura, ha datola sua disponibilità a scattare alcune fotograedurante le prove dell’incontro nale.Ed ora, doverosi sono i ringraziamenti di tutticoloro che, con la loro sponsorizzazione, hanno

permesso la realizzazione del progetto con ilprezioso e indispensabile aiuto economico: laProvincia di Imperia, che annualmente stanziafondi per i progetti di integrazione all’internodegli Istituti Scolastici di secondo grado; il Rotary Club Imperia, l’Azienda Latte Alberti e la societàGrache Amadeo - Centro Stampa Offset, che si èanche occupata della stampa.A conclusione un ringraziamento a IsabellaBiscaglia, allieva dell’Istituto Statale d’Arte, che,anima gentile, educata, operosa e afdabile, conalle spalle la pubblicazione di un libro (“Licenziate

il primo attore”, 2011, Ed. Albatros), ha riportatosu carta l’esperienza dei vari incontri, fornendociil materiale indispensabile su cui tutto il gruppoha potuto lavorare per la realizzazione di questapubblicazione, memoria di una preziosa esperienza.Chi scrive è un’insegnante di sostegno del LiceoArtistico - Istituto Statale d’Arte, da alcuni anni

e collaborazione di progetti di integrazione.L’autoreferenzialità non è il mio forte: mi sento solodi dire che verico costantemente l’importanzadei laboratori per lo sviluppo di competenzedidattiche e sociali e, quindi, del loro ruoloeducativo e pedagogico; questa è la motivazioneche mi spinge ad un impegno costante e caparbio.Malgrado le inevitabili difcoltà e le esigue risorse,la forza propulsiva è data dalla graticazione chesi ha riscontrando l’entusiasmo dei ragazzi, i loroprogressi, la constatazione dell’importanza che,principalmente per i soggetti più deboli, ha lascuola come luogo di crescita della globalità dellapersona.

Claudia Giordano

 

Innanzi tutto devo ringraziare l’Istitutod’A ll d ll Si P id d ll

che compongono il teatro in generale: sartoria,i f l i f i L

mentale e la giusta lungimiranza. Ringrazio quin-di Cl di Gi d h h di

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d’Arte nella persona della Sig.ra Preside e dellaprofessoressa Claudia Giordano per l’invito e laducia che hanno avuto nei miei confronti.In seguito ad un incontro con la prof. ClaudiaGiordano, che mi ha illustrato molto chiaramentel’obiettivo che si intendeva raggiungere conil progetto di laboratorio di integrazionemultidisciplinare, ho accettato l’incaricotrovandolo molto interessante nelle sue nalità.In un programma di lavoro dove si sono svoltilaboratori di improvvisazione teatrale, musicale epittura il mio compito è stato quello di condurreun laboratorio sulla costruzione del pupazzo, dioggetti e gure tematiche in gomma piuma.Durante il primo incontro nel quale sono stateillustrate le diverse tipologie che fanno parte delteatro di gura (burattino a tre dita, marionettecon li con due o più mani, pupazzi in gommapiumaa una mano) abbiamo formato un gruppo cheha iniziato e concluso con molto impegno edentusiasmo tutto il lavoro.L’attività è iniziata mettendo insieme il materialenecessario: gomma piuma, stoffe, colori, bottoni,corde, palline in polistirolo, ago, lo ecc.Di seguito abbiamo cominciato con il tagliodella gomma piuma a spicchi, i quali sono statisuccessivamente incollati tra di loro formando cosìl’ovale della testa.A questo punto è iniziato il lavoro più creativo:dare un volto alle sagome di gomma piuma,realizzare, quindi, la bocca animata, i capelli, gliocchi , il naso, ecc. il tutto colorato con moltafantasia, creando così i personaggi da utilizzarenei laboratori di teatro e musica.Personalmente devo complimentarmi per il lavorosvolto da tutti i ragazzi e dagli insegnanti deidiversi laboratori che nella spettacolarizzazionenale ha visto mettere insieme i diversi mestieri

pittura, falegnameria, scenograa fantasia ecc. Laperformance ha emozionato il pubblico presentecomposto dai genitori, Presidi e altri insegnantidell’Istituto d’Arte di Imperia e della scuola “Sauro”,tutti coinvolti, a loro volta, nell’improvvisazioneteatrale dei ragazzi attori.Ancora a tutti loro un lungo applauso.

Il direttore artistico del gruppo Teatro e magia,

Carmelo Solano

Premesso che questo progetto non sarebbe andatoin porto senza l’aiuto di ciascuna delle persone ci-tate che, a vario titolo, hanno dato il loro indispen-sabile contributo, desidero ringraziare soprattuttovoi, ragazzi del Liceo Artistico-Istituto d’ArteCi avete dimostrato, infatti, che non avete paura dimettervi in gioco, che avete il coraggio di guardarein voi stessi per meglio conoscervi e per crescerenella consapevolezza, che sapete essere accoglientiin una società che ogni giorno di più si dimostraintollerante, che siete in grado di arrivare no infondo quando avete un obiettivo che conta, anchea costo di tanta fatica. Tutte le volte che mi ave-te provato tutto questo - e sono tante! - non ho

potuto fare a meno di commuovermi, lo sapete, edi sentire con certezza che quello costruito da voisarà un mondo migliore!La vostra Preside

Professoressa Beatrice Grossi

Credere in quello che si fa, lottare per i propri so-gni, spingersi no a quei limiti che si credono lon-tani e irraggiungibili. Quando sto con i ragazzisto bene e sono pronto insieme a loro a percorre-re qualunque strada al ne di raggiungere il libe-ro pensiero, l’autonomia intellettuale. La scuolae la famiglia oggi non sono più le sole istituzio-ni preposte all’educazione. In una società oramaitraboccante di stimoli, nella quale i giovani sono

quotidianamente immersi, i tradizionali centri diformazione risultano condannati ad una svantag-giata ‘competizione’ per catturare la loro attenzio-ne e, soprattutto, la loro approvazione.Le nuove generazioni, così iper sollecitate, risulta-no meno efcienti di un tempo nello sviluppareuna fantasia autonoma, nello strutturare un rac-conto, nel ricorrere all’immaginazione.In questo quadro l’educazione alla teatralità di-viene non solo utile ma di vitale importanza per-ché in grado di “oliare” un meccanismo inceppato.Ecco perché il Teatro Impertinente ha come obiet-

tivo il contribuire professionalmente al recuperodi quelle funzionalità e attitudini in via di dissolu-zione come le capacità comunicative, la formula-zione di pensieri autonomi, la creatività, il gioco.Ringrazio quindi l’Istituto d’Arte perché tuttoquesto diviene possibile solo quando le istituzio-ni con le quali si dialoga hanno la giusta apertura

di persone come Claudia Giordano che ha dimo-strato passione e dedizione, spendendosi senza re-more per la buona riuscita del progetto. Ringraziomamme come Patrizia Arrigoni che al solo guar-darle all’opera ci si riempie il cuore di speranza evolontà. Ringrazio artisti come Carmelo Solanoche fanno della loro pratica un vero e proprio stru-mento di coinvolgimento educativo. E ringrazio iragazzi, tutti, con i quali questo percorso ha avutouna vita piena, fatta di emozioni, di paure, di risa-te, di rabbia, di confronto, di vita appunto..E’ bello scrivere un ringraziamento quando è na-turale e spontaneo. In questo caso è davvero facileperchè quello che ho vissuto all’interno dell’Istitu-to d’Arte è stato fare parte di una famiglia.

Emanuele Morandi - Teatro Impertinente

 

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Provincia di Imperia

ROTARY CLUB IMPERIA 

 

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Scuola Media Statale

"N. Sauro"IMPERIA 

GRUPPO ‘‘TEATRO & 

MAGIA’’ di Carmelo Solano

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