Lapilli nr. 26 Novembre 2010

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all’interno AAA Cercasi scuola disperatamente Il restauro della Villa Bellini AAA Cercasi scuola disperatamente Il restauro della Villa Bellini all’interno DISTRIBUZIONE GRATUITA NR. 26 - NOVEMBRE 2010

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Si parla della proposta di Renzi di svecchiare la politica. Un anno dopo l'alluvione di Scaletta Zanclea cosa è cambiato?. Il restauro della Villa Bellini e il Liceo Concetto Marchesi di Mascalucia in crisi. "incompiuto siciliano", una nuova forma d'arte, a Giarre. 60 anni dei Peanuts di Schultz. Per la restrospettiva musicale ricordiamo Flavio Giurato. I 100 anni dell'Alfa Romeo per la rubrica storica. L'angolo della lettura e il Cartellone. Per finire due omaggi: Ugo Tognazzi e Salomon Burke. Per la foto del mese Salvo Bottaro.

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Redazione ---> Sebastiano Di BellaFausto GrassoEmilia Giuliana PapaAngela PuglisiClaudio SciaccaPatrizia Seminara

Hanno collaborato a questo numero ---> Andrea AmbraSalvo BottaroIrene GiuffridaGabriele MontemagnoMaurizio Pistorio

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Aci CastelloBar Viscuso

AcirealeBiblioteca Zelantea

GiarreLibreria Le Señorita, Bar Mirò (C.so Italia)Associazione Qui Quo Qua

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In Questo Numero:

di Fausto Grasso copertina

PD, arrivano i rottamatori di Claudio Sciacca Pag. 4

Se questa è arte di Irene Giuffrida Pag. 12

1910-2010: Alfa Romeo un mito lungo un secolo di Sebastiano Di Bella Pag. 18

Gli eventi di Novembre e Dicembre Pag. 22

Foto di Salvo BottaroLa Foto del Mese

Il Libro del Mese di Emilia Giuliana Papa Lapilli Scaffale a cura di Emilia Giuliana Papa

Pag. 20

Scaletta Zanclea un anno dopo. Cosa è cambiato? di Andrea Ambra Pag. 6

Il restauro della Villa Bellini: luci e ombre di Patrizia Seminara Pag. 8

Un liceo che ha bisogno di crescere di Emilia Giuliana Papa Pag. 10

Buon compleanno Charlie Brown! di Fausto Grasso Pag. 14

Retrospettiva Musicale - parte 1a

Flavio Giurato: dai mitici anni ‘80 fino ai nostri giorni, storia di una voce fuori dl coro di Maurizio Pistorio Pag. 16

Stanchi di vivere all’ombra degli attuali leader di centrosinistra. Critici nei confronti della vecchia politica. Sono i “quarantenni” del Pd, coordinati da Matteo Renzi. Pronti al sorpasso su Bersani e D’Alema. Ma forse con poche chance

di Claudio Sciacca

PD, ARRIVANO I ROTTAMATORI

il coraggio non manca. I rottamatori, appunto. Non solo Renzi, enfant prodige ex Margherita, già presidente della Provincia di Firenze a ventinove anni e sindaco del capoluogo toscano a trentaquattro, ma anche Giuseppe Civati, trentacinque anni, consigliere regionale in Lombardia ed ex Ds come Debora Serracchiani, avvocatessa quarantenne, eurodeputata e segretaria regionale del Pd in Friuli-Venezia Giulia. Volti nuovi che destano preoccupazione nel gotha del partito, impegnato a tamponare l’irruenza verbale del sindaco di Firenze, portavoce dell’invito a farsi da parte verso leader che “sono sempre lì, non si schiodano dalle poltrone nonostante le sconfitte”, che “hanno già dato tutto quello che potevano dare” e “hanno avuto la loro occasione”. Con questi presupposti, dal 5 al 7 novembre i rottamatori hanno organizzato nella stazione Leopolda di Firenze “Prossima fermata: Italia”, una convention aperta alla cittadinanza, con l’obiettivo di lanciare nuove idee politiche per il centrosinistra, preso atto del fallimento dei professionisti della politica. Resta da vedere se questo sforzo porterà ad una reale autocritica dei dirigenti del

in piazza Navona, lanciava sul palco, dinanzi agli sguardi attoniti di Fassino e Rutelli, l’urlo di dolore di molti elettori di sinistra: “Con questo tipo di dirigenti non vinceremo mai!”. E invece sono passati ben otto anni dal 2002, dalla stagione dei girotondi e delle manifestazioni in piazza della società civile, allarmata dall’incedere veloce della prima grande stagione del berlusconismo e critica verso un’opposizione troppo timida. Una stagione che avrebbe potuto portare ad un ricambio dei dirigenti del centrosinistra, consacrando a furor di popolo il leader di allora della Cgil, Sergio Cofferati, capace di mobilitare tre milioni di persone al

Circo Massimo a difesa dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori e invece, con buona dose di autolesionismo, subito dirottato a fare il sindaco di Bologna. Otto anni dopo, la storia si ripete. Oggi tocca ai giovani del Pd, con la sfrontatezza del trentacinquenne sindaco di Firenze Matteo Renzi, cercare di scuotere una classe politica quasi immobile mentre Berlusconi arranca. E allora, largo a una nuova generazione di politici il cui valore in concreto è tutto da dimostrare, ma a cui

“Quando piove, piove per tutti”. È questa la metafora autunnale con cui il segretario del Partito Democratico Pierluigi Bersani ama sintetizzare le ragioni del crescente calo dei consensi, stando agli ultimi sondaggi, per il principale partito di centrosinistra. Una potenziale emorragia di voti che giungerebbe proprio quando il Pdl, travolto dagli scandali ormai planetari del suo vecchio e incontinente leader, vede molti propri elettori traghettare verso altri lidi. Colpa dell’antipolitica, a giudizio di Bersani, o meglio colpa di Berlusconi, il cui modo di intendere la politica come strumento per curare esclusivamente i propri interessi, avrebbe demoralizzato anche i più irriducibili progressisti, già fiaccati, peraltro, da una congiuntura economica mai così negativa.Ma è proprio così? Sembra ieri quando Nanni Moretti, in una manifestazione dell’Ulivo a Roma

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ROTTAMATORI E... VOLTI (QUASI) NUOVI

Matteo Renzi-35 anni-laureato in Giurisprudenza; sposato, 3 figli-segretario provinciale del Partito Popolare Italiano a 24 anni-segretario provinciale de La Margherita a 28 anni-presidente della Provincia di Firenze a 29 anni-sindaco di Firenze a 34 anni

Giuseppe Civati-35 anni-laureato in Filosofia-consigliere comunale a Monza a 22 anni-consigliere regionale in Lombardia a 30 anni-coordinatore della campagna elettorale di Ignazio Marino per le Primarie del Pd nel 2009

Debora Serracchiani-40 anni-laureata in Giurisprudenza e avvocato del lavoro-consigliere provinciale dei Ds a Udine a 36 anni-segretaria del Pd di Udine nel 2008-parlamentare europea nel 2009, eletta nella circoscrizione Nord-Est

Ivan Scalfarotto-45 anni-laureato in Giurisprudenza; dirigente aziendale-consigliere comunale dei Verdi a Foggia a 23 anni-candidato alle Primarie dell’Unione, vinte da Prodi, per le elezioni del 2006-vice presidente del Pd dal 2009

Nicola Zingaretti-45 anni-fratello minore dell’attore Luca Zingaretti-consigliere comunale a Roma e segretario nazionale della Sinistra giovanile a 26 anni-segretario dei Ds romani a 35 anni-parlamentare europeo a 39 anni-segretario del Pd nel Lazio nel 2007-presidente della Provincia di Roma nel 2008

Laura Puppato-53 anni-imprenditrice-attivista e poi presidentessa del Wwf nella sezione Nord-Est-sindaco di Montebelluna (Tv) con una Lista civica appoggiata dall’Ulivo nel 2002-consigliere regionale in Veneto nel 2009

Sandro Gozi-42 anni-laureato in Giurisprudenza e avvocato civilista-assistente politico del presidente della Commissione Europea Prodi a 32 anni-consigliere politico del presidente Barroso della Commissione Europea a 36 anni-parlamentare Pd nel 2008

Francesca Puglisi-40 anni-consigliere comunale del Pd a Bologna-responsabile scuola del Pd

Pd, a maggior ragione in vista di elezioni politiche forse non troppo lontane, o se si arriverà alla solita normalizzazione, con i vecchi leader che andranno gioiosamente incontro all’ennesima sconfitta e elettori in fuga verso la Lega, Di Pietro o persino Fini. È innegabile che tanti cittadini non si riconoscano più in un modo di intendere la politica, nel centro sinistra, troppo simile a quello del centrodestra. Basti pensare alle recenti dichiarazioni di Fassino sull’utilizzo delle armi in Afghanistan, assai apprezzate dal ministro della Difesa La Russa, o alla deriva filo-leghista di molti amministratori locali del Pd nel nord. Ed è altrettanto innegabile che ogni volta si intraveda all’orizzonte un potenziale leader capace di mettere d’accordo l’intero centrosinistra – Niki Vendola ad esempio – la reazione dei dirigenti del Pd sia di assoluta chiusura. Allora ben vengano i rottamatori, per ridare speranza a chi non si rassegna alla cinica real politik di questi anni. Pur riconoscendo, come ripetono i vecchi leader, che fare politica non è un mestiere che si può improvvisare, ugualmente non resta a Bersani che rimboccarsi le maniche, proprio come nei manifesti che lo ritraggono e che campeggiano da circa un mese sui muri delle nostre città, e incanalare le energie dei “trentenni” del suo partito in un progetto di cambiamento da intraprendere con ben altro coraggio. Altrimenti non rimane che la discarica.

di Andrea Ambra

SCALETTA ZANCLEA UN ANNO DOPO.COSA È CAMBIATO?

Tante le promesse. Pochi i fatti concreti. A un anno dall’alluvione, le recenti piogge autunnali rischiano di far rivivere drammatici scenari. La popolazione, secondo l’ultimo Rapporto Eurispes, aveva e continua ad avere paura. A che punto siamo? Ecco cosa rispondono la rappresentante del Comitato Cittadino Irene Falconieri e il Consigliere Comunale Gabriele Avigliani. Per capire qualcosa in più su cause, inadempienze e possibili soluzioni

Lo ricordiamo tutti: il 1° ottobre 2009 la Provincia di Messina è colpita da un’alluvione, e Scaletta Zanclea è uno dei paesi travolti dal flusso delle acque. Il dissesto idrogeologico causa frane lungo i torrenti provocando 37 morti (tra questi 6 dispersi) e distruzione. Risale allo scorso aprile il nostro primo incontro nei luoghi del disastro con Irene Falconieri, rappresentante del Comitato Cittadino di Scaletta. Allora, la giovane, speranzosa ma anche arrabbiata, raccontava i fatti visti dal suo punto di vista: “L’episodio ha avuto un forte impatto sulla vita economica, sociale ed anche politica del paese. Il fenomeno è riconducibile a diverse cause. Innanzitutto i territori circostanti hanno subito negli anni alcuni cambiamenti. Con la mancata coltivazione delle campagne è venuta meno la vegetazione che costituiva l’eco-sistema ambientale di questo territorio. […] Inoltre, gli incendi, nel periodo estivo, espongono il territorio

al rischio di dissesti.Non esiste neanche un sistema di regolamentazione idrica. Le acque dei torrenti non vengono convogliate in un unico flusso e, disperdendosi, rendono franose le colline. Un primo campanello d’allarme si era presentato il 25 ottobre 2007 per una circostanza simile a quella dell’ottobre 2009. Allora non ci furono morti, ma fu solo un colpo di fortuna. Che non poteva ripetersi”.

Risentendola oggi, la Falconieri ci riferisce che poco è stato fatto, soprattutto per quanto riguarda le politiche ambientali relative alla sicurezza del territorio, il che espone la popolazione a un grande pericolo. “I cittadini di Scaletta Zanclea – aggiunge – hanno ricevuto tante promesse, ma nei fatti si è giunti presto all’abbandono da parte delle istituzioni”. Ad un anno dalla tragedia “nessuno ha ancora garantito la sicurezza dei costoni rocciosi”.

Il rischio aumenta con le piogge violente, perché il corso dei torrenti in piena trascina detriti a valle, e i corsi d’acqua sono ostruiti da un territorio reso inadeguato rispetto al percorso naturale.L’intero territorio italiano in genere – si sa – necessita di continui controlli per le emergenze di dissesto idrogeologico; è noto il rischio che corrono vaste zone geografiche, non solo l’Italia meridionale. Il problema è di natura ambientale, ma non solleva da responsabilità chi ha tardivamente provveduto alla questione del rapporto tra uomo e ambiente nel territorio nazionale. È evidente l’esigenza di Piani Regolatori per tutelare l’ambiente e le comunità che lo abitano. Scaletta Zanclea è un caso emblematico: senza contare che, ad un anno dall’alluvione, il paese non dispone ancora di un Piano di Protezione Civile (a questo proposito ricordiamo che i consiglieri comunali Gabriele Avigliani e Giuseppe Meola hanno presentato un’interpellanza al Sindaco Mario Briguglio), l’antico Piano Regolatore del paese risale al 15 maggio del 2002. Quali le possibili soluzioni? Lo stesso Avigliani, consigliere comunale di minoranza, nel corso dell’intervista di aprile, ci spiegò che ”servirebbero operazioni di allargamento dei letti torrenziali per agevolare il naturale flusso delle acque...Bisognerebbe sensibilizzare le amministrazioni per risolvere problemi che riguardano l’impianto urbanistico di Scaletta”. Insomma, fo

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occorre organizzare il territorio rimediando anche agli evidenti errori fatti dall’uomo nel costruire strutture e tratti stradali lungo il corso dei torrenti. Forse servirebbero, inoltre, sia un razionale rimboschimento per la sicurezza della zona collinare che un controllo più serio dell’abusivismo edilizio, ma lasciamo che siano tecnici esperti a dirlo.

Ad aprile, Avigliani riferiva anche che gli interventi eseguiti fino ad allora riguardavano l’allargamento del torrente Racinatti, dove si erano registrati i maggiori danni, tramite l’abbattimento delle coperture che vestivano il corso d’acqua, e lo sgombero delle strutture che ostruivano il flusso del torrente Divieto, cioé delle strade costruite due anni prima dell’incidente; annunciava che, allora, era in programma la rimozione degli impianti di tombini che impediscono il naturale corso del torrente Saponarà; aggiungeva, infine, che “alcuni sfollati hanno ricevuto, in un primo momento, assistenza negli alberghi in provincia di Messina, mentre altri, grazie ai contributi, hanno provveduto a un affitto”. Questi interventi, sufficienti per l’urgenza

iniziale, sono stati autorizzati dal Comune di Scaletta, ma il rischio di mancanza di soluzioni a lungo termine è alto e compromettente. E così concludeva Avigliani: “La S.S. 114 è rimasta ufficialmente chiusa dal fatidico giorno... Il paese è rimasto per diversi mesi quasi isolato...La linea ferroviaria, poco frequentata, è l’unico mezzo di comunicazione accessibile. In passato si era già verificata l’interruzione della S.S. 114 provocando le proteste degli abitanti di Scaletta”.

Cosa è cambiato da ieri a oggi? Tecnici e mezzi della Protezione Civile regionale, del Genio Civile, della Provincia e del Comune, delle Ferrovie dello Stato e del Consorzio Autostrade siciliane stanno operando per la messa in sicurezza delle colline che, con le forti piogge del 1° ottobre 2009 (più di 220 mm in cinque ore, quanta ne cade di solito in due mesi), avevano devastato la Provincia di Messina. Finora, per le zone alluvionate, sono stati spesi 139 milioni di euro, cosi erogati: 20 milioni dal Ministero dell’Ambiente, 30 milioni dal Fondo Protezione Civile, 65 milioni dalla Regione

con i fondi Fas 2007/2013, 24 milioni con l’Accordo di programma quadro. Ma la somma necessaria per realizzare il programma completo di risanamento – opere di urbanizzazione, costruzione di abitazioni, rimborso popolazioni e recupero attività produttive – pare sia di 320 milioni: mancano, perciò, all’appello 181 milioni di euro. L’ultima notizia è che il Governatore Lombardo ha chiesto la proroga dello stato di emergenza, scaduto il 31 ottobre scorso, per le aree coinvolte dalle alluvioni. Vedremo quali saranno le riposte dall’alto.

L’Italia, anche come Stato membro dell’Unione Europea, dovrebbe garantire giustizia e incolumità ai suoi cittadini e far fronte alle proprie responsabilità. Come Stato moderno e democratico, dovrebbe soprattutto affrontare la propria storia liberandosi da vecchie, sterili e ben note dicotomie geografiche, perché cittadino italiano è sia il friulano che il siciliano, e gli aiuti, in casi come questi, devono essere garantiti al Nord come al Sud. Al centro dell’attenzione non è solo Scaletta Zanclea, ma anche molte altre località già colpite da disastri ambientali o ad alto rischio di dissesti idrogeologici quali la Provincia di Messina, altre aree della Sicilia e vaste zone dell’intero stivale. L’auspicio è che si trovino soluzioni tempestive al problema ambientale: una questione importante, riguardante il rapporto che l’uomo instaura con il proprio territorio per trarne, sì, profitto ma nel massimo rispetto della natura e del suo corso.Z

Il Comune di Scaletta Zanclea ha aperto un conto corrente bancario per la raccolta fondi destinati ad interventi di ricostruzione ed iniziative di solidarietà alla popolazione, presso la Banca Popolare di Ragusa intestato a:

Comune Scaletta ZancleaCodice IBAN : IT15K0503682730CC0601600586Codice BIC/SWIFT: POPRIT31060 Causale : “Pro alluvione Scaletta Zanclea”

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Nella classifica 2009 del “Sole 24Ore” sulla qualità della vita nelle 107 province italiane, Catania, rispetto al parametro “Legambiente Ecosistema”, si trova addirittura all’ultimo posto. Eppure, quanto a verde pubblico, la nostra città vanta uno dei giardini storici più rinomati d’Italia e d’Europa. Il cui recente restauro ha, però, suscitato dubbi e perplessità

di Patrizia Seminara

IL RESTAURO DELLA VILLA BELLINI:LUCI E OMBRE

Il suo nome ufficiale è “Giardino comunale Vincenzo Bellini”, ma per i catanesi è, semplicemente, la “Villa Bellini”, o “a’ Villa”. In realtà, per quanto il riconoscimento di “giardino storico” non sia mai avvenuto, non è solo un parco comunale, ma rappresenta anche un’importante testimonianza storica del patrimonio architettonico e naturalistico della città. Non tutti sanno, infatti, che il nucleo principale dell’attuale villa Bellini altro non era che il parco che circondava una residenza appartenente al principe di Biscari. La recente riapertura del sito, lo scorso 23 settembre, con la fine dei lavori di riqualificazione e a tre anni dalla chiusura, ha suscitato non poche perplessità. Diverse critiche, in particolare, vengono da un nutrito gruppo di cittadini che, riuniti in associazioni e comitati, hanno seguito l’avvicendarsi dei lavori sin dalle prime battute, riuscendo anche, nelle fasi iniziali del progetto, a ottenere, tramite una raccolta di 16.000 firme e diversi incontri con le istituzioni cittadine, una parziale modifica dello stesso, giudicato allora inadeguato e poco rispettoso del valore storico e naturalistico del parco. Il lavoro conclusivo non ha, comunque, soddisfatto quasi nessuno: né il Comitato SOS Villa Bellini né il WWF Catania che, da tempo, insieme alla locale sezione della LIPU, hanno monitorato l’opera di riqualificazione della Villa.Sotto processo la progettista e direttrice dei lavori, l’arch. Marina Galeazzi, ma anche il Vice-Presidente del Comitato ministeriale sui giardini storici (arch. Marco Dezzi Bardeschi), reo quest’ultimo – secondo il Comitato – di aver partecipato a Catania, il 25

settembre, al convegno di chiusura che “si prefiggeva apertamente di ‘avallare’ uno scempio architettonico e botanico”. L’accusa maggiore: quella di aver disatteso alcune modifiche apportate al progetto iniziale in seguito agli accordi intercorsi tra il Coordinamento in difesa della Villa e la Giunta comunale del tempo. Perchè, se si è riusciti a scongiurare, ad esempio, i giochi d’acqua nella vassca del piazzale centrale, per il resto poche delle promesse fatte sono state mantenute. Quali, dunque, le inadempienze rispetto alle modifiche concordate? Lo sintetizzano, in una lettera aperta dello scorso 15 ottobre

all’attuale sindaco, il Presidente del WWF, Maurizio Musmeci, assieme al responsabile della LIPU di Catania, Giuseppe Rannisi, e Alfio Lisi, del Comitato SOS Villa Bellini, i cui rappresentanti, in un documento del 6 ottobre scorso, hanno manifestato al ministro dei Beni Culturali e al Presidente del Comitato ministeriale sui giardini storici il proprio disappunto. Li abbiamo contattati per sentire le loro ragioni: “Oggi – dichiarano gli esponenti del WWF – guardando la villa post-ristrutturazione, è grande la delusione sul risultato conseguito. Molte delle varianti al progetto concordate non sono state attuate in fase esecutiva”; l’attuale Giardino Bellini “sotto alcuni aspetti risulta addirittura di livello inferiore a quello di prima del restauro”. Sarebbe stata ridotta, tra l’altro, la fruibilità della villa a causa dell’impiego di pietrisco calcareo e basaltico in molte parti, comprese quelle adibite ad area giochi, mentre viene criticato l’eccessivo e antiestetico utilizzo del calcestruzzo che ha quasi completamente sostituito il prezioso acciottolato preesistente (che, oltretutto, sarebbe sparito nel nulla). Quanto all’impianto di illuminazione, gli attuali corpi a torcia rivolti verso l’alto illuminano il cielo,

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foto di Salvo Bottaro

al contrario di quanto era stato chiesto dal Coordinamento, e nella grande vasca all’ingresso principale i tradizionali cigni (posti in ricordo del “Cigno” Bellini) sono stati sostituiti da sculture rappresentanti certamente volatili ma non cigni, che appaiono ai cittadini quasi una provocazione. Anche il Comitato SOS Villa Bellini parla di “restauro shock” e di un vero e proprio “stravolgimento” del progetto esecutivo. Ad esempio, sulla collina nord, intorno a ciò che è rimasto della Palazzina cinese data alle fiamme nel 2001, sono stati piantati cipressi, “anche questi non previsti”, che un domani trasformerebbero l’edificio, se ricostruito, in una sorta di mausoleo. La sommità della collina sud è poi stata ricoperta da una spianata di ghiaia, che risulterà impraticabile per le carrozzine di disabili e bambini. E, mentre sono scomparse le celebri decorazioni floreali che adornavano la villa (l’orologio sul fianco della collina che dà su via Etnea, l’elefante e la data giornaliera), il Comitato si interroga anche sul senso della colonna di cemento “che spunta come una sorta di fungo scavalcando l’occhio del labirinto con su una sorta di enorme coppa, sempre di cemento, guarnita di pietre laviche”. Da parte sua, l’architetto Galeazzi dichiara che, nel corso dei lavori, sono emerse, impreviste, numerose testimonianze storiche che hanno imposto un ripensamento critico di alcune parti del progetto, e che “…un attento restauro…non vuol dire mai riproposizione delle vecchie cartoline, ma rilettura scrupolosa delle vicende che hanno costruito…il giardino... Abbiamo, quindi, reso evidenti i contorni di quella che era la casina del principe... riportato alla luce la scala che dal labirinto portava alla

Il recupero della Villa Bellini Le tappe principali

2002: il Comune di Catania partecipa al POR (Programma Operativo Regionale) 2000-2006 finanziato dall’Unione Europea, presentando un Progetto per il recupero e la valorizzazione del verde storico del Giardino Bellini, approvato e pubblicato sulla GURS n.6 del 2003.

2003-2006: si costituisce un Coordinamento in difesa della Villa Bellini, formato da 29 associazioni, che ottiene una radicale rielaborazione del progetto iniziale.

ottobre 2006: viene pubblicato il Bando di Gara relativo all’appalto (ma su tale pubblicazione grava il dubbio di qualche irregolarità)

luglio 2007: dopo una prima assegnazione, seguita da ricorsi e vicende giudiziarie a causa di un eccessivo ribasso della base d’asta (che ammontava a 14 milioni e 539 mila euro), l’impresa consortile A.T.I., poi costituitasi in Villa Bellini Società Consortile a.r.l., si aggiudica i lavori.

settembre 2007: inizio dei lavori. Il termine ultimo per la consegna è fissato al 28 ottobre 2008.

gennaio 2008: chiusura totale della villa invece delle successive, parziali chiusure che il Comune aveva previsto.

fine del 2008: il ritardo nella consegna dei lavori fa temere la perdita dei finanziamenti e, solo in seguito ad una proroga della Regione, che fissa l’ultima scadenza al 30 giugno 2009, i lavori riprendono.

23 settembre 2010: riapertura ufficiale della Villa

casina, collocato alcuni cipressi per ricordare che li sorgeva il vero labirinto biscariano, dove, con un successivo intervento vorremmo ospitare i laboratori del gusto...” Ma – ci chiediamo - quanto è costato tutto ciò? Secondo Alfio Lisi dagli iniziali 12 milioni e mezzo di euro previsti per il completamento dei lavori si è passati a oltre 16 milioni, dato che al finanziamento sarebbero stati aggiunti tre milioni prelevati dalle casse del Comune (e quindi dei cittadini) e – a quanto pare – destinati, in origine, all’edilizia scolastica della città. Peraltro i soldi non sembrano essere bastati: i lavori di ristrutturazione non sono ancora del tutto conclusi e pare che, dopo i 2 milioni di euro destinati alla Palazzina cinese, ne siano stati chiesti altri 5 per realizzare una sorta di “cripto-portico”.Ci si attende, dunque, maggiore chiarezza e interventi adeguati. Fino ad oggi né il WWF né il Comitato SOS hanno ottenuto risposta alle loro missive: “Ancora la città – dichiara Lisi – attende la decisione da parte della Commissione europea che ha in gestione i POR, in riferimento a quali iniziative e sanzioni intende prendere e applicare per il mancato rispetto delle direttive da parte del Comune di Catania…Abbiamo chiesto al Consiglio comunale la riproposizione della Commissione d’inchiesta e l’invio di tutti gli atti alla Corte dei Conti…”. Sulla stessa linea il WWF, che chiede la riapertura di un tavolo di concertazione per verificare se sia possibile limitare i danni già provocati, oltre che una maggiore trasparenza attraverso la pubblicazione, da parte del Comune, di un ulteriore dettagliato rendiconto finale dei lavori, delle spese e dei fondi utilizzati. Z

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Vogliono farsi sentire i ragazzi – ma non solo loro - del liceo classico “Concetto Marchesi” di Mascalucia. Vogliono strutture adeguate. Solidarizzano con docenti e personale ATA. E se c’è bisogno di protestare, lo fanno con serietà e consapevolezza

di Emilia Giuliana Papa

UN LICEO CHE HA BISOGNO DI CRESCERE

Un liceo in crescita e con tanta voglia di emergere e di lottare. Una scuola con difficoltà e questioni di edilizia da tempo irrisolte, ma dove alunni, docenti, personale ATA e Dirigente fanno fronte comune. Per una volta, dalla stessa parte e decisi a rivendicare il loro diritto allo studio gli uni, e il loro diritto a lavorare in un ambiente idoneo gli altri. Avviene a Mascalucia, nella nostra cittadina etnea che conta ormai 30 mila abitanti e che vanta finalmente, dal 2008, la presenza di un liceo classico e scientifico statale autonomo, una realtà tutt’altro che trascurabile di 860 studenti. Si tratta del liceo “Concetto Marchesi”, per 10 anni sede distaccata del più noto “Majorana” di San Giovanni La Punta, che oggi sopravvive con fatica, ma anche con grande buona volontà, alternando le lezioni normali alle reiterate proteste – ultima e sempre più “rumorosa” quella del 4 novembre c. m. davanti alla sede della Provincia - in attesa di risposte concrete su un grave problema di carenza edilizia. L’Istituto, infatti, è dislocato su tre plessi, inadeguati in rapporto al numero di utenti e in alcuni casi non in regola con le norme di sicurezza. Lo si evince dalle testimonianze di studenti e professori, oltre che dalla lettera del 24 settembre del Dirigente Scolastico

Maria Luisa Indelicato indirizzata alle autorità competenti per chiedere interventi tempestivi. I locali - due in via Chillei e Pime, affittati dalla Provincia, e uno, aggiunto nel 2008, che ospita la Presidenza, una sorta di palazzina condominiale di certo non nata per diventare una scuola – sono carenti di aula magna, palestra e sala professori; e l’insufficienza delle aule – attualmente 36, piccole e sovraffollate, ricavate da spazi inadeguati – costringe alunni e docenti a un complesso sistema di turnazione che compatta le ore di

lezione su 5 giorni facendo perdere un giorno a settimana con ricadute non certo positive sull’apprendimento e la didattica. Per non parlare del fatto che – lamenta uno studente durante uno dei cortei – “con tre plessi tra cui spostarsi, gli insegnanti ritardano nel cambio dell’ora e, in più, noi studenti non abbiamo modo di socializzare come accadrebbe se fossimo tutti insieme in un’unica struttura”. “Doveva essere una situazione transitoria quella attuale – afferma una docente – che poteva andar bene per i 350 studenti degli anni ’90, in

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attesa dei lavori avviati su un primo blocco, un edificio ad hoc autorizzato dall’amministrazione, che però non è mai stato realizzato a causa di un contenzioso sorto lo scorso anno tra le due ditte appaltatrici”. Tentativi di soluzione, dunque, abortiti sul nascere. Ma forse uno spiraglio si sta aprendo: “Da qualche tempo - aggiunge uno dei rappresentanti d’Istituto - corre voce che il proprietario di un’ex azienda agricola sita in via Alcide De Gasperi metterebbe a disposizione la sua struttura per trasformarla in un plesso scolastico. Abbiamo chiesto notizie sullo stato dell’accordo all’ing. Trainiti dell’Ufficio tecnico della Provincia, che ci ha risposto che sarà difficile adibire a scuola quel plesso, data la precedente destinazione d’uso. Ma ha assicurato che ci sarà data risposta entro 8 giorni lavorativi. Speriamo sia la volta buona”. La situazione è di certo ancora fluida, ma, interpellando l’assessore alle Politiche Scolastiche Giovanni Ciampi per avere conferma delle voci che circolano, abbiamo acquisito il dato che dovrebbe garantire l’auspicata svolta: “È stato fissato un incontro risolutivo – ha dichiarato Ciampi - con il proprietario della struttura per giovedì 11 nel quale sarà firmato il contratto se saranno accettate le condizioni previste. La Provincia ha la volontà di risolvere l’incresciosa matassa,

ma dobbiamo anche mantenerci su una certa spesa d’affitto; l’operazione costerà 350.000 euro l’anno; se andrà bene, l’edificio, una volta messo in sicurezza e superato il problema delle barriere architettoniche, potrà ospitare l’intera scuola sostituendo i plessi attuali”. Quanto tempo ci vorrà per la realizzazione, è tutto un altro capitolo. Ma ciò che viene fuori è anche un altro aspetto. Il liceo di Mascalucia, forte punto di riferimento per un bacino d’utenza che abbraccia molti Comuni dell’hinterland, rivendica ormai una sua identità e non pare disposto ad assumere un ruolo marginale rispetto

alle altre realtà scolastiche della provincia. “La nostra scuola – afferma con orgoglio la Preside Indelicato – è apprezzata per la sua offerta formativa, confermata dal continuo aumento di iscrizioni, e ha ormai acquistato una sua precisa identità e un nome di rilievo a cui è intitolata: Concetto Marchesi”. E conclude, proprio in tempi di crisi come il nostro: “Troppe persone ancora ignorano la storia di questo intellettuale catanese, uomo di grande levatura morale, padre costituente e latinista a cui il nostro Collegio Docenti ha deliberato di intitolare la scuola. Non è una scelta casuale, bensì un’operazione culturale volta a suggerire alla comunità scolastica e alla collettività tutta un esempio di virtù e di sensibilità verso le istituzioni democratiche”.Z

Non completare le opere pubbliche non è più una vergogna. A Giarre è un’Arte. Un gruppo di artisti milanesi lancia la proposta al Comune siciliano, che, in base ai dati ricavati da un sondaggio condotto in tutta Italia, annovera il maggior numero di opere non compiute. Maria Teresa Sodano, sindaco del paesino etneo, accoglie la provocazione con un sorriso. Nascono così lo stile architettonico “Incompiuto siciliano” e un assessorato nuovo di zecca. In attesa di dar vita a un monumento simbolo: il Parco dell’Incompiuto.

SE QUESTA È ARTE

di Irene Giuffrida

Guai a definirle pietre. Sono blocchi di cemento abbandonati che dovevano dar vita a opere pubbliche ambiziose: uno stadio di polo di oltre ventimila posti, una piscina olimpica, un teatro comunale. Potrebbero diventare Arte. Imprese iniziate e abbandonate sul più bello, oggetti architettonici incompiuti agonizzano come giganti malati. - Perché? - ci chiediamo adesso. Forse per colpa di una cattiva amministrazione incapace, negli anni scorsi, di gestire i suoi fondi; forse per un’edilizia che non sa fare i conti con la realtà del territorio; forse per quella cattiva abitudine, tutta siciliana, di stravolgere le priorità amministrative a svantaggio della collettività. Per molti dubbi resta, però, una sola certezza: alcune di queste opere monche, ancora oggi sotto gli occhi di tutti, non saranno mai completate. I progetti approvati sulla carta sono stati redatti male, le strutture sono fuori norma e l’intera demolizione richiederebbe un investimento economico consistente. Perché non accogliere allora la bizzarra proposta di Alterazioni Video? Questo si è chiesta, un bel giorno, Maria Teresa

Sodano, sindaco di Giarre, Comune in Provincia di Catania, luogo italiano indicato come il più carico di opere lasciate a metà, secondo i sondaggi minuziosamente condotti da architetti, giovani artisti, web designer milanesi che hanno creato anni fa il percorso di ricerca, e che si sono autodefiniti “Alterazioni Video”. Da qui è nato il progetto “Incompiuto siciliano” , una scelta che, alla sua nascita, ha il sapore della provocazione, una battaglia politica e culturale che intende fornire sguardi nuovi e rivoluzionari su vecchie questioni penose e irrisolte. Così un tempo le guardavi: ed erano solo pietre. Oggi non sono solo questo, quegli embrioni abortiti sotto i nostri occhi, agglomerati di cemento, gradini progettati male, giganti malati resi inservibili dall’abbandono dei lavori. Questa

è arte. Un libro aperto su 150 anni della nostra storia, una storia di non-sensi burocratici e di inconcludenze politiche. Lo specchio esatto dell’edilizia italiana e dei suoi cattivi funzionamenti. Giarre, additata, un attimo prima, come il buco nero degli sprechi finanziari dell’edilizia - circa 20 miliardi di vecchie lire sono già stati impiegati in opere lasciate incomplete - si fa portavoce, oggi, del disagio e dello sdegno generali, e intende comunicarli con l’Arte. Anzi, di più, vuole rendere il disagio stesso Arte, senza alcun filtro, come spesso, nelle epoche di crisi, avviene. L’ostacolo, come d’incanto, potrebbe tradursi, così, in opportunità, il vergognoso primato in straordinario vantaggio. Il primo workshop organizzato dall’Assessorato alle Incompiute del Comune di Giarre si è svolto tra il 2 e il 4 luglio 2010, e ha proposto un insolito pellegrinaggio nei “luoghi sacri” dell’Incompiuto, dal Parco Chico Mendes al teatro comunale (arrestato nella sua crescita perché costruito “fuori asse”); dalla piscina olimpica, un ventre di balena addormentato con i suoi sei milioni di

ALCUNI DATI SUGLI SPRECHI DI GIARRE

STADIO DEL POLO: Spesi 7 miliardi e mezzo delle vecchie lire (circa 3,62 milioni di euro)

PISCINA OLIMPIONICA COPERTA: Spesi, nel 1985, 5 miliardi di lire (circa 2,58 milioni di euro)

CENTRO POLIVALENTE CON AUDITORIUM, CINEMA E LABORATORI: Inizio lavori: 1985. Costo: poco meno di due miliardi di lire (circa 1 milione di euro)

TEATRO COMUNALE: Inizio lavori: 1958. Ai valori attuali spesi circa 4 milioni e mezzo di euro

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euro in ostaggio, allo stadio del polo, altro monumento allo spreco: un progetto approvato nel 1984 che ha risucchiato ben nove milioni di euro alle casse del Comune. Il tutto condito da concerti e spettacoli, assemblee politiche e altri eventi culturali; un tour finalizzato all’informazione e alla progettazione consapevole di un nuovo modo di essere cittadini e di abitare gli spazi, col preciso proposito di prefigurare quel turismo sostenibile che dovrebbe nascere dalla presenza, a Giarre, del Parco dell’Incompiuto,

Giarre ha un triste primato: è il Comune, in Italia, ad avere la più alta concentrazione di opere pubbliche non finite. Ne parliamo con il sindaco di Giarre, Maria Teresa Sodano che, oltre ad aver preso precisi provvedimenti amministrativi in seguito alla diffusione di questo dato allarmante, ha accolto la bizzarra proposta dei giovani artisti promotori del sondaggio: creare un nuovo stile architettonico, l’Incompiuto, e renderlo visibile ai visitatori con la creazione di un Parco.

Sindaco, non crede che innalzare ad Arte l’Incompiuto possa in qualche modo giustificare lo spreco edilizio degli anni scorsi?La valorizzazione delle Incompiute è un modo per richiamare l’attenzione su Giarre e sul fenomeno culturale, e consente di ribaltare un dato negativo. Questo non esclude, però, l’impegno verso il completamento delle opere pubbliche là dove sia possibile. Questa amministrazione tiene sempre d’occhio i bandi europei per cogliere le giuste opportunità di miglioramento del territorio.

Come nasce il progetto “Incompiuto siciliano”?Gli artisti di “Alterazioni Video” sono venuti a cercarmi, proponendomi un nuovo punto di vista sulla questione. Dai loro studi risultano oltre 500 opere pubbliche lasciate a metà in tutta Italia. Tra queste, ben 300 si trovano nel Meridione e proprio a Giarre sarebbe la più alta concentrazione di strutture non finite dalla scorse amministrazioni. Mi hanno poi, com’è noto, lanciato la loro bizzarra provocazione: rendere l’Incompiuto un vero e proprio stile architettonico e creare a Giarre un Parco dell’Incompiuto aperto al pubblico. L’idea dei giovani artisti mi è sembrata innovativa; per questo ho voluto creare un assessorato alle Incompiute e aiutarli in questa loro battaglia culturale, col preciso patto, però, di mantenere l’opportunità di completare le opere o di riconvertire le destinazioni d’uso, in modo da porre fine al vergognoso primato. Non tutte le opere possono essere demolite o completate. Questo richiederebbe dei costi veramente alti: resteranno

Progresso civile e memoria storica monumenti alla Memoria storica, testimonianza del perfetto stile Incompiuto, insieme al Parco che sorgerà a breve.

Quali progressi sono già stati fatti, nel corso della sua amministrazione, riguardo al completamento delle opere pubbliche? Il parcheggio di via Jolanda, che figurava nella lista delle opere incompiute, sarà a breve inaugurato; il tribunale è stato completato ed è già operativo; abbiamo inoltre ottenuto un finanziamento di sei milioni di euro per ristrutturare un intero quartiere di case popolari, e un milione lo abbiamo destinato al teatro di Via Teatro. La casa di riposo “Madre Teresa di Calcutta” è un esempio di struttura che non rispondeva alle esigenze del territorio. Era, infatti, fornita di oltre 70 posti letto che risultavano in esubero, data la presenza, a Giarre, di numerose piccole case famiglia. Per questo motivo abbiamo deciso di convertire la destinazione dell’edificio, e, in attesa di fondi più cospicui, stiamo ultimando la creazione di locali per il Comune, che aveva bisogno di spazi da adibire a propri uffici.

Anche la creazione del Parco dell’Incompiuto richiede fondi. Non sarebbe meglio destinarli al completamento delle opere? Ridurre le opere incompiute resta la principale preoccupazione di questa amministrazione. Tenere vivo il fenomeno culturale e impegnarsi nella direzione dell’innovazione è, però, altrettanto importante. Il Parco dell’Incompiuto rappresenta in fondo proprio questo: la testimonianza di una fase della nostra storia che non si può cancellare e che si deve tenere a mente, una fase in cui era facile ottenere i finanziamenti e poi le opere, per svariati motivi, venivano bloccate; una fase in cui l’abbandono dei problemi irrisolti e delle difficoltà erano prevalenti rispetto al progresso e all’elaborazione di nuove strategie.

La ringraziamo per l’intervista Sindaco, e per la cortesia. Buon lavoro!

favoleggiata oasi in grado, chissà, di fondare una nuova economia capace di trasformare il fallimento in punto di partenza e di stimolare una nuova idea di Arte; un’arte che non chiede più ai visitatori di immaginare, tra le rovine di un monumento, quel “pezzo mancante” che non esiste più, perché spazzato via dalla Storia, ma che chiede di scrutare, tra le macerie di un mondo incompleto, quel pezzo di storia che non sarà mai.Z

BUON COMPLEANNO CHARLIE BROWN!

di Fausto Grasso

Sessant’anni fa debuttavano in America delle strisce umoristiche i cui protagonisti erano bambini dotati di un’arguzia e una maturità paragonabili a quelle degli adulti ma, nel contempo, lontani dalla malizia, dalla cattiveria gratuita o dalle frasi scurrili “dei grandi”. Parliamo dei Peanuts

Nati alla fine della seconda guerra mondiale dalla matita di Charles Schultz, inizialmente chiamati Lil’ Folks (“Personcine”), debuttano nel 1947 nella sezione domenicale per donne del “St. Paul Pioneer Press”. Dopo circa tre anni, l’autore chiede di poter avere uno spazio quotidiano, ma gli viene negato e allora interrompe la pubblicazione. Fortunatamente Jim Freeman, della United Feature Sindacate, si interessa a questi simpatici “bambini”, ma cambia loro il nome perché troppo simile ad altre due strisce molto popolari in America. Nel 1950 si decide di chiamarli Peanuts. A Schultz non è mai piaciuto questo nome perché lo reputava frivolo e leggero, aspetti che non aveva intenzione di trasmettere ai lettori, e invece non sapeva che proprio questo nome avrebbe fatto la sua fortuna. Charlie Brown, Linus, Lucy, Piperita Patty, Schoeder, Pig Pen, Snoopy non fanno ‘ridere’ ma ‘sorridere’ e riflettere sulla società. Questi ragazzini sono molto probabilmente un alter ego del loro creatore: Charlie Brown era un compagno di scuola di Schultz, la ragazzina dai capelli rossi era Donna Wold, una ragazza conosciuta nel 1947 a Minneapolis, il cui amore non fu mai corrisposto.

I Peanuts approdano in Italia nel 1965 grazie a Elio Vittorini, direttore de “Il Politecnico”, e a Umberto Eco che, nel saggio Apocalittici e integrali, paragona, e mette sullo stesso piano, fumetto e letteratura. Ad opera di Oreste Del Buono nasce “Linus”, periodico in cui si proponeva

un fumetto americano ragionato e analitico, e in cui trovarono spazio anche autori italiani, Guido Crepax tra i primi. “Linus” apre la strada ad altre pubblicazioni: “Eureka” (1967), “Il Mago” (1972), e “Il Corriere dei Piccoli”, che abbandona le rime baciate scritte in calce per passare ad una forma di fumetto più innovativa, acquista materiale dalla Francia e lo commissiona a vignettisti nostrani, come Hugo Pratt, Dino Battaglia, Sergio Toppi. Nel corso degli anni, “Linus” assume una ben definita identità “di sinistra”: alle vignette vengono affiancati articoli e considerazioni di intellettuali, scrittori e giornalisti, e diventa una vera e propria pubblicazione satirica, spianando la strada a “Frigidaire”, a “Il Male” e a “Valvoline”, in cui si leggono autori come Andrea Pazienza, Igort, Giorgio Carpinteri, José Munoz e Carlos Sampayo, che propongono un fumetto impegnato, difficile, irriverente, indirizzato più alla riflessione che all’azione.

Ma i Peanuts restano sempre semplici e innocenti, e forse anche per questo diventano un’icona mondiale. Il “Times”, nel 1965, dedica loro una copertina, il batterista dei Grateful Dead, Ron McKernan, si fa chiamare

‘Pig Pen’, come il bambino sporco e con le pulci; nel 1968 nasce una rock band, il cui nome è Sopwith Camel, come il famoso aereo da caccia desiderato da Snoopy; gli astronauti dell’Apollo 10, durante la circumnavigazione della luna, battezzano i loro moduli “Charlie Brown” e “Snoopy”. E ancora: Schultz vince tre “Emmy”

televisivi grazie ai suoi cartoni animati, che inizialmente erano stati stroncati dalla critica, con voci di bambini e musica jazz malinconica. Tutti vogliono l’autore nelle proprie trasmissioni, nei loro ricevimenti, alle presentazioni di eventi, ma Charles Schultz non è abituato al successo, è terrorizzato dagli aerei, è sempre ansioso e in continuo stato di terrore. Negli anni ’80 e ’90 il patrimonio dell’autore cresce a dismisura, grazie anche al merchandising costituito da pupazzi, poster, cancelleria, abbigliamento, sino a farlo figurare tra gli uomini più ricchi d’America, assieme a Michael Jordan, Michael Jackson, Bill Cosby. Ma i soldi non lo attraggono, quindi lascia milioni di dollari in beneficenza e preferisce restare un uomo semplice.

Purtroppo, nel ’99, gli viene diagnosticato un cancro al colon; le cure e la chemioterapia lo debilitano a tal punto da indurre il nostro Schultz a interrompere le sue strisce. I lettori restano sgomenti, ma la decisione è ormai presa. Il 3 gennaio 2000, l’ultima striscia: Snoopy seduto sulla sua casetta, inizia a scrivere: “Era una notte buia e tempestosa…”. Così Schultz ci dice addio.Z

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FLAVIO GIURATO: DAI MITICI ANNI ’80 FINO AI NOSTRI GIORNI,

STORIA DI UNA VOCE FUORI DAL CORO

a cura di Maurizio Pistorio

Riemerge, dopo decenni di silenzio discografico, la figura complessa e attuale di Flavio Giurato. Con un mini-album distribuito via internet e con l’apporto di scrittori e, soprattutto, di irriducibili fan che non lo dimenticano

Tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80 nel nostro paese uscirono tre album, naturalmente in vinile, che nel panorama della musica italiana d’autore non somigliavano a nulla di quanto era stato fatto fino ad allora. Il loro autore, il cantautore romano Flavio Giurato, figura musicale complessa e innovativa, sulla quale oggi convergono ricordi ed emozioni trentennali ma anche spunti critici e letterari molto più recenti, è riemerso, dopo un lunghissimo silenzio discografico, nell’ultimo decennio, grazie anche al contributo di chi non l’ha dimenticato.

Flavio Giurato, nato nel 1949 a Roma, ma di origini per metà siciliane e per metà toscane, dopo aver studiato pianoforte e chitarra, poco più che ventenne si sposta a Londra, dove vive per alcuni anni l’esperienza della musica underground, suonando spesso nella metropolitana. Tornato a Roma, esordisce nel 1978 con il concept album “Per futili motivi” (edito da Ricordi) che, a differenza dei due vinili successivi, non sarà mai ripubblicato su CD, e che ruota attorno all’educazione sentimentale e alla maturazione esistenziale di un

ragazzo romano nei giorni della seconda guerra mondiale, tra il 10 giugno 1940 e Piazzale Loreto. Nel 1982 Giurato pubblica (stavolta con la casa discografica CGD) “Il tuffatore”, altro concept album il cui nucleo tematico è l’inizio di una storia d’amore sbocciata durante un torneo di tennis ad Orbetello.

Al disco lavorano, insieme a bravissimi musicisti italiani tra i quali Toto Torquati e Franco Finetti, due già allora mitici strumentisti inglesi, il percussionista Ray Cooper, che ha suonato anche con Elton John e i Pink Floyd, e il sassofonista Mel Collins, ex membro dei King Crimson, che ha lavorato, tra gli altri, per i Rolling Stones e i Caravan; tecnico del suono era Phil Mc Donald, che aveva curato molte incisioni dei Beatles. Alcune canzoni dell’album vengono conosciute grazie soprattutto alla trasmissione dei relativi video nel programma Rai “Mister Fantasy” di Carlo Massarini, che per primo in Italia dava spazio, appunto, ai videoclip. E la breve ma bellissima

Il concept album…

Opera discografica concepita non come un insieme di canzoni sparse, ma come un unicum che si svolge secondo un tema narrativo o compositivo o musicale. L’esempio più famoso di concept album nell’ambito della musica pop e rock è certamente “Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band” dei Beatles (1967).

Retrospettiva Musicale - parte 1a

canzone Il tuffatore, caratterizzata da pochi versi in inglese e di seguito dalla loro traduzione in italiano, viene considerata, a buon diritto, il capolavoro dell’album: “Volevo essere un tuffatore, con l’altezza sotto il naso ed il gonfio del costume, volevo essere un tuffatore che si aggiusta e si prepara, di bellezza non comune… e ora voglio essere un tuffatore per rinascere ogni volta dall’acqua all’aria…”. Quel timbro di voce forte, evocativo, struggente, e quel suono di chitarra essenziale, nudo, sconvolgente, affascinano molti ascoltatori, che non dimenticheranno mai più quel brano. Ma, come per il primo album, non arriva il successo commerciale che, del resto, Giurato non insegue. Tanto che egli continua nel suo percorso di innovazione e nel 1984 pubblica (di nuovo con la CGD, ma dopo grandi difficoltà causate dal suo irriducibile stile, appunto, “anti-commerciale”) il terzo concept album, “Marco Polo”, che contiene anche Marco e Monica, pietra miliare nel panorama musicale delle canzoni d’amore italiane.

A quel punto si conclude il suo contratto con la CGD e per ben diciotto anni Flavio non pubblica più alcun disco, pur continuando a comporre e sporadicamente a esibirsi dal vivo in piccoli spazi, a Ostia e qua e là per l’Italia. In tutti questi anni Giurato lavora per la Rai, prima come regista delle esterne, poi come autore di documentari per Rai Sat. Compie anche un’esperienza breve ma positiva in una clinica psichiatrica, in qualità di

www.flaviogiurato.ithttp://www.youtube.com/watch?v=iwqh5vfFP2k (intervista di Carlo Massarini trasmessa da Rai Sat Extra).

terapeuta sperimentando il potere curativo degli armonici.

Nel 2002, convinto anche da suoi vecchi fans – che con ironia definisce “vietcong” – autoproduce e distribuisce via internet “Il manuale del cantautore”, un mini-album con sei canzoni inedite, scritte negli anni del silenzio discografico; e torna ad esibirsi più frequentemente in diversi concerti. Nel 2004 appare un CD live accompagnato da un libro che raccoglie diciotto racconti ispirati alle sue canzoni e scritti da diciotto autori diversi, tra i quali Gianfranco Carofiglio, Fulvio Abbate, Aldo Nove e Paolo Nori. Nel 2007 è la volta di una nuova edizione del “Il manuale del cantautore” che comprende altri brani inediti. Anche negli anni più recenti Flavio si è esibito in pubblico e nel 2009 ha cantato come ospite il brano Ivana e Gabriella (di cui è co-autore), contenuto nel doppio CD “Balera metropolitana” della band messinese di indie-rock “Maisie”.

Oggi, riascoltare (o, per i più giovani, ascoltare per la prima volta) la trilogia di Flavio Giurato non lascia quell’impressione di “superato” o “datato” che mostrano molti dischi di quel periodo, anche realizzati da grandi nomi, perché la scelta

operata da Giurato, di far prevalere gli strumenti, e quindi i suoni acustici e “caldi” su quelli elettrici e “freddi”,

si è rivelata molto felice. Si è, inoltre, colpiti dalla grande forza del reciproco contagio tra suoni e testi, nati insieme già nel primo momento della composizione, quando Flavio aveva cercato quell’armonia nella prospettiva del “racconto in musica”. Poi, la qualità degli arrangiamenti suoi e dei collaboratori aveva fatto il resto. Egli stesso ha affermato che le sue canzoni sono sempre nate “da una percussione ottica e acustica che genera emotività”; e proprio l’energia emotiva è una caratteristica di Giurato evidente per chi ha avuto la fortuna di assistere alle esibizioni live a cui Flavio si prepara in senso agonistico, appunto come fa un atleta. Di più, egli sostiene che non deve essere accordato solo lo strumento, ma anche il musicista. Il percorso artistico di Flavio Giurato, imperniato sull’opposizione tra presenza e assenza, caratterizzato da lunghe distanze temporali e da un’invidiabile coerenza intellettuale e umana, sembra particolarmente significativo non solo di per sé, ma anche come possibile spunto di riflessioni e di paragoni con le figure musicali del nostro tempo.Z

1910-2010: ALFA ROMEO UN MITO LUNGO UN SECOLO

di Sebastiano Di Bella

L’Anonima Lombarda Fabbrica Automobili inizia ufficialmente la sua avventura il 24 giugno 1910 a Milano. La casa del Biscione ha mietuto vittorie in grandi classiche come la Mille Miglia e la Targa Florio, vantando tra i suoi uomini figure di primo piano come Ferrari e Vittorio Jano. L’Alfa, nel corso dei suoi cento anni di vita, è passata, non senza grandi sfide e sconfitte, dai successi sportivi a quelli produttivi e qualitativi di oggi, dando lustro all’industria automobilistica italiana nel mondo. I suoi natali si devono in parte ad un eccentrico personaggio francese, poco incline alla meccanica ma con un grande fiuto per gli affari: Pierre Alexandre Darracq.

Darracq nel 1896 fonda a Suresnes, non lontano da Parigi, la Darracq Automobiles, per costruire automezzi elettrici e con motore a scoppio. Convinto che l’automobile sia l’investimento del futuro, impiega 10 anni per acquistare il supporto logistico necessario e avvia a Napoli nel 1906 la Società Italiana Automobili Darracq. In poco tempo D. si accorge che Napoli è troppo lontana dal nord Italia, così acquista un terreno a Milano, in contrada Portello. Nel 1909 approda alla neo fabbrica del Portello Giuseppe Merosi, uomo di grande ingegno ed esperienza, maturata nella squadra corse della Fiat. Nonostante il trasferimento, gli affari vanno male e D. decide di cedere l’attività al cavaliere Ugo Stella, capofila di un gruppo di investitori lombardi interessati.

Il passaggio di consegne avviene appunto il 24 giugno del 1910. Nello stesso anno Merosi disegna il logo della società A.L.F.A.: un cerchio che contiene a sinistra una croce rossa in campo bianco, antico simbolo medievale della città di Milano, a destra lo stemma dei Visconti, il “biscione”, appunto, che mangia un saraceno. Nel bordo del cerchio, su fondo blu, le scritte Alfa e Milano, separate da due nodi Savoia per la monarchia Italiana, che scompariranno con l’avvento dell’Italia repubblicana.

Il sodalizio Alfa / Nicola Romeo inizia quando l’industriale di origine napoletana nel 1915 ottiene un’importante commessa per la produzione di materiale bellico. L’uomo giusto al momento giusto. Nicola Romeo nasce a Sant’Antimo in provincia di Napoli il 28 aprile 1876, figlio di un maestro elementare. Grande passione per le auto e per la loro tecnica, consegue una laurea in ingegneria meccanica al Politecnico di Napoli e una in ingegneria elettrotecnica a Liegi, in Belgio. L’inventiva progettuale nell’Alfa non mancò mai; infatti, già nel 1914 Merosi

disegna un inedito motore bialbero a sedici valvole con doppia accensione. L’antesignano dei moderni bialbero twin spark, vanto e gloria sino ad oggi. Alla fine del primo conflitto mondiale, le commesse militari avevano fruttato profitti altissimi, e la fabbrica del Portello viene riconvertita rapidamente alla produzione di automobili.

Nel novembre 1919 una vettura 40/60 hp prende parte alla Targa Florio e viene iscritta per la prima volta come Alfa Romeo: il mito ha inizio. Nel 1923 un’A.R. trionfa alla Targa Florio e i successi sportivi culminano con la vittoria della P2 nel campionato del Mondo del 1925. Nel periodo tra le due guerre, le mitiche 8c e 6c sbaragliano la concorrenza in ogni tipo di gara, Mille Miglia compresa. Persino il Duce, da sempre attento al legame tra Fascismo, tecnica, velocità e potenza, guarda con grande orgoglio e soddisfazione alla casa del Portello. Le soluzioni tecniche adottate in gara vengono tradotte sulle vetture di serie, alzando, però, il prezzo del prodotto finito. È così che le Alfa non si vendono più, perché troppo costose; l’immagine del marchio sopravvive solo grazie ai continui successi sportivi.

Gli anni tra le due guerre sono terribili dal punto di vista economico, e persino Nicola Romeo, che detiene il venticinque per cento delle azioni, viene estromesso. Vengono comunque costruite splendide vetture come la RL, presentata al salone di Parigi del 1923. Nello stesso anno arriva all’A.R. Vittorio Jano - in realtà versione italiana di Viktor Janos, nato da emigrati ungheresi - per occuparsi delle vetture da competizione. Le vetture del Biscione sono ormai famose in tutto il mondo. Nel 1929 il marchio è sotto la brillante gestione di Ugo Gobbato, arrivato all’Alfa per volere dello stesso Mussolini. In quell’anno Henry Ford gli dice: “Quando passa una

Alfa Romeo mi tolgo il cappello”.

Dopo il secondo conflitto mondiale, l’Alfa ricostruisce faticosamente i suoi stabilimenti distrutti dai bombardamenti alleati. Ma per una effettiva quanto timida ripresa bisognerà attendere i primi anni cinquanta con il boom economico. Nel 1954 debutta la Giulietta coupè sprint, carrozzata da Bertone, un vero successo di stile e meccanica, seguita poco dopo dalla versione spider, “vestita” da Pininfarina. Nel

1962 viene lanciata la Giulia, berlina molto apprezzata, soprattutto nella versione TI, e nel 1965 arrivano le versioni GT 1300 Junior e GTA (gran turismo alleggerita), entrambe destinate a diventare celebri. Nonostante le grandi prestazioni, l’assemblaggio e gli allestimenti interni non sono all’altezza, e questo non piace agli Italiani. La concorrenza è sempre più agguerrita anche ad opera di Fiat e Lancia.

Per l’Alfa il 1972 è un anno importante. Viene aperto lo stabilimento di Pomigliano

D’Arco e nasce l’Alfasud, un modello completamente nuovo carrozzato da Giugiaro a trazione anteriore, prima vettura del Portello con questa specifica, dotata anche di un nuovo motore boxer. Il 1972 è anche l’anno dell’Alfetta, con una soluzione tecnica molto raffinata,

il cambio sul ponte posteriore. In questi anni la crisi petrolifera e le contestazioni

sindacali nelle fabbriche mettono a dura prova l’Alfa Romeo. Anzi, nella linea di Pomigliano

D’Arco ci furono dei veri e propri atti di sabotaggio alla catena di montaggio.

La seconda metà degli anni settanta e l’inizio degli anni ottanta trascorrono tra modelli “rinfrescati” (Giulia, Alfetta) e nuovi: Giulietta, 33, 75. Grosso flop nel 1983 con l’Arna, frutto di un accordo Alfa-Nissan. Le perdite sono enormi. Nel 1986 L’I.R.I. mette in vendita il grande marchio. Dopo una lunga battaglia con la Ford, la Fiat si aggiudica l’Alfa Romeo. Ma questa, è un’altra storia. Z

Nella pagina a fianco: la locandina della casa automobilistica Darracq; un giovane Enzo Ferrari; la P-30 in esposizione.In questa pagina: la Giulietta del 1954; lo stemma odierno dell’ Alfa Romeo; l’Alfetta degli anni ‘80

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di Emilia Giuliana PapaIl Libro del Mese

Lapilli Scaffale

Doveroso omaggio all’arte del secondo Novecento e, nel contempo, appassionata ricostruzione di un percorso di vita e di crescita intellettuale. È ciò che ci offre Filippo Pappalardo, farmacista mascaluciese e collezionista d’eccezione, con questo elegante volume recentemente edito da Maimone e oggi donato alla Biblioteca Regionale Centrale “Alberto Bombace” di Palermo. Vivere con (l’)arte – titolo che allude a un contatto sempre vivo e quotidiano con i dipinti – raccoglie 60 anni di opere pittoriche di grande valore accanto a quadri di autori siciliani (Comes, Sciavarrello, Giuffrida, Contrafatto) e di artisti meno noti a cui Pappalardo, temperamento appassionato e curioso, attribuisce valore affettivo irrinunciabile. A partire dagli anni ’50, fanno parte della collezione quasi 800 quadri: da De Chirico a De Pisis, Rosai, Carena, Sironi, Mafai e altri di Scuola Romana, fino all’amato Guttuso; e poi ancora Casorati, Tozzi, Fontana, per proseguire, negli anni ’80 e ’90, con la Transavanguardia; fino ai nostri giorni, con la scoperta di giovani talenti cui Pappalardo ha voluto dedicare attenzione e fiducia, conscio dell’acquisita sensibilità artistica e mai pago di un collezionismo frutto di “investimenti sicuri” su autori di storicizzazione certa, come egli stesso afferma. Nel volume, affiancando testi e immagini – tra foto di famiglia e gli splendidi dipinti di cui si circonda nella residenza della cittadina etnea – Pappalardo si sofferma compiaciuto anche sugli incontri con artisti di rilievo e critici d’arte che hanno segnato tappe importanti nella sua vita: Renato Guttuso in primis, ma anche Franco Piruca, principale esponente catanese dell’Arte Colta, eppure poco noto al grande pubblico.Per gli appassionati d’arte contemporanea.

a cura di Emilia Giuliana Papa

Premio Campiello 2010NARRATIVA ITALIANAMICHELA MURGIAAccabadoraEinaudi, 2009 pp.164 € 18,00

Finalista Premio Campiello 2010NARRATIVA ITALIANAGAD LERNERScintilleFeltrinelli, 2009 pp.240 € 15,00

Finalista Premio Campiello 2010NARRATIVA ITALIANAGIANRICO CAROFIGLIOPerfezioni provvisorieSellerio, 2010 pp.336 € 14,00

NOVITÀUMBERTO ECOIl cimitero di PragaBompiani, 2010 pp.528 € 19,50

NOVITÀGIORGIO FALETTIAppunti di un venditore di donneBC Dalai, 2010 pp.398 € 20,00

a cura di VALENTINA LUCIA BARBAGALLOVivere con (l’) Arte: dalla collezione di Filippo e Anna Pia Pappalardo: 60 opere per 60 anni (1950 - 2010)Maimone Editore, Catania, 2010 pp.64 € 11,00

SAGGISTICAALESSANDRA CASTELLANIVestire degenereDonzelli editore, 2010 pp.216 € 24,00

Novità all’ombra dell’EtnaNARRATIVA ITALIANAGIOVANNA NASTASIDiario di un precarioOfficina Trinacria Catania, 2010 pp.96 € 12,00

ATTUALITÀGIROLAMO DE MICHLELa scuola è di tuttiMinimum Fax, 2010 pp.338 € 13,50

NARRATIVA ITALIANAENRICO BRIZZILa vita quotidiana ai tempi del SilvioLaterza Editore, 2010 pp.320 € 12,00

NARRATIVA STRANIERAIGIABA SCEGOLa mia casa è dove sonoRizzoli, 2010 pp.168 € 16,50

NARRATIVA STRANIERALUIS SEPULVDARitratto di gruppo con assenzaGuanda Editore, 2010 pp.168 € 16,00

Novità all’ombra dell’EtnaNARRATIVA ITALIANATERESA ANGELICOIl mistero dell’isolaAletti Editore Roma, 2010 pp.152 € 14,00

FUMETTISIMONA BASSANO DI TUFILLOPiccola storia dei Peanuts.Le striscie più famose d’America tra arte, cultura e linguaggioDonzelli Editore, 2010 pp.162 € 19,50

FUMETTIJIRO TANIGUCHI - HIROMI KAWAKAMIGli anni dolci - vol.1Rizzoli Lizard, 2010 pp.120 € 17,00

NOVITÀGIORGIO FALETTIAppunti di un venditore di donneBC Dalai, 2010 pp.398 € 20,00

Il gioco dell’attore: omaggio ad Ugo Tognazzi

A vent’anni di distanza dalla sua morte, ci piace ricordare in una breve nota commemorativa Ugo Tognazzi, attore che mantenne sempre un particolare amore per l’arte della recitazione, vista come un grande e divertente gioco seppure vissuto con passione e serietà. Costretto ad abbandonare presto gli studi e a impiegarsi giovanissimo in un’azienda di salumi della sua natia Cremona (era il 1934), Tognazzi riempiva gli spazi del dopolavoro con la frequentazione di una compagnia di filodrammatici. Conquistato dal palcoscenico, si dedicò sempre più al mestiere di attore, allietando, durante la guerra, i soldati di stanza a La Spezia. Nel 1945 fu scritturato addirittura nella compagnia di Wanda Osiris che, però, si sciolse poco dopo. Furono molte le compagnie che videro la presenza di Tognazzi nelle loro file, in anni nei quali le sue capacità di attore rivelavano sempre nuove corde. Nel 1955 la nascente RAI TV lo chiamò per lo spettacolo “Un, due, tre” in cui si formò la celebre coppia comica Tognazzi-Vianello. Il pubblico poteva godere, così, di esilaranti sketch nei quali venivano acutamente analizzati e messi alla berlina comportamenti, costumi e mentalità dell’Italia dell’epoca. La capacità di giocare con i suoi personaggi e di trovarne di nuovi rese Tognazzi pienamente adatto ad un cinema che voleva divertire il grande pubblico: l’attore poté dare sfogo, in tal modo, alla sua più profonda vena istrionica. Contemporaneamente, negli anni Sessanta, la nascente “commedia all’italiana”, che raccontava vizi e vezzi degli italiani col proposito di far pensare ridendo, vide in Tognazzi uno dei principali interpreti, tanto che il suo nome era spesso accoppiato a quelli di Totò, di Walter Chiari, di Alberto Sordi. In seguito, all’epoca della collaborazione con Risi, Salce, Steno, Monicelli e Ferreri, le interpretazioni di Tognazzi si colorirono di una tinta malinconica e amara che conferì a questo attore brillante una profondità prima sconosciuta. Sono gli anni di film quali “Tutti a casa”, “La lunga notte del ‘43”, “Il federale”, ai quali si aggiunsero “I mostri”, “La donna scimmia”, “I complessi”, “L’immorale”, tutti classici del nostro cinema. O ancora: “In nome del popolo italiano”, “La grande abbuffata”, la trilogia di “Amici miei”, vere e proprie tappe obbligate del cinema italiano degli anni Settanta ed Ottanta. In “Ultimo minuto” (1987) e ne “I giorni del commissario Ambrosio” (1988), Tognazzi si rivelò ormai attore dalla ricca varietà di toni e dotato di una profondità interpretativa sempre più introspettiva e malinconica che, forse, gli favorì lo scivolamento verso una depressione sempre più insidiosa che però non riuscì a togliergli il suo amore per la recitazione.

Breve, ma intensa, la sua stagione teatrale – segnata da nomi quali Pirandello e Molière – che vide le

ultime prove di questo instancabile attore. La morte lo colse il 27 ottobre 1990. Il resto

– dice il poeta – è silenzio.

a cura di Gabriele Montemagno

Cartellone Novembre - Dicembre 2010

Martedì 16 NovembreCatania Jazz XXVIII stagioneDIANNE REEVESTeatro Metropolitanh.21.30 da € 22,00 a 27,50

Giovedì 18 NovembreAss. Musicale EtneaANDREA BACCHETTI - PianofortePalazzo Biscarih.21.15 € 12,00

Venerdì 19 NovembreOTTO FILM IN CITTÀChi nasce tondo...di Alessandro ValoriItalia 2008G.A.P.A. Via Cordai 47h.21.00 ingresso gratuito

Venerdì 19 NovembreGIOBBE COVATTATeatro ABCh.21.00 da € 16,50 a 22,00

Venerdì 19 NovembreTHE MARIGOLDBarbara Disco Labh.21.00

Sabato 20 NovembreStagione Teatro RagazziCAVALLERIA RUSTICANAdi Verga - MascagniPiccolo Teatro di CataniaVia F. Ciccaglione, 29in abbonamentoin replica il 21 Dicembre

Sabato 20 NovembreFUZZTONES (Usa) Live+ Boilers - live+ Psyco - dj setMercati Generalh.22.30 € 15,00

Sabato 20 NovembreV Convegno CUN SiciliaScienza e OvniBiblioteca S.A. li Battiatih.16.30 ingresso libero

Domenica 21 NovembreAss. Musicale EtneaRACHEL GRIMES- Pianoforte+ TRIO GRANATAAnonino Granata - violinoMassimo Cantone - violaRoberta Pennisi - violoncelloCentro Zoh.21.15 € 12,00

Lunedì 22 NovembreCatania Jazz XXVIII stagioneCHUCO VALDES & AFRO CUBAN MESSENGERSTeatro Metropolitanh.21.30 da € 22,00 a 27,50

Martedì 23 NovembrePRIMA ‘11ORGASMO E PREGIUDIZIOF. Bettanini e D. RuizSala Harpagoh.21.15 € 16.50fino al 28 Novembre

Venerdì 26 NovembreAMOUR FOU liveClone zoneh.22.30 € 10,00

Venerdì 26 NovembreOTTO FILM IN CITTÀLa guerra dei fiori rossidi Zhang YuanItalia/Cina 2007G.A.P.A. Via Cordai 47h.21.00 ingresso gratuito

Arrivederci, SolomonSolomon Burke se n’è andato. Il 10 ottobre scorso il Re del Rock’n’Soul è morto – a 70 anni – nel cielo tra l’America e l’Europa, sull’aereo che lo ha portato, ormai senza vita, ad Amsterdam, dove giorno 12 avrebbe dovuto tenere uno dei suoi leggendari concerti, in un locale che – ironia della sorte o segno divino – si chiama proprio “Paradise”. In occasione del Festival “Etna in Blues” di Mascalucia, lo scorso 19 luglio aveva entusiasmato e incantato gli spettatori con la sua splendida voce e la sua gioiosa energia, tanto che la redazione di

“Lapilli” aveva dedicato alcune pagine a questa ineguagliabile star e a una delle tre uniche esibizioni del tour italiano di quest’anno. Questa morte improvvisa ci sorprende e rattrista, pur essendo stato evidente, in quell’occasione, che l’enorme

mole del cantante di Filadelfia ormai gli impediva di camminare e di raggiungere da solo il suo trono dorato sul palco. Come per altri grandi artisti, solo la morte

ha potuto interrompere il pluridecennale tour con il quale il “Vescovo del Soul” ci ha regalato, oltre che magnifiche interpretazioni canore, molte suggestive

predicazioni d’amore e – per le sue spettatrici – tante, tantissime rose rosse.

a cura di Maurizio Pistorio

Casa di riposo

Assistenza disbrigo pratiche socio-sanitarieAssistenza sanitaria e infermieristica continuaAssistenza medicina di base con prescrizione e ritiro farmaci, terapia analisi clinicheEsami diagnosticiFisioterapiaDiete personalizzate

MUSICA TEATRO CINEMA MOSTRE INCONTRI DANZA

Sabato 27 NovembreULAN BATORLomaxh.21.00 € 10,00

Domenica 28 NovembreLO SCIACCIANOCITeatro Metropolitanh.21.00 da € 22,00 a 33,00

Martedì 30 NovembreAss. Musicale EtneaEDISON STUDIOINFERNOFilm di F. Bertolini e A. PadovanMauro Cardi - live electronicsLuigi Ceccarelli - live electronicsFabio Cifarielli Ciardi - live electronicsCentro Zoh.21.15 € 12,00

Giovedì 2 DicembrePRIMA ‘11RITA PELUSIOSala Harpagoh.21.15 € 16.50fino al 12 Dicembre

Martedì 7 DicembreAss. Musicale EtneaPaolo Sorge TETRAKTIS Guitar 4et“Plays Music of Fred Frith”Centro Zoh.21.15 € 12,00

Mercoledì 8 DicembreIL LAGO DEI CIGNIRussian Ballet MoscowTeatro Metropolitanh.20.30 da € 22,00 a 33,00

Mercoledì 8 DicembreAss. Amici del Borgo ViscaloriMERCATINO DI NATALE 2010Piazza S. Biagio - Viagrandedalle h.9.30 alle 23.0011-12 e 18-19 Dicembre

Sabato 11 DicembreTHE CRAZY CRAZY WORLD OF MR. RUBIKIl Faro Club - Cataniah.21.00 € 12,00

Sabato 11 DicembreLIOLÀdi G. PirandelloPiccolo Maugeri - Acirealeh.21.00 da € 16,50 a 27,50

Sabato 11 DicembreStagione Teatro RagazziIL MONDO DELLA LUNAdi C. GoldoniPiccolo Teatro di CataniaVia F. Ciccaglione, 29in abbonamento

Sabato 11 DicembrePERTURBAZIONEQubbah.21.00 € 10,00

Domenica 12 DicembreAss. Musicale EtneaStefania Pistone - sopranoMario Spinnicchia - pianoforteAlessandra Toscano - pianofortePalazzo Biscarih.21.15 € 12,00

Domenica 12 DicembreAMYCANBELa Chiaveh.21.00

Sabato 18 DicembreTeatro degli SpecchiJEKYLL E HYDEIl lato oscuro del comicodi e con Paolo Naniregia di Frede GulbransenTeatro comunale Aci Bonaccorsih.21.00 € 15,00in replica 19 Dicembre h. 18.30

Sabato 18 DicembreIMMANUEL CASTO livePegaso’sh.23.00 € 10,00

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alvo

Bot

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