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L’ALTO MEDIOEVO [STORIA DELL’ARTE CLASSI III B, C, E (prof.ssa M. Lisa Guarducci)] DALLA CADUTA DELL’IMPERO ROMANO D’OCCIDENTE (476) ALL’ANNO MILLE (XI SECOLO) PARTE DESTRUENS 1. ARTE PALEOCRISTIANA (legata all’arte classica: sermo illustris) 2. ARTE BIZANTINA (inizialmente legata all’arte tardo-antica: sermo illustris) 3. ARTE LONGOBARDA (legata al mondo barbarico: sermo vulgaris) 4. ARTE CAROLINGIA (legata al mondo classico: sermo illustris) 5. ARTE PREROMANICA (legata all’arte barbarica: sermo vulgaris) APPENDICE: Nascita del monachesimo occidentale benedettino 1. ARTE PALEOCRISTIANA (sermo illustris) H. BRANDENBURG, voce: ARTE PALEOCRISTIANA, in «Enciclopedia dell' Arte Antica II Supplemento» (1996) II concetto di un'arte cristiana esiste da poco più di 150 anni. Solo dalla prima metà del XIX secolo, infatti, le testimonianze materiali del primo cristianesimo, che fino allora attiravano esclusivamente interessi teologici o antiquari, iniziarono a godere anche di considerazione estetica: una conseguenza, questa, del Romanticismo, della sua riscoperta dell'arte medievale e del contenuto religioso di quest'ultima. Nella prima metà dell'Ottocento, in pieno fervore romantico-religioso, si formano anche le prime collezioni d'arte medievale. La scoperta dell'arte medievale e la considerazione della quale godeva nel periodo post- romantico crearono i presupposti per studiare anche i monumenti paleocristiani, che assunsero importanza come opere d'arte e come precedenti dell'arte devozionale medievale. Illustrando brevemente le origini dell'arte cristiana in rapporto all'arte pagana dell'antichità, si espresse così il concetto che l'arte paleocristiana è parte dell'arte tardoantica, dalla quale si differenzia solo per il contenuto e non per le forme. Gli impulsi decisivi per l'inserimento dei monumenti cristiani fra quelli dell'epoca «tardoantica» provennero da studiosi estranei all'archeologia cristiana, che circoscrissero l'arte paleocristiana come parte dell'arte tardoimperiale e tardoantica. I presupposti per questo nuovo punto di vista furono creati con gli studi degli storici dell'arte viennesi A. Riegl e F. Wickhoff, che per la prima volta compresero l'arte tardoantica - in contrasto con le posizioni dell'archeologia cristiana tradizionale - nella sua particolarità formale e non solo come fase finale di decadenza dell'arte classica. L'arte p. viene ancora oggi considerata - seguendo un punto di vista condizionato dall'arte cristiana medievale - come unità dotata di un aspetto particolare che la distingue dall'arte antica; ma dovrebbe essere ormai scontato che questo concetto è da considerarsi obsoleto, dato che una storia dell'arte paleocristiana non è concepibile senza il contesto dell'arte pagana e profana coeva. Solo considerando ciò si riesce a cogliere il mutamento formale e contenutistico dell'arte nella tarda antichità, nell'ambito della quale l'arte paleocristiana assume un ruolo di rilievo come premessa per gli esiti figurativi medievali e soprattutto bizantini. La visione globale dell'arte tardoantica e il concetto di un'arte paleocristiana come parte di quest'ultima sono oggi concordemente accettate dagli studiosi ed è significativo che siano stati archeologi specializzati nell'archeologia classica, come R. Bianchi Bandinelli, a dare impulsi decisivi in tale senso. Il compito futuro dei ricercatori sarà - oltre alla raccolta e all'analisi sistematica del materiale su vasta scala - quello di una prospettiva di studio che comprende l'arte sia di contenuto ebraico che di contenuto cristiano, pagano e profano, vista come unità formale. Solo in tal modo si potrà avere un quadro valido degli aspetti artistici della tarda antichità, quale importante espressione dei vasti mutamenti culturali che costituiscono il passaggio dall'antichità al Medioevo.

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L’ALTO MEDIOEVO [STORIA DELL’ARTE CLASSI III B, C, E (prof.ssa M. Lisa Guarducci)]

DALLA CADUTA DELL’IMPERO ROMANO D’OCCIDENTE (476) ALL’ANNO MILLE (XI SECOLO)

PARTE DESTRUENS

1. ARTE PALEOCRISTIANA (legata all’arte classica: sermo illustris) 2. ARTE BIZANTINA (inizialmente legata all’arte tardo-antica: sermo illustris) 3. ARTE LONGOBARDA (legata al mondo barbarico: sermo vulgaris) 4. ARTE CAROLINGIA (legata al mondo classico: sermo illustris) 5. ARTE PREROMANICA (legata all’arte barbarica: sermo vulgaris) APPENDICE: Nascita del monachesimo occidentale benedettino

1. ARTE PALEOCRISTIANA (sermo illustris) H. BRANDENBURG, voce: ARTE PALEOCRISTIANA, in «Enciclopedia dell' Arte Antica II Supplemento» (1996) II concetto di un'arte cristiana esiste da poco più di 150 anni. Solo dalla prima metà del XIX secolo, infatti, le testimonianze materiali del primo cristianesimo, che fino allora attiravano esclusivamente interessi teologici o antiquari, iniziarono a godere anche di considerazione estetica: una conseguenza, questa, del Romanticismo, della sua riscoperta dell'arte medievale e del contenuto religioso di quest'ultima. Nella prima metà dell'Ottocento, in pieno fervore romantico-religioso, si formano anche le prime collezioni d'arte medievale. La scoperta dell'arte medievale e la considerazione della quale godeva nel periodo post-romantico crearono i presupposti per studiare anche i monumenti paleocristiani, che assunsero importanza come opere d'arte e come precedenti dell'arte devozionale medievale. Illustrando brevemente le origini dell'arte cristiana in rapporto all'arte pagana dell'antichità, si espresse così il concetto che l'arte paleocristiana è parte dell'arte tardoantica, dalla quale si differenzia solo per il contenuto e non per le forme. Gli impulsi decisivi per l'inserimento dei monumenti cristiani fra quelli dell'epoca «tardoantica» provennero da studiosi estranei all'archeologia cristiana, che circoscrissero l'arte paleocristiana come parte dell'arte tardoimperiale e tardoantica. I presupposti per questo nuovo punto di vista furono creati con gli studi degli storici dell'arte viennesi A. Riegl e F. Wickhoff, che per la prima volta compresero l'arte tardoantica - in contrasto con le posizioni dell'archeologia cristiana tradizionale - nella sua particolarità formale e non solo come fase finale di decadenza dell'arte classica. L'arte p. viene ancora oggi considerata - seguendo un punto di vista condizionato dall'arte cristiana medievale - come unità dotata di un aspetto particolare che la distingue dall'arte antica; ma dovrebbe essere ormai scontato che questo concetto è da considerarsi obsoleto, dato che una storia dell'arte paleocristiana non è concepibile senza il contesto dell'arte pagana e profana coeva. Solo considerando ciò si riesce a cogliere il mutamento formale e contenutistico dell'arte nella tarda antichità, nell'ambito della quale l'arte paleocristiana assume un ruolo di rilievo come premessa per gli esiti figurativi medievali e soprattutto bizantini. La visione globale dell'arte tardoantica e il concetto di un'arte paleocristiana come parte di quest'ultima sono oggi concordemente accettate dagli studiosi ed è significativo che siano stati archeologi specializzati nell'archeologia classica, come R. Bianchi Bandinelli, a dare impulsi decisivi in tale senso. Il compito futuro dei ricercatori sarà - oltre alla raccolta e all'analisi sistematica del materiale su vasta scala - quello di una prospettiva di studio che comprende l'arte sia di contenuto ebraico che di contenuto cristiano, pagano e profano, vista come unità formale. Solo in tal modo si potrà avere un quadro valido degli aspetti artistici della tarda antichità, quale importante espressione dei vasti mutamenti culturali che costituiscono il passaggio dall'antichità al Medioevo.

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COSTANTINO e l’Editto di Milano (313): libertà di culto ai cristiani→ nasce l’arte cristiana

←Statua

colossale di

Costantino

(n.b. fulgor

oculorum

oltremondano

dello sguardo,

tipico della

nuova

ritrattistica

imperiale)

←Pianta e

ricostruzione

della basilica

di S. Pietro in

Vaticano

←Pianta della

basilica di

S. Giovanni in

Laterano

S.SABINA a Roma (V sec.) *è una delle chiese paleocristiane meglio conservate * pianta basilicale, con abside *pareti esterne lisce e in semplice muratura *copertura lignea *porta lignea originaria, il più antico esempio di scultura paleocristiana * colonne e capitelli di spoglio *grandi finestre che danno luminosità

Mausoleo di S.Costanza (IV sec.) *Costruito per la figlia di Costantino, venerata come santa *nel Rinascimento considerato un tempio pagano dedicato a Bacco per la presenza di mosaici con scene di vendemmia *pianta centrale col vano circolare coperto da una cupola che poggia su coppie di 12 colonne con capitelli di spoglio *il deambulatorio -navata circolare tra le colonne e la parete esterna, tipico dei luoghi di pellegrinaggio- è coperto da volte mosaicate *la pianta centrale passerà dai mausolei paleocristiani ai battisteri medievali

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Scena di vendemmia, mosaico della volta del deambulatorio di S.Costanza, ca. 350 *vendemmia=uva=vino=simbolo del sangue di Cristo *valore simbolico dell’arte cristiana: l’arte cristiana raffigura in forme visibili ciò che è invisibile; la figurazione non è mai il fine, ma il mezzo attraverso il quale congiungere il fedele con la trascendenza divina *fondo bianco; narrazione naturalistica; sermo vulgaris

Cristo e gli apostoli, Santa Pudenziana a Roma, Catino absidale, ca. 390 * Cristo (con barba secondo l’uso orientale) in trono con ai lati S.Pietro e S.Paolo; Gerusalemme raffigurata con edifici classici; cielo naturalistico (nubi) con i simboli dei 4 evangelisti (angelo//Matteo; leone//Marco; toro//Luca; aquila//Giovanni); sermo illustris

Cristo e gli apostoli, S.Lorenzo a Milano, 2° metà IV sec.

*Cristo imberbe come un Apollo pagano ha il braccio destro sollevato e tiene con la sinistra un libro aperto, assumendo il ruolo di maestro e legislatore; *apostoli vestiti con la toga, con la dignità dei senatori romani; *fondo oro che simboleggia la luce trascendente del Paradiso; sermo illustris

Il Buon Pastore, Musei Vaticani, fine III-inizi IV sec.

*Cristo, imberbe, porta un agnello sulle spalle, simboleggiando

così il Buon Pastore ma anche la vittima che, con il proprio

sacrificio, ha dato agli uomini la salvezza

* L'iconografia del Buon Pastore era diffusa già nell'arte classica,

in scene genericamente pastorali, riferita a temi positivi come la

filantropia (in latino, humanitas): Mercurio ed Ercole, ad esempio,

conducevano pietosamente le anime dei defunti nell'aldilà,

caricandosele sulle spalle come un pastore porta un agnello.

Immagini di pastori criòfori (in greco, "portatori di ariete") erano

pertanto frequenti nell’arte greco-romana, intese come

personificazioni virtuose della bontà verso il genere umano. I

cristiani dei primi secoli trovarono quindi del tutto naturale

utilizzare queste stesse immagini per veicolare, attraverso di esse

un contenuto nuovo: la rivelazione, appunto, di Gesù quale Buon

Pastore, secondo le parole del Vangelo di Giovanni.

*sermo illustris

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2. ARTE BIZANTINA (sermo illustris) La dissoluzione dell’Impero Romano è chiara con il Sacco di Roma del 410 ad opera dei Visigoti di Alarico. Con il De Civitate Dei Sant’Agostino (354-430) trae da questo evento l’occasione per contrapporre alla città terrena un’ideale città celeste. Dalle rovine del mondo romano si sarebbe sviluppata la civiltà dell’occidente medievale. Nel 476 l’Impero d’Occidente cade definitivamente con la deposizione dell’ultimo imperatore, Romolo Augustolo, ad opera di Odoacre re degli Eruli: da questo momento il centro politico del Mediterraneo si sposta a Costantinopoli-Bisanzio.

Fino dal tempo di Costantino (dal 330 sarà ufficialmente capitale dell’Impero d’Oriente) Bisanzio è arricchita da nuove mura, una grande piazza ( il Forum Costantini con al centro ←la colonna), molti edifici pubblici; è ornata di statue, archi e colonne onorarie; è considerata una «novella Roma» nella quale far convivere il potere imperiale con la religione cristiana da poco ufficialmente riconosciuta. Fu soprattutto con Giustiniano (482-565) che Bisanzio divenne il centro nel quale si raccolse l’eredità culturale della civiltà romana (redazione dell’insieme di leggi romane nel Corpus iuris civilis). Costantinopoli, 1493→ Gli imperatori d’Oriente si consideravano romani, ossia legittimi continuatori dell’impero di Augusto, e come tali erano visti anche ad Occidente, almeno fino all’avvento di Carlo Magno. Il cerimoniale della corte cristiana di Bisanzio influenzò quello delle corti barbariche divenute cristiane. A Bisanzio la cultura e l’arte furono considerate come la continuità del mondo romano, così come la

formazione delle classi colte si basava sullo studio dei classici. Grande fu la perizia tecnica degli artefici bizantini: vetri, stoffe, avori intagliati, bronzi, mosaici… L’Oriente si propose una riflessione lunga e travagliata sul problema delle immagini sacre e sul loro significato. Si arrivò a dettare regole e norme precise nella distribuzione e nella realizzazione delle immagini all’interno delle chiese, giungendo alla fine ad una impostazione tendente alla smaterializzazione della figura umana e a raffigurazioni sottratte a ogni stimolo immediato, comprensibili soltanto con attenta meditazione. Nell’architettura si diffuse lo schema a cupola centrale, ritenuto così perfetto da non essere più cambiato. L’Occidente conobbe l’arte bizantina grazie ai traffici commerciali (soprattutto Venezia). L’arte bizantina è arte aulica; si rivolge alla corte, ad una committenza aristocratica e colta.

SANTA SOFIA. Edificio simbolo del potere spirituale e politico, è dedicato alla Divina Sapienza e rappresenta la

protezione divina dell’impero. Fu voluta da Giustiniano, in un’area che aveva subito una distruzione ad opera di un’insurrezione popolare. I lavori furono diretti dall’architetto Isidoro di Mileto e dal matematico Antemio di Tralle, esperto di geometria. E’ la chiesa bizantina più grande, la cui cupola di 33 metri di diametro non ebbe uguali almeno fino al XVI secolo. Al centro c’è uno spazio quadrato intorno al quale si dispongono navate laterali e matronei (spazi destinati alle donne). La

monumentalità è alleggerita dalle numerose finestre, tra le quali spiccano le 40 sulle quali ‘poggia’ la cupola. La decorazione interna presentava in origine solo motivi floreali e geometrici. L’effetto spettacolare si basava sul raffinato splendore dei mosaici, sui trafori dei capitelli, sulla luce irradiata dalle numerose aperture, sui contrasti dei marmi, del porfido e delle altre pietre preziose disposte secondo giochi di simmetria. S. Sofia è il manifesto dei principi basilari dell’arte bizantina: la simmetria, il senso di equilibrio e di ordine, la luce, l’oro, i mosaici, la raffinatezza dei particolari, sono caratteri che domineranno immutati nei secoli nelle manifestazioni dell’arte bizantina.

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F. PANVINI ROSATI, Arte bizantina, in «Enciclopedia dell' Arte Medievale» (1992) *L'impero bizantino nacque quando Costantino trasferì la sede del governo imperiale da Roma a Bisanzio, antica città greca sul Bosforo ribattezzata Costantinopoli e consacrata nuova capitale nel 330, ed ebbe termine nel 1453, quando la città venne conquistata dai Turchi. * Cuore del dominio bizantino era il territorio che può andare genericamente sotto il nome di regione dell'Egeo

(Grecia, Asia Minore occidentale e isole egee). Prima del sec. VII, quando l'impero perse i suoi domini orientali e

meridionali a opera degli Arabi, l'intero mondo mediterraneo era ancora unitario, almeno dal punto di vista culturale.

Il prestigio goduto dall'impero bizantino e dalla sua arte nel mondo medievale è enorme. In Italia in modo particolare,

ma anche Oltralpe, ci furono periodi in cui prototipi 'greci' vennero sistematicamente presi a modello, talvolta con la

mediazione di maestranze provenienti dall'Oriente.

* Rispetto alla storia dell'arte medievale dell'Occidente, in cui si susseguirono attraverso i secoli una serie di grandi

rivolgimenti, le variazioni e l'evoluzione che ebbero luogo nello stesso momento nell'arte bizantina furono di gran

lunga meno sensibili.

Esisteva nell'Oriente greco un forte conservatorismo di base.

Questo per ragioni complesse, a partire dalla coscienza, da parte dei Bizantini, di essere ‘Rhomáioi’, veri, legittimi

eredi e custodi dell'ordine universale creato dai Cesari. Come tali, essi si sentivano in dovere di salvaguardare quanto

ritenevano importante per difendere la cultura dell'Antichità in un mondo radicalmente cambiato, ove resistevano

circondati da popolazioni nuove e straniere.

Altro basilare fattore è il controllo esercitato dalle autorità ecclesiastiche sull'attività degli artisti. I teologi riuniti al

secondo concilio di Nicea (787) dichiararono che "dipingere icone non attiene all'invenzione del pittore, ma esprime

un preciso fondamento e tradizione della Chiesa universale". Il conservatorismo aveva come fondamento filosofico un

modo di concepire la forma sensibile profondamente radicato nella metafisica neoplatonica.

* Arte e società. L'arte godeva a Bisanzio di una posizione sociale dominante, assai più di quanto non avvenisse in

Occidente. Ciò si deve, in parte, al fatto che a partire da Costantino gli imperatori, fedeli alla loro immagine di legittimi

eredi e successori dell'antica Roma, fecero largo e consapevole uso dell'architettura e delle arti figurative per

manifestare davanti al mondo il loro potere e prestigio (Costantino si considerò rappresentante di Cristo sulla terra).

Venne così a crearsi una concezione ideologica dell'impero terreno secondo la quale questo è riflesso di quello celeste

e viceversa. All'imperatore spettava l'altissimo compito della definizione e della tradizione della fede ortodossa

nonché della sua difesa contro le eresie, e l'arte era un importante mezzo per proclamare e rendere tangibili le verità

cristiane su cui si basava l'ordinamento sociale.

In fatto d'arte i più importanti mecenati erano gli imperatori. All’inizio Costantino e, dopo di lui, Giustiniano si

distinsero come fondatori di edifici monumentali esercitando inoltre la loro azione promotrice in modo sistematico e

deciso in tutto l'impero. In ogni caso il lusso e la superba qualità artistica delle opere commissionate riflettono lo

status e l'esigente personalità di tutti questi mecenati altolocati.

* Nel mondo bizantino è sempre presente una forte richiesta di ogni genere di ornamento personale e dei più vari

oggetti decorativi di uso domestico che, realizzati in materiali pregiati, fungevano da prototipi per altri di minor valore.

Il medium figurativo per eccellenza fu senz'altro il mosaico, preminente nella decorazione di chiese e palazzi e già nel

Medioevo ritenuto tipico del mondo greco. Presentando figure del tutto smaterializzate su uno scintillante fondo

dorato, esso costituiva di fatto la totale antitesi ai rilievi e alla statuaria in marmo, associati all'idolatria pagana. In ogni

caso la pittura fu comunque la tecnica più comunemente utilizzata. Assai sviluppata fu anche l'attività di orafi e

argentieri; pregiato fu l'intaglio dell'avorio: il prezioso materiale era talvolta sostituito da osso e, negli ultimi secoli, da

steatite. Dall'Antichità venne ereditata l'arte di ricavare gemme da minerali semipreziosi; si crearono cammei o intagli

recanti per lo più l'immagine di Cristo, della Vergine o di santi. Infine si distingue la produzione di tessuti di seta,

decorati e spesso anche figurati, un'industria strettamente controllata e in parte diretta dall'amministrazione

imperiale.

*Dionigi l'Areopagita, discepolo ateniese di s. Paolo: "Gli esseri e gli ordinamenti che stanno al di sopra di noi sono

incorporei e la loro gerarchia appartiene alla sfera dell'intelletto e trascende il nostro mondo. D'altra parte,

l'ordinamento umano che noi vediamo è pieno della molteplicità dei simboli visibili, attraverso i quali siamo ricondotti,

risalendo la gerarchia secondo le nostre capacità [...], a Dio e alla virtù divina. Essi [...] ragionano come puri intelletti

mentre noi siamo guidati, per quanto possibile, attraverso le immagini visibili alla contemplazione del divino".

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* L'arte bizantina ha goduto di grandissimo prestigio nel mondo occidentale, per tutto il Medioevo. In Italia potenti

mecenati, come l'abate Desiderio di Montecassino, i dogi di Venezia, i re Normanni di Sicilia, si assicurarono l'opera di

artisti e artigiani provenienti dal mondo greco. In qualche caso committenti italiani ordinarono opere d'arte a

Costantinopoli. Inoltre lungo tutto il Medioevo giunsero da Bisanzio in Occidente numerosi oggetti portatili e questo

traffico si ampliò notevolmente al tempo delle crociate, come attestano le collezioni di cimeli bizantini tra cui la più

ricca è quella del Tesoro di S. Marco a Venezia. L'influenza bizantina in Occidente è stata intensissima soprattutto nel

campo della pittura, dalla decorazione monumentale all'illustrazione libraria.

* Storiografia. Secondo Vasari: i Greci "più tosto tignere che dipignere sapevano", usando solo "le prime linee in un

campo di colore", e tutto quello che erano capaci di produrre erano figure "con occhi spiritati e mani aperte, in punta

di piedi". Questo stereotipo, creato dal padre della storia dell'arte, ha condizionato per secoli il giudizio sull'arte

bizantina e ancora oggi fa sentire il suo peso. Il termine usato da Vasari, e da Ghiberti prima di lui, per indicare l'arte

da cui si liberarono gli italiani del tardo Duecento è "maniera greca", in senso spregiativo.

RAVENNA 1. Dal 402 è l’ultima capitale dell’Impero romano d’Occidente dopo Milano 2. Nel 493 il regno è degli Eruli di Odoacre (che aveva deposto nel 476 Romolo Augustolo) passa nelle mani degli Ostrogoti di Teodorico 3. Nel 540 è conquistata da Giustiniano e diviene capitale dell’Esarcato, fino alla conquista longobarda dell’VIII sec.

1. Periodo imperiale (403-476) Mausoleo di Galla Placidia

2. Periodo ostrogotico (476-540) S. Apollinare Nuovo

Esterno in laterizio; cupola nascosta dal tiburio S. Lorenzo proietta un’ombra; l’armadio e la graticola

sono rappresentati in prospettiva: retaggio classico

+-

Pianta basilicale a 3 navate, la centrale

il doppio delle laterali; forse cappella

palatina del Palazzo di Teodorico

Processione di Santi e Sante, periodo bizantino: ripetitività dei gesti;

preziosità degli abiti; mancanza di volume (con il conseguente

appiattimento o bidimensionalità delle figure); frontalità e fissità degli

sguardi; monocromia degli sfondi (oro); impiego di elementi vegetali a

scopo puramente riempitivo e ornamentale; mancanza di un piano

d'appoggio per le figure che appaiono sospese come fluttuanti nello spazio

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Mausoleo di Teodorico

3. Periodo bizantino-giustinianeo (540-565) S. Vitale

←Cupola

monolitica

10 anse→ per sollevare la cupola e motivo decorativo; motivo a tenaglia, come nelle coeve oreficerie dei Goti

Giustiniano fulgor oculorum Costantino

←pulvino

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3. ARTE LONGOBARDA (sermo vulgaris) Con arte barbarica si definisce storicamente l'arte dei popoli germanici non romanizzati sviluppatasi dal sec. IV al IX (epoca della cosiddetta rinascita carolingia). Non potendosi legare a costruzioni stabili in muratura e allo sviluppo della pittura o della scultura monumentale per il nomadismo caratteristico di quei popoli, ricorse all’uso del legno e alla produzione di piccole sculture e oreficeria, genericamente definite arti minori perché legate all’artigianato artistico da distinguere dalle cosiddette arti maggiori, ovvero architettura, scultura e pittura. I Longobardi, inizialmente casta militare rigidamente separata dalla massa della popolazione di discendenza romana, si integrarono progressivamente con il tessuto sociale italiano grazie all'emanazione di leggi scritte in latino, alla conversione al cattolicesimo e allo sviluppo anche artistico di rapporti sempre più stretti con le altre componenti socio-politiche della Penisola (bizantine e romane), realizzando una contrastata ma efficace fusione tra l'elemento germanico-longobardo e quello tardo-romano che sarà alla base della nascita e dello sviluppo della società italiana dei secoli successivi→ sermo vulgaris.

←Visitazione (Maria ed Elisabetta)

Adorazione dei Magi→

←Majestas domini Cristo è rappresentato in una cornice a forma di mandorla, simboleggiante il Paradiso

ALTARE DEL DUCA RACHTIS metà VIII sec. [Cividale del Friuli] L’altare di Ratchis è l’opera longobarda più importante conservata all’interno del Museo Cristiano e Tesoro del Duomo di Cividale del Friuli. Realizzato durante il ducato di Ratchis tra il 737 e il 744, scolpito in pietra d’Istria da una bottega di artigiani locali e successivamente dipinto e impreziosito da castoni ornati con impasti vitrei colorati, originariamente l'altare era rivestito da una sgargiante veste policroma, sontuosamente arricchita da pietre preziose e paste vitree. Caratteri stilistici: figure fortemente bidimensionali che si staccano nettamente dal piano di fondo; marcata stilizzazione delle figure e calligrafismo d'insieme che rendono l'opera simile ad cofanetto eburneo; stile fortemente astrattizzante, distante dalla resa naturalistica tardo antica; presenza di deformazioni e forzature anatomiche (le grandi mani degli angeli; l'assottigliarsi del mento che crea volti a "pera rovesciata"); dimensioni gerarchiche. Rispetto a quello classico questo è un falso rilievo, nato dall’arretramento del piano di fondo e non dall’aggetto delle figure.

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4. ARTE CAROLINGIA (sermo illustris) MARCEL AUBERT, Arte carolingia, in «Enciclopedia Italiana» (1931) È l'arte dell'Europa occidentale dal sec. VIII alla metà del X. L'avvento al trono della dinastia carolingia, il

ricostituito impero d'Occidente, il rinascimento artistico promosso da Carlomagno e dai suoi successori

spiegano e giustificano quella denominazione. Carlomagno, ristabilito l'ordine e l'armonia, volle far

rinascere nel suo impero immenso la civiltà romana tanto nei costumi quanto nella letteratura e nell'arte.

Le tradizioni artistiche trasmesse dall'antichità s'erano affievolite a poco a poco; la tecnica dell'intaglio in

pietra era quasi perduta; erano in decadenza le stesse arti del legno e del metallo già coltivate dai barbari, e

la decorazione stilizzata e geometrica a loro propria si era un poco arricchita degli ornati rigidi e piatti che

l'Oriente bizantino propagava dal Mediterraneo. Carlomagno comprese l'importanza sociale delle lettere e

delle arti; istituì un servizio d'ispezione e di sorveglianza delle scuole e dei monumenti e nel 776 erigeva nel

←palazzo di Aquisgrana una cappella che arricchì di quanto l'impero

forniva di più prezioso.

Ma questo rinascimento artistico rimase superficiale, non penetrò mai le

masse, che restarono barbare, e si limitò alla capitale dell'impero, alla

Renania e alla Germania meridionale, ove maggiormente si sentì

l'influenza dell'imperatore e della corte, alle grandi abbazie benedettine

dell'Italia settentrionale e della Francia occidentale dove, attraverso i

periodi turbolenti dei secoli IX e X, si conservarono le tradizioni e i

metodi tecnici da cui sorgerà l'arte romanica.

Dall'altro canto questo rinascimento non si ricollegò direttamente, come

Carlomagno aveva sognato, con l'antichità romana: questa fu intravista

attraverso Bisanzio e l'Oriente cristiano. La cappella di Aquisgrana, ad

esempio, decorata in parte con colonne e mosaici tolti da monumenti

antichi, venne costruita sul tipo di S. Vitale di Ravenna e dei Ss. Sergio e Bacco di Costantinopoli. Pure il

ricordo dell'antichità non era scomparso interamente, e la letteratura antica si coltivava ancora in alcune

grandi abbazie, mentre l'arte romana sopravviveva in alcuni monumenti degli ultimi secoli. La decorazione

monumentale è povera; i capitelli hanno foglie ritagliate a piatto, senza rilievo e senza proporzioni, lontano

ricordo dei capitelli corinzî. La statuaria sia in pietra sia in legno fu trascurata … Accanto alle pitture e ai

mosaici si trovano spesso sulle pareti delle chiese gli stucchi. A Roma i papi ingrandiscono e riedificano le

antiche basiliche, sotto le quali vengono scavate cripte che debbono custodire le reliquie tratte dalle

catacombe. Nella pittura e nella miniatura primeggia il retaggio romano primitivo, sul quale s'innestano le

influenze di Bisanzio e della Siria, le cui stoffe, seterie, argenterie, smalti e avorî avevano invaso

l'Occidente. L'Italia, ove la crisi iconoclasta aveva fatto immigrare gli artisti dell'impero d'Oriente, ci

presenta una forte influenza della pittura bizantina, con

figure piatte e adattate alla composizione decorativa. Le

miniature ebbero un grande impulso. Anche i mosaici furono

molto numerosi, ma ben pochi son giunti fino a noi. Nei lavori

d'oreficeria e negli avorî l'esecuzione, per rilievo saldo e ben

accentuato, per ricerca di prospettiva, animazione di figure,

verità e bellezza d'atteggiamento, si riannoda direttamente

alle più belle tradizioni dell'arte classica e per certe qualità

prepara lontanamente l'arte romanica.

Altare di Vuolvinio, S. Ambrogio a Milano,

859 (Vuolvinio incoronato dal Santo)

S. Matteo, Evangelario

di Ada, Scuola Palatina

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5. ARTE PREROMANICA (sermo vulgaris) SAN PIETRO IN SYLVIS, BAGNACAVALLO (VII secolo) (Ravenna)

La basilica di San Pietro in Sylvis ( VII secolo), è una delle pievi romaniche meglio

conservate del territorio ravennate e un classico esempio di architettura

preromanica. All’esterno si presenta come una semplice costruzione in mattoni, con

facciata tripartita a salienti e archetti pensili. L’interno è a pianta rettangolare,

suddivisa in tre navate da semplici

pilastri che sorreggono le arcate a

tutto sesto. L'abside, che conserva

affreschi trecenteschi, e semicircolare

all'interno e poligonale all'esterno.

Nel presbiterio è collocato un altare a

cippo in marmo greco della fine del VI

secolo. La cripta risale all’ XI secolo.

SAN PIETRO IN TUSCANIA (VIII sec.)

La chiesa di San Pietro in Tuscania sorge sull'omonimo colle già probabile sede dell'acropoli etrusca. La facciata a salienti, avanzata nel corpo centrale, presenta una ricca decorazione. Sopra il portale maggiore marmoreo si trova una loggetta cieca formata da dieci colonnine con capitelli ionici e undici arcatelle in marmo. Sopra la loggetta vi è il rosone trecentesco con agli angoli quattro sculture che richiamano gli Evangelisti (Aquila=Giovanni, Angelo=Matteo, Leone=Marco, Toro=Luca). Alla base della bifora di sinistra vi è un bassorilievo, possibile riutilizzo di una scultura etrusca o più probabilmente romana, che mostra un uomo che corre, o forse danza. L'interno, illuminato da finestre a feritoia e con il transetto rialzato, è diviso in tre navate: quella centraleè separata dalle altre attraverso un basso muro in cui sono ricavati dei sedili in pietra. Le colonne sono tozze, intervallate a pilastri incorporanti semicolonne non allineati e convergenti verso la conca absidale; gli intercolumni sono irregolari. Nella navata di sinistra l'ingresso secondario alla cripta è sovrastato da sarcofagi etruschi. Il presbiterio rialzato ospita ciborio (baldacchino sopra l’altare), seggio vescovile (San Pietro fu Cattedrale di Tuscania sino al XV secolo), ambone (leggio). Il tetto è a capriate lignee.

SAN GIORGIO AL VELABRO, ROMA (VII - VIII sec.)

La fondazione della chiesa viene fatta risalire al VII secolo, con papa Leone II. La pianta, assai irregolare, è la testimonianza di una fabbrica cresciuta per aggiunte e trasformazioni succedutesi in varie fasi storiche. Il papa Zaccaria (741-752), di origine vi trasferisce dalla Cappadocia la testa del martire Giorgio. Nella notte tra il 27 e il 28 luglio 1993 la chiesa ha subito un attentato, dovuto ad un'auto bomba parcheggiata nei pressi della facciata, che ha causato il crollo quasi totale del portico duecentesco antistante la chiesa [in maggio c’era stata la bomba agli Uffizi]. La chiesa sorge nell'area che la tradizione assegna al ritrovamento di Romolo e Remo da parte della "lupa"; qui ha inizio simbolicamente la storia di Roma: averla violato con un atto di violenza ha significato quindi ferire l'intera città, la sua storia, la sua cultura. Interno: spazio asimmetrico (la facciata è più larga della parete di fondo) diviso in tre navate, segnate da due file di 8 colonne - tutte diverse e tutte di spoglio – di marmo scanalato e granito.

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APPENDICE: NASCITA DEL MONACHESIMO BENEDETTINO

* Grazie a San Benedetto (480-547) il monachesimo, nato in Oriente, si diffonde in tutto l’Occidente. La sua Regola (ORA ET LABORA) influirà in modo determinante sulla storia d’Europa. Benedetto conosce molto bene le esperienze di vita monastica già realizzatesi e, dopo diversi tentativi, dà vita ad un monachesimo cenobitico, che introduce la novità della stabilità del monaco nella comunità. L’originalità dell’intuizione di Benedetto sta proprio in questo legame del religioso con il suo monastero, nella continuità di rapporti e di presenza, nell’appartenenza totale ad una comunità. *Il monachesimo benedettino, che ha il suo centro a Montecassino, si diffonde presto in tutta l’Italia, grazie anche all’opera di papa Gregorio Magno (540-604), il quale dà alla Regola un posto preminente rispetto agli

altri testi che disciplinano la vita monastica. E così in breve tempo la regola di Benedetto, ammirata per la saggezza, l'equilibrio e la discrezione, viene adottata da molte istituzioni monastiche (come ad esempio nel monastero di Bobbio (Piacenza), fondato dal monaco irlandese san Colombano nel 612, che all’inizio dell’VIII secolo abbandona la regola del fondatore ed aderisce a quella benedettina; i monasteri colombaniani diventeranno fuori d'Italia centri di diffusione della Regola di Benedetto). *Tra il IX e il XII secolo il monachesimo benedettino diventa

l’elemento fondante la cultura e la civiltà europea. Con la formazione del SACRO ROMANO IMPERO vengono unificate le regole monastiche e nell'816 Ludovico il Pio (figlio di Carlo Magno), fa adottare da un’assemblea di abati LA REGOLA DI S. BENEDETTO COME LA SOLA VALIDA PER TUTTO L’IMPERO CAROLINGIO. *Da allora tutte le abbazie dell’impero, maschili e femminili, diventano benedettine. In esse convergono le strade percorse da pellegrini: si cancellano gli antichi percorsi per sostituirli con nuovi e più sicuri tracciati, che portano da un monastero all’altro. In un continente frammentato in diverse etnie, lingue, legislazioni, livelli di cultura reciprocamente ostili, l’unificante regola benedettina, il latino parlato da tutti i monaci, la stabilità secolare di tutti i monasteri, forniscono l’unico e il più visibile segno di unità. *Monasteri e abbazie costituiscono anche un grande fenomeno economico e sociale: a loro fanno capo i lavori di dissodamento e di bonifica, che recuperano all’agricoltura vaste aree di terreno inselvatichito da secoli di abbandono. *I monaci sviluppano il culto e la cultura, la liturgia e l’arte: ogni monastero ha il suo scriptorium, dove si trascrivono i testi cristiani e pagani, salvandoli dalla distruzione, e si decorano i preziosi codici con splendide miniature. * La regola benedettina diede vita a numerose riforme monastiche (congregazioni): Cluniacensi e Camaldolesi (sec.X); Avellaniti e Vallombrosani (sec.XI); Cistercensi (sec.XII); Silvestrini e Celestini (sec.XIII); Olivetani (sec.XIV) ed altre. Da essa prendono ispirazione anche le norme di parecchi ordini militari e ospedalieri del Medioevo.