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NOVEMBRE 2007 L’INTERVISTA abbiamo incontrato il ministro De Castro FORMAZIONE UNIVERSITARIA in ambito agrario VIRGILIO DI MANTOVA il grande poeta e il vino L’INTERVISTA abbiamo incontrato il ministro De Castro FORMAZIONE UNIVERSITARIA in ambito agrario VIRGILIO DI MANTOVA il grande poeta e il vino Anno V n.3 - Supplemento di Liberamente del 25/11/2007 Anno XII, n.27 - Autorizzazione del Tribunale di Taranto n.504 del 10/12/1996 - Spedizione in abb. post. -45% - Comma 20/b,Art.2, Legge 662/96 - Filiale di Taranto.

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L’INTERVISTAabbiamo incontrato

il ministro De Castro

FORMAZIONE UNIVERSITARIAin ambito agrario

VIRGILIO DI MANTOVAil grande poeta e il vino

L’INTERVISTAabbiamo incontrato

il ministro De Castro

FORMAZIONE UNIVERSITARIAin ambito agrario

VIRGILIO DI MANTOVAil grande poeta e il vino

Anno V

n.3 - Supplemento diLiberam

ente del 25/11/2007 Anno X

II,n.27 -Autorizzazione del Tribunale di Taranto n.504

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«La tigna sobbra la càpu malata», pro-verbio salentino, o «Piove sul bagnato:lagrime su sangue, sangue su lagri-

me», espressione di pascoliana memoria, bensi adattano alla realtà che oggi sta vivendo ilpiccolo viticultore salentino. Le cantine sociali,suo punto di riferimento, sono, per la maggiorparte, in difficoltà, soprattutto quelle che nonhanno saputo adattarsi alle nuove necessità.

Il grande ritardo nel liquidare le uve ai proprisoci e i prezzi vili (anche quelli del libero mer-cato) che non permettono una viticolturasostenibile, stanno creando forte preoccupa-zione nel mondo contadino.

Achi, colto da scoramento, vorrebbeabbandonare e vendere i propri terre-ni, nonostante le quotazioni siano in

caduta libera, si contrappone chi ha voglia direagire, e, pronto a sopportare nuovi sacrifici,si avvicina maggiormente alla propria coopera-tiva spronandola ad attrezzarsi per stare alpasso con i tempi.

In questo momento così difficile non solo perla viticoltura, ma per tutta l’agricoltura salenti-na, piovono ancora altre tegole sulla sua testagià dolente.

I legislatori hanno emanato nuove leggi piùrestrittive che regolamentano il mondo agrico-lo e potenziano gli organi di controllo. Ma que-ste leggi, giuste e consone ad un civiltà moder-na ed evoluta, sono percorribili solo da azien-de medio-grandi e non dai piccoli contadini acui potrebbero dare il colpo di grazia. I “villa-ni”, abituati al sudore e alla fatica, riesconocon sacrificio a condurre da soli i loro poderi esoltanto durante la vendemmia sono solitiorganizzarsi con amici e parenti per uno scam-bievole aiuto. Sartine, studenti, casalinghe,pensionati, disoccupati sono (o meglio erano)pronti a dare una mano per raccogliere il lavo-ro di un anno nei tempi celeri richiesti. Soprat-tutto l’uva del Primitivo, appena raggiunta lamaturazione ottimale, va subito vendemmiataperché condizioni climatiche avverse come labrina, l’umidità dei venti marini, le piogge set-tembrine, fanno subito deteriorare questa uvatanto preziosa quanto delicata. Per essi, pocoavvezzi alla burocrazia, organizzare la raccolta

rispettando le regolediventa difficile e troppooneroso. Non è più per-corribile l’aiuto recipro-co, perchè gli eventualicollaboratori difficilmen-te posseggono i requisitirichiesti; anche per iparenti stretti (moglie,figli, ecc.) pare ci voglia l’iscrizione a qualcheente previdenziale per gli infortuni.

Anche attuare le nuove normative per lasicurezza, spesso complicate e nonchiare, diventa poco agevole per il

nostro piccolo agricoltore, ad esempio, la diffi-coltà di irrorare manualmente, come necessi-ta nella vigna condotta ad alberello, sotto lacalura dei mesi estivi, bardati di tuta, casco omaschera.

Ed eludere la normativa è altamente rischio-so; ora sono frequenti i controlli di zelanti fun-zionari, che, talvolta, si servono perfino dell’e-licottero per stanare chi non rispetta le regole.

Mi domando se tale oneroso spiegamento diforze sia opportuno e necessario. Le multe peri trasgressori possono superare addirittura ilvalore del raccolto.

Le sorti del Primitivo di Manduria e delNegroamaro, fonti vitali della nostra economiarurale, sono legate fortemente a questi piccoliagricoltori, perché con i loro vigneti, che diffi-cilmente superano i due ettari, ne costituisco-no la maggioranza. Molti, oltre che per passio-ne, coltivano le loro terre per arrotondare imagri guadagni di altre attività.

Uomini di potere,politici di tutte le categorie, autorità,funzionari e burocrati, forze dell’ordine, sindacati, ecc., aiutate a non far scomparire questo piccolo

mondo, orgoglioso della sua terra e del propriolavoro, ed evitate che per sopravvivere si tra-sformi in una umanità rumorosa e questuante.

Fulvio Filo Schiavoni

Presidente del Consorzio Produttori Vini

La tignasobbra la càpu malata

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SOMMARIO

Welcome (di Fulvio Filo Schiavoni)........................................................pag.03Note a Margine (di Livio Romano) .......................................................pag.05L’Enometro (di Leonardo Pinto) .............................................................pag.06Intervista al ministro De Castro (di Anna Gennari)...............................pag.07La Formazione Universitaria in ambito agrario (Com.Orient.Univ.Bari)......pag.09Estasi medievale (di Angelo Sconosciuto)................................................pag.12Virgilio di Mantova (di Alberto Altamura).................................................pag.14Bevevi bene, Alceo... (di Severino Garofano)............................................pag.17La madonna dell’uva (a cura della redazione).........................................pag.21Uomini DiVini: Franco Maria Ricci (di Anna Gennari)................................pag.22Storia della gastronomia - sesta parte (di Giuseppe Mazzarino)...............pag.26Bicchierdivino Enoteca Castello Carlo V (a cura della redazione)..............pag.33Attore sarà lei (di Elio Paoloni)................................................................pag.30Ethos & Tèchne (a cura di Rino Contessa)...............................................pag.32Lucullus (di Benedetto Mazza)..........................................................pag.34Salento World Music (a cura della redazione).........................................pag.35Culture (di Omar Di Monopoli)..............................................................pag.36News&News (a cura della redazione) ...................................................pag.37

Occhio sul Passato (a cura della redazione) ........................................pag.38

«Vino o vinelloche è antidoto alla lussuria e confortoalla temperanza.»

Francesco Petrarca

Anno V - n.3 Novembre 2007Supplemento di LiberamenteAutorizzazione del Tribunale di Taranto n.504 del10/12/1996

DIRETTORE RESPONSABILENando Perrone

DIREZIONE EDITORIALEConsorzio Produttori Vini

RESPONSABILI DI REDAZIONEAnna Gennari, Omar Di Monopoli

HANNO SCRITTO QUESTO NUMERO:Alberto Altamura, Rino Contessa,Omar Di Monopoli, Severino Garo-fano, Anna Gennari, BenedettoMazza, Elio Paoloni, LeonardoPinto, Livio Romano, Fulvio FiloSchiavoni, Angelo Sconosciuto

ART DIRECTIONDVision designwww.d-visiondesign.itfoto di copertinacollage by DVision

REDAZIONEC/o Consorzio Produttori ViniVia F. Massimo, 1974024 Manduria (TA)Tel/fax 099 9735332 - [email protected]

STAMPATiemme Industria GraficaManduria (TA)Tel. 099 9794268

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Non riesco a comprendere tutta que-st’indignazione per la sentenza tede-sca che ha concesso l’attenuante

“etnica” al sardo che aveva maltrattato l’exfidanzata lituana. Quando la Corte Costituzio-nale italiana intervenì per proclamare l’igno-ranza “scusabile” della legge, quella che deri-va da condizioni socioculturali talmente degra-date che il reo «non poteva in alcun modoconoscere la norma di divieto», l’eccezione erastata sollevata proprio partendo dal delitto diuno zotico isolano che era sempre vissuto fra lepecore. Ovviamente i sardi saranno, così comeil resto degli italiani, genti emancipate non-ostante decenni di trash tv e di diktat ecclesia-stici. Ma sorprendersi che l’Europa guardi acerte lande italiane come contrade di prevari-cazioni precivili e mafiosità diffusa è comenascondere la testa sotto la sabbia. Prendia-mone atto, e auguriamoci che i governi ritorni-no a occuparsi di lotta alla criminalità organiz-zata e all’ignoranza di ritorno che s’è impos-sessata delle menti italiche (ormai anche nellescritte di scena dei talk show scrivono po’ conl’accento sulla o: l’imbarbarimento linguisticova di pari passo con quello sociale).

Tempi di tribuni che arringano le folle. Diinutili dibattiti sull’antipolitica. Sul“popolo della Rete” che si organizza.

Sulla “pericolosità” di questi fenomeni chesfuggirebbero alla ordinaria dinamica politicacodificata dalla Costituzione (id est: sfuggono,queste piazze, al controllo dei partiti). Tempi incui è stupefacente assistere allo sbigottimentodei burocrati della politica di fronte a questifenomeni. Come se non fosse chiarissimo daanni che quelle strutture non organizzano piùun bel nulla. Non coagulano consenso, restanochiuse in un’autoreferenzialità prossima all’e-splosione come nella celebre metafora dellamacchina Carnot. Di fenomeni come Grillo ilfuturo sarà costellato, ma quello che lasciasconcertati è che le decine di pagine e le ore ditrasmissione che i grandi giornali e le televi-sioni vi dedicano, come usa sempre in Italia,cincischiano su argomenti di metapoliticasenza mai entrare nel merito delle questioni. Inun brutto e razzista film di qualche stagione fa,“Complicità e sospetti”, una rifugiata bosniacanaturalizzata londinese dice: «I maschi del mioPaese hanno come hobby principale il parlar dipolitica, e da questi discorsi le donne sonoescluse». In Italia per fortuna al dibattito par-tecipano anche le signore e le signorine, ma il

discorso non cam-bia. Ci piace unmondo far salottochiedendoci se Gril-lo farà un partito ein quale fazioneconfluirà, pontifica-re sull’intrinsecaarbitrarietà che silasci la rappresen-tanza di bisogni e aspettative a un guitto. Ma anessuno mai che venga in mente di chiedersi:«Cosa dice questo saltimbanco? Cosa chiede lagente che lo acclama?». Vediamo un grido didolore levarsi da queste piazze. Un doloreespresso in maniera quanto si vuole volgare egrossolana, ma evidente, lacerante. Un doloreche non è di destra né di sinistra. Sbaglia Gril-lo, se proprio ha deciso di, come orrendamen-te si dice, scendere in campo, a concentrare lafoga contro la corruzione e l’arroganza dellacosiddetta Casta. Il dolore che gli è capitato dirappresentare ha ben più considerevole natu-ra. È la frustrazione di milioni di cittadini OCCI-DENTALI, lo smarrimento di fronte a un capita-lismo che ha perso le staffe, di fronte a un’esi-stenza in cui la favola degli stati liberali chevoleva i sudditi “cittadini”, titolari di dirittisostanziali, si è trasformata in un incubo in cuile moltitudini son ridotte a “consumatori”,privi di capacità decisionale, completamentesottomessi a politiche che non comprendono,non condividono, non possono provare a modi-ficare. Ci sono milioni di occidentali che si stor-discono con il nuovo oppio dei popoli che è laMerce. Ce ne sono altrettanti che provano a dif-fondere notizie che l’establishment economicotiene ben segrete. Che vanno a fare la spesa escoprono che il grano è aumentato del 100% epoi qualcuno gli dice che è per via del petrolio.E qualcosa non torna, a queste gente. Chépareva loro si fossero mandati in guerramigliaia di ragazzi per averne in quantità, digreggio. Ecco alcune delle questioni che Grilloin passato ha affrontato (resta memorabile ilgetto della brocca d’acqua di design che, inve-ce di centrare il bicchiere, sbrodola tutt’intor-no, simbolo di merci inutili anche allo scopoper cui son state fabbricate) e che farebberobene a riprendere invece di avvitarsi in disgu-stosi improperi nei confronti della classe politi-ca mettendo nello stesso guazzabuglio dema-gogico galantuomini autenticamente liberali eimpresentabili maggiorenti di Cosa Nostra.

di Livio ROMANO

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Bisogna aver fortunaanche nel nascere.La vita sarà più o

meno facile se avrai i natalial sud o al nord, in oriente o in occidente.

Questo è un assunto abbastanzaovvio ed è, forse, per combatterequeste ingiustizie che il legislato-

re comunitario stabilì di dividere l’Europaenoica in fasce di produzione a secondadelle latitudini e dei climi.

Per farlo, fu costretta a dare piùdefinizioni del prodotto preferitodal nostro Alceo Salentino, per-

mettendo di chiamare vino anche“bevande” di sette gradi alcolici. Maneanche a quelle latitudini e con queiclimi ci si imbarbarisce fino al punto dabere “liquidi” di tal fatta.

Ed allora? Non si poteva lasciare in simi-le situazione quelle genti e fu deciso dipermettere a loro e solo a loro di usare lozucchero per compiere il miracolo e rinno-vellare le divine gesta di Cana.

Il vino si cominciò a fare in cantina epoco importava quel che accadeva neicampi. Noi enologi diventammo dei bra-vissimi chimici, non dovendo più coltivarela capacità d’interpretazione delle uve perriuscire ad estrarne ogni caratteristica edesaltare le loro qualità intrinseche secon-do una propria, soggettiva creatività.

Tutto questo che dura da sempre dovreb-be essere giunto al termine.

Sarà per il cambiamento del clima?Già, più di un anno fa, accennammo, da

questa stessa rivista, ad una bozza di pro-posta di riforma della Commissione Euro-pea che prevedeva, tra l’altro, l’abolizionedella pratica dell’arricchimento con zuc-chero. Dopo tante discussioni, questa pro-posta è rimasta nella versione definitivache sarà oggetto di discussione in Consi-glio e di decisione in Parlamento. Rimar-rebbero, purtroppo, le diverse fasce di pro-

duzione, ma l’arricchimento sarà consenti-to solo con prodotti provenienti dall’uva(MC o MCR), aprendo nuovi mercati per chigià produce mosti concentrati e/o concen-trati-rettificati.

Che succederà ora? Già si ribellanoe pongono veti i paesi produttorifinora privilegiati da questa nor-

mativa; mentre gli altri si fregano le maniconvinti che, finalmente, potrà emergere lareale vocazione produttiva dei territori. Lamaggioranza dovrebbe essere dalla partedei primi che già si organizzano in schiera-mento compatto.

Qui in Italia siamo chiaramente tra isecondi e tutta la filiera vitivinicola si èchiaramente espressa affinché i nostri rap-presentanti siano irremovibili nell’appog-giare la proposta della Commissione.

Oggettivamente sarà una arduabattaglia e qualcuno sembraaverla già persa se ipotizza un

limite di due soli gradi per il futuro arric-chimento, indifferentemente se fatto consaccarosio o con mcr.

Potrebbe essere una soluzione che por-terebbe ad alzare automaticamente ilgrado minimo delle uve, ma perché nonrivendicare fino in fondo regole uguali pertutti? Iniziando dal vigneto e finendo sullatavola del consumatore che, comunque,dovrebbe essere sempre informato in eti-chetta dell’avvenuto arricchimento.

Abbiamo molta fiducia nel Ministro DeCastro che conosciamo competente ecapace di alleanze trasversali tali da ren-dere possibile l’impossibile ed attendiamoansiosi, ma con grandi speranze.

Speriamo che una drastica riforma, di cui sisente assoluta necessità e che dovrebbe ten-dere alla esaltazione della qualità europeadei vini per fronteggiare un mercato globalesempre più aggressivo, non si risolva in unadelusione che penalizza ancora una volta chiha avuto la sorte di nascere dalle nostre parti.

Cambia il clima.Cambieranno anche le norme?

di Leonardo PINTO

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Ministro, a diciotto mesi dalla sua nomina aMinistro delle politiche agricole cerchiamodi tracciare una sorta di bilancio della sua

attività, ricordando quali sono gli obiettivi primari chesi pone il Governo italiano per il settore agro-indu-striale in un contesto che non è più nazionale, macomunitario e mondiale.

CCoommee ll’’aallllaarrggaammeennttoo ddeellll’’EEuurrooppaa ppuuòò eesssseerree uunn’’oopp--ppoorrttuunniittàà ppeerr iill mmaarrcchhiioo ««mmaaddee iinn IIttaallyy»» ssuuii mmeerrccaattiimmoonnddiiaallii rraaffffoorrzzaannddoo ggllii ssccaammbbii,, sseennzzaa iill rriisscchhiioo ddiissuubbiirree uunn eecccceessssoo ddii iimmppoorrtt??

«Nel nuovo contesto dell’Europa allargata l’agricol-tura dei singoli Stati membri deve affrontare e condi-videre norme e regole evitando rischi di cristallizza-zione delle differenze e dei divari tra Ovest ed Est e dipossibili distorsioni di mercato. In questo quadrolegato ad una continua evoluzione della stessa politi-ca comunitaria e dei modelli di produzione e di con-sumo di prodotti agricoli, saranno più competitivequelle agricolture che punteranno sulla vocazionemillenaria, sul patrimonio e sulla tradizione gastrono-mica, ma soprattutto sulla qualità che deriva dal pre-sidio dell’ambiente e del territorio. Per le caratteristi-che che le sono proprie, l’agricoltura italiana e ilnostro “Made in Italy” agroalimentare, avrà sicura-mente potenzialità e opportunità da sfruttare. Natu-ralmente questo vantaggio è speculare ad un rischio:se tali opportunità non verranno colte il risultato ine-vitabile sarà una drammatica perdita di competitivitàsu tutti e tre i mercati: quello nazionale, quello unicoeuropeo e quello mondiale. La sfida è aperta e nonc’è proprio tempo da perdere».

QQuuaallii ppoossssoonnoo eesssseerree ggllii ““ssttrruummeennttii”” ppeerr rreennddeerreeffoorrttee ee ccoommppeettiittiivvoo iill sseettttoorree aaggrroo--iinndduussttrriiaallee ddeellPPaaeessee,, iinn mmooddoo ppaarrttiiccoollaarree qquueelllloo mmeerriiddiioonnaallee ??

«Il Governo con la Manovra Finanziaria 2007/09 è

già intervenuto con un piano organico di interventi.Norme fortemente orientate all’impresa, alla competi-tività e alla sostenibilità dello sviluppo e misureorientate alla crescita dimensionale delle imprese(fusioni, aggregazioni). L’intervento più importante,tuttavia, è l’introduzione del credito imposta per l’in-ternazionalizzazione delle imprese. Uno strumentoinnovativo, semplice ed efficace che darà forza alleimprese che credono e investono davvero sull’inter-nazionalizzazione. Tale strumento promuoverà diret-tamente le imprese virtuose, e in misura maggiore leloro aggregazioni. In particolare saranno favoritequelle aree territoriali in cui i disavanzi e i ritardistrutturali hanno rallentato la crescita dei nostri pro-dotti agroalimentari, convinti che il primato della qua-lità dei nostri prodotti debba essere affiancato da unrecupero di efficacia nell’organizzazione dell’offerta enella gestione commerciale per riuscire a portare inostri prodotti sugli scaffali della distribuzione e neiristoranti di tutto il mondo».

LLaa CCoommmmiissssiioonnee EEuurrooppeeaa ee bbeenn qquuaattttrroo rriiffoorrmmee iinnppoocchhii aannnnii ddeellll’’OOrrggaanniizzzzaazziioonnee CCoommuunnii ddii MMeerrccaattooQQuuaall’’èè iill rruuoolloo ddeellll’’IIttaalliiaa iinn EEuurrooppaa??

«L’Italia crede nell’Europa e soprattutto nei valoridelle politiche agricole comunitarie. Consenso, credi-bilità e soprattutto un metodo condiviso da un’Europaa 27 sono ingredienti indispensabili per affrontare inmaniera organica e comune le possibili sfide future.Un concreto esempio di questo approccio è il nego-ziato appena concluso per l’ultima OCM ortofruttadove stiamo lavorando in sintonia con gli altri Statimembri per un giusto ruolo e riconoscimento deinostri prodotti».

SSuull ffrroonnttee OOCCMM vviinnoo,, aattttuuaallmmeennttee ttrrooppppee rriissoorrssee

Il Ministro Paolo De Castro, più volteospite gradito di Alceo Salentino e dellemanifestazioni promosse dal ConsorzioProduttori Vini, conoscendo le potenzia-lità e le problematiche della sua terra d’o-rigine, risponde dalle pagine del periodi-co ai quesiti che in questi tempi stannoattanagliando il mondo agricolo, in par-ticolare quello vitivinicolo.

intervista al ministro De Castrodi Anna GENNARI

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ssaarreebbbbeerroo ddeessttiinnaattee aallll’’eessttiirrppaazziioonnee iinnddiissttiinnttaa ee ttrroopp--ppoo ppoocchhee aallllaa rriissttrruuttttuurraazziioonnee.. CCoossaa ppuuòò aatttteennddeerree iillsseettttoorree vviittiivviinniiccoolloo,, ddooppoo llaa pprrooppoossttaa ggiiuurriiddiiccaa ddeellllaaCCoommmmiissssiioonnee eeuurrooppeeaa pprreesseennttaattaa aa BBrruuxxeelllleess ppeerrll’’OOCCMM vviinnoo??

«La proposta di riforma dell’organizzazione comunedel mercato vitivinicolo presentata a Bruxelles il 4luglio scorso pur avendo parzialmente tenutoconto di alcune indicazioni avanzatedall’Italia assieme ad altri Paesi del-l’area Mediterranea, ci pone nellaprospettiva di un lungo e intensolavoro negoziale. Nonostante icapitoli siano in sintonia conla nostra linea negoziale cisono elementi che dovrannoessere oggetto di approfondi-mento, quali la liberalizzazio-ne dei diritti di impianto e l’e-liminazione della distillazionedei sottoprodotti. In particolare,nell’ottica di un sempre sostenu-to sforzo per il riconoscimento e latutela del nostro patrimonio agroali-mentare di qualità, appaiono di scarsaefficacia le disposizioni riguardanti le denominazionidi origine. Quanto contenuto nella bozza Fisher Boelnon appare infatti idoneo a tutelare sufficientementei vini di qualità europei. Ora inizia un lungo lavoro altavolo della trattativa. Il negoziato. Questo appunta-mento impegnerà direttamente il Ministero e il Gover-no, ma sarà fondamentale il sostegno attivo e com-patto del mondo produttivo e delle Regioni».

MMiinniissttrroo,, LLeeii hhaa cchhiieessttoo aall PPrreessiiddeennttee ddeellllaa RReeppuubb--bblliiccaa lloo ssvvoollggiimmeennttoo ddii uunnaa CCoonnffeerreennzzaa IIssttiittuuzziioonnaalleessuullll’’AAggrriiccoollttuurraa,, ccee nnee ppaarrllii.. AA ccoossaa tteennddee,, ee qquuaalliipprroossppeettttiivvee ppuuòò ddaarree aallll’’aaggrriiccoollttuurraa mmeerriiddiioonnaallee,, ggiiààpprroovvaattaa ddaallllaa ccrriissii iinn mmoollttii ddeeii ssuuooii sseettttoorrii??

«Si, ho trovato consenso e sostegno del Presidentedella Repubblica per dare attenzione al settore agri-colo e il 19 luglio si è tenuto il Forum d’inizio del per-corso di una Conferenza istituzionale sull’agricoltura.L’idea è nata da un’iniziativa del Parlamento che hocondiviso e alla quale mi sono associato perché ènecessaria una riflessione del paese sui nuovi ruoliche l’agricoltura deve avere nella società. Non è,quindi, una conferenza per ricordare al mondo tutte lecrisi che investono questo settore che è in continuaevoluzione ma vorrebbe essere un momento al piùalto livello istituzionale per dire che l’agricoltura nonè un settore che produce soltanto beni alimentari maè una straordinaria opportunità per fare politicheambientali, per rispondere agli imperativi di Kyoto,per dare risposte al problema dei cambiamenti clima-

tici. L’agricoltura è strumento straordinario per poterattuare davvero una svolta di politica ambientale con-creta e non generica nel nostro paese».

LLaa rreeggiioonnee PPuugglliiaa eedd ii ssuuooii pprrooddoottttii,, nneeggllii uullttiimmiitteemmppii,, hhaannnnoo ppeerrssoo ppaarrttee ddeellllaa lloorroo vviissiibbiilliittàà aa vvaann--ttaaggggiioo ddii aallttrree rreeggiioonnii mmeerriiddiioonnaallii,, qquuaallii llaa SSiicciilliiaa eell’’AAbbrruuzzzzoo.. EE’’ ssoolloo llaa ccoonnsseegguueennzzaa ddii uunnaa ppooccoo rriiuussccii--ttaa ppoolliittiiccaa ddii pprroommoozziioonnee??

«La nostra regione detiene indubbie potenzialità,nella complementarietà delle produzioni, nella

dotazione dei porti e delle infrastrutture deitrasporti. La fase che sta attraversando è

solo una conseguente incapacità di rispon-dere in maniera pronta e flessibile alle esi-genze di mercato. Occorre quindi capire laportata dei cambiamenti in una prospet-tiva almeno decennale e guidare uncoerente piano di sviluppo e investimentoaffinché anche il modello organizzativo

pugliese possa essere rilanciato e promos-so».TToorrnniiaammoo ssuull tteemmaa ddeellllaa ccoommuunniiccaazziioonnee..

IIll pprrooddoottttoo vviinnoo èè mmoollttoo ppaarrttiiccoollaarree ee llaaccoommuunniiccaazziioonnee cchhee lloo rriigguuaarrddaa èè aannccoorraa ttrrooppppoo

ttrraaddiizziioonnaallee.. LLaa CCoommmmiissssiioonnee eeuurrooppeeaa hhaa pprrooppoossttoo iill 2233 mmaagg--

ggiioo uunn nnuuoovvoo qquuaaddrroo nnoorrmmaattiivvoo uunniiccoo ppeerr llaa pprroo--mmoozziioonnee ddeeii pprrooddoottttii aaggrriiccoollii ssuull mmeerrccaattoo iinntteerrnnoo eessuuii mmeerrccaattii ddeeii ppaaeessii tteerrzzii..

«La proposta risulta importante in quanto ha loscopo di armonizzare e semplificare in un unico rego-lamento la gestione delle azioni coofinanziate dalbilancio comunitario. La nostra attenzione è quindiconcentrata sulla “qualità” dei prodotti che ci con-sentirà di poter accedere ai fondi europei. I migliora-menti sono già riscontrabili nell’ultimo anno e sonocerto che avanzamenti in tale direzione saranno ali-mentati da spinte produttive che interesseranno ilmercato comunitario».

AA ccoonncclluussiioonnee ddii qquueessttee ccoonnssiiddeerraazziioonnii ddaa LLeeiissvvoollttee,, qquuaallee ppuuòò eesssseerree iill ppeennssiieerroo ddaa rriivvoollggeerree eeddeeddiiccaarree aallll’’aaggrriiccoollttuurraa ssaalleennttiinnaa cchhee LLeeii bbeennccoonnoossccee,, iinntteerraammeennttee ccoonnssiiddeerraattaa nneeii ssuuooii ccoomm--ppaarrttii,, nnoonn ssoolloo qquueelllloo vviittiivviinniiccoolloo..

«Le eccellenze della produzione salentina sonoindiscutibili e riconosciute dai consumatori sia sulpiano nazionale che quello mondiale. Si scontanoperò ancora gravi ritardi strutturali e organizzativiche le imprese ancora sono costrette a fronteggia-re. Occorre quindi organizzarsi e lavorare affinchétermini come innovazione ed evoluzione creino legiuste condizioni, per un territorio con un enormepotenziale come quello salentino, per vincere lesfide del futuro».

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Tanto grande è il fascino delmondo agrario quanto grandeè la palese invisibilità che allo

stesso viene riconosciuta nelle comu-nità “civilizzate”. Il processo dimodernizzazione e globalizzazioneche interessa il mondo ha postodistanze invalicabili alla memoriadella nobile arte di chi, con compe-tenza e professionalità, “collaboracon la natura” esercitando quelleprofessioni in ambito agrario che inpassato erano destinate a chi nepoteva godere perché appartenente auna casta sacerdotale o perché avevafrequentato specifiche scuole in cuiapprendeva teoria (institutio) e prati-ca (instructio) del fare in ambito agra-rio. Terminati gli studi, si otteneva iltitolo che consentiva l’esercizio dellalibera professione.

«Agronomi del tempio» erano iSumeri impegnati in aziendepiù o meno grandi a sostegno

di un’agricoltura solida e tecnica-mente avanzata. Su queste fonda-menta si svilupparono tutte le agri-colture e le civiltà agrarie successive.Nell’antica Grecia, agronòmos era ilmagistrato che, a seconda dei casi, presiedeva,ispezionava, regolava e amministrava l’attivitàagricola, in particolare nelle terre pubbliche daconcedere in affitto o in altre forme di contratto eche, prima di procedere alla delimitazione dei pos-

sedimenti, aveva il compito divalutare la produttività dei suoliper differenziarne la qualità e lasuccessiva destinazione.

Sulle questioni inerenti ilterritorio, la letteraturalatina, con dovizia di par-

ticolari, riferisce dei tecnici che sioccupavano della delimitazionedelle terre o che si occupavanodella gestione delle terre destina-te all’agricoltura. Nel ‘700, le tec-niche agronomiche praticate sub-irono l’impulso necessario a spin-gere l’agricoltura verso la moder-nizzazione e quindi anche verso laspecializzazione dell’agronomo,ma è solo nei primi anni dell’otto-cento, che si recupera la figura delprofessionista in ambito agrariodistinta da quella dell’agricoltore,intendendo per i primi l’attivitàlavorativa di coloro che avevanoseguito uno specifico percorso for-mativo.

Nel 1929, il «laureato neiregi Istituti superiori discienze agrarie» fu defi-

nito agronomo. Questo ha costituito il punto di par-tenza per la progressiva identificazione di un pro-fessionista, in stretto rapporto con la delimitazionedella sua base scientifica e degli ambiti di compe-tenza che sono individuati nelle attività volte a

in ambito agrario:

Commissione orientamentoFacoltà di Agraria Università degli Studi di Bari

La Formazione

opportunità per lo sviluppo del territorio

a cura della

Universitaria

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valorizzare e gestire processi produttivi agricoli,zootecnici e forestali, a tutelare l’ambiente e, ingenerale, nelle attività riguardanti il mondo rurale.

La necessità di formazione in tali ambiti si èconcretizzata, tra l’altro, con l’istituzione dipercorsi formativi universitari che oggi por-

tano al rilascio di un titolo universitario di primo esecondo livello e che consentono al laureato dellaFacoltà di Agraria di esprimere la sua professiona-lità in molteplici ambiti.

Inuovi modelli di consumo alimentare orienta-ti verso la qualità e la sicurezza, l’utilizzo dialimenti salutistici, la necessità di ricercare

ed applicare modelli di agricoltura ecocompatibile,autosostenibile e durevole, i pro-cessi di internazionalizzazione eglobalizzazione dei mercati, lepolitiche economiche comunita-rie, l’aumento della domanda dibeni e di servizi che le risorsenaturali e rurali sono in grado dioffrire, l’evoluzione delle tecnichedelle produzioni vegetali ed ani-mali, primarie e trasformate, lasalvaguardia delle risorse semprepiù limitate, la necessità di certifi-cazione per prodotti e processisono solo alcune delle esigenzeverso cui il mondo si muove. Larealizzazione di tali aspettativedeve essere affidata a professioni-

sti esperti che abbiano acquisito, conun adeguato percorso di formazione,conoscenze e competenze specifichenei diversi ambiti.

La Facoltà di Agraria dell’Univer-sità degli Studi di Bari, istituitacon R.D. n. 297 del 6.2.1939, a

conclusione di un processo evolutivodelle tradizioni agricole pugliesi inizia-to nel settecento ad opera di rappre-sentanti del potere ecclesiastico e svi-luppatosi nel corso del XIX secolo con lecattedre ambulanti di Agricoltura finoalla nascita delle Stazioni agrarie speri-mentali e delle Scuole di Olivicoltura eOleificio e di Enologia, aveva già nel-

l’a.a. 1939/40 iniziato un percorso mirato alla for-mazione di professionisti che sapessero risponde-re alle esigenze del mondo agrario nel suo sensopiù ampio. Da allora ad oggi molto è cambiato nel-l’offerta formativa della Facoltà che ha saputo ade-guarsi alle mutate esigenze di tale mondo e che, inun processo di continuo e costante rinnovamento,ha fatto sue le esigenze del mondo operativo atti-vando per il corrente anno accademico (2007-2008) cinque corsi di laurea triennale (ProduzioniAnimali nei Sistemi agrari, Scienze Forestali edAmbientali, Scienze e Tecnologie agrarie, Tecnolo-gie delle Trasformazioni e Qualità dei ProdottiAgro-alimentari, Tecnologie Fitosanitarie) e seicorsi di laurea specialistica (Agricoltura Sostenibi-le e Sviluppo Rurale, Gestione dell’Ambiente e del

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Territorio Forestale, Medicina delle Piante, Scienzedell’Ingegneria agraria, Scienze e Tecnologia delleproduzioni vegetali, Scienze, Tecnologie e Gestionedel Sistema Agro-alimentare). I corsi sono struttu-rati con l’obiettivo di adeguare ed arricchire costan-temente le conoscenze per forma-re moderne figure professio-nali capaci di gestire isistemi agro-alimenta-ri, forestali edambientali nei loroaspetti produttivi,tecnologici e socio-economici, al fine digarantire la sostenibili-tà delle attività produtti-ve, la tutela ambientale, lasicurezza alimentare e la valorizza-zione di prodotti tipici e di qualità.

Una stretta integrazione fra la Facoltà diAgraria dell’Università degli Studi di Bari eil mondo operati-

vo, è sancita dalla collabo-razione in termini di attivi-tà di ricerca e di attività diformazione portata avanticon successo in molti ambi-ti, incluso il settore viticolo-enologico nella sua interez-za di filiera.

Rispetto alle attivitàformative, unesempio recente di

collaborazione è il partena-riato costituito per l’attiva-zione e realizzazione di un

Master Universitario di I° livello in Pro-duzioni Viticole di Qualità” - ProViQua,che ha visto fra gli altri coinvolto ancheil Consorzio Produttori Vini di Mandu-ria. Il Master si è posto l’obiettivo diformare figure professionali modernecapaci di gestire in modo innovativo leintere filiere di produzione in tutti i loroaspetti, dall’impianto del vigneto allaraccolta, conservazione e trasformazio-ne dell’uva, di applicare disciplinari diproduzione e protezione integrata, di

gestire i sistemi di certificazione di qualità nonchétutte le misure idonee alla valorizzazione e com-mercializzazione delle produzioni.

Questa, ed altre come le iniziative di ricercache hanno visto il vitigno Primitivo e il

suo vino oggetto di approfondimentoda parte di ricercatori e tecnici,

sono solo alcuni esempi che nonpossono da soli esprimere laforte necessità di cooperazioneche è richiesta da entrambe le

parti, formazione e mondo ope-rativo, al fine di dare risposte con-

crete alle innumerevoli domande inattesa e che contribuiranno a definire

nel medio-lungo termine la direzione dell’a-gricoltura europea e di quella italiana in particola-re e quale sarà il ruolo che dovranno avere i sog-getti protagonisti dell’affascinante e indispensabi-le mondo agrario.

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C’è un tesoro antico e luminoso tra glialberi di Squinzano, a nord di Lecce: èlì, a pochi chilometri dall’Adriatico di

Torre Rinalda, su una leggera altura, in luogoameno; zona di caccia, un tempo, tra macchia ealberi d’alto fusto, come dovevano essere quer-ce e frassini, «cerri» - come anche si dice - dacui Cerrate.

Tra quegli alberi, secondo una leggendaentrata prepotentemente neivolumi di storia locale, al pari di

analoghe storie riguardanti altre cittadi-ne, Re Tancredi normanno, conte diLecce, durante una battuta di caccianella foresta, scorse una superba cer-biatta, la inseguì fino al suo nascondi-glio e, nel luogo dov’era rifugiato l’ani-male, scorse un’immagine della Vergi-ne. Lì il Re volle che sorgesse una chie-sa: Santa Maria di Cerrate, che egli stes-so dotò di ampi possedimenti, l’affidò amonaci brasiliani e divenne così quel-l’Abbazia in riva al mare, importantemonastero italo-greco.

Se la leggenda di Tancredi, secon-do alcuni studiosi, è “tarda tradizionelocale”, certezza di data vi è, invece, in

un elemento leggibile in un codice della Biblio-teca Vaticana, il “Vat. Gr. 1221”, nel quale vi è ilCommentario di Teofilatto sugli Evangeli, finitodi copiare “il 3 aprile 1154 da Simone, notaroper Paolo Egumeno di S. Maria di Cerrate, l’an-no della morte di Ruggero nostro re”. PaoloEgumeno, del resto - siamo sempre nellaBiblioteca Apostolica, ma al codice “Vat. Gr.

2001” - possedeva scritti di Padri e vite diSanti, chiamato com’era a guidare con autore-volezza, coscienza ed esempio personale, unacomunità monastica, nella quale era coadiuva-to da ieromonaci, monaci semplici e chierici,con un ecclesiarca in chiesa, l’ebdomadario aturno che celebrava la sacra liturgia, ed unbibliotecario ed un protocalligrafo, prepostialla conservazione ed alla riproduzione di ciò

che era cultura: testi rituali e autori classici,scritti il latino o in greco, benché quest’ultimafosse lingua ormai appannaggio di pochissimi.

Sarà che ancora uno ha negli occhi lesequenze cinematografiche de Il nomedella rosa, ma nella quiete del luogo, al

levarsi del vento da nord, crede di essere lì lìper incontrare, se non il protocalligrafo, almenoun suo sottoposto, uno scriba, un amanuenseche con il suo incedere veloce tuttavia è dispo-

Estasimedievaleun percorso di visita tra l’estasi e la stupefazione presso il sitomonastico di Santa Maria di Cerrate

di Angelo SCONOSCIUTO

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sto, seppure perattimi, a iniziarti aisegreti della suaarte, a raccontartidell’ultima operacalligrafica intra-presa, a congedartisull’uscio delloscriptorium, piùsacro, per lui, di unSancta Sanctorum.E dove non ci sono

le affermazioni del monaco incontrato, ci sono i“luoghi paralleli” e la mente viaggia nel Salentotra Santa Maria di Cerrate ed altri due siti mona-stici, fari della cultura nel Medioevo, quali sonostati S. Nicola di Casole ad Otranto e San Mauroa Gallipoli.

Come sovente accade, lì dovenon arrivano gli scritti, arrivanole immagini. E se troppo diffici-

le risulterebbe l’edificazione personaleattraverso la lettura dei codici mano-scritti, ecco che tutto diventa più facilegrazie all’architettura. È bella, in sensoassoluto, la costruzione. È bella giànella facciata esterna della chiesa,“decorata a lesene sottili e ad archetti -dicono gli esperti -, con un tocco tipica-mente francese nell’imponente portaleduecentesco”. È stupendo, addirittura,l’archivolto che è un vero Vangelo del-l’Infanzia in… pietra. Già, perché leggendo letracce dello scultore, da sinistra a destra, eccol’Annunciazione ed ecco Maria che va a far visitaa S. Elisabetta; ecco i Magi in processione edecco la Natività, “nell’unica scena dell’Adorazio-ne” ecco il “Bagno del Bambino”, ecco…

Si resta con il naso all’insù a contemplaree gustare questo trattatello di teologiamedievale, avvincente al pari di ciò che

dovevano essere gli affreschi risalenti al XIII eXIV secolo, conservati all’interno. Ci sono figuredi santi che recano cartigli scritti in greco, cisono frammenti di bella fattura. Trasportataaltrove, vi era anche una Dormitio Virginis con ildevoto committente che, fattosi ritrarre in bassoa destra, non aveva esitato a far scrivere Memen-to Domine famuli tui Peregrini de Marciano.“Ricordati, o Signore…”, dice quel nostro ante-nato, facendosi collocare in un contesto solenne

della festa dell’Assunzione, perché - ce lo ricordamons. Scipione Spina quando il 15 maggio 1610fu in Visita pastorale in questo luogo - bis inanno celebratur solemni ritu festus dies magnocum fidelium populorum frequentia ed concur-sus ex finitimis locis feria quinta post Paschamed in die Assumptionis Beatissimae Virginis.

Ese quelli erano i giorni di festa religiosi,come non ricordare che Giovanni AntonioDel Balzo Orsini, il 20 dicembre 1452, isti-

tuì una grande fiera che si svolgeva nell’atrioprope ecclesiam e che durava 5 giorni, dal 20 al25 aprile (festa della Madonna), prima di esseretrasferita altrove? Gli affari della fiera diventaro-no tuttavia affari di masseria; i turchi imperver-sarono, e Santa Maria di Cerrate - come tantealtre realtà monastiche - a seguito di saccheggi e

occupazioni conobbe il declino, l’oblìo, il pas-saggio di mano in mano, fino a quando, nelluglio 1965, il luogo non fu acquistato dalla Pro-vincia di Lecce e man mano ha conosciuto unaprogressiva valorizzazione.

Da qualche anno sono state intraprese cam-pagne di scavo; da alcuni frammenti mate-riali e da due monete - un barattino vene-

ziano ed un bronzo di Ferdinando il Cattolico - si èben consci che verranno nuovi elementi per rico-struire l’arco di tempo compreso tra fine XV ed iniziXVI secolo. Ma sono le vicende medievali, che solle-ticano ancora l’attenzione e chissà che andando aCerrate, magari guardando in direzione del riccopozzo rinascimentale, uno non scorga la sagoma diuna cerbiatta, la insegua e, trovandosi nelle stessecondizioni di Re Tancredi, non abbia a fare unanuova scoperta, convinto com’è che la storia possaanche ripetersi.

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Virgiliodi Mantova

Non poteva mancare inquesta nostra rassegnail nome di Publio Virgilio

Marone, il più grande poeta lati-no, al quale è legata la suaopera più nota ed importante,l’EEnneeiiddee,, che celebra l’epopeadella nascita e della potenza diRoma. Ma ai fini del nostro per-corso ci occuperemo di un’altraopera, altrettanto importante esignificativa: le GGeeoorrggiicchhee..

Virgilio nacque ad Andes, unvillaggio nei pressi di Mantova,nel 70 a.C. da piccoli proprietari terrieri e siformò tra Roma e Napoli; visse nel periododell’imperatore Ottaviano Augusto e insie-me a Orazio fece parte di quella cerchia diintellettuali che ruotòintorno al braccio destrodi Augusto, quel Mecena-te che ispirò, potremmodire con termine moder-no, la «politica culturale»del regime.

Mecenate, infatti,pur rispettandola libertà crea-

trice dei poeti e degli arti-sti che facevano parte delsuo ‘circolo’, riuscì adintegrare questi personaggi nel suo proget-to di sostegno alla politica augustea, sicchériuscì ad attuare in maniera esemplare (dalsuo punto di vista) l’incontro tra politica ecultura. Un capitolo che fa sempre discute-re gli studiosi e gli amanti del mondo anti-co, ma che ci aiuta a scoprire aspetti e

modalità del potere, che si ritro-vano spesso con carattere disomiglianza e di affinità anchenel mondo moderno.

Ebbene, Virgilio scrisseprima le BBuuccoolliicchhee, eglo-ghe pastorali ispirate al

poeta greco Teocrito, poi leGGeeoorrggiicchhee, un poema didascali-co dedicato al mondo campe-stre, ed infine l’EEnneeiiddee, ilpoema epico per eccellenza checantò la nascita e la grandezzadi Roma : tre opere di valore

indiscusso, che tutti i manuali di letteraturatrattano con straordinaria ampiezza e pro-fondità.

Virgilio morì nel 19 a.C. a Brindisi, di ritor-no da un viaggio inGrecia, dove si erarecato, si dice, perapprofondire de visuluoghi e siti da luiillustrati nel poema.

Per venire alleGG ee oo rr gg ii cc hh ee ,,bisogna parti-

re a mio avviso daquello che è il motivosottinteso, ma nonper questo meno

importante, dell’opera: il sostegno convintoalla politica di Augusto. Il nuovo princepsinfatti è, a suo avviso, il solo che può garan-tire la pace civile nella società romana edassicurare le condizioni di sicurezza e diprosperità in cui il mondo dei contadinipossa ritrovare la sua continuità di vita. Si

L’amorosa cura della vite nelle Georgiche

di Alberto ALTAMURA

L’autore morì nel 19a.C. a Brindisi, di ritor-no da un viaggio in Gre-cia, dove si era recato, sidice, per approfondirede visu luoghi e siti dalui illustrati nel poema.

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osservi, en passant, che dopo le più chedecennali e travagliate vicende delle guerrecivili e l’abbandono totale delle campagnenon era facile impostare ed attuare un pro-gramma di rinascita sociale ed economicaper una serie di ragioni politiche, culturali,finanziarie, tecniche che qui non è possibi-le investigare.

Le GGeeoorrggiicchhee sono un’opera didascalicaarticolata in quattro libri, ciascuno dei qualitratta un tema specifico: il lavoro dei campi,l’arboricultura, l’allevamento del bestiame,l’apicultura.

Ma quello che conta sottolineare è chequest’opera, a fronte di una studiataarchitettura e di contenuti in granparte tecnici, è pur sempre un’ope-ra poetica, assistita cioè da unacolta ispirazione e sensibilità arti-stica, che aiutano l’autore a rap-presentare un mondo come quellocontadino, non esente da incer-tezze ed inquietudini, con mirabileequilibrio sentimentale, tonale estilistico.

Virgilio si ispirò per i contenuti alpoeta greco Esiodo, autore de LLee ooppeerreeee ii ggiioorrnnii e agli scrittori latini Catone e Var-rone, il primo autore del DDee aaggrriiccuullttuurraa e ilsecondo del DDee rree rruussttiiccaa, titoli traducibilicon il semplice «L’agricoltura» e, guardacaso, trasmessi dallo stesso codice; per lostile e l’eleganza dell’eloquio alla poesiaalessandrina, quella fiorita soprattutto adAlessandria d’Egitto.

Dei quattrolibri delleGGeeoorrggiicchhee,,

il secondo è dedica-to all’arboriculturae, in specie, allacoltivazione dellavite e dell’olivo: inesso il poeta nonrinuncia a dare agliagricoltori i suoiconsigli (che sonopoi quelli della grande tradizione greca eromana) e a trattare l’argomento con amabi-lità e rispetto della natura.

Rifacendosi all’opera esiodea Virgilioracconta che nell’età dell’oro, questamitica età che conobbe una particola-

re fortuna nella letteratura latina, tutto eraconcesso gratuitamente all’uomo e il vinoscorreva a ruscelli, mentre oggi è frutto dellavoro faticoso ed intelligente dell’uomo.Tuttavia non bisogna vedere in ciò una sortadi punizione, in quanto l’uomo, vincendo leavversità e gli ostacoli, ha potuto svilupparele sue capacità creative ed organizzative ed

emanciparsi da una sorta d’indolen-za e felicità naturale.

Il libro si apre con l’in-vocazione a Bacco

affinché protegga laterra italica «ddoovveettuuttttoo èè ppiieennoo ddeeiittuuooii ddoonnii nneellppaammppiinneeoo aauuttuunn--nnoo,, qquuaannddoo llaavveennddeemmmmiiaa ssppuu--mmeeggggiiaa nneeii ccoollmmii

ttiinnii»»; il poeta invi-ta il dio a togliersi

««ii ccaallzzaarrii ee aaddiimmmmeerrggeerree llee ggaammbbee

nnuuddee nneell nnuuoovvoo mmoossttoo»»..Sembra di cogliere in questi

versi i colori caldi delle colline destinate avite e di sentire il profumo intenso del mostonell’autunno incombente.

Dietro lo scopo dichiarato di dare con-sigli ai contadini, Virgilio canta conparole d’amore e versi luminosi il

lavoro paziente e faticosodel vignaiolo che, per otte-nere una buona vendem-mia, deve conoscere qualisiano i terreni più adatti aivari tipi di vitigno e qualipiante si possano accostarealla vite: ««llee rriiddeennttii vviittii bbeennss’’iinnttrreecccciiaannoo aaii ttrroonncchhiiddeeggllii oollmmii»»..

Il poeta consiglia anche difendere con fosse le balze

più alte e di esporre al vento le zolle rove-sciate prima di piantare ««llaa ffeeccoonnddaa ssppeecciieeddeellllaa vviittee»» e di studiare con attenzione illuogo più adatto al primo germoglio delle viti

...nell’età dell’orotutto era concessog r a t u i t a m e n t eall’uomo e il vinoscorreva a ruscelli...

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e quello per il lorotrasporto.

Egli dovràs e g n a r esulla fresca

corteccia l’orienta-mento della picco-la pianta e capirese convenga pian-tare la vite in colli-na o in pianura;nel molle campo, aggiunge, seminerà fitto,perché Bacco non sarà pigro, mentre suicolli aperti darà più spazio a filari ben alli-neati «aaffffiinncchhéé iill ssoollee ttuuttttii llii bbaaccii ee ii rraammii ssiieessppaannddaannoo lliibbeerrii nneell cciieelloo……»»..

Piccoli saranno i solchi cui affidare la vite,nella raggiante primavera, all’arrivo dellecicogne; i vigneti non saranno orientati alsole cadente, né gli olivi e i noccioli sarannopiantati tra i filari, ma solo olmi e peschi. ««IIllvv ii gg nn aa ii oo ll ooaaddaatt tteerrààcc aa nn nn eelleevviiggaattee oopp ee rr tt ii cc hh eerraassee oo ppaallii ddiiffrraassssiinnoo ccuuii llee vviittiippoossssaannoo aappppoogg--ggiiaarree ppeerr rreessiissttee--rree aall vveennttoo ee,,qquuaannddoo ii ttrraallccii ssiiee ss tt ee nn dd ee rr aa nn nn oorriiggoogglliioossii nneessttrriinnggeerràà llaa cchhiioo--mmaa, nnee ppootteerràà lleebbrraacccciiaa ee nnee ffrree--nneerràà ii rraammii ttrraabboocc--ccaannttii;; mmaa ffiinncchhéé llaavviittee èè tteenneerraa eeggllii,,ccoonn ttiieeppiiddaa ccuurraa,, eellii--mmiinneerràà ccoonn llaa mmaannoo lleeffoogglliiee ssuuppeerrfflluuee,, sseennzzaattooccccaarrllee ccoonn llaa ffaallccee cchhee iillttrraallcciioo nnoonn ssooppppoorrtteerreebbbbee»»..

Virgilio parla con amore degliumili gesti con cui la vite deveessere curata se si vuole chedia frutti buoni e abbondanti.Egli non rivendica ai vini italiani il

primato assoluto: sabene che sono più famosii vini di Lesbo (cantati daSaffo) e che le vigne dellago Mareotide (ad ovestdel Nilo) danno ottimovino bianco e che l’uvagreca Psitia è la più adat-ta al passito; ma egli amail vino delle colline vero-nesi, anche se è più

famoso il vino Falerno, in Campania, ed èpiù forte il vino Amineo (forse del Piceno).Ricorda anche le uve da dessert: l’uva diRodi, cara agli dei, o la Bumaste dai turgidigrappoli, ma rinuncia a nominarle tutte per-ché sono più numerose «ddeeii ggrraanneellllii ddii ssaabb--bbiiaa ddeell ddeesseerrttoo lliibbiiccoo»»..

Il suo modo di esaltare il vino è quelloproprio di un figlio cui il padre hatante volte spiegato l’arte di «ppoorrrree iinn

oorrddiinnee lleevviittii»» eche amail vino in

q u a n t ofrutto di

tanta fatica edella capacitàdell’uomo, pro-tagonista e nonsolo fruitore del“nettare deglidei”.Insomma, il

testo, pur fitto dirichiami tecnici

ed eruditi, arrivadritto alla mente eal cuore del lettore

e gli fa scoprire lasua anima contadina

che, pur ammirando igrandi vini internazionali,

si commuove al profumosemplice del vino della suaterra, che ridesta in lui memo-rie e sensazioni profonde edimenticate.

Virgilio parla con amoredegli umili gesti con cuila vite deve essere curatase si vuole che dia fruttibuoni e abbondanti.

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Bevevi bene,

Alivello mondiale non è più ladenutrizione a non lasciarvivere sonni tranquilli ma,

paradossalmente, le preoccupazionimaggiori vengono dalla crescita deiconsumi, una volta inimmaginabile, inmolte fasce di popolazione. I mutatistili di vita, le mode, la rapidità con cuisi diffondono alimenti e bevande adalto contenuto di zuccheri e di grassi,preoccupano per gli inevitabili dannialla salute e per l’aumento del rischiodi molte malattie. Tutto questo nonsolo in Occidente ma in tutti i paesi aforte crescita di sviluppo industriale,che in genere manifestano una scarsaattenzione ad una corretta alimenta-zione.

In alcuni paesi è solo la quantità enon la qualità del cibo a contare.Quindi come si mangia, cosa si

mangia e tutto quello che beviamorappresentano i punti chiave dell’ana-lisi dei consumi.

Alla luce di queste considera-zioni è ovvio che la scelta di uncorretto regime alimentare è

di primaria importanza, non solo perridurre i rischi di danni ma per ricava-re il massimo dei benefici per la salu-te. Si tenga conto che il vino ha il pri-vilegio di essere considerato, non atorto, un importante complemento diun’alimentazione sana: un moderatoconsumo rappresenta addirittura unaprova inconfutabile di un salutare stiledi vita. Deve essere visto in questaottica perché la parola vino è semprepiù accostata all’alimentazione anchedal mondo scientifico che riconosce glieffetti positivi sulla salute, per unregolare consumo di questa bevanda.

Alceo...

di Severino GAROFANO

il mondo del vino oggi

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Si parla addirittura diprodurre sinteticamen-te il resveratrolo, unantiossidante contenu-to nelle uve, da poteraddizionare a molti con-dimenti per combatterealcune malattie. Chibeve vino ha la fortunadi avere nel bicchiere iltoccasana naturalecapace di arginare i pro-cessi degenerativi checonducono ad un invec-chiamento precoce.

È proprio il caso didire che la salute è nellamaniera di nutrirsi e inun buon bicchiere divino.

Quindi il messaggiodel mondo della produ-zione dovrebbe essere molto piùchiaro, più incisivo visto i benefici chene derivano, se si associa il vino alcibo, mettendo bene in evidenza ilruolo del vino stesso nell’ambitodella dieta.

È nel nostro inte-resse ricordaretutto quello che fabene della tantoinvidiata dietamediterranea, dicui il vino è tuttorala bevanda privile-giata; in questocontesto, sino aqualche decenniofa, da molta parte della popolazioneagricola il vino era considerato addi-rittura un integratore dell’alimenta-zione.

Molto meglio un messaggioche evidenzia una verastrategia per la salute con

un richiamo preciso sia alla “quanti-tà” che alla “qualità” del cibo e dellebevande. Mangiare bene e bere beneequivale a mangiare e bere meglio.

Lasciando da parte la lunga sto-ria del vino e i suoi valori, isignificati e i poteri che questa

bevanda ha espresso nel corso deimillenni - molto spesso solo per unaminoranza privilegiata di consumato-

ri -, il vinofinalmente èdiventato unbene di consu-mo di altamoda pereffetto dein u m e r o s icambiamentiche hannointeressato ilconsumatore.

Le innovazioni nel campo della pro-duzione vinicola, la crescita della cul-tura del vino, il nuovo atteggiamentodella medicina nei confronti dellostesso, l’attenzione della ristorazioneche tende sempre più a proporre i vinidi qualità, tanto da far divenire il vinostesso un desiderio alimentare,hanno passato in eredità al nuovosecolo una nuova civiltà del vino cheevidenzia una migliore educazione

...il vino è tuttora labevanda privilegiatadella tanto invidiatadieta mediterranea.

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gusto-olfattiva tanto da poter coglierei vantaggi del rapporto tra conoscen-za e piacere. La disponibilità a spen-dere ha fatto crescere il numero diconsumatori eruditi, esigenti, i qualisicuramente hanno contribuito a met-tere fuori causa molti vini scadenti.

Il vino è vivo più che mai, anzi èdivenuto una cultura mondiale.C’è sete di vino di qualità, termi-

ne molto antico ma mai come ora divera attualità.

Chi scriverà la storia del vino diquesto inizio di millenniodovrà riconoscere il merito

che ha avuto il mondo della produzio-ne dell’ultimo quarto del XX secolo diaver profuso molte risorse per ilmiglioramento della qualità. Contem-poraneamente è riuscito a dare imezzi al consumatore, con stimoli dinatura culturale, per poter riconosce-re facilmente i valori positivi che con-traddistinguono la qualità naturaleche riviene dalla vigna. Il consumato-re è riuscito ad avere conoscenze inu-sitate intorno alla storia dei vini, veri-ficando nel contempo il forte legameesistente con il territorio, ha viaggiatotrasformandosi in un vero turistainformato, curioso, motivatoda tanta voglia di trovareriscontro a tutte le buonenotizie che i mezzi di comu-nicazione sono riusciti a svi-luppare con rapidità sor-prendente.

Non tutto però sem-bra funzionaresecondo le attese

dei produttori perché vengo-no registrati segnali di stan-chezza nei consumi a causadi un disorientamento deimercati per l’arrivo di viniper i quali i conoscitori dellaqualità non trovano più idescrittori gusto-olfattivi tra-dizionali.

Nell’uomo moderno convivonodue culture: quella del vinocommerciale, senza difetti,

che risponde ad un gusto cosiddettointernazionale per effetto dell’appli-cazione di una buona tecnologia einsaporito con più di qualche notache esalta qualcosa, sostenuto dauna politica di marketing, e quella delvino più naturale legato al territorioche esprime tipicità, razza, eleganza,un grande vino, a volte anche esclusi-vo, più costoso, meno conosciuto cheriflette l’originalità della sua terra ovenasce ed esprime la personalità delproduttore.

Qualcuno che scrive seriamente divino comincia a confessare la grandefatica che fa per riconoscere il gustoche deriva dalla qualità dell’uva o,ancora peggio, la difficoltà a distin-guere tra un vino di qualità e un pro-dotto che imita il vino di qualità.

Purtroppo i maggiori mercati di con-sumo in Europa registrano una conti-nua crescita dei vini fotocopia chehanno persino un effetto seducentesul consumatore con molti limiti cul-turali sulla qualità.

Girando intorno alle analisi dei

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costi di produzione e ai prezzi bassidi alcuni vini sullo scaffale, moltastampa ha posto bene in evidenzache questi prodotti con “gusto unico”hanno un preciso obiettivo: quello diarrivare ad una corruzione del gustodel consumatore, sino a costringeremolti produttori ad adeguarsi a quelsapore imposto dal mercato.

Le “guerre del vino” degli anniSettanta del secolo scorsopotevano

essere in qualchemodo evitate.Una “guerra delgusto” non puòessere sottovalu-tata: deve essereaffrontata condeterminazione.La rivoluzione allaquale stiamoa s s i s t e n d opotrebbe inciderenotevolmente sulcomportamento alimentare del con-sumatore, in quanto costretto a sub-ire vini dalla qualità persino discuti-bile o addirittura sospettati di nuoce-re alla salute.

Potrebbe verificarsi una desta-bilizzante crisi che rischia dicompromettere non solo il

patrimonio culturale ma soprattuttola vitivinicoltura di qualità.

Dobbiamo considerare non soltan-to che il futuro sta nella qualità, maanche che, per realizzare questoobiettivo, abbiamo la fortuna di dis-

porre in abbondanza di tutto quelloche serve: un ecosistema naturale,una vocazione alla produzione enolo-gica e un vero culto della vite e delvino.

Si parla molto di vino, ma si parlapoco di vigna. Incoraggiamo a produr-re per premiare chi crede nella vigna,per rassicurare chi è disposto a scom-mettere per il futuro. Allargare i con-sumi, tenendo alta la qualità in modo

da evitare che ilvino diventi sem-pre più una bevan-da industriale.

Bisogna evitare ilrischio che si cri-stallizzino le condi-zioni attuali evadano ad accre-scersi il disagiosociale e la crisiche colpisce i pro-duttori di uve.

La trionfantepoesia di Alceo a bere nel contestoconviviale, perpetuatasi per millenni,ha molto a che fare con la vigna.

Le ultime propaggini delle viti pian-tate da Odisseo e di quelle arrivatedai giardini di Alcinoo, che segnanomillenni di storia della nostra viticol-tura, meritano maggiore rispetto.

Prendersi il rischio di produrrevini che sappiano del loroclima, della geologia e della

topografia fa parte del nostro mestieree rientra nei doveri di tutti per difen-dere le vigne e i produttori delle uve.

Una «guerra delgusto» non puòessere sottovaluta-ta: deve essereaffrontata condeterminazione.

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Le rappresentazioni della Madre di Gesù colBambino in braccio, con motivi di tipo vitico-lo, non sono frequenti, anche se si conosco-

no immagini famose come quella che rappresentala VVeerrggiinnee ccoonn ll’’uuvvaa di Pierre Mignard, celebre ritrat-

tista della famiglia reale edella corte di Luigi XIV,conservata presso ilmuseo del Louvre a Parigio la MMaaddoonnnnaa ddeellll’’uuvvaa delpittore Giuseppe Ghedina(il Pordenone) che si trovapresso la Loggia del Lio-nello ad Udine.

Altre Madonne sono raf-figurate in bellissimi qua-dri che si trovano special-mente nelle gallerie d’ar-te: la MMaaddoonnnnaa ddeellllaa PPeerr--ggoollaa di Gian Battista Cimada Conegliano o la NNoossttrraaSSiiggnnoorraa ddeellllee VViiggnnee aGenova, o la MMaaddoonnnnaa

ccoonn BBaammbbiinnoo a Gorizia (dipinto anonimo) .Qual è il significato di queste immagini?. Qual è

l’origine di questi attributi della Vergine?

Le spiegazioni possono essere diverse: o perinvocare la protezione delle vigne da parte diMaria; o quella di ricordare il luogo vitato

dove venne costruita o già si trovava una chiesa ouna cappella dedicata alla Madonna.Così all’abba-zia di Hautecombe dove nel 1889 fu posta una sta-tua della Vergine, NNoottrree DDaammee ddeess VViiggnneess,, per invo-care la protezione nelle vigne ricostituite dalla fil-lossera. C’è poi un’altra ipotesi, che è la più accre-ditata- in particolar modo tra gli artisti- che è quel-la di aver aggiunto nelle raffigurazioni della Madon-na col Bambino, il complemento “uva” a scopo

decorativo, ma quale simbolo significativo. Infatti ilgrappolo d’uva è con la mela, la melagrana, l’uccel-lo, fra gli emblemi della Madonna, rappresentandoil simbolo del vino eucaristico e quindi del sanguedel redentore.

Anche alcune ispirazioni tratte dalla Bibbiapossono giustificare l’attributo viticolo datoalla Madonna, come nel Cantico dei cantici

(o della Sapienza): “pochè i figli della stessa miamadre, i fratelli, mi fecero guerra, furono date a meda custodire e coltivare altre vigne”. I ricordi biblicie gli emblemi mistici suggeriscono agli artisti l’in-troduzione dell’uva nei quadri della Madonna. E dalquadro raffigurato al Culto il passo è breve, adesempio, nella chiesaarmena di Venezia c’è latradizione di offrire del-l’uva ai fedeli nel giornodell’Assunta.

Tra le raffigurazionimariane viti-enologichericordiamo la MMaaddoonnnnaaddeell vviinnoo del pittoregenovese Luca Cambia-so detto “Luchetto” chesembra essere l’unicoesempio dell’arte pitto-rica enoica del cinquecento ligure.

Pregevole la MMaaddoonnnnaa ccoonn BBiimmbboo,, scultura ligneadel 1460 di anonimo che si trova nella chiesa di S.Paolo a Bolzano.

Moderna, poi, è la scultura bronzea di A. Wider,con la MMaaddoonnnnaa ccoonn ll’’uuvvaa presso la S. Paolus Kirchea Dielsforf vicino a S. Gallo (Svizzera).

Testo liberamente tratto da II SSaannttii iinn ccaannttiinnaa –Religiosità e cultura contadina della vite e delvino, di Carmelo Patti (Dario De Bastiani Ed).

La Madonnadell’uvaCosì nella vigna, nell’uva e nel vino, in forme spesso circonfuse di vera luce d’arte,riappaiono e rivivono liberi, aperti, alla luce del sole, i simbolismi cristiani cheesprimono parole di dedicazione alla fede.

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Molte le passioni nellasua vita, la pittura unadelle prime, con mostre

e apprezzamenti dalla critica. Diseguito l’amore per i prodotti dellaterra, il cibo, la cucina. Infatti, ametà degli anni ottanta, collaboracon la Guida dell’Espresso direttada Federico D’Amato. Frequentacorsi di gastronomia a Milano e aRoma. Fortunato l’incontro conGinafranco Vissani, allora nonancora personaggio alla ribalta,che segue in America per due mesi- tra New York e Los Angeles almitico Hotel Rex - dove collabora epresenta, insieme ad altri cuochi, ipiatti italiani. L’esperienza fa cre-scere in Ricci la cultura gastrono-mica che completa con il corso dasommelier organizzato dall’AISall’Hilton a Roma. Nel 1990 divie-ne Delegato AIS Roma e successi-vamente Presidente dell’AIS Romae Direttore di BIBENDA, la rivistalegata all’Associazione Italiana Sommelier chepubblica la rinomata guida DUEMILAVINI.

Da allora l’Associazione è cresciuta tanto: è ilpiù grande centro di cultura del vino nelmondo.

Proprio così: il vino è anche CULTURA e Fran-co Ricci si occupa di cultura del vino «negliavvenimenti e nelle edizioni eccellenti». Ne è

d’esempio il Premio Internazionale del Vino,l’evento unico al mondo che ogni anno - alGrand Hotel Parco dei Principi a Villa Borghe-se- premia con l’Oscar del Vino, le donne e gliuomini che con il loro impegno quotidiano con-tribuiscono al grande successo del vino. Lakermesse ideata dallo stesso Ricci, vede comesempre un parterre eccezionale, con la presen-

Inauguriamo una nuova rubrica dedicata agli Uomini e alle Donne che quotidianamentesono impegnati nella ricerca e nella comunicazione del vino.Dai loro incontri gli appassionati i professionisti del mondo enoico potranno trarre utiliinsegnamenti e suggerimenti.

Franco Maria Ricci«La qualità la fa il produttore,

non il marchio!»

di Anna GENNARI

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za di vip del mondo del vino, dello spettacoloe della cultura, per un grande show trasmessosu RAI UNO.

Tutto questo può contribuire a far diven-tare “il vino di moda”? Si può parlaredi una moda del vino, specialmente se

pensiamo ai giovani?

SSìì ee nnoo.. SSee ppeerr mmooddaa ssii iinntteennddee iill ffaattttoo cchheell’’AAIISS,, ccoonn aallttrrii ggrruuppppii ddii llaavvoorroo -- iinn ccoossttaannzzaaccoonn llaa qquuaalliittàà ddeell vviinnoo-- aabbbbiiaa aattttiirraattoo llaa ggeenntteeccoonn llaa vvoogglliiaa ddii ssaappeerrnnee ddii ppiiùù,, ddii ccoonnccrreettiizzzzaa--rree uunnaa pprreessaa ddii ccoosscciieennzzaa cchhee èè aanncchhee ccuullttuurraaddeell vviinnoo,, aalllloorraa ssii ppuuòò aanncchhee ppaarrllaarree ddii mmooddaa..MMaa qquuaannddoo lleeggggoo iinnuummeerrii cchhee hhoo nneellllaammiiaa rreeaallttàà rroommaannaa,, mmiirreennddoo ccoonnttoo cchhee ffoorrsseennoonn èè ssoolloo uunn ffeennoommeennooddii ““mmooddaa””:: ffaacccciiaammoocciirrccaa 110000..000000 pprreesseennzzeeaallll’’aannnnoo ee cciirrccaa iill 2288%%ddeeii ppaarrtteecciippaannttii hhaauunn’’eettàà ddaa 1188 aa 3300 aannnnii..QQuuiinnddii èè bbeelllloo vveeddeerreecchhee ii ggiioovvaannii nnoonn ppeenn--ssaannoo aall vviinnoo ccoommee aadd uunnaa mmooddaa..

BIBENDA, la seducente rivista che lei dirige -e che ha ospitato nel numero 16 un dettaglia-to servizio sul Primitivo di Manduria e sul Con-sorzio Produttori Vini - si distingue per l’otti-ma grafica e per la cura dei particolari, per lascelta di immagini e l’assoluta mancanza dipubblicità. BIBENDA oggi è la rivista sul vinopiù bella del mondo, molto diversa dal primospartano giornalino che diffondeva l’AIS neglianni ottanta con un ciclostile di bassissimaqualità. Oggi si assiste ad un proliferare dipubblicazioni nel settore enologico, tra guide,riviste, siti web... Ecco, non si rischia di con-fondere l’utente, il consumatore? E poi: qualipossono essere i criteri per individuare unapubblicazione che riesca veramente ad arriva-re al pubblico?

ÈÈ pprroopprriioo vveerroo.. QQuueessttoo aaccccaaddee qquuaannddoo cc’’èèuunn ggrraannddee ssuucccceessssoo.. EE ddiieettrroo aadd ooggnnii ssuucccceessssoocc’’èè sseemmpprree uunn rroovveesscciioo:: ssii aassssiissttee ccoossìì aadd uunnaagguueerrrraa ttrraa ppoovveerrii…… PPrreennddiiaammoo,, aadd eesseemmppiioo,, llaa

qquueessttiioonnee ddeell mmaarrcchhiioo DDOOCCGG:: nnaassccee cciirrccaa 4455aannnnii oorr ssoonnoo,, ddaa ttuuttttii ccoonnssiiddeerraattoo –– vvuuooii ppeerrmmaannccaannzzaa ddii iinnffoorrmmaazziioonnee,, vvuuooii ppeerrcchhéé ssii èèpprreeffeerriittoo ppaassssaarrlloo ccoossìì –– uunn mmaarrcchhiioo ddeellllaaqquuaalliittàà.. QQuueessttoo nnoonn èè vveerroo,, ppeerrcchhéé iill mmaarrcchhiiooddii qquuaalliittàà lloo ffaa llaa ssiiggnnoorraa RRoossssii qquuaannddoo ffaa llaassppeessaa:: pprriimmaa ddii sscceegglliieerree iill ssuuoo vviiggnnaaiioolloo,, nnoonnlleeggggee iill mmaarrcchhiioo mmaa,, ccoommee ppeerr ttuuttttii ii pprrooddoottttii,,ddooppoo ll’’aaccqquuiissttoo cc’’èè ll’’aassssaaggggiioo.. SSee nnoonn iinnccoonn--ttrraa iill ssuuoo gguussttoo,, ccaammbbiiaa..

QQuuiinnddii llaa qquuaalliittàà llaa ffaa iill pprroodduuttttoorree,, ee nnoonn iillmmaarrcchhiioo,, cchhee ccoonnssiissttee nneellll’’iinnddiiccaarree cchhee qquueellpprrooddoottttoo pprroovviieennee ddaa uunn ddeetteerrmmiinnaattoo lluuooggoo..

QQuueessttaa èè llaa ggrraannddee ddiiffffii--ccoollttàà:: ffaarr ccaappiirree aallllaaggeennttee qquuaall’’ èè llaa qquuaalliittàà..

SSaarràà uunn ccaassoo cchhee iiooaabbbbiiaa ssuull mmiioo ttaavvoolloo 1177bboottttiigglliiee ddii vviinnoo DDOOCCGG,,qquueessttee bboottttiigglliiee vvaarriiaannooddaa 00..9900 cceenntteessiimmii aa qquuaall--cchhee ddeecciinnaa ddii eeuurroo,, ttuutttteeaaccqquuiissttaattee nneeii ssuuppeerrmmeerr--ccaattii oo eennootteecchhee.. AAlllloorraa iioommii cchhiieeddoo:: ccoommee ssii ffaa aaddiirree cchhee llaa DDOOCCGG èè uunn

mmaarrcchhiioo ddii qquuaalliittàà?? AA 00..9900 cceenntt,, aa 1100//2200 eeuurroocc’’èè llaa qquuaalliittàà?? CChhee mmeessssaaggggiioo ddiiaammoo,, ssee ccoonnttii--nnuuiiaammoo aa ddiirree cchhee DDOOCCGG èè qquuaalliittàà?? EEdd aalllloorraaccoossìì ccoommee ppeerr iill vviinnoo aanncchhee ppeerr uunnaa rriivviissttaa:: iioollaa vveeddoo,, llaa lleeggggoo ee,, ssee èè ppooccoo aatttteennddiibbiillee,, llaaaabbbbaannddoonnoo.. EEdd aannccoorraa,, llaa ppuubbbblliicciittàà:: ccoommeeppoossssoo rriitteenneerree ccrreeddiibbiillee uunnaa rriivviissttaa cchhee ppuubb--

...Allora io mi chiedo:come si fa a dire che laDOCG è un marchiodi qualità? C’è la quali-tà a 0.90 cent, a 10/20Euro?

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bblliiccaa llaa ppuubbbblliicciittàà ddii uunn’’aazziieennddaa e ssoolloo qquuaall--cchhee ppaaggiinnaa aa sseegguuiirree ppuubbbblliiccaa llaa ddeegguussttaazziioonneeddii qquueell vviinnoo??

Quindi la “comunicazione del vino” è diver-sa da quella di altri prodotti alimentari. Ed allo-ra, da cosa non deve prescindere per essereefficace e come far capire al consumatore chela qualità, in una gamma di offerta tanto varia,ha un costo?

IIll tteemmaa èè mmoollttoo iimmppoorr--ttaannttee eedd èè ssttaattoo ooggggeettttoo ddiiaapppprrooffoonnddiimmeennttoo iinn uunnaaGGiioorrnnaattaa ddeell SSoommmmeelliieerruunn ppaaiioo ddii aannnnii aaddddiieettrroo..NNeessssuunnoo hhaa ssppiieeggaattoo aagglliiiittaalliiaannii qquuaannttoo ddeevveeccoossttaarree iill vviinnoo.. LL’’iittaalliiaannoonnoonn èè aabbiittuuaattoo aa ppaaggaarree1100--1155 eeuurroo ppeerr uunnaa bboottttii--gglliiaa ddii vviinnoo,, sstteessssoo ddiissccoorr--ssoo ppeerr ll’’oolliioo.. IIll pprroobblleemmaa èèuunn aallttrroo:: iill rriiccaarriiccoo.. QQuuaannttoo ddeevv’’eesssseerree iill rriiccaarrii--ccoo ddeell vviinnoo ddaa qquuaannddoo eessccee ddaallll’’aazziieennddaa aaqquuaannddoo aarrrriivvaa ssuullllee ttaavvoollee ddeeggllii iittaalliiaannii?? NNooiinnoonn bbaaddiiaammoo aall rriiccaarriiccoo ddeellllee ccoossee,, bbaaddiiaammoossoolloo aall rriiccaarriiccoo ddeeii vviinnii ee ddiicceennddoo cciiòò nnoonn ddiiffeenn--

ddoo nnèè ii rriissttoorraattoorrii,, nnéé ggllii eennootteeccaarrii ppeerr ggllii eessoossiirriiccaarriicchhii.. DDaa uunnoo ssttuuddiioo ccoonnddoottttoo ddaallll’’AAIISS,, iillccaappppuucccciinnoo aall bbaarr èè rriissuullttaattoo rriiccaarriiccaattoo 1199 vvoolltteeiill vvaalloorree ddeell ccaappppuucccciinnoo:: nnooii ccoonnttiinnuuiiaammoo ttrraann--qquuiillllaammeennttee aa ppaaggaarrlloo 11 eeuurroo,, ppeerrcchhéé èè uunn ffaattttoonnoorrmmaalliissssiimmoo ppaaggaarrlloo ttaannttoo.. LL’’iinnssaallaattaa sseerrvviittaaaall rriissttoorraannttee èè rriiccaarriiccaattaa 1144 vvoollttee iill vvaalloorree ddiippaarrtteennzzaa ddeellll’’iinnssaallaattaa.. PPeerrcchhéé nnoonn ccii ssccaannddaa--lliizzzziiaammoo ddeell rriiccaarriiccoo ssuu pprrooddoottttii,, cchhee ccoonnttii--nnuuiiaammoo ttrraannqquuiillllaammeennttee aadd aaccqquuiissttaarree,, eedd

iinnvveeccee ccii ssii mmeerraavviigglliiaaddeell ccoossttoo ddeell vviinnoo ccoommeeddeellll’’oolliioo?? SSeemmpplliicceemmeenn--ttee ppeerrcchhéé nnoonn ssaappppiiaammooqquuaannttoo ddeevvee ccoossttaarree,,ppeerrcchhéé nneell nnoossttrroo ppaaeesseennoonn cc’’èè aannccoorraa uunnaa ccuull--ttuurraa ddeell vviinnoo ee ddeellll’’oolliioo!!

Tale carenza di culturadel vino può anche esse-re attribuita alle erratescelte di comunicazione

di alcuni produttori o di Enti preposti, Ammini-strazioni, Assessorati? Ad esempio, il suo ulti-mo editoriale su Bibenda è dedicato all’ideada Lei proposta al Presidente Prodi sull’oppor-tunità che il vino italiano possa essere il

migliore amba-sciatore et e s t i m o n i a ldel nostroPaese.

IIll nnoossttrroo èè iillPPaaeessee ““ddeellvviinnoo”” ee ““ddeellccoonnttrroo vviinnoo””..EE’’ iill bbeell ppaaeesseeddeellllee ccoosseeoovvvviiee:: ffiinnoo aaiieerrii,, rreeggaallaa--vvaammoo aagglliioossppiittii ssttrraanniiee--rrii eelleeggaannttiiccoonnffeezziioonnii ccoonn““ccoocccceettttii””,, mmaaccoommee ssii ffaa aappeennssaarree ddii

...Il problema è unaltro: il ricarico. Quan-to deve’ssere il ricaricodel vino da quandoentra a quando esce daun’azienda?

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llaasscciiaarree iill rriiccoorrddoo ddeell nnoossttrroo ppaaeessee…… IInnvveessttii--mmeennttii eennoorrmmii vveennggoonnoo eellaarrggiittii ppeerr llaa pprroommoo--zziioonnee ddeell pprrooddoottttoo ttiippiiccoo,, ppeerr aaffffoollllaattii eevveennttiinneellllee ppiiaazzzzee ee nnuullllaa vviieennee iinnvveessttiittoo ppeerr llaa ccuull--ttuurraa.. OOccccoorrrree ddaarree ii ssoollddii aaii ccoonnttaaddiinnii aaffffiinncchhèèiimmppaarriinnoo bbeennee ccoommee ssii ffaa iill bbuuoonn vviinnoo,, ppeerrcchhééooggggii èè ppiiùù ddiiffffiicciillee ffaarrlloo mmaallee,, cchhee ffaarrlloo bbeennee..LLee aammmmiinniissttrraazziioonnii ddoovvrreebbbbeerroo iinnvveessttiirree pprriinn--cciippaallmmeennttee ppeerr llaa ccuullttuurraa ddeell vviiggnnaaiioolloo,, ppeerr llaaccuullttuurraa ddii cchhii ddeevvee aassssaaggggiiaarree,, ppeerr llaa ccuullttuurraaddeellllaa rriissttoorraazziioonnee;; ooccccoorrrree eedduuccaarree aall gguussttoo iiccoonnssuummaattoorrii ssiinn ddaa bbaammbbiinnii ee pprreeppaarraarree ii pprroo--dduuttttoorrii aa ffaarr bbeennee iill lloorroo mmeessttiieerree ee aa ssaappeerrvveennddeerree iill lloorroo pprrooddoottttoo,, aall ddii llàà ddeeggllii eevveennttiicchhee sseerrvvoonnoo ssoolloo aadd aarrrriicccchhiirree cchhii llii oorrggaanniizzzzaa..

Vorrei raccogliere il suo pensiero sul Primiti-vo di Manduria, un vino che solo da poco più diun decennio gode di un rinascimento e chesegna lo scuotersi della nostra terra dal lungoletargo enoico…

IIll PPrriimmiittiivvoo ddii MMaanndduurriiaa èè iill ffuuttuurroo ddeell vviinnooiittaalliiaannoo.. ÈÈ uunn ggrraannddiissssiimmoo pprrooddoottttoo,, uunn vviinnoo ddiiggrraannddee eelleeggaannzzaa:: ppuuòò eesssseerree iill pprrooddoottttoo cchheeppuuòò ffaarree vveerraammeennttee iill ssuucccceessssoo ddeell vviinnoo iittaalliiaa--nnoo nneeii pprroossssiimmii cceennttoo aannnnii.. AAmmoo qquueessttoo vviinnoo,,aammoo qquueessttoo vviittiiggnnoo,, tteessttiimmoonnee ddii uunnaa rreeaallttààiimmppoorrttaannttee cchhee sseerrvvee ttaannttoo aall nnoossttrroo ppaaeessee..LL’’uunniiccaa ccoossaa cchhee vvoorrrreeii ssoottttoolliinneeaarree èè cchhee ii

pprroodduuttttoorrii ddeell PPrriimmiittiivvoo ddeevvoonnooeesssseerree ggeelloossii ddeell lloorroo vviinnoo:: nnoonnddeevvoonnoo nnoonn ddaarrlloo iinn ppaassttoo aagglliissttuuppiiddii,, mmaa iinnsseeggnnaarree aall mmoonnddoocchhee qquueelllloo èè iill lloorroo vviinnoo,, iill vviinnooiittaalliiaannoo,, ee nnoonn èè iill vviinnoo ppeerr ttuutttteellee ssttaaggiioonnii,, ppeerr ttuuttttii ii gguussttii ee ppeerrttuuttttee llee rreeaallttàà nnaazziioonnaallii..

Per la presentazione al pub-blico della edizione 2008 dellibro guida DUEMILAVINI è statoscelto lo slogan «Spesso sonole fiabe a conquistare ilmondo… Raccontare il vino è lanostra fiaba che diventa real-tà». Ma il vino italiano, il suc-cesso nell’export, è davvero lafiaba italiana che ha conquista-to il mondo?

SSiiccuurraammeennttee ssii!! IIll vviinnoo iittaalliiaannoo èè uunn pprrooddoottttooddii ggrraannddee eecccceelllleennzzaa,, mmaa ggiirraannddoo mmii aaccccoorrggoocchhee ll’’oossppiittaalliittàà èè ddeelluuddeennttee,, nnoonn vveeddoo uunn ffuuttuu--rroo rroosseeoo nneell sseettttoorree ssee nnoonn aabbbbaassssiiaammoo iill““pprreessssaappppoocchhiissmmoo””.. MMii rriiffeerriissccoo aadd uunn cceerrttoottiippoo ddii rriissttoorraazziioonnee,, aaggllii aallbbeerrgghhii,, aaggllii eevveennttii::qquueessttaa tteennddeennzzaa aa rriidduurrrree iill ppeerrssoonnaallee,, aarriissppaarrmmiiaarree –– cchhee ssiiccuurraammeennttee ddeerriivvaa ddaa uunnmmoommeennttoo ddiiffffiicciillee ddeellllaa nnoossttrraa eeccoonnoommiiaa -- nnoonnffaa aallttrroo cchhee aabbbbaassssaarree llaa qquuaalliittàà ddeell pprrooddoottttoo““IIttaalliiaa OOssppiittaalliittàà””.. AAll ccoonnttrraarriioo,, iill vviinnoo ee llaammooddaa aauummeennttaannoo iinn qquuaalliittàà.. LLee nnuuoovvee ffiirrmmeeddeellllaa mmooddaa iittaalliiaannaa ssoonnoo sseemmpprree ppiiùù nnuummeerroo--ssee;; nneell sseettttoorree vviittiivviinniiccoolloo llaa qquuaalliittàà èè iinnaauummeennttoo ggrraazziiee aall llaavvoorroo ddeeii pprroodduuttttoorrii,, aalllleennuuoovvee ggeenneerraazziioonnii,, aall llaavvoorroo ddeeggllii eennoollooggii......AAnncchhee iill ddeessiiddeerriioo ddii ccoonnoosscceerree qquueessttaa qquuaalliittààèè iinn aauummeennttoo:: eeccccoo ppeerrcchhéé ddiiccoo cchhee ii pprroodduuttttoo--rrii nnoonn ddeevvoonnoo tteemmeerree uunn ffuuttuurroo nneerroo,, mmaa iillffuuttuurroo ddeell vviinnoo iittaalliiaannoo èè ssiiccuurraammeennttee rroossaa..

Concludendo in una frase: cos’e il Vino per lei?

MMii ppiiaaccee rriiccoorrddaarree llee ppaarroollee ddii uunn ccaarrooaammiiccoo,, GGiiaaccoommoo TTaacchhiiss,, eedd uunnaa ddeeffiinniizziioonneecchhee mmii èè rriimmaassttaa nneell ccuuoorree ee nneellllaa mmeennttee,, eecchhee rriippeetteerròò sseemmpprree:: ««iill vviinnoo èè ccaallaammiittaaoorrggaannoolleettttiiccaa»»..

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Storia

iill SSiimmppoossiioo

Terminato il banchetto e sbarac-cate le mense iniziava il sympo-sion, la parte essenziale del

banchetto greco, importante anche inMagna Grecia.

Iconvitati eleggevano un simposiar-ca, gli schiavi portavano le anfore divino ed il cratere

(il <<miscelatore>>, ilgrande vaso per effet-tuare la miscela diacqua e vino). Al sim-posiarca spettavadeterminare le propor-zioni della mescolanza(presso i Greci il vinopuro, non mescolato,àkratos, era conside-rato praticamenteveleno!) e fissare il numero delle coppeda bere. Durante il simposio si sgranoc-chiavano lupini, ceci tostati, nocciole,mandorle, olive, polpettine, dolcetti edaltre sciocchezzuole (con la funzione ditamponare lo stomaco fra una bevuta el’altra, un po’ come nella Spagna d’oggisi fa con le tapas), mentre l’ambienteveniva allietato da musiche, danze,declamazioni di versi, talvolta veri e pro-

pri balletti e rappresentazioni teatrali inminiatura, e i convitati, come nell’Elladepropria, discorrevano amabilmente deimassimi problemi o di questioni assolu-tamente più frivole ed immanenti.

La progressiva laicizzazione del ban-chetto e del simposio portò alla nascita -nella Sicilia greca - di una parodìa dellalibazione, un gioco erotico chiamato kòt-

tabos: si effettuavalanciando con unacoppa gocce di vinoverso un bacile. Dalsuono e dall’affonda-mento di eventualioggetti ivi galleggianti(molteplici erano levarianti del gioco) sitraevano auspici perimprese amorose.Pare anche che al cot-

tabo ci si giocassero direttamente i favo-ri di etère o dei “ragazzi” messi a dispo-sizione dal padrone di casa. Scene dicottabo sono esemplate in numerosi cra-teri e vasi magnogreci, compresi alcunicustoditi oggi nel Museo di Taranto.

Che i banchetti tarantini dovesse-ro essere, oltre che splendidi elussuosi, lussuriosi, è conferma-

to dalla fama di lascivia e lussuria che

Gastronomiadella

(6° parte)Una cena da Archita.Gastronomia e banchetto in Magna Grecia

di Giuseppe MAZZARINO

...un gioco eroticochiamato kòttabos:si effettuava lan-ciando con unacoppa gocce di vinoverso un bacile.

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s e m p r ea m m a n t ò

Ta ranto ,a n c h edopo lacaduta ela tra-

s f o r m a -zione in

una periferi-ca colonia del-

l’impero di Roma:anche ammettendo che si sia voluto unpo’ esagerare, per contrapporre il mitodella decadente e degenerata Taranto aquello (altrettanto esagerato) della puris-sima e durissima madre Sparta, resta inuna serie amplissima di campi la testi-monianza di una città che la dolcezza delclima e l’ubertosità delle terre (per nondire dell’altissima qualità dei vini...)aveva reso voluttuosaquant’altre mai: già lopseudo-Platone dell’e-pistola VII condannava,oltre ai banchetti, l’in-tensa attività sessualedei Tarantini (e dei Sira-cusani); nelle Leggi èproprio Platone, senzadubbi di attribuzione, amettere in scena unLacedemone indignato nel vedere «l’in-tera città ubriacarsi alle Dionisie»; Giove-nale ci dipinge una città sempre ubriaca,la «sfacciata ed incoronata Taranto,madida dei suoi vini», alla quale rinfac-cia di aver corrotto Roma; secondo Teo-pompo ed Eliano i Tarantini erano avvez-zi a bere fin dalle prime luci dell’alba e sipresentavano barcollando nell’agorà (la

fama dei Tarantini di essereeccessivamente devoti a Dionisoresterà nei secoli...); i Tarantinierano attentissimi alla cosmesi, sidepilavano, ungevano e profumava-no sontuosamente, curavano attenta-mente le lunghe chiome (in questoerano rimasti Lacedemoni) e frequenta-vano accanitamente le terme, anche inperiodo di guerra, anche quando eranosotto assedio; attentissimi alla moda,adottarono per le vesti anche maschili illussuoso bisso ed altri tessuti semitra-sparenti un tempo riservati alle donne;la reputazione delle ragazze tarantine fusempre ambigua, poiché, per quantogeneralmente descritte come moltobelle, esse erano considerate troppoinclini alle fatiche erotiche (tracce di que-sta cattiva reputazione sono nelle com-medie plautine, nella Tarentilla di Nevio

e in altri frammenti);addirittura un rimediocontro le malattieveneree fu battezzatocon un nome, taranti-nidion, derivato daquello della città. Ma itarantini erano anchemusici e poeti e com-mediografi, atleti ecavalieri (nel mondo

militare ellenistico «tarantino» divenneun tecnicismo per indicare un cavaliere);e, se è per questo, quand’era occasione,guerrieri valorosi, come nell’arco deisecoli impararono tutti i popoli locali,Romani non esclusi: la «imbelle Taren-tum», la «molle Tarentum» oraziana, lacittà «in qua molles et luxuriosi nascun-tur», come chiosa uno scoliaste dell’E-

...un rimedio controle malattie veneree fubattezzato con unnome, tarantinidion,derivato da quellodella città.

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neide, non era una città di ram-molliti. Era, più semplicemente,

una città ricca, ricchissima, e poten-te; raffinata, sapiente; in netto antici-po sui tempi; una città troppo civileper il contesto in cui si trovò, ricca diteatri, terme, palestre, biblioteche,

sale per concerti, scuole, portici, statue,giardini.

Lo splendore taran-tino, sibarita, sira-cusano fu distrut-

to dalla conquistaromana (Sibari per laverità era già statadistrutta da Crotone,ma fu la conquistaromana dell’intero Sud a far definitiva-mente tabula rasa della superiore civiltàmagnogreca). Il tenore di vita e la raffina-tezza della più grande Grecia crollaronoper non più risorgere. Dal violento con-tatto Roma trasse benefici immensi edinflussi civilizzatori (anche se non sem-pre apprezzati, come di solito avveniva daparte dei più retrivi moralisti, dal reaziona-rio Catone al bacchettone Giovenale).

Taranto donò a Roma la stessa lettera-tura latina con Andronico e con l’italicotarantinizzato Ennio, nonché il teatro efondamentalmente la pratica dei ludi(oltre al culto dei Dioscuri, i «ragazzi diZeus», ed ai culti dionisiaci, questi ultimipresto degenerati e strumentalizzatipoliticamente: il famoso scandalo deiBaccanali); dalla Magna Grecia giunseroa Roma (schiavi e no) filosofi, educatori,letterati, medici, scienziati - oltre a ton-nellate d’oro e d’argento, statue, quadri,scritti, vasellame, suppellettili ed orna-menti. Il Greco diventò la lingua di cultu-

ra, dei letterati e dei raffinati (ma anchedegli snob e dei preziosi ridicoli...).Per restare nel nostro più frivolo (appa-rentemente...) campo ricorderemo chedalla Magna Grecia i Romani importaro-no anche i panificatori e i cuochi (comegià, prima della caduta, avevano impor-tato, sia pure anche attraverso la media-

zione etrusca, la colti-vazione dell’olivo): lagrande gastronomiabarocca dell’Imperosarebbe altrimentiimpensabile. La termi-nologia stessa si pre-mura di ricordarcelo: ilcapocuoco si chiama

presso i Romani archimagirus, che èparola greca; Ars magirica è uno deinomi dell’opera di Apicio più nota comeDe re coquinaria. Greco è il nome dimolte delle preparazioni citate da Catonee poi da Apicio, come il nome che QuintoEnnio dà al suo poemetto-trattatellogastronomico ispirato ad Archestrato.Greci sono il garum ed il laser (silfio), glionnipresenti ingredienti della grandecuisine romana, e i vini greci - o di quel-la che era stata la Magna Grecia - domi-narono le tavole dei Romani fino allacaduta di Roma stessa (ed oltre, per laverità). Dalla Magna Grecia e dall’Elleni-smo, oltreché dall’Oriente in generale,furono presi i letti tricliniari e fu adattatala struttura stessa del banchetto, duran-te il quale si recitavano opere ispiratealla cultura greca.Graecia capta ferum victorem cepit, etartes intulit agresti Latio... e chi potreb-be dubitare più che anche la gastrono-mia sia un’arte?

Dal violento contattoRoma trasse beneficiimmensi ed influssicivilizzatori ...

(continua)

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Le cinquecentesche mura bastionatedel castello dell’imperatore Carlo Vlungo viale Marconi, fanno da natura-

le scenografia alle vetrine dell’enoteca diRoberto Azzolino, che con la moglie Mariada venn’anni vizia i palati dei salentini e deinumerosi turisti in visita nella incantevolecittà di Lecce, cuore barocco del Salento.

Era il 1987 quando i coniugi Azzolino rile-varono la preesistente bottiglieria CentroLiquori per trasformarla in una vasta vetrinadove oggi sono presenti più di 500 etichetteper i distillati e circa 800 etichette per vinoe derivati, ma non mancano i prodotti tipicilocali e la dolceria con confetture e miele.

Venti anni durante i quali abbiamo assi-stito al cambiamento dei costumi enoga-stronomici della gente e alla crescente cul-tura del vino. Negli anni ottanta si acqui-stavano le etichette conosciute perchèpubblicizzate sui giornali, si bevevano iliquori cremosi o i vini bianchi dai nomiesotici… oggi il cliente entra con le ideechiare, sa quello che deve acquistare, masi lascia consigliare, specialmente per gliabbinamenti vino/ cibo.

La fortunata location dell’enoteca fa si chesia meta di turisti in particolare nel periodoestivo, da cosa si lasciano sedurre?

Il turista entra sicuro di trovare il prodottolocale tipico, infatti per il vino la richiesta èespressamente di Negroamaro e di Primiti-vo di Manduria, due vitigni ormai alla ribal-ta. Noi proponiamo la versione dolce delPrimitivo di Manduria con i dolci tradizio-nali e le confetture. E’ bello riscontrare neiforestieri la conoscenza dei vitigni autocto-ni del nostro territorio, perchè anche dallenostre colture si può apprendere la nostracultura!

Nel periodo natalizio l’enoteca vive un inten-so fervore e Maria è molto impegnata…

Si, una delle nostre migliori performanceè la regalistica. Maria è molto brava nelrealizzare confezioni da regalo non conven-zionali, riuscendo ad accostare con origina-lità e gusto prodotti di qualità. A Natale ilvino di qualità è sempre apprezzato e chi loregala vuole fare bella figura, ecco perchéla confezione deve essere molto accurata!

Durante l’anno siete impegnati con le atti-vità che fanno capo a Slow Food e all’AIS, inche cosa consistono?

Per l’AIS Lecce siamo un punto di riferi-mento per tutte le iniziative organizzatedall’Associazione: collaboriamo con losvolgimento dei corsi per sommelier, dallaraccolta delle iscrizioni alla fornitura deivini. Agli eventi Slow Food partecipiamosempre con entusiasmo aderendo in pienoalla filosofia dell’associazione che difendee divulga le tradizioni agricole ed enoga-stronomiche del territorio.

Essere presenti sul territorio e protagoni-sti del mercato da venti anni vi permette ditracciare un quadro sintomatico della real-tà produttiva, oltre che commerciale delleaziende vitivinicole.

Sicuramente: con alcune aziende siamocresciuti insie-me. Di norma cipiace lavorarecon realtà chehanno alle spalleuna consolidataesperienza e unariconosciuta tra-dizione di quali-tà. Lavoriamomolto con le can-tine ‘sociali’, testimoni di una realtà lavo-rativa, ma anche culturale che dobbiamopreservare. Ci piace conoscere il produtto-re, sapere chi è l’enologo, informarci sullafiliera del prodotto: è una garanzia per ilnostro cliente, ma anche per noi! Mante-niamo un continuativo dialogo con i nostriproduttori/fornitori, sia direttamente checon questionari: utile comunicazione escambio di informazioni per entrambi.Oggi l’offerta di vino è aumentata, le nuoveetichette non si contano, ma la voglia diaggredire il mercato può concretizzarsi peralcune aziende in scelte commerciali infeli-ci a scapito della qualità del prodotto. Nonci si può improvvisare cantinieri o contadi-ni. Bisogna avere rispetto del duro lavoro ditante donne e uomini, di intere famiglie: èquesto quello che vedo e apprezzo in unabottiglia di vino!

Enoteca Castello Carlo V

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Aun mio amico che loincontrò per caso enon seppe resistere

alla tentazione di parlargli,ricorrendo, per imbarazzo, alpiù stupido degli approcci,

ma Lei, è Carmelo Bene?, eglirispose, dopo opportuna pausa:anche. La meravigliosa rispostaZen troncò le già timide velleità didialogo del mio amico. Certo, CB,come noi, del resto, era cosa diver-sa da un riferimento anagrafico.Era una reincarnazione di SanGiovanni della Croce, era unfolletto seducente, era unbambinello sballottolatodalle tabacchine, ignarodel suo cognome, dell’esi-stenza di qualsiasi cogno-me. Era la Voce, l’incarnazio-ne del divino in apparato fonico.Era questo ed altro.

Era altro soprattutto rispettoalle immagini risapute,quelle che lo inquadrano

più aridamente di un casellarioanagrafico. Ho sempre avuto diffi-coltà a controbattere alle conside-razioni sprezzanti delle personecomuni: chi, quello che spara caz-zate sul Milan in televisione? Quel-lo con i capelli tinti? Ancor peggiocon gli intellettuali: come può inte-ressarci il narcisismo decadente diun tale personaggio? Ho sentito

mediocri attori, specie se inse-gnanti di recitazione sibilare:senza i microfoni non sarebbe nes-suno, quello, noi sì che sappiamofar sentire fino alle ultime file lanostra voce (il raglio, correggereb-be Lui).

Ma trasmettere i mieientusiasmi riesce forsepiù difficile con quelli

che lo stimano. Moltissimi apprez-zano l’attore - o si arrendono

all’apprezzamento dellerecensioni. Certo, egli è

stato «anche» grandeattore, splendidamarionetta sfuggen-te di Tre nel Mille odel suo Nostra Signo-

ra, come di tanteScene. E l’equivoco è

stato alimentato proprio daBene, quando si definiva UnicoAttore. In realtà CB è un cantante,come ben sanno i musicisti stra-nieri che ascoltano la sua lecturasenza comprendere la lingua diDante ma godendosi terze e accor-di. Anche Bene, alla fine, si riferivaai suoi spettacoli come a concerti ea se stesso come alla Callas delteatro.

Quello che viene tralasciatoè l’uomo di cinema. Inten-diamoci, qualsiasi croni-

sta rammenta l’elenco, magari

sarà leiAttoredi Elio PAOLONI

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incompleto, dei suoifilm. Ma come di un’atti-vità accessoria, saicom’è, tanti attori oromanzieri si tolgono losfizio di mettersi dietrola macchina da presa.Cinema d’avanguardia,lui faceva teatro d’avan-guardia e ha fatto un filmdal suo libro. Così siliquida uno dei più gran-di registi di tutti i tempi. Regista? Comeposso limitare così la sua statura? Sceneg-giatore, macchinista, operatore, fotografo,sviluppatore e stampatore, curatore dellemusiche, montatore. Con Nostra Signoradei Turchi, da solo (be’, mettiamoci un paiodi amici) senza una lira - e nessuna espe-rienza - ha rivoluzionato (rivoluzionato?Capovolto, riazzerato, spernacchiato, resu-scitato) il linguaggio cinematografico, rega-lando al mondo un affresco del Salento - odell’universo - paragonabile più alla Sisti-na che ad altri film. Conqualche lira in più ci haabbagliato con Salomè.Quali aggettivi inventareper questo Sole d’altregalassie? Già in cassetta,su un mediocre televisore,dobbiamo bloccare dopoun minuto, far riposare gliocchi e riavvolgere perassimilare i tesori di ric-chissime e sempre troppobrevi inquadrature. Forsela ricerca della luce era unacaratteristica degli anni:contemporaneamente Fel-lini, nello stabilimento atti-guo, girava la luminosissi-ma scena del papa al défilésacro di Roma. Ma Bene

era già oltre: tra l’altro ha annu-sato, ordinato e reinventato deipannelli appena prodotti dalla3M. Ha perfezionato le tecnichee se ne è andato. Lo avesse fattoun Kubrick, che studiava luci erimestava emulsioni a quindicianni, beh, niente di strano. Mail background di CB potrebbeessere definito cerebro-operisti-co o gesuitico-shakespeariano.Eppure si è costruita, perfezio-

nata e calibrata, la sua protesi elettronicavocale. È lui il primo, vero, inimitabileuomo bionico. E può permettersi di rinne-gare, rimuovere, minimizzare. Non mi inte-ressa, risponde di continuo a Ghezzi chevuol riportarlo al cinema, in tutti i sensi. Haesaurito il suo discorso, si direbbe. Haesaurito il cinema, direi io.

Il cinema, si sa, è un circolo abbastan-za chiuso, con le sue logiche industria-li e il fiato corto dell’attualità, per non

parlare della deteriorabilità del supporto.

La conoscenza e la memo-ria degli scritti, però,dovrebbe essere più

ampia e duratura, almeno incerti circoli. Eppure nessunodice che Carmelo Bene è unodei nostri più grandi scrittori.E non sto certo parlando delSalento. Qualcuno ne ha scrit-to, ovviamente. E non è un casoche tra le Opere Bompiani cisiano le sue. Ma nelle cronacheletterarie si pone l’Italia sotto ilsegno di chiunque, dalla Balle-stra a Volponi, da Brizzi alla DiLascia, da Citati a Tondelli.Tranne che sotto il segno dellaprosa (prosa? divertitevi a divi-dere in endecasillabi) senzatempo e senza luogo del Bene.

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Mi è sembrato più con-veniente, dovendopresentare gli attrezzi

relativi alla mietitura, conserva-ti nella nostra raccolta museale,inserirli nel contesto delle ope-razioni del mietere, avvertedoche i termini dialettali riportati,come al solito, attengono al dia-letto di Manduria.

Dalla metà di giugno allametà di luglio arrivava il tempodelle messi (lu tiempu ti miéssi)

durante il quale il contadino effettuavala mietitura dei cereali maturi (grano,orzo, avena). Questa operazione, checonsiste nel taglio degli steli percogliere le spighe, prima dell’avven-to dellemacchine agricole quali fal-ciatrici, mietitrici e mietitrebbiatrici(fine del XIX secolo) avvenivamanualmente, come manualmeneveniva pure praticata la semina.

Nella mietitura il contadino ponevatutte le sue speranze per un raccoltoche lo ripagasse dei sacrifici di unalunga e dura annata agraria, deitanti lavori preparatori e di tante tre-pidazioni e ansie ‘meteorologiche’patite, specialmente nel periodoinvernale e primaverile.

In presenza di grandi proprietàfondiarie coltivate a grano, comenella Capitanata e in Lucania sino

ai primi decenni del secolo scorso,durante il periodo della mietitura, cre-scendo la necessita di reperire manodo-pera bracciantile non disponibile sulposto, si ovviava con l’impiego di lavo-ratori che accorrevano numerosi dallealtre province pugliesi ed erano ingag-giati con contratti dagli stessi proprieta-ri o dai loro fiduciari. Questi bracciani,aggregati in compagnie che talvolta rag-giungevano il considerevole numero di

50 unità, facevano riferimento ad uncapoccia l quale, con grande anticiposull’inizio delle operazioni, pattuivamodalità di lavoro, salario e beni diristoro quali pane, oio, sale, companati-co, ecc. per la sua squadra.

Questo non avveniva a Mandu-ria, che notoriamente inveceesportava buoni mietitori, o

nella nostra provincia dove la forzalavoro locale era sufficiente a soddisfa-re le esigenze di manodopera da partedi aziende agricole piccole o medie perlo più a conduzione familiare. Rare,quindi, erano le squadre (parànze),composte da tre o qattro mietitori e daun legatore, che operavano di solitonegli appezzamenti di grosse masserie,spostandosi anche in paesi diversi delterritorio per tutto il periodo della mieti-tura; il lavoro più spesso era portatoavanti dalla famiglia del colono (conl’impiego di donne e ragazzi) se maiallargata ad altri componenti estranei,con i quali ci si scambiava simili favori.

Il fronte del campo da mietere eraaffrontato dai mietitori che impugnava-no nella mano destra la falce dentata,accuratamente affilata con la lima asezione triangolare (triangulèttu) e conla cote (petra mola). Questo strumentoantichissimo, chiamato dai Romani falxmessoria, era di acciaio malleabile, for-giato dai nostri fabbri ferrai e presenta-va una lama sottile e stretta, poco

di Rino CONTESSA

La mietitura (lu mètiri)e i suoi attrezzi a Manduria, ieri.

reperti e

manufatti dal

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ricurva, con il tagliente dalla parte concava,munita di dentelli rivolti verso il manico, cheera di legno e terminava a becco di civetta peruna facile tenuta.

La mano sinistra, invece, che affer-rava il mannello (scèrmite o scièr-miti) di spighe da tagliare e che

di volta in volta venivaseghettato con un solcolpo deciso e rapido,era protetta da eventualitagli della falce con ditalidi canna (cànnuli), men-tre un cappellaccio dipaglia, dalle larghe tese,un rustico fazzoletto,legato intorno al collo oappeso alla cintola, ed uncamicione di tela grezza, accollato e con lemaniche lunghe, completavano l’equipaggia-mento del mietitore, difendendolo dal sole,dal sudore e dalle punture delle spighe.

I ditaloni di canna, che venivano infilatinel medio, nell’anulare e nel mignolo dellamano sinistra, lasciando al pollice ed all’in-dice piena libertà di muoversi, erano peruna parte della loro lunghezza, in corrispon-denza delle falangi e del dorso, tagliati ametà per consentire l’articolazione delle dita.

Non più di tre potevano essere i mannelli digrano, che, falciati e singolarmente legati conuno stelo dello stesso grano avvolto intorno,erano trattenuti dal mietitore prima di esserelasciati cadere a terra, per essere raccolti dallegatore (liànte) che seguiva, spostandosirapidamente dall’uno all’altro dei falciatori.

L’altezza del taglio delle spighe avveni-va all’incrca a 30-40 cm dal suolo, perconsentire di bruciare le stoppie e

migliorare così la concimazione del terreno;un taglio più basso invece era collegato allanecessità di disporre di più paglia da utilizza-re come foraggio per gli animali o per lettiere.

Vario il numero di mannelli che formavano ilcovone (mannùcchju): erano tanti quantipotevano essere trattenuti tra il braccio sini-stro ed il corpo e stretti insieme poi con unlegaccio (àusu) costituito sempre da spighe,scelte tra le più lunghe e robuste, che eranoattorcigliate e ritorte tra loro in cima e poi pas-sate attorno al fascio. I covoni, lasciati dallegatore in piedi con le spighe rivolte in alto,

solo successivamente venivano riuniti (se innumero di tre o quattro formavano l’urrièddu,se superiore, il cumulo prendeva il nome di

mannucchjàru, se infine si arriva-va sino a venti covoni si aveva lusiéddu), ed erano ancora trattenu-ti nel fondo diversi giorni, per con-sentire ai chicchi di asciugarenelle spighe e raggiungere la giu-

sta maturazione, prima di essere traspor-tati sull’aia.

La sistemazione dei covoni, lasciati aseccare, richiedeva una certa attenzione esi eseguiva facendo in modo che le spighefossero rivolte verso l’interno e fosserocoperte con uno o più fasci appoggiatiorizzontalmente ed in opposizione ondeassicurare la migliore protezione in caso

di temporali improvvisi e consentire l’aerazio-ne interna e l’essiccamento degli steli.

Raccogliere e mettere insieme imannelli di grano falciato (scir-mitàri), legare i manipoli per

fre il covone (mmausàri), disporre icovoni in mucchi (nsiddàri)

erano operazioni svolte egre-giamente anche da

donne o daragazzi; a

q u e s t iu l t i m i

era asse-gnato inol-

tre il compito dinon far mancare agli operai la preziosa e risto-ratrice acqua che era trasportata e conservatafresca nell’orciolo di creta (mmili).

La lunga giornata lavorativa dei mietitoriiniziava alle prime luci dell’alba e terminavaal tramonto, da sole a sole si diceva, ed eraaltrettanto dura e faticosa dovendo operarecostantemente sotto un sole implacabile, nelperiodo più torrido dell’anno.

Concludendo con la sapienza popolare, solodue proverbi: pi cincu mitituri no basta nulianti (per cinque mietitori non basta un lega-tore); sciàmu a San Catàutu e puei inìmu, lucranu jè ncannulàtu e lu uèrgju è chinu ((tral’andare e il ritornare da Taranto per la festadel protettore San Cataldo, che cade il 10mggio, al grano è già indurito il fusto mentrel’orzo si è riempito).

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CARDONCELLI FRITTI (in pastella)

La Puglia, per quanto riguarda i funghi, possiede una nettadiversificazione tra prataioli e collinari. Fra i primi annove-riamo “il cardoncello”, fungo che si può consumare con

pasta, riso, gratinato fritto, arrosto e che - per le sue caratteristiche organolettiche- mantiene inalterate le sue doti esaltando l’ingrediente in associazione. Il fungocardoncello, per lesue qualità descrit-te sopra, è oggettodi numerose inizia-tive, quali: «La festadel fungo cardon-cello» a Gravina diPuglia (BA), «Lasagra del fungo car-doncello» a Miner-vino Murge (BA).Tutto ciò testimoniail valore e dell’im-portanza di questoprodotto, che vantanumerosi estimatori in tutta Italia, e non solo.

INGREDIENTI:Cardoncelli gr. 200Farina gr. 200Acqua q.b.Sale q.b.Pepe q.b.Olio extra vergine d’oliva gr. 300

PREPARAZIONE:Lavare bene i cardoncelli e farli asciugare.Preparare la pastella con la farina, il sale, il pepe.Aggiungere l’acqua poco alla volta, ottenendo così, una pastella densa.Versare i cardoncelli nella pastella e friggerli nell’olio bollente.

di Benedetto MAZZA

ABBINAMENTO CONSIGLIATO: ELEGIA

Grandissimo Primitivo (età dei vigneti: 50 anni) dal colore rosso rubino con riflessigranati intensi sull’unghia, profumo complesso di frutti di bosco matura (lampone,mora e ciliegia) e confettura di prugna con chiari sentori speziati. Sapore secco, per-sistente e tannico, arrotondato dal ventaglio delle note tostate. Temperature di ser-vizio 16 °. Consigliato per arrosti, brasati e funghi.

carduncièddi fritti

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In attesa di un ormai imminente re-styling diquesta rubrica (sinora dedicata quasi esclu-sivamente al panorama musicale del Salen-

to e che invece presto vorremmo destinare adun più corposo discorso di interazione tra levarie espressioni artistiche del tacco d’Italia), ciaccingiamo a parlarvi in questo numero di uneccellente musicista, Antonio Rugolo, artistatarantino che vanta interessanti collaborazioninel suo carnet e a cui, soprattutto, si deve lariscoperta di Guido Santòrsola, compositoreitalo-uruguaiano molto noto nel mondo latino-americano che in Europa non aveva ancora uncampione interpretativo.

Ma procediamo per gradi: è il 2004quando Antonio Rugolo esordisce -come solista - nel mondo della disco-

grafia con il cd “Guitarreo” pubblicato dallaStradivarius, opera accolta con unanime favoredalla critica internazionale: «...seldom has itsounded so poetic, and I liked it very much.(C. Cooper “CLASSICAL GUITAR”)», «Grandedote del giovane chitarrista è il controllodella qualità del suono anche ai limiti del vir-tuosismo tecnico. I caratteri ci sembranoassolutamente scolpiti nel diamante. (F. Bira-ghi-”IL FRONIMO”)».

Nato a Taranto nel 1972, dopo aver vinto intutta Italia molti dei più importatnti concorsinazionali, si diploma nel 1994 con il massimodei voti sotto la guida di Pino Forresu. Frequen-ta successivamente, le Masterclass di Alirio Diaze dal 1996 al 2001 si perfeziona con FrèdèricZigante alla “Fondation CIEM Mozart” di Losan-na. Nello stesso anno vince due premi in Con-corsi Chitarristici Internazionali: 2° Premio a Via-reggio e 1° Premio al “Nicola Fago” di Taranto. Apartire dal 1997, sotto la guida di Oscar Ghiglia,ottiene nei successivi quattro anni il diploma dimerito presso l’Accademia Chigiana di Siena.Nel maggio del 1998 esordisce come solista nel-l’Orchestra Sinfonica dell’Università Cattolica diMilano con il Concerto Op.99 di Mario Castel-nuovo-Tedesco.

Nel 2000 continua a riscuotere successi incompetizioni chitarristiche internazionali vin-cendo il 2° Premio alla XXV edizione del Concor-so Internazionale Chitarristico di Gargnano e il1° Premio al Concorso Chitarristico Internaziona-le di Isernia “Premio Città dei Sanniti”; nel set-tembre del 2001 vince il 1° Premio al ConcorsoChitarristico Internazionale di Savona “Omag-gio a Joaquin Rodrigo”.

Accanto all’impegno didattico come inse-gnante di chitarra nelle Scuole Statali adIndirizzo Musicale, svolge la sua attività

concertistica prevalentemente come solista edin duo con la flautista Nicoletta Di Sabato, indiverse località italiane ed europee. Partecipainoltre, con la sua chitarra, alla realizzazione delcd “L’ultimo bivio” edito da RAI Trade nel 2006.

Le sue incisioni sono più volte mandate inonda da diverse reti nazionali italiane edeuropee (RAI Radio3, Rai Filodiffusione,

Sveriges Radio P2 ecc.). Arriviamo al 2006 quan-do va in stampa il cd Concerto a Cinque, regi-strato con il Quartetto d’archi Paul Klee, intera-mente dedicato – come avevamo accennato – allavoro di Guido Santòrsola, del quale sarebbeopportuno forse tratteggiare una breve biografiapoiché il compositore di origine italiane (nacquea Canosa di Puglia nel 1904) è il simbolo di unasensibilità musicale tutta latina, in grado di vali-care con successo l’oceano sino a raggiungereMontevideo (dove Santòrsola morì nel 1994).Strepitoso inventore di molta musica sinfonica eda camera, Santòrsola ha nei decenni trovatoinnumerevoli esecutori tra gli artisti americanisoprattutto grazie alle sue creazioni dedicatealla chitarra. Pugliese di nascita emigrò dappri-ma in Brasile (dove fu allievo di Zaccaria Autuo-ri) per poi trasferirsi a Montevideo, in Uruguay,per far parte del quartetto d’archi del Sodre,colonna portante della vita musicale nazionale.Negli anni maturò, con una attitudine tuttaeuropea, una concezione personalissi-ma della musica per strumenti acorde, arrivando a dare lezioni alnoto chitarrista Eduardo Fer-nandez (due suoi manuali dicomposizione sono ancoraoggi considerati capisaldidella didattica). Fu amico diAndres Segovia e Abel Carle-varo, dai quali ebbe notevoliinfluenze e coi quali instauròrapporti di amore/odio comu-ne ai grandi artisti.

Antonio Rugolo in questolavoro d’esecuzione reinterpretail linguaggio forgiato da Santòrsola,

uno stile che amalgama in maniera perfetta laserialità con alcune soluzioni tonali in un tes-suto polifonico complesso, talvolta barocco,che mette in risalto il ruolo della chitarra nellepartiture da camera.

Chitarra da camera

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FLAVIA PICCINNI • Adesso Tienimi (FAZI EDITORE)

In giro per la Puglia capita di incontrare giovani che, umilmente e con pas-sione, si dedicano a riscoprire arti antiche e raffinate. Cresciuto nella botte-ga ‘Petre’ di Renzo Buttazzo, Gabriele Pici impara a conoscere i segreti dellapietra leccese. Ad essa si dedica con ardore. La natura nelle sue ricche mani-festazioni, alberi, rocce, fossili, con la sua forza e bellezza è fonte della suaispirazione. La pietra come mezzo di emulazione, come possibilità di creareuna natura seconda. «Estraendo la pietra dal suo contesto originale cerco didarle una nuova vita che è specchio della sua essenza. Peculiarità del miolavoro è quella di utilizzare unicamente mani, utensili, scalpelli ; e ciò fa sìche si crei una simbiosi con il materiale. La pietra leccese come tramite tra ilproprio pensiero e la rappresentazione di esso». Date un’occhiata al suo sito:ne vale la pena.

Cerchiamo di fare chiarezza: il libro si legge in un attimo. Scorre veloce eappassiona. C'è una storia d'amore forte, che coinvolge. Si parla di sesso. Eanche di amicizia. E c’è lo sguardo su una realtà metropolitana che lascia l’a-maro in bocca. Si può pretendere di più? No. Perché Flavia Piccinni ha 21anni. Da più parti si legge di lei come dell'enfant prodige della narrativa ita-liana. È davvero così? Intanto ha vinto il CCaammppiieelllloo GGiioovvaannii, e questo è undato di fatto! Di certo ha talento da vendere. I temi sono giovanili - quindi,astenersi non interessati al genere, please! - ma il romanzo è ben più di unsemplice racconto adolescenziale. Perchè, tra le tante cose, il libro è ancheuna dichiarazione d'amore (tormentata, contraddittoria e appassionatacome tutte le dichiarazioni d’amore) alla città di Taranto. Qualche tiratinad’orecchi, questo sì, alla casa editrice Fazi, che per battere cassa (ma infondo come si fa a darle torto, visti i tempi di magra dell’industria culturale

nazionale?) mette in copertina una foto di evidente richiamo «Moccesco», ma Tre metri -uffa! - sopra il cielo, ringraziando Iddio, non abita da queste parti. Da leggere. Meglio: daregalare a una nipotina per iniziarla ad un - si spera - imperituro amore per i libri. (O. Di M.)

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GABRIELE PICI • www.gabrielepici.com

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Vino e dintorni

•• GGiiaappppoonnee,, NNiinntteennddoo llaanncciiaa uunn ggiiooccoo ssuull vviinnoo.. Nintendo, il gigante giapponese deigiochi elettronici, vuole crearsi uno spazio di mercato tra gli appassionati di vino:“BBeeggiinnnneerrss WWiinnee DDss”, un gioco che si rivolge a chi vuole iniziare a capire l’arte del vino.Si tratta di consigli nella scelta del vino, nozioni sulle tecniche di degustazione, vocabola-rio del vino e una selezione di 120 etichette adatte alle varie occasioni (cena romantica, atavola con gli amici…). «È un gioco che vuole rendere accessibile a chiunque il vino»annuncia la fabbrica giapponese che si rivolge soprattutto al mercato interno.

•• DDuuee bbiicccchhiieerrii ddii vviinnoo aall ggiioorrnnoo aaiiuuttaannoo aa mmiigglliioorraarree llaa mmeemmoorriiaa mentre bere alcolin eccesso rinforza ricordi negativi in contraddizione con il luogo comune che invitaa bere per dimenticare, è quanto afferma la ricerca svolta dall’UUnniivveerrssiittàà ddii AAuucc--kkllaanndd pubblicata dal JJoouurrnnaall ooff NNeeuurroosscciieennccee. Lo studio hapermesso di aumentare le conoscenze nella cura dei pro-blemi di memoria, come il morbo di Alzheimer e altremalattie simili. Si tratta peraltro di una conferma del valoredella dieta mediterranea e sul tradizionale bicchiere di vinoconsumato a tavola in pasti regolari che hanno consentito agliitaliani di conquistare il record della longevità con una vitamedia di 77,2 anni per gli uomini e di 82,8 anni per le donne,nettamente superiore alla media europea.

Dal Consorzio Produttori Vini

•• WWoorrlldd TTrraavveell MMaarrkkeett è la fiera che si svolge a Londra da13 anni e propone all’industria turistica mondiale l’oppor-tunità di fare incontri, creare contatti, ma soprattutto esse-re al passo con i più recenti sviluppi dell’industria del set-tore. Giovedì 15 novembre, all’interno del padiglione Italia,stand della regione Puglia, in degustazione il vino Primiti-vo di Manduria MMAADDRRIIGGAALLEE dolce naturale, prodotto dalCPV, in abbinamento ai fichi mandorlati di San MicheleSalentino, un connubio di gusti ormai consolidato.•• 1122 sseetttteemmbbrree. Il Consorzio Produttori Vini al PremioInternazionale del vino MUNDUSvini 2007 in Germania, ilpiù grande concorso enologico al mondo ufficialmentericonosciuto:MMeeddaagglliiaa dd’’oorroo ppeerr EELLEEGGIIAA 22000044 PPrriimmiittiivvoo ddii MMaanndduurriiaaDDOOCCMMeennzziioonnee ppeerr LLIIRRIICCAA 22000044 PPrriimmiittiivvoo ddii MMaanndduurriiaa DDOOCCIl riconoscimento ottenuto autorizza i produttori dei vinipremiati ad indicare sull’etichetta della bottiglia il premio conferitogli.•• 7755°° aannnniivveerrssaarriioo CCPPVV.. Il CCoonnssoorrzziioo PPrroodduuttttoorrii VViinnii ddii MMaanndduurriiaa celebra nel 2007 il 75°Anniversario della sua fondazione. Come tradizione, per il sesto anno consecutivo, il Con-sorzio Produttori Vini ha festeggiato la ricorrenza nel mese di luglio, non solo con i suoi400 soci, ma anche con i tanti amici della cantina e gli auguri del Sindaco di Manduria. Adallietare la serata, presso il Piazzale della Cantina, è stato il concerto spettacolo con musi-che, canzoni e recitazione SSaaxx,, LLiirriiccaa && SSoonnggss ad esibirsi è stato ll’’EEnnsseemmbbllee TTiittoo SScchhiippaa ::nove musicisti di grande spessore artistico coordinati dal maestro Giampiero Perrone, lavoce del tenore Dionigi D’Ostuni ed il clarinetto di Ruggero Palazzo.

NOME: Arturo d’Ayala Valva SOCIO DAL 1973ATT. PRINCIPALE: agronomo viticoltore

LA COSA PIU’ BELLA DELLA CAMPAGNA:vivere la natura

LA COSA PIU’ BRUTTA DELLA CAMPAGNA:gli eventi atmosferici avversi che possono

distruggere in un attimo il lavoro di un anno.UN OBIETTIVO IMMEDIATO:

un auspicio, che il settore agricolosuperi presto il momento di crisi

IL VINO È: pura poesia

Con affabile eleganza ricorda che sono passati più di trent’an-ni dal giorno in cui è divenuto socio del CCoonnssoorrzziioo PPrroodduuttttoorriiVViinnii. Agronomo per passione e per tradizione. Da sempre la

sua famiglia, è stata protagonista della vita agro-vitivinicola del ter-ritorio, e questo forte legame con la terra è percepibile dalla gran-de venerazione con cui ne parla. Nei racconti quotidiani, le parolededicate alla terra sembrano rivolte ad una gentildonna da omag-giare ed inchinarsi ogni volta la si incontri: «anche gettare unacarta o lasciare rifiuti tra i filari è sinonimo di incuria, di mancanzadi rispetto, non lo posso sopportare...!» Aveva appena un annoquando l’affezionato prozio Arturo, lo ricorda nel testamento per-ché ereditando i terreni di famiglia«ne continui il nome e sia d’e-sempio di rettitudine e di bontà, verso i lavoratori della terra”,parole che non dimenticherà mai! È conscio che l’essenzialismosfrenato di oggi ha penalizzato il formalismo barocco di ieri, manon sempre semplificare è un vantaggio,«guardiamo l’architettura,per esempio: spesso alle fredde linearità del cemento si rimpian-gono le laboriose armonie dei portali di un tempo...» Cura e rispet-to per la terra, amore per il bello, completamente inteso. Questo miha trasferito il Dott. Arturo d’Ayala Valva.

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