L’evoluzione dell’agricoltura italiana nel Novecento. …...3.2 La prima guerra mondiale e il...
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UNIVERSITÀ TELEMATICA PEGASO
Corso di laurea in
Economia Aziendale
Insegnamento di
Storia Economica
L’evoluzione dell’agricoltura italiana nel Novecento. Il caso di San Potito Sannitico.
Anno Accademico
2014-2015
RELATORE: Prof. Stefano Palermo
CANDIDATO: Pierpaolo Lombardi
Matr. 060130404
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L’evoluzione dell’agricoltura italiana nel Novecento. Il caso di San Potito Sannitico.
Indice
Introduzione p. 04
Capitolo 1. Le politiche economiche del fascismo e la battaglia del
grano 1922-1943
1.1 Il contesto economico e politico del primo dopoguerra e la
conquista del potere del fascismo
p. 07
1.2 Le principali fasi e azioni della politica economica del fascismo p. 12
1.2.1 La bonifica agraria p. 15
1.2.2 La battaglia del grano p. 19
1.2.3 La battaglia demografica p. 22
Capitolo 2. Dopoguerra, ricostruzione e riforma agraria
2.1 Il secondo dopoguerra p. 24
2.2 La ricostruzione e il Piano Marshall p. 28
3.2 La riforma agraria p. 32
Capitolo 3. Il caso di San Potito Sannitico
3.1 Il paese p. 38
3.2 La prima guerra mondiale e il primo dopoguerra a San Potito p. 40
3
Sannitico
3.3 Gli anni del fascismo a San Potito Sannitico p. 43
3.4 La seconda guerra mondiale a S. Potito Sannitico p. 45
3.5 Il secondo dopoguerra p. 50
3.6 Ipotesi di futuro per il paese p. 53
3.7 La proposta: una esposizione permanente delle macchine agricole
d’epoca del Sannio
p. 61
Conclusioni p. 66
Bibliografia e fonti archivistiche p. 68
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Introduzione
Ho scelto di laurearmi con un elaborato finale in Storia Economica
innanzitutto perché ho trovato interessante la disciplina e poi perché questo
esame mi ha dato l’opportunità di riflettere su quanto fosse alto il
coinvolgimento di una piccola comunità come San Potito Sannitico, il mio
paese di origine e di residenza attuale, nella costruzione della storia della
Nazione e su come la sua pur povera economia si riflettesse nelle scelte
economiche dei governi che si sono succeduti in Italia dal primo dopoguerra ad
oggi.
Un piccolo paese distante dalle principali direttrici di traffico, un luogo
che ancora oggi si raggiunge con qualche difficoltà, con una forte identità, un
proprio dialetto e un una propria storia, eppure pienamente coinvolto degli
avvenimenti e della politica nazionali. Documenti alla mano vedremo che la
storia d’Italia è la storia di San Potito Sannitico e che le scelte politiche operate
nella Capitale hanno avuto ripercussioni anche in questo piccolo paese
dell’entroterra italico.
Come qualsiasi altro piccolo centro abitato d’Italia, San Potito Sannitico
ha dato il suo contributo di vite umane nei due conflitti mondiali e vissuto le
difficoltà della guerra e del dopoguerra ed ha avuto l’opportunità di vivere a
pieno la magia dello sviluppo economico che investì l’Italia a partire dagli anni
‘50.
Oggi San Potito Sannitico è alla ricerca di nuove opportunità, e questo
lavoro si inserisce in questo contesto con una proposta modesta ma attuabile
anche con costi limitati, che suggerisce di cavalcare la passione per le
macchine agricole d’epoca che sta vivendo il paese e il territorio circostante, la
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progettualità già avviata su un’area dismessa di grosse dimensioni di proprietà
del Comune e l’apertura e la disponibilità dell’Amministrazione comunale.
Con l’intento di sviluppare ulteriormente la conoscenza e l’analisi
complessiva del luogo e dare ai giovani studenti universitari la percezione che
la Comunità investe su di loro una parte importante del proprio interesse dando
una, sia pur minima, speranza per il futuro, l’Amministrazione comunale di
San Potito Sannitico, difatti, ha destinato risorse finanziarie a favore di quegli
studenti italiani o stranieri che presentano tesi di laurea universitaria di cui il
paese San Potito Sannitico è oggetto di studio.
In sintesi, nel primo capitolo di questa tesi ho affrontato il contesto
politico-economico del primo dopoguerra e le principali cause della conquista
del potere da parte del fascismo in Italia per poi soffermarmi, nel secondo
capitolo, sulla ricostruzione che ha fatto seguito alla seconda guerra mondiale e
sulla riforma agraria degli anni 50. Infine, nel terzo capitolo, ho inserito la
storia di un piccolo paese della provincia di Caserta, San Potito Sannitico, nel
contesto della storia d’Italia per arrivare ad una proposta per
l’Amministrazione comunale che ha l’intento di dare un piccolo contributo allo
sviluppo economico del territorio.
In mancanza di pubblicazioni locali specifiche sull’argomento, per
dimostrare la partecipazione del paese alla vita politica nazionale ho utilizzato
documenti provenienti dall’archivio storico comunale, principalmente
comunicazioni della prefettura, delibere degli organi comunali o del podestà e
indagini statistiche.
Non è casuale se nei primi due capitoli di questa tesi mi sono soffermato
sull’inquadramento e sull’analisi storico-economica del periodo che va dal
primo dopoguerra al miracolo economico, infatti appartengono proprio a quegli
6
anni la maggior parte delle macchine agricole d’epoca che entrano in gioco
nell’idea che andrò a sottoporre all’attenzione degli Amministratori del
comune di San Potito Sannitico.
L’ultimo paragrafo del terzo capitolo di questa tesi è quindi dedicato alla
proposta di realizzare, nel contesto della progettazione e programmazione
dell’Amministrazione comunale, all’interno di un’area oggi dismessa e
realizzata a suo tempo con finanziamenti della Cassa per il Mezzogiorno, una
mostra permanente delle macchine agricole d’epoca che hanno lavorato nel
Sannio nel periodo storico preso in esame, e che possono diventare un
attrattore per il territorio oltre che rappresentare una memoria collettiva a
testimonianza della meccanica agraria dell’epoca.
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CAPITOLO 1
Le politiche economiche del fascismo e la battaglia del
grano 1922-1943
1.1 Il contesto economico e politico del primo dopoguerra e
la conquista del potere del fascismo
Prima di passare a trattare le politiche economiche del fascismo è il caso
di capire in quale contesto internazionale e nazionale operasse Mussolini e con
quali strategie il fascismo abbia conquistato il potere.
Al termine della prima guerra mondiale l’aspetto geografico europeo
risulta completamente trasformato: la Germania era stata ridimensionata nei
suoi territori e avevano visto la luce nuovi stati, quali Jugoslavia,
Cecoslovacchia, Polonia, Ungheria.
Ma, cosa di non poco conto, l’Europa era stretta nella morsa di gravi
problemi economici, anche a causa del difficoltoso reinserimento dei reduci in
un apparato industriale distrutto e da riconvertire dal bellico alla produzione
civile, situazione che era ancora più difficoltosa nelle nazioni che erano state
sconfitte in guerra a causa delle onerose ricostruzioni che erano state loro
imposte.
Le nazioni europee si vedono spesso ridotte al ruolo di debitrici nei
confronti di nazioni emergenti, quali Stati Uniti d’America, che avevano
rafforzato la propria posizione di supremazia anche in conseguenza delle
richieste di forniture dei paesi alleati.
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La gravissima crisi economico-finanziaria che affligge l’Italia del primo
dopoguerra aveva indotto alla fame la popolazione ed il sacrificio di vite
umano causato dal conflitto, stimato in non meno di 650.000 tra caduti in
combattimento, detenuti in prigionia o per traumi o malattia e dispersi, aveva
tolto braccia alla terra e aveva provocato una conseguente diminuzione della
produzione agricola.
L’economista e storico dell’economia Pierluigi Ciocca riferisce che “ …
sul piano economico il conflitto ebbe rilevanti conseguenze negative nell’intero
periodo 1914-21. Provocò altresì ripercussioni di più lunga durata , diffuse e
profonde. Le prime si riassumono in una forte inflazione e in turbamenti
pervasivi, devastanti, nella distribuzione del reddito e della ricchezza. Le
seconde riguardavano soprattutto tecnologia, dimensione, concentrazione,
controllo nei maggiori gruppi industriali … l’impegno bellico comportò un
impegno della spesa pubblica dal 17 (1943) al 40 per cento (1918) del
prodotto interno lordo… gli anni che seguirono la fine delle ostilità furono di
fortissima tensione sociale e politica. Gli scontri tra fazioni degenerarono, con
centinaia di morti e ancor più numerosi feriti: una guerra civile. Ne scaturì
l'ascesa del fascismo al potere nell'ottobre del 1922.”1.
Per far fronte alle spese di guerra il governo italiano aveva dovuto
impegnarsi sia sul fronte degli approvvigionamenti che su quello della
mobilitazione industriale per la produzione di armi.
I primi provvedimenti che il governo aveva messo in campo per far
fronte agli approvvigionamenti si limitarono a vietare l’esportazione di generi
alimentari con particolare riferimento al grano e alla carne, ma
1 Pierluigi Ciocca, Ricchi per sempre? Una storia economica d'Italia (1796-2005). Torino, Bollati Boringhieri, 2007.
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successivamente, a guerra inoltrata, con un esercito da sfamare, si dovette
ricorrere al controllo da parte dello stato dell’intera produzione nazionale ed
anche alla requisizione. Anche se parte dei generi di prima necessità venivano
acquistati all’estero, nel settembre del 1917 fu inevitabile il ricorso al
tesseramento di moltissimi prodotti alimentari, quali grano e derivati, carne,
ecc.
La mobilitazione industriale aveva coinvolto un numero crescente di
stabilimenti “da 221, alla fine del 1915, gli stabilimenti dichiarati ausiliari
diventarono 797 nel giugno del 1916, 932 alla fine del 1916 e 1976 alla fine
della guerra. Nel luglio 1918 gli addetti a questi stabilimenti e ai circa 60
stabilimenti militari erano pari a 902.000 unità … oltre il 70% era adibito
direttamente alla produzione delle armi (dal minerale all’esplosivo) e il 56%
era concentrato nel triangolo industriale”.2
Finalmente, la grande guerra finisce ma la situazione economica rimane
catastrofica e l’inflazione sale vertiginosamente, i conflitti sociali diventano
ingovernabili, il problema alimentare diventa pressante sia per le difficoltà
legate alla produzione di beni di consumo alimentare quali grano, zucchero,
carne, sia per i problemi inerenti l’importazione di questi ultimi, dovuti alla
indisponibilità degli Stati esteri a concedere credito ulteriore.
In questo periodo, l’Immigration Act del governo americano chiude di
fatto le porte degli Stati Uniti all’emigrazione italiana, (la quota di immigrati
da ciascun Paese, non potrà superare il 3 % del numero di cittadini di quello
stesso Paese già residente negli USA) e permane la situazione di stallo
dell’economia sia italiana che mondiale: “Durante l'anno 1920 … cosi come
2 Vera Zamagni, Dalla periferia al centro. La seconda rinascita economica dell'Italia (1861-1990). Bologna, Il Mulino, 1993.
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durante il successivo anno 1921, l'economia internazionale a stata ancora
segnalata da caratteri di estrema anormalità, di grave incertezza, di frequente
turbamento, di perdurante contrasto: la pace è consacrata formalmente negli
atti diplomatici, ma non ancora instaurata nella realtà. Pur fra il perdurare
del contrasti, nel risorto intreccio dei rapporti economici internazionali, una
fondamentale analogia di sorte accomuna, sotto molti riguardi, i trionfatori coi
vinti.
I paesi vincitori o neutrali arricchiti, hanno, essi pure, finanze pubbliche
dissestate, languenti traffici, industrie inattive, disagio sociale,
disoccupazione: la depressa capacità di consumo da parte dei vinti viene a
limitare la produzione e per riflesso, i consumi, anche presso i vincitori: i
paesi, che vantano cambi molto favorevoli sono colpiti da sofferenze
economiche non meno gravi di quelle che fanno languire i paesi a moneta
avariata e peggiorante… “3.
La vita politica di questo difficile periodo fu caratterizzata da un Partito
liberale che andava perdendo consensi e peso politico, dalla nascita del Partito
popolare nel 1919 a opera di Luigi Sturzo e dalla fondazione, nel 1921, del
Partito comunista ad opera di un gruppo di fuoriusciti dal Patito socialista.
In questo clima di disordine e ribellione sociale che caratterizzò il
dopoguerra, Benito Mussolini, che il 23 marzo 1919 aveva fondato un nuovo
movimento, i Fasci di combattimento, “si presentò come la possibile soluzione
di tutti questi problemi, come l’uomo che poteva riportare l’ordine e
l’efficienza” 4
3 Riccardo Bachi, L’Italia Economica del 1920 – Anno XII, Città di Castello Casa Tipografica editrice S. Lapi, 1921 4 http://www.massimilianopizzirani.com/come-e-perche-mussolini-conquista-il-potere-145.
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I Fasci italiani di combattimento nel 1921 divennero il Partito nazionale
fascista, appoggiato nel nord soprattutto dagli industriali e nel Sud dai grossi
proprietari terrieri che temevano di perdere i loro secolari privilegi,. Nell’arco
di poco più di due anni, per cause di diversa natura, il fascismo è al potere del
Paese e già dal 1920-21 in tutta Italia si scatena la violenza delle squadre
fasciste, che ebbe di mira soprattutto le organizzazioni operaie e contadine.
C’è da dire che il fascismo conquistò il potere senza una vera e propria
rivoluzione e con il benestare del monarca Vittorio Emanuele III, che il 28
ottobre 1922, in occasione della marcia su Roma, ritenne opportuno non
firmare la dichiarazione di stato d'assedio e di affidare a Benito Mussolini il
compito di formare il nuovo governo.
“Nell'ascesa del fascismo giocò un complesso d'interessi e di passioni
che Mussolini seppe abilmente cavalcare. Il nuovo movimento fu pure
avvantaggiato da compiacenze militari e dal malcelato filofascismo di molti
organi dello Stato: del resto prefetti, funzionari di polizia, generali
dell'esercito erano in buona parte di estrazione borghese. E dalla borghesia -
com'è noto - vennero molti degli iniziali consensi al fascismo, che godeva -
sembra - il favore della stessa Casa reale, specie del duca Amedeo d'Aosta,
cugino del re, e della regina madre Margherita. Numerosi esponenti politici,
poi, furono incapaci di scorgerne il carattere eversivo … Tra leader Mussolini
e la base v'erano i ras, capi locali che seppero crearsi una forza personale,
mobilitando le squadre d'azione nelle cosiddette `spedizioni punitive' contro
scioperanti, sezioni di partiti, sedi di sindacati e cooperative ritenute covo di
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elementi antinazionali: tra essi e sufficiente menzionare Farinacci a Cremona,
Balbo a Ferrara, Grandi a Bologna5.
Il movimento dei Fasci abbandonò l'originario «programma di Piazza
San Sepolcro» (8 ore lavorative, minimi di paga, cogestione dell'azienda,
pensione a 55 anni) e conseguentemente la sua base di massa cambiò.
Nel frattempo il governo affronta la crisi con un programma di
valorizzazione delle risorse agricole e quindi di sfruttamento del territorio e
con piani di colonizzazione di nuove terre e, per un breve periodo, con la
ricerca di nuovi paesi per emigrare.
1.2 Le principali fasi e azioni della politica economica del
fascismo
La storia individua nella politica economica del governo fascista tre fasi6,
che in modo semplicistico sono state definite nell’ordine: fase liberista, fase
quota 90 e fase dirigista.
La prima fase, collocabile tra il 1922 e il 1925 venne messa in campo dal
Ministro delle finanze De Stefani, che favorì le esportazioni, ricorrendo anche
alla svalutazione monetaria e all’inflazione.
La seconda fase, detta anche “quota 90”, riconducibile al periodo che va
dal 1925 al 1930, ha inizio con la “battaglia del grano”, lanciata da Mussolini
nel giugno del 1925 per portare l’Italia all’autosufficienza alimentare.
5 Paolo Pecorari, L'Italia economica. Tempi e fenomeni del cambiamento (1861-2000), Padova, Cedam, 2009. 6 Su questi aspetti si veda: A. De Bernardi, S. Guarracino (a cura di), Il fascismo, dizionario di storia, personaggi, cultura, economia, fonti e dibattito storiografico, Bruno Mondadori, Milano, 1998.
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La terza fase, definita dagli storici fase dirigista, è degli anni '30 e venne
caratterizzata da un forte intervento dello stato nell'economia, attuato attraverso
un vero e proprio dirigismo economico.
Fra una fase e l’altra il governo si trova a fronteggiare la crisi economica
del ’29, che colpisce in Italia soprattutto il settore agricolo in quanto il sistema
industriale, per come era organizzato, aveva già prodotto una riduzione delle
esportazioni, e la maggior parte dei lavoratori era impiegata nei servizi e
nell'edilizia. E cosi “… l'agricoltura, che contribuiva alla formazione del Pil
per quasi un terzo, si trovò particolarmente esposta alla drastica caduta dei
prezzi già all'indomani del crollo di Wall Street: tra il 1929 e il '32 l'indice dei
prezzi della produzione agricola cadde da 100 a 53. In quei medesimi anni,
tuttavia, la produzione cerealicola registrò un costante aumento, in virtù del
sostegno assicurato ai prezzi del grano nazionale …7 ”
Per la formazione tecnica degli agricoltori, il regime con una serie di
provvedimenti legislativi diede nuova vita alle Cattedre ambulanti di
agricoltura per migliorare ed accrescere la produzione agricola. Esse ebbero,
con il R. D. 23 marzo 1924 n. 577, un nuovo ordinamento generale, suggerito
dalla esperienza del passato, e un rafforzamento economico, mercé l'aumento
dei contributi obbligatori da parte dello Stato e delle provincie.
Le cattedre possono riunirsi in consorzi a norma del R. D. 10 aprile 1924
n. 620, consorzi, nei quali hanno diritto di essere rappresentati datori di lavoro
e lavoratori, cosi come dispone il R. D. 17 Febbraio 1927, N. 311.
Ad esse vennero affidate:
7 Paolo Pecorari, L'Italia economica. Tempi e fenomeni del cambiamento (1861-2000), Padova, Cedam, 2009.
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a) l'assistenza tecnica degli agricoltori, con conferenze, corsi temporanei,
consultazioni, pubblicazioni, dimostrazioni pratiche applicative per le colture,
il bestiame, le macchine, le industrie agricole, ecc.;
b) la sperimentazione agraria pratica locale;
e) l'assistenza, d'accordo con le organizzazioni sindacali, per la
organizzazione economica, cooperativa e mutualistica degli agricoltori;
d) iniziative rivolte a promuovere ed incoraggiare il progresso
dell'agricoltura, della zootecnica e delle industrie agrarie, sia direttamente, sia
in collaborazione con altri istituti e con le associazioni sindacali.
Alle Cattedre Ambulanti di Agricoltura facevano capo le Commissioni
provinciali granarie, il servizio della statistica agraria per i rilievi provinciali, i
rilievi inerenti al catasto agrario, i pareri e la revisione di progetti, nonché,
spesso, i collaudi riguardanti le opere di bonifica e di miglioramento fondiario.
Il direttore della Cattedra partecipa a tutte le attività agricole della provincia e a
quelle che con l'agricoltura sono connesse.
Nel 1919 le Cattedre Ambulanti divennero 101 e tante rimasero nel 1926.
In seguito alla legge del 1928, fu costituita l'unificazione di tali Enti in una sola
Cattedra per ogni provincia per cui divennero, con quella di Littoria, 93.
Le 93 Cattedre avevano 534 Sezioni, delle quali alcune specializzate site
nel capoluogo provinciale, le altre, più numerose, nei centri abitati di maggior
rilievo di ciascuna circoscrizione.
Come già detto, il fascismo rivolgeva particolare attenzione al mondo
agricolo e Mussolini stesso guardava con favore allo sviluppo della piccola
proprietà privata, ma il promesso frazionamento di alcuni latifondi e la
successiva distribuzione delle terre ai contadini si dimostrò inattuabile
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soprattutto perché avrebbe scontentato i grossi proprietari terrieri che avevano
sostenuto il duce nella scalata al potere.
Il regime, che per vari motivi non vedeva di buon occhio la migrazione di
coloni verso i centri urbani, avrebbe voluto evitare lo spopolando delle
campagne, ma in realtà le condizioni di indigenza in cui versavano i contadini
(41% fittavoli e mezzadri, 31% braccianti pagati a giornata secondo il
censimento del 1930), spingevano ad un progressivo esodo dalle campagne
verso la città, ed il governo, che puntava proprio sulla popolazione dei campi,
emanò una legge che vietava ai lavoratori di lasciare i loro luoghi di residenza
senza aver prima ottenuto l'autorizzazione del prefetto. I contadini pertanto
vennero lasciati alla coltivazione della terra senza peraltro ottenere alcun
miglioramento per quanto riguarda il salario.
Ad ogni modo nel 1936 il protezionismo assunse le forme dell’autarchia
con lo scopo di raggiungere l’autosufficienza economica attraverso lo
sfruttamento delle risorse interne e la riduzione delle importazioni.
Per quanto riguarda le scelte produttive, va ricordato che la politica
agraria fascista si mosse su più direttrici: la bonifica agraria e la battaglia del
grano, la colonizzazione, la battaglia demografica, ecc.
1.2.1 La bonifica agraria
Quando il progresso della meccanica cominciò a produrre mezzi
motorizzati, l'idea di garantire lo scolo di terreni coltivati, anche in presenza di
difficoltà di deflusso, e quella di prosciugare e tenere asciutti terreni sommersi,
anche in mancanza di naturale recapito delle acque, divennero idee attuabili.
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Risalgono alla metà dell'800 i nuovi macchinismi (ruote, viti, pompe,
turbine, ecc.) azionati appunto da locomobili a vapore capaci di sollevare le
acque per allontanarle dai terreni inondati, anche quando il recipiente non
consentiva un naturale deflusso.
Le grandi aziende affrontano il problema della meccanizzazione
dell’agricoltura già alla fine del XIX secolo principalmente con macchine di
costruzione artigianale o di provenienza straniera (aratri metallici della ditta
Rud Sack di Lipsia, qualche locomobile inglese della ditta Ruston, qualche
trattore americano della Fordson, ecc).
Durante il Fascismo poi, prima della conversione di ogni industria al
bellico, negli anni delle bonifiche, con la politica autarchica sorsero anche in
Italia una serie di piccole e medie imprese metalmeccaniche, soprattutto
nell’area di provenienza del duce, l’Emilia Romagna, che producevano
attrezzatura agricola di ogni tipo, spesso di livello pari alle più prestigiose
industrie straniere.
La storia di ogni macchina, agricola o industriale incrocia la storia
dell’azienda che l’ha prodotta e quella dei suoi fondatori storici, in Italia si
distinsero la FIAT e la OM per i trattori , e poi Pietro Orsi per le trebbiatrici,
Giuseppe Guerri per le seminatrici soprattutto perché amici personali di
Mussolini, che si faceva fotografare solo su trattrici e trebbiatrici o dietro
seminatrici delle ditte predette.
Le bonifiche agricole del periodo fascista rientrano nella legge Serpieri n.
3256 del 30 dicembre 1923, la legge fondamentale riguardante le bonifiche
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idrauliche che concedeva a società e ad imprenditori singoli che ne facessero
richiesta la concessione di opere di bonifica.8
A causa della crisi del 1929, a partire dal 1932 i finanziamenti
diminuirono ed il Governo riprese il discorso solo nel 1933 con il R.D. n. 215 ,
il Testo unico sulla bonifica integrale. L’art. 1 di questa legge dispone: “Alla
bonifica integrale si provvede per scopi di pubblico interesse, mediante opere
di bonifica e di miglioramento fondiario. Le opere di bonifica sono quelle che
si compiono in base ad un piano generale di lavori e di attività coordinate, con
rilevanti vantaggi igienici, demografici, economici o sociali, in comprensori in
cui cadano laghi, stagni, paludi e terre paludose … “9
Gli articoli 54 e 76 del citato Testo unico consentivano la costituzione dei
consorzi di bonifica, che per il perseguimento del loro fine avevano il potere
d'imporre contributi alle proprietà consorziate.
Il piano organico delle bonifiche prevedeva l'utilizzazione delle acque a
scopo irriguo e per forza motrice; la costruzione di strade per collegare il
territorio bonificato con i vicini centri abitati e, qualora fosse possibile,
l'utilizzazione dei canali a scopo di navigazione interna; lavori di
rimboschimento e di consolidamento dei bacini montani; lavori di sistemazione
delle piantagioni e di arginazione dei corsi d'acqua in pianura; opere occorrenti
per assicurare il grado di umidità necessaria alle colture.
Il Sottosegretariato per la bonifica integrale costituito nel settembre 1929,
distingue le opere di bonifica nel modo seguente:
1. - Opere di competenza statale:
8Sull’argomento si veda: Rivista storica dell’agricoltura, Atti del Congresso Nazionale di Storia dell’Agricoltura Milano 7-8-9-maggio 1971, Facoltà i Agraria, Milano, 1972 9 R.D. 13-02-1933, n. 215 - Nuove norme per la bonifica integrale.
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a) bonifiche idrauliche e opere complementari idrauliche, stradali, di
irrigazione, di sistemazione montana e di approvvigionamento d'acqua
potabile;
b) sistemazioni montane;
c) trasformazioni fondiarie di pubblico interesse;
d) sistemazioni idrauliche connesse con le bonifiche.
2. - Opere di competenza privata sussidiate dallo Stato:
a) irrigazioni;
b) acquedotti rurali;
c) sistemazioni agrarie;
d) bonifica dell’agro romano;
e) dissodamenti meccanici.
Alle opere suddette si possono aggiungere le strade di trasformazione
fondiaria e interpoderali, le piccole opere di provvista di acqua potabile, le
opere di miglioramento fondiario dei pascoli montani, nonché le opere di
miglioramento fondiario che si eseguono con i mutui di favore concessi dal
Consorzio nazionale di Credito, dagli istituti speciali di Credito agrario, dalla
Cassa nazionale di assicurazioni sociali e da altri istituti autorizzati.
Nel 1936 erano numerose le opere compiute, o in via di completamento,
in ogni parte d'Italia, a sinistra e a destra del Po, nel basso Veneto, nelle
provincie di Rovigo, Ferrara, Bologna e Ravenna, nell'Appennino Emiliano,
nell'Istria, nelle pianure alluvionali dal Serchia al Sele, nella Maremma,
nell'Agro romano, nelle campagne di Fondi, Monte S. Biagio e Castel
Volturno, nella Calabria, nella Basilicata, nella Sardegna e nella Sicilia.
Il regime finanziario delle opere di bonifica prevedeva che per quelle di
carattere pubblico, con speciale preferenza per le regioni meridionali e
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assimilate, le opere erano a spese dello Stato con il contributo dei proprietari ed
a totale carico dello Stato le opere di rimboschimento e correzione dei torrenti.
Provincie e comuni contribuivano normalmente nella spesa solo se dalle
opere di bonifica ne ricavassero un qualche vantaggio o risparmio.
Vennero anche organizzate una serie di mostre delle bonifiche, la prima
mostra nazionale delle bonifiche, venne attuata nel 1932 per mostrare i risultati
demografici, igienici, sociali delle opere di bonifiche, dalla pianura all'alta
montagna; il lavoro e i mezzi tecnici che vi furono impiegati; l'uso delle nuove
terre bonificate; le imponenti operazioni finanziarie rese necessarie dalla
esecuzione delle opere.
1.2.2 La battaglia del grano
Nel 1922 in Italia si consumavano 75 milioni di quintali di frumento
l’anno, se ne producevano 50 e se ne importavano 25, principalmente dagli
Stati Uniti d’America e dall’Unione Sovietica.
Il 14 giugno 1925 l’agenzia Stefani annunciò l’avvio della “battaglia del
grano” e Mussolini, nel suo stile, qualche mese dopo (20 luglio), in un
discorso afferma: “Io ho preso formale impegno per condurre la Battaglia del
grano, ed ho già preparato lo stato maggiore. Il quale stato maggiore dovrà
agire sui quadri rappresentati dai tecnici dei consorzi agrari, delle cattedre
ambulanti di agricoltura, delle camere agrarie provinciali, e costoro dovranno
manovrare l’esercito, la truppa degli agricoltori …”.
La battaglia del grano del Ventennio è in realtà un’azione del piano
politico-economico elaborato da Mussolini nella speranza di far fronte alla
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disastrosa situazione economica in cui venne a trovarsi il Paese dopo la fine
della prima guerra mondiale.
Al proclama fa seguito una massiccia opera di propaganda e persuasione
nei confronti dei grossi proprietari terrieri e dei contadini in genere, mediante
premi per la produzione, contributi agli acquisti di concimi e macchinari,
concorsi, ecc.
In questa fase, gli Stati Uniti d’America, nell’intento di creare le
condizioni per la sopravvivenza degli Italiani in patria e in parte attenuare le
pressioni immigratorie italiane nei confronti appunto dell’America,
affiancarono il governo fascista in questo piano, rinegoziando il debito italiano
contratto dai precedenti governi durante la guerra 15/18 e concedendo un
prestito di 100 milioni di dollari all’Italia e un altro prestito di 30 milioni di
dollari alla FIAT per la riconversione al settore agricolo della produzione
bellica.
Nel 1926, la politica agraria del governo fascista, oltre che sulle opere
idrauliche di bonifica e sull’aumento delle terre coltivabili e sulla spinta alla
mezzadria, venne indirizzata alla spinta alla meccanizzazione e all’utilizzo dei
concimi chimici ed all’aumento della resa per ettaro seminato, dove entra in
scena Nazzareno Strampelli, direttore presso la Cattedra Sperimentale di
Granicoltura istituita a Rieti nel 1903.10
Nel 1929, con la grande crisi internazionale, il prezzo del grano subì un
sostanziale crollo ma il governo, sebbene insistentemente sollecitato ad
acquistare granaglie all’estero, fu irremovibile.
10 Per questi aspetti cifr: http://pocobello.blogspot.it/2010/09/nazzareno-strampelli-e-la-battaglia-del.html
21
Nel 1931, con 16,1 quintali di grano prodotto per ettaro, l'Italia si
colloca ad un posto distinto per la produzione di frumento per unità di
superficie, meglio anche dell’America, dove già all’epoca per il grano si
praticava la coltivazione estensiva.
Il 1933 la produzione di grano pareggiò i consumi interni, quindi venne
definito l’anno della “Vittoria”, con una produzione di 81 milioni di quintali di
grano, “la cosiddetta battaglia del grano fu indubbiamente vinta o fu sul punto
di essere vinta. Nel triennio precedente la guerra, la produzione conquistò in
media la vetta degli ottanta milioni di quintali”11 ma con quali strumenti e a
che costo!
Gli economisti e gli storici dell’epoca, quasi sempre vicini al regime,
troppo presto per aver maturato un giudizio storico ponderato, elogiano la
battaglia del grano e la definiscono un successo, ma, in realtà la "battaglia del
grano" fu prima di tutto una grande campagna propagandistica ed anche se nel
breve termine diede buoni risultati dal punto di vista delle quantità di grano
prodotte e favorì la crescita e lo sviluppo del settore meccanico e chimico con
l’incremento della meccanizzazione e l’aumento del consumo dei fertilizzanti,
sul lungo termine fallì, soprattutto perché l'aumento della produzione granaria
fu, specialmente nel sud, ottenuto a scapito tanto di colture specializzate (olivo,
vite, agrumi …) e dell'allevamento.
Alla cd. “Vittoria del grano” concorsero le Cattedre ambulanti di
agricoltura di cui ho riferito in precedenza ma soprattutto il ricercatore
11 Corrado Barberis, Le campagne italiane dall'Ottocento a oggi. Roma-Bari, Laterza, 1999. pp. 442-443.
22
Nazareno Strampelli creando grani che aumentavano la resa per ettaro
seminato di 3, 4 o addirittura 5 volte12.
C’è da dire che i grani di Strampelli erano fecondi e che, a differenza
degli OGM odierni, sterili e quindi con la conseguente dipendenza dei
coltivatori da chi ne detiene il monopolio, erano creati non solo per aumentare
la resa e combattere la fame, ma anche per dare a chi li seminava la possibilità
di trarre nuova semente dallo stesso raccolto.
L’Istituto Nazionale di Genetica per la cerealicoltura con sede in Roma
fu fondato nel 1919 e Strampelli, che ne era direttore, aderì al fascismo e
divenne amico del duce,.
In questo periodo vennero creati nuovi grani da pane, come il Villaglori,
l’Ardito, il Mentana, l’Edda, il Balilla, il Fanfulla, e grani da montagna come il
Virgilio, il Cambio e tanti altri. Attraverso l’Istituto LUCE, poi, in maniera
molto abile e subdola venivano pubblicizzati i dati della produzione del grano,
le imprese di guerra, le attività di governo e nei cinegiornali su tutto quanto
primeggiava sempre l'immagine del duce13.
1.2.4 La battaglia demografica
Il termine battaglia in epoca fascista era ricorrente e strettamente legata
alla battaglia del grano era la battaglia demografica, che si concretizza con
l’incentivazione dei matrimoni prolifici, premiando i padri di famiglia con
salari più alti e le madri con premi in denaro o con riconoscimenti vari
(nastrini, medaglie d’oro, ecc.). 12 Si veda: Sergio Salvi, Viaggio nella genetica di Nazareno Strampelli, Pollenza (MC), Tipografia S. Giuseppe, 2008. 13 Su questi aspetti si consulti: Enciclopedia del Cinema, Istituto Nazionale Luce, (2003)
23
Per contro, lo Stato costringeva a pagare un’apposita tassa a chi non é
sposato, riconoscendo il celibato come un lusso che risulta essere un ostacolo
anche ad eventuali promozioni per gli impiegati statali.
La battaglia demografica chiama direttamente in causa la donna, che per
forze di cose sostituirà in parte l’uomo nel mondo del lavoro solo durante la
guerra e che solo con la conclusione dell’esperienza del ventennio fascista, a
partire dal 10 marzo 1946 parteciperà alle elezioni amministrative
conquistando di fatto il diritto al voto.
Durante tutto il periodo del fascismo la donna vide il suo ruolo confinato
alla risoluzione del problema demografico, subendo la reazione maschilista ai
tentativi di emancipazione e il rifiuto di ogni forma di parità.
Sia gli interventi repressivi (l’aborto era considerato un reato contro la
razza…) che quelli di incoraggiamento della natalità (assegni familiari e
esenzioni fiscali per le famiglie numerose, premi in danaro …) portarono la
donna ad essere sottomessa al marito o al genitore o ed alla sua esclusione dal
mondo politico e del lavoro.
Mussolini aveva in progetto l’aumento della popolazione italiana da
quaranta a sessanta milioni di persone, in modo da poter disporre di
manovalanza a basso costo e soldati per potersi misurare sia in campo politico
che militare con le gradi potenze mondiali.
Per la verità il fascismo non riuscì a cogliere nessuno dei due principali
obiettivi della politica demografica: la natalità passò gradualmente negli anni
dal 32 x mille del 2010 al 23 per mille del 1932 ed in termini percentuali
aumentò sia la presenza delle donne nel modo del lavoro sia la presenza di
studentesse nelle scuole.
24
CAPITOLO II
Il dopoguerra, la ricostruzione e la riforma agraria
2.1 Il secondo dopoguerra
Le operazioni belliche del secondo conflitto mondiale, iniziato nel 1939 e
finito con la resa tedesca nel 1945, interessarono 61 nazioni e 110 milioni di
persone, e costarono quasi 60 milioni di vittime fra civili (due terzi) e militari,
ed all’Italia oltre quattrocentomila caduti.
Secondo una stima approssimativa, le spese totali della guerra
ammontarono a 1.500 miliardi di dollari dell’epoca.
Nel corso della guerra si consumò anche la tragedia immensa
dell'Olocausto, perpetrata dai nazisti non solo nei confronti degli ebrei, ma
anche verso i gruppi etnici Rom e verso invalidi ed omosessuali.
Il protrarsi delle operazioni belliche ridusse progressivamente le scorte di
materie prime, le risorse umane e finanziarie e di conseguenza negli ultimi due
anni di guerra gli indici economici scesero molto al di sotto dei livelli dei
precedenti decenni.
La produzione di frumento nel 1945 registrava appena 41 milioni di
quintali di raccolto di grano, a fronte di una produzione di 81 milioni di
quintali del 1938. Circa 750.000 ettari di terreno coltivato erano stati interessati
dai bombardamenti, da campi minati o dal passaggio di eserciti, e la capacità
produttiva agricola nel 1945 risultava ridotta del 37% rispetto al 1938.
25
Occorre ancora dire che nel 1946, l’Italia non riusciva mediamente a
disporre della razione minima giornaliera di pane per abitante e che De Gasperi
nel novembre del 1946 aveva dovuto chiedere al Capo provvisorio dello Stato
De Nicola di intermediare con il presidente degli Stati Uniti Truman per l'invio
in Italia di 240.000 tonnellate di grano entro la prima quindicina del mese di
gennaio 1947.
Le devastazioni provocate dalla guerra, oltre al patrimonio edilizio,
interessarono anche tutte le infrastrutture, in particolare “… il conflitto
provocò ingenti danni anche al capitale fisico. I più consistenti ebbero luogo
nel settore dei trasporti: alla fine delle ostilità si calcolò che un quarto del
capitale ferroviario era andato distrutto, circa il 40% dei binari e dei ponti
ferroviari si trovava fuori uso, l'85% della marina mercantile era stata persa.
In agricoltura le distruzioni erano state massicce e avevano causato un calo
produttivo del 25,6% … “14
La svalutazione della moneta nel dopoguerra raggiunse valori altissimi, i
prezzi di ogni genere di bene aumentavano di giorno in giorno ed il dollaro era
utilizzato di frequente nelle transazioni, “ … nel 1945 l'inflazione era
dilagante. Fatto pari a 100 l'indice dei prezzi all'ingrosso del 1938, nel 1944
esso era salito a 858, nel 1945 a 2.060, nel 1946 a 2.884 e nel 1947 a 5.159.”15
La condizione che venne a crearsi, dovuta principalmente all’ emissione
di cartamoneta da parte degli Alleati ed ai rapporti di cambio svantaggiosi per
la lira, vide avvantaggiati gli industriali che avevano contratto debiti nei
14 Patrizia Battilani - Francesca Fauri, Mezzo secolo di economia italiana. 1945-2008. Bologna, Il Mulino, 2008. 15 Paolo Pecorari, L'Italia economica. Tempi e fenomeni del cambiamento (1861-2000), Padova, Cedam, 2009.
26
confronti delle banche e i commerciati ed, al contrario, creò seri disagi a chi
viveva di stipendio.
I danni subiti dall’industria, pari a circa il 10% del valore patrimoniale,
erano quelli che destavano maggiori preoccupazioni, difatti, benché lievi, a
differenza che per il settore agricolo, richiedevano lunghi tempi di ripristino,
soprattutto per la carenza di combustile, primo fra tutti il carbone, per il quale
l’Italia dipendeva principalmente dal mercato americano.
Nell’immediato dopoguerra lo stato italiano si trovò alle prese con un
sistema finanziario trasformato dalla legge bancaria del 1936, che pose fine
all'esperienza della banca mista universale e della banca d'affari, sancendo la
separazione tra le operazioni a breve e quelle a medio e lungo termine. Per le
operazioni di credito ordinario si ricorreva alla banca mista, mentre per il
finanziamento industriale si ricorreva agli istituti di credito speciale.
Lo stato italiano ereditò inoltre dal fascismo l’IRI, un immenso
patrimonio produttivo e umano (i dipendenti in forza nel gruppo Iri nei primi
anni Cinquanta erano circa 200.000). Patrizia Battalani e Francesca Fauri nel
volume più volte citato “Mezzo secolo di Economia Italiana 1945-2008”
riferiscono che l’Iri era “… divisa in quattro grandi subholding di gestione: la
Stet per le società telefoniche, costituita nel 1933 (in rapidissima crescita nel
dopoguerra, controllava nel 1948 il 57 % degli apparecchi telefonici installati
…; la Finmare per le società di navigazione, nata nel 1936; la Finsider per le
società siderurgiche, creata nel 1937; infine la Società finanziaria meccanica
o Finmeccanica per le società meccaniche, costituita nel 1947. L'Iri a quella
data controllava circa il 30% dell'industria meccanica italiana, con punte
dell'80% nella produzione cantieristica e del 60% in quella di carattere
bellico.”
27
Il secondo dopoguerra, che gli storici indicano in un periodo compreso
fra la fine della seconda guerra mondiale e gli anni ’60, è segnato da una nuova
ondata di emigrazione, dall’esame dei dati relativi al periodo che va dal 1946 al
1960, si può constatare che in Italia l’emigrazione permanente ha registrato
2.618.068 espatri di cui 1.628.170 verso i Paesi transoceanici e 989.898 verso i
Paesi europei16
Le motivazioni che in questo periodo spingono decine e decine di
migliaia di Italiani a lasciare i loro paesi, in cerca di una nuova condizione
economica, sono le stesse di sempre: il desiderio di miglior fortuna. Oltre
all’Argentina, che caratterizza il primo periodo del dopoguerra (1946-1955), la
destinazione scelta è in Europa e il viaggio è in treno e quindi la stessa figura
dell’emigrante risulta cambiata completamente, in quanto, potendo espatriare
avvalendosi della carta d’identità, e spesso adempiendo regolarmente
all’esercizio del voto in Italia, non risulta tale su nessun documento, pur
avendo lavorato per decine di anni all’estero.
Oltre al Nord Italia, le mete principali dell’emigrazione in questo periodo
sono l’Argentina per il primo periodo del dopoguerra, e poi la Francia, il
Belgio, la Gran Bretagna.
Con la fine della guerra si è assistito al declino degli Stati Europei,
all’emergere di due superpotenze e alla inevitabile creazione di due blocchi
politico-militari contrapposti che facevano riferimento uno agli Stati Uniti
d’America - che attraverso la ricostruzione e gli aiuti riuscirono a stringere
legami politici ed economici sempre più solidi con numerosi stati - e l’altro
all’Unione Sovietica.
16 Vedi: http://www.italiadonna.it/public/percorsi/12004/12004002.htm
28
2.2 La ricostruzione e il Piano Marshall
Al termine della seconda guerra mondiale la situazione politico-
economica europea era catastrofica e il mondo discuteva di piani per la
ricostruzione. Il problema maggiormente sentito era la carenza di prodotti
alimentari: l'insufficienza degli approvvigionamenti di grano, elemento alla
base dell'alimentazione, caratterizzava l’economia europea ed italiana di quegli
anni.
A ciò si aggiunga che scarseggiavano le materie prime e il combustibile,
che le macchine mancavano, che non era possibile reperire sul mercato nuovi
macchinari né ricambi e che non trovava collocazione neppure la già povera
produzione agricola. Per questo motivo molti campi restavano incolti e
venivano utilizzati solo per il pascolo e nelle campagne il contadino utilizzava
il grano per sfamare la sua famiglia, mentre nelle città il cibo veniva a mancare.
Viene cosi a generarsi una situazione molto grave che vede il governo
costretto a fare crediti per procurarsi i beni necessari all'estero e questo
processo dissipa i fondi che dovrebbero servire alla ricostruzione ed a far
ripartire l’economia.
“ Il 31 maggio 1947 De Gasperi decretò la fine dei governi di unità
nazionale e l'interruzione definitiva della collaborazione con i partiti della
sinistra, formando un governo monocolore democristiano di minoranza; il 2
giugno gli Usa diedero il sostegno ufficiale al nuovo governo.
Tre giorni dopo Marshall annunciava a Harvard la proposta di un
programma quadriennale di aiuti all'Europa …”17
17 Patrizia Battilani - Francesca Fauri, Mezzo secolo di economia italiana. 1945-2008. Bologna, Il Mulino, 2008
29
E’ noto che la ricostruzione è sempre un buon affare e gli Stati Uniti, con
una economia forte e lontana dalla crisi del “29, usciti vincenti da una guerra
combattuta fuori casa, si candidarono alla ricostruzione del Continente con una
serie di misure atte a rilanciare l'economia europea.
In America tocca al segretario di Stato George Marshall, con un discorso
pronunciato il 5 giugno 1947 alla Harvard University, comunicare al mondo la
decisione degli Stati Uniti d’America di avviare l'elaborazione e l'attuazione di
un piano di aiuti economico-finanziari per l'Europa.
Quello che traspare dal discorso è una visione globale dello stato di
degrado dell’intero tessuto economico europeo e la consapevolezza che
l’economia americana non poteva prescindere dal benessere di quella europea
ma, nonostante le lungimiranza del Piano, sarà comunque difficile convincere
l’opinione pubblica statunitense ad aiutare nazioni lontanissime dall’America.
Riporto la traduzione di parte del discorso, che risulta estremamente
interessante per la lungimiranza e per l’acutezza dell’analisi economica fatta:
“… Nel considerare i dati per la ricostruzione dell’Europa ci si rende conto
che … negli ultimi 10 anni la preparazione febbrile per la guerra e il febbrile
mantenimento dello sforzo bellico ha inghiottito tutti gli aspetti delle economie
nazionali.
I macchinari sono obsoleti o caduti in rovina e sotto il dominio
arbitrario e distruttivo nazista, praticamente ogni impresa è stata indirizzata
alla macchina da guerra tedesca.
Rapporti commerciali di lunga data, istituzioni private, banche,
assicurazioni e società di spedizione sono scomparse, attraverso la perdita di
capitale, la nazionalizzazione o per la semplice distruzione.
30
In molti paesi, la fiducia nella moneta locale è venuta meno … Il
contadino ha sempre scambiato i prodotti alimentari con beni, servizi ed altre
necessità e questa divisione del lavoro, alla base della civiltà moderna, in
questo momento è messa in serio pericolo in quanto le industrie e le città non
sono in grado di produrre beni da scambiare con la produzione alimentare
dell'agricoltore … è logico che gli Stati Uniti dovrebbero fare tutto il possibile
per contribuire al ritorno della normale salute economica nel mondo, senza la
quale non ci può essere stabilità politica né pace sicura. La nostra politica non
è diretta contro alcun paese o dottrina, ma contro la fame, la povertà, la
disperazione e il caos. Il suo scopo dovrebbe essere il rilancio dell'economia
nel mondo in modo da permettere l'emergere di condizioni politiche e sociali in
cui le libere istituzioni possono esistere. Tale assistenza, sono convinto, non
deve essere frammentaria, e deve fornire una cura piuttosto che un semplice
palliativo…18
Insieme al programma di aiuti nacque anche l'Organization for European
Economic Cooperation, una istituzione tecnica della quale entrarono a far parte
Austria, Belgio, Danimarca, Gran Bretagna, Francia, Grecia, Irlanda, Islanda,
Italia, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Svezia, Svizzera,
Turchia, Stati Uniti, Canada e, solo dal settembre del 1949, la Germania
Occidentale.
Nell’ambito di questa organizzazione i programmatori inviati da
Washington cercarono di spingere gli europei ad utilizzare i sussidi per
acquistare i macchinari e i mezzi di produzione indispensabili ad avviare un
processo di trasformazione strutturale dell'economia, ma quasi tutti i Paesi
beneficiari chiesero all'organismo preposto alla collocazione degli aiuti (ECA), 18 Stralcio del discorso pronunciato dal segretario di Stato George Marshall il 5 giugno 1947 alla Harvard University
31
di poter utilizzare gli aiuti per l'acquisto di combustibile, di prodotti industriali,
e soprattutto di generi di prima necessità.
Con l’avvio del Piano le aziende europee beneficiarono dei suggerimenti
di consiglieri economici statunitensi, che a centinaia raggiunsero l’Europa e,
contemporaneamente, ad esperti e studiosi europei fu data l’opportunità di
frequentare corsi di economia in America e di visitare gli impianti industriali
statunitensi.
Il Piano, si prefiggeva, fra l’altro, di dimostrare che l'interdipendenza
poteva costituire un valore aggiunto, nel senso che concorreva ad attenuare le
tensioni ed i conflitti che avevano caratterizzato per secoli la storia europea.
In Italia “… i settori industriali che beneficiarono maggiormente dei
prestiti per l'acquisto di attrezzature e impianti sul mercato americano furono
quello elettrico (62 milioni di dollari), seguito dal meccanico (58 milioni) e dal
metallurgico (53 milioni)… in generale, … furono le grandi industrie statali e
private come la Fiat, l'Edison e le aziende Iri (alle quali andò il 24% di tutti i
crediti concessi attraverso i fondi Erp) a cogliere l'opportunità di rinnovare
completamente il loro apparato produttivo grazie ai macchinari americani ”19
Il Piano, che porta in Europa ben 17 miliardi di dollari e in Italia aiuti
pari a 1.204.000.000 di dollari (594 milioni di dollari nel 48/49, 405 milioni di
dollari nel 49/50 e 205 nel 50/51) prevedeva che i Paesi europei pagassero in
oro o in dollari le materie prime ricevute. Al termine del periodo in cui resta
operativo il piano Marshall la produzione industriale degli Stati Uniti
raddoppiò, la disoccupazione scese da 10 a 2 milioni di unità e gli USA
possedevano il 7% delle riserve auree mondiali.
19 Patrizia Battilani - Francesca Fauri, Mezzo secolo di economia italiana. 1945-2008. Bologna, Il Mulino, 2008
32
La storia giudicherà l’European recovery program (E.R.P.) “uno dei
momenti più importanti della storia della politica internazionale
nell'immediato secondo dopoguerra”20 ma è ovvio che sono in pochi a credere
alla storia della mitica solidarietà americana e che dietro l'idea del Piano
Marshall c'erano sicuramente strategie e obiettivi politici ed economici ben
precisi.
3.2 La riforma agraria
Nel 1885, il parlamentare Stefano Jacini, presidente della Commissione
d'Inchiesta sulle condizioni dell'agricoltura in Italia dal 1881 al 1886,
rivolgendosi ai contadini affermava: “ … Avete voi pure partecipato alla
creazione del nuovo Stato per mezzo dei plebisciti; lo difendete col sangue
costituendo la maggioranza dell'esercito; lo sostenete contribuendo nei
pubblici carichi sotto le varie forme di imposte dirette. Dunque è tempo che
usciate da quello stato di inferiorità in cui siete stati tenuti per secoli …”21
Bisognerà però aspettare l'avvento della Repubblica e la riforma agraria
del 1950 (legge stralcio n. 841 del 21 ottobre) per vedere la conquista di parte
delle aspettative rincorse dai contadini in campo civile e sociale fin dalla fine
dell’800.
Principali protagonisti della battaglia che portò alla riforma agraria, oltre
ai politici ed agli economisti che ne sposarono le cause, furono i braccianti e i
contadini senza terra, che pur nella miseria e disperazione, mossero la loro
guerra “pacifica” contro i grandi possidenti terrieri che ancora predominavano 20 http://it.wikipedia.org/wiki/Piano_Marshall 21 Stefano Jacini, Relazione sui risultati dell’inchiesta agraria, ed. Sommaruga, 1885, pag. 44
33
in molte aree geografiche d’Italia, ma principalmente nel Meridione, come se
mai fosse terminato il feudalesimo.
Per capire la portata dei conflitti generati nella popolazione dalla contesa
per la conquista delle terre si deve riflettere su quanto fosse differente la
situazione economico-sociale alla fine degli anni ’40 rispetto quella odierna:
all’epoca il 40% della popolazione attiva era rappresentata da braccianti e
contadini; oggi i lavoratori addetti direttamente all’agricoltura rappresentano
solo il 3 % degli occupati nel loro complesso.
La riforma agraria cosi come “sognata” nell’800 ed agli inizi dl ‘900 era
nella pratica inattuabile per tutta una serie di motivazioni, non ultima la portata
finanziaria del provvedimento, che avrebbe dovuto vedere l’allontanamento
forzato dei ceti proprietari dalle terre, il conseguente indennizzo e la successiva
ridistribuzione dei terreni ai braccianti.
“ … Fu Manlio Rossi Doria a definire l'ipotesi di riforma agraria
generale per le campagne italiane un mito da seppellire. Era l'autunno del
1948, quando forti fervevano il dibattito e la dura lotta politica sviluppatisi nel
paese con l'estromissione delle sinistre dai governi di unità nazionale e la
vittoria elettorale democristiana del 18 aprile. L'acuto e anticonformista
economista agrario, nello spiegare le ragioni che lo avevano portato a
considerare ormai irrealizzabile l'idea di quella riforma agraria generale a cui
pure egli stesso aveva aderito solo pochi anni prima, insisteva innanzitutto
sulla necessità di prendere realisticamente atto del mutato quadro politico
nazionale e internazionale, della chiusura di una fase - quella della Resistenza
34
e degli anni ad essa immediatamente successivi - in cui avevano trovato spazio
speranze rivoluzionarie poi rivelatesi vane …”22
Ma non era solo un problema di conflitti e di costi, molte delle aree sulle
quali si contava di intervenire avevano di fatto cambiato destinazione,
divenendo negli anni abitate se non residenziali, e/o aspetto, con il susseguirsi
dei frazionamenti.
Nel 1950, il governo De Gasperi avviò i provvedimenti di esproprio solo
per aree limitate e improduttive fra le quali ricordiamo, parte della Sila in
Calabria, della Maremma in Toscana, del Delta del Po ed altre piccole aree in
Sicilia, Puglia e Campania.
La riforma agraria si prefiggeva di incentivare la nascita di nuova
imprenditorialità agricola, ma la ridotta estensione dei lotti assegnati non
consentì che questo accadesse e pertanto si ebbe la nascita e lo sviluppo di
attività produttive significative solo nelle aree dove i coltivatori furono in
grado aggregarsi in cooperative capaci di gestire i sistemi di coltura e di portare
sul mercato i prodotti.
Ad ogni modo, i provvedimenti previsti dalla riforma agraria condussero
all’esproprio di suolo agricolo per circa 760.000 ettari ed all’assegnazione di
questi ultimi a circa 113.000 nuclei familiari, spesso rappresentati da braccianti
agricoli, che diventarono in tal modo piccoli imprenditori e riuscirono a
liberarsi dalla secolare sottomissione al grande latifondista.
Gli enti di riforma previsti dalla legge del 1950 avevano il compito di
portare a concreta attuazione la riforma agraria e quindi si occuparono della
realizzazione delle case coloniche che avrebbero ospitato gli assegnatari del
22 Storia dell'agricoltura italiana in età contemporanea, a cura di Piero Bevilacqua. Venezia, Marsilio, 1989-91
35
fondo e delle infrastrutture legate alla funzionalità delle aziende agrarie, fra le
quali le opere irrigue (soprattutto in Maremma e in Val Padana), ma inibirono
la nascita di ogni altra forma di associazionismo e resero eccessivamente
costosi gli interventi. Va detto che nelle aree nelle quali gli enti di riforma
avevano fallito, furono deludenti anche i risultati della riforma e che a metà del
XX secolo, prima del boom industriale e dell'abbandono delle campagne da
parte dei contadini, la mezzadria interessava ancora in molte regioni italiane il
70-80% delle terre coltivate e che circa venti anni dopo, anche grazie alla
riforma agraria, il sistema della mezzadria era quasi completamente sparito.
La Cassa per il Mezzogiorno, istituita nell’agosto dell’anno 1950 con lo
scopo di favorire nell'Italia meridionale la nascita e lo sviluppo della piccola e
media proprietà contadina mediante la realizzazione di opere straordinarie di
pubblico interesse, doveva esaurire il suo compito in dodici anni, ma viene
soppressa solo nel 1984 dopo varie proroghe. Nel corso di questi anni, nelle
regioni che beneficiarono degli aiuti previsti (Abruzzo, Molise, Campania,
Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna e Sicilia) vennero realizzate oltre mille
scuole, oltre cento ospedali, diverse migliaia di chilometri di strade, reti
elettrice e acquedotti.
La politica e la ricerca del consenso elettorale sicuramente ispirarono
molte delle scelte economiche del periodo che interessa la ricostruzione del
Paese e il decennio Cinquanta, che fa registrare uno scenario fatto di
incentivazione alla ripresa produttiva attraverso la definizione di linee di
credito al settore agricolo operate mediante l'attivazione di istituti di credito
speciale, enti di erogazione finanziaria all'agricoltura e casse speciali.
La convinzione di quegli anni era che l'agricoltura fosse il settore
fondamentale su cui basare la crescita del Paese e dunque l'agricoltura andava
36
potenziata; andavano curate le strategie per la ripresa degli impianti
danneggiati dalla guerra, quindi la diffusione delle coltivazioni, la
redistribuzione della proprietà, la salvaguardia e l'incentivazione alla piccola
proprietà coltivatrice, la meccanizzazione, e proprio i numeri della
meccanizzazione aiutano a capire quello che è successo in campo agricolo
negli anni del dopoguerra. Prendendo in considerazione i soli trattori, si può
verificare che l’Italia contava nel 1928, in cifra tonda, 18.000 trattori il 72% dei
quali operanti nell'Italia settentrionale. Questi divennero: nel 1932, 28.000 per
salire, nel 1935, a 33.000 e, nel 1940, a 42.000. Tale cifra è rimasta, a causa
della guerra, quasi invariata sino verso la fine di quel decennio. Il parco balzò,
poi, a 300.000 unità nel 1960, a 600.000 unità nel 1970, a 1.200.000 nel 1990 e
a 1.700.000 unità alla fine del 1997. I trattori nuovi di fabbrica acquistati dagli
agricoltori nel solo anno 1950 furono 5.600, 14.800 nel 1952 e 25.000 nel
195423
Gli anni ’50 furono anche gli anni nei quali le masse contadine cercarono
nell’emigrazione un stile di vita cittadino “ … gli anni della Ricostruzione
sono quelli dell'esodo dalle campagne e delle massicce migrazioni. Tra il 1950
il 1956 circa un milione di contadini abbandona l'agricoltura, alimentando
consistenti flussi migratori, in larga misura diretti verso le città e le fabbriche
del Nord. Inizialmente, l'emigrazione non riguarda solo i meridionali: sono
centinaia di migliaia i braccianti e lavoratori agricoli provenienti dalla
pianura padana a riversarsi nelle città manifatturiere. Successivamente è il
Sud a dare il contributo più grande: nel complesso, tra il 1951 e il 1971, sono
oltre 4 milioni i meridionali che emigrano verso il Nord … 24.
23 Sull’argomento si consulti: M. Zoli, M. Vieri, Le macchine agricole, Storia dell’agricoltura del XX secolo, parte III, Ist. Enciclopedia Italiana, Roma 1996 24 Vittorio Daniele - Paolo Malanima, Il divario Nord-Sud in Italia. 1861-2011. Soveria Mannelli, Rubbettino, 2011.
37
Per concludere, c’è da dire che la riforma agraria e gli avvenimenti che la
precedettero, costate stragi e carcerazioni, fu sicuramente di aiuto nel definitivo
tramonto dell’ideologia feudale caratterizzata dal latifondismo, dal servaggio
della plebe e da infinite forme di violenza nei confronti dei subalterni, ma che
lo sviluppo della piccola proprietà contadina si deve principalmente agli
acquisti sul mercato, ai contratti di miglioria e ai riscatti enfiteutici.
38
CAPITOLO III
Il caso di San Potito Sannitico
3.1 Il paese
San Potito Sannitico, è un piccolo paese dell’entroterra italico con 2000
abitanti, 2283 ettari di superficie per la maggior parte ricoperta da bosco, case
sparse ed un centro abitato nato a m. 280 slm in corrispondenza delle ricche
sorgenti della località Formose, Aulecine e Porta Agricola, che ancora oggi
rendono la vita nel paese piacevole e il clima mite. Lo sviluppo del paese, oltre
che all’acqua, è legato alla viabilità, difatti l’abitato si sviluppa all’incrocio di
un antico tracciato viario pedemontano diretto a Telese con il tratturo di Valle
del Londro, legato agli interessi che le popolazioni avevano sulle montagne, al
possesso di greggi e quindi alla transumanza.
Il territorio del Comune è in parte montano, in parte pedemontano e
rientra per buona parte (la zona montana e l’intero centro storico) nel Parco
Regionale del Matese.
A San Potito Sannitico la gente ancora si riunisce e fa convegno, festa e
spettacolo in Piazza della Vittoria sulla via Provinciale Sannitica, uno spazio
fisico di vita collettiva dove è situato anche il comune.
La chiesa, al centro del paese, è ancora un luogo di aggregazione vissuto
e le fontane e i due lavatoi pubblici, un tempo luoghi principali d’incontro,
oggi assolvono solo in parte a questo loro antico compito, avendo l’acqua
potabile raggiunto ogni abitazione.
39
Lo sviluppo urbanistico del paese in questi ultimi anni, di tipo
occasionale e legato più allo smembramento di grosse proprietà che ad una
vera e propria pianificazione degli interventi sul territorio comunale, pone
nuovi problemi legati ad un uso sostanzialmente residenziale diffuso dei suoli
anche al di fuori del centro urbano.
San Potito Sannitico 2013, veduta aerea del centro del paese.
La struttura economica è composta dal 70% da terziario, 16% da
industria e 14% da agricoltura, che tuttora resta un settore importante
dell'economia locale, mostrando in questi ultimi anni segnali di cambiamento
che le conferiscono un carattere nuovo e multifunzionale. In questo senso, la
presenza nel comune di numerose aziende agrituristiche (ossia aziende agricole
in cui vengono esercitate funzioni di pernottamento e consumo di pasti,
escursionismo, attività didattiche, ecc.) rappresentativa delle trasformazioni che
40
il territorio e l'economia agricola stanno subendo, e la realtà evidente di una
diversa modalità di intendere l'agricoltura.
3.2 La prima guerra mondiale e il primo dopoguerra a San
Potito Sannitico
Una relazione riferita all’anno 1900, inoltrata al prefetto di Caserta dal
Sottoprefetto del Circondario di Piedimonte d’Alife, del quale faceva parte il
comune di San Potito Sannitico, descrive, fra le altre cose, le condizioni
economiche, morali e politiche delle comunità sulle quali il Sottoprefetto aveva
giurisdizione: … qui si vive come si fosse lontani da ogni consorzio umano …
non è finito il feudalesimo perché ogni comune è diventato il feudo di pochi
Signori che impadronitosi con ogni arte delle comunali amministrazioni, tutti
operano per rimanere al potere ed escludere quelli che pur potrebbero
partecipare convenientemente all’esercizio dei pubblici poteri …25
La situazione politica e morale degli anni della prima guerra mondiale e
del primo dopoguerra non si discosta di molto da quella appena descritta.
Questo periodo storico del paese verrà presentato attraverso la tragica lettera
che chiede al Sindaco di dare notizia alla famiglia Piazza della caduta sul
fronte italo-austriaco del figlio di soli 23 anni, e attraverso una delibera del
1918 del consiglio comunale di San Potito Sannitico tesa al razionamento del
pane, la cui notizia aveva già provocato accese proteste in paese.
“Ill.mo Sig. Sindaco, di San Potito Sannitico, ho l’onore di partecipare
alla S. V. I. che il sottotenente Gabriele Piazza di Marcellino, effettivo al 148
Reggimento di Fanteria M. M. cadde eroicamente sul campo, nell’aspro ma 25 Giovanni Guadagno, Pietro Farina 1883-1954, ASMV, anno 2002
41
eroico combattimento del 2 corrente mese di Novembre mentre guidava alla
vittoria il proprio reparto.
Nel voler comunicare con le dovute cautele la dolorosa notizia alla
famiglia del prode ufficiale, caduto per la grandezza della Patria, voglia farLe
pervenire le più vive e sentite condoglianze dagli ufficiali e soldati del
Reggimento.”26
Marcellino Piazza, padre del giovane sottotenente Gabriele, era
consigliere ed assessore del Comune di San Potito, per cui il Sindaco, ricevuta
la lettera in data 20 novembre del 1915, convoca d’urgenza il Consiglio per
dare la notizia ufficiale: … Signori Consiglieri, un doloroso compito mi è
riservato, quello di parteciparvi che il nostro concittadino, sottotenente
Gabriele Piazza, figlio del nostro collega consigliere, ed assessore Marcellino
Piazza, cadde da eroe negli ultimi violenti combattimenti sul Carso …27
Nel 1934 al giovane sottotenente, verrà intitolata la Scuola elementare
del paese. Al Caporal Maggiore Colapetella Luigi, … morto della morte degli
eroi, in faccia al nemico il giorno 11 settembre 1916 a Monte Muio … , ed al
soldato Di Chello Antonio … caduto il 19 giugno 1917 mentre combatteva
valorosamente presso il monte Zebio28 … vengono intitolate due aule di tale
edificio.
E’ angosciante anche questo secondo documento che viene proposto, la
delibera di Consiglio comunale che di fatto porta al razionamento del pane nel
paese. E’ il 15 febbraio del 1918, la guerra è ancora in corso, terminerà solo nel
successivo novembre, e serve grano per alimentare le truppe al fronte e le città,
26 Lettera del Comandante del Deposito del Reggimento cui il sottotenente apparteneva. 27 Archivio Storico del Comune di S. Potito Sannitico Delibera di Consiglio n. 26 del 20 novembre 1915 28 Come da comunicazione del Comando Militare
42
lontane dai luoghi di produzione di alimenti, San Potito Sannitico già convive
con la povertà e la fame e la notizia del tesseramento per il razionamento del
pane ha suscitato energiche proteste già il 20 di gennaio, tanto da richiedere
l’intervento in Consiglio comunale di un commissario prefettizio.
E cosi, il 15 febbraio del 1918, a seguito degli “incresciosi fatti del 20
gennaio”, su disposizione del Prefetto della Provincia di Caserta, partecipa al
Consiglio Comunale il Commissario Prefettizio cav. avv. Stefano Corsi. Il
Commissario, dopo i convenevoli, spiega che si trova a San Potito “animato
dall’intenzione di pacificare gli animi e fare in modo che ogni cittadino sia
regolarmente razionato e tesserato tenuto presenti le difficili condizioni del
momento e la scarsa disponibilità di cereali.
E’ necessario, - egli dice - che tutti si convincano che la Patria nostra
subisce ora una prova durissima ed ogni cittadino che sente di essere italiano
deve non solo eseguire, con rispetto gli ordini che dalle Autorità Governative
vengono emanati, ma deve cooperarsi con le medesime a che la resistenza
interna sia pari alla resistenza che i nostri soldati oppongono al secolare
nostro nemico al fronte; senza disciplina gli alti ideali della più grande Italia
non saranno mai raggiunti ed il nemico attende appunto il nostro avvilimento,
il fermento più intenso e di conseguenza il disgregamento dell’intera
popolazione italiana. Spiega ancora … di essere convinto che i moti del 20
gennaio u. s. furono effetto della esaltazione immediata di gente incosciente …
invita il Consiglio a fissare la razione giornaliera che competere deve
innanzitutto alla classe lavoratrice dei campi di cui in maggioranza è
composto questo Comune e poi alle rimanenti classi di cittadini.
Il Consiglio, associandosi pienamente agli alti concetti esposti, ritenuto
che alla popolazione di questo Comune in gran maggioranza composta da
43
contadini, deve assegnarsi una razione che almeno in parte sia adeguata alle
dure fatiche che sopporta per prepararci buoni raccolti.
Ritenuto che unico alimento di questa classe è il pane, tenuto presente il
razionamento fatto in altri Comuni, unanimemente delibera che tutti i cittadini
di questo comune siano tesserati a norma delle disposizioni vigenti, e fissa
come razione giornaliera per il contadino lavoratore grammi
seicentocinquanta di pane e grammi trecentocinquanta per le altre classi di
cittadini …29
3.3 Gli anni del fascismo a San Potito Sannitico
Sono tantissimi i documenti emblematici degli anni del fascismo presenti
in archivio comunale. Vedremo l’arroganza di un Commissario del fascio
locale che nel 1926 intima alla Giunta comunale la rimozione di una lapide
intitolata a F. Ferrer, condannato a morte in Spagna nel 1909 con l’accusa di
aver fomentato una rivolta contro la guardia civile.
“ Assisteremo” al conferimento delle cittadinanza onoraria a Benito
Mussolini, vedremo con quanta facilità i fasci giovanili di combattimento
beneficiassero di contributi economici comunali per le loro “precipue attività”
ed infine, una interessante descrizione politico economica relativa all’anno
1933 e lo sconforto degli agricoltori per i numerosi controlli e documenti
richiesti per qualsiasi pratica si accingano a fare nei primi anni ‘40.
29 Archivio Storico del Comune di S. Potuto Sannitico, Delibera del Consiglio n. 2 del 15 febbraio 1918
44
Dalla delibera di intitolazione di una piazza del paese a F. Ferrer sono
passati diciassette anni, a San Potito il sindaco è di nuovo Petella Domenico,
ma intanto in Italia c’è stato l’avvento del Fascismo.
A San Potito il sig. Piazza Michele, Commissario del Fascio locale e
futuro sindaco del paese, con una lettera a firma del Pentarca Dott. De Simone
del 10 marzo, intima alla Giunta Comunale di rimuovere con urgenza la lapide
di intitolazione della piazza a Francisco Ferrer entro la data del 13 marzo.
All’ordine del giorno della Giunta dell’11 marzo del 1926 viene posto un
unico argomento: il cambiamento di nome della piazza Francisco Ferrer.
… Il Presidente legge alla Giunta una lettera del Commissario del
Fascio locale sig. Piazza Michele da cui si rileva che il Pentarca Dott, De
Simone ingiunge di rimuovere la lapide in marmo che denomina a Francisco
Ferrer la attuale piazzetta della Fontana, e far tenere detta lapide in Caiazzo
al suo domicilio prima di Sabato 13 corrente mese, non potendo essere
consentito che una amministrazione fascista, come quella di questo Comune,
tolleri ancora una piazza intitolata a Francisco Ferrer.
Data quindi la brevità del termine assegnato dal Pentarca, e dato che ai
cambiamenti di denominazione di Via o piazza, deve provvedere il Consiglio
Comunale, invita la Giunta a deliberare con urgenza la rimozione di detta
lapide, per poterla far tenere al sig. Pentarca De Simone, giusta sua
richiesta…30
La Giunta si giustifica, ma ovviamente dispone di dar seguito alla
richiesta, questo episodio è rappresentativo di come si movesse la politica in
quegli anni, di come il fascismo con le sue prevaricazioni tentasse di cancellare
anche la storia.
30 Paolo Rapa, Cattolici e laici a San Potito, Il Matese, giugno 1993
45
Intanto nel 1926 Benito Mussolini avvia la sua campagna di propaganda,
per cui il l’Amministrazione, come negli altri comuni … delibera di conferire
la cittadinanza onoraria a Sua Eccellenza Benito Mussolini in omaggio di
riconoscenza perenne verso il fiero patriota, verso l’uomo politico profondo
chiaroveggente e geniale … Ritenuto che all’indomani della nostra guerra
vittoriosa, nel cielo grigio d’una politica che aveva, in un’angoscia senza
nome, delusi gli animi degli Italiani allo spettacolo d’una triste decadenza ed
al contatto d’ogni disonorante bassezza, l’attuale presidente del consiglio
apparve come l’astro di un nuovo risorgimento, che la sua nobile e radiosa
figura di grande cittadino, di prode combattente, di politico illuminato, di
sapiente amministratore …31
Nel 1933 a San Potito Sannitico l’economia del comune ruota
principalmente intorno alle attività e ai diritti che si esercitavano sulla
montagna, per cui il taglio del bosco e la fida pascolo ne rappresentavano la
principale fonte. Un interessante documento del 1933, invece, mette a nudo
quella che era la situazione economica dei Potitesi in quegli anni, che li vede
impegnati principalmente nel campo dell’agricoltura, dell’edilizia e presso il
cotonificio dei signori Egg di Piedimonte Matese.
Alle richieste riservate di notizie inerenti la situazione politica ed
economica del paese, avanzate dal Gabinetto di Pubblica Sicurezza della Regia
Prefettura di Benevento, il Podestà, nel febbraio 1933, riferiva : “… La
situazione economica non è del tutto soddisfacente inquantochè essendo i
naturali di questo Comune, per la maggior parte, fittavoli o proprietari di
piccoli appezzamenti di terreno, col succedersi di scarsi raccolti e per il
diminuito prezzo degli animali in genere, dal commercio dei quali pur
31 Archivio Storico del Comune di S. Potuto Sannitico, Delibera del Consiglio n. 12 giugno 1926
46
ritraevano un certo utile, sono venuti a trovarsi nella condizione di poter
soddisfare soltanto i più impellenti bisogni. La disoccupazione attualmente
risulta come appresso:
- disoccupati agricoltura n. 30 (22 maschi, 8 femmine)
- disoccupati in industria n. 13 (6 maschi, 7 femmine)
-disoccupati in commercio n. 0. Tale disoccupazione però non è
preoccupante sia perché saltuaria, sia perché in questo centro, esclusivamente
agricolo, la mano d’opera trova quasi sempre modo di potersi collocare.
Circa 70 operaie poi sono occupate nelle Cotoniere Meridionali del
vicino Comune di Piedimonte d’Alife, ove giornalmente si trasferiscono …
Inoltre i lavori di costruzione del nuovo edificio scolastico, da poco iniziati e
nei quali a turno trovano impiego diversi lavoratori … danno bene a sperare
per il prossimo futuro …”32.
Riporto questi ultimi due documenti per dimostrare quanto fosse facile
per il fascio giovanile di combattimento avere accesso a cospicue somme di
danaro e che deludente origine avessero le scritte sui muri inneggianti al duce.
Nel 1935 il Podestà … vista la richiesta del locale comando del Fascio
giovanile di combattimento il quale dichiara che per mancanza di mezzi , non
può far fronte a tutte quelle che sono le mansioni precipue del Fascio
giovanile e cioè addestramento militare, sport, educazione morale, politica
ecc. ed è inoltre sprovvisto di materiale occorrente per l’ufficio nonché di sede
… determina liquidarsi un sussidio di £. 200,00 … 33 in favore del fascio
giovanile locale.
32 Archivio Storico del Comune di S. Potito Sannitico, Comunicazione del Podestà alla Prefettura di Benevento, febbraio 1933 33 Archivio Storico del Comune di S. Potuto Sannitico, Determina del Podestà n. 27 del 27 marzo1935
47
Nel 1939 … il Podestà ha deliberato pagarsi a favore di Rapa Michele
la somma di £ 40,00 per iscrizioni su pareti murali esterne, di numero otto
motti del Duce in vie varie del centro abitato…34
Negli ultimi anni in cui il fascismo è al potere, gli agricoltori cominciano
ad essere stanchi e cominciano a prendere timide distanze dalla politica
Un manifesto pubblicato nel 1936 a San Potito Sannitico, che in epoca fascista ricadeva nella provincia di Benevento, intima ai Potitesi di attenersi alle norme
per il conferimento del grano agli ammassi granari.
34 Archivio Storico del Comune di S. Potito Sannitico, Delibera del Podestà n. 41 del 15 luglio 1939
48
del duce e i podestà lo fanno notare ai prefetti. Difatti, il 27 settembre 1942, a
seguito di una lettera di protesta del prefetto, che lamenta la mancata adesione
degli agricoltori di San Potito Sannitico alla richiesta del premio di semina, il
podestà di San Potito Sannitico comunica che nonostante abbia fatto ben
quattro riunioni per cercare di convincere gli agricoltori ed abbia coinvolto il
parroco affinché anch’esso si facesse promotore della propaganda esponendo
manifesti anche in chiesa ... gli Agricoltori in genere sono ormai tutti un pò
infastiditi per le continue denunzie da fare che li costringono ad andare in giro
trascurando lavori e faccende di campagna che non sono poche e poi perché in
verità forse pensano che la denunzia possa servire a scopi fiscali ciò che è
stato da me sempre smentito35
3.4 La seconda guerra mondiale a S. Potito Sannitico
il 1º settembre 1939 ebbe inizio la seconda guerra mondiale, l’Italia
entrerà in guerra solo più tardi, il 10 giugno 1940, ma già si respira aria di forti
restrizioni quando il 17 settembre 1939 il Consiglio e Ufficio Provinciale delle
Corporazioni di Benevento scrive ai podestà ... in merito alla erogazione di
grano per il fabbisogno famigliare per i meno abbienti, il Ministero delle
Corporazioni insiste sulla necessità che tale assegnazione sia ridotta al
minimo per evitare dispersioni di cereali nocive alla regolarità della
distribuzione.
In passato si è largheggiato nelle concessioni per alcuni Comuni, in
considerazione di difficoltà contingenti; ma con le disponibilità del nuovo
35 Podestà di San Potito Sannitico, 27 febbraio 1942 - Lettera di risposta al prefetto di Benevento in merito alla poche richieste di premio di semina presentate dai coltivatori del paese.
49
raccolto, che permette a gran parte dei ceti rurali l'impiego diretto del
quantitativo di grano trattenuto ai sensi della legge sugli ammassi, le
erogazioni per il fabbisogno famigliare debbono quasi scomparire.
Al riguardo si fa appello al senso di responsabilità dei sigg. Podestà e
Commissari Prefettizi finché le richieste dei meno abbienti siano
rigorosamente vagliate e, all’occorrenza, ridotte o respinte …36
Andrà sempre peggio, la risposta del governo alla carenza di viveri
verificatasi nel corso del conflitto mondiale, iniziata in precedenza con i
censimenti, le indagini statistiche e l’erogazione di incentivi per i coltivatori,
continua con l’esercizio del controllo sempre più rigoroso e pressante su tutta
la filiera di produzione e con obblighi di consegna ali ammassi di parte della
derrata e finisce con la requisizione della quasi totalità del grano prodotto.
Ovviamente tutti i cereali e i legumi seguono lo stesso destino e, in questo
contesto, il pane diventa il principale oggetto di razionamento.
A San Potito Sannitico è ancora possibile raccogliere ricordi legati al
razionamento dei beni di prima necessità ed ai sotterfugi per sfuggire ai
controlli delle quantità di grano macinato ma si racconta anche
dell’abbattimento di un caccia italiano avvenuto l’8 settembre del 1943, dei
deportati, di una squadra di vigilanza che aveva il compito di raccogliere e
distribuire gli alimenti, della riattivazione del vecchio mulino di via Porta
Agricola, della costituzione di un gruppo sanitario con i tre medici del posto,
delle trovate per sfuggire ai rastrellamenti (mettendosi una finta gobba,
nascondendosi nel forno a legna di casa, ecc.
36 Consiglio e Ufficio Provinciale delle Corporazioni di Benevento – Circolare del 17 settembre 1939 rivolta ai podestà ed avente ad oggetto Grano ai meno abbienti e alle famiglie numerose.
50
Ricordano lo stupore della gente nel vedere soldati di colore, i rari
momenti di divertimento, il pianto dei bambini e che, finita la guerra, in una
località di San Potito Sannitico chiamata “Masseria della Signora” e anche in
via Formose, alcuni bambini avevano scambiato delle bombe per giocattoli con
le conseguenze che si lasciano immaginare.
3.5 Il secondo dopoguerra
Nell’ottobre del 1945 sono già passati sei mesi dalla fine della guerra, la
fame si fa sentire dappertutto, esplodono proteste ovunque, sia nelle città che
nei piccoli centri. Il 24 ottobre 1945 il podestà di San Potito Sannitico sporge
denuncia al Comando Stazione dei RR. Carabinieri di Piedimonte Matese in
merito alle proteste di alcune sue amministrate … Durante il 23 corrente
(1945) si sono presentate nella piazza antistante al Municipio le nominate
Giuliano Giulietta maritata Brandi, Masuccio Massimina maritata Santagata,
Damiano Assunta maritata Rapa Marcellino, Rapa Elisa vedova di Masuccio
Antonio e Coluccio Antonietta maritata Delle Chiare, le quali con arroganza
affermavano pubblicamente che è questo sindaco che non cura di far venire la
farina, la pasta e l’olio e minacciavano di voler aggredire il locale
dell’ammasso dell’olio.37
La scritte sui miri di antichi palazzi del paese, in alcuni casi ancora
visibili: Viva la Repubblica, Viva Togliatti, Viva Matteotti, oppure Gli italiani
d’America ci dicono di votare Repubblica riportano all’acceso clima politico di
37 Podestà di San Potito Sannitico - Denuncia del 24 ottobre 1945 al Comando Stazione dei RR. Carabinieri di Piedimonte Matese.
51
questo periodo, durante il quale, caduto il fascismo, le persone poterono
finalmente confrontarsi con maggiore libertà.
Una scritta di propaganda su una parete de palazzo Francomacaro a San Potito Sannitico risalente al 1946 invita a votare Repubblica chiamando in causa gli Italiani d’America.
Ha inizio in questo periodo un’altra lunga fase di emigrazione dal paese
che porterà i potitesi un po’ ovunque nel mondo e benefici all’economia locale
attraverso le rimesse in favore delle famiglie di appartenenza con mandati di
pagamento intestati alle mogli, ai genitori, ai figli effettuate attraverso le
banche a ciò deputate.
Alle storie leggendarie legate all’emigrazione si affiancano le esperienze
di vita, il know how e le conoscenze tecnologiche che vengono in qualche
modo acquisite all’estero e trasferite in Italia dagli emigranti che rientrano.
Mario Iannitto, che nasce in America da genitori potitesi e scopre di chiamarsi
52
Antonio quando arrivano i documenti per il matrimonio dall’America, importa
la tecnologia cinematografica e realizza in paese un cinema all’aperto, il
Cinema Aurora, …che ha svolto la sua attività per circa trent’anni con
soddisfazione dei cittadini di San Potito che ne hanno gremito la platea, dal
Dopoguerra agli Anni Settanta. … il cinema in piazza era di don Mario
Iannitto, a suo modo un imprenditore d’avanguardia che aveva portato con sé
dagli Stati Uniti d’America la passione per il cinematografo. Il cinema, come
accadde nel bel film Nuovo Cinema Paradiso, chiuse quando la televisione,
ormai presente in tutte le case, prese il sopravvento …38
La foto mostra la famiglia Iannitto presa all’interno dell’arena Aurora, erano gli anni ’50 ed in programmazione per la serata c’era il film Spartaco
La finestrella della biglietteria del piccolo cinema all’aperto gestito da
Mario Iannitto, in piazza della Vittoria, è l’emblema, insieme alla vecchia
38 Nota della prof.ssa M. T. Iannitto indirizzata al sindaco di San Potito Sannitico.
53
macchina per la proiezione, oggi ristrutturata a cura della Proloco del paese,
delle serate estive di 50 anni fa.
3.6 Ipotesi di futuro per il paese
“ … Questo luogo, questo paese, non ha il mare, non ha la neve, non ha
il Colosseo, non ha la FIAT e non ha dato i natali a Padre Pio. La storia, la
natura, la politica, sono state, diciamo eufemisticamente, poco generose. Il
contesto locale, oltre alle mancanze di dotazioni (chiamiamole naturali),
presenta debolezze strutturali forti (reddito pro capite basso, disoccupazione,
tasso di occupazione bassissimo, campagna urbanizzata non pianificata).
Accanto a questi punti deboli esistono però anche significative realtà (non
tanto in termini di quantità) innovative ed in sintonia con le tendenze in
atto…”39
Il declino dell’agricoltura e dell’identità rurale40 che si è manifestata
anche a San Potito Sannitico con la perdita, spesso volontaria e intenzionale,
dell’utilizzo del dialetto e dei costumi legati all’economia contadina, impone la
ricerca di nuovi orizzonti economici e culturali, nuove esplorazioni.
A creare l’attrattore turistico, il motivo per cui una persona deve venire in
questo luogo, hanno lavorato e continuano a farlo sia l’Amministrazione
comunale che la Proloco: nel 2009, infatti, il comune di San Potito Sannitico è
entrato nella rete internazionale delle Cittaslow, grazie al riconoscimento
ottenuto per la sua adesione ad un modello di città centrato sulla qualità della
39 Da: La città che ho in mente di A. Conte in San Potito Sannitico da villaggio rurale città del Parco, Amministrazione del comune di San Potito Sannitico, 2000. 40 A tal proposito si veda: Storia dell'agricoltura italiana in età contemporanea, a cura di Piero Bevilacqua. Venezia, Marsilio, 1989-91.
54
vita, la tutela dell'ambiente, del patrimonio storico, artistico e culturale, la
salvaguardia e valorizzazione delle produzioni tipiche, ma soprattutto il tema
delle identità delle città, del rapporto con gli operatori e i cittadini,
dell'accoglienza e dell'ospitalità.
Inoltre, grazie alla perfetta sinergia tra Amministrazione Comunale e Pro
Loco, sono state organizzate nel paese numerose manifestazioni culturali e
sportive di respiro nazionale e internazionale. Tra queste si ricordano in
particolare la rassegna cinematografica nazionale "Cinemadamare" e l'evento
sportivo "Paragliding World Cup".
Cinemadamare è un festival itinerante che in sei settimane, tocca sei
regioni del sud Italia. Con l'obiettivo di ricreare l'antica atmosfera del cinema
italiano, radunando in piazza numerose persone, attraverso una competizione di
cortometraggi realizzati da giovani film-maker provenienti da tutto il mondo.
“L'antica atmosfera del Cinema Italiano, come un rituale che raduna la
gente comune in una piazza d'estate; … la possibilità di incontrare persone
provenienti da ogni parte del mondo per confrontare i propri lavori e capacità:
questi e ancora di più sono gli elementi che ispirano " CinemadaMare" Film
Festival. Quest'anno, dal 18 al 23 luglio 2009, per la quarta volta, la piccola
cittadina è stata invasa da un centinaio di giovani film-makers che, oltre a
proiettare i propri corti, si sono dilettati nella realizzazione di nuove scene e
hanno partecipato a seminari sul tema tenuti da attori, registi, scrittori41”.
Paragliding World Cup, invece, è un evento sportivo e, più precisamente,
la gara di coppa del mondo di parapendio. In sei giorni 140 piloti provenienti
da 35 nazioni si sono sfidati in diverse manche nei cieli del Matese.
41http://www.montidelmatese.com/content/localita/scheda_loc.asp?idcomune=8
55
“Dal 1 al 5 luglio 2009 a San Potito Sannitico (CE) si disputerà una
prova del campionato del mondo di parapendio. Dopo il successo riscosso lo
scorso anno, infatti, l’Associazione sportiva “Le Streghe” ha deciso anche
quest’ anno di organizzare la manifestazione. I piloti in gara, circa 140,
provengono da ogni parte del mondo e per 5 giorni popoleranno i cieli del
parco del Matese. Sono previsti appuntamenti di musica dal vivo e mercatini di
prodotti locali della gastronomia e dell’artigianato. L’inizio ufficiale della
gara è previsto per il 1 luglio mattina. Per la premiazione l’appuntamento è
domenica 5/07/09 alle 18.30 in Piazza della Vittoria a S. Potito Sannitico42”.
Sn Potito Sannitico, Monte Sant’Angiolillo,
Parapendisti impegnati nella terza manche della gara di selezione
Oltre a questi due importanti eventi, nel comune vengono organizzate
durante tutto l'anno numerose altre manifestazioni a carattere culturale e
42 http://www.montidelmatese.com/content/eventi/scheda_evento.asp?id_evento=222
56
sportivo che puntano a valorizzare e promuovere la cultura, le tradizioni e le
"tipicità" del luogo con la presenza di attori, scrittori e giornalisti di fama
nazionale. A titolo di esempio, anche perché attinente alla proposta che andrò a
fare, si segnala la manifestazione “Mietograno&Mangiosano” portata avanti
dal Centro di Educazione Ambientale ARIA.
“Quest’anno protagonisti dell’appuntamento estivo con
“Mietograno&Mangiosano” sono gli uomini e le macchine della “Battaglia
del Grano” avviata negli anni ’20 e conclusasi molto tardi sul Matese. La
manifestazione, che durerà tre notti e tre giorni, rientra nel progetto "Il
Salvaboschi (amare per non bruciare)" sostenuto dalla Fondazione per il Sud e
realizzato nel Parco Regionale del Matese con il coordinamento del Centro di
Educazione Ambientale A.R.I.A. Dal 25 al 27 giugno, San Potito Sannitico
sarà coinvolto in una festa con musica e balli tradizionali, ricerca, ambiente,
folklore e cibo semplice. L'evento sarà anche l’occasione per sentire i racconti
dei protagonisti, per parlare di una "battaglia" vinta e persa allo stesso tempo
e per vedere documenti fotografici inediti e macchine dismesse da anni tornare
a combattere la battaglia per la quale sono nate. Per l’occasione, sarà
organizzata una proiezione fotografica e una tavola rotonda sul tema della
manifestazione con l’intervento del dott. William Dozza (giornalista e massimo
esperto nazionale di trattori a testa calda) e del dott. Carmine Nardone (ex
presidente della provincia di Benevento e riconosciuto fondatore del MUSA di
San Giorgio del Sannio). Mietograno&Mangiosano è anche ricerca, condotta
soprattutto nel campo degli stravolgimenti sociali conseguenti alla
meccanizzazione agricola… 43.
43 http://www.fondazioneconilsud.it/news/leggi/2010-06-25/mietograno-mangiosano/
57
Le caratteristiche del paese (popolazione al di sotto dei 5000 abitanti,
localizzazione in una zona depressa sia economicamente che culturalmente …)
hanno dato a questo piccolo centro l’opportunità di accedere a finanziamenti
europei che hanno consentito la nascita di un consistente numero di piccole
realtà economiche, quasi sempre legate alla ricezione turistica in ambiente
agreste.
Dal punto di vista della ricettività turistica, San Potito vanta un primato
unico nell'area matesina: oltre 150 posti letto e 500 posti mensa, distribuiti tra
agriturismi, bed & breakfast, country house e case vacanza (circa 50 strutture
di questo tipo su una popolazione di 2000 abitanti). Queste strutture, realizzate
per la maggior parte utilizzando i fondi comunitari FESR per la
programmazione 2000-2006, hanno avuto due importanti esiti per il paese: in
primo luogo hanno determinato un importante recupero del patrimonio edilizio
esistente e, in secondo luogo, hanno svolto un ruolo fondamentale nella
promozione del territorio, favorendo processi di sviluppo rurale.
A San Potito Sannitico, poi, nella parte più a valle del comune, è situata
un'area in passato occupata da una grande azienda zootecnica, denominata
GE.ZOO.V. (acronimo di Generale Zootecnica Volturno) una ambiziosa
struttura agroindustriale che nei suoi primi anni di vita fu meta continua di
visite di delegazioni di tecnici esteri e nazionali in quanto l'organizzazione
industriale dell'allevamento nonché la mole del complesso stesso la ponevano
all'avanguardia nella zootecnica moderna. L'azienda, una società per azioni
costituita a partire dall'aprile del 1967 principalmente con finanziamenti della
Cassa per il Mezzogiorno, ormai dismessa, è stata acquisita al patrimonio del
comune e sarà a breve riconsegnata al contesto cittadino per rispondere al
meglio alle attuali esigenze ed istanze della collettività ivi insediata.
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L’Amministrazione comunale, ritenendo che l'area, per le sue dimensioni
e per sua la posizione strategica, possa accogliere strutture e destinazioni d'uso
che siano di riferimento per l'intero comprensorio dell'Alto Casertano, ha
presentato un progetto di riqualificazione dell’intera area GE.ZOO.V che
prevede la creazione di un polo agro alimentare finalizzato alla trasformazione,
alla promozione ed alla commercializzazione dei prodotti agricoli tipici
artigianali e di eccellenza dell'area del Parco Regionale del Matese.
La struttura modulare dei fabbricati esistenti nell’azienda GE.ZOO.V.
(circa 27.000 mq di superficie coperta) in una foto aerea del 2005, ed appena visibile, nell’angolo in alto a destra, la masseria Campochiaro.
Il progetto prevede la bonifica del territorio, la creazione di strutture a
basso impatto ambientale e l'implementazione del sistema lavorativo locale44.
All’interno dell’area Ge.zoo.v ancora oggi sono presenti tutti gli edifici
originariamente realizzati: un Fabbricato in muratura che era adibito ad uffici,
44 Si veda: Delibera n. 105 del Consiglio Comunale di San Potito Sannitico dell’8/10/2013
59
costituito da 10 vani e accessori su di un unico piano per una superfice
complessiva di circa 650 mq; un fabbricato che era l’abitazione del custode,
foresteria, di circa 240 mq; un capannone centrale che costituisce un unico
corpo coperto di circa 7.000 mq, una risorsa unica per il territorio la
disponibilità di uno spazio coperto così grande ed utilizzabile per svariate
attività; capannone di 1.650 mq che conteneva gli impianti per la
trasformazione del letame in concime, sicuramente un elemento di
“archeologia industriale” a testimonianza della tipologia delle iniziative
industriali tese allo sviluppo economico del Meridione d’Italia che all’epoca
finanziava la Cassa del Mezzogiorno; una serie di stalle costruite in maniera
modulare.
Infine, in posizione marginale rispetto al corpo dell’azienda, è collocata
la vecchia Masseria Campochiaro, un tipico esempio di casale padronale
ottocentesco, precedente alla nascita dell'azienda ed oggi beneficiario di un
finanziamento di 2.000.000,00 di € e quindi in stato avanzato di ristrutturazione
per la realizzazione di un Centro Polifunzionale per le Attività di Sviluppo del
Territorio San Potito Sannitico.
Il fabbricato sarà, nel disegno degli Amministratori, il luogo
rappresentativo delle attività che l’Amministrazione promuove sul territorio, e
comprende spazi espositivi e di rappresentanza, locali per la formazione e
laboratori di ricerca e comunicazione per lo sviluppo del territorio.
Il centro polifunzionale accoglierà laboratori attrezzati, workshop,
dibattiti, conferenze, mostre, stage, presentazioni e pubblicazioni attraverso
partnership con università, istituzioni, fondazioni e possibili altri enti
interessati sia ai temi di sviluppo locale che alla realizzazione di progetti
innovativi su scala globale.
60
L’immagine in alto mostra Masseria Campochiaro come si presentava prima dell’intervento in atto, quella in basso, mostra come si presenterà la stessa ad intervento ultimato (fotoritocco Arch. L.
Ricigliano)
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L’immobile, circa 1.120 mq di strutture in muratura disposte su due
livelli e circa 1000 mq di corte scoperta antistante, rappresenta una risorsa
strategica anche per l’area all’interno della quale esso è ubicato45
San Potito Sannitico anni ‘50, le famiglie D’orsi e Ciliberti che risiedevano nella Masseria Campochiaro con un contratto di mezzadria, sono impegnate nella trebbiatura dl grano.
3.7 La proposta: una esposizione permanente delle macchine
agricole d’epoca del Sannio
Chiunque frequenterà l’area Ge.zoo.v, a qualsiasi titolo e per qualsiasi
motivo, avrà sicuramente una ragione in più per farlo: visitare l’area espositiva.
Un arricchimento per il comune di San Potito Sannitico, un valore
aggiunto per il territorio e per le attività che sorgeranno sull’area Ge.zoo.v, in
45 Si consulti: Relazione tecnica del progetto di adeguamento statico e funzionale dell’edificio comunale in via San Cassiano
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definitiva, il modo per attrarre un viaggiatore occasionale e per far diventare un
luogo pressoché sconosciuto, tutto d’un colpo popolare: questa l’dea di fondo
della proposta.
Proliferano un po’ dappertutto piccoli musei della civiltà contadina e nel
mio paese si sta rincorrendo da anni la realizzazione di una esposizione
permanente delle macchine agricole d’epoca di grossa taglia legate alla filiera
del grano: trattori e aratri, seminatrici, mietilegatrici e trebbiatrici e quant’altro.
San Potito Sannitico 2010, macchine agricole d’epoca in esposizione per la manifestazione Mietograno&Mangiosano
Per la realizzazione di una esposizione permanente intesa come un luogo
ampio in grado di ospitare macchine di grossa taglia collegate alla
meccanizzazione dell’agricoltura di tutto il ‘900, i collezionisti di macchine
agricole d’epoca del luogo guardano con estremo interesse proprio
all’estensione delle superfici coperte presenti all’interno della Ge.zoo.v a cui
bisogna ancora dare una destinazione precisa.
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Difatti, l’area fieristica prevista nel progetto di riqualificazione dell’area
GE.ZOO.V e il Centro Polifunzionale previsto nella masseria Campochiaro si
prestano in maniera sublime all’attuazione dell’Esposizione permanete delle
macchine agricole d’epoca del Sannio.
Sostanzialmente la proposta è quella di convincere (e non sarà difficile) i
collezionisti di macchine e attrezzature agricole d’epoca della zona, a creare
all’interno dell’area fieristica prevista nella Ge.zoo.v una mostra permanente e
gli Amministratori (ed anche questa è una strada percorribile con facilità) a
mettere a disposizione una superficie coperta affinché questo possa accadere.
Dicevo che non sarà difficile perché, considerata la mole di queste
attrezzature, i collezionisti trovano difficoltà a reperire spazi sufficienti nelle
loro abitazioni e sono sistematicamente alla ricerca di grossi ambienti per
stoccare i pezzi della loro raccolta e gli Amministratori potrebbero trovare
interessante l’idea poter disporre di una raccolta di macchinari antichi fruibile,
sicuramente unica nel territorio.
Basti dire che nel raggio di cinque chilometri si contano ben 22
trebbiatrici, in parte di collezionisti e in parte di discendenti di contoterzisti che
per un motivo o per un altro non hanno trovato il coraggio di disfarsi della
macchina che per il passato ha dato da vivere alla famiglia, e che lo stesso
discorso vale per trattori e altri macchinari.
Le trebbiatrici sono macchine che sul mercato si acquistano mediamente
al prezzo di 2.000,00 euro, un prezzo alquanto modesto per una macchina cosi
voluminosa e complicata, ma hanno un valore affettivo spesso altissimo (le
persone non riescono a disfarsi di queste macchine o perché ci hanno lavorato e
quindi vi sono legate personalmente o per rispetto di un vecchio familiare).
64
Ciononostante, tutti i possessori di macchine cosi voluminose, spesso
realizzate quasi per intero in legno, ma anche di vecchi trattori o altre
attrezzature agricole datate, incontrano difficoltà a trovare o a conservare a
queste ultime un ricovero adeguato, e sarebbero ben felici di donarle purché se
ne garantisca la sopravvivenza e la memoria dell’originario proprietario.
Un reciproco vantaggio quindi: il collezionista, che dispone delle
macchine, avrà un sito dove collocare i pezzi della sua collezione e il Comune,
che dispone del sito, avrà una mostra permanente fruibile.
Fra l’altro ho avuto già modo di verificare che collezionisti, aziende,
associazioni e privati che non sono disponibili a donare gli oggetti che
posseggono, sono sicuramente interessati ad esporre anche permanentemente i
loro macchinari storici sia agricoli che industriali rimanendone proprietari.
La consapevolezza che un’area espositiva fine a se stessa, seppure
dinamica, non riuscirebbe a sopravvivere e che questo sarà possibile solo se
l’esposizione diventa la cornice di attività “vive”, impone di lavorare in
sinergia con le Associazioni del luogo, con le Scuole e con le altre
Amministrazioni locali, affinché l’ambizioso obiettivo di far diventare questa
raccolta di macchine un punto di riferimento per il collezionista, per il turismo
scolastico e per il Territorio, possa essere raggiunto.
Lo sviluppo territoriale, d’altronde, deriva fondamentalmente da una
maggiore densità di imprese, istituzioni e iniziative; imprese le cui attività
siano interconnesse, in modo che ciascuna crei contemporaneamente
opportunità di cooperazione e di stimolo competitivo per le altre; istituzioni
che interagiscono fra loro e con le imprese, fornendo servizi e beni pubblici.
I passaggi da fare sono sicuramente tanti ed ancora da concertare e da
definire, ma sicuramente passeranno attraverso questi punti:
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- Delibere dell’Amministrazione Comunale volte alla realizzazione
dell’iniziativa;
- Sistemazione dell’area su cui insisterà l’Esposizione da parte
dell’Amministrazione Comunale;
- Costituzione di un’associazione con veste giuridica per gestire
l’iniziativa e partecipare a bandi pubblici per il reperimento di
finanziamenti;
- Contattare collezionisti e possessori a vario titolo di attrezzature
agricole d’epoca;
- Catalogare le attrezzature dividendole per tema (aratura, fienagione
…) o in categorie (trattori, trebbiatrici, mietilegatrici, seminatrici,
aratri …);
- Organizzare l’esposizione (magari con un consulente) ed entrare in
rete con gli altri luoghi espositivi del territorio;
- Organizzare vari eventi nel corso dell’anno (visite guidate, convegni,
manifestazione di aratura e trebbiatura con le macchine d’epoca …);
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Conclusioni
Ho redatto questa tesi cercando di inserire la storia di San Potito
Sannitico nell’ambito delle vicende politiche ed economiche del Novecento
italiano.
Ho cercato di evidenziare come anche il più piccolo dei paesi abbia dato
il suo contributo nella costruzione della storia italiana e che una lettura anche
della vicende di un contesto più piccolo possa contribuire al rilancio
dell’economia del Paese.
La tesi, dopo avere analizzati le vicende di San Potito Sannitico nel corso
del Novecento si conclude analizzando la proposta di realizzare una
esposizione permanente delle macchine agricole d’epoca del Sannio nell’area
dismessa della Ge.zoo.v.
Le premesse ci sono tutte: un’Amministrazione comunale intenzionata a
farlo; le macchine storiche e le persone interessate a mettere in pratica l’idea;
lo spazio e le strutture per ospitare l’iniziativa; anch’esse in qualche modo
legate agli avvenimenti dell’economia del ‘900 in quanto costruite con i fondi
della Cassa per il Mezzogiorno. Rimane da formalizzare un progetto organico
che veda coinvolti tutti gli attori in campo.
Non sarà un lavoro facile, poiché al di là della disponibilità delle
macchine e del sito, chi si occuperà di portare avanti l’idea avrà prima la
necessità di accedere a finanziamenti e poi quella di gestire l’esposizione, per
cui dovrà operare delle scelte fra pubblico o privato in funzione anche delle
67
opportunità di lavoro che il progetto potrà offrire e delle occasioni di studio
inerenti sia la meccanica agraria che la storia delle macchine utilizzate.
Pubblico o privato sarà una scelta di fondamentale importanza
riconducibile a esperienze museali già in atto: Museo Piana delle Orme a
Latina per il privato e il MUSA (Polo Museale della Tecnica e del Lavoro in
Agricoltura) di Benevento per il pubblico; entrambe molto significative, con
sale espositive e per convegni e spazi all’aperto, entrambe aperte al turismo
scolastico, ma con problematiche gestionali e di sopravvivenza differenti.
Sono molto soddisfatto di aver avuto l’opportunità di fornire il mio
modesto contributo nella riscoperta della storia e dell’economia di San Potito
Sannitico e alla rivalutazione di un sito in abbandono. A questo punto trovo
onesto lasciare a studiosi, tecnici ed Amministratori del paese il piacere di fare
ulteriori passi in avanti e aprire nuove piste da seguire, ed è anche con questa
speranza che la tesi in quest’ultima parte lascia il campo a futuri
approfondimenti.
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