"LACERBA" (anni 1913,1914,1915)

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SEGRETARIATO GENERALE DELLA PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA BIBLIOTECA QUIRINALE Primo Novecento La stagione culturale delle riviste d’autore Pablo Picasso – 1914 Pipe, verre, journal, guitare, bouteille de vieux marc (‘Lacerba’) (Fondazione Solomon R. Guggenheim – Collezione Peggy Guggenheim, Venezia) “Lacerba” (anni 1913/1914/1915) Percorsi tematici 3 – I ------------------------ 2012

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SEGRETARIATO GENERALE DELLA PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA

BIBLIOTECA QUIRINALE

Primo Novecento

La stagione culturale delle riviste d’autore

Pablo Picasso – 1914 Pipe, verre, journal, guitare, bouteille de vieux marc (‘Lacerba’)

(Fondazione Solomon R. Guggenheim – Collezione Peggy Guggenheim, Venezia)

“Lacerba” (anni 1913/1914/1915)

Percorsi tematici 3 – I

------------------------ 2012

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A cura di Pierpaolo Capelli

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PREMESSA

Si inaugura, con questa pubblicazione dedicata alla rivista Lacerba, una

nuova serie dedicata alla spoglio delle testate storiche conservate presso la

nostra Biblioteca.

Pubblicata dal tipografo fiorentino Attilio Vallecchi, il primo numero della

rivista esce a Firenze l’1 gennaio 1913, per iniziativa di un gruppo di

intellettuali, attivi collaboratori della rivista La Voce, abbandonata per dissapori

con Giuseppe Prezzolini e la sua linea editoriale. In questa nuova avventura

editoriale Giovanni Papini si avvale della collaborazione di Ardengo Soffici,

Italo Travolato, Aldo Palazzeschi.

“Qui non si canta al modo de le rane” recita il frontespizio della rivista,

chiosando il titolo dell’opera incompiuta di Cecco d’Ascoli, astronomo e

medico mandato al rogo per eresia: nell’intendimento dei promotori la rivista

conterrà solo verità, senza edulcoramenti di alcun genere.

Verrà edita fino al 22 maggio 1915, con una periodicità quindicinale, che

diverrà settimanale nell’ultimo anno di pubblicazione.

Lo spoglio sistematico di tutti i numeri della testata e l’agile apparato

biografico dei principali collaboratori della rivista sono opera di Pierpaolo

Capelli, che ha dato vita con grande professionalità ed entusiasmo a questa

nuova iniziativa, che opportunamente si inserisce nelle attività della Biblioteca,.

Noi colleghi ci auguriamo che intenda proseguire questo progetto di spoglio

delle testate storiche della Biblioteca, anche se ormai in procinto di ritirarsi

dall’attività lavorativa, dopo numerosi anni di meritevole servizio presso il

Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica.

Lucrezia Ruggi d’Aragona

Giugno 2012

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LACERBA (1913-1915)

Lacerba Rivista di letteratura, arte e politica, che Giovanni Papini e Ardengo Soffici fondarono

a Firenze nel 1913, dopo essersi staccati da La Voce; uscì fino all’entrata in guerra dell’Italia

(1915). Ebbe carattere di violenta polemica contro l’arte e il costume borghesi, contro il

conformismo e quietismo così degli individui come dei popoli, auspicando la guerra e la

rivoluzione; ma fu polemica non tanto di idee (che erano in fondo quelle di un estremo

antitradizionalismo da un lato e di un acceso nazionalismo e interventismo dall’altro), quanto

di parole, che si spinsero alle maggiori libertà e bizzarrie (come dice già il titolo, modellato su

quello dell’Acerba di Cecco d’Ascoli), con modi decisamente futuristi. Segna infatti il momento

futurista (1), e in certo senso surrealista del vocianesimo, accogliendo fra i suoi collaboratori,

accanto a quelli più ‘di punta’ de La Voce (Dino Campana, Aldo Palazzeschi, Corrado Govoni,

Piero Jahier, Giuseppe Ungaretti ecc.), lo stesso Filippo Tommaso Marinetti (almeno in un

primo tempo), Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Luigi Russolo e, fra gli stranieri, Guillaume

Apollinaire. (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)

Tesi assiomatica de “Lacerba”

______________________________________________________________

Chi non riconosce agli uomini di ingegno, agli inseguitori, agli artisti il pieno diritto di contraddirsi

da un giorno all’altro non è degno di guardarti.

Tutto è nulla, nel mondo, tranne il genio.

Le nazioni vadano in sfacelo ma crepino di dolore i popoli se ciò è necessario perché un uomo

creatore vinca e vinca.

Le religioni, le morali, le leggi hanno la sola scusa nella fiacchezza e canaglieria degli uomini e

nel loro desiderio di star più tranquilli e di conservare alla meglio i loro aggruppamenti. Ma c’è un

piano superiore – dell’uomo solo, intelligente e spregiudicato – in cui tutto è permesso e tutto è

legittimo. Che lo spirito almeno sia libero!

Di serietà e di buon senso si fa oggi un tal spreco nel mondo, che noi siamo costretti a farne una

rigorosa economia. In una società di pinzoncheri anche il cinico è necessario.

Noi siamo inclini a stimare il bozzetto più della composizione, il frammento più della statua,

l’aforisma più del trattato, il genio mancato e disgraziato ai grand’uomini olimpici e perfetti

venerati dai professori.

Queste pagine non hanno affatto lo scopo né di far piacere, né d’istruire, né di risolvere con

ponderanza le più gravi questioni del mondo.

Sarà questo un foglio stonato, urtante, spiacevole e personale.

Sarà uno sfogo per nostro beneficio e per quelli che non sono del tutto rimbecilliti dagli odierni

idealismi, riformismi, umanitarismi, cristianismi e moralismi.

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Manifesto del Futurismo

Le Figaro - 20 febbraio 1909

1. Noi vogliamo cantare l'amor del pericolo, l'abitudine all'energia e alla temerità.

2. Il coraggio, l'audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia.

3. La letteratura esaltò fino ad oggi l'immobilità pensosa, l'estasi ed il sonno. Noi

vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l'insonnia febbrile, il passo di corsa, il

salto mortale, lo schiaffo ed il pugno.

4. Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova;

la bellezza della velocità. Un’automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi

tubi simili a serpenti dall'alito esplosivo... un’automobile ruggente, che sembra

correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia.

5. Noi vogliamo inneggiare all'uomo che tiene il volante, la cui asta ideale attraversa la

Terra, lanciata a corsa, essa pure, sul circuito della sua orbita.

6. Bisogna che il poeta si prodighi con ardore, sfarzo e munificenza, per aumentare

l'entusiastico fervore degli elementi primordiali.

7. Non v'è più bellezza se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere

aggressivo può essere un capolavoro. La poesia deve essere concepita come un

violento assalto contro le forze ignote, per ridurle a prostrarsi davanti all'uomo.

8. Noi siamo sul promontorio estremo dei secoli!... Perché dovremmo guardarci alle

spalle, se vogliamo sfondare le misteriose porte dell'impossibile? Il Tempo e lo

Spazio morirono ieri. Noi viviamo già nell'assoluto, poiché abbiamo già creata

l'eterna velocità onnipresente.

9. Noi vogliamo glorificare la guerra - sola igiene del mondo - il militarismo, il

patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore e il

disprezzo della donna.

10. Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d'ogni specie, e

combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica e

utilitaria.

11. Noi canteremo le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o dalla sommossa:

canteremo le maree multicolori e polifoniche delle rivoluzioni nelle capitali

moderne; canteremo il vibrante fervore notturno degli arsenali e dei cantieri,

incendiati da violente lune elettriche; le stazioni ingorde, divoratrici di serpi che

fumano; le officine appese alle nuvole per i contorti fili dei loro fumi; i ponti simili a

ginnasti giganti che scavalcano i fiumi, balenanti al sole con un luccichio di coltelli; i

piroscafi avventurosi che fiutano l'orizzonte, e le locomotive dall'ampio petto, che

scalpitano sulle rotaie, come enormi cavalli d'acciaio imbrigliati di tubi, e il volo

scivolante degli aeroplani, la cui elica garrisce al vento come una bandiera e sembra

applaudire come una folla entusiasta.

È dall'Italia che noi lanciamo per il mondo questo nostro manifesto di violenza travolgente

e incendiaria col quale fondiamo oggi il FUTURISMO perché vogliamo liberare questo

paese dalla sua fetida cancrena di professori, d'archeologi, di ciceroni e d'antiquari. Già

per troppo tempo l'Italia è stata un mercato di rigattieri. Noi vogliamo liberarla dagli

innumerevoli musei che la coprono tutta di cimiteri.

Filippo Tommaso Marinetti

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“Lacerba”

Articoli, prose, poesie e recensioni curate da:

Fernando AGNOLETTI, Libero ALTOMARE, Guillaume APOLLINAIRE, Francesco BALILLA PETRELLA, Giannotto BASTIANELLI, BELLINI, BENUZZI, Mario BETUDA, Bino BINAZZI,

Umberto BOCCIONI, Umberto BOTTONE (Auro D’Alba), Paolo BUZZI, Francesco CANGIULLO, Dino Campana, Maria CAMPIGLI, Carlo CARRA’, Enrico CAVACCHIOLI, Dinamo CORRENTI,

Bruno CURATOLO, Maria D’AREZZO, Theodor DAUBLER, Reny DE GOURMOUNT, Mario DE LEONE, Giuseppe DE ROBERTIS, Mac DEL MARE, Anna DES PRURAUX, Arcangelo DISTASO, Isidore Lucien DUCASSE, ELETTROCUTORE, ELETTRONE ROTATIVI (Ardengo Soffici), Bruno FALLACI, Luigi FALLACARA, FILADRITTO, Luciano FOLGORE, Paul FORT, Roderich HELLMANN, Max JACOB, Piero JAHIER, Guglielmo JANNELLI, Piero JOCELLI, Karl KRAUS, Jules LAFORGUE, LAZZERONI, Danilo LEBRECHT, Arrigo LEVASTI, Georg LICHTENBERG, Gian Pietro

LUCINI, Stephane MALLARME’, Filippo Tommaso MARINETTI, Nicola MOSCARDELLI, NEAL, Friedrich NIETZSCHE, Arturo ONOFRI, Mauro PAGLAI, Aldo PALAZZESCHI, PAPA, Giovanni PAPINI, Angelo PECORI, Giuseppe PREZZOLINI, Silvio PUCCI, Titta ROSA, Ottone ROSAI, Luigi RUSSOLO, Antonio SANT’ELIA, Camillo SBARBARO, Filippo SCARPELLI, Curt SEIDEL, Gino SEVERINI, Ardengo SOFFICI, Silvio SPAVENTA, Italo TAVOLATO, Sergio TOFANO, Ugo TOMMEI, Giuseppe UNGARETTI, Giuseppe VANNICOLA, Alberto VIVIANI, Ambroise VOLLARD

Magnelli, Alberto (1888-1971) - 1914 Map of the World and Lacerba (Magnelli Collection, Meudon, France)

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Sommario

degli articoli e degli autori

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ANNO 1 – n. 1 (1 gennaio 1913)

Giovanni Papini: Introibo

Giovanni Papini: Il giorno e la notte

Ardengo Soffici: Contro i deboli

Angelo Pecori: Razzi

Italo Tavolato: L’anima di Weininger

Aldo Palazzeschi: Il mendicante

ANNO 1 – n. 2 (15 gennaio 1913)

Karl Kraus: Aforismi

Ardengo Soffici: Cubismo e oltre (prima parte)

Giovanni Papini: I cattivi

Italo Tavolato: Giorgio Brandes – Una stroncatura

Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica)

Giovanni Papini: Jean Christophe

ANNO 1 – n. 3 (1 febbraio 1913)

Remy de Gourmont: De pas sur le sable

Ardengo Soffici: Cubismo ed oltre (seconda parte)

Silvio Spaventa: Difesa dello scetticismo

Aldo Palazzeschi: La bomba

Anna Gerebzova: La convenzione nell’arte

Giovanni Papini: Il significato del futurismo

Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica)

Italo Tavolato: Contro la morale sessuale

ANNO 1 – n. 4 (15 febbraio 1913)

Giuseppe Vannicola: Le varie morali

Ardengo Soffici: Cubismo ed oltre (terza parte)

Giovanni Papini: Le parolacce

Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica)

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ANNO 1 – n. 5 (1 marzo1913)

Giovanni Papini: Il discorso di Roma

Gian Pietro Lucini: Prese di tabacco

Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica)

Anna des Pruraux: Nuit florentine

ANNO 1 – n. 6 (15 marzo1913)

Giovanni Papini: Contro il futurismo

Paolo Buzzi: La fantasia di Magdeburgo

F.T. Marinetti: Adrianopoli assedio orchestra

Luciano Folgore: Sensazione di turbine

Umberto Boccioni: Fondamento plastico della scultura e pittura futuriste

Corrado Govoni: La città morta

Carlo Carrà: Piani plastici come espansione sferica nello spazio

Aldo Palazzeschi: Una casina di cristallo

Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica)

Giovanni Papini: La risposta dei romani

Italo Tavolato: Glossa sopra il manifesto futurista della lussuria

ANNO 1 – n. 7 (1 aprile 1913)

Giovanni Papini: Morte ai morti

Ardengo Soffici: Chicchi del grappolo

Aldo Palazzeschi: I fiori

Umberto Boccioni: I futuristi plagiati in Francia

Gian Pietro Lucini: Prese di tabacco

Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica)

ANNO 1 – n. 8 (15 aprile 1913)

Giovanni Papini: La necessità della rivoluzione

Ardengo Soffici: Movimento nella plastica futurista

Aldo Palazzeschi: Postille

Roch Grey: Un “fait diverse”

Gian Pietro Lucini: Prese di tabacco

Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica)

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ANNO 1 – n. 9 (1 maggio1913)

Ardengo Soffici: Svalutazione della grandezza

Luciano Folgore: Caffè notturni

Italo Tavolato: Elogio della prostituzione

Aldo Palazzeschi: Tre diversi amici e tre liquidi diversi

Ardengo Soffici: Giornale di bordo

Corrado Govoni: Le cose che fanno la primavera

Curt Seidel: Pizzicata ad un criticastro

ANNO 1 – n. 10 (15 maggio1913)

Giovanni Papini: I cari genitori

Carlo Carrà: Da Cézanne a noi futuristi

Roch Grey: Romance - Idylle, Allumeur, Depart

Auro D’Alba: Battute d’automobile

Francesco Petrella: Contro il grazioso in musica e altro

Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica)

Italo Tavolato: Fra me e me

ANNO 1 – n. 11 (1 giugno 1913)

Anna Des Pruraux: Cremona

Giovanni Papini: Gesù peccatore

Aldo Palazzeschi: I carabinieri

Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica)

Giovanni Papini: I miei conti con Croce

ANNO 1 – n. 12 (15 giugno 1913)

F.T. Marinetti: L’immaginazione senza fili

Camillo Sbarbaro: Torbidità

Luciano Folgore: Correnti di simpatia

Ardengo Soffici: Max Jacob

Gian Paolo: Accenni

Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica)

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ANNO 1 – n. 13 (1 luglio 1913)

Giovanni Papini: “LACERBA” sotto processo

Carlo Carrà: L’atmosfera d’avanguardia che prepariamo

Luciano Folgore: Città ferma-Sciopero generale

Umberto Boccioni: La scultura futurista

Luigi Russolo: Gli intonarumori futuristi-Arte dei rumori

F.T. Marinetti: Contrabbando di guerra-Parole in libertà

Dinamo Correnti: Serrature

Ardengo Soffici: Giornale di bordo-Caos (rubrica)

Auro D’alba: Postierle

Italo Tavolato: Frammenti futuristi

ANNO 1 – n. 14 (15 luglio 1913)

Italo Tavolato: Il convito non platonico

Francesco Cangiullo: Notturno inzaccherato

Francesco Balilla Pratella: Critichiamo i critici

Aldo Palazzeschi: Al dottor Carrel

Corrado Govoni: Proiezioni di città italiane-Venezia

Roch Grey: Elegie

Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica)

ANNO 1 – n. 15 (1 agosto 1913)

Giovanni Papini: Odiatevi gli uni cogli altri

Luciano Folgore: Fumo agli occhi

Le Comte de Lautréamont: L’hermaphrodite

Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica)

Umberto Boccioni: Il dinamismo futurista e la pittura francese

ANNO 1 – n. 16 (15 agosto 1913)

Mac del Marle-Marinetti: Manifeste futuriste contro Montmartre

Giovanni Papini: Accidenti alla serietà

Luciano Folgore: Cena-Lirismo sintetico

Max Jacob: Le divan de monsieur Max Jacob

Umberto Boccioni: Per l’ignoranza italiana sillabario pittorico

Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica)

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ANNO 1 – n. 17 (1 settembre1913)

Carlo Carrà: La pittura dei suoni, rumori, odori-Manifesto futurista

Giovanni Papini: Il ricco come debitore

Francesco Cangiullo: Il sifone d’oro

Umberto Boccioni: Contro la vigliaccheria artistica italiana

Italo Tavolato: Frammenti

Max Jacob: Le divan de monsieur Max Jacob

Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica)

ANNO 1 – n. 18 (15 settembre1913)

Giovanni Papini: Franchezza cogli imbecilli

F.T. Marinetti: Battaglia sotto vetro vento

Luciano Folgore: Sobborgo

Max Jacob: Mademoiselle Léonie

Guillaume Apollinaire: L’antitradizione futurista

Georg Lichtenberg: Impromptus

Nicola Moscardelli: Burattinata sentimentale

Ardengo Soffici: Natura morta

Giovanni Papini: Schegge

Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica)

ANNO 1 – n. 19 (1 ottobre1913)

F.T. Marinetti: Il teatro di varietà-Manifesto futurista

Giovanni Papini: Freghiamoci della politica

Auro d’Alba: La cappella dei fiori

Italo Tavolato: Dalle “Giubbe Rosse”

Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica)

ANNO 1 – n. 20 (15 ottobre1913)

Giovanni Papini: Programma politico futurista

Giovanni Papini: La vita non è sacra

Corrado Govoni: Fotografia medianica del temporale

Carlo Carrà: Pittura passata=illustrazionismo, pittura futurista=pittura

Max Jacob: La conversion d’Emilie Cordier

Nicola Moscardelli: Spasimo

Arcangelo Distaso: Siate senza pensiero del domani

Francesco Cangiulo: Scoppio fabbrica pirotecnica

Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica)

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ANNO 1 – n. 21 (1 novembre 1913)

Giovanni Papini: Marcia del coraggio

Aldo Palazzeschi: Pizzicheria

Carlo Carrà: Bisogna sopprimere gl’imbecilli nell’arte

Dinamo Correnti: Paracarri

Luigi Russolo: Conquista totale dell’enarmonismo

Roderich Hellmann: Della prostituzione

Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica)

ANNO 1 – n. 22 (15 novembre 1913)

Giovanni Papini: Esistono cattolici

Silvio Pucci: Risveglio

F.T. Marinetti: Dopo il verso libero, le parole in libertà

Umberto Boccioni: Scarpetta da società + orina

Francesco Cangiulo: Addio

Sergio Tofano: Villeggiatura

Mario Betuda: Sagra

Luciano Folgore: Riso

Benuzzi: Masturbazione

Alberto Viviani: Café chantant

Ardengo Soffici: Diario di bordo (rubrica)

ANNO 1 – n. 23 (1 dicembre 1913)

Giovanni Papini: Perché sono futurista

F.T Marinetti:Correzione di bozze + desideri in velocità

Francesco Cangiullo: Finestre aperte

Corrado Govoni: Io e Milano (prima parte)

Dinamo Correnti: Mangiare

Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica)

ANNO 1 – n. 24 (15 dicembre 1913)

F.T. Marinetti/A. Soffici/C. Carrà/G. Papini/U. Boccioni: Serata futurista

Aldo Palazzeschi: Lettere

Corrado Govoni: Io e Milano (seconda parte)

Ardengo Soffici: Giornale di bordo (rubrica)

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ANNO 2 – n. 1 (1 gennaio 1914)

Luciano Folgore: Lirismo sintetico e sensazione fisica

F.T. Marinetti: Ponte

Benuzzi: Bar express

Paolo Buzzi: Volo

Ardengo Soffici: Il soggetto nella pittura futurista

Elettrocutore: La sedia elettrica-Luigi Luzzati

Francesco Cangiullo: Fumatori

Umberto Boccioni: Simultaneità futurista

Carlo Carrà: Immobilità+ventre

ANNO 2 – n. 2 (15 gennaio 1914)

Aldo Palazzeschi: Il controdolore

Gorpe: Cammina cammina

Giovanni Papini: Il passato non esiste

Giovanni Papini: Quattro begli occhi

F.T. Marinetti: Abbasso il tango e Parsifal!

Ardengo Soffici: Bicchier d’acqua

Elettrocutore: La sedia elettrica-Sem Benelli

ANNO 2 – n. 4 (15 febbraio1914)

Giovanni Papini: Il cerchio si chiude

Libero Altomare (Remo Mannoni): Il temporale

F.T. Marinetti: Dune

Carlo Carrà: Costruzione spaziale-Simultaneità di ritmi

Ardengo Soffici: Passeggiata

Bino Binazzi: Sigarette

Guglielmo Jannelli: Messina

Elettrocutore: Sedia elettrica-Luciano Zuccoli

Autori vari: Caffè (rubrica)

ANNO 2 – n. 5 (1 marzo 1914)

Giovanni Papini: Inno all’intelligenza

Nicola Moscardelli: La suora spasimosa

Umberto Boccioni: Il cerchio non si chiude!

Auro D’Alba: Il puro lirismo nella sensibilità futurista-simultaneità

Luigi Russolo: Grafia enarmonica per gl’intonarumori futuristi

Italo Tavolato: Bestemmia contro il giornalismo

Autori vari: Caffè (rubrica)

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ANNO 2 – n. 6 (15 marzo 1914)

F.T. Marinetti: Lo splendore geometrico e meccanico nelle parole in libertà

Giovanni Papini: Cerchi aperti

Enrico Cavacchioli: Rivoluzione

Umberto Boccioni: Moto assoluto+moto relativo=dinamismo

Carlo Carrà: La deformazione nella pittura

Autori vari: Caffè (rubrica)

ANNO 2 – n. 7 (1 aprile 1914)

Giovanni Papini: Il massacro delle donne

F.T. Marinetti: Onomatopee astratte e sensibilità numerica

Ambroise Vollard: Portrait de Cézanne

Mario Betuda: Looping the loop

F,T. Marinetti: Gli sfruttatori del futurismo

Nicola Moscardelli: Naufragio

Autori vari: Caffè (rubrica)

ANNO 2 – n. 8 (15 aprile 1914)

Giovanni Papini: Anch’io son borgese

Carlo Carrà/Ardengo Soffici: Semplicismi

Guillaume Apollinaire: Banalités

Benuzzi: Espansione

Elettrocutore: Sedia elettrica-Francesco Paolo Michetti

Auro D’Alba: I letti

Guglielmo Jannelli: Manovra di notte moderna

Autori vari: Caffè (rubrica)

ANNO 2 – n. 9 (1 maggio1914)

Theodor Daubler: Picasso

Giovanni Papini: Dichiarazione al tipografo

Ugo Tommei: Scultura futurista

Elettrocutore: Sedia elettrica-Augusto Novelli

Autori vari: Caffè (rubrica)

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ANNO 2 – n. 10 (15 maggio1914)

Giovanni Papini: Viva il maiale!

Bino Binazzi: La milizia di Berlicche

Luciano Folgore: Prima rappresentazione

Italo Tavolato: Frammenti

Ugo Tommei: Volata antifemminile

Bino Binazzi: Arzigogoli

Elettrocutore: Sedia elettrica-Luigi Ferderzoni

Camillo Sbarbaro: La vite

Autori vari: Caffè (rubrica)

ANNO 2 – n. 11 (1 giugno1914)

Giovanni Papini: Chiudiamo le scuole

Piero Jocelli: I piedi

Carlo Carrà: Vita moderna e arte popolare

Italo Tavolato: Zibaldone

Camillo Sbarbaro: La croce

Auro D’Alba: Il soggetto in poesia

Bino Binazzi: Di sulla spiaggia

Autori vari: Caffè (rubrica)

ANNO 2 – n. 12 (15 giugno1914)

Giovanni Papini: I fatti di giugno

Ardengo Soffici: Sul marmo

Ugo Tommei: Elegia per il povero teppista

Autori vari: Caffè (rubrica)

Francesco Cangiullo: Serata in onore di Ivonne

ANNO 2 – n. 13 (1 luglio 1914)

Giovanni Papini: Volubilità

Ardengo Soffici: Raggio

Luciano Folgore: Infinitesimi

Titta Rosa: Gonne

Carlo Carrà: Cd’archouortfé

Italo Tavolato: Cronache-ovvero il processo Tiepolo

Francesco Cangiullo: Foglie di platani

Mario De Leone: Fornicazione di automobili

Autori vari: Caffè (rubrica)

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ANNO 2 – n. 14 (15 luglio 1914)

F.T. Marinetti/C.R.W. Nevinson: Vital english art

Ardengo Soffici: Appunti sulla famiglia

Mario Campigli: Giornale +strada

Guizzidoro: Tango= cantiere della lussuria

Bino Binazzi: Il domicilio del poeta

Marinetti/Bussolo/Piatti: Gli intonarumori futuristi trionfano a Londra

Nicola Moscardelli: 3022

Elettrocutore: Sedia elettrica-Salandra

Autori vari: Caffè (rubrica)

ANNO 2 – n. 15 (1 agosto 1914)

Giovanni Papini: Gli amici

Antonio Sant’Elia: L’architettura futurista

Benuzzi: Bagni

Stephane Mallarme: Il demone dell’analogia

Italo Tavolato: Deploratoria in morte di Frank Ferdinand

Autori vari: Caffè (rubrica)

ANNO 2 – n. 16 (15 agosto 1914)

Giovanni Papini: Il dovere dell’Italia

Papa: La secchia rapita

ANNO 2 – n. 17 (1 settembre 1914)

Giovanni Papini: Ciò che dobbiamo alla Francia

F.T. Marinetti: Il massacro dei sottomarini

Ardengo Soffici: Per la guerra

ANNO 2 – n. 18 (15 settembre 1914)

Giovanni Papini: Contro la neutralità

Ardengo Soffici: Per la guerra

Autori vari: Caffè (rubrica)

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ANNO 2 – n. 21 (15 ottobre 1914)

Giovanni Papini: Chi non la vuole

Giuseppe Prezzolini: Il Paese è responsabile

Ardengo Soffici: Per la guerra

Fernando Agnoletti: Viva l’esercito

Italo Tavolato: Vogliamo la guerra

Ugo Tommei: O la guerra o la rivoluzione

Mauro Pagliai: Doveri

ANNO 2 – n. 22 (1 novembre 1914)

Giovanni Papini: L’antitalia

Ardengo Soffici: Sulla barbarie tedesca

Italo Tavolato: “Sangue viennese”

Maria D’Arezzo: La guerra, la civiltà e la giustizia

Friedrich Nietzsche: Accuse contro i tedeschi

Arcangelo Distaso: L’Italia sotto l’Austria

Fernando Agnoletti: Canto per Trento e Trieste

D’Angelo: La pubblica opinione!

Fernando Agnoletti: L’ultimo austricante

Tullio Garbari: Il Trentino

ANNO 2 – n. 23 (15 novembre 1914)

Giovanni Papini: Il nostro impegno

Giannotto Bastianelli: Le tre metamorfosi della musica tedesca

Ardengo Soffici: Sogni e risvegli d’Italia

Bino Binazzi: La badia del buon sollazzo

Arcangelo Distaso: La rivoluzione non evitata

Luciano Folgore: I retroscena

Dino Campana: Sogno di prigione

Ottone Rosai: Il salotto di ricevimento

ANNO 2 – n. 24 (1 dicembre 1914)

Bino Binazzi: E non parliamo di guerra

Neal: L’idealismo e la sua guerra intestina

Fernando Agnoletti: Si dice, si fa

Ugo Tommei: Drammi

Luigi Fallacara: Noia

Page 24: "LACERBA" (anni 1913,1914,1915)

22

ANNO 3 – n. 1 (3 gennaio 1915)

Giovanni Papini: Il Re

Ardengo Soffici: Vomito

Aldo Palazzeschi: Varietà

Fernando Agnoletti: Colpi di pungolo

ANNO 3 – n. 2 (10 gennaio 1915)

Giovanni Papini: Senatus mala bestia

Corrado Govoni: L’albergo del pellegrino

Ardengo Soffici: Accomodamenti

Ugo Tommei: Un-due un-due

Carlo Carrà: A proposito di futurismo

Aldo Palazzeschi: Spazzatura (rubrica)

ANNO 3 – n. 3 (17 gennaio 1915)

Giovanni Papini: L’eroe tedesco

Bino Binazzi: Recentissime

Ardengo Soffici: La vittoria della Germania

Fernando Agnoletti: Spinte

Catalano: Primavera in cammino

Aldo Palazzeschi: Spazzatura (rubrica)

Giuseppe Prezzolini: Risposta a Carrà

ANNO 3 – n. 4 (24 gennaio 1915)

Giovanni Papini: Il gentile terremoto

Ardengo Soffici: Intorno alla Russia

Aldo Palazzeschi: Equilibrio

Carlo Carrà: Sul passatista Prezzolini

Page 25: "LACERBA" (anni 1913,1914,1915)

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ANNO 3 – n. 5 (31 gennaio 1915)

Giovanni Papini: Malumore

Nicola Moscardelli: Osteria

Ardengo Soffici: Tir’ e molla

Piero Jahier: Non sappia la tua sinistra

Giannotto Bastianelli: La natura morta in musica

Camillo Sbarbaro: Capstan

Aldo Palazzeschi: Spazzatura (rubrica)

Ugo Tommei: Epiloghi

Piero Jahier: Pane, primo e ultimo avviso

ANNO 3 – n. 6 (7 febbraio 1915)

Giovanni Papini: I Ministri

Giuseppe Ungaretti: Il paesaggio d’Alessandria d’Egitto-Epifania

Ardengo Soffici: Breve risposta ad un tedescante

Bruno Curatolo: Natura

Luigi Fallacara: La fiera di Natale

Neal: Pericolo russo o tedesco?

Italo Tavolato: Zibaldone

Aldo Palazzeschi: Spazzatura (rubrica)

ANNO 3 – n. 7 (14 febbraio 1915)

Palazzeschi/Papini/Soffici: Futurismo e manirettismo

Nicola Moscardelli: Tre-Valzer

Fernando Agnoletti: Al Re, a Salandra, a Sonnino

Danilo Lebrecht: Decorazione

Luigi Fallacara: Grottesco

Ardengo Soffici: Chiodi nella zucca

Giovanni Papini: Fuori i tedeschi

Aldo Palazzeschi: Spazzatura (rubrica)

Page 26: "LACERBA" (anni 1913,1914,1915)

24

ANNO 3 – n. 8 (21 febbraio 1915)

Giovanni Papini: Fiorentinità

Luigi Fallacara: Azzurro

Ardengo Soffici: Accenni

Ugo Tommei: Epiloghi

Papini/Soffici/Cavalli: Marinettismo

Aldo Palazzeschi: Spazzatura (rubrica)

ANNO 3 – n. 9 (28 febbraio 1915)

Giovanni Papini: Intervista con Salandra

Corrado Govoni: Lode del perfetto amore

Ugo Tommei: Italiani

Bino Binazzi: Dichiaramento per la bella Italia

Giuseppe Ungaretti: Diluvio-Cresima

Guillaume Apollinaire: Quelconqueries

Aldo Palazzeschi: Spazzatura (rubrica)

ANNO 3 – n. 10 (7 marzo 1915)

Giovanni Papini: I deputati

Ardengo Soffici: Taccuino

Luigi Fallacara: Bordello

Arcangelo Distaso: Il soldato italiano

Giuseppe De Robertis: Zuccheriera

Aldo Palazzeschi: Rubrica-Spazzatura

ANNO 3 – n. 11 (13 marzo 1915)

Giovanni Papini: Vergogna

Max Jacob: Poèmes

Ardengo Soffici: Noia

Giuseppe Ungaretti: Le suppliche

Ardengo Soffici: Marinettismo

Ugo Tommei: Epiloghi

Aldo Palazzeschi: Spazzatura (rubrica)

Page 27: "LACERBA" (anni 1913,1914,1915)

25

ANNO 3 – n. 12 (20 marzo 1915)

Giovanni Papini: Le cinque guerre

Bellini: A Luigi di Savoia

Stephane Mallarmé: Conflitto

Aldo Palazzeschi: Primavera

Arcangelo Distaso: Il merdaio italiano

ANNO 3 – n. 13 (27 marzo 1915)

Giovanni Papini: L’intelligenza francese

Gino Severini: Siamo tutti preti

Luigi Fallacara: La gioia

Jules Laforgue: Grande complainte della città di Parigi

Ardengo Soffici: Semi

Arturo Onofri: Guerra

Ugo Tommei: Epiloghi

ANNO 3 – n. 14 (3 aprile 1915)

Paul Fort: Le grand evènement

Piero Jahier: Parola d’ordine

Ardengo Soffici: Simultaneità liriche

Bruno Fallaci: Note di soldato

Titta Rosa: Via/Sabato

Maria D’Arezzo: Ad una giovinezza

Arrigo Levasti: La debolezza di Bismarck

Giovanni Papini: Spurghi e resti

ANNO 3 – n. 15 (10 aprile 1915)

Giovanni Papini: Supplica a Franz

Ardengo Soffici: Taccuino

Ugo Tommei: Re d’Italia

Filippo Scarpelli: Il cuore di Firenze, ahi

Aldo Palazzeschi: Spazzatura (rubrica)

Page 28: "LACERBA" (anni 1913,1914,1915)

26

ANNO 3 – n. 17 (24 aprile 1915)

Elettrone Rotativi: Adampetonismo (prima parte)

Bino Binazzi: Rifioriture

Giovanni Papini: Fucilate

ANNO 3 – n. 18 (1 maggio 1915)

Giovanni Papini: Abbasso la critica

Corrado Govoni: Vergogna

Elettrone Rotativi (Ardengo Soffici): Adampetonismo (seconda parte)

Nicola Moscardelli: Gomitolo-Tramonto-Parole

Fernando Agnoletti: 27 aprile

ANNO 3 – n. 19 (8 maggio 1915)

Giovanni Papini: I Mille e lo Zero

Ardengo Soffici: Similtaneità liriche

Giuseppe Ungaretti: Poesie

Aldo Palazzeschi: Spazzatura (rubrica)

Filadritto: Storielle senza punta (prima parte)

Lazzeroni: Un uomo di spirito

ANNO 3 – n. 20 (15 maggio 1915)

I Redattori: Ultimo appello-Guerra

Giovanni Papini: Giolitti

Ardengo Soffici: Sulla soglia-La buona guerra

Bellini: Agli ufficiali

Nicola Moscardelli: Poesie

Luigi Fallacara: Gorgo

Filadritto: Storielle senza punta (seconda parte)

ANNO 3 – n. 21 (22 maggio 1915)

Giovanni Papini: Abbiamo vinto

Aldo Palazzeschi: Evviva questa guerra

Luciano Folgore: Giornate romane

Ugo Tommei: Donne

Ugo Tommei: Carrà

Page 29: "LACERBA" (anni 1913,1914,1915)

27

Serge Férat (1879-1958) - Lacerba, circa 1913-1914

The Haba & Alban Roussot Collection

Page 30: "LACERBA" (anni 1913,1914,1915)

28

Page 31: "LACERBA" (anni 1913,1914,1915)

29

“Lacerba”

Note biografiche dei principali

Autori , Collaboratori, Saggisti e

Poeti i cui scritti sono pubblicati

sulle pagine della rivista

(nella foto-da sinistra a destra)

Luigi Russolo, Carlo Carrà, Tommaso Marinetti, Umberto Boccioni e Gino Severini Esponenti illustri del Futurismo e della rivista “LACERBA”

Page 32: "LACERBA" (anni 1913,1914,1915)

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FERNANDO AGNOLETTI

Nato a Firenze da Vincenzo il 6 marzo 1875, giovanissimo combatté in Grecia con i volontari garibaldini (1897). Tornato in patria iniziò la carriera di pubblicista, usando talvolta lo pseudonimo di "Calandrino". Lettore d'italiano presso l'università di Glasgow, vi fondò, il 21 gennaio 1909, la rivista bilingue La riscossa latina, che durò fino ai primi del 1910.

Dopo il suo ritorno a Firenze collaborò a La Voce, per la quale scrisse le sue pagine più fresche, poi raccolte nel volume Dal giardino all'Isonzo, edito dalla rivista nel 1917 (la seconda edizione pubblicata a Firenze nel 1937, a cura del figlio Braccio, contiene un poscritto con

cenni biografici sull'autore). Lasciò La Voce per seguire Papini, quando questi fondò la rivista Lacerba.

Interventista, nel 1915 andò in guerra volontario; poi nel '19 fu tra i primi aderenti del fascio fiorentino, presiedette la sezione fiorentina dell'Associazione combattenti e diresse fogli di ispirazione fascista (Noi; L'Aratro). Coprì in seguito numerose cariche nel partito fascista, per il quale scrisse l'A.B.C. del giovane fascista (Firenze 1931). Morì a Firenze il 25novembre 1933. Aveva pubblicato, inoltre, Il bordone della poesia (Firenze 1921), e curato l’ edizione degli scritti del poeta contadino Giovanni Bellini, caduto in guerra, con il titolo di Arciviaggio (Firenze 1921). (tratto da: Dizionario Biografico degli Italiani-Treccani.it)

LIBERO ALTOMARE (Remo Mannoni)

Libero Altomare (nome d'arte voluto da Marinetti per Remo Mannoni, 1883-1966) iniziò la sua

carriera letteraria nell'alveo dannunziano: con una piccola raccolta di versi stampata in proprio nel 1908, Rime dell'Urbe e del Suburbio, e una rivista letteraria Primo Vere che non ebbe successo.

La sua seconda raccolta, Procellarie, stampata nel 1909 e inviata a Marinetti, gli aprì invece le porte di 'Poesia' (la splendida rivista di Marinetti) e gli fruttò l'invito a entrare nel movimento futurista. Alcune sue creazioni furono lette in occasione delle serate futuriste, sin da quella al Politeama Rossetti di Trieste (12 gennaio 1910) e del Teatro Lirico di Milano (15 febbraio 1910). Fu proprio Altomare a presentare Umberto Boccioni, che aveva conosciuto a Roma, a Marinetti e agli altri futuristi. Tra il 1910 e l'entrata in guerra dell'Italia Altomare partecipò attivamente alla vita del movimento, fondando il gruppo romano.

Nel 1920 portò a Fiume gli aiuti raccolti a Roma. Fortemente critico nei confronti del regime

fascista si allontanò dal Futurismo quando la convergenza con il regime gli parve accentuarsi. Fu tuttavia tra i primi a ritornare su quel periodo, con toni sereni, nel dopoguerra proprio con un volumetto Incontri con Marinetti e il Futurismo nel quale colpisce la testimonianza sull'arruolamento del giovane poeta e l'entusiasmo che Marinetti sapeva infondere accordando fiducia, elargendo principeschi inviti, offrendo prospettive e costruendo progetti. L'opera contiene alcuni esempi delle lettere che Marinetti inviava ai giovani che reclutava per la prima pattuglia di futuristi. (tratto da: La Biblioteca delle Avanguardie' delle Edizioni d'Orfeo)

Page 33: "LACERBA" (anni 1913,1914,1915)

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GUILLAUME APOLLINAIRE

Pseudonimo dello scrittore Guillaume-Apollinaris-Albertus de Kostrowitsky (Roma 1880 -

Parigi 1918). Nato da un italiano e da una nobildonna polacca, ma di cultura francese, visse

l'esperienza letteraria della Francia dagli ultimi anni del sec. 19º fino alla prima guerra

mondiale, cui partecipò valorosamente. Le sue poesie giovanili si collocano nel quadro

dell'ultimo simbolismo: così Le Bestiaire ou Cortège d' Orphée (1911) e le poesie che,

pubblicate sparsamente, furono raccolte poi nel volume Calligrammes (1918).

Dal senso musicale della parola passò a coltivare il valore suggestivo delle associazioni che la

parola può evocare e inaugurò la lirica in cui assumono importanza massima le immagini e le

cose. In tal modo fu condotto a iniziare nella poesia il cubismo, il sintetismo o simultaneismo e

il surrealismo. La sua influenza si avverte in tutti i movimenti svoltisi nella letteratura francese

dal 1905 al 1920 circa. Della sua opera non voluminosa si ricordano, oltre ai libri citati, Alcools

(1913, poesie), Le poète assassiné (1916, romanzo), Les mamelles de Tirésias (1917),

dramma surrealista). Amico di Braque, di Picasso e degli altri cubisti, partecipò attivamente al

loro movimento come critico d'arte. (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)

GIACOMO BALLA

Pittore italiano (Torino 1871 - Roma 1958). Si formò a Torino e a Roma, dove si trasferì nel

1893, in un ambito culturale partecipe del socialismo umanitario e del positivismo scientifico,

affrontando tematiche come il paesaggio urbano e le condizioni umane (ciclo Dei viventi,

1902-1905), in un linguaggio che trae elementi dal verismo, dal liberty e dal

neoimpressionismo.

Artista maturo e affermato, nel 1910 firmò, con i suoi allievi Boccioni e Severini, il Manifesto

dei pittori futuristi e il Manifesto tecnico della pittura futurista, ma il suo più originale

contributo iniziò dal 1912 con la serie di studî sul movimento (dal Dinamismo di un cane al

guinzaglio, 1912, Buffalo, Albright-Knox Gal., alle serie sulla "velocità d'automobile", sul "volo

di rondine", ecc.) e sulle "compenetrazioni iridescenti". L'interesse per la forma pura e

soprattutto per il colore sfociarono in ricerche di rigorosa astrazione. Partecipò intensamente

alle manifestazioni futuriste, creando e interpretando azioni sceniche, disegnando vestiti,

costumi, mobili, progettando complessi plastici. La sua posizione critica nei confronti del

secondo futurismo, latente a metà degli anni Venti, si accentuò all'inizio degli anni Trenta,

portandolo a un isolamento e a un ripiegamento su una ricerca di figurazione naturalistica.

(Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)

Page 34: "LACERBA" (anni 1913,1914,1915)

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UMBERTO BOCCIONI

Pittore, scultore, scrittore d'arte (Reggio di Calabria 1882 - Verona 1916). Fu dal 1901 a

Roma, dove da G. Severini e G. Balla fu avviato alla conoscenza della pittura francese

contemporanea. Dopo un breve soggiorno a Parigi e in Russia, si stabilì a Milano (1907), dove

la sua pittura subì l'influenza dei divisionisti. Con C. Carrà, L. Russolo, G. Balla e G. Severini

firmò (1910) il manifesto dei pittori futuristi, e di quel movimento fu il teorico e il maggiore

esponente artistico. A Parigi (1911) incontrò P. Picasso e G. Braque, e da quel momento tutta

la sua ricerca si rivolse alla composizione della forma nello spazio per effetto del movimento,

al dinamismo, all'espressione plastica degli "stati d'animo" (Gli addii; Quelli che restano;

Quelli che vanno, 1911, New York, Museum of modern art). Del 1912 è il suo Manifesto tecnico

della scultura futurista, del 1914 l'importante scritto Pittura scultura futuriste. Di questo

periodo sono le sue esperienze nel campo della plastica (L'Antigrazioso, 1912). Le scarse

opere realizzate tra il 1914 e il 1916 indicano tuttavia un ritorno a figurazioni realistiche

(Ritratto di Busoni, Roma, Galleria nazionale d'arte moderna). Fu fervente interventista e

volontario di guerra nel 1915. (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)

UMBERTO BOTTONE (Auro D’Alba)

Nacque a Roma il 14 marzo 1888. Amico di Sergio Corazzini ed esordì con una raccolta di

poesie, Lumi d'argento (Roma 1905), alla quale seguì, Corde ai fianchi (Roma 1910). Nel 1912

venne a contatto con i futuristi, inviando a Marinetti alcune liriche, che furono da questo

declamate al Teatro Dal Verme di Torino. Le opere del Bottone ispirate al futurismo sono due

"sintesi teatrali" (firmate con lo pseudonimo Auro d'Alba, che il Bottone userà anche

successivamente): I carri e Il cambio (in Teatro futurista sintetico, Milano 1916) e Baionette

(Milano 1915), raccolta di poesie, alcune delle quali già apparse su Lacerba, in cui, accanto a

liriche dal carattere più decadentista che futurista, sono presenti anche originali e vivaci

composizioni di parole in libertà. Nel 1916, pubblica le “Canzoni della guerra” (Milano 1916),

in cui l'aggressivo nazionalismo futurista si stemperava in un sentimentalismo edulcorato.

Decorato con una medaglia d'argento e una croce di guerra, nel dopoguerra si unì ai seguaci di

Mussolini e collaborò al Popolo d'Italia. Successivamente fu membro del primo direttorio del

fascio romano di combattimento. Nelle opere pubblicate tra il 1920 e il 1930 non manca un

nucleo di originale di poesia, uno spontaneo ed ingenuo amore per la vita espresso, nei

momenti migliori, in modi vivi e fantastici, quasi fiabeschi; ma troppo spesso questi motivi

vennero distorti e soffocati o da sollecitazioni esterne o dall'esigenza di adeguarsi a modelli

letterari che non gli erano consentanei. La facilità nel verseggiare, di cui il Bottone fu

naturalmente dotato, gli impedì di elaborare un linguaggio personale. Alla fine della seconda

guerra mondiale fu internato in un campo di concentramento; dopo la liberazione collaborò a Il

Popolo di Roma e dal 1947 al 1965 all'Osservatore romano della Domenica sotto lo

pseudonimo di Benigno. Morì a Roma il 15 aprile del 1965. (tratto da: Dizionario Biografico degli

Italiani-Treccani.it)

Page 35: "LACERBA" (anni 1913,1914,1915)

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PAOLO BUZZI

Scrittore (Milano 1874 - ivi 1956). Esordì con una poetica ancora legata al classicismo

leopardiano e carducciano (Rapsodie leopardiane, 1898), ma attratto dal movimento futurista,

ne divenne uno degli esponenti più serî e significativi (fu, tra l'altro, critico letterario della

rivista Poesia fondata nel 1905 da Marinetti). Pubblicò molti volumi di liriche (Aeroplani, 1909;

Versi liberi, 1913; Il poema dei quarant'anni, 1922; Canti per le chiese vuote, 1930; Poema del

golfo di Napoli, 1937; Atomiche, 1952; ecc., e il volume antologico Selecta, 1898-1954, 1955),

prose, lavori teatrali e alcuni romanzi (fra cui Gigi di purità, 1927, ispirato a San Luigi

Gonzaga). (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)

DINO CAMPANA

Poeta (Marradi 1885 - Castel Pulci, Firenze, 1932). Figlio di un maestro elementare, rivelò

presto indole inquieta e straordinaria sensibilità. Dopo il liceo a Faenza, frequentò corsi di

chimica all'università di Bologna e a Firenze. Ma, incapace di adattarsi alla normalità (per le

sue stravaganze ebbe a che fare spesso tanto con la polizia quanto con le istituzioni

psichiatriche), preferì viaggiare (l'Italia settentrionale, la Svizzera, Parigi nel 1907; un

avventuroso viaggio in Argentina nel 1908; frequenti vagabondaggi in Toscana) e coltivare

una prepotente vocazione letteraria, i cui primi frutti apparvero (1912-13) su fogli goliardici a

Bologna. Frequentò poi per qualche tempo (1913-14) i circoli fiorentini della Voce e di

Lacerba. Andato smarrito il manoscritto di prose e di versi che aveva presentato a Papini e

Soffici per un giudizio (ritrovato tra le carte di Soffici nel 1971, fu pubblicato in ed. anastatica:

Il più lungo giorno, 1973), ricompose i testi a memoria e li pubblicò a sue spese presso un

tipografo di Marradi (Canti orfici, 1914). Dopo una turbolenta relazione con S. Aleramo (1916-

17), di cui resta la testimonianza del carteggio (Lettere, 1958) e altri viaggi finì i suoi giorni

nel manicomio di Castel Pulci, dove fu ricoverato nel 1918. Nei suoi Canti orfici, raccolta di

poesie, di prose liriche e di frammenti (2a ed. ampliata, a cura di Bino Binazzi, 1928; 5a ed.,

con aggiunta di scritti sparsi o inediti, a cura di E. Falqui, 1960), un impressionismo paesistico,

affine a quello dei vociani, lievita spesso in un simbolismo denso e ardente, che ricorda A.

Rimbaud (soprattutto quello delle Illuminations), suo poeta prediletto insieme con Baudelaire.

Discontinua come risultati poetici, nutrita degli echi di una educazione letteraria che include

Carducci e D'Annunzio, Nietzsche, il decadentismo francese e il futurismo giocoso di un

Palazzeschi, l'opera di Campana, per l'intensità visionaria, per la lirica suggestione del suo

linguaggio analogico, ha avuto largo influsso sulla poesia italiana successiva, in particolare su

quella ermetica, e, per l'indicazione, che vi si è scorta, di radicale opposizione agli istituti

letterari, sulle generazioni di poeti formatesi dopo gli anni Sessanta. Ancora da ricordare:

Taccuinetto faentino (post., 1960) e Fascicolo marradese inedito (post., 1972). (Tratto da:

Enciclopedia Treccani on line)

Page 36: "LACERBA" (anni 1913,1914,1915)

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FRANCESCO CANGIULLO

Scrittore e giornalista italiano (Napoli 1888 - Livorno 1977); tra i più fervidi seguaci del

movimento futurista, propugnò, con Filippo Tommaso Marinetti, il "teatro a sorpresa".

Della sua esperienza futurista ha scritto nel volume Serate futuriste (1930; nuova ed. 1961),

ove aneddoti, memorie, fatti sono raccolti con vivacità e gusto.

Autore di parecchi libri di versi, di poemi "paroliberi", di sintesi teatrali e, in collaborazione

con E. Petrolini, del "grottesco" in un atto Radioscopia (1917). Nelle pagine di Addio mia bella

Napoli (1955), paesaggi e figure di vita partenopea sono rievocati con sottile nostalgia. (Tratto

da: Enciclopedia Treccani on line)

CARLO CARRA’

Pittore italiano (Quargnento 1881 - Milano 1966); dal 1939 al 1952 professore nell'Accademia

di Brera, una delle figure più eminenti dell'arte italiana del Novecento.

Nel 1909 con V. Boccioni, L. Russolo e F. T. Marinetti a Milano redasse il manifesto dei futuristi;

nel 1916 fu, con Giorgio De Chirico, il creatore della pittura metafisica; nel 1919 fu, con M.

Broglio, alla testa del gruppo "Valori Plastici"; nel 1926 fece parte del gruppo "Novecento". Fu

così tra i protagonisti dell'arte italiana nel primo e nel secondo venticinquennio del secolo,

mantenendo in ogni fase un'aspirazione all'equilibrio classico che lascia comprendere la

direzione da lui presa dopo il 1919 e che ha sostenuto permanentemente la sua feconda attività.

Malgrado le giustificazioni nazionalistiche date alla sua pittura, la critica vi ha scoperto rapporti

con la pittura francese anche nel periodo del "Novecento" volto a ritrovare, dopo il pittoricismo

impressionista e lo spregiudicato avanguardismo futurista, un esplicito contatto con la

tradizione e una concreta coscienza del valore della forma. Carrà, pur avendo affrontato temi

monumentali, ha soprattutto prediletto paesaggi di austera semplicità, in cui talvolta la ricerca

di volumi, che muove da Cézanne, s'incontra con inaspettati riecheggiamenti della pittura

italiana del Trecento.

Tale problematica si riflette anche nell'opera di Carrà come scrittore e critico d'arte

(Guerrapittura, 1915; Pittura metafisica, 1919; Giotto, 1924; Il rinnovamento delle arti in Italia,

1945. Molti testi editi e inediti, sono stati raccolti in “Tutti gli scritti”, 1978). (Tratto da:

Enciclopedia Treccani on line)

Page 37: "LACERBA" (anni 1913,1914,1915)

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GIUSEPPE DE ROBERTIS

Critico letterario italiano (Matera 1888 - Firenze 1963); professore di letteratura italiana (dal

1939) nell'università di Firenze, dove si era trasferito giovanissimo. Formatosi nell'ambiente

vociano, in una sorta di ideale sodalizio con Renato Serra, fu direttore della "seconda" Voce

(quella letteraria: 1915-1916), e, più tardi, redattore di Pègaso (1929-33) e di Pan (1934-35),

riviste dirette da U. Ojetti; nel secondo dopoguerra collaborò al settimanale Tempo.

Tutta la sua attività critica, dedicata in prevalenza alla letteratura italiana moderna e

contemporanea (Saggi, 1939; Scrittori del Novecento, 1940; Studi, 1944; Saggio sul Leopardi, n.

ed. 1946; Primi studi manzoniani, 1949; Altro Novecento, 1962; Scritti vociani, 1967, a cura di

E. Falqui; Studi II, 1971), è volta a sottolineare, quasi nei modi di una lettura o commento, i

valori stilistici e tonali del testo poetico per cogliere il farsi della poesia attraverso i varî

momenti compositivi d'essa: onde il rilievo dato allo studio delle varianti, preponderante

rispetto all'inquadramento storico.

Curò anche edizioni e commenti di classici; notevole, specialmente, quello ai Canti leopardiani.

(Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)

LUIGI FALLACARA

Poeta e scrittore italiano (Bari 1890 - Firenze 1963). Insegnante di lettere, per lunghi anni, a

Firenze. Dopo una giovanile esperienza nelle file dell'avanguardia poetica (fu collaboratore di

Lacerba), fece parte del gruppo fiorentino del Frontespizio.

La sua poesia, rispondendo sempre più a un'ispirazione religiosa, si venne accostando al gusto,

e ai modi, dell'ermetismo (Poesie d'amore, 1937; Notturni, 1941; Le poesie, 1952; Celeste

affanno, 1956; Il mio giorno s'illumina, 1957; Il più della vita, 1961; Il frutto del tempo, 1962).

Le poesie del Fallacara hanno avuto due edizioni: Poesie inedite, a cura di L. Fallacara e O. Macrì, Padova 1970; Poesie (1914-1963), a cura di O. Macrì, Ravenna 1986 (edizione critica

delle liriche edite e di quelle inedite, con uno Studio biografico e critico e una Bibliografia della critica). (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)

Page 38: "LACERBA" (anni 1913,1914,1915)

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LUCIANO FOLGORE

Pseudonimo dello scrittore italiano Omero Vecchi (Roma 1888 - ivi 1966). Esordì come poeta

futurista (Il canto dei motori, 1912; Ponti sull'Oceano, 1914; Città veloce, 1919); ma la sua

vena umoristica e satirica ha dato il meglio di sé nelle parodie dei più noti poeti contemporanei,

e in versi e versetti quasi estemporanei, di una pungente, ma sempre garbata, estrosità (Poeti

controluce, 1922; Poeti allo specchio, 1926; Il libro degli epigrammi, 1932, n. ed. 1955; Il libro

delle favole, 1956; Il libro delle parodie, 1965; ecc.). Ha scritto anche novelle, romanzi, e

qualche lavoro per il teatro. (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)

CORRADO GOVONI

Poeta italiano (Tamara, Ferrara, 1884 - Lido dei Pini, Roma, 1965). Poeta dai toni accesi e dall'ostentazione verbale, ma al tempo stesso di una tristezza disincarnata ed elusiva, percorse con originalità il complesso universo che si andava muovendo intorno alla "nuova poesia", sorta nella prima quindicina del XX secolo, attraversando Pascoli e D'Annunzio, ma soprattutto

partecipando direttamente al movimento futurista e facendo tesoro delle esperienze simboliste e tardo-simboliste in chiave impressionistica e crepuscolare. Un'ampia antologia delle sue Poesie (1903-59) ha curato G. Ravegnani (1961). Fece, da giovane, l'agricoltore e anche il commerciante; costretto a un modesto impiego, a Roma, visse lontano dal mondo letterario, pur appartenendovi in pieno per la copiosità di una produzione che, nella costante fedeltà ai propri motivi ispiratori, seppe trovarsi in sintonia con le correnti più vive del tempo. Pascolismo e

dannunzianesimo confluiscono in misura egualmente larga nel suo originario crepuscolarismo (Le fiale, 1903; Armonia in grigio et in silenzio, 1903; ecc.). Donde una certa affinità del Govoni col futurismo (Poesie elettriche, 1911; L'inaugurazione della primavera, 1915; ecc.), e l'aspetto di filastrocche o "litanie liriche" che hanno i suoi versi (Il quaderno dei sogni e delle stelle, 1924; Brindisi alla notte, 1924; ecc.). Migliori tuttavia i momenti in cui egli riesce a contenere tanta esuberanza e prolissità entro forme di canzonetta popolareggiante o vagamente epigrammatiche (Il flauto magico, 1932; Canzoni a bocca chiusa, 1938; Pellegrino d'amore,

1941; Preghiera al trifoglio, 1953; Patria d'alto volo, 1953; Manoscritto nella bottiglia, 1954; Stradario della primavera, 1958). Un'intonazione nobilmente elegiaca presiede invece ad Aladino (1946), compianto di un suo figlio trucidato alle Fosse Ardeatine. Il Govoni scrisse anche prose liriche (La santa verde, 1919), novelle e romanzi, sempre di un autobiografismo riversantesi in immagini e colori. Postuma (1966) è apparsa La ronda di notte. (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)

Page 39: "LACERBA" (anni 1913,1914,1915)

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MAX JACOB

Scrittore, poeta e pittore francese (Quimper 1876 - Drancy 1944). Originario della Bretagna, che

gli ispirò la raccolta di poesie La côte (1911), partecipò alla nascita del cubismo e del

surrealismo.

Nei suoi scritti si alternano momenti d’ironico e amaro umorismo a momenti di inquieto

misticismo. La sua personalità è apparsa sconcertante per la sua maschera di satanismo e di

santità che caratterizza, con improvvisi balzi dalla prosa al verso, dal burlesco al serio, tutta la

sua opera (Saint Matorel, 1911; Les ceuvres burlesques et mystiques de Frère Matorel, 1912; Le

cornet à dés, 1917; La défense de Tartuffe, 1919; Cinématoma, 1920; Le Laboratoire Central,

1921; Le Terrain Bouchaballe, 1923; Méditations religieuses, 1945; ecc.).

Di origine israelita, Jacob si convertì pubblicamente al cattolicesimo (1915), ritirandosi a vita

cenobitica a Saint-Benoît-sur-Loire.

Morì in un campo di concentramento tedesco. (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)

PIERO JAHIER

Scrittore italiano (Genova 1884 - Firenze 1966). Appartenne al gruppo della Voce, in cui portò il

lievito e il rigore morale della sua origine valdese.

Combattente nella prima guerra mondiale come ufficiale degli alpini, diresse un giornale di

trincea, L'Astico (1918), e curò una raccolta di Canti di soldati (1918).

La sua opera è strettamente autobiografica: di un'autobiografia che non è solo ricordo, ma

esame di coscienza e giudizio di sé, della società e della vita. Pertanto, sia che rievochi le sue

prime esperienze d'impiegato (Resultanze in merito alla vita e al carattere di Gino Bianchi,

1915), o la sua travagliata adolescenza (Ragazzo, 1919), o i giorni di guerra (Con me e con gli

alpini, 1919) in lui alla commozione si accompagna l'ironia, ai toni elegiaci quelli oratorî e

profetici (un poco al modo di P. Claudel o di Ch.-P. Péguy): unificati, specie nei racconti di

Ragazzo, da un calore lirico che dà alla sua prosa scorciata, anacolutica, sintatticamente ardita,

un ritmo di canto, risolventesi talora in versi (i quali, insieme con altri, nati indipendentemente

dalle prose, sono raccolti nel volume Poesie, 1964). (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)

Page 40: "LACERBA" (anni 1913,1914,1915)

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DANILO LEBRECHT (Lorenzo Montano)

Pseudonimo dello scrittore Danilo Lebrecht (Verona 1893 - Glion-sur-Montreux 1958). Fece

parte del gruppo della Ronda, e il suo romanzo Viaggio attraverso la gioventù (1923) resta

notevole documento di quel gusto per una prosa fra narrativa e critico-lirica. Scrisse alcune

raccolte di poesie e si interessò alla prosa del Seicento e del Settecento italiano, in particolare

di L. Magalotti (1924). Rifugiatosi, in seguito alle discriminazioni razziali, in Inghilterra, diresse

a Londra (1943-46) Il mese, rassegna della stampa internazionale, che ebbe larga diffusione,

dopo la liberazione, anche in Italia. Tornato in patria, raccolse in volume (Carte nel vento.

Scritti dispersi, 1956; A passo d'uomo e altri ritagli, 1957; Pagine inedite, post., 1960) numerosi

suoi scritti in prosa e in versi, di varia data. (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)

GIAN PIETRO LUCINI

Scrittore italiano (Milano 1867 - Breglia, Plesio, 1914). Complessa e contraddittoria figura di

transizione tra Ottocento e Novecento, dalla scapigliatura lombarda si avvicinò al futurismo, da

cui si staccò poi clamorosamente. Fu narratore, poeta, critico, sempre animato da acume

satirico e impeto polemico. Tra le opere: il romanzo Gian Pietro da Core (1895); i versi di

Revolverate (1909); il saggio Ragion poetica e programma del verso libero (1908).

Figlio di un eroico garibaldino, cominciò assai giovane l'attività letteraria, spinto da F.

Cameroni; laureatosi in legge a Pavia (1892), investì quasi tutte le sue sostanze nella

fondazione di una casa editrice, iniziativa che si risolse in un disastroso fallimento. Il dissesto

economico e la grave malattia, che lo consumò di giorno in giorno fino alla morte, travagliarono

la sua esistenza, angosciata anche da una perenne inquietudine spirituale; antimilitarista,

socialista e anarchico per temperamento, non aderì a nessun partito per una sorta di sdegno

aristocratico.

Dal romanticismo della scapigliatura lombarda (fu ammiratore e studioso di C. Dossi: L'ora

topica di C. D., 1911), approdò al futurismo, tramite il dannunzianesimo, al quale, pur

intendendo ribellarsi (Antidannunziana, 1914), in verità lo univa l'amore sensuale della parola.

Più tardi si staccò apertamente e clamorosamente dai futuristi (Come ho sorpassato il

futurismo, 1913). Poeta (Revolverate, 1909, con prefazione di F. T. Marinetti; La solita canzone

del Melibeo, 1910), narratore (Gian Pietro da Core, 1895; Le indiscrezioni di Trilby, 1913, e i

racconti Vigilie d'amore, 1910), critico (importante, anche per le anticipazioni, l'ampia

"proposta" sul verso libero nel volume Ragion poetica e programma del verso libero, 1908),

scrittore di filosofia e di politica, ben si riflette in lui, anche negli eccessi, la parabola e

l'inquietudine della sua generazione. La figura di Lucini è stata recentemente rivalutata,

individuandone aspetti di precursore delle neoavanguardie. (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)

Page 41: "LACERBA" (anni 1913,1914,1915)

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FILIPPO TOMMASO MARINETTI

Scrittore italiano (Alessandria d'Egitto 1876 - Bellagio 1944). Compì gran parte dei suoi studi a Parigi e si affermò dapprima come poeta in lingua francese (La conquête des étoiles, 1902; Destruction, 1904; La ville charnelle, 1908). Nel 1905 fondò a Milano la rivista Poesia, di un gusto ancora fra simbolista e liberty, nella quale diede largo spazio a molti poeti d'avanguardia

italiani e francesi bandendo, fra l'altro, nel 1905, la celebre Inchiesta internazionale sul verso libero, ove non poneva per la prima volta, come è stato erroneamente affermato, il problema

dell'uso del verso libero, ma ne pubblicizzava la struttura e la fisionomia aprendo su di esso un ampio dibattito; nel 1905 pubblicava, sempre in francese, la tragedia satirica in quattro atti Le Roi Bombance, opera assai notevole anche se non risponde a quegli intenti sociali che Marinetti si era proposto. Nel 1909, con un "manifesto" apparso sul Figaro di Parigi, diede vita al movimento futurista; nel 1910 pubblicò, in francese e in italiano, il romanzo Mafarka il futurista,

che suscitò clamorose polemiche, e nel quale è già in atto la poetica delle "parole in libertà", che, perseguendo l'immediatezza e il dinamismo dell'espressione, esaspera fino al meccanicismo onomatopeico il dannunziano "amor sensuale della parola". E l'opera successiva, in prosa o in versi, di Marinetti, malgrado certi impeti lirici (cfr. Zang Tumb Tumb, 1914; L'alcova d'acciaio, 1921; Novelle colle labbra tinte, 1930; Spagna veloce e toro futurista, 1931; L'Aeropoema del Golfo della Spezia, 1935), è piuttosto turgida oratoria e azione politico-

letteraria (di via via scemante efficacia), che non, come pur vorrebbe, arte liberatrice, all'avanguardia d'un rinnovamento totale. Pertanto le sue cose più importanti restano i "manifesti" del primo periodo, alcuni dei quali (come quelli sul teatro di varietà, sul teatro sintetico, ecc.) ricchi di spunti, intuizioni e precorrimenti. Interventista (Guerra sola igiene del mondo, 1915), e combattente della prima guerra mondiale, Marinetti fu accanto a Mussolini

dalle origini del fascismo alla Repubblica di Salò, esaltandone le imprese guerresche. Fece parte dell'Accademia d'Italia. Parte dell'opera edita e inedita è raccolta in Teoria e invenzione

futurista (1968) e La grande Milano tradizionale e futurista (1969), a cura di L. de Maria, che ne fornisce una convincente sistemazione storica. Nel 1971 sono apparse Poesie a Beny, liriche scritte in francese (1920-38) per la moglie Benedetta. (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)

NICOLA MOSCARDELLI

Scrittore (Ofena 1894 - Roma 1943); esordì giovanissimo su La Voce e Lacerba; combattente del

1915-18 venne decorato al valore. Fu poi critico letterario e collaboratore di varî giornali. La sua

copiosa produzione, che comprende raccolte di liriche (Abbeveratoio, 1915; Tatuaggi, 1916;

Gioielleria notturna, 1918; La mendica muta, 1920; L'ora della rugiada, 1924; Le grazie della

terra, 1928; Il canto della vita, 1939, ecc.), prose poetiche (L'aria di Roma, 1931, ecc.), racconti

e romanzi (Vita vivente, 1923; Il sole dell'abisso, 1931; La vita ha sempre ragione, 1934, ecc.),

saggi critici e morali (Anime e corpi, 1932; L'altra moneta, 1933; Dostoievski, 1935, ecc.) è

ispirata a motivi che, passando da un crepuscolarismo d'origine pascoliana, dopo una breve

parentesi futurista, a un misticismo vagamente cristiano, si elevano, nei momenti migliori, a un

sentimento lirico della sofferenza umana. (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)

Page 42: "LACERBA" (anni 1913,1914,1915)

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ARTURO ONOFRI

Poeta ambizioso e fecondo, Onofri partì da una formazione pascoliana e dannunziana, ma sfiorò

anche il crepuscolarismo e le esperienze dei primi vociani. Al tempo stesso mirò a recuperare le

forme del linguaggio tradizionale per ricavarne significati religiosi, profondi e positivi, per

affermare la forza della voce poetica, la sua capacità di entrare in contatto con i valori più

autentici della natura e della storia. Fondò e diresse la rivista “Lirica” (1912-13), che rivelò

alcuni giovani notevoli scrittori operanti a Roma: collaborò a “La Voce” di De Robertis (dove

espresse in modi personali una poetica della liricità e del frammento) e ad altre riviste e

giornali, anche con scritti critici, di singolare acume, come quelli (1916) riuniti nel volume

postumo Letture poetiche del Pascoli (a cura di G. Comi, pref. di E. Cecchi, 1953). (Tratto da:

Enciclopedia Treccani on line)

ALDO PALAZZESCHI

Pseudonimo dello scrittore Aldo Giurlani (Firenze 1885 - Roma 1974). Palazzeschi ha

manifestato il suo estro fin dall'esordio come poeta crepuscolare e nell'effimera adesione al

futurismo. Ha attraversato l'esperienza dell'avanguardia d’inizio secolo e in seguito la ripresa

delle avanguardie degli anni Sessanta con una inconfondibile giocondità, enigmatica e

inafferrabile. Si dedicò alla letteratura dopo aver frequentato una scuola di recitazione insieme

a Moretti di cui divenne grande amico e assunse lo pseudonimo di Palazzeschi dal cognome

della nonna. Dopo essere stato costretto all'esperienza militare, visse nel dopoguerra una vita

appartata e solitaria, rimanendo estraneo al fascismo e impegnandosi in un'attività di narratore,

che gli guadagnò i favori del pubblico. Collaborò dal 1926 al Corriere della sera. Visse a Firenze

fino al 1950, anno in cui si trasferì a Roma. Nel 1957 gli fu consegnato dall'Accademia dei Lincei

il premio internazionale Feltrinelli per la letteratura; nel 1960 gli venne conferita dall'università

di Padova la laurea in lettere honoris causa. Esordì come poeta crepuscolare (I cavalli bianchi,

1905; Lanterna, 1907; Poemi, 1909). Effimera fu la sua adesione al futurismo (L'incendiario,

1910). Palazzeschi ben presto trovò più adeguata espressione nella prosa: la quale, d'altro

canto, da quella ancor diafana di Riflessi (1908; poi raccolto, insieme ai successivi Il codice di

Perelà e La piramide, con il titolo Allegoria di novembre, in Romanzi straordinari, 1943), a

quella narrativamente più nutrita e complessa delle opere successive (Il re bello, 1921; Stampe

dell'800, 1932; Sorelle Materassi, il suo libro più famoso, 1934; Il palio dei buffi, 1936; I fratelli

Cuccoli, 1948; Bestie del '900, 1951; Roma, 1953; Il buffo integrale, 1966; Il doge, 1967;

Stefanino, 1969; Storia di un'amicizia, 1971). Altre opere di Palazzeschi: Due imperi... mancati

(1920); Tre imperi... mancati (1945); Scherzi di gioventù (1956); Ieri, oggi e... non domani

(1967), che riunisce i suoi elzeviri; e una serie di poesie «della vecchiaia» (Viaggio

sentimentale, 1955; Cuor mio, 1968; Via delle cento stelle, 1972), vivide peraltro - come i

racconti di questo stesso periodo. (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)

Page 43: "LACERBA" (anni 1913,1914,1915)

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GIOVANNI PAPINI

Scrittore italiano (Firenze 1881 - ivi 1956). Papini fu parte viva del movimento letterario,

filosofico e politico, che ai primi del Novecento promosse da Firenze lo svecchiamento della

cultura e della vita italiana. Tra i fondatori delle riviste “Leonardo” (1903) e “Lacerba” (1913),

concepì la letteratura come «azione» e diede ai suoi scritti un tono oratorio e dissacrante. Tra

le opere più note si ricordano: l'autobiografia Un uomo finito, il saggio Stroncature, le prose

liriche Giorni di festa (1918). Nel 1903, già fornito di una cultura superiore agli studi scolastici

compiuti, fu fondatore con G. Prezzolini e altri amici (1903) di “Leonardo” (nella quale scrisse

con lo pseudonimo di Gian Falco), rivista vivacemente combattiva, che divenne presto uno dei

più notevoli organi di reazione al positivismo filosofico e letterario in nome dei valori dello

spirito, divulgatore in Italia di contemporanei movimenti filosofici stranieri, quali l'intuizionismo

francese del Bergson e il pragmatismo anglo-americano del Peirce e del James, promotore

infine dello svecchiamento della cultura italiana, in nome di un'individualistica e sognatrice

concezione della vita e dell'arte. Redattore per qualche tempo del Regno di E. Corradini;

direttore, nel 1912, della “Voce”, fondato da Prezzolini con l'intento di farvi collaborare gli

uomini e le dottrine più rappresentative a una rieducazione morale, politica, artistica

degl'Italiani; fondatore (1913), con A. Soffici, di “Lacerba”, che rappresenta il momento della

sua adesione al futurismo. Con l'entrata in guerra dell'Italia - in favore della quale “Lacerba”

sostenne una fierissima battaglia - il gruppo fiorentino si disperde, non senza aver agitato

vecchi e nuovi problemi della cultura, diffuso la conoscenza di movimenti filosofici e artistici

forestieri, e rivelato alcune notevoli figure di scrittori e di artisti.

Studioso di filosofia e di religione, critico e polemista, narratore e poeta, la costante della sua

personalità è data dall'attivismo, dal volontarismo, che lo indusse a farsi divulgatore fra i primi

in Italia del pragmatismo, e poi a passare da questa ad altre filosofie, sempre insoddisfatto

perché vi cercava il segreto per diventare giudice sicuro del bene e del male, una sorta di

demiurgo o di uomo-dio. Il suo volontarismo romantico e decadente lo portò a concepire la

letteratura come «azione» e a dare ai suoi scritti un carattere da «giudizio universale (Tratto da:

Enciclopedia Treccani on line)

FRANCESCO BALILLA PRATELLA

Compositore (Lugo 1880 - Ravenna 1955). Studiò a Pesaro con P. Mascagni e A. Cicognani. Fu,

tra i futuristi, uno dei più attivi esponenti e, insieme con L. Russolo, il più prestigioso

teorizzatore delle idee musicali del movimento. Autore di musiche teatrali, vocali e vocali-

strumentali, svolse un'intensa attività di etnografo, raccogliendo e pubblicando canzoni e danze

popolari italiane. (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)

Page 44: "LACERBA" (anni 1913,1914,1915)

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GIUSEPPE PREZZOLINI

Scrittore italiano (Perugia 1882 - Lugano 1982). Autodidatta, si trasferì giovanissimo a Firenze.

Amico di G Papini e animatore con lui del “Leonardo” con lo pseudonimo di Giuliano il Sofista,

collaboratore fino al 1905 del nazionalista “Il Regno” di E. Corradini, facendosi nel primo

propugnatore di un orientamento filosofico antirazionalistico e misticheggiante, nel secondo

sostenitore del movimento nazionalista e specialmente dei diritti della borghesia contro il

socialismo. Verso il 1908 aderì alla filosofia idealistica di Croce, mentre si accostava con più

larga comprensione e qualche simpatia al socialismo sindacalista. In questa nuova posizione

ideale nel 1908 fondò il settimanale “La voce”. Nel movimento vociano Prezzolini rappresentò

l'elemento coesivo delle varie tendenze che vi confluivano dimostrandosi critico intelligente,

propagatore instancabile di notizie e d'idee in ogni campo della cultura. Partecipe del dibattito

culturale del primo Novecento, si accostò al pragmatismo, al modernismo cattolico, a Bergson,

all'idealismo crociano, ma anche al socialismo sindacalista, per approdare poi a un

conservatorismo scettico (si veda il suo Codice della vita italiana, 1921), in cui si riflettono il

disprezzo della politica contingente e la difesa di una posizione intellettuale che vuol essere

insieme aristocratica e vicina al senso comune. Diviso tra l'ammirazione per Mussolini e il rifiuto

dei metodi fascisti, si allontanò dall'Italia e, dopo alcuni anni a Parigi, si stabilì a New York

(1929) come direttore della Casa Italiana della Columbia University e insegnante presso la

medesima università. In questi anni pubblicò diversi scritti e proseguendo nel contempo

un'intensa collaborazione con giornali e periodici italiani. Anche gli ultimi anni, dopo il rientro in

Italia (1961) e il trasferimento a Lugano (1968), furono occupati da una varia produzione

saggistica. (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)

OTTONE ROSAI

Pittore e scrittore (Firenze 1895 - Ivrea 1957). Inizialmente vicino alle tematiche futuriste,

dopo la Prima guerra mondiale, alla quale prese parte, nell'ambito di un più ampio ritorno

all'ordine che caratterizza la pittura italiana di quegli anni, si avvicinò alla costruttività

cezanniana senza mai tralasciare la tradizione toscana. Dopo l'accademia di belle arti di Firenze,

aderì al futurismo (1913-14), esperienza, questa, sulla quale innestò un proprio senso realistico

paesano, colto nei suoi aspetti più semplici e quotidiani, che affondava le radici nella tradizione

toscana ottocentesca (Piazza del Carmine, 1922, Firenze, Galleria d'arte moderna; L'omino di

sagrestia, 1922-23, Torino, Galleria d'arte moderna; I filosofi, 1929, Milano, Galleria d'arte

moderna). Nel secondo dopoguerra affiancò a intensi e drammatici autoritratti grandi paesaggi

pervasi di luce e scene di vita popolare che ripropongono, in una dimensione sospesa dai densi

impasti cromatici, temi già trattati. Una vena polemica e popolareggiante, vicina ai modelli di

Soffici e del primo Papini, caratterizza anche la scrittura di Rosai: collaboratore di “Lacerba” e

del Selvaggio, pubblicò ricordi della prima guerra mondiale (Il libro di un teppista, 1919; Dentro

la guerra, ed. integrale su rivista 1932. (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)

Page 45: "LACERBA" (anni 1913,1914,1915)

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LUIGI RUSSOLO

Pittore (Portogruaro 1885 - Cerro Laveno 1947). Si dedicò fin da giovanissimo a studî musicali.

A Milano, dal 1901, frequentò l'ambiente artistico che ruotava intorno alla rivista Poesia,

cominciando a interessarsi anche di pittura. Non si conoscono sue opere pittoriche anteriori al

1909 (Autoritratto, 1909, Milano, Galleria civica d'arte moderna), anno in cui conobbe Boccioni

e Carrà. Con questi firmò nel 1910 il “Manifesto dei pittori futuristi”, tuttavia fino al 1912 le sue

opere risentono ancora della poetica divisionista e simbolista (La rivolta, 1911, L'Aia,

Gemeentemuseum; Case+luce+cielo, 1912, Basilea, Kunstmuseum). Prevalsero poi i suoi

interessi musicali: nell'ambito della poetica futurista scrisse L'arte dei rumori (1916) ed eseguì

concerti con nuovi strumenti, gli "intonarumori", costruiti da lui stesso. Partecipò alla prima

guerra mondiale, rimanendo mutilato e scosso nel suo equilibrio mentale. Dal 1918 al 1930

visse a Parigi, dove si dedicò allo studio delle filosofie orientali e in particolare dello yoga (nel

1938 pubblicò Al di là della materia). Riprese anche a dipingere quadri d'intonazione tra

ingenua e surrealista. (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)

ANTONIO SANT’ELIA

Architetto (n. Como 1888 - m. in guerra, a Monfalcone, 1916). Dopo il conseguimento, a Como,

del diploma di capomastro edile (1905), seguì i corsi dell'Accademia di Brera (1909-11) e nel

1912 si laureò in architettura a Bologna. Fin dalla produzione di disegni del 1911, da cui ancora

traspare la lezione di O. Wagner e della Secessione viennese, S. inizia a sviluppare una propria

ricerca formale sempre più attenta ai processi di industrializzazione sensibili all'uso dei nuovi

materiali edilizi (cemento armato, ferro, vetro, ecc.). Critico nei confronti del classicismo

accademico e dell'art nouveau che dominavano il linguaggio architettonico italiano del periodo, i

suoi disegni mostrano, di contro, una caratteristica presenza dinamica di linee oblique, forme

ellittiche, torri di distribuzione e smistamento del traffico, strade su più livelli, in un ricercato

rapporto tra le soluzioni volumetrico-spaziali degli edifici e la città. Ipotesi progettuali che

trovarono una dimensione teorica nei due manifesti pubblicati nel 1914: il primo, intitolato

“Messaggio”, fu scritto come presentazione dei suoi disegni in occasione della mostra a Milano

del gruppo Nuove Tendenze (fondato nel 1912 con l'architetto M. Chiattone e altri letterati e

artisti); il secondo è il “Manifesto dell'architettura futurista” con cui Sant’elia si colloca

decisamente all'interno del movimento futurista di cui faceva parte dal 1912. La sua attività fu

interrotta dallo scoppio della guerra. Pur avendo costruito poco, egli rimane tra le figure di

rilievo dell'architettura italiana del secolo 20º in sintonia con le linee di sviluppo del Movimento

moderno. Le sue due sole opere realizzate sono la villa Elisi a San Maurizio sopra Como (1911) e

il monumento ai caduti realizzato sempre a Como, sulla base di un suo disegno del 1914, da G. e

A. Terragni (1931-33). Una notevole quantità di disegni prodotti negli anni 1913-14 danno

comunque corpo alla sua ideale visione della città. (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)

Page 46: "LACERBA" (anni 1913,1914,1915)

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CAMILLO SBARBARO

Scrittore (Santa Margherita Ligure 1888 - Savona 1967). Lavorò come impiegato e quindi come

insegnante; negli ultimi anni si dedicò allo studio dei licheni. Collaboratore di Riviera ligure e

della Voce, esordì con i versi di Resine (1911) e Pianissimo (1914), che per il lirismo

autobiografico, rispecchiano il gusto del frammentismo; a tale gusto Sbarbaro rimase fedele

nelle successive raccolte di prose liriche (Trucioli, 1920; Liquidazione, 1928; Trucioli seconda

serie, 1948, in cui confluiscono, con varianti, anche testi dei due volumi precedenti; Fuochi

fatui, 1956; Scampoli, 1960; Gocce, 1963; Quisquilie, 1967) e di versi (nuova stesura di

Pianissimo, pubblicato nel 1954 insieme con la stesura del 1914; Rimanenze, 1955; Primizie,

1958). Il suo senso smarrito, disamorato o piuttosto disancorato della vita, la dolente coscienza

dell'aridità che sembra preludere a Montale, trovano felice espressione soprattutto in paesaggi

e nature morte. Da ricordare anche la sua attività di traduttore (da Euripide, Flaubert, Stendhal,

ecc.). Postumi sono usciti, tra l'altro, L'opera in versi e in prosa (a cura di V. Scheiwiller e G.

Lagorio, 1985) e Trucioli dispersi (a cura di G. Costa, 1986). (Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)

GINO SEVERINI

Pittore (Cortona 1883 - Parigi 1966). A Roma dal 1899, conobbe U. Boccioni e G. Balla che lo

introdusse alla tecnica divisionista. Stabilitosi nel 1906 a Parigi (dove trascorse, con intervalli,

la maggior parte della sua vita), Severini entrò in contatto con i circoli dell'avanguardia artistica

e letteraria legandosi, in particolare, a Pablo Picasso, A. Modigliani, M. Jacob e P. Fort. Tra i

firmatari del primo “Manifesto della pittura futurista” (1910), Severini svolse un importante

ruolo di collegamento tra l'ambiente parigino e il gruppo futurista (nel 1912 collaborò con F.

Fénéon all'allestimento della mostra Les peintres futuristes italiens). Dopo un soggiorno in

Italia (1913-14), tornato a Parigi, egli portò avanti, accanto a dipinti che interpretano in modi

cubo-futuristi la guerra, una serie di opere ispirate all'orfismo (Mare=Ballerina, 1913-14,

Venezia, Fondazione Guggenheim) e al cubismo sintetico (Zingaro che suona la fisarmonica,

1919). Nel 1921 pubblicò il saggio Du cubisme au classicisme che sancì la sua adesione a una

figuratività piena e cristallina, preannunciata da opere quali Maternità (1916, Cortona, Museo

dell'Accademia etrusca). Con un intenso lavoro di elaborazione teorica, in sintonia con le

posizioni espresse dal gruppo di Valori plastici, al quale aveva aderito nel 1919, Severini giunse

alla definizione di calibrati ritmi compositivi nei quali temi desunti dalla commedia dell'arte,

ritratti e nature morte con frammenti dell'antico, appaiono immersi in atmosfere metafisiche di

luce mediterranea. Dagli anni Venti, segnati anche da una crisi religiosa culminata nel 1923 con

la piena adesione al cattolicesimo, Severini tese ad abbandonare la pittura di cavalletto per

dedicarsi alla decorazione murale, trattando con grande talento decorativo l'affresco e il

mosaico. Stabilitosi dal 1946 a Meudon, tornò all'astrazione geometrica, recuperando con

grande equilibrio decorativo tematiche e modi d'ispirazione cubista (decorazioni per il Palazzo

dei congressi a Roma, 1953). Oltre a scritti sull'arte contemporanea, pubblicò i volumi

autobiografici Tutta la vita di un pittore (1946) e Temps de l'effort moderne”. (Tratto da:

Enciclopedia Treccani on line)

Page 47: "LACERBA" (anni 1913,1914,1915)

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ARDENGO SOFFICI

rittore e pittore (Rignano sull'Arno 1879 - Forte dei Marmi 1964); lasciò presto le scuole per

studiare liberamente pittura; dal 1903 al 1907 visse a Parigi; tornato in Italia, fu tra i principali

collaboratori della Voce e fondò (1913), con Papini, “Lacerba”. Interventista e combattente

della guerra 1915-18, fu collaboratore, dalla fondazione, del Popolo d'Italia e convinto

sostenitore del fascismo; nel 1939 fu nominato accademico d'Italia. Soffici passò per varie

esperienze d'avanguardia, dal futurismo al cubismo, facendosene via via acceso banditore, per

poi ripiegare, nel primo dopoguerra, su quelle posizioni tradizionali di cui, in fondo, il suo

temperamento sanamente provinciale e il suo gusto arguto di toscano avevano sempre sentito

la nostalgia. Come scrittore, dopo l'autobiografia trasposta di Ignoto toscano (1909) e quella

ingenuamente donchisciottesca di Lemmonio Boreo (1911), Soffici trovò nelle impressioni, nei

ricordi, nei paesaggi, nei rapidi bozzetti e ritratti di Arlecchino (1914), Giornale di bordo (1915),

La giostra dei sensi (1919), la sua congeniale misura di frammentista lirico, innamorato,

nonostante certo pessimismo, della vita e della natura e portato a "posar le parole come il

pittore i colori". E queste doti di ritrattista e paesista sono presenti anche in altre sue opere, da

Kobilek (1918) e La ritirata del Friuli (1919), notevolissimi libri di guerra, ai Ricordi di vita

artistica e letteraria (1930), al Taccuino di Arno Borghi (1933), alle quattro parti

dell'"autoritratto" L'uva e la croce (1951), Passi tra le rovine (1952), Il salto vitale (1954), Fine

di un mondo (1955). Le sue opere di poesia sono state invece raccolte in 7 volumi (1959-68);

tra le pubblicazioni postume si ricordano le Lettere a Prezzolini (1988). La produzione pittorica

di Soffici corrisponde a quella singolare posizione, da lui assunta nel campo letterario e critico,

di anticonformismo, non mai drastico, però, rispetto alla tradizione. Cézanne è, fra i maestri di

Parigi, quello il cui insegnamento è stato per lui il più fecondo, tanto da riaffiorare di volta in

volta nei suoi quadri migliori. Si ricordano Casa colonica della collezione M. Rimoldi a Cortina

d'Ampezzo, Campi arati e Campo con pagliaio nella Galleria nazionale d'arte moderna di Roma.

(Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)

GIOVANNI TITTA ROSA

Pseudonimo dello scrittore e critico letterario Giovanni Battista Rosa (Santa Maria del Ponte,

L'Aquila, 1891 - Milano 1972). Giovanissimo collaborò a varie riviste (da Lacerba a Riviera

ligure); trasferitosi nel primo dopoguerra a Milano, fu redattore e collaboratore di giornali e

periodici. Tanto nelle sue poesie (Plaustro istoriato, 1919; Alta luna, 1935, ecc., poi raccolte in

Poesie d'una vita, 1956) quanto nei racconti e nelle prose (Il varco nel muro, 1931; Paese con

figure, 1942; Niobe e il pittore, 1953) una vena lirica e idillica s'innesta su modi che risentono di

un originario naturalismo. Come critico, ha saputo conciliare i postulati del crocianesimo con le

esigenze della nuova letteratura (Invito al romanzo, 1930; Aria di casa Manzoni, 1946, n. ed.

1954; Secondo Ottocento, 1947; Poesia italiana del Novecento, 1953). Di particolare interesse

la raccolta di articoli e saggi critici Vita letteraria del Novecento (3 voll., 1972). (Tratto da:

Enciclopedia Treccani on line)

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GIUSEPPE UNGARETTI

Poeta italiano, nasce ad Alessandria d'Egitto, l'8 febbraio 1888, da genitori lucchesi. Frequenta

l'École Suisse Jacot e si forma sui classici francesi: Baudelaire e Mallarmé soprattutto. Stringe

amicizia con Enrico Pea e i fratelli Thuile; con Kavàfis e Zervos (il gruppo di "Grammata"). Nel

1912 Ungaretti migra a Parigi e si lega ai futuristi italiani a Parigi. Le sue prime poesie

appariranno nel 1915 su Lacerba. Nel 1914 rientra in Italia. Nasce Il Porto Sepolto, stampato a

Udine nel 1916. Finita la guerra, pubblica Allegria di naufragi, presso Vallecchi, 1919. Si

trasferisce a Roma nel 1921 e poi nel 1936 si stabilisce a San Paolo del Brasile, ove gli è stata

offerta la cattedra di Lingua e letteratura italiana presso l'università. Nel 1942 rientra in Italia,

ove è nominato titolare della prima cattedra di Letteratura italiana contemporanea presso

l'università di Roma. Dai lutti privati e collettivi nasce l'esperienza del Dolore, 1947. Dalla

vicenda di barbarie della seconda guerra mondiale sorge più alta l'esigenza di raccogliere, nella

meditazione dei classici, la memoria della dignità e della tragedia di essere uomini: saranno le

mirabili traduzioni dei 40 Sonetti di Shakespeare, delle Visioni di Blake, della Fedra di Racine,

delle poesie di Gongora e Mallarmé, dell'Eneide e delle Favole indie della genesi. Potrà così

compiersi il viaggio e l'ultima 'mira': La Terra Promessa, 1950 e Il Taccuino del vecchio, 1960;

rielabora poi, 'a lume di fantasia', le prose d'arte e di viaggio: Il Deserto e dopo, 1961. Raffinato

esercizio di autoesegesi e di poetica sono le quattro lezioni, tenute nel 1964 alla Columbia

University, New York, sulla Canzone. Muore a Milano nella notte fra il 1° e il 2 giugno 1970.

(Tratto da: Enciclopedia Treccani on line)

Gino Severini- Nature morte au journal Lacerba (adagp, Paris 2010- Photo Yves Bresson)

-Musée d’Art Moderne de Saint-Etienne Metropole-

Page 49: "LACERBA" (anni 1913,1914,1915)

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Riproduzioni di alcune tele “futuriste”

dipinte dai collaboratori di

“LACERBA”

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Giacomo Balla: Trasformazioni, forme, spiriti 1912-collezione Slifka, New York

Umberto Boccioni - Dinamismo di un ciclista, 1913- Collezione Gianni Mattioli (Deposito a lungo termine presso la Collezione Peggy Guggenheim, Venezia)

Page 51: "LACERBA" (anni 1913,1914,1915)

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Carlo Carrà-Acrobata, 1914 - collezione privata, Bergamo

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Ottone Rosai - Zang-Tumb-Tumb, 1914 - Collezione Jucker (Civiche Raccolte d'Arte, Museo del Novecento,Milano)

Luigi Russolo - Solidità nella nebbia, 1912 - Collezione Gianni Mattioli (Deposito a lungo termine presso la Collezione Peggy Guggenheim, Venezia)

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Gino Severini - Espansione sferica della luce, 1913-1914 - Utica (NY), Monson William Proctor Institute

Ardengo Soffici - Natura morta (Piccola velocità), 1913 – Collezione Jucher)

(Milano, Civiche Raccolte d’Arte, Muso del Novecento)

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