L’Alba del Levriero€¦ · Siamo arrivati così all’alba della storia, in un tempo talmente...

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L’Alba del Levriero Vi invito a fare un salto nel passato di 140.000 anni e di 10.000 kilometri nello spazio per com- prendere come è nato questo specialissimo rapporto che ci unisce ai nostri cani ed, in particola- re, ai nostri levrieri. Tra i 40.000 e 140.000 anni fa, nelle steppe dell’Estremo Oriente, avvenne un fatto che avreb- be avuto incommensurabili conseguenze per noi e per loro: alcuni gruppi di lupi grigi cominciarono quel lungo percorso di differenziazione che li avrebbe condotti a diventare lentamente, molto lentamente, i nostri cani. Nel loro dna sta incisa questa storia. Nel codice genetico esistono infatti come degli orologi, le cui lancette scorrono a differenti velocità e possono essere utilizzate per misurare le distanze geneti- che tra i soggetti di diverse razze in differenti luo- ghi. Loci cromosomici che mutano molto lentamente ed altri che mutano con maggiore velocità. Lancette lente che misurano i tempi lunghi, di milioni di anni, e lancette veloci, velocissime per i tempi genetici, per le migliaia di anni. In questo modo si sono potute determinare a gran- di linee le grandi migrazioni umane a partire da un punto di origine nell’attuale Etiopia. Così la scienza genetica, negli ultimi anni ed in particolare dal 2004, con il sequenziamento del genoma canino, ha potuto dare una prima risposta alla secolare domanda sull’origine della specie canina, cui secoli di studi cinologici basati soltanto sullo studio osteologico, cioè delle ossa fossili, non avevano mai saputo rispondere. Gli studiosi della razza canina si sono sempre domandati da dove provenisse l’estrema differen- ziazione morfologica tra le razze canine, che è assolutamente unica tra tutte le specie viventi (basti pensare alla distanza dimensionale tra un Chihuahua ed un Irish Wolfhound), ed in passato hanno avanzato ipotesi sul contributo di diverse razze di canidi alla nascita del cane: canidi etero- genei per spiegare morfologie eterogenee. L’incredibile verità è che il solo e semplice dna lupino ha potuto generare un tale spettro di mor- fologie e comportamenti differenti e talora diver- genti; questo è diventato un modello di studio estremamente fruttuoso per i moderni genetisti, che tentano di capire come questo fenomeno unico in natura possa essere avvenuto. Semplicemente, ad un certo punto, alcuni gruppi di terribili lupi grigi, sembra poche decine di sog- getti, ed assolutamente nessun altro canide, nelle steppe mongole, hanno cominciato quel lungo viaggio genetico che li avrebbe fatti diventare i nostri scodinzolanti amici. Per un lunghissimo tempo il loro aspetto non è cambiato ed è per questo che ossa diverse da quelle lupine non si trovano fino a tempi relativa- mente recenti, ma il fatto stesso di convivere sia pur parzialmente con l’uomo, di partecipare in modo sempre più regolare alle sue cacce, li hanno lentamente cambiati. La pressione selettiva esercitata su quei lupi da parte dell’uomo, prima inconsapevolmente poi con sempre maggiore intenzionalità, li ha lentissi- mamente trasformati; solo in tempi relativamen- te recenti l’uomo è riuscito a comprendere i mec- canismi della selezione di caratteristiche utili allo svolgimento di determinati compiti, su tutti la caccia, la predazione, la velocità nel raggiungere ed uccidere agevolmente un altro animale: in una parola la “levrierità”. E’ per questo che i levrieri sono fra le razze più antiche, perché rispondono alla più ancestrale esigenza umana: la sopravvivenza, ed in questo sono assolutamente perfetti. Un singolo animale può garantire di che vivere ad un piccolo gruppo umano. Non ho detto la più antica perché in realtà esisto- no altre razze che hanno ancora nel loro dna una maggiore quantità di ancestrali geni lupini, anche se lupo e cane differiscono solo per meno dello 0,04%. Ovviamente ci sono molte razze orientali come il Chow-chow, lo Shar-pei, l’Akita, il Terrier Tibetano, il Pechinese, alcune razze nordiche come il Siberian Husky e l’Alaskan Malamute ed una razza africana, il Basenji. La presenza di razze arcaiche fino all’Africa o all’Artico indica che la diffusione di questi nuovi canidi fu precocissima ed ad amplissimo raggio, a dimostrare il grande vantaggio derivato dalla associazione uomo e cane nella predazione. Tra i levrieri è l’afgano il più geneticamente anti- co ed è comprensibile, perché è quello la cui ori- gine è più vicina a quelle steppe estremo orien- tali in cui tutto è iniziato ed è probabilmente rimasto isolato nelle inaccessibili montagne centro-asiatiche fino ad epoche relativamente recenti. E non è ancora un caso che il più arcaico dopo l’afgano sia il Saluki, che anche geograficamen- te è leggermente più occidentale. Poi, distanziato di molto, il Borzoi. Le altre razze di levrieri evidenziano grandi apporti di dna più recenti, anche le cosiddette razze arcaiche come Pharaon Hound, il Podenco e lo Azawack, forse perché sono razze ricostruite recentemente da pochissimi esemplari superstiti con apporti genetici estranei. E’ a partire da 15.000 anni fa che i cambiamenti dovuti al passaggio ad una società di allevatori prima e coltivatori poi hanno indotto ulteriori cambiamenti morfologici alle razze canine: nuove forme per nuovi usi, ma il levriero già così funzio- nalmente perfetto sarebbe rimasto sempre fede- le a se stesso. Abbiamo percorso centomila anni in poche frasi, un viaggio vertiginoso che solo da pochi anni possiamo compiere con una sia pur minima cognizione di causa, grazie ai più recenti pro- gressi della genetica capace di smontare il gio- cattolo del dna per comprendere i suoi reconditi meccanismi. Siamo arrivati così all’alba della storia, in un tempo talmente recente in termini genetici che il dna non ci può più aiutare. Ora occorre procedere con strumenti conoscitivi più classici e consueti per avvicinarci a quel miracolo a metà tra la Natura e la Cultura che è la nascita del Levriero. Levrieri nella storia Vi invito a fare un viaggio con me. a cura di: Giancarlo “dottor Bob Valenti” Le immagini dell’articolo si riferiscono a cacce neolitiche, cioè di un periodo che va dai 5.000 ai 10.000 anni fa, anche se le datazioni di immagini simili presenta- no ampi margini di incertezza. Si riferiscono a graffiti rinvenuti in Libia sull’altipiano dell’Akakus, nel Sahara, in un periodo in cui il deserto era ancora una verde e popolosa savana ricca di selvaggina. Più avanti vedremo come la Libia sia stata una culla dei levrieri e come le fonti storiche egizie si riferiscano al levriero quale animale proveniente in qualità di tributo dalle popolazioni sottomesse dell’ovest, cioè appunto dalle genti libiche. Queste cacce ci mostrano degli animali decisamente levrieroidi con diverse tipologie, ma voglio invitare a non guardarle con l’occhio del levrierista moderno, abituato a razze codificate e dai confini netti. Questa concezione della razza è recente, ha poco più di un secolo e per raggiungerla sono occorsi millenni di evolu- zione del pensiero biologico. Sono convinto che le fonti artistiche antiche possano aiu- tarci ben poco a delineare la storia delle razze intese come le intendiamo oggi, ma testimoniano semplicemente lo sforzo degli antichi cacciatori per avere animali funzionali alle loro necessità, animali “veloci e feroci”, ottenuti dalla distillazione selettiva del lupo, ma molto variabili dal punto di vista morfologico in base al materiale genetico casualmente immesso nello loro linee selettive. Questi concetti guideranno tutti i nostri futuri ragionamenti sul rapporto fra fonti storico-artistiche e le razze di levrieri. Levrieri nella storia Levrieri nel cuore 38 Levrieri nel cuore 39

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L’Alba del LevrieroVi invito a fare un salto nel passato di 140.000 anni e di 10.000 kilometri nello spazio per com-prendere come è nato questo specialissimo rapporto che ci unisce ai nostri cani ed, in particola-re, ai nostri levrieri.

Tra i 40.000 e 140.000 anni fa, nelle steppedell’Estremo Oriente, avvenne un fatto che avreb-be avuto incommensurabili conseguenze per noi eper loro: alcuni gruppi di lupi grigi cominciaronoquel lungo percorso di differenziazione che liavrebbe condotti a diventare lentamente, moltolentamente, i nostri cani.Nel loro dna sta incisa questa storia. Nel codicegenetico esistono infatti come degli orologi, le cuilancette scorrono a differenti velocità e possonoessere utilizzate per misurare le distanze geneti-che tra i soggetti di diverse razze in differenti luo-ghi.Loci cromosomici che mutano molto lentamenteed altri che mutano con maggiore velocità.Lancette lente che misurano i tempi lunghi, dimilioni di anni, e lancette veloci, velocissime per itempi genetici, per le migliaia di anni.In questo modo si sono potute determinare a gran-

di linee le grandi migrazioni umane a partire da unpunto di origine nell’attuale Etiopia.Così la scienza genetica, negli ultimi anni ed inparticolare dal 2004, con il sequenziamento delgenoma canino, ha potuto dare una prima rispostaalla secolare domanda sull’origine della speciecanina, cui secoli di studi cinologici basati soltantosullo studio osteologico, cioè delle ossa fossili, nonavevano mai saputo rispondere.Gli studiosi della razza canina si sono sempredomandati da dove provenisse l’estrema differen-ziazione morfologica tra le razze canine, che èassolutamente unica tra tutte le specie viventi(basti pensare alla distanza dimensionale tra unChihuahua ed un Irish Wolfhound), ed in passatohanno avanzato ipotesi sul contributo di diverserazze di canidi alla nascita del cane: canidi etero-genei per spiegare morfologie eterogenee.L’incredibile verità è che il solo e semplice dna

lupino ha potuto generare un tale spettro di mor-fologie e comportamenti differenti e talora diver-genti; questo è diventato un modello di studioestremamente fruttuoso per i moderni genetisti,che tentano di capire come questo fenomeno unicoin natura possa essere avvenuto.Semplicemente, ad un certo punto, alcuni gruppidi terribili lupi grigi, sembra poche decine di sog-getti, ed assolutamente nessun altro canide, nellesteppe mongole, hanno cominciato quel lungoviaggio genetico che li avrebbe fatti diventare inostri scodinzolanti amici.Per un lunghissimo tempo il loro aspetto non ècambiato ed è per questo che ossa diverse daquelle lupine non si trovano fino a tempi relativa-mente recenti, ma il fatto stesso di convivere siapur parzialmente con l’uomo, di partecipare inmodo sempre più regolare alle sue cacce, li hannolentamente cambiati.

La pressione selettiva esercitata su quei lupi daparte dell’uomo, prima inconsapevolmente poicon sempre maggiore intenzionalità, li ha lentissi-mamente trasformati; solo in tempi relativamen-te recenti l’uomo è riuscito a comprendere i mec-canismi della selezione di caratteristiche utili allosvolgimento di determinati compiti, su tutti lacaccia, la predazione, la velocità nel raggiungereed uccidere agevolmente un altro animale: in unaparola la “levrierità”.E’ per questo che i levrieri sono fra le razze piùantiche, perché rispondono alla più ancestraleesigenza umana: la sopravvivenza, ed in questosono assolutamente perfetti. Un singolo animalepuò garantire di che vivere ad un piccolo gruppoumano.Non ho detto la più antica perché in realtà esisto-no altre razze che hanno ancora nel loro dna unamaggiore quantità di ancestrali geni lupini, anchese lupo e cane differiscono solo per meno dello0,04%.Ovviamente ci sono molte razze orientali come ilChow-chow, lo Shar-pei, l’Akita, il TerrierTibetano, il Pechinese, alcune razze nordichecome il Siberian Husky e l’Alaskan Malamute eduna razza africana, il Basenji. La presenza di razze arcaiche fino all’Africa oall’Artico indica che la diffusione di questi nuovicanidi fu precocissima ed ad amplissimo raggio,a dimostrare il grande vantaggio derivato dallaassociazione uomo e cane nella predazione. Tra i levrieri è l’afgano il più geneticamente anti-co ed è comprensibile, perché è quello la cui ori-gine è più vicina a quelle steppe estremo orien-tali in cui tutto è iniziato ed è probabilmenterimasto isolato nelle inaccessibili montagnecentro-asiatiche fino ad epoche relativamenterecenti.E non è ancora un caso che il più arcaico dopol’afgano sia il Saluki, che anche geograficamen-te è leggermente più occidentale. Poi, distanziato di molto, il Borzoi.

Le altre razze di levrieri evidenziano grandiapporti di dna più recenti, anche le cosiddetterazze arcaiche come Pharaon Hound, il Podenco elo Azawack, forse perché sono razze ricostruiterecentemente da pochissimi esemplari superstiticon apporti genetici estranei.E’ a partire da 15.000 anni fa che i cambiamentidovuti al passaggio ad una società di allevatoriprima e coltivatori poi hanno indotto ulterioricambiamenti morfologici alle razze canine: nuoveforme per nuovi usi, ma il levriero già così funzio-nalmente perfetto sarebbe rimasto sempre fede-le a se stesso.

Abbiamo percorso centomila anni in poche frasi,un viaggio vertiginoso che solo da pochi annipossiamo compiere con una sia pur minimacognizione di causa, grazie ai più recenti pro-gressi della genetica capace di smontare il gio-cattolo del dna per comprendere i suoi reconditimeccanismi. Siamo arrivati così all’alba della storia, in untempo talmente recente in termini genetici che ildna non ci può più aiutare. Ora occorre procedere con strumenti conoscitivipiù classici e consueti per avvicinarci a quelmiracolo a metà tra la Natura e la Cultura che èla nascita del Levriero.

Levrieri nella storia

Vi invito a fare un viaggio con me.

a cura di: Giancarlo “dottor Bob Valenti”

Le immagini dell’articolo si riferiscono a cacce neolitiche,cioè di un periodo che va dai 5.000 ai 10.000anni fa, anche se le datazioni di immagini simili presenta-no ampi margini di incertezza.

Si riferiscono a graffiti rinvenuti in Libia sull’altipianodell’Akakus, nel Sahara, in un periodo in cui il deserto eraancora una verde e popolosa savana ricca di selvaggina.

Più avanti vedremo come la Libia sia stata una culla deilevrieri e come le fonti storiche egizie si riferiscano allevriero quale animale proveniente in qualità di tributodalle popolazioni sottomesse dell’ovest, cioè appunto dallegenti libiche.

Queste cacce ci mostrano degli animali decisamentelevrieroidi con diverse tipologie, ma voglio invitare a nonguardarle con l’occhio del levrierista moderno, abituato arazze codificate e dai confini netti. Questa concezione della razza è recente, ha poco più di unsecolo e per raggiungerla sono occorsi millenni di evolu-zione del pensiero biologico.

Sono convinto che le fonti artistiche antiche possano aiu-tarci ben poco a delineare la storia delle razze intese comele intendiamo oggi, ma testimoniano semplicemente losforzo degli antichi cacciatori per avere animali funzionalialle loro necessità, animali “veloci e feroci”, ottenuti dalladistillazione selettiva del lupo, ma molto variabili dalpunto di vista morfologico in base al materiale geneticocasualmente immesso nello loro linee selettive.

Questi concetti guideranno tutti i nostri futuriragionamenti sul rapporto fra fonti storico-artistiche e lerazze di levrieri.

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