La Voce Novembre 2008 - lecese.it · Grazie ad Osvaldo ed Eugenio per le foto ai “consulenti”...
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L’ingresso al paese nei pressi del cimitero.
Manuela Cipollone
CANTINELLE acCESE, III EDIZIONE. SEMPRE PIÙ BRAVI!
Forse tre anni sono pochi per parlare di tradizione. Epperò sono troppi per continuare a parlare di esperimenti. E allora diciamo che le nostre cantine aperte sono una realtà che ogni anno si conferma un appuntamento che in pochi si sentono di mancare. Perché nonostante aumentino con gli anni i forestieri, rimane una festa pensata per Cese e per chi ci vive. Così ci piace che le over 70 si diano appuntamento con le amiche o passino cantina per cantina a fare spesa; ci piace che i giovani vogliano così fare parte della manifestazione da passare weekend interi a sistemare le cantine; ci piace che quello che viene preparato e servito è buono da leccarsi i baffi; ci piace che nonostante il vino scorra a fiumi l’“allegria” non diventi mai molesta; ci piace che si cominci con la banda e si finisca con la chitarra attorno al fuoco o fuori a suonare un rock che fa poco cantina, ma tanto voglia di continuare a stare in compagnia. Per il resto, anche questa terza edizione ha confermato che la pecora ajjo cotturo finisce alle 20.30, a prescindere da quante ne cuociano Silvio e Lelio (86 chili di carne mangiati in un’ora e mezza), che alla Cantina de Buccio lo vino fenisce alla velocità della luce, ma puri a quela de Ezio vanno forte, che la ventresca dejjo Riccio è sempre la più bbóna e che della zuppa cici e castagne, della pasta cójji fasciói e della pulenna non se pò fa’ a meno. Che le roscette de Renzo fao sempre bene, che Augusta fenisce tutto jo croccante e che alla cantina dejji dolci alla fine della sera remanono sempre e solo le briciole de quattro biscótti có’ l’ammoniaca! E poi: pure l’anno prossimo volemo le pizze de Assunta, Lina e le altre, la carne alla brace a cché Sor Antonio e lo mustocótto della cantina de Arduccio. E la mostra di Osvaldo e gli artisti e le degustazioni. E revolemo le scoppette. E il tempo meraviglioso che ogni anno benedice una serata speciale. All’anno prossimo!
Articoli e rubriche curati da Carlo Carnevale, Elvio, Emanuele, Eugenio, Lorenzo, Manuela e Roberto Cipollone, Mario Ippoliti, Annarita Marchionni, “Nopollice”, Berardino Rantucci e Roberta Torge. Grazie ad Alfredo, Osvaldo ed Eugenio per le foto ed ai
“consulenti” per il prezioso supporto. Per informazioni, proposte, commenti e suggerimenti scrivete a: Redazione “La Voce delle Cese”, Pro Loco Cese dei Marsi, Via C.Cattaneo 2, 67050 Cese di Avezzano (AQ) oppure a: [email protected].
Sito web: www.lavocedellecese.helloweb.eu .
Il prossimo numero de “La Voce” uscirà Domenica 28 Dicembre 2008. Chi è interessato può consegnare gli articoli o inviarli a [email protected] entro il 21 Dicembre.
Mensile gratuito della Pro‐Loco di Cese dei Marsi Anno III Numero 30 ‐ 30 Novembre 2008
“Uno dei tanti” ‐ dal Guestbook di Cese
UN INCONTRO DI STORIE...penso che a volte serva solo il vedersi come appartenenti, chi più chi meno, ad una realtà; chi ci torna dalla città, chi ci vive tutto l'anno... perchè... perchè è un incontro più che di persone, più che di facce... è un incontro di storie.... Ognuno ha la sua, ognuno porta una esperienza... e non serve che poi la racconti... molte cose si capiscono anche davanti ad un bicchiere di vino, o davanti ad un piatto paesano parlando delle solite cose, e qualcosa si capisce, e qualcosa resta un mistero... si incontrano tante persone, di cui molte non si conoscono, le storie si incontrano, e sono storie che in un modo o nell'altro hanno un legame con il paese: un legame di famiglia, un legame affettivo, un legame di vita, un legame di un amico che ha portato un amico... e bè questo è il bello... Un incontro di storie davanti ad un bicchiere di vino, e qualcosa si capisce di queste storie, e qualcosa no... ma tutte queste storie per una sera si sono ritrovate ad una festa di paese, in un “oggi” in cui nella frenetica vita di tutti i giorni ci dimentichiamo che ogni persona che incontriamo porta con sé una storia… e tutte queste storie hanno contribuito, e se qualcosa di queste storie non si è capito... bè, il bello delle storie è a volte anche il capirci poco o niente... Sarà per il prossimo incontro davanti al fuoco di una cantina aperta...
Comm’era 1956 ‐ in foto Maria Cipollone (Mellano)
Com’è Novembre 2008
Cinquant’anni hanno portato via con sè qualche albero in cambio dell’asfalto, ma per il resto non sembra cambiato praticamente nulla... ... non è ancora tempo per realizzare un piccolo marciapiede che eviti di camminare in mezzo alla strada a chi si reca al cimitero? È un’idea che qualcuno ha già “sognato”, speriamo si schiuda alla realtà il prima possibile.
Roberto Cipollone
CHE FESTA ... PER LE VIE DEL BORGO Ancora me la ricordo bene. Due anni fa, erano da poco finite la foga e le corse estive; in quella riunione
proposi di creare un appuntamento fuori stagione che fosse un nuovo punto d’incontro, un motivo per riscoprire il paese magari in un freddo giorno d’autunno. Una mente avveduta avrebbe scelto al massimo il mese di Ottobre ‐ come insegnerebbero altre manifestazioni, magari fregandosene di vecchi riferimenti alle tradizioni popolari... (“chi vuoi che ci faccia più caso...”). Anzi, la stessa mente razionale avrebbe trasposto l’iniziativa rendendola economicamente proficua, magari abbandonando la sciocca idea autunnale per aggiungere una festa in più all’affollato cartellone di Agosto... (oops, forse qualcuno l’ha fatto...)
Ma, da vera pro‐loco, abbiamo scelto la strada più scomoda e meno fruttuosa; abbiamo scelto di riscoprire la tradizione di San Martino per far riaprire le cantinelle del paese, scommettendo con noi stessi su come sarebbe andata. Oggi, dopo tre edizioni, un po’ di esperienza e un bel po’ di fatica in più, posso dire che la stessa strada tortuosa ed infruttuosa era quella giusta. Certo, la logica commerciale vorrebbe sempre far passare l’equazione “più gente = più successo”… facile, ovvio, talmente scontato da non piacerci affatto.
E già: sciocchi e irrazionali. Ma a volte la dimensione perfetta non è la più grande possibile, bensì quella più adatta al contesto: a farla breve, tra un bilancio puramente economico e la vivibilità e l’apprezzabilità di questa manifestazione scegliamo le seconde. D’altra parte la logica commerciale mal si adatta ai concetti di riscoperta e conservazione delle tradizioni, valorizzazione del territorio, aggregazione nella comunità, tutela del patrimonio ‐ gastronomico, popolare o culturale che sia. Ah, ecco, la cultura; ha ragione chi dice che la cultura non paga, ma preferisco pensare che la cultura non si paga, che è patrimonio di tutti e che anzi può essere uno straordinario mezzo di elevazione, comunicazione e riflessione, anche all’interno di una festa popolare.
Festa, sì, questo era nelle intenzioni e questo è: una festa di sapori, di odori, di mani che impastano, o porgono, o abbracciano, di pezzi di memoria che si fanno forti del presente, di gente volenterosa che ci crede sempre, di scoperte e riscoperte, sorrisi misti ad emozioni, volti amici, di vicoli mai visti oppure presenti in qualche angolo della propria età, di note impazzite e suadenti, di ritorni e nuovi amici, di storie e ricette passate a parole, di scintille che si elevano dai ciocchi verso un cielo che gocciola, di incontri inaspettati o tanto attesi, di brindisi cordiali, di gocce d’arte versate su tela, di immagini sfocate di un bianco e nero intensi, di cantine laboriose che sanno di vero e di allegria... delle Cese.
Quando la stanchezza passa, tra i ricordi vivi e le immagini, rimangono i complimenti di tanti, qualche critica, le proposte per l’anno prossimo, la consapevolezza di aver fatto, grazie a voi, qualcosa di bello per Cese...
... e tanto basta.
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Carlo Carnevale
OUTRO MUNDO Ciao ragazzi, vi scrivo portando un po’ di sinfasò nel cuore (come potete vedere nella foto) e nella mente,
ricordando la fantastica serata passata in vostra compagnia. Qui dove il sinfasò si respira nell'aria... nella musica ovvio, ma anche nel modo di vestire, nell'arrangiarsi un’abitazione, nei mezzi di trasporto... insomma quel concetto di “alla buona” è parte integrante della cultura e del modo di vivere. Purtroppo “alla buona” a Caxias spesso si trasforma in spine che quotidianamente danno tormento ai pensieri della gente che vede il proprio futuro come strade corte e senza uscita...
Il pane, la salute, la formazione quando si trasformano in “alla buona” costringono la sopravvivenza a rincorrere quella speranza di vita che noi chiamiamo normalità. Ma quando il buio della povertà gioca a rincorrere quella speranza che fa luce, e quella luce appartiene solo al 20 per cento circa della popolazione mondiale... vi chiedo qual è la normalità? Possibile che la mia normalità sia un privilegio di un numero così irrisorio di persone?
Una cosa che continua a stupirmi di questo mondo e di questa realtà è che il dolore e la leggerezza si mescolano come niente, come per dirti che comunque la vita deve continuare. Alcune situazioni a volte sono difficili, complicate da affrontare, sembra che tutto sia più grande di me e delle mie possibilità. Il sentirsi inutile affinché le cose cambino cerca di entrare quotidianamente nel mio cuore e nella mia coscienza, ma il sorriso di Ruan davanti a una novità, lo sforzo di Joelson nel ricordare la destra e la sinistra, gli occhi di Andreya che brillano perché ha imparato una ricetta italiana, diventano magicamente l’energia che dà forza al mio animo di continuare e di sperare…
Questa nuova cultura mi ospita da poco più di due mesi e pur conoscendola da poco sento che essa possa insegnare uno degli aspetti fondamentali per la costruzione di una società più aperta e solidale: che è la convivenza con l’altro, con il diverso… Il multiculturalismo che si respira qui in Brasile può farsi promotore per giungere al superamento di atteggiamenti di chiusura e di intolleranza che stentano a morire nelle nostre società europee, ma che anzi si rinforzano cambiando semplicemente forma e colore. Il multiculturalismo che intendo non è la fotografia di identità fisse, statiche e incomunicanti, ma si identifica in quell’intreccio positivo tra soggetti diversi e capaci di realizzare obiettivi comuni e una più aperta cittadinanza a livello planetario. Questo è il prodotto che penso il Brasile debba esportare, e non solo facili stereotipi.
In Brasile ci sono mani bianche, mani nere, mani scure, mani rosse, mani che chiedono, mani che assistono, e sono mani che costruiscono e che non dividono; sono mani che uniscono agli altri oltre ogni differenza di provenienza, colore, condizione e salute. Sono queste le mani che mi piace immaginare per la realizzazione di una società diversa. OUTRO MUNDO è POSSIVEL, UN ALTRO MONDO è POSSIBILE…
Un abbraccio forte e sentito da Caxias. Fiquem con Deus. Carlo
Considero valore ogni forma di vita La neve, la fragola, la mosca. Considero valore il regno minerale, l'assemblea delle stelle. Considero valore il vino finché dura un pasto, un sorriso involontario, la stanchezza di chi non si è risparmiato, due vecchi che si amano. Considero valore quello che domani non varrà più niente e quello che oggi vale ancora poco. Considero valore tutte le ferite. Considero valore risparmiare acqua, riparare un paio di scarpe, tacere in tempo, accorrere a un grido, chiedere permesso prima di sedersi, provare gratitudine senza ricordarsi di che. Considero valore in una stanza sapere dov'è il nord, qual è il nome del vento che sta asciugando il bucato. Considero valore il viaggio del vagabondo, la pazienza del condannato, qualunque colpa sia. Considero valore l'uso del verbo Amare e l'ipotesi che esista un creatore.Molti di questi valori non ho conosciuto.
(Erri De Luca)
POST SCRIPTUM ‐ Stiamo raccogliendo tutte le foto della manifestazione per realizzare una galleria di immagini ed un inserto speciale de “La Voce”. Per contribuire potete consegnare le vostre fotografie in formato cartaceo o digitale o inviarle a [email protected] . Potete già trovare la galleria con le foto qui presenti (le poche disponibili attualmente) sul sito web del giornalino www.lavocedellecese.helloweb.eu all’interno del photo album, nella sezione “San Martino” che verrà progressivamente aggiornata. Grazie fin da ora a tutti quelli che vorranno dare il proprio contributo all’iniziativa. POST POST SCRIPTUM ‐ Citazione particolare per i ragazzi della cantina “A cché Sor Antonio” che si aggiudica il premio popolare come cantina più votata dai visitatori della manifestazione. Complimenti a loro ed a tutti gli altri cantinieri per l’impegno e la fantasia nell’allestimento.
Giochi e relax
PER I PIÙ PICCOLI Scopri le 10 differenze tra le due immagini.
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Scopri il percorso giusto per arrivare da a a b.
Emanuele Di Pasquale Dai diamanti non nasce niente,, dal letame nascono i fior
Da quali brani sono tratte le seguenti strofe?
1) Out here the nights are long, the days are lonely ,I think of you and I’m working on a dream. (Là fuori le notti sono lunghe, i giorni solitari: penso a te e lavoro su un sogno)
2) Sono sempre pronti a giudicare tutto quello che fai, come ti vesti e con chi ti incontrerai, ma non te la prendere loro sono fatti così, devi solo credere che un giorno te ne andrai di qui.
3) Esce tutta truccata ,ride soltanto forzata, si crede al di sopra del mondo, veste solo firmata, mostra la borsa griffata, la aspetta una bella serata, cresciuta troppo in fretta tra l'insalata una dieta e il fumo di una sigaretta, beve per invecchiare non per dimenticare
4) Non sarebbe bello non farsi più del male. Non sarebbe strano se capitasse a noi , anche il paradiso vuole essere un inferno, era tutto scontato finchè non sei caduto.
PER I GRANDI Quiz sulle Cese
1. Prima del 1806 la famiglia Colonna possedeva nel dipartimento di Tagliacozzo anche la terra
delle Cese, che contava allora: a) 479 abitanti b) 749 abitanti c) 974 abitanti
2. Secondo un detto popolare, “Se de Novembre ancora nn’è ‘mbusso,
somènta lo ‘rano...” a) “coscì esce rósso”
b) “e ppó’ magni de lusso” c) “zzì ‘ccanto jo fósso”
3. Nell’Ottocento a Cese fu ritrovata un’importante iscrizione risalente al I sec. a.C.
(relativa ad Alba Fucens) su di una: a) Tavoletta lignea b) Colonna sacra c) Ara funeraria
4. Il cencio bagnato fissato su una lunga asta che veniva utilizzato per pulire la superficie dei
forni a legna era detto: a) Cugno o cuneo b) Mugno o munnio c) Runcio o runcitto
5. Recònzolo era chiamato il pranzo preparato per:a) I parenti di un defunto
b) Gli amici non invitati al pranzo di nozze c) Le seconde nozze
6. È un detto popolare noto nella zona: a) È ‘scito jo sòlo alle Cese
b) Cese tunno tunno, quattro case e ‘no sprofunnoc) S’è fatto notte alle Cese
7. Ciascuna delle croci poste intorno al paese corrisponde a:
a) Un sacerdote ordinato a Cese b) Una missione dei pp. passionisti
c) Una chiesa di Cese
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PÒ ÈSSE ITA COSCÌ... (Chi pò ‘ncatenà la fantascìa?) ‐ di Lorenzo C.
[…seconda parte]
Sénza penzàreci era pigliata la via de Capistrejjo, comme se ‘ólesse i’ a Cassino. Ma pó’, rendènnese cunto che poteva ‘ncrocià cacche frato, reggirà jo cavajjo e piglià la via‐‘ella Cunnicella. Sballecata la montagna, furuni furuni, sénza passà pé’ gnisciuno paeso, calà a Magliano e pó’ piglià ‘na via che, passènne tra le montagne, ci pareva èsse bbòna pé’ allontanàrese dajjo paeso.
‘Ncapo a ddu jorni, non ci lla faceva più pé’ lla fama. Quante le ‘òte era bbiasimato jo fatto che dalla casa non s’era portato manco ‘no sórdo. Da ‘no collitto vedde ‘na casa có’ tante carrozze ‘ntorno e có’ tanti cavajji dentro ‘no recinto. Lòco
ci’ateva sta tanta ggente. La fama era propria tanta e, puri se teneva paura de ‘ncontrà cacchetuno, se fece capace che, se ‘óleva mette caccósa ‘mmócca e se ‘óleva trovà ‘no posto pé’ dormì, ateva arrischià.
Non‐era fatto dièce passi che sentì ‘no lamento arrète a ‘na fratta. Non‐era ‘no pianto, era ‘no sospirà forti, proprio comme de uno che non sapesse lo da fa’.
Zitto zitto cercà ‘no vato pé’ passà de llà sénza fàrese accòrie. E vedde ddu fémmone. Una era ‘na vajjola ‘na cria più ròssa de isso, l’atra ateva èsse la mamma. ‘Nterra ci steva ‘no cristiano allongato. Vecino pascévano trè cavajji.
S’abbecinà... La fémmona ròssa s’arrizzà subbito ritta có’ ‘no pascióno, ma se veteva che non teneva ‘óglia de tirà a
gnisciuno, teneva solo tanta paura. Filippo s’abbecinà de più e s’accorse che j’òmo non se moveva próprio. Jo toccà. Era mórto. Se reotà alla fémmona: ‐ S’è mórto? Non ci respose gnisciuna. Mó la vajjòla piagneva fòrti. La mamma prima se reotà a essa e ppó’
s’abbecinà a Filippo. Ci‐è doùto apparì bejjo forzuto e atà èsse deciso che ci sse poteva fità, pecché ci piglià la mani e ‐ “Tu aiuta noi” ‐ c’ha titto.
A Filippo no’ c’è parzo lo vero de èsse ‘ncappato có’ la fortuna. ‘Ó veté che erano scurti tutti i guai? S’ascise e, magnènne lo pano e lo cascio che c’erano dato, se ‘nformà sópri de esse. Dóppo tanti
gesticolamenti era capito che erano venute a Roma ‘n pellegrinaggio e che mó se nne stévano a reì pé’ la via franchigena.
C‐hao ditto se le ‘óleva accompagnà. Non ci penzà ddu ‘òte. J’òmo era ‘no pézzo ‘rósso dejjo Rre de Francia e la moglie, ‘na ‘òta arrivati, presentà Filippo ajjo
Palazzo. Filippo se fece ‘ólè bbene. Erano passati cinque anni, a vint’anni era reventato la persona de fiducia dejjo Rre. Era quijo che
sapeva fa le cóse bene e lésto, sénza tanti cumprimenti. Mó steva accampato có’ j’esercito de Carlo D’Angiò e có’ tutto jo seguito de ladri, ricettatori,
cagnasórdi e de chi vennéva l’opia che sempre s’accompagnévano a ‘n esercito che ‘eva alla guerra vecino a Surmona.
Jo Papa c’era titto ajjo Rre de fàrela fenita có’ gli imperatori tedeschi, de remannàrejji alla casa. E jo Rre c’era dato ténzia . Tra cacche jórno se sarrìa scontrato có’ quio farfaréjjo de Corradino. Era
tutto pronto. Le spie erano referito che j’imperatoro era partito da Roma e steva a i’ ‘mbaccia a Tagliacózzo. Filippo
fece capì ajjo Rre che se potevano scontrà ajji Piani Palentini, vecino a casa sé. Jo Rre ci disse de méttese có’ quiji che stévano ‘nnanzi pé‘ cci ‘nzengà la via.
Da Surmona fece piglià la via dejji tratturi resalènne ‘mbaccia ajjo Sirente e ‘mbaccia a Ovindoli. Pó’ recalarono pé’ lle Forme fino a Magliano.
Ugni jórno era bbóno pé’ comenza’ a scannàrese. Filippo era presente la notte che, pé’ ‘mbrujjà i tedeschi, se ‘mmentàrono de fa vestì da Rre ‘n’atra
perzona. Anzi a isso c’era stato commannato de sta’ vecino a ‘sto cristiano e de portà jo vessillo de Carlo D’Angiò.
E arrivà jo 23 de agusto dejjo 1268. (continua…)
(Lo)Renzo
PAROLE IN VERSI
CESE SPORT
PRIMA VITTORIA PER IL G.S. CESE Eugenio Cipollone
Domenica 23 Novembre si è giocata la decima giornata del girone d’andata e la nostra squadra è finalmente riuscita ad aggiudicarsi la prima vittoria dall’inizio del campionato. I giallo‐verdi si sono infatti imposti, col punteggio di 1‐0, sui bianco‐granata (anche se in divisa completamente nera) del Monte Velino (Magliano). A rubare la scena, purtroppo, non sono state però le azioni di gioco, bensì l’indegno finale al quale si è assistito quando il direttore di gara è stato aggredito fisicamente, oltre che verbalmente, dai giocatori ospiti, tanto che è stato necessario chiamare le forze dell’ordine per assicurare un clima se non tranquillo, quantomeno sotto controllo, nel dopopartita. Nelle partite precedenti il Gs Cese ha pareggiato (1‐1) in casa del Goriano Sicoli ed ha perso, con il punteggio di 0‐1, le due partite casalinghe consecutive contro i rivali per la corsa alla salvezza del San Benedetto e contro i primi in classifica del Tagliacozzo. Ancora, in trasferta, contro i Luchesi della Jaguar è arrivata l’ottava sconfitta. Quest’ultima partita, caratterizzata da un 5‐0 che non ha ammesso repliche e che poteva assumere anche caratteri tennistici, è stata sicuramente la peggiore di questo campionato (e non solo!!!). Per quanto riguarda la testa della classifica in evidenza c’è il confronto tra la Jaguar ed il Tagliacozzo, che daranno vita al big match dell’undicesimo turno. La vittoria finale, anche se siamo ancora all’inizio del campionato, sembra destinata ad essere affare loro, in attesa magari che squadre come il Capistrello e la Fucense, accreditate all’inizio come “cofavorite”, risalgano la classifica. Per quanto ci riguarda, la giornata odierna vede il Gs Cese far visita agli Aquilani del Bazzano, in quella che sicuramente sarà una partita molto delicata.
PARTONO FORTE GLI AMATORI CESE Mario Ippoliti
Finalmente inizia l’atteso campionato “Amatori”, dove milita la compagine locale del Cese. Inizia forte il cammino del Cese con ben 4 vittorie: contro il Capistrello, nel derby, col classico punteggio di 2‐0 (reti di Marano Michele e Leone Remo), contro lo Sporting2000 per 4‐2 (con ben 4 reti di Marano Michele), contro il Nazad Avezzano per 3‐0 (reti di Renzo Gaetano, Marano Michele e Di Giamberardino Ermenegildo), contro la Marinara per 2‐1 (con reti di Renzo Gaetano e Marano Michele). L’unica sconfitta, immeritata, si è registrata contro L’Angizia Luco, per 2‐0. Tutto ciò vale la prima posizione in classifica con un organico societario ed una rosa di ben 23 giocatori all’altezza e pronti a disputare un campionato di alta classifica. Prossimo turno: Antinum vs Cese. La rosa completa 2008‐09: Di Matteo Enrico, Bianchi Massimo, Marchionni Secondino, Di Giamberardino Ermenegildo, Cipollone Giuseppe, Marano Michele, Renzo Gaetano, Di Matteo Francesco, Cosimati Mario, Di Pasquale Angelo, Cipollone Giovanni, Patrizi Raimondo, Cipollone Nazzareno, Ippoliti Mario, Valenziano Nico, Leone Remo, Cipollone Danilo, Nardantonio Agostino, Petrini Massimo, Pensa Walter, Tucceri Massimiliano. Presidente: Ciciarelli Mario. Allenatore: Cipollone Emilio. Dirigenti: Cipollone Lino, Patrizi Vincenzo, Cipollone Sergio. Magazziniere e guardalinee ufficiale: Bianchi Francesco. Ci scusiamo con i nostri tifosi per la foto, la pubblicheremo nel prossimo numero di dicembre.
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LO SQUATTRINATO di Berardino Rantucci
Lo squattrinato è un mascalzone. Si diventa ed è un bene, un lusso, e guai a chi ci segue, noi abbiamo una nostra sfera, l’ignobiltà cerchiamo e vogliamo perché siamo pochi ma adesso tanti ci copiano. La nostra lussuosità la copiano in molti, noi non lo vogliamo, lasciateci respirare nel nostro piccolo mondo succube. Siamo orgogliosi ma non tetri, abbiamo voglia di vivere e divertirci così.
È tutto pragmatico, in noi niente è per caso, non siamo falsi come gli altri non squattrinati, che sognano la nostra, e tutta, mera realtà condivisa con noi stessi. Gli altri ci invidiano, noi non abbiamo cause da perdere o vincere. È il nostro mondo ricco di esperienze che pochi conoscono o vorrebbero conoscere, hanno paura, ma di che? È così bello, semplice e non ribelle, ma un pò complesso. Si dedicano molti a lui, ma ci ricambia? Non siamo superstiziosi grazie ai nostri avi ed è meglio così. Che bella la franchezza e l’oblio di questi momenti perenni. Non andiamo a cercare altri, ci bastiamo a vicenda, siamo superficiali e siamo contenti per questo. Guai a voi se ci disturbate. Voi nel vostro e noi nel nostro mondo. Noi siamo pessimi e questo ci basta a vivere, è una riconoscenza nobile. Vi siamo grati di aver creato questo spazio mentre il mondo imperversa, noi non siamo contro essi, ma non temiamo confronti. Non abbiamo paura di perdere, non come voi che ogni giorno soffrite se l’altro vi supera. Siamo inseparabili nel nostro Eden. Non abbiamo un Caronte che ci porta da una riva all’altra, noi rimaniamo qui, siamo sfortunatamente beati, la nostra è una mitologia. Non amiamo confronti ma non siamo nemmeno superficiali come sembra.
Abbiamo le nostre battaglie e non ne possiamo perdere nemmeno una. In questa nostra guerra privata siamo succubi del vostro mondo, siamo attori di teatro da farvi ridere. E voi lì sulle poltrone e sui loggioni ci avete indispettito, mentre noi non lo meritavamo. Mostri!!!
GLI GNOCCHI di “Nopollice”
La strina scende improvvisa dal monte Un fremito corre fra i vecchi rami di quercia
Ove le foglie oramai appassite S'illudevan restare a giocar con il sole.
Gelido il vento sibila nel monte deserto,
Scuote cespi di timo e ginepro E porta effluvi che san di mistero.
Giù, fumi bianchi accarezzano i tetti,
Una stridula voce s'alza ferina, Abbaiar lontani echeggian distratti,
S'ode un battere di ferro, un verso di gallina.
Travolgente m'assale un anelito: di fuoco, di casa, di mamma… di gnocchi.
Sul fuoco gorgoglia già l'acqua, Due mani a conchiglia rivedo,
Ploff, ploff è il rumor che cadendo Fanno quei bozzi di tuberi fatti.
Il piatto fuma nell'aria sottile Due mani rivedo affannarsi A cosparger di sapido cacio
Quei diavoletti di sangue vestiti.
Tra quei sentori di terra e di fuoco Mi figuro un eroe a tenzone. E col fiero brandir della forca
Quei folletti scompaion con poco.
Sul fuoco crepitano intanto Sanguinacci salsicce e ventresche.
Due mani rivedo spartire Quei tesori che per sempre son persi.
La nidiata satolla sorride Riunita al camino a vedere
Le mani di quell'ombra che tace Pescar tra la cenere azzurra
Le scoppe di patate alla brace.
Di quel fuoco che riparte vivace E di quell'umile intenso calor Il raggio mi illumina ancor.
L’ANTICIPAZIONE ‐ di Roberto Cipollone
L’AMPLIAMENTO DELLA DISCARICA DI CAPISTRELLO/CORCUMELLO Proprio in questi giorni è divenuto di dominio pubblico il progetto di ampliamento della discarica sita nel territorio del comune di Capistrello, località “Trasolero”. Le cronache locali hanno riportato la notizia della recente chiusura della stessa discarica, finora sotto la gestione del Comune di Capistrello, senza però dare risalto al parallelo progetto di ampliamento presentato dalla Segen S.p.a. di Civitella Roveto cui lo stesso Comune ha ceduto in gestione il sito. Il progetto è stato trasmesso alla Regione Abruzzo dalla stessa Società con data di pubblicazione 12 Novembre 2008. Si tratta in sintesi di un “intervento di ampliamento di discarica per rifiuti urbani non pericolosi per una volumetria di 285.000 mc attraverso la realizzazione di 3 vasche di stoccaggio e dei relativi impianti ausiliari”. I centri prossimi all’impianto (che dista soltanto 1,5 km in linea d’aria da Corcumello), tra cui anche il nostro, stanno partecipando proprio in questi giorni ad incontri informativi sul progetto, sul quale “associazioni, Enti, privati cittadini e portatori d’interesse” possono presentare istanze, osservazioni o pareri agli Uffici regionali competenti entro 60 (V.I.A. – L’Aquila) o 30 giorni (A.I.A. – Pescara) a partire dalla data di pubblicazione. Nel prossimo numero vi informeremo puntualmente sul tema; nel frattempo potete trovare info sul progetto depositato sulla sezione “Ambiente e territorio” di www.regione.abruzzo.it o a questo link: Progetto Segen Capistrello. Cercheremo comunque di tenervi aggiornati anche tramite affissioni e comunicazioni su www.lecese.eu e www.lavocedellecese.helloweb.eu .
Classifica (dopo la 10^ giornata) Jaguar 28 Tagliacozzo 28 Fucense 19 Castello 2000 19 Capistrello 16 Balsorano 14 Sportland Celano 14 Folgore 13 Goriano Sicoli 12 Bazzano 12 Monte Velino 11 Pacentro 91 9 San Benedetto dei Marsi 8 San Pelino 8 CESE 4 Ortigia 3
Prossimo turno 11^ giornata ‐ Domenica 30/11/08
Balsorano ‐ San Benedetto Bazzano ‐ CESE
Folgore – Castello 2000 Fucense – San Pelino Jaguar – Tagliacozzo
Monte Velino – Goriano Sicoli Ortigia – Sportland Celano Pacentro 91 ‐ Capistrello
Elvio Cipollone
NON SÒ’ NNATO PÉ I’ CARCERATO!Un racconto ‐ Prima parte
Non ci sarrìa creduto, manco se mme llo fosse ditto jo diàolo.
E puzza puri. Sénti che addóro de piscio, va a fenì che me cci mòro ecco dentro.
‘No finestréjjo scriato che manco ci‐arrivo, acchiappò! Volarrìa proprio sapé’ chi l’ha fatte ‘sse mura, j’acchiappésse pé’ lle recchie pé’ cci llo fà capì. Vabbè che sò’ basso, ma porco giuda, coscì se fào le finestre?
M’hao pigliato comme fussi stato ‘no brigante. Quattro erano, mica uno. Quattro Santantonio de carabbigneri, uno più àoto dejj’atro.
“Jamo, cammina!” m’hao ditto, “e non fa’ scherzi ca sennó’ è péggio.”
“O madonna mé, ci sò respósto, e che è succéso? ‘U ci stéte a sbaglià, che ‘ólete da mì? Lasséteme sta’” e me sò’mmisso a spetecà comme ‘n aseno.
E che m’hao dato retta! M’hao azato de piso senza dì nné “a” nné “bi”. I’ smadonnéva che me ‘óleva dannà, urleva comme ‘no disperato; a uno ci sò’ ppuri moccecato ‘no ‘raccio, ma non c’è stato gnènte da fa’; m’hao schiaffato dentro ‘na machina arruzzinita e sporca de ‘nciàlefo, zitto tu e zitto i’.
“Addó me stete a portà? Che me ‘ólete fa’?” non me deva pace.
“Zitto, ca te convè’”. Puri zitto m’adeva stà, comme se no’ bastésse. “Jo ggiudice, te dice tutto jo ggiudice”.
Tenevano ‘na prèscia mai vista; ‘évano coscì fugati ‘ncima a quele viuzze, che ‘n atro póco remetteva. Basta, arrivémo a ‘Vezzano, ‘nnanzi a ‘no palazzóno có’ ‘na porta àota che solo pé’ vedé addó scortéva sò’ dovuto rarrizzà tutta la schina; entrémo de corza có’ tutta la ggente che se radocchiéva e arrivémo a ‘na stanza bella calla che quasci me soffoco.
Ci steva uno có’ ‘na giacchetta e ‘na cravatta, ddù baffi niri e cérti occhiali che c’erano fatto jo signo ruscio ajjo naso. Ha comenzato a parlà polito, e chi jo capéva? Tutte quele parole me stévano a i’ pé’ travérzo.
“Aó, ma che ‘ò?” ci sò ditto a ‘no certo punto. “Fatte capì arméno”.
S’è stato zitto ‘no menuto eppó’ è ‘ito vecino a ‘no carabbignero, ‘no quatrano delle parti mé che armèno se capisce quanno parla. “Jo ggiudice te sta a lègge jo capo d’imputazione” m’ha ditto.
Sò sbiancato e non ci vedeva più. Ma tu varda che pò succede a ‘no povero Cristo che ha sempre sgobbato comme ‘n aseno! Arriva ‘no jorno e ci tagliano la capoccia, sénza manco sapé’ pecché.
‘Nzomma, ci sarria remisso lo ‘nguento e le pezze senza pigliàremecci ‘na cria de soddisfazione; ma pó’ me sò resollevato pecché jo carabbignero m’ha
fatto capì che non me ‘ólevano ‘mputà jo capo, me stévano solo a ddì pecché m’erano arrestato.
A fàrela corta, era stata Rosetta. Che scì ‘ccisa éssa e quela capoccia pazza che sse retrova. Non solo non
s’è stata brava e m’è fatto desperà, ma m’è ita puri a denuncià, e ‘sti scèmi c’hao dato retta.
‘Ólete sapé’ jo fatto comm’è ito? Mo ci‐accontento i’.
Era già ca méso che l’adocchiéva…
[continua…]
La rubrica dell’arte ‐ di Roberta Torge
IL VINO NELL’ARTE Il vino, la vendemmia, Bacco fanno parte della creazione artistica di tutti i tempi. Il vino è frutto del lavoro dell’uomo, della lavorazione della terra, è simbolo delle fatiche umane e della gioia del lavoro allo stesso tempo, è simbolo inoltre di allegria e spensieratezza, di festa e baldoria. Vi è un legame tra Bacco e la civiltà umana, e la chiave per svelarlo può essere l’arte. Ci spieghiamo anche come nell’antichità Dioniso fu considerato il protettore di tutte le arti, e il Dio dell’ispirazione. L’arte e il vino racchiudono entrambi una natura materiale e un potere spirituale: la magia. Arcimboldo Giuseppe ne “L’autunno” (1573) rappresenta un uomo, allegoria dell’autunno, non secondo la logica ma per analogia e per assonanza; il volto infatti è costruito con tutti gli elementi tipici dell’autunno, della vendemmia, del vino. (1)
Pieter Bruegel il Vecchio, pittore e disegnatore fiammingo, nella sua rappresentazione realistica del mondo ritrae con occhio attento scene di vita quotidiana dei contadini fiamminghi come nell’opera “Nozze di contadini”(1568) (2). In tutti i suoi dipinti si nota l’acutezza dell’osservazione della natura umana, il senso dell’umorismo e la vitalità dei personaggi contadini. In ogni caso la pittura di Bruegel non deve essere considerata una mera rappresen‐tazione di soggetti popolari dipinti da un artista di umile estrazione contadina.
Michelangelo Buonarroti nel “Bacco” (1496) (3) raffigura Bacco, ebbro e barcollante, affiancato da un satiro bambino che ride maliziosamente e morde l'uva di nascosto. Questo gruppo rappresenta lo splendido risultato dell'incontro dello scultore con la maestosa bellezza dell'antico. Ne “La sbornia di Noè” (1508‐1512) (4), situato presso la Cappella Sistina, vengono raffigurati Noè e le conseguenze di un abuso di vino!
Annibale Carracci ebbe la straordinaria caratteristica di saper trattare sempre ad altissimo livello tutti i diversi generi della pittura, dalla pala d’altare all’affresco, dai soggetti “alti“ al geniale realismo dei cosiddetti soggetti “bassi”, come il famoso quadro “Il mangiatore di fagioli” (1580‐1590) (5). Michelangelo Merisi (Caravaggio) nel suo “Bacco” (1596‐1597) (6) non solo rievoca l’antica divinità paga‐na attraverso la pienezza e regolarità delle forme, ma
dà anche largo spazio alla raffigurazione degli aspetti naturalistici.
Gregorio de Ferrari in “Allegoria dell’Autunno” (1647) torna a rappresentare la stagione autunnale con sembianze umane: l'autunno è raffigurato in posizione bacchica, quasi in preda all'ebbrezza del vino, e circondato da pampini e primizie di stagione (7). La rappresentazione del vino non si ispira solamente alla natura e alla vita contadina, coinvolge dei e satiri, personaggi biblici e fantastici. Il significato vitale associato al vino deriva dalla duplice natura dell’uomo: razionale, quindi associata alla vendemmia (Francisco Goya “La vendemmia”, 1786) (8) e all’aspetto bucolico della vita contadina, e dionisiaca, in cui viene rappresentata l’ebbrezza del vino.
Pieter Paul Rubens ne “I satiri” (1616) (9) tratta un ulteriore aspetto della natura umana infatti nella rappresentazione del fauno c’è qualcosa di truculento e temibile che fa risplendere il quadro mitologico sotto la forza evocativa della vita.
L’ispirazione offerta da questa tematica ha coinvolto artisti di tutte le epoche con accezioni sempre diverse a seconda del periodo storico fino ad arrivare a Paul Cezanne con “Il bevitore” (10), al futurista Umberto Boccioni con “Sotto il pergolato a Napoli” (1914) (11).
8 5
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11
(Illustrazione di Roberto Cipollone, pastello/acquarello)
Scienz@ utile ‐ di Emanuele Cipollone
L’ERA DELLA PENSIONE PER LA LAMPADINA ELETTRICA Correva l’anno 1878 quando l’imprenditore ed inventore Thomas Edison diede il nome di filamento al filo che diventa incande‐ scente al passaggio della corrente elettrica. Soltanto un anno dopo, lo stesso Edison ebbe il merito di rendere commerciabile la lampadina elettrica, favorendone un utilizzo massiccio nelle abitazioni e negli uffici, nonostante, in realtà, l’invenzione della lampadina debba essere fatta risalire a qualche anno prima, quando diversi studiosi elaborarono in laboratorio dei prototipi funzionanti. In ogni caso, l’abilità imprenditoriale di Thomas Edison ha prodotto una vera e propria rivoluzione per la vita dell’uomo, visto che oggi non esiste ambiente in cui non ci sia almeno una lampada a garantirne una corretta illuminazione quando necessario.
Più di un secolo, oramai, è passato da quando questa importantissima invenzione ha avuto luogo e diversi passi in avanti sono stati fatti in questo ambito. Innanzitutto vanno menzionati quelli relativi alla progressiva introduzione all’interno del mercato di lampadine a basso consumo energetico, che riescono a garantire all’incirca la stessa resa delle lampadine tradizionali ottenendo, però, rispetto a queste, un notevole risparmio energetico. Inoltre va considerato come oggi sia possibile scegliere differenti tipologie di lampade, in funzione delle caratteristiche dell’ambiente (interno o esterno) da illuminare: sfruttando questa possibilità, l’uso delle lampade è più efficiente sotto diversi punti di vista.
Tuttavia, al di là dei miglioramenti che sono stati introdotti negli ultimi anni all’interno del mercato delle lampadine elettriche, se si guarda al consumo energetico mondiale dovuto al loro utilizzo, si ottengono delle cifre spaventose. Si stima che ogni giorno, nel mondo, vengano accese 30 miliardi di sorgenti luminose per un consumo di 2100 TWh (= 2100 × 1012 Wh) per anno, pari al 10‐15% del consumo mondiale di energia, cui si accompagna, evidentemente, una immissione spropositata di CO2 (anidride carbonica) nell’atmosfera. Come se non bastasse, alcune sorgenti di luce di uso comune contengono specie tossiche come il mercurio, difficili da smaltire e, inoltre, si prevede un raddoppio del “bisogno di illuminazione” nel prossimo ventennio.
Le precedenti considerazioni costituiscono le motivazioni alla base di un’importante ricerca
7
6
condotta all’interno dell’Istituto per lo Studio dei Materiali Nanostrutturati (ISMN) delCNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche).In particolare, il risultato fondamentale di tale attività di ricerca è la proposta diun nuovo dispositivo, chiamato Oled (Organic light emitting diode), che nel
corso dei prossimi anni dovrebbe sop‐piantare l’utilizzo della classica lampadina
elettrica a scopi di illuminazione. Gli Oled sono costituiti da polimeri organici che emettono luce
quando sono attraversati da una corrente elettrica di debole intensità: dunque essi sono, sostanzialmente, dei convertitori di energia (da elettrica a luminosa) e rappresentano un’evoluzione dei dispositivi Led già noti e ampiamente utilizzati per diverse applicazioni. La ragione più importante in base alla quale gli Oled dovrebbero, in un prossimo futuro, sostituire completamente l’utilizzo delle lampadine sta nel fatto che il loro impiego determinerebbe, all’incirca, una riduzione dei consumi di energia elettrica pari al 50%. Dunque l’utilizzo di questi moderni dispositivi di illuminazione va proprio considerato nell’ottica di una necessità, sempre più stringente, di ridurre i consumi di energia elettrica su scala mondiale. Un’altra caratteristica molto interessante che contraddistingue gli Oled è relativa al fatto che essi sono di natura organica e vengono costruiti in pellicole ultrasottili, per cui sono leggeri, flessibili, ed adattabili ad ogni forma. Ciò determina la possibilità di poterli impiegare per una vasta gamma di applicazioni, relative non soltanto all’illuminazioni di ambienti: ad esempio, già si sta pensando di utilizzarli all’interno delle automobili, sia per l’illuminazione dell’abitacolo, sia per l’emissione di luce a sostituzione dei classici fari che tutti noi, oggi, conosciamo.
Dunque, è opportuno che ci si cominci ad abituare all’idea che in un futuro non troppo lontano dovremo sostituire, dopo più di un secolo di onorata carriera, le care, vecchie lampadine elettriche con dei dispositivi più moderni, gli Oled appunto. Ma in questo caso c’è poco spazio per i nostalgici, visto che tale sostituzione porterà notevoli benefici all’ambiente e, conseguente‐mente, a tutti noi. E poi mi piace sottolineare il fatto che gli Oled sono il risultato di un’importante attività di ricerca condotta nel nostro Paese, il che non guasta!
Annarita Marchionni
SOUL SINGERS, TRA GOSPEL E BENEFICENZA Cari amici "DELLE CESE", vi mando qualche informazione sul coro di cui faccio parte da più di due anni con gran
gioia! Il nostro coro porta il nome di "SOUL SINGERS" ed è diretto dal Maestro Franco Riva, un ottantacinquenne sprint che ha fatto della musica non solo un mestiere, ma uno strumento per arrivare ovunque portando amore e solidarietà. Infatti in questo coro non si riceve stipendio, anzi........ noi facciamo solo da tramite ad associazioni onlus e simili, sempre per scopi benefici!
Di seguito un po’ di storia e il calendario dei nostri concerti. Se qualcuno di voi si trovasse a Roma o dintorni nei fine settimana sarei lieta di vederVi tra il pubblico che ci ascolta, magari vi viene voglia di unirvi a noi!
I SOUL SINGERS sono un coro polifonico a sei voci, composto da circa 50 elementi più una band che comprende pianoforte, basso e batteria. Nati nell'ottobre 1993, sotto la spinta infaticabile del fondatore, il Maestro Franco Riva, vero ispiratore della loro anima più profonda, i SOUL SINGERS attingono alla ricca tradizione musicale dei neri d'America ed eseguono esclusivamente brani di genere GOSPEL e SPIRITUAL. Chi li ascolta per la prima volta si trova forse un po' disorientato e sorpreso; infatti il loro modo di affrontare gli Spiritual è assolutamente diverso dallo standard dei cori Gospel a cui tutti sono abituati: sono decisamente un coro atipico che cerca di esaltare il tema della gioia e della speranza anziché quello cupo e doloroso della schiavitù. I SOUL SINGERS si avvicinano al genere Gospel con molta umiltà, evitando di usare partiture standard. Forte della sua competenza e della sua esperienza, il Maestro Franco Riva elabora, sulle melodie e sui testi originali, arrangiamenti esclusivi in modo tale da rendere questa musica più vicina alla vocalità ed alla musicalità europea, mantenendo intatto lo spirito ed il messaggio originario forse così più condivisibile ed efficace. I SOUL SINGERS si esibiscono per beneficenza. Tra i numerosissimi concerti eseguiti si ricordano quelli alla Sala Nervi alla presenza di Papa Giovanni Paolo II, all’Università La Sapienza di Roma, nelle sale Sinopoli e Petrassi del nuovo Auditorium Parco della Musica di Roma ed in molte prestigiose Basiliche romane: tra i più recenti quello a S.Maria in Campitelli per i bambini del Tamil Nadu (India), e nella Chiesa di San Saba all’Aventino per l’Associazione Kim che opera per l’assistenza ai bambini in emergenza sanitaria. In questi anni i SOUL SINGERS hanno effettuato due incisioni presso la Radio Vaticana per la trasmissione “Studio A Jazz”, la registrazione di due CD dal vivo, e recentemente hanno prodotto e registrato un CD che raccoglie il lavoro e l’esperienza artistica di questi ultimi anni. Sul sito www.soulsingers.it è possibile trovare tutte le notizie sul coro, la sua storia, le sue peculiarità artistiche, il suo repertorio, nonché le date dei concerti ed altre informazioni.
PROSSIMI CONCERTI
• Sabato 13 dicembre 2008 Chiesa San Filippo Apostolo ‐ ore 21.00
• Sabato 20 dicembre 2008 ‐ Chiesa S. Maria in Campitelli ‐ ore 21.00
• Sabato 7 Febbraio 2009 ‐ Chiesa di San Frumenzio ‐ Via Cavriglia 8, Roma ‐ ore 21.00
• Sabato 14 Marzo 2009 ‐ Chiesa di Santa Maria Immacolata e San Giovanni Bergmans (Via degli Etruschi), Roma ‐ ore 21.00
• Sabato 21 Marzo 2009 ‐ Chiesa di San Giovanni dei Fiorentini, Roma, ‐ ore 21.00
L’alluce verde 10^ puntata ‐ di Roberto Cipollone Il primo arresto. A Napoli, nel quartiere di Pianura, i carabinieri hanno sorpreso un uomo mentre abbandonava rifiuti ingombranti e speciali su un marciapiede e l’hanno arrestato in base al recente decreto legge che punisce chi getta rifiuti ingombranti sulle strade della Campania. Certo, la pena deve rimanere commisurata, ma il concetto è importantissimo: l’ambiente non è casa tua, ma risorsa di tutti, ed in casa di tutti devi rispettare gli altri, quindi anche l’ambiente stesso! Soprattutto quando basta lasciare le proprie “cose” fuori dalla porta in un giorno prestabilito... Ah scusate, dimenticavo che noi italiani amiamo la comodità, le cose facili ed immediate, come lasciare i frigoriferi nel primo spiazzo, meglio se verde (ad es. al fontanile)... Oppure come la pattumiera indifferenziata... salvo poi lamentarci di inceneritori e termovalorizzatori, che invece farebbero molti meno danni se noi riciclassimo di più... Quanto ci piace chiacchierare!!! Ma prima o poi arriva anche il momento di fare.
Servizio ritiro gratuito RIFIUTI INGOMBRANTI Comune di Avezzano: 0863‐501243E il giro continua…
Scienz@ utile ‐ di Emanuele Cipollone
L’ERA DELLA PENSIONE PER LA LAMPADINA ELETTRICA Correva l’anno 1878 quando l’imprenditore ed inventore Thomas Edison diede il nome di filamento al filo che diventa incande‐ scente al passaggio della corrente elettrica. Soltanto un anno dopo, lo stesso Edison ebbe il merito di rendere commerciabile la lampadina elettrica, favorendone un utilizzo massiccio nelle abitazioni e negli uffici, nonostante, in realtà, l’invenzione della lampadina debba essere fatta risalire a qualche anno prima, quando diversi studiosi elaborarono in laboratorio dei prototipi funzionanti. In ogni caso, l’abilità imprenditoriale di Thomas Edison ha prodotto una vera e propria rivoluzione per la vita dell’uomo, visto che oggi non esiste ambiente in cui non ci sia almeno una lampada a garantirne una corretta illuminazione quando necessario.
Più di un secolo, oramai, è passato da quando questa importantissima invenzione ha avuto luogo e diversi passi in avanti sono stati fatti in questo ambito. Innanzitutto vanno menzionati quelli relativi alla progressiva introduzione all’interno del mercato di lampadine a basso consumo energetico, che riescono a garantire all’incirca la stessa resa delle lampadine tradizionali ottenendo, però, rispetto a queste, un notevole risparmio energetico. Inoltre va considerato come oggi sia possibile scegliere differenti tipologie di lampade, in funzione delle caratteristiche dell’ambiente (interno o esterno) da illuminare: sfruttando questa possibilità, l’uso delle lampade è più efficiente sotto diversi punti di vista.
Tuttavia, al di là dei miglioramenti che sono stati introdotti negli ultimi anni all’interno del mercato delle lampadine elettriche, se si guarda al consumo energetico mondiale dovuto al loro utilizzo, si ottengono delle cifre spaventose. Si stima che ogni giorno, nel mondo, vengano accese 30 miliardi di sorgenti luminose per un consumo di 2100 TWh (= 2100 × 1012 Wh) per anno, pari al 10‐15% del consumo mondiale di energia, cui si accompagna, evidentemente, una immissione spropositata di CO2 (anidride carbonica) nell’atmosfera. Come se non bastasse, alcune sorgenti di luce di uso comune contengono specie tossiche come il mercurio, difficili da smaltire e, inoltre, si prevede un raddoppio del “bisogno di illuminazione” nel prossimo ventennio.
Le precedenti considerazioni costituiscono le motivazioni alla base di un’importante ricerca
7
6
condotta all’interno dell’Istituto per lo Studio dei Materiali Nanostrutturati (ISMN) delCNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche).In particolare, il risultato fondamentale di tale attività di ricerca è la proposta diun nuovo dispositivo, chiamato Oled (Organic light emitting diode), che nel
corso dei prossimi anni dovrebbe sop‐piantare l’utilizzo della classica lampadina
elettrica a scopi di illuminazione. Gli Oled sono costituiti da polimeri organici che emettono luce
quando sono attraversati da una corrente elettrica di debole intensità: dunque essi sono, sostanzialmente, dei convertitori di energia (da elettrica a luminosa) e rappresentano un’evoluzione dei dispositivi Led già noti e ampiamente utilizzati per diverse applicazioni. La ragione più importante in base alla quale gli Oled dovrebbero, in un prossimo futuro, sostituire completamente l’utilizzo delle lampadine sta nel fatto che il loro impiego determinerebbe, all’incirca, una riduzione dei consumi di energia elettrica pari al 50%. Dunque l’utilizzo di questi moderni dispositivi di illuminazione va proprio considerato nell’ottica di una necessità, sempre più stringente, di ridurre i consumi di energia elettrica su scala mondiale. Un’altra caratteristica molto interessante che contraddistingue gli Oled è relativa al fatto che essi sono di natura organica e vengono costruiti in pellicole ultrasottili, per cui sono leggeri, flessibili, ed adattabili ad ogni forma. Ciò determina la possibilità di poterli impiegare per una vasta gamma di applicazioni, relative non soltanto all’illuminazioni di ambienti: ad esempio, già si sta pensando di utilizzarli all’interno delle automobili, sia per l’illuminazione dell’abitacolo, sia per l’emissione di luce a sostituzione dei classici fari che tutti noi, oggi, conosciamo.
Dunque, è opportuno che ci si cominci ad abituare all’idea che in un futuro non troppo lontano dovremo sostituire, dopo più di un secolo di onorata carriera, le care, vecchie lampadine elettriche con dei dispositivi più moderni, gli Oled appunto. Ma in questo caso c’è poco spazio per i nostalgici, visto che tale sostituzione porterà notevoli benefici all’ambiente e, conseguente‐mente, a tutti noi. E poi mi piace sottolineare il fatto che gli Oled sono il risultato di un’importante attività di ricerca condotta nel nostro Paese, il che non guasta!
Annarita Marchionni
SOUL SINGERS, TRA GOSPEL E BENEFICENZA Cari amici "DELLE CESE", vi mando qualche informazione sul coro di cui faccio parte da più di due anni con gran
gioia! Il nostro coro porta il nome di "SOUL SINGERS" ed è diretto dal Maestro Franco Riva, un ottantacinquenne sprint che ha fatto della musica non solo un mestiere, ma uno strumento per arrivare ovunque portando amore e solidarietà. Infatti in questo coro non si riceve stipendio, anzi........ noi facciamo solo da tramite ad associazioni onlus e simili, sempre per scopi benefici!
Di seguito un po’ di storia e il calendario dei nostri concerti. Se qualcuno di voi si trovasse a Roma o dintorni nei fine settimana sarei lieta di vederVi tra il pubblico che ci ascolta, magari vi viene voglia di unirvi a noi!
I SOUL SINGERS sono un coro polifonico a sei voci, composto da circa 50 elementi più una band che comprende pianoforte, basso e batteria. Nati nell'ottobre 1993, sotto la spinta infaticabile del fondatore, il Maestro Franco Riva, vero ispiratore della loro anima più profonda, i SOUL SINGERS attingono alla ricca tradizione musicale dei neri d'America ed eseguono esclusivamente brani di genere GOSPEL e SPIRITUAL. Chi li ascolta per la prima volta si trova forse un po' disorientato e sorpreso; infatti il loro modo di affrontare gli Spiritual è assolutamente diverso dallo standard dei cori Gospel a cui tutti sono abituati: sono decisamente un coro atipico che cerca di esaltare il tema della gioia e della speranza anziché quello cupo e doloroso della schiavitù. I SOUL SINGERS si avvicinano al genere Gospel con molta umiltà, evitando di usare partiture standard. Forte della sua competenza e della sua esperienza, il Maestro Franco Riva elabora, sulle melodie e sui testi originali, arrangiamenti esclusivi in modo tale da rendere questa musica più vicina alla vocalità ed alla musicalità europea, mantenendo intatto lo spirito ed il messaggio originario forse così più condivisibile ed efficace. I SOUL SINGERS si esibiscono per beneficenza. Tra i numerosissimi concerti eseguiti si ricordano quelli alla Sala Nervi alla presenza di Papa Giovanni Paolo II, all’Università La Sapienza di Roma, nelle sale Sinopoli e Petrassi del nuovo Auditorium Parco della Musica di Roma ed in molte prestigiose Basiliche romane: tra i più recenti quello a S.Maria in Campitelli per i bambini del Tamil Nadu (India), e nella Chiesa di San Saba all’Aventino per l’Associazione Kim che opera per l’assistenza ai bambini in emergenza sanitaria. In questi anni i SOUL SINGERS hanno effettuato due incisioni presso la Radio Vaticana per la trasmissione “Studio A Jazz”, la registrazione di due CD dal vivo, e recentemente hanno prodotto e registrato un CD che raccoglie il lavoro e l’esperienza artistica di questi ultimi anni. Sul sito www.soulsingers.it è possibile trovare tutte le notizie sul coro, la sua storia, le sue peculiarità artistiche, il suo repertorio, nonché le date dei concerti ed altre informazioni.
PROSSIMI CONCERTI
• Sabato 13 dicembre 2008 Chiesa San Filippo Apostolo ‐ ore 21.00
• Sabato 20 dicembre 2008 ‐ Chiesa S. Maria in Campitelli ‐ ore 21.00
• Sabato 7 Febbraio 2009 ‐ Chiesa di San Frumenzio ‐ Via Cavriglia 8, Roma ‐ ore 21.00
• Sabato 14 Marzo 2009 ‐ Chiesa di Santa Maria Immacolata e San Giovanni Bergmans (Via degli Etruschi), Roma ‐ ore 21.00
• Sabato 21 Marzo 2009 ‐ Chiesa di San Giovanni dei Fiorentini, Roma, ‐ ore 21.00
L’alluce verde 10^ puntata ‐ di Roberto Cipollone Il primo arresto. A Napoli, nel quartiere di Pianura, i carabinieri hanno sorpreso un uomo mentre abbandonava rifiuti ingombranti e speciali su un marciapiede e l’hanno arrestato in base al recente decreto legge che punisce chi getta rifiuti ingombranti sulle strade della Campania. Certo, la pena deve rimanere commisurata, ma il concetto è importantissimo: l’ambiente non è casa tua, ma risorsa di tutti, ed in casa di tutti devi rispettare gli altri, quindi anche l’ambiente stesso! Soprattutto quando basta lasciare le proprie “cose” fuori dalla porta in un giorno prestabilito... Ah scusate, dimenticavo che noi italiani amiamo la comodità, le cose facili ed immediate, come lasciare i frigoriferi nel primo spiazzo, meglio se verde (ad es. al fontanile)... Oppure come la pattumiera indifferenziata... salvo poi lamentarci di inceneritori e termovalorizzatori, che invece farebbero molti meno danni se noi riciclassimo di più... Quanto ci piace chiacchierare!!! Ma prima o poi arriva anche il momento di fare.
Servizio ritiro gratuito RIFIUTI INGOMBRANTI Comune di Avezzano: 0863‐501243E il giro continua…
Elvio Cipollone
NON SÒ’ NNATO PÉ I’ CARCERATO!Un racconto ‐ Prima parte
Non ci sarrìa creduto, manco se mme llo fosse ditto jo diàolo.
E puzza puri. Sénti che addóro de piscio, va a fenì che me cci mòro ecco dentro.
‘No finestréjjo scriato che manco ci‐arrivo, acchiappò! Volarrìa proprio sapé’ chi l’ha fatte ‘sse mura, j’acchiappésse pé’ lle recchie pé’ cci llo fà capì. Vabbè che sò’ basso, ma porco giuda, coscì se fào le finestre?
M’hao pigliato comme fussi stato ‘no brigante. Quattro erano, mica uno. Quattro Santantonio de carabbigneri, uno più àoto dejj’atro.
“Jamo, cammina!” m’hao ditto, “e non fa’ scherzi ca sennó’ è péggio.”
“O madonna mé, ci sò respósto, e che è succéso? ‘U ci stéte a sbaglià, che ‘ólete da mì? Lasséteme sta’” e me sò’mmisso a spetecà comme ‘n aseno.
E che m’hao dato retta! M’hao azato de piso senza dì nné “a” nné “bi”. I’ smadonnéva che me ‘óleva dannà, urleva comme ‘no disperato; a uno ci sò’ ppuri moccecato ‘no ‘raccio, ma non c’è stato gnènte da fa’; m’hao schiaffato dentro ‘na machina arruzzinita e sporca de ‘nciàlefo, zitto tu e zitto i’.
“Addó me stete a portà? Che me ‘ólete fa’?” non me deva pace.
“Zitto, ca te convè’”. Puri zitto m’adeva stà, comme se no’ bastésse. “Jo ggiudice, te dice tutto jo ggiudice”.
Tenevano ‘na prèscia mai vista; ‘évano coscì fugati ‘ncima a quele viuzze, che ‘n atro póco remetteva. Basta, arrivémo a ‘Vezzano, ‘nnanzi a ‘no palazzóno có’ ‘na porta àota che solo pé’ vedé addó scortéva sò’ dovuto rarrizzà tutta la schina; entrémo de corza có’ tutta la ggente che se radocchiéva e arrivémo a ‘na stanza bella calla che quasci me soffoco.
Ci steva uno có’ ‘na giacchetta e ‘na cravatta, ddù baffi niri e cérti occhiali che c’erano fatto jo signo ruscio ajjo naso. Ha comenzato a parlà polito, e chi jo capéva? Tutte quele parole me stévano a i’ pé’ travérzo.
“Aó, ma che ‘ò?” ci sò ditto a ‘no certo punto. “Fatte capì arméno”.
S’è stato zitto ‘no menuto eppó’ è ‘ito vecino a ‘no carabbignero, ‘no quatrano delle parti mé che armèno se capisce quanno parla. “Jo ggiudice te sta a lègge jo capo d’imputazione” m’ha ditto.
Sò sbiancato e non ci vedeva più. Ma tu varda che pò succede a ‘no povero Cristo che ha sempre sgobbato comme ‘n aseno! Arriva ‘no jorno e ci tagliano la capoccia, sénza manco sapé’ pecché.
‘Nzomma, ci sarria remisso lo ‘nguento e le pezze senza pigliàremecci ‘na cria de soddisfazione; ma pó’ me sò resollevato pecché jo carabbignero m’ha
fatto capì che non me ‘ólevano ‘mputà jo capo, me stévano solo a ddì pecché m’erano arrestato.
A fàrela corta, era stata Rosetta. Che scì ‘ccisa éssa e quela capoccia pazza che sse retrova. Non solo non
s’è stata brava e m’è fatto desperà, ma m’è ita puri a denuncià, e ‘sti scèmi c’hao dato retta.
‘Ólete sapé’ jo fatto comm’è ito? Mo ci‐accontento i’.
Era già ca méso che l’adocchiéva…
[continua…]
La rubrica dell’arte ‐ di Roberta Torge
IL VINO NELL’ARTE Il vino, la vendemmia, Bacco fanno parte della creazione artistica di tutti i tempi. Il vino è frutto del lavoro dell’uomo, della lavorazione della terra, è simbolo delle fatiche umane e della gioia del lavoro allo stesso tempo, è simbolo inoltre di allegria e spensieratezza, di festa e baldoria. Vi è un legame tra Bacco e la civiltà umana, e la chiave per svelarlo può essere l’arte. Ci spieghiamo anche come nell’antichità Dioniso fu considerato il protettore di tutte le arti, e il Dio dell’ispirazione. L’arte e il vino racchiudono entrambi una natura materiale e un potere spirituale: la magia. Arcimboldo Giuseppe ne “L’autunno” (1573) rappresenta un uomo, allegoria dell’autunno, non secondo la logica ma per analogia e per assonanza; il volto infatti è costruito con tutti gli elementi tipici dell’autunno, della vendemmia, del vino. (1)
Pieter Bruegel il Vecchio, pittore e disegnatore fiammingo, nella sua rappresentazione realistica del mondo ritrae con occhio attento scene di vita quotidiana dei contadini fiamminghi come nell’opera “Nozze di contadini”(1568) (2). In tutti i suoi dipinti si nota l’acutezza dell’osservazione della natura umana, il senso dell’umorismo e la vitalità dei personaggi contadini. In ogni caso la pittura di Bruegel non deve essere considerata una mera rappresen‐tazione di soggetti popolari dipinti da un artista di umile estrazione contadina.
Michelangelo Buonarroti nel “Bacco” (1496) (3) raffigura Bacco, ebbro e barcollante, affiancato da un satiro bambino che ride maliziosamente e morde l'uva di nascosto. Questo gruppo rappresenta lo splendido risultato dell'incontro dello scultore con la maestosa bellezza dell'antico. Ne “La sbornia di Noè” (1508‐1512) (4), situato presso la Cappella Sistina, vengono raffigurati Noè e le conseguenze di un abuso di vino!
Annibale Carracci ebbe la straordinaria caratteristica di saper trattare sempre ad altissimo livello tutti i diversi generi della pittura, dalla pala d’altare all’affresco, dai soggetti “alti“ al geniale realismo dei cosiddetti soggetti “bassi”, come il famoso quadro “Il mangiatore di fagioli” (1580‐1590) (5). Michelangelo Merisi (Caravaggio) nel suo “Bacco” (1596‐1597) (6) non solo rievoca l’antica divinità paga‐na attraverso la pienezza e regolarità delle forme, ma
dà anche largo spazio alla raffigurazione degli aspetti naturalistici.
Gregorio de Ferrari in “Allegoria dell’Autunno” (1647) torna a rappresentare la stagione autunnale con sembianze umane: l'autunno è raffigurato in posizione bacchica, quasi in preda all'ebbrezza del vino, e circondato da pampini e primizie di stagione (7). La rappresentazione del vino non si ispira solamente alla natura e alla vita contadina, coinvolge dei e satiri, personaggi biblici e fantastici. Il significato vitale associato al vino deriva dalla duplice natura dell’uomo: razionale, quindi associata alla vendemmia (Francisco Goya “La vendemmia”, 1786) (8) e all’aspetto bucolico della vita contadina, e dionisiaca, in cui viene rappresentata l’ebbrezza del vino.
Pieter Paul Rubens ne “I satiri” (1616) (9) tratta un ulteriore aspetto della natura umana infatti nella rappresentazione del fauno c’è qualcosa di truculento e temibile che fa risplendere il quadro mitologico sotto la forza evocativa della vita.
L’ispirazione offerta da questa tematica ha coinvolto artisti di tutte le epoche con accezioni sempre diverse a seconda del periodo storico fino ad arrivare a Paul Cezanne con “Il bevitore” (10), al futurista Umberto Boccioni con “Sotto il pergolato a Napoli” (1914) (11).
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(Illustrazione di Roberto Cipollone, pastello/acquarello)
PAROLE IN VERSI
CESE SPORT
PRIMA VITTORIA PER IL G.S. CESE Eugenio Cipollone
Domenica 23 Novembre si è giocata la decima giornata del girone d’andata e la nostra squadra è finalmente riuscita ad aggiudicarsi la prima vittoria dall’inizio del campionato. I giallo‐verdi si sono infatti imposti, col punteggio di 1‐0, sui bianco‐granata (anche se in divisa completamente nera) del Monte Velino (Magliano). A rubare la scena, purtroppo, non sono state però le azioni di gioco, bensì l’indegno finale al quale si è assistito quando il direttore di gara è stato aggredito fisicamente, oltre che verbalmente, dai giocatori ospiti, tanto che è stato necessario chiamare le forze dell’ordine per assicurare un clima se non tranquillo, quantomeno sotto controllo, nel dopopartita. Nelle partite precedenti il Gs Cese ha pareggiato (1‐1) in casa del Goriano Sicoli ed ha perso, con il punteggio di 0‐1, le due partite casalinghe consecutive contro i rivali per la corsa alla salvezza del San Benedetto e contro i primi in classifica del Tagliacozzo. Ancora, in trasferta, contro i Luchesi della Jaguar è arrivata l’ottava sconfitta. Quest’ultima partita, caratterizzata da un 5‐0 che non ha ammesso repliche e che poteva assumere anche caratteri tennistici, è stata sicuramente la peggiore di questo campionato (e non solo!!!). Per quanto riguarda la testa della classifica in evidenza c’è il confronto tra la Jaguar ed il Tagliacozzo, che daranno vita al big match dell’undicesimo turno. La vittoria finale, anche se siamo ancora all’inizio del campionato, sembra destinata ad essere affare loro, in attesa magari che squadre come il Capistrello e la Fucense, accreditate all’inizio come “cofavorite”, risalgano la classifica. Per quanto ci riguarda, la giornata odierna vede il Gs Cese far visita agli Aquilani del Bazzano, in quella che sicuramente sarà una partita molto delicata.
PARTONO FORTE GLI AMATORI CESE Mario Ippoliti
Finalmente inizia l’atteso campionato “Amatori”, dove milita la compagine locale del Cese. Inizia forte il cammino del Cese con ben 4 vittorie: contro il Capistrello, nel derby, col classico punteggio di 2‐0 (reti di Marano Michele e Leone Remo), contro lo Sporting2000 per 4‐2 (con ben 4 reti di Marano Michele), contro il Nazad Avezzano per 3‐0 (reti di Renzo Gaetano, Marano Michele e Di Giamberardino Ermenegildo), contro la Marinara per 2‐1 (con reti di Renzo Gaetano e Marano Michele). L’unica sconfitta, immeritata, si è registrata contro L’Angizia Luco, per 2‐0. Tutto ciò vale la prima posizione in classifica con un organico societario ed una rosa di ben 23 giocatori all’altezza e pronti a disputare un campionato di alta classifica. Prossimo turno: Antinum vs Cese. La rosa completa 2008‐09: Di Matteo Enrico, Bianchi Massimo, Marchionni Secondino, Di Giamberardino Ermenegildo, Cipollone Giuseppe, Marano Michele, Renzo Gaetano, Di Matteo Francesco, Cosimati Mario, Di Pasquale Angelo, Cipollone Giovanni, Patrizi Raimondo, Cipollone Nazzareno, Ippoliti Mario, Valenziano Nico, Leone Remo, Cipollone Danilo, Nardantonio Agostino, Petrini Massimo, Pensa Walter, Tucceri Massimiliano. Presidente: Ciciarelli Mario. Allenatore: Cipollone Emilio. Dirigenti: Cipollone Lino, Patrizi Vincenzo, Cipollone Sergio. Magazziniere e guardalinee ufficiale: Bianchi Francesco. Ci scusiamo con i nostri tifosi per la foto, la pubblicheremo nel prossimo numero di dicembre.
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LO SQUATTRINATO di Berardino Rantucci
Lo squattrinato è un mascalzone. Si diventa ed è un bene, un lusso, e guai a chi ci segue, noi abbiamo una nostra sfera, l’ignobiltà cerchiamo e vogliamo perché siamo pochi ma adesso tanti ci copiano. La nostra lussuosità la copiano in molti, noi non lo vogliamo, lasciateci respirare nel nostro piccolo mondo succube. Siamo orgogliosi ma non tetri, abbiamo voglia di vivere e divertirci così.
È tutto pragmatico, in noi niente è per caso, non siamo falsi come gli altri non squattrinati, che sognano la nostra, e tutta, mera realtà condivisa con noi stessi. Gli altri ci invidiano, noi non abbiamo cause da perdere o vincere. È il nostro mondo ricco di esperienze che pochi conoscono o vorrebbero conoscere, hanno paura, ma di che? È così bello, semplice e non ribelle, ma un pò complesso. Si dedicano molti a lui, ma ci ricambia? Non siamo superstiziosi grazie ai nostri avi ed è meglio così. Che bella la franchezza e l’oblio di questi momenti perenni. Non andiamo a cercare altri, ci bastiamo a vicenda, siamo superficiali e siamo contenti per questo. Guai a voi se ci disturbate. Voi nel vostro e noi nel nostro mondo. Noi siamo pessimi e questo ci basta a vivere, è una riconoscenza nobile. Vi siamo grati di aver creato questo spazio mentre il mondo imperversa, noi non siamo contro essi, ma non temiamo confronti. Non abbiamo paura di perdere, non come voi che ogni giorno soffrite se l’altro vi supera. Siamo inseparabili nel nostro Eden. Non abbiamo un Caronte che ci porta da una riva all’altra, noi rimaniamo qui, siamo sfortunatamente beati, la nostra è una mitologia. Non amiamo confronti ma non siamo nemmeno superficiali come sembra.
Abbiamo le nostre battaglie e non ne possiamo perdere nemmeno una. In questa nostra guerra privata siamo succubi del vostro mondo, siamo attori di teatro da farvi ridere. E voi lì sulle poltrone e sui loggioni ci avete indispettito, mentre noi non lo meritavamo. Mostri!!!
GLI GNOCCHI di “Nopollice”
La strina scende improvvisa dal monte Un fremito corre fra i vecchi rami di quercia
Ove le foglie oramai appassite S'illudevan restare a giocar con il sole.
Gelido il vento sibila nel monte deserto,
Scuote cespi di timo e ginepro E porta effluvi che san di mistero.
Giù, fumi bianchi accarezzano i tetti,
Una stridula voce s'alza ferina, Abbaiar lontani echeggian distratti,
S'ode un battere di ferro, un verso di gallina.
Travolgente m'assale un anelito: di fuoco, di casa, di mamma… di gnocchi.
Sul fuoco gorgoglia già l'acqua, Due mani a conchiglia rivedo,
Ploff, ploff è il rumor che cadendo Fanno quei bozzi di tuberi fatti.
Il piatto fuma nell'aria sottile Due mani rivedo affannarsi A cosparger di sapido cacio
Quei diavoletti di sangue vestiti.
Tra quei sentori di terra e di fuoco Mi figuro un eroe a tenzone. E col fiero brandir della forca
Quei folletti scompaion con poco.
Sul fuoco crepitano intanto Sanguinacci salsicce e ventresche.
Due mani rivedo spartire Quei tesori che per sempre son persi.
La nidiata satolla sorride Riunita al camino a vedere
Le mani di quell'ombra che tace Pescar tra la cenere azzurra
Le scoppe di patate alla brace.
Di quel fuoco che riparte vivace E di quell'umile intenso calor Il raggio mi illumina ancor.
L’ANTICIPAZIONE ‐ di Roberto Cipollone
L’AMPLIAMENTO DELLA DISCARICA DI CAPISTRELLO/CORCUMELLO Proprio in questi giorni è divenuto di dominio pubblico il progetto di ampliamento della discarica sita nel territorio del comune di Capistrello, località “Trasolero”. Le cronache locali hanno riportato la notizia della recente chiusura della stessa discarica, finora sotto la gestione del Comune di Capistrello, senza però dare risalto al parallelo progetto di ampliamento presentato dalla Segen S.p.a. di Civitella Roveto cui lo stesso Comune ha ceduto in gestione il sito. Il progetto è stato trasmesso alla Regione Abruzzo dalla stessa Società con data di pubblicazione 12 Novembre 2008. Si tratta in sintesi di un “intervento di ampliamento di discarica per rifiuti urbani non pericolosi per una volumetria di 285.000 mc attraverso la realizzazione di 3 vasche di stoccaggio e dei relativi impianti ausiliari”. I centri prossimi all’impianto (che dista soltanto 1,5 km in linea d’aria da Corcumello), tra cui anche il nostro, stanno partecipando proprio in questi giorni ad incontri informativi sul progetto, sul quale “associazioni, Enti, privati cittadini e portatori d’interesse” possono presentare istanze, osservazioni o pareri agli Uffici regionali competenti entro 60 (V.I.A. – L’Aquila) o 30 giorni (A.I.A. – Pescara) a partire dalla data di pubblicazione. Nel prossimo numero vi informeremo puntualmente sul tema; nel frattempo potete trovare info sul progetto depositato sulla sezione “Ambiente e territorio” di www.regione.abruzzo.it o a questo link: Progetto Segen Capistrello. Cercheremo comunque di tenervi aggiornati anche tramite affissioni e comunicazioni su www.lecese.eu e www.lavocedellecese.helloweb.eu .
Classifica (dopo la 10^ giornata) Jaguar 28 Tagliacozzo 28 Fucense 19 Castello 2000 19 Capistrello 16 Balsorano 14 Sportland Celano 14 Folgore 13 Goriano Sicoli 12 Bazzano 12 Monte Velino 11 Pacentro 91 9 San Benedetto dei Marsi 8 San Pelino 8 CESE 4 Ortigia 3
Prossimo turno 11^ giornata ‐ Domenica 30/11/08
Balsorano ‐ San Benedetto Bazzano ‐ CESE
Folgore – Castello 2000 Fucense – San Pelino Jaguar – Tagliacozzo
Monte Velino – Goriano Sicoli Ortigia – Sportland Celano Pacentro 91 ‐ Capistrello
Giochi e relax
PER I PIÙ PICCOLI Scopri le 10 differenze tra le due immagini.
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Scopri il percorso giusto per arrivare da a a b.
Emanuele Di Pasquale Dai diamanti non nasce niente,, dal letame nascono i fior
Da quali brani sono tratte le seguenti strofe?
1) Out here the nights are long, the days are lonely ,I think of you and I’m working on a dream. (Là fuori le notti sono lunghe, i giorni solitari: penso a te e lavoro su un sogno)
2) Sono sempre pronti a giudicare tutto quello che fai, come ti vesti e con chi ti incontrerai, ma non te la prendere loro sono fatti così, devi solo credere che un giorno te ne andrai di qui.
3) Esce tutta truccata ,ride soltanto forzata, si crede al di sopra del mondo, veste solo firmata, mostra la borsa griffata, la aspetta una bella serata, cresciuta troppo in fretta tra l'insalata una dieta e il fumo di una sigaretta, beve per invecchiare non per dimenticare
4) Non sarebbe bello non farsi più del male. Non sarebbe strano se capitasse a noi , anche il paradiso vuole essere un inferno, era tutto scontato finchè non sei caduto.
PER I GRANDI Quiz sulle Cese
1. Prima del 1806 la famiglia Colonna possedeva nel dipartimento di Tagliacozzo anche la terra
delle Cese, che contava allora: a) 479 abitanti b) 749 abitanti c) 974 abitanti
2. Secondo un detto popolare, “Se de Novembre ancora nn’è ‘mbusso,
somènta lo ‘rano...” a) “coscì esce rósso”
b) “e ppó’ magni de lusso” c) “zzì ‘ccanto jo fósso”
3. Nell’Ottocento a Cese fu ritrovata un’importante iscrizione risalente al I sec. a.C.
(relativa ad Alba Fucens) su di una: a) Tavoletta lignea b) Colonna sacra c) Ara funeraria
4. Il cencio bagnato fissato su una lunga asta che veniva utilizzato per pulire la superficie dei
forni a legna era detto: a) Cugno o cuneo b) Mugno o munnio c) Runcio o runcitto
5. Recònzolo era chiamato il pranzo preparato per:a) I parenti di un defunto
b) Gli amici non invitati al pranzo di nozze c) Le seconde nozze
6. È un detto popolare noto nella zona: a) È ‘scito jo sòlo alle Cese
b) Cese tunno tunno, quattro case e ‘no sprofunnoc) S’è fatto notte alle Cese
7. Ciascuna delle croci poste intorno al paese corrisponde a:
a) Un sacerdote ordinato a Cese b) Una missione dei pp. passionisti
c) Una chiesa di Cese
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PÒ ÈSSE ITA COSCÌ... (Chi pò ‘ncatenà la fantascìa?) ‐ di Lorenzo C.
[…seconda parte]
Sénza penzàreci era pigliata la via de Capistrejjo, comme se ‘ólesse i’ a Cassino. Ma pó’, rendènnese cunto che poteva ‘ncrocià cacche frato, reggirà jo cavajjo e piglià la via‐‘ella Cunnicella. Sballecata la montagna, furuni furuni, sénza passà pé’ gnisciuno paeso, calà a Magliano e pó’ piglià ‘na via che, passènne tra le montagne, ci pareva èsse bbòna pé’ allontanàrese dajjo paeso.
‘Ncapo a ddu jorni, non ci lla faceva più pé’ lla fama. Quante le ‘òte era bbiasimato jo fatto che dalla casa non s’era portato manco ‘no sórdo. Da ‘no collitto vedde ‘na casa có’ tante carrozze ‘ntorno e có’ tanti cavajji dentro ‘no recinto. Lòco
ci’ateva sta tanta ggente. La fama era propria tanta e, puri se teneva paura de ‘ncontrà cacchetuno, se fece capace che, se ‘óleva mette caccósa ‘mmócca e se ‘óleva trovà ‘no posto pé’ dormì, ateva arrischià.
Non‐era fatto dièce passi che sentì ‘no lamento arrète a ‘na fratta. Non‐era ‘no pianto, era ‘no sospirà forti, proprio comme de uno che non sapesse lo da fa’.
Zitto zitto cercà ‘no vato pé’ passà de llà sénza fàrese accòrie. E vedde ddu fémmone. Una era ‘na vajjola ‘na cria più ròssa de isso, l’atra ateva èsse la mamma. ‘Nterra ci steva ‘no cristiano allongato. Vecino pascévano trè cavajji.
S’abbecinà... La fémmona ròssa s’arrizzà subbito ritta có’ ‘no pascióno, ma se veteva che non teneva ‘óglia de tirà a
gnisciuno, teneva solo tanta paura. Filippo s’abbecinà de più e s’accorse che j’òmo non se moveva próprio. Jo toccà. Era mórto. Se reotà alla fémmona: ‐ S’è mórto? Non ci respose gnisciuna. Mó la vajjòla piagneva fòrti. La mamma prima se reotà a essa e ppó’
s’abbecinà a Filippo. Ci‐è doùto apparì bejjo forzuto e atà èsse deciso che ci sse poteva fità, pecché ci piglià la mani e ‐ “Tu aiuta noi” ‐ c’ha titto.
A Filippo no’ c’è parzo lo vero de èsse ‘ncappato có’ la fortuna. ‘Ó veté che erano scurti tutti i guai? S’ascise e, magnènne lo pano e lo cascio che c’erano dato, se ‘nformà sópri de esse. Dóppo tanti
gesticolamenti era capito che erano venute a Roma ‘n pellegrinaggio e che mó se nne stévano a reì pé’ la via franchigena.
C‐hao ditto se le ‘óleva accompagnà. Non ci penzà ddu ‘òte. J’òmo era ‘no pézzo ‘rósso dejjo Rre de Francia e la moglie, ‘na ‘òta arrivati, presentà Filippo ajjo
Palazzo. Filippo se fece ‘ólè bbene. Erano passati cinque anni, a vint’anni era reventato la persona de fiducia dejjo Rre. Era quijo che
sapeva fa le cóse bene e lésto, sénza tanti cumprimenti. Mó steva accampato có’ j’esercito de Carlo D’Angiò e có’ tutto jo seguito de ladri, ricettatori,
cagnasórdi e de chi vennéva l’opia che sempre s’accompagnévano a ‘n esercito che ‘eva alla guerra vecino a Surmona.
Jo Papa c’era titto ajjo Rre de fàrela fenita có’ gli imperatori tedeschi, de remannàrejji alla casa. E jo Rre c’era dato ténzia . Tra cacche jórno se sarrìa scontrato có’ quio farfaréjjo de Corradino. Era
tutto pronto. Le spie erano referito che j’imperatoro era partito da Roma e steva a i’ ‘mbaccia a Tagliacózzo. Filippo
fece capì ajjo Rre che se potevano scontrà ajji Piani Palentini, vecino a casa sé. Jo Rre ci disse de méttese có’ quiji che stévano ‘nnanzi pé‘ cci ‘nzengà la via.
Da Surmona fece piglià la via dejji tratturi resalènne ‘mbaccia ajjo Sirente e ‘mbaccia a Ovindoli. Pó’ recalarono pé’ lle Forme fino a Magliano.
Ugni jórno era bbóno pé’ comenza’ a scannàrese. Filippo era presente la notte che, pé’ ‘mbrujjà i tedeschi, se ‘mmentàrono de fa vestì da Rre ‘n’atra
perzona. Anzi a isso c’era stato commannato de sta’ vecino a ‘sto cristiano e de portà jo vessillo de Carlo D’Angiò.
E arrivà jo 23 de agusto dejjo 1268. (continua…)
(Lo)Renzo
Roberto Cipollone
CHE FESTA ... PER LE VIE DEL BORGO Ancora me la ricordo bene. Due anni fa, erano da poco finite la foga e le corse estive; in quella riunione
proposi di creare un appuntamento fuori stagione che fosse un nuovo punto d’incontro, un motivo per riscoprire il paese magari in un freddo giorno d’autunno. Una mente avveduta avrebbe scelto al massimo il mese di Ottobre ‐ come insegnerebbero altre manifestazioni, magari fregandosene di vecchi riferimenti alle tradizioni popolari... (“chi vuoi che ci faccia più caso...”). Anzi, la stessa mente razionale avrebbe trasposto l’iniziativa rendendola economicamente proficua, magari abbandonando la sciocca idea autunnale per aggiungere una festa in più all’affollato cartellone di Agosto... (oops, forse qualcuno l’ha fatto...)
Ma, da vera pro‐loco, abbiamo scelto la strada più scomoda e meno fruttuosa; abbiamo scelto di riscoprire la tradizione di San Martino per far riaprire le cantinelle del paese, scommettendo con noi stessi su come sarebbe andata. Oggi, dopo tre edizioni, un po’ di esperienza e un bel po’ di fatica in più, posso dire che la stessa strada tortuosa ed infruttuosa era quella giusta. Certo, la logica commerciale vorrebbe sempre far passare l’equazione “più gente = più successo”… facile, ovvio, talmente scontato da non piacerci affatto.
E già: sciocchi e irrazionali. Ma a volte la dimensione perfetta non è la più grande possibile, bensì quella più adatta al contesto: a farla breve, tra un bilancio puramente economico e la vivibilità e l’apprezzabilità di questa manifestazione scegliamo le seconde. D’altra parte la logica commerciale mal si adatta ai concetti di riscoperta e conservazione delle tradizioni, valorizzazione del territorio, aggregazione nella comunità, tutela del patrimonio ‐ gastronomico, popolare o culturale che sia. Ah, ecco, la cultura; ha ragione chi dice che la cultura non paga, ma preferisco pensare che la cultura non si paga, che è patrimonio di tutti e che anzi può essere uno straordinario mezzo di elevazione, comunicazione e riflessione, anche all’interno di una festa popolare.
Festa, sì, questo era nelle intenzioni e questo è: una festa di sapori, di odori, di mani che impastano, o porgono, o abbracciano, di pezzi di memoria che si fanno forti del presente, di gente volenterosa che ci crede sempre, di scoperte e riscoperte, sorrisi misti ad emozioni, volti amici, di vicoli mai visti oppure presenti in qualche angolo della propria età, di note impazzite e suadenti, di ritorni e nuovi amici, di storie e ricette passate a parole, di scintille che si elevano dai ciocchi verso un cielo che gocciola, di incontri inaspettati o tanto attesi, di brindisi cordiali, di gocce d’arte versate su tela, di immagini sfocate di un bianco e nero intensi, di cantine laboriose che sanno di vero e di allegria... delle Cese.
Quando la stanchezza passa, tra i ricordi vivi e le immagini, rimangono i complimenti di tanti, qualche critica, le proposte per l’anno prossimo, la consapevolezza di aver fatto, grazie a voi, qualcosa di bello per Cese...
... e tanto basta.
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Carlo Carnevale
OUTRO MUNDO Ciao ragazzi, vi scrivo portando un po’ di sinfasò nel cuore (come potete vedere nella foto) e nella mente,
ricordando la fantastica serata passata in vostra compagnia. Qui dove il sinfasò si respira nell'aria... nella musica ovvio, ma anche nel modo di vestire, nell'arrangiarsi un’abitazione, nei mezzi di trasporto... insomma quel concetto di “alla buona” è parte integrante della cultura e del modo di vivere. Purtroppo “alla buona” a Caxias spesso si trasforma in spine che quotidianamente danno tormento ai pensieri della gente che vede il proprio futuro come strade corte e senza uscita...
Il pane, la salute, la formazione quando si trasformano in “alla buona” costringono la sopravvivenza a rincorrere quella speranza di vita che noi chiamiamo normalità. Ma quando il buio della povertà gioca a rincorrere quella speranza che fa luce, e quella luce appartiene solo al 20 per cento circa della popolazione mondiale... vi chiedo qual è la normalità? Possibile che la mia normalità sia un privilegio di un numero così irrisorio di persone?
Una cosa che continua a stupirmi di questo mondo e di questa realtà è che il dolore e la leggerezza si mescolano come niente, come per dirti che comunque la vita deve continuare. Alcune situazioni a volte sono difficili, complicate da affrontare, sembra che tutto sia più grande di me e delle mie possibilità. Il sentirsi inutile affinché le cose cambino cerca di entrare quotidianamente nel mio cuore e nella mia coscienza, ma il sorriso di Ruan davanti a una novità, lo sforzo di Joelson nel ricordare la destra e la sinistra, gli occhi di Andreya che brillano perché ha imparato una ricetta italiana, diventano magicamente l’energia che dà forza al mio animo di continuare e di sperare…
Questa nuova cultura mi ospita da poco più di due mesi e pur conoscendola da poco sento che essa possa insegnare uno degli aspetti fondamentali per la costruzione di una società più aperta e solidale: che è la convivenza con l’altro, con il diverso… Il multiculturalismo che si respira qui in Brasile può farsi promotore per giungere al superamento di atteggiamenti di chiusura e di intolleranza che stentano a morire nelle nostre società europee, ma che anzi si rinforzano cambiando semplicemente forma e colore. Il multiculturalismo che intendo non è la fotografia di identità fisse, statiche e incomunicanti, ma si identifica in quell’intreccio positivo tra soggetti diversi e capaci di realizzare obiettivi comuni e una più aperta cittadinanza a livello planetario. Questo è il prodotto che penso il Brasile debba esportare, e non solo facili stereotipi.
In Brasile ci sono mani bianche, mani nere, mani scure, mani rosse, mani che chiedono, mani che assistono, e sono mani che costruiscono e che non dividono; sono mani che uniscono agli altri oltre ogni differenza di provenienza, colore, condizione e salute. Sono queste le mani che mi piace immaginare per la realizzazione di una società diversa. OUTRO MUNDO è POSSIVEL, UN ALTRO MONDO è POSSIBILE…
Un abbraccio forte e sentito da Caxias. Fiquem con Deus. Carlo
Considero valore ogni forma di vita La neve, la fragola, la mosca. Considero valore il regno minerale, l'assemblea delle stelle. Considero valore il vino finché dura un pasto, un sorriso involontario, la stanchezza di chi non si è risparmiato, due vecchi che si amano. Considero valore quello che domani non varrà più niente e quello che oggi vale ancora poco. Considero valore tutte le ferite. Considero valore risparmiare acqua, riparare un paio di scarpe, tacere in tempo, accorrere a un grido, chiedere permesso prima di sedersi, provare gratitudine senza ricordarsi di che. Considero valore in una stanza sapere dov'è il nord, qual è il nome del vento che sta asciugando il bucato. Considero valore il viaggio del vagabondo, la pazienza del condannato, qualunque colpa sia. Considero valore l'uso del verbo Amare e l'ipotesi che esista un creatore.Molti di questi valori non ho conosciuto.
(Erri De Luca)
POST SCRIPTUM ‐ Stiamo raccogliendo tutte le foto della manifestazione per realizzare una galleria di immagini ed un inserto speciale de “La Voce”. Per contribuire potete consegnare le vostre fotografie in formato cartaceo o digitale o inviarle a [email protected] . Potete già trovare la galleria con le foto qui presenti (le poche disponibili attualmente) sul sito web del giornalino www.lavocedellecese.helloweb.eu all’interno del photo album, nella sezione “San Martino” che verrà progressivamente aggiornata. Grazie fin da ora a tutti quelli che vorranno dare il proprio contributo all’iniziativa. POST POST SCRIPTUM ‐ Citazione particolare per i ragazzi della cantina “A cché Sor Antonio” che si aggiudica il premio popolare come cantina più votata dai visitatori della manifestazione. Complimenti a loro ed a tutti gli altri cantinieri per l’impegno e la fantasia nell’allestimento.
L’ingresso al paese nei pressi del cimitero.
Manuela Cipollone
CANTINELLE acCESE, III EDIZIONE. SEMPRE PIÙ BRAVI!
Forse tre anni sono pochi per parlare di tradizione. Epperò sono troppi per continuare a parlare di esperimenti. E allora diciamo che le nostre cantine aperte sono una realtà che ogni anno si conferma un appuntamento che in pochi si sentono di mancare. Perché nonostante aumentino con gli anni i forestieri, rimane una festa pensata per Cese e per chi ci vive. Così ci piace che le over 70 si diano appuntamento con le amiche o passino cantina per cantina a fare spesa; ci piace che i giovani vogliano così fare parte della manifestazione da passare weekend interi a sistemare le cantine; ci piace che quello che viene preparato e servito è buono da leccarsi i baffi; ci piace che nonostante il vino scorra a fiumi l’“allegria” non diventi mai molesta; ci piace che si cominci con la banda e si finisca con la chitarra attorno al fuoco o fuori a suonare un rock che fa poco cantina, ma tanto voglia di continuare a stare in compagnia. Per il resto, anche questa terza edizione ha confermato che la pecora ajjo cotturo finisce alle 20.30, a prescindere da quante ne cuociano Silvio e Lelio (86 chili di carne mangiati in un’ora e mezza), che alla Cantina de Buccio lo vino fenisce alla velocità della luce, ma puri a quela de Ezio vanno forte, che la ventresca dejjo Riccio è sempre la più bbóna e che della zuppa cici e castagne, della pasta cójji fasciói e della pulenna non se pò fa’ a meno. Che le roscette de Renzo fao sempre bene, che Augusta fenisce tutto jo croccante e che alla cantina dejji dolci alla fine della sera remanono sempre e solo le briciole de quattro biscótti có’ l’ammoniaca! E poi: pure l’anno prossimo volemo le pizze de Assunta, Lina e le altre, la carne alla brace a cché Sor Antonio e lo mustocótto della cantina de Arduccio. E la mostra di Osvaldo e gli artisti e le degustazioni. E revolemo le scoppette. E il tempo meraviglioso che ogni anno benedice una serata speciale. All’anno prossimo!
Articoli e rubriche curati da Carlo Carnevale, Elvio, Emanuele, Eugenio, Lorenzo, Manuela e Roberto Cipollone, Mario Ippoliti, Annarita Marchionni, “Nopollice”, Berardino Rantucci e Roberta Torge. Grazie ad Alfredo, Osvaldo ed Eugenio per le foto ed ai
“consulenti” per il prezioso supporto. Per informazioni, proposte, commenti e suggerimenti scrivete a: Redazione “La Voce delle Cese”, Pro Loco Cese dei Marsi, Via C.Cattaneo 2, 67050 Cese di Avezzano (AQ) oppure a: [email protected].
Sito web: www.lavocedellecese.helloweb.eu .
Il prossimo numero de “La Voce” uscirà Domenica 28 Dicembre 2008. Chi è interessato può consegnare gli articoli o inviarli a [email protected] entro il 21 Dicembre.
Mensile gratuito della Pro‐Loco di Cese dei Marsi Anno III Numero 30 ‐ 30 Novembre 2008
“Uno dei tanti” ‐ dal Guestbook di Cese
UN INCONTRO DI STORIE...penso che a volte serva solo il vedersi come appartenenti, chi più chi meno, ad una realtà; chi ci torna dalla città, chi ci vive tutto l'anno... perchè... perchè è un incontro più che di persone, più che di facce... è un incontro di storie.... Ognuno ha la sua, ognuno porta una esperienza... e non serve che poi la racconti... molte cose si capiscono anche davanti ad un bicchiere di vino, o davanti ad un piatto paesano parlando delle solite cose, e qualcosa si capisce, e qualcosa resta un mistero... si incontrano tante persone, di cui molte non si conoscono, le storie si incontrano, e sono storie che in un modo o nell'altro hanno un legame con il paese: un legame di famiglia, un legame affettivo, un legame di vita, un legame di un amico che ha portato un amico... e bè questo è il bello... Un incontro di storie davanti ad un bicchiere di vino, e qualcosa si capisce di queste storie, e qualcosa no... ma tutte queste storie per una sera si sono ritrovate ad una festa di paese, in un “oggi” in cui nella frenetica vita di tutti i giorni ci dimentichiamo che ogni persona che incontriamo porta con sé una storia… e tutte queste storie hanno contribuito, e se qualcosa di queste storie non si è capito... bè, il bello delle storie è a volte anche il capirci poco o niente... Sarà per il prossimo incontro davanti al fuoco di una cantina aperta...
Comm’era 1956 ‐ in foto Maria Cipollone (Mellano)
Com’è Novembre 2008
Cinquant’anni hanno portato via con sè qualche albero in cambio dell’asfalto, ma per il resto non sembra cambiato praticamente nulla... ... non è ancora tempo per realizzare un piccolo marciapiede che eviti di camminare in mezzo alla strada a chi si reca al cimitero? È un’idea che qualcuno ha già “sognato”, speriamo si schiuda alla realtà il prima possibile.