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Un giglio che fa la Storia Firenze tra Passato e Presente Firenze tra Passato e Presente Tommy Un giglio che fa la Storia Firenze tra Passato e Presente Firenze tra Passato e Presente Tommy La Voce del Leone I.I.S. “Roncalli-Sarrocchi Anno XI n° 3 Dicembre 2016

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Un giglio che fa la StoriaFirenze tra Passato e Presente Firenze tra Passato e Presente

Tommy

La Voce del Leone I.I.S. “Roncalli-Sarrocchi

Anno XI n° 3 Dicembre 2016

Un giglio che fa la StoriaFirenze tra Passato e Presente Firenze tra Passato e Presente

Tommy

La Voce del Leone I.I.S. “Roncalli-Sarrocchi

Anno XI n° 3 Dicembre 2016

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IN QUESTO NUMERO:

6-7 Il Battistero

2-5 Viaggio a Firenze

12 Il Corridoio Vasariano

13 il Ponte Vecchio 14-15 Palazzo Vecchio

8-9 Il Campanile di Giotto

16-17 Il turismo a Firenze

18-20 Guelfi e Ghibellini 28-29 Firenze capitale

30-32 L'alluvione del 1966

10-11 Gli Uffizi

33-34 Firenze e la Moda

35 Il Commissario Bordelli

41 Firenze tra le note

Il Marzocco

La Voce del Leone

contatti: Facebook.com/giornalinoLaVocedelLeone

Anno XI n°3 Dicembre 2016 Blog: La-voce-del-leone 1.webnode.it

Le nostre Rubriche:

21-27 Le Grandi Biografie a cura di Daniele Pascale

36-38 Cuochi provetti a cura di Krystyna Kliusyk

39-40 Le Recensioni del Leone Le Vignette a cura di Tommy Laurino

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DIARIO DI VIAGGIO10 cose da vedere a Firenze in un giorno

#1 Santa Maria NovellaPiazza di Santa Maria NovellaIl nostro giro di Firenze comincia dalla splendida Santa Maria Novella, la prima attrazione che potrete ammirare arrivando in città via treno.Curiosità:La basilica, punto di riferimento dei domenicani in città, venne completata verso la metà del quattordicesimo secolo, mentre la facciata, tipico esempio di capolavoro rinascimentale, solo all’inizio del ventesimo secolo.L’interno della basilica costituisce un tipico esempio di architettura gotica fiorentina, del tipo cistercense: nonostante sia lunga quasi 100 metri, un effetto ottico la fa sembrare ancora più lunga.Da vedere all’interno: le vetrate, le cappelle con i capolavori di Lippi, Brunelleschi e Giotto.

#2 Il mercato di San Lorenzo e la BasilicaPiazza del Mercato CentraleUsciti da Santa Maria Novella prendete verso destra in direzione della prossima tappa, la splendida Basilica di San Lorenzo ed il mercato cittadino che la circonda.La Basilica, una delle più antiche chiese in città, è caratterizzata dalla facciata incompiuta, i cui lavori erano stati affidati a Michelangelo e dal fantastico interno originariamente creato da Brunelleschi, rifinito poi da Michelangelo stesso: un fulgido esempio di chiesa rinascimentale.Curiosità:Le attrazioni più famose sono la Cappella dei Principi e la Sagrestia Nuova (alla quale si accede dalle Cappelle Medicee), la quale contiene diversi capolavori di Michelangelo: tra cui le tombe di Lorenzo duca d’Urbino e di Giuliano duca di Nemours.Ma l’attrazione più celebre è rappresentata dalla celeberrima Cappella dei Principi e soprattutto dalla Sagrestia Nuova (vi si accede dal complesso museale delle Cappelle Medicee) , che contiene alcuni dei più famosi capolavori di Michelangelo.

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#3 Palazzo Medici RiccardiVia Cavour 1

Con le spalle rivolte alla facciata della Basilica di San Lorenzo prendete Via L.Gori, che si trova sulla vostra sinistra, e poi svoltate subito in via Cavour: noterete subito il Palazzo Medici Riccardi.Questo palazzo ha un’importanza storica fondamentale: si può infatti affermare che con questo Palazzo nasca l’architettura rinascimentale di Firenze.Curiosità:Consigliamo di visitare La Cappella dei Magi, capolavoro di Benozzo Gozzoli: sulle quattro pareti si snoda la meravigliosa “Processione dei Magi”, dipinta da Benozzo Gozzoli che vuole in un certo glorificare la famiglia Medici e l’organizzazione del

“Concilio di Firenze”.Degno di ammirazione è anche la bella Sala chiamata “Sala di Luca Giordano” o “Sala degli Specchi” con un incredibile soffitto dipinto dal Giordano con una “Apologia della famiglia Medici”.Da ricordare, infine, è la meravigliosa “Vergine con Bambino” di Filippo Lippi.

#4 Il Duomo, il Battistero e il campanile di GiottoPiazza del DuomoCompletata la visita a Palazzo Medici Riccardi, dirigetevi verso sud lungo via dei Martelli, in pochi minuti si aprirà davanti ai vostri occhi lo spettacolo unico di Piazza Duomo.Sulla vostra sinistra troverete la chiesa più famosa di Firenze, Santa Maria del Fiore, cattedrale e Duomo della città; sulla vostra destra il Battistero di San Giovanni con la sua caratteristica pianta ottagonale; e più in fondo, dietro al Duomo, si erge il campanile di Giotto con i suoi fantastici bassorilievi e con una vista emozionante che domina l’intera città.Curiosità:Il Duomo è uno degli edifici religiosi più grandi al mondo dopo San Pietro, St. Paul a Londra, la Cattedrale di Siviglia e il Duomo di Milano, ed è capace di ospitare ben 30 mila persone.

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#5 Biblioteca delle OblateVia Dell'OriuoloCompletata la visita a Piazza del Duomo dirigetevi nella parte sud della stessa, fotografate la splendida statua di Filippo Brunelleschi e dirigetevi in direzione est nella vicina via dell’Oriuolo, dove si trova la famosa biblioteca delle Oblate ad ingresso gratuito.Curiosità:Al secondo piano potrete trovare la Caffetteria dell’Oblate, aperta al pubblico da maggio 2009, con le sue bellissime vetrate che si affacciano su tutta Firenze: quindi non solo un luogo dove leggere libri ed acculturarsi ma anche dove godersi una splendida vista del Cupolone, la consumazione non è infatti obbligatoria.

#6 Piazza di Santa CrocePiazza Santa CroceDirigiamoci quindi in direzione sud est vero Piazza Santa Croce, vi consigliamo di scegliere uno

dei tanti locali che incontrerete sulla strada per un pranzo gustoso, tipico ed energetico.Piazza Santa Croce, situata poco oltre la seconda cerchia comunale di Firenze, è una delle piazze più suggestive della città, dove fin dal Medioevo venivano organizzate feste, tornei, giostre, giochi ed oggi in essa si celebra ancora lo spettacolo del Calcio fiorentino in costume, folcloristica usanza nata nei primi del Quattrocento

Curiosità:La Chiesa di Santa Croce è il “tempio dell’itale glore” come disse Foscolo, ed in essa sono sepolti geni come Galileo, Michelangelo, Foscolo stesso, Alfieri, Machiavelli e Leon Battista Alberti.

#7 Ponte delle GraziePonte delle GrazieDopo la visita alla Chiesa di Santa Croce immergiamoci nello splendido Borgo di Santa Croce tra storia, arte e gastronomia, dirigendoci a sud verso il fiume Arno.Arrivati sul Ponte delle Grazie potrete scattare delle suggestive foto dei tanti bellissimi palazzi che si affacciano sul fiume Arno con il Ponte Vecchio sullo sfondo a sugellare una bellissima panoramica.Curiosità:Il ponte attuale, con le sue cinque grandi arcate, venne ricostruito nel 1957 dopo che le truppe tedesche distrussero nel 1944 l’antico ponte detto “Rubaconte”, edificato nel 1227 e che nel corso dei secoli resistette a guerre, piene e terremoti.

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#8 Raccolta di Casa SivieroLungarno SerristoriFinite le foto di rito sul Ponte delle Grazie, attraversate il fiume, a sinistra sul Lungargno Serristori:qui, fuori dai soliti itinerari turistici, la visita della Casa Siviero è sicuramente un appuntamento da non perdere; ci sono, infatti, personaggi nella storia d’Italia che meriterebbero ben altra attenzione rispetto a quella che hanno: uno di questi è sicuramente Rodolfo Siviero, definito “Monument men”. Durante la seconda guerra mondiale ha avuto un ruolo di primissimo piano nel recupero di molte opere d’arte trafugate dai nazisti nel corso dell’occupazione; non solo, ma essendo riuscito ad avere un contatto con i servizi segreti americani, riusciva ad avvertire questi ultimi della presenza delle nostre opere sui treni nazisti, impedendo il loro bombardamento da parte degli aerei alleati.Oltre a questa attività, Siviero è ricordato anche per la sua grande passione: il collezionismo di opere d’arte e la sua amicizia con grandi artisti.La sua Casa Museo, è uno scrigno in cui sono presenti molte opere che darebbero lustro a grandi musei.#9 Giardino delle RoseViale Giuseppe PoggiDopo una breve visita a casa Siviero è il momento di visitare un paradiso segreto di Firenze, spesso poco frequentato dai turisti e quindi ancora più affascinate: il Giardino delle Rose, liberamente visitabile, ma solo tre mesi l’anno (da maggio a settembre) dalle 08.00 alle 20.00.Dovrete un po’ camminare in salita per raggiungerlo, imboccando via S.Nicolò da piazza Poggi, svoltando poi in via S.Miniato, ed infine in Via Bastioni che diventerà via Giuseppe Poggi. Il giardino può, però, essere raggiunto anche attraverso l’utilizzo dei mezzi pubblici.Curiosità:Se vi venisse fame durante la passeggiata, potrete ricaricarvi in uno dei tanti locali che si affacciano sul tragitto.

#10 Piazzale MichelangeloPiazzale MichelangeloA pochi passi da il Giardino delle Rose, vi aspetta un’altra esperienza unica: continuate la parte in salita di via Poggi ed in pochi minuti raggiungerete Piazzale Michelangelo.Qui potrete rimanere estasiati da un panorama mozzafiato: volgendo lo sguardo a San Miniato al Monte (basilica medievale dal fascino unico) potrete godere di uno dei tramonti più belli ed esclusivi di tutta Firenze.Curiosità:Il panorama abbraccia il cuore di Firenze, dal Forte Belvedere a Santa Croce passando per i lungarni e i ponti di Firenze in sequenza, soprattutto il Ponte Vecchio; spiccano il Duomo, il Palazzo Vecchio, il Bargello e il campanile ottagonale della Badia Fiorentina, senza dimenticare le colline opposte a nord della città con al centro Fiesole e Settignano.La piazza, dedicata al grande artista rinascimentale Michelangelo, presenta le copie di alcune sue famose opere conservate a Firenze: il David e le quattro allegorie delle Cappelle Medicee di San Lorenzo. Queste copie sono realizzate in bronzo, mentre gli originali sono tutti in marmo bianco. Il monumento fu portato su da nove paia di buoi il 25 giugno 1873. Elena Ferrara

Caterina Mostacci

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La Porta del Paradiso ovvero storia di un concorso che ha fatto la Storia

Dice la Storia che nel 1401 l'Arte di Calimala bandì un concorso per realizzare la porta nord al quale aderirono vari artisti ,sia fiorentini sia stranieri, tra cui si distinsero Jacopo della Quercia,(senese) e due giovani orefici fiorentini Lorenzo Ghiberti e Filippo Brunelleschi. Venne nominata una giuria di 34 giudici, fra cui c'era anche il banchiere Giovanni di Bicci de' Medici, e furono ammessi alla competizione 7 orafi ,fiorentini e no. Essi erano:

1.Filippo Brunelleschi, appena tornato da Pistoia dove aveva lavorato all'altare di San Jacopo

2.Lorenzo Ghiberti, fino ad allora sconosciuto

3.Jacopo della Quercia

4.Francesco di Valdambrino

5.Simone da Colle

6.Niccolò di Luca Spinelli da Arezzo

7.Niccolò di Pietro Lamberti

Uno dei concorrenti, secondo gli appunti nei Commentari del Ghiberti, pare che si ritirò prima della prova pratica. E comunque ben presto la competizione si risolse in un confronto tra Filippo Brunelleschi e Lorenzo Ghiberti. Tutti i concorrenti avevano il compito di scolpire, entro un anno, una formella in bronzo con il tema del Sacrificio di Isacco, inscritta entro un quadrilobo (come nella porta di Andrea Pisano), e vennero messi a loro disposizione circa trentaquattro chili in totale di bronzo.

Il soggetto venne scelto probabilmente per la ricchezza di spunti che metteva a disposizione degli artisti e anche come paragone della sorte di Firenze, accerchiata minacciosamente su tutti i lati dalle truppe nemiche di Gian Galeazzo Sforza. Nel 1402, viste le opere presentate, i trenta "periti fra pittori e scultori d'oro, d'argento e di marmo" fiorentini e delle città circostanti, più i quattro consoli dell'Arte di Calimala scelsero il vincitore, Lorenzo Ghiberti. Ricorda lo stesso Lorenzo ne i suoi “Commentari” che fu una limpida vittoria :«Mi fu data licenza [che io] la conducessi [la porta] in quel modo ch'io credessi tornasse più perfettamente e più ornata e ricca», cioè senza limite di spesa.

La formella del Brunelleschi La formella del Ghiberti

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Lorenzo Ghiberti (Pelago 1378 – Firenze 1455),l'autore delle formelle della Porta del Paradiso, è stato scultore, orafo, architetto e scrittore ed con Masolino da Panicale e Michelozzo ebbe un ruolo fondamentale nella diffusione del linguaggio artistico rinascimentale. Infatti le sue figure rappresentano la sintesi tra il gotico internazionale e il gusto archeologico rinascimentale, e sono inserite dentro scene costruite secondo una prospettiva più intuita che reale e tipicamente medievale e si discostano nettamente dall'arte di Filippo Brunelleschi e di Leon Battista Alberti. La documentazione relativa alla porta è abbastanza copiosa e nota soprattutto da spogli sei-settecenteschi. Il contratto di affitto è datato 23 novembre 1403, in cui si stabiliva che Lorenzo dovesse curare personalmente le figure, gli alberi e simili, permettendogli di avere alcuni aiuti tra cui Bartoluccio e altri artisti. Era prevista una media di tre rilievi l'anno, con un inizio dei lavori al 1 dicembre, ma alcuni preliminari ritardarono l'avvio. Le fasi di disegno e fusione occuparono alcuni anni, ma fu soprattutto il lunghissimo lavoro di nettatura e doratura a richiedere un intero ventennio, con una schiera di aiutanti. Il 1 giugno 1407, non essendo più rispettabile la consegna di tre rilievi l'anno, venne stipulato un nuovo contratto, in cui Lorenzo figura come capo bottega e Bartolo è tra gli aiuti. Il maestro che vi si impegnava non poteva accettare altre commissioni senza il permesso dei Consoli dell'Arte di Calimala e dopo il termine dei lavori doveva restare a disposizione dell'Arte per un anno ,prima di accettare altri lavori. Si pensa che entro il 1415 la maggior parte dei rilievi fosse stata gettata e che

gli anni successivi siano stati necessari soprattutto per il lungo lavoro di rifinitura e di doratura. Nel marzo del 1423, fu deliberata la parziale doratura della porta per accrescerne il prestigio e,finalmente,il 29 aprile la porta fu collocata sul lato est,quello rivolto verso Santa Maria del Fiore. Si pensa che per questo motivo la precedente porta del Pisano sia stata forse spostata a sud prima , come è noto,di essere collocata definitivamente sul lato a nord per far posto alla Porta del Paradiso,nel 1452. La Porta nord del Battistero di Firenze realizzata da Lorenzo Ghiberti tra il 1403 e il 1424 ritrae il suo primo capolavoro"OPVS LAUREN/TII•FLOREN/TINI". Dopo il restauro del 2013-2015 la porta è stata esposta nel nuovo Museo dell'Opera del Duomo e sostituita da una copia. Col tempo, la sporcizia e l'ossidazione avevano completamente ricoperto le dorature. Durante la seconda guerra mondiale le porte

vennero rimosse per protezione e furono sottoposte ad analisi che ne permisero la pulitura, prima di essere ricollocate nel 1948.Dal marzo 2013, la porta è in restauro presso l'Opificio delle Pietre Dure di Firenze, il laboratorio ha studiato per 27 anni soluzioni per il restauro della Porta del Paradiso. Grazie alla maturata esperienza dell'Opificio, la durata del restauro della porta nord è stato di circa un anno, dopodiché è stata collocata nel Museo dell'Opera del Duomo, ed una copia ha preso il suo posto sul battistero.

Matilde Leoncini

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Il campanile di GiottoIl Campanile di Giotto è una delle quattro componenti principali di Piazza del Duomo ed è considerato il campanile più bello d'Italia.

Questo pregevole campanile fu ,probabilmente, creato più come elemento decorativo che funzionale e fu ideato nel 1334 da Giotto, nominato Capomastro della fabbrica del Duomo. Alla morte del grande artista, avvenuta nel 1337, era stata realizzata solo la prima parte del progetto, fino all'altezza delle formelle esagonali. L'opera fu poi affidata ad Andrea Pisano, che finì i primi due piani rispettando il progetto giottesco. Il Campanile si abbellì con la decorazione esterna a losanghe grazie anche all'intervento di Alberto Arnoldi. Dal 1348 al 1350 i lavori vennero interrotti, a causa della peste nera, ma il Campanile fu portato a termine nel 1359, da Francesco Talenti, nella forma che oggi ci appare. Tra le curiosità legate a questa preziosa opera ,si racconta che durante la fase iniziale quando il campanile veniva rivestito e ornato con i pregiati marmi bianchi, rosati e verdi e da sculture eseguite dai

migliori artisti del tempo, un cittadino di Verona, rendendosi perfettamente conto del valore che stava assumendo l'opera, disse che la Repubblica Fiorentina non poteva permettersi il lusso di continuare a finanziarla per intero. Questo giudizio offese la Signoria, che gli inflisse due mesi di prigione. Scontata la pena, il Gonfaloniere (magistrato comunale) Ruggero Calcagni ne ordinò la scarcerazione ma volle che ,prima di ripartire, l'uomo fosse condotto a vedere la ricchezza dell'erario pubblico (finanze dello stato) al fine di renderlo consapevole dell'effettiva ricchezza dei fiorentini, i quali, non solo potevano permettersi il lusso di eseguire il ricco rivestimento al loro campanile, ma sarebbero stati in grado di rivestire così l'intera città.Il Campanile di Giotto è la più importante testimonianza dell'architettura gotica fiorentina del Trecento ed è alto 84.70 metri e largo circa 15 metri e ,nonostante lo slancio verticale, non abbandona il principio della solidità.

(interno dall'alto) (interno dal basso)

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Rivestito di marmi bianchi, rossi e verdi come quelli che adornano la Cattedrale, il maestoso campanile ha una base quadrata. Nel ricco apparato decorativo delle formelle esagonali e delle losanghe, si esprime il concetto dell'ordinamento universale e della storia della Redenzione.

I rilievi iniziano con la Creazione dell'Uomo e proseguono con la rappresentazione delle attività a lui correlate.

Una parola a parte meritano le statue, concepite come elementi integranti dell'edificio piuttosto che come componenti decorative.

Nel secondo ripiano, infatti, ai bassorilievi, Andrea Pisano sostituì sedici nicchie destinate a contenere figure di Re e di Sibille con statue di Patriarchi e di Profeti, tra le quali il gruppo del Sacrificio di Isacco di Donatello, che rappresenta una delle conquiste più alte del naturalismo quattrocentesco in scultura.Gli originali di tutte le sculture, per motivi conservativi, si trovano al Museo dell'Opera del Duomo. Francesco Talenti creò i finestroni dei livelli alti, che fanno trapassare la luce nella struttura, rendendo così l'edificio gotico pur mantenendo l'impostazione classica dell'insieme. Una grande terrazza, posta da più di 400 scalini da terra e protesa verso l'esterno, fa da tetto panoramico ed è l'ultimo tassello dell'opera del Talenti, che respinse così il progetto della copertura a guglie cuspidata di Giotto.

Una delle formelle realizzate da Andrea Pisano, rappresenta Dedalo, personaggio leggendario della mitologia greca, architetto, scultore ed inventore, noto per essere il padre di Icaro, e anche per essere il costruttore del famoso “Labirinto del Minotauro”. La storia di questi personaggi mitologici merita di essere raccontata sinteticamente:“Si dice che Minosse rinchiuse nello stesso labirinto Dedalo e suo figlio Icaro perché aveva indicato a Teseo il modo di uscirne utilizzando un gomitolo di lana. Ma Dedalo ne uscii volando,costruendo con delle penne d’uccello e della cera due paia d'ali. Quando anche suo figlio Icaro volle fare altrettanto gli raccomandò di non salire troppo in alto; ma durante il volo Icaro si avvicinò troppo al Sole ed il calore fuse la cera facendolo cadere in mare”.

Il Campanile di Giotto rappresenta una parte importante della Storia e della Architettura italiane.

Ceccarelli Rosa Perciante Hydra Shoraj Jennifer

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Gli Uffizi:storia e curiosità

Pochi sanno che il monumentale complesso degli Uffizi non fu creato per essere un museo ed è proprio il suo nome che ne spiega la destinazione originaria.

L'edificio fu infatti commissionato ,nel 1560, da Cosimo I de’ Medici, primo Granduca di Toscana, per accogliere gli “uffizi”, cioè gli uffici amministrativi e giudiziari di Firenze.Il duca volle riunire le tredici più importanti magistrature fiorentine (uffici) ,fino a quel momento collocate in sedi diverse, in un unico edificio posto sotto il suo diretto controllo.

La vicinanza al vecchio Palazzo della Signoria ne avrebbe fatta una nuova sede governativa, consona al ruolo di potenza rivestito da Firenze dopo la conquista di Siena. Per questo venne scelta la striscia di terra tra il lato sud di Piazza della Signoria e il lungarno. Cosimo incaricò dell’impresa il suo artista di fiducia, Giorgio Vasari, che progettò un edificio a forma di U, costituito da un braccio lungo, a levante, che doveva incorporare anche l'antica chiesa romanica di San Pier Scheraggio, un braccio breve, affacciato sul fiume Arno ed un altro corto a ponente inglobando la Zecca Vecchia. Quest'ultima divenne sede dal 1866 delle Regie Poste e ora, dopo il restauro del 1988, di esposizioni. I tre corpi di fabbrica presentano lo stesso modulo: a pianterreno, un loggiato archi travato delimitato da pilastri con nicchie; finestre archi travate al primo piano;e all'ultimo piano gli appartamenti privati del Granduca. Nel 1565, per il matrimonio del figlio Francesco con Giovanna d'Austria ,Cosimo I de' Medici decise di realizzare una via di comunicazione soprelevata e segreta tra Palazzo Vecchio e Palazzo Pitti, la nuova residenza della famiglia. Il Vasari, in soli sei mesi, costruì il cosiddetto Corridoio Vasariano, che da Palazzo Vecchio, superata Via della Ninna con un ponte coperto, percorre parte della galleria, oltrepassando l'Arno presso il Ponte Vecchio e sbuca nel quartiere d’Oltrarno per terminare nel giardino di Boboli e da lì in Palazzo Pitti.

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L'idea del percorso sopraelevato era nata per dare l'opportunità ai granduchi di muoversi liberamente e senza pericoli dalla loro residenza al palazzo del governo, visto l'appoggio ancora incerto della popolazione al nuovo Duca e al nuovo sistema di governo che aveva abolito l'antica Repubblica, pur mantenendone formalmente l'apparato dato che ormai era diventato solo simbolico da quasi un secolo. Gli Uffizi furono completati ,dopo le morti del Vasari (1574) e di Cosimo I ,da un altro grande architetto, Bernardo Buontalenti, e da un altro granduca, Francesco I de’ Medici, al quale si deve la creazione della Galleria, allestita nel 1581, al secondo piano dell’edificio. La Galleria fu aperta al pubblico nel 1789 dal Granduca Pietro Leopoldo, il più illuminato ed importante membro della casata austriaca degli Asburgo-Lorena che regnò sul Granducato di Toscana fino alla costituzione del Regno d'Italia. L’attenzione ,oggi, è rivolta al futuro progetto di un nuovo ingresso progettato dall’architetto Arata Isozaki. Contemporaneamente sono stati avviati i lavori di ampliamento, con l’acquisizione delle sale del primo piano, che permetteranno l’esposizione di molte opere prima non visibili al pubblico.

Nella Galleria degli Uffizi troviamo molte opere importanti tra cui:

“La Primavera” di Botticelli: è un dipinto a tempera su tavola di Sandro Botticelli, databile al 1482 circa. Si tratta del capolavoro dell'artista, nonché di una delle opere più famose del Rinascimento italiano. Lo straordinario fascino che esercita sul pubblico è legato anche all'aura di mistero che la circonda dato che il suo significato più profondo non è ancora stato completamente svelato.

La “Maestà di Ognissanti” di Giotto: è un dipinto a tempera e oro su tavola, databile al 1310 circa. Con questa opera Giotto rivoluziona il modo di dipingere e di rappresentare gli uomini. la pittura, in quel tempo, era ancora legata allo stile bizantino e ai suoi schematismi; le figure erano spesso rigide, bidimensionali e prive di partecipazione affettiva. Senza Giotto non sarebbe potuto nascere quel movimento culturale, filosofico ed artistico chiamato Rinascimento.

“La Liberazione di Andromeda” di Piero di Cosimo: dipinto a olio su tavola, databile al 1510 o al 1513 circa, è estremamente singolare ed ha come soggetto principale l'uccisione del terribile mostro marino inviato ad uccidere Andromeda. Autore della liberazione è Perseo che, vestito dei calzari alati, si vede prima planare dal cielo ,in alto a destra, e poi afferrare la spada per decapitare il mostro, al centro.

Roberta Santonastaso

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Un'idea geniale:il Corridoio Vasariano

Il Corridoio Vasariano è una struttura lunga un chilometro che fu realizzata in soli cinque mesi per volere del granduca Cosimo I de' Medici nel 1565 dall'architetto Giorgio Vasari, che già aveva realizzato l'attuale Galleria degli Uffizi.

L'idea del percorso sopraelevato era nata per dare opportunità ai granduchi di muoversi liberamente e senza pericoli dalla loro residenza al palazzo del governo ed inizia da Palazzo Vecchio. Oltrepassando Via della Ninna si entra negli Uffizi e percorrendo le gallerie dell'ultimo piano si sbuca dagli edifici con un arco. Dagli Uffizi si percorre il Lungarno degli Archibusieri e con un passaggio coperto si passa sul Ponte Vecchio. Attraversato l'Arno

dal Ponte gira attorno alla Torre dei Mannelli, supera Via de' Bardi, entra nella Torre degli Obriachi. Oltrepassato il fiume, il corridoio passa sopra il loggiato della facciata di Santa Felicita e con un balcone, protetto dagli sguardi da una pesante cancellata, si affaccia direttamente dentro la chiesa (ciò permetteva al Granduca di assistere alla messa senza scendere tra il popolo) e sbuca in Piazza Santa Felicita. Raggiunge quindi, attraverso il retro dei palazzi nobiliari di Via Guicciardini, il Giardino de’ Boboli, dove passa a sinistra della Grotta del Buontalenti fino ad arrivare a Palazzo Pitti. Dal punto di vista architettonico questa è stata un'idea molto innovativa, anche per la straordinaria vista offerta sul Lungarno e sulle vie affollate di Firenze. L'esperienza è davvero unica anche se va detto che l'atmosfera quasi magica del Corridoio si interrompe per alcuni metri, quando ci si trova ad attraversare un tratto che fu gravemente danneggiato da un attentato di stampo mafioso nel 1993.Purtroppo in quel tragico giorno un’auto carica di esplosivo fu fatta esplodere nei pressi della Torre dei Pulci, tra via Lambertesca e via de' Georgofili,causando molti feriti e gravi danni alle abitazioni, così come alla Galleria degli Uffizi e al Corridoio Vasariano. Nel Corridoio "saltarono" alcune tele, causando un danno irreparabile. I quadri sono stati in seguito ricomposti, per quanto è stato possibile, e intenzionalmente ricollocati al loro posto in memoria di quella terribile strage. Ora il Corridoio Vasariano fa parte della Galleria degli Uffizi, e al suo interno è sistemata una raccolta di oltre 1000 dipinti, comprendente una delle più importanti collezioni al Mondo di ritratti dipinti tra il Seicento e il Settecento. Per via delle dimensioni e per esigenze di protezione delle opere, il Corridoio Vasariano può essere visitato solo su appuntamento.

Emma Calabrese, Eryka Gaggelli

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Il PONTE VECCHIO

Il Ponte Vecchio fu costruito intorno al 1177, vicino ad un attraversamento di epoca romana,ma a seguito di un'alluvione fu ricostruito a tre arcate nel 1345,dopo una violenta alluvione che aveva distrutto il precedente.Sopra Ponte Vecchio possiamo vedere una parte del bellissimo Corridoio Vasariano,che fu costruito nel 1565 da Giorgio Vasari,commissionato dai Medici che permetteva loro di spostarsi

da Palazzo Vecchio a Palazzo Pitti senza attraversare le strade di Firenze.Al tempo della costruzione del Corridoio,sul Ponte Vecchio erano riunite le botteghe dei macellai,che probabilmente con la loro attività disturbavano il passaggio dei Medici, al punto che che ,nel 1593, le fecero spostare sostituendole con le più decorose botteghe orafe. Al centro del ponte le botteghe sono

interrotte da due terrazze panoramiche. Quella ad est è sormontata dal Corridoio Vasariano, mentre l'altra ospita il monumento con busto di Benvenuto Cellini ,famoso scultore fiorentino, realizzato da Raffaello Romanelli ed inaugurato il 26 maggio del 1901. L'opera è abbellita da una fontanella, collocata in occasione delle celebrazioni del quarto centenario della nascita del Cellini. L'acqua zampilla da quattro mascheroni posti sugli spigoli del piedistallo e convogliata in altrettante vasche a valva di conchiglia eseguite da Egisto Orlandini. Il basamento presenta festoni, mascheroni, zampe leonine , teste di caprone (emblemi di Cosimo I) e anelli con diamante.La cancellata del monumento al Cellini è usata dagli innamorati per apprendere dei lucchetti con scritte a pennarello,simboli di un legame amoroso indissolubile;le chiavi dei lucchetti vengono gettate nell'Arno affinché simbolicamente nessuno possa più toglierli. Questa usanza,iniziata forse dai militari dell'Accademia di San Giorgio alla Costa,risale a non più di 20 anni fa,prima ancora del più conosciuto Ponte Milvio a Roma. L'Amministrazione comunale,per porre freno all'enorme mole di lucchetti che deturpavano ormai le decorazioni del ponte,ha stabilito nel 2006 una multa di 50 euro. Ponte Vecchio è composto da tre ampi valichi ad arco ribassato che superano il modello romano che prevedeva l'uso esclusivo di valichi a tutto sesto. Questa antica tecnica nel caso di un ponte molto lungo richiedeva un gran numero di arcate ma creava potenziali pericoli in caso di pendenza accentuata. Altra caratteristica, ben più evidente al turista ma meno rivoluzionaria,è il passaggio fiancheggiato da due file di botteghe artigiane,ricavate da antichi portici chiusi che lo hanno reso famoso. Esse si affacciano tutte sul passaggio centrale,ciascuna con un'unica vetrina chiusa da spesse porte in legno,e spesso presentano un retrobottega costruito a sbalzo sul fiume e sostenuto da beccatelli. Ai quattro angoli del ponte esistevano altrettante torri che ne controllavano l'accesso,ma è rimasta solo la Torre dei Mannelli,perché la torre dei Rossi-Cerchi fu ricostruita dopo i bombardamenti del 1944. Durante la seconda guerra mondiale le truppe tedesche distrussero tutti i ponti di Firenze,eccetto questo.Il 4 Novembre 1966 il Ponte Vecchio sopportò miracolosamente l'enorme ondata di acqua dell'Arno in piena.

Alessia Costagli e Martina Oliva

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Palazzo PittiFirenze, città importante per la cultura e l'arte, ospita Palazzo Pitti ,uno dei simboli più famosi della presenza dei Medici.

Palazzo Pitti deve il suo nome alla famiglia Pitti che lo fece costruire nel 1457 su disegno di Filippo Brunelleschi; acquistato nel 1550 da Cosimo I de Medici divenne ,a partire dal 1737, la residenza degli Asburgo di Lorena,Granduchi di Toscana e successivamente residenza del del Re d'Italia. Il Palazzo è attualmente sede di quattro musei che ospitano importanti dipinti, sculture e oggetti d'arte.L'ala sinistra del primo piano di Palazzo Pitti ospita la Galleria Palatina. Tra la fine del Settecento e i primi dell'Ottocento gli Asburgo di Lorena collocarono al suo interno circa 500 opere, scelte tra i capolavori dei più grandi artisti italiani ed europei. Fra di essi possiamo citare Raffaello, Botticelli, Caravaggio, Van Dyck e Rubens ed altri grandi maestri del Rinascimento e del Barocco.Oltre alla Galleria, al primo piano, sono situati gli Appartamenti Reali, che ospitarono i Medici e gli Asburgo Lorena e, successivamente, la famiglia reale dei Savoia.All'ultimo piano di questo enorme palazzo troviamo la Galleria d'Arte Moderna che ospita dipinti risalenti al periodo compreso tra gli inizi dell' Ottocento e i primi anni del Novecento.Il Tesoro dei Granduchi, noto anche come Museo degli Argenti, è invece situato al piano terra. Al suo interno è conservato il famoso tesoro dei Medici,che comprende vasi in pietra dura, cristalli di rocca, ambre e avorio. Sono inoltre conservati argenti provenienti dal cosiddetto “Tesoro di Salisburgo”,le collezioni dei vescovi dell'omonima città trasferiti a Firenze da Ferdinando III di Lorena.

Raffaello - Madonna della seggiola

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Il Museo della Moda e del Costume, noto anche come Galleria del Costume, è ospitato nella Palazzina della Meridiana, e rappresenta il primo museo dedicato alla Storia della Moda Italiana. Al suo interno sono esposti abiti e accessori risalenti agli ultimi 300 anni, ma possiamo trovare anche abiti indossati da attori celebri del Cinema e del Teatro.Di inestimabile valore è la mostra degli abiti indossati da Cosimo I de Medici, dalla moglie e dal figlio, nel lontano Cinquecento.Il Palazzo si affaccia sul famoso Giardino di Boboli, il cosiddetto “polmone verde” della città.Il modello di questo giardino ispirò molti dei giardini reali europei, in particolare quello della reggia di Versailles. Sotto i Medici e, successivamente gli Asburgo di Lorena, il giardino fu costantemente arricchito di bellissime statue.Passeggiando per il giardino, si possono visitare l'Anfiteatro, il Viottolone, il Prato del Cavaliere e la torre verde del Koffeehouse.Assolutamente da non perdere è la Grotta Grande, suddivisa in tre camere. La prima è stata

affrescata in modo tale da creare l’illusione di essere in una grotta popolata da animali; la seconda ospita invece il gruppo scultoreo di Paride ed Elena dell'artista Vincenzo del Rossi; nell'ultima troviamo, infine, la statua di Venere al

bagno. La scelta di questi soggetti non è stata puramente casuale: essi hanno infatti la funzione di ricordare gli incontri amorosi segreti del Granduca Francesco I. Alla fine della passeggiata è d'obbligo un saluto al Nano Morgante in sella alla tartaruga di marmo!

Deana Xhaferi

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Firenze la meta turistica ambita da tutto il Mondo

Come tutti sanno Firenze è una delle mete più richieste dagli stranieri, ed infatti negli ultimi anni siamo arrivati ad avere fino a 90 milioni di turisti all'anno in gran parte: statunitensi (20%), tedeschi (13%), inglesi(7,8%), giapponesi(8%), francesi (5,7%) e spagnoli(5%).

A Firenze i luoghi più visitati sono:

Gli Uffizi, una delle più prestigiose gallerie d'arte italiane e del Mondo, con un patrimonio inestimabile ed enorme di opere d'arte,molte delle quali conservate nei magazzini e non esposte al pubblico. Da un punto di vista storico sono curiose le origini e lo sviluppo di questo museo, che nacque per tutti altri scopi.

La Chiesa di Santa Croce, ambita per i suoi affreschi e per l'architettura. Questa chiesa è "il tempio dell' itale glorie",come scrisse Ugo Foscolo, in quanto vi sono sepolti geni quali Galileo, Michelangelo, lo stesso Foscolo, Machiavelli, Rossini ed altri ancora ed inoltre è uno dei più begli esempi di gotico italiano.

Palazzo Vecchio, fulcro della vita politica e civile della Firenze Rinascimentale è uno degli emblemi della città. La sua slanciata architettura con i merli e la torre rappresenta bene il profilo dei palazzi civici del trecento italiano .

Palazzo Pitti , inconfondibile capolavoro del Rinascimento fiorentino, oltre alle bellezze legate più propriamente alla sua struttura (come il Giardino di Boboli, il Teatro del Rondò di Bacco, la stessa splendida Piazza de'Pitti e altre ancora), ha da offrire un eccezionale attrazione museale. Sono infatti molti gli spazi espositivi all'interno di Palazzo Pitti, e ognuno di essi offre percorsi straordinari tra un'infinità di capolavori di tutte le epoche

La Cattedrale metropolitana di Santa Maria del Fiore , è un esempio di ingegno e arte ed è la principale chiesa fiorentina, simbolo della città tra le più famose d'Italia, nonché la terza chiesa al Mondo per grandezza. Essa sorge sulle fondazioni di un'antica cattedrale.

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Il Museo del Bargello, uno dei luoghi più suggestivi di Firenze.

Importante dal punto di vista storico-culturale, è oggi una delle mete più visitate dai turisti, grazie anche alle varie collezioni che presenta.

A distinguere il Bargello e a renderne chiara l'immagine guardando da lontano è la Torre Volognana, alta quasi 60 metri, che per secoli ha ospitato un' angusta prigione.

Giardino di Boboli,è un giardino enorme, che ad ogni angolo sorprende con uno scorcio, una statua, un monumento inatteso e fantastico. Si trova sul retro di Palazzo Pitti, la residenza dei Medici passata poi ai Lorena e infine ai Savoia. Si tratta di un grande spazio verde che si estende su 45.000 metri quadrati ed è un meraviglioso esempio di giardino all'italiana di cui i fiorentini possono godere gratuitamente (a loro basta esibire un documento di identità per attestare la residenza), l'ingresso dei turisti è invece a pagamento.

Ponte Vecchio, Il ponte più bello di Firenze e uno dei più fotografati del Mondo; è composto da tre ampie arcate ad arco ribassato ed è il primo ponte a essere costruito in questo modo in Occidente. Alcune curiosità:al centro del ponte ci sono due terrazze panoramiche; fu l'unico ponte della città che i tedeschi nel 1944 non fecero saltare in aria.

Eryka Gaggelli

Emma Calabrese

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Firenze tra i Guelfi e i Ghibellini

I Guelfi e i Ghibellini erano i due gruppi opposti nella politica italiana dal XII secolo fino alla nascita delle Signorie nel XIV secolo. Le origini dei nomi risalgono alla lotta per la corona imperiale dopo la morte dell'imperatore Enrico V (1125) tra le casate bavaresi e sassoni dei Welfen (pronuncia velfen, da cui la parola guelfo) e quella sveva degli Hohenstaufen, signori del castello di Waiblingen (anticamente Wibeling, da cui la parola ghibellino). Successivamente,quando che la casata sveva si aggiudicò la corona imperiale e Federico I Hohenstaufen cercò di affermare il proprio potere sul Regno d’Italia, i due nomi finirono per distinguere chi appoggiava l'impero (Ghibellini) e chi lo contrastava in appoggio al papato (Guelfi). I termini guelfo e ghibellino, denominarono nella penisola italiana ,nella seconda metà del XII secolo due movimenti politici che sostenevano rispettivamente Papato e Impero. In un primo momento, i due partiti non ebbero il significato che poi acquistarono successivamente. Furono entrambi partiti imperiali: uno, quello che poi prese il nome di Guelfo, sostenne vari pretendenti della casa di Baviera, tra i quali, alla morte di Enrico VI (1198), Ottone IV di Brunswick; l'altro, che poi prese il nome di Ghibellino, portava sugli scudi Federico II. Soltanto più tardi, i Guelfi si sarebbero schierati, non più dalla parte dell'imperatore, ma da quella del Papa. La stessa denominazione di Guelfi e Ghibellini fu una creazione linguistica di Firenze, che ebbe straordinaria diffusione in Italia ,prima e poi in tutta l'Europa. Come gli Hohenstaufen erano diventati gli Stuffo e gli Svevi, i Soavi, nella stessa maniera il nome di Welf divenne Guelfo, e quello di Weibling, Ghibellino.Nel 1239 compare per la prima volta la parola "guelfi", nel 1242 la parola "ghibellini"; negli anni successivi esse furono ricordate anche nei documenti come attestano,per esempio, una lettera dei capitani della pars guelforum fiorentina (1246) e in una menzione nella Cronaca di Giovanni Codagnello del 1248.

Ciò porterebbe a fermarsi sul tema dei guelfi e dei ghibellini solo nell'ottica toscana-fiorentina, se non fosse che una tale divisione in partiti si inserisce nel problema più vasto dello sviluppo delle partes all'interno dei comuni nell'epoca di Federico I.

Infatti, tra la fine del XII secolo e la metà del successivo, si formarono, all'interno di quasi tutte le città, due partes che si schieravano da una parte o dall'altra nella contesa tra papato e Impero.

Anche a Firenze ,nei primi decenni del Duecento, esistevano le premesse che stavano portando in tutta Italia alla formazione dei due partiti. Più che nella contesa tra Buondelmonti e Amidei del 1216, il fatto che le fazioni si svilupparono in questa età è confermato dai nomi stessi, che fanno riferimento alla contesa, nella successione a Enrico V, tra la casa di Baviera (Welfen), rappresentata da Ottone IV, e quella di Svevia (originaria del castello di Waiblingen), a cui apparteneva Federico II. All'interno della città si crearono una serie di conflitti, che dettero luogo a quella che Davidsohn chiama una “guerra civile” per il controllo del consolato, cioè del Comune, tra i gruppi opposti degli Uberti e dei Fifanti. I conflitti privati sfociarono poi nella creazione di vasti, e tendenzialmente polarizzati, schieramenti, come suggerisce la vicenda dei Buondelmonti e degli Amidei (1216).

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In Italia tradizionalmente guelfi furono i Comuni di :Milano, Mantova, Bologna, Firenze, Lucca, Padova; famiglie guelfe furono la bolognese Geremei, la genovese Fieschi, la milanese Della Torre, la riminese Malatesta, la ravennate Dal Sale e le dinastie di origine obertenga come la ferrarese Este e alcuni rami dei Malaspina.

Tradizionalmente ghibellini, cioè filo-imperiali e filo-svevi, furono i Comuni di: Pavia, Asti, Como, Cremona, Pisa, Siena, Arezzo, Parma, Modena. In Italia famiglie ghibelline furono le bolognesi Lambertazzi e Carrari, le comasche Frigerio e Quadrio, le milanesi Visconti, le astigiane Guttuari, le toscane Guidi e Ubaldini di Arezzo, le ferraresi Torelli-Salinguerra, le forlivesi Ordelaffi, le fiorentine Degli Uberti e Lamberti, le pisane Della Gherardesca, le trevigiane Da Romano, le senesi Salimbeni e Buonconti, gli Aleramici del Monferrato, e le dinastie di origine obertenga come i Pallavicino e altri rami dei Malaspina. Molto frequenti furono comunque i cambi di bandiera, per cui città e famiglie tradizionalmente di una parte non esitarono, per opportunità politica, a passare alla fazione opposta.

Il conflitto fazioso sarebbe stato provocato da una ritorsione, il "Convito" del 1216 tra alcune famiglie dell'aristocrazia fiorentina, specialmente i Buondelmonti, gli Amidei e i Fifanti.

Due “consorterie”, ovvero due gruppi di nobili legati da parentele e relazioni di clientela, diedero inizio a un litigio privato in un vero e proprio conflitto politico. Un matrimonio, previsto originariamente per ravvicinare due famiglie rivali, i Fifanti-Amidei ed i Buondelmonti, andò a monte: lo sposo, Buondelmonte de' Buondelmonti, rifiutò la donna a lui promessa, figlia di Amidei, e preferì contrarre un'altra alleanza matrimoniale. Lo scontro familiare finì col coinvolgere tutta la società nobile fiorentina.

Gli Amidei decisero di vendicare l'affronto subito e il giorno di Pasqua del 1216, insieme ad alcuni alleati, attesero il passaggio di

Buondelmonte in una zona non lontana da Ponte Vecchio per assalirlo ed ucciderlo. Con gli Amidei si coalizzarono gli Uberti e i Lamberti, che avevano tutti le proprie case nel settore cittadino più a meno tra Ponte Vecchio e piazza della Signoria; dall'altro i Buondelmonti, i Pazzi e i Donati, che abitavano tra via del Corso e la Porta San Piero. La salda fedeltà degli Uberti all'imperatore fece sì che i due schieramenti cittadini si raccordarono a quelli sovra cittadini delle contese tra papato e impero, anche se in realtà in origine "guelfo" ebbe un significato semplicemente di "anti-ghibellino", indipendentemente dall'appoggio al papato.

L'omicidio di Buondelmonte è considerato un evento molto importante della storia medioevale di Firenze. Fu uno degli avvenimenti che letterati e storici dell'epoca riportarono maggiormente, poiché questo assassinio,secondo i contemporanei, rappresentò il pretesto iniziale delle lotte tra Guelfi e Ghibellini. La discordia tra fazioni portò sangue e distruzione e sottolineò uno dei periodi più difficili della città del giglio.

Amidei

Buondelmonti

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Parlare di Guelfi e Ghibellini, nella Firenze medievale, equivale a parlare di una guerra fra fazioni, che si contrapponevano ,non solo sul piano politico ma anche sul piano religioso e ,in un certo senso, anche morale come dimostrano gli stemmi scelti da entrambe e sopratutto la loro interpretazione.

I Guelfi avevano ricevuto il loro stemma direttamente da papa Clemente IV che,come ricorda il Villani nelle sue Cronache lo aveva regalato ad una delegazione di fuoriusciti fiorentini. I Guelfi di Firenze vi aggiunsero un piccolo giglio rosso - simbolo del Comune fiorentino dal 1251 - collocato sopra la testa dell'aquila.

L'immagine dell'aquila che artiglia un serpente è un tema antico che simboleggia la lotta tra il Bene e il Male ,e quindi è comprensibile che essa rappresentasse il presagio di una crociata contro gli Svevi e contro Manfredi e i suoi alleati ghibellini.Nello stemma adottato dai guelfi in Firenze l'aquila che aggredisce il serpente,o nella visione apocalittica il drago, non è altro che l'allegoria della Chiesa che si impossessa dell'Impero e lo sottomette.

I Ghibellini,d'altra parte ,avevano scelto per il loro stemma un uomo vestito che, a cavalcioni della bestia, ne disarticola le fauci prendendolo alle spalle. Un sigillo della parte ghibellina, datato agli ultimi decenni del XIII secolo e conservato presso il Bargello, viene descritto: "Ercole a cavallo del Leone Nemeo, in atto di sganasciarlo; nel fondo alcune pianticelle con trifogli".Secondo alcune interpretazioni la figura umana rappresenterebbe davvero l'eroe Ercole che vince la forza del leone Nemeo. Il Marzocco ( contrazione di un diminutivo di Marte, Martocus) ,che ancora rappresenta la città, altro non sarebbe che la l'interpretazione allegorica della distruzione della statua del dio Marte che si trovava sul Ponte Vecchio avvenuta nel 1333 a seguito della terribile alluvione. In quell'anno Marte ,da sempre considerato il protettore di Firenze e scelto da quella parte filo- guelfa dei fiorentini che dominavano allora la città ,sarebbe stato distrutto liberando ,in un certo senso, Firenze dagli odiati guelfi. Insomma, per tornare ad una interpretazione più allegorica,il Bene avrebbe vinto sul Male e quest'ultimo rappresentato dal Leone sarebbe stato il simbolo della superbia, ferocia e forza incontrollata,come viene rappresentato sia in Dante sia nel Vecchio e nel Nuovo Testamento.

Per concludere,sia la parte guelfa sia la parte ghibellina combattevano per sconfiggere il Male, rappresentato vicendevolmente da entrambe.

Fabrizio Giacomini

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Le Grandi Biografie

Leone XI de' Medici

Ho deciso di raccontare la storia di Leone XI perchè tra i tanti papi che Firenze ha dato alla Chiesa pi è sembrati il più interessante,sia sul piano umano sia sul piano storico.Leone XI (1535-1605),al secolo Alessandro de' Medici,figlio di Ottaviano e di Francesca Salviati, fu un papa eccellente e stimato per la sua integrità morale e rimase Pontefice per soli 26 giorni. Non si sa molto della sua infanzia e dell'adolescenza, se non quello che riporta un

manoscritto, solo parzialmente decifrabile ,perché danneggiato, custodito nella Biblioteca Casanatense di Roma. Sembra che egli, rimasto orfano di padre ed unico maschio in una casa di tutte donne, fosse affascinato dall'insegnamento del domenicano Vincenzo Ercolani della chiesa di S. Marco. La madre, temendo che l'unico figlio maschio prendesse i voti, chiese aiuto a Cosimo I, cugino in secondo grado del giovane Alessandro. Il duca se lo tenne vicino, ma non volle immischiarsi nelle scelte del giovane, il quale continuò a scontrarsi con la madre, che lo accusava inoltre di condurre un tenore di vita superiore alle disponibilità familiari. Nel 1560 Alessandro accompagnò il duca a Roma e si fermò dal cugino Giovanni Battista Salviati, che lo presentò a don Filippo Neri, dal quale fu

molto colpito. Rientrato a Firenze continuò a frequentare la corte e gli ambienti religiosi. La madre spirò nel 1566, lasciandolo libero di disporre della propria esistenza. Alessandro decise allora di prendere gli ordini con il consenso di Cosimo I, del cardinal Francesco Salviati e di Antonio Altoviti, arcivescovo di Firenze. Si dedicò quindi agli studi ecclesiastici, ma non avanzò particolarmente nella vita speculativa, essendo, scrive il suo biografo, di carattere eminentemente pratico. Fu ordinato sacerdote da Altoviti il 22 luglio 1567 e nello stesso anno fu nominato da Cosimo I Cavaliere di S. Stefano. Si ritirò poi nelle immediate vicinanze di Firenze, ma il duca lo richiamò per designarlo ambasciatore a Roma, il 10 giugno 1569, desiderando di avere qualcuno della famiglia accanto al proprio figlio, il cardinal Ferdinando. Alessandro non conosceva l'ambiente romano e Francesco de Medici lo raccomandò a Guglielmo Sirleto. Inoltre fu posto sotto la protezione di Francesco Pacheco e assieme a Michele Bonnelli lo presentò a Pio V al quale fece buona impressione,tanto da nominarlo protonotario apostolico il 20 giugno 1569. Iniziava così, sotto i migliori auspici, una permanenza destinata a durare sino al febbraio 1584. Il neoambasciatore si dovette subito mettere all'opera per giustificare la posizione della Corona francese nella guerra di religione in corso. Il 3 agosto Alessandro segnalò al suo duca che il papa era estremamente mal disposto verso Enrico IV, il re di Francia, perché quest'ultimo non aveva

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schiacciato gli ugonotti dopo la vittoria di Jarnac. Ben presto il Medici si rivelò assai abile negli intrighi e dovette spesso fronteggiare situazioni scabrose; per esempio, dovette smorzare lo scandalo dell'arresto ,nel contado di Vitorchiano, di "un soldatello, o per dir meglio ladroncello, Aretino" - riporta il manoscritto - che dichiarò di essere stato inviato dal principe fiorentino per organizzare l'uccisione del cardinal Alessandro Farnese. Questi organizzò un processo a Viterbo,

in cui fece confessare al presunto reo altre "cose impossibili a essere vere". Infine il Medici riuscì a convincere Pio V e il cardinale Farnese che si trattava di una montatura. Durante i primi anni egli dovette affrontare gli attacchi spagnoli alla politica in favore della Francia tenuta dalla Signoria fiorentina. L'opposizione crebbe e Cosimo I tentò di far avere a Caterina de' Medici la dispensa per il matrimonio di Enrico di Navarra, il futuro Enrico IV, con sua figlia Margherita di Valois, sorella di Enrico III. Il 28 agosto 1571, Alessandro de' Medici, accompagnato da Antonio Maria Salviati, fratello di Giovanni Battista, e consigliato da questi, si presentò a Pio V, sollecitandone l'intervento, ma in questo e negli incontri successivi,il papa dichiarò che avrebbe

acconsentito soltanto se il Navarra e l'ammiraglio Gaspard de Coligny, il vero leader degli Ugonotti, si fossero convertiti. L'ambasciatore di Firenze aiutato anche dal suo omologo in Francia, Giovanni Maria Petrucci, volle sollevare dall'incarico il nunzio pontificio a Parigi ,Flavio Mirto Francipani,poiché giudicato un ostacolo al matrimonio. Alessandro lo riteneva capace di convincere il papa a tenere duro, persino se la Francia avesse attuato le minacce di scisma ventilate da Caterina de' Medici. Il Petrucci diffuse quindi la voce che Frangipani era uomo dei Guisa e di Filippo II re di Spagna; Alessandro de' Medici fece quindi sapere alla Curia romana che lo stesso era troppo legato a Caterina de' Medici per badare agli interessi papali e avverso a Firenze perché al soldo dei duchi di Ferrara. Le accuse erano troppo diverse, ma i Fiorentini volevano allontanare ad ogni costo il loro avversario. D'altronde nelle loro manovre giocavano anche motivi di tornaconto privato: Antonio Maria Salviati contava infatti di prendere il posto di Frangipani. Nel frattempo Alessandro de' Medici sperava di minare anche la credibilità degli inviati spagnoli; tanto più che il papa teneva i Fiorentini all'oscuro di quanto si discuteva nella Lega formata per contrastare i Turchi. Entrambe le manovre fallirono quando la vittoria di Lepanto rafforzò la posizione spagnola e ridusse il credito fiorentino in Curia,poiché la fiducia del pontefice in Frangipani era solidissima.

In questa prima fase della sua carriera, Alessandro fu molto legato al cardinale Ferdinando de' Medici, con il quale ebbe una consuetudine quotidiana. Il suo miglior amico rimase tuttavia Filippo Neri, con cui riannodò i contatti non appena arrivato a Roma. L'ambasciatore mediceo divenne allora ospite abituale dell'Oratorio e si legò fortemente a quell'ambiente, tra l'altro molto favorevole alla Francia, nonostante non condividesse le simpatie di Filippo Neri per il Savonarola.

Enrico IV di Francia

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Alessandro de' Medici ebbe di conseguenza l'onore nel 1575 di posare la prima pietra della Chiesa Nuova, della quale celebrò anche la consacrazione nel 1599. Assieme al cardinale Federico Borromeo si preoccupò inoltre di far riesumare le spoglie dell'amico e maestro, inizialmente poste nella tomba comune della Congregazione, per metterle in luogo più acconcio. Secondo una tradizione, che si appoggia sugli Annali di Cesare Baronio, Filippo Neri gli avrebbe predetto la tiara, ma anche un breve pontificato.I suoi primi passi non gli valsero l'assoluta confidenza granducale, né quella del cugino Ferdinando. Alla morte di Pio V, quando Cosimo I decise d'inviare a Roma due suoi ambasciatori, Bartolomeo Concini e Belisario Vinta,per influenzare i cardinali nell'elezione del prossimo pontefice, Alessandro de' Medici non cercò di imporsi, tanto più che egli sperava ,come il duca, nell'elezione del cardinale Ugo Boncompagni. Dopo l'elezione di Gregorio XIII sia Concini, sia Ferdinando de' Medici se ne attribuirono ogni merito. Alessandro era meno convinto della possibilità di avvantaggiarsi dell'ascesa di Gregorio XIII e sfruttò la propria amicizia con Diomede Leoni, vecchio e astuto curiale, per entrare in contatto con Matteo Contarelli, il nuovo datario. Ebbe così un duplice accesso privilegiato al pontefice, che gli confermò subito stima ed amicizia. Tale favore gli venne presto utile, quando si aprì la successione alla diocesi pistoiese. Riuscì quindi a farsi nominare a Pistoia con il pieno assenso del papa (9 marzo 1573). Il Medici, però, dovette comunque rimanere a Roma, ma governò la diocesi tramite Bastiano de' Medici e fece rigidamente applicare i decreti tridentini, in particolare costringendo i parroci a rispettare l'obbligo di residenza. Soppresse la tassa vescovile sui benefici vacanti e riuscì a diminuire le tensioni tra la propria diocesi e la prepositura di Prato; ma avrebbe dovuto occuparsi per poco tempo di Pistoia, perché il 27 dicembre 1573 Francesco de' Medici scrisse a Gregorio XIII comunicandogli la grave malattia di Altoviti, l'arcivescovo di Firenze. Due giorni dopo l'arcivescovo morì e Cosimo I fece sapere a Gregorio che avrebbe accolto con piacere la nomina di Alessandro. Dopo essere stato nominato arcivescovo di Firenze, Alessandro mantenne la sua residenza a Roma ed incaricò il vescovo di Camerino e suo cugino Bastiano de' Medici di occuparsi della curia fiorentina. Il suo governo a distanza, pur apprezzato da molti, non fu, però, esente da critiche soprattutto perché il nuovo arcivescovo e i suoi uomini entrarono in conflitto con i canonici della cattedrale, dei quali non rispettarono i privilegi, e soprattutto con l'ambiente nutrito di ideali savonaroliani. La sua lontananza era ,tuttavia,in evidente contrasto con i principi che egli stesso difendeva, come gli fece notare nel 1582 Carlo Borromeo. Nel 1583 Gregorio XIII lo nominò cardinale ma gli disse esplicitamente che non poteva abbandonare la Città Eterna senza il consenso granducale,che infine giunse, e il 12 maggio 1584 l'arcivescovo poté prendere possesso della sua diocesi. La sua attività riformatrice divenne ancora più intensa e culminò nel sinodo del 1589.Ribadì inoltre l'importanza dell'Indice dei Libri Proibiti e impose uno strettissimo, ma di fatto spesso disatteso, controllo sulle botteghe librarie.

Gregorio XIII

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Il Medici passò tutti gli anni Ottanta nella sua diocesi, che divenne un punto di riferimento per i nunzii pontifici. D'accordo con il Granduca Ferdinando I, operò per rivalutare il passato religioso della città, tramite la ricognizione delle reliquie dei santi, e contribuì all'introduzione delle Quarantore, cioè l'adorazione delle specie eucaristiche anche fuori della Settimana santa. Nel 1589 ordinò la terza visita pastorale, delegata al Ceccarelli, che si occupò anche delle pievi e delle parrocchie di campagna, nonché delle Confraternite degli ospedali e degli istituti di carità. Una quarta seguì nel 1593. Non abbandonò comunque lo scenario romano. Sul piano intellettuale intrattenne un lungo carteggio (1584-1585) con Guglielmo Sirleto a proposito della traduzione in volgare del martirologio. Su quello politico rafforzò i suoi contatti tanto che il cardinal Alessandro Damasceno Peretti, pronipote di Sisto V, lo presentò come papabile nel conclave che elesse nel 1590 Gregorio XIV. Fu riproposto anche nel 1591, quando la ferma opposizione spagnola gli fece preferire Giovanni Antonio Facchinetti. In questa circostanza Alessandro decise di appoggiare Facchinetti, scatenando le ire di Ferdinando I, cui il cardinale rispose duramente di non essere il suo "schiavo". Dal 1590 Alessandro visse di nuovo stabilmente a Roma e la sua posizione divenne centrale sotto Clemente VIII. Da Roma comunque premeva su Ferdinando, perché appoggiasse la riforma dei monasteri, soprattutto femminili. In cambio il cardinale agiva nuovamente da intermediario fiorentino nella Città Eterna. Così nel 1592 trattò con Clemente VIII per la riduzione della manomorta ecclesiastica nello Stato mediceo, ma il papa restò fermo sulla sua posizione e il cardinale e il granduca non seppero dargli torto, pur sperando in un qualche contenimento delle sue pretese. Il cardinale Medici riprese inoltre a interessarsi delle questioni francesi, spinto da Ferdinando I e da Filippo Neri. In particolare utilizzò il suo ascendente per chiedere al papa di assolvere dalle censure Enrico IV di Francia, convertitosi a St. Denis il 25 luglio 1593. Il pontefice era favorevole a un'apertura alla Francia, ma temeva la reazione spagnola: il cardinale seppe confortarlo e contemporaneamente guidò abilmente il cardinale Jacques Davy du Perron, venuto a Roma per difendere la causa del suo sovrano. Clemente assolse il re francese il 17 settembre 1595, nel corso di una fastosa cerimonia che fece molto colpo. Nel frattempo il Medici impedì che i Gesuiti protestassero troppo veementemente contro il re francese, che non aveva concesso al loro Ordine di rientrare Oltralpe. Era quindi inevitabile che il pontefice pensasse ad Alessandro de' Medici, quando si prospettò la necessità d'inviare in Francia un legato affiancato dal nunzio Francesco Gonzaga. La sua missione aveva fini ,ad un tempo, diplomatici (ricerca della pace fra Spagna e Francia per organizzare una crociata contro i Turchi ed allontanare la Francia dall'Inghilterra e dall'Olanda) e religiosi (restaurare la religione cattolica e appianare le situazioni irregolari provocate dalla vacanza di numerosi seggi episcopali). Per raggiungere questo secondo scopo il legato doveva far ratificare a Enrico IV l'atto d'abiura e ottenere la pubblicazione dei decreti tridentini e il rientro dei Gesuiti in Francia, obiettivi particolarmente cari al papa. Alessandro fu nominato legato "a latere" nel Concistoro del 3 aprile 1596, quando furono anche preparate le bolle con le sue facoltà generali, cui si aggiunsero ,il 19 giugno, facoltà complementari tra le quali l'assoluzione degli eretici convertiti. Partì da Roma il giorno seguente con un seguito di oltre duecento persone.

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Si fermò a Firenze il 17 maggio e il 6 giugno fu ospite di Carlo Emanuele I di Savoia, che gli rivelò la sua stanchezza per il continuo guerreggiare, ma adombrò anche il sospetto che Medici portasse l'oro di Ferdinando I a Enrico IV. Il 21 luglio fu a Parigi, dove entrò solennemente. Nel frattempo era scoppiata la polemica sulle sue credenziali: il re aveva ovviamente dato il suo "placet", ma il Parlamento parigino non voleva accettare i riferimenti al concilio di Trento nelle bolle papali. Il legato fece allora sapere che non avrebbe ratificato clausole restrittive. Di fatto la registrazione e la pubblicazione delle credenziali avvenne ,infine, con riserva,anche se il re continuò a esprimere pubblicamente il suo favore al legato e il 19 agosto 1596 firmò l'atto solenne della propria riconciliazione con la Chiesa. Nei due anni che seguirono Alessandro non risiedette sempre a Parigi. Dall'8 dicembre 1596 al 2 febbraio 1597 soggiornò a Rouen assieme

alla corte; dall'ottobre 1597 al giugno 1598 si recò in Piccardia, dapprima a St-Quentin e poi a Vervins, dove si spostò la conferenza che doveva portare alla pace omonima. Intanto il Medici, le cui facoltà erano state ampliate nel giugno 1597, risolveva le questioni d'etichetta e di precedenza e metteva d'accordo i plenipotenziari spagnoli e francesi,nonostante i sessantatré anni sonati, nei negoziati che si susseguirono dal 9 febbraio al 2 maggio 1598. Una volta firmata la pace, Alessandro de' Medici rientrò a tappe a Parigi, dopo aver incontrato il re ad Amiens. Il 5 maggio il sovrano si era dichiarato soddisfattissimo con Francesco Bonciani, rappresentante fiorentino in Francia, ma ora non aveva certo intenzione d'accontentare Medici per quanto riguardava l'applicazione dei decreti tridentini e il ritorno dei Gesuiti in Francia. Il cardinale aveva dubitato sin dall'inizio di ottenere tutto quanto Clemente VIII si era aspettato: era stato infatti negativamente sorpreso per la resistenza del Parlamento

e per l'accordo tra cattolici e protestanti. Raggiunse Clemente VIII a Ferrara, dove fu ricevuto in Concistoro il 10 novembre 1598. Il pontefice non soltanto lo lodò in questa occasione, ma ne scrisse anche al re di Francia e lo designò quale prefetto della Congregazione dei Vescovi, carica che detenne sino almeno al 1600. A Roma, Alessandro non abbandonò le trattative francesi e continuò ad adoperarsi perché Enrico IV sposasse Maria de' Medici, figlia di Francesco I per far sciogliere il precedente matrimonio di Enrico IV e fu proprio lui a presiedere il 10 settembre 1599 la Congregazione cardinalizia che doveva permettere al re francese di risposarsi. Nel frattempo (aprile 1599) era morta Gabrielle d'Estrées ,la favorita del re, e fu perciò facile convincere il sovrano francese a sposare Maria de' Medici. A sottolineare il ruolo del cardinale de' Medici i due sposi gli chiesero nel 1602 di battezzare il futuro Luigi XIII, ma egli rifiutò temendo di offendere i congiunti filo spagnoli di Clemente VIII. In effetti l'anziano cardinale voleva capitalizzare la sua influenza romana. Il 30 agosto 1600 era stato designato cardinale vescovo di Albano e il 17 giugno 1602 di Palestrina e si tornava a parlare di lui come papabile, grazie anche agli ottimi rapporti con Alessandro Peretti e Pietro Aldobrandini, nipote del papa regnante.

Maria de' Medici

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Nel frattempo non aveva abbandonato la cura a distanza della sua diocesi.

Il peggioramento della salute di Clemente VIII spingeva intanto le grandi potenze a preparare la futura elezione. Il 28 ottobre 1604 Enrico IV di Francia esortò i suoi cardinali a tenersi uniti in caso di conclave e ad appoggiare il suo "congiunto" Alessandro de' Medici oppure Cesare Baronio, amico fedele della Francia. Il 7 marzo 1605 il re tornò sulla questione, prospettando al cardinal François Joyeuse la possibilità di comprare l'appoggio di Pietro Aldobrandini e il 16 ripeté allo stesso che gli raccomandava «sur toutes choses le cardinal de Florence». Da tempo invece la Spagna avversava la candidatura del Medici. Filippo III e i suoi consiglieri speravano infatti in Tolomeo Galli, allora settantanovenne, ispanofilo e soprattutto facilmente condizionabile. Alla morte di Clemente VIII il Sacro Collegio era composto da sessantanove cardinali, di cui cinquantasei italiani, sei francesi, quattro spagnoli, due tedeschi e uno polacco. Nove non parteciparono al conclave, aperto il 14 marzo 1605, e i restanti erano divisi in numerosi partiti. In primo luogo c'erano i due gruppi contrapposti, formati dai nove cardinali di Sisto V e dai trentotto di Clemente VIII; quindi il gruppetto dei sette cardinali designati da Pio IV e Gregorio XIII e i cinque di Gregorio XIV. Gli uomini del cardinal Peretti si avvicinarono agli spagnoli ,mentre il cardinal Aldobrandini portò i suoi a fianco dei francesi. Quest'alleanza sosteneva l'arcivescovo di Firenze, ma era aperta, su richiesta di Aldobrandini, anche alla possibilità di proporre Francesco Balandrata e Paolo Emilio Zacchia. Nel conclave si discussero ben ventuno nomi di papabili, più di un terzo dei presenti. In realtà, però, i veri candidati furono due soltanto, il Medici e il Baronio. Gli spagnoli ovviamente li avversavano entrambi, ma verso il secondo nutrivano odio a causa dei suoi scritti contrari alla casata spagnola. Infine, Peretti si disse disposto a far convergere i suoi voti su Medici e il cardinale di Firenze superò i due terzi dei voti nella notte tra il 1° e il 2 aprile.

Il Medici ,quindi,ascese al soglio pontificio con il nome di Leone XI,in omaggio al primo papa della sua famiglia.

I suoi collaboratori furono tutti fiorentini: Segretario di Stato il pronipote Roberto Ubaldini, chiamato tra i suoi familiari, al ritorno dalla Francia; Maestro di Camera Pietro Giacomo Cima; Tesoriere l'abate fiorentino Luigi Capponi; Segretario dei Brevi il fiorentino Pietro Strozzi; Capo della Consulta Pietro Aldobrandini; Penitenziere Cinzio Aldobrandini e Datario il cardinal Arrigoni. Complessivamente favorì i suoi concittadini, mentre non fu molto favorevole verso i familiari, ai quali impedì di presenziare alla presa di possesso in Laterano il 17 aprile. Una delle prime e delle poche questioni di cui si occupò durante i ventisette giorni del suo pontificato fu l'appoggio degli Imperiali in Ungheria contro i Turchi. A tal proposito si dichiarò, per il tramite del cardinale Ludovico Madruzzo, pronto a portare soccorso, anche se le casse della Santa Sede erano esauste. La Congregazione dei Cardinali per gli Affari Ungheresi deliberò in tal senso il 13 aprile 1605. Conformemente alla capitolazione elettorale, convocò una Congregazione Cardinalizia per riformare il conclave. Voleva infatti abolire l'uso di eleggere il pontefice mediante l'adorazione pubblica, sostituendola con la votazione segreta.

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La notizia sorprese i testimoni, soprattutto i francesi, che vi videro non soltanto il modo per liberare il partito aldobrandesco dal controllo del suo leader, ma anche per rimettere in gioco gli Spagnoli. Altre sorprese attendevano i Francesi. Leone XI non si considerava infatti una creatura di Enrico IV e comunicò al Marchese di Villena, l'ambasciatore spagnolo, che il re di Spagna avrebbe trovato nel pontefice un vero amico.

Il suo pontificato fu comunque troppo breve per giudicare quale avrebbe potuto esserne il corso. Oltre a quanto appena detto si guadagnò infatti il favore dei Romani abolendo ,il 10 aprile, il contributo imposto dal predecessore per il mantenimento della truppa ed emise un'ordinanza per formare una Congregazione Cardinalizia per le faccende relative a S. Pietro. Di fatto, l'evento più importante del suo brevissimo regno furono i festeggiamenti per la sua incoronazione, che ebbero luogo a Roma e a Firenze. A Roma, in particolare,si mosse verso S. Giovanni in Laterano ,nel pomeriggio del 17 aprile 1605, scortato da sessanta nobili romani e quaranta nobili fiorentini, tra i quali i rappresentanti delle famiglie Falconieri, Magalotti, Sacchetti e Strozzi. Nella piazza, passato ponte S. Angelo, trovò l'arco trionfale, eretto dalla comunità fiorentina, disegnato e ornato su progetto di Pietro Strozzi. Proprio durante la presa di possesso del Laterano il nuovo pontefice prese freddo e cadde preda della malattia che lo portò alla morte dieci giorni dopo. Perfino sul letto di morte fu incalzato perché concedesse la porpora al nipote Ottaviano de' Medici, ma egli si rifiutò di venir meno ai suoi principi, e sostituì addirittura il proprio confessore che ne aveva caldeggiato la candidatura,facendo chiamare per l' estrema unzione Pietro de Maria de la Peña, carmelitano spagnolo. La sua morte suscitò molto cordoglio in Roma, Firenze e in Francia. L'elogio funebre fu pronunciato in S. Pietro da Pompeo Ugonio, ma ricevette altri omaggi postumi, pubblicati a Roma e a Firenze. Le sue spoglie furono tumulate in S. Pietro, dove Roberto Ubaldini, divenuto cardinale sotto Paolo V, commissionò ad Alessandro Algardi un monumento funebre nella navata sinistra,ma l'opera si interruppe con la morte di Ubaldini nel 1635 e fu terminato soltanto a metà del Seicento. Negli anni successivi alla sua morte Leone XI fu ricordato come l'esempio di una carriera percorsa salendo scalino dopo scalino rispettando, allo stesso tempo, i propri principi e il Collegio dei cardinali. All'alta considerazione di cui egli godette contribuì molto la sua naturale modestia. Ne sono testimonianza le lettere che il pontefice aveva inviato il 14 marzo 1573 a Pietro Vasari e il 25 gennaio 1574 a Giorgio Vasari per ringraziarli delle felicitazioni per la nomina prima a vescovo di Pistoia e poi ad arcivescovo di Firenze. In entrambe le missive egli sottolineò come tra amici ritenesse inutili i complimenti. Ē importante ricordare che, arrivato a Roma,acquistò molte opere d'arte e ne divenne un collezionista accanito,tanto che, appena cinque anni dopo, già possedeva numerose statue con le quali aveva abbellito la sua villa presso S. Francesca Romana. Commissionò inoltre lavori per le chiese di S. Maria in Trastevere, S. Martino ai Monti, SS. Quirico e Giuditta, S. Prassede, Sant'Agnese fuori le mura e a Firenze fece rinnovare il Palazzo Episcopale nel 1574 e restaurare il Duomo nel 1582-1583.

Daniele Pascale

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FirenzeLa capitale provvisoria

15 settembre 1864, viene firmata a Parigi la Convenzione di Settembre tra il Regno d'Italia e la Francia di Napoleone III. La convenzione sanciva che ,nell’arco di due anni, le truppe francesi sarebbero state ritirate da Roma, in cambio dell’impegno italiano a rispettare l’integrità territoriale dello Stato Pontificio; il trattato conteneva anche una clausola segreta, che prevedeva il trasferimento della capitale da Torino a Firenze, come atto simbolico ed esplicito di rinuncia a pretese future sulla Città Eterna. Quando fu deciso lo spostamento della capitale e fu resa pubblica la notizia, il 21 settembre 1864, a Torino scoppiarono ribellioni che causarono molti feriti. Nonostante i fiorentini non

fossero contenti del trasferimento della capitale da Torino a Firenze erano ,tuttavia, consapevoli che questo spostamento era dettato da una scelta politica. A dimostrazione di questa “perplessità” è rimasta la testimonianza del nuovo prefetto, conte Girolamo Cantelli, con l’incarico di preparare il trasferimento della capitale,il quale giunto a Firenze da Parma il 22 settembre «Rimase stupefatto; credeva di trovare una città entusiasta, tripudiante, animata da un grande fervore di iniziative e invece incontrò molta indifferenza e una discreta preoccupazione» Il quotidiano La Nazione la definì per questi motivi "Capitale provvisoria". Nel febbraio del 1965 il re Vittorio Emanuele II si trasferì a Firenze, dove fu accolto da migliaia di persone con cortei e festeggiamenti in tutta la città. Una volta fatto un giro per la via principale di Firenze il re si diresse a Palazzo Pitti, che sarebbe stata la sua nuova residenza.Palazzo Vecchio invece, accolse la Camera dei Deputati. Come Capitale d’Italia, Firenze ospitò anche il Governo della Nazione, che in questo periodo era costituito dalla Destra Storica.

Torino: i tumulti scoppiati alla notizia dello spostamento della capitale a Firenze

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Firenze rimase capitale per circa sei anni e poiché la città doveva ricoprire un ruolo così importante, si fecero molte opere per il risanamento che erano assolutamente indispensabili. La più importante fu l'opera urbanistica che cambiò totalmente il volto della città e la rese più agevole. Furono abbattute le antiche mura ed al loro posto, sul modello di Parigi, si realizzarono i viali di circonvallazione, a quattro o a sei corsie che anche oggi circondano il centro di Firenze sulla sponda a nord dell'Arno, giungendo a Piazzale Michelangelo. Questi viali seguivano il percorso delle antiche mura dando a Firenze un volto funzionale e moderno, in linea con quello delle altre capitali europee. Da un punto di vista architettonico, il concetto dei viali è quello di un anello carrabile che collega il vecchio centro cittadino con le nuove costruzioni fuori dalle mura abbattute. Non furono demolite soltanto le Mura ma anche due delle porte più antiche,Porta alla Croce e Porta a Pinti, e il Torrino del Maglio.

La fortuna di Firenze capitale si concluse dopo che il 20 settembre 1870 ,con la Breccia di Porta Pia, il papa fu costretto ad arrendersi e Roma divenne ufficialmente territorio del Regno D'Italia. Al papa fu concesso solamente il Vaticano ed altre piccole residenze sul territorio romano. Il 3 febbraio 1871 Firenze,dopo quasi sei anni, cedette il primato a Roma che fu proclamata capitale del Regno D'Italia.

Kristjan Lleshi

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Un giorno memorabile

L'alluvione di Firenze 4 novembre 1966

Gli ultimi giorni di Ottobre e i primi di Novembre del 1966 erano stati caratterizzati da violente ed intense precipitazioni, interrotte solo da brevi schiarite nel giorno di Ognissanti. Le piogge erano aumentate di intensità nella giornata del 3 novembre, ma a Firenze e dintorni nessuno manifestava eccessiva preoccupazione; anzi, in città e nei dintorni ci si preparava a trascorrere in casa il 4 novembre, anniversario della vittoria nella prima guerra mondiale, allora festa nazionale......ed invece accadde un'apocalisse!Le vittime dell'alluvione furono relativamente poche anche perché il fiume esondò in città in piena notte,erano le 2:00 circa. Nessuno può dire cosa sarebbe accaduto se le acque avessero sorpreso i fiorentini che andavano al lavoro o i contadini all'opera nei campi in un giorno feriale.

L'alluvione del 1966 fu un evento eccezionale ed inaspettato per le sue proporzioni; mai a Firenze l'Arno, che pure aveva esondato spesso, aveva raggiunto una tale furia, come

attestano le targhe relative alle alluvioni precedenti come quella, fino ad allora reputata la più disastrosa, del 3 novembre 1844.

L'alluvione fu uno dei primi eventi in Italia in cui si evidenziò l'assoluta mancanza di una struttura centrale con compiti di protezione civile. I cittadini non furono avvertiti dell'imminente fuoriuscita del fiume, tranne alcuni orafi di Ponte Vecchio che ricevettero la telefonata di una guardia notturna che li invitava a

vuotare le loro botteghe; le notizie furono date con grande ritardo e i Media tentarono di sottacere l'entità del disastro. Durante i primi giorni gli aiuti provennero quasi esclusivamente dal volontariato e dalle truppe di stanza in città e per vedere uno sforzo organizzato dal governo bisognò attendere sei giorni .

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I cosiddetti "Angeli del fango" furono l' esercito di giovani e meno giovani, di tutte le nazionalità, che volontariamente, subito dopo l'alluvione, arrivarono a migliaia in città per salvare le molte opere d'arte e i libri custoditi nella Biblioteca Nazionale Centrale, situata in Piazza dei Cavalleggeri in prossimità del Lungarno. Lavorando incessantemente essi riuscirono a strappare al fango e all'oblio le testimonianze di secoli di Arte e di Storia. Questa incredibile catena di solidarietà internazionale è una delle immagini più belle nella tragedia. I giovani divennero gli "Angeli del fango ", definizione creata dal giornalista Giovanni Grazzini, e furono uno dei primi esempi di mobilitazione spontanea giovanile nel XX secolo.

La FIAT ed altre case automobilistiche offrirono a chi aveva perso l'auto uno sconto del 40% per comprarne una nuova e una "supervalutazione" di 50mila lire per i resti della macchina alluvionata. Un grande merito nell'opera di sensibilizzazione, si dovette ad un documentario del regista fiorentino Franco Zeffirelli, che comprendeva un accorato appello in italiano fatto dall'attore inglese Richard Burton. Giunsero così ,nel capoluogo toscano, i primi aiuti in veste ,più o meno, ufficiale. Un grande contributo fu dato da alcune città toscane, come Prato, e dai Comuni della Versilia e di altre regioni, in particolare l'Umbria e l'Emilia Romagna.Contribuirono anche: le Forze Armate americane di stanza in Italia; la Croce Rossa tedesca; varie Associazioni laiche e cattoliche;alcune federazioni di partiti politici e, ovviamente, le Forze Armate Italiane. Aiuti "ufficiali" arrivarono perfino dall'Unione Sovietica, dalla Cecoslovacchia e dall'Ungheria.

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Insomma, l'Arno con la sua furia devastatrice era stato capace anche di corrodere, seppur per poco,persino il “ferro della Cortina”. È inevitabile che più duratura nella memoria sia rimasta la tragedia, sia pure incruenta, che colpì il patrimonio artistico e culturale di Firenze. Migliaia di volumi, tra cui preziosi manoscritti e rare opere a stampa, furono coperti di fango nei magazzini della Biblioteca Nazionale Centrale.

Il primato del ricordo di questa alluvione spetta però al Crocifisso di Cimabue, una delle più importanti opere pittoriche di tutti i tempi, conservato nella Basilica di Santa Croce;infatti e nonostante un commovente restauro, è andato perduto all'80%. e rimane il simbolo di quella tragica notte.

La nafta del riscaldamento ha lasciato impresse le tracce del livello raggiunto dalle acque su tanti monumenti: la Porta del Paradiso del Battistero fu spalancata dalle acque e dalle ante sbattute violentemente si staccarono quasi tutte le formelle del Ghiberti. Innumerevoli i danni ai depositi degli Uffizi, ancora non completamente risarciti dopo anni di restauro. Un dato positivo è quello della incredibile affermazione a livello mondiale della Sovrintendenza alle Belle Arti,del Gabinetto del Restauro e dell'Opificio delle Pietre dure di Firenze che,grazie anche all'opera del professor Ugo Procacci, seppero con tecniche innovative di restauro recuperare gran parte del patrimonio artistico fiorentino. Oltre ai

metodi tecnico scientifici allora disponibili, e a sviluppare nuove tecnologie allora ancora embrionali, il Procacci fu uno dei primi a basare gli interventi di restauro cercando e studiando le fonti scritte lasciate dagli artefici nel corso dei secoli. La più profonda comprensione delle tecniche e dei materiali usati infatti si basò (secondo una scelta tanto ovvia per la nostra mentalità quanto inusitata per l'epoca) sulla lettura attenta di tutte le testimonianze antiche che spiegavano ,per filo e per segno, i procedimenti utilizzati per creare i manufatti artistici. I ricettari,come il De diversis artibus o Diversarum artium Schedula, scritto dal monaco Teofilo nel XII secolo, e i trattati come il Libro dell'Arte di Cennino Cennini, furono fondamentali per la conoscenza degli affreschi antichi e di altre tecniche e permisero un uso sapiente e calibrato delle tecniche aggiornate alle conoscenze moderne.

Andrea Verdiani

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La Moda di Firenze

Firenze, considerata l'artefice della Moda, ospita ogni anno una serie di eventi di Moda tra i più prestigiosi ed importanti del panorama internazionale.Da secoli ormai i fiorentini tengono molto alla propria immagine e vestono alla moda, Maison come Gucci, e Ferragamo hanno fatto la Storia, eleggendo la Toscana a patria dell’eleganza made in Italy. Fu infatti nel 1921 che Guccio Gucci,dopo aver lavorato a Londra come facchino all’Hotel Savoy, tornò nella sua amata Firenze per fondare un’azienda specializzata in prodotti in pelle, ispirati al mondo equestre, che mandarono presto in visibilio la nobile clientela internazionale di passaggio nel capoluogo toscano. Morsetti, staffe e sottopancia in tela diventarono simboli del lusso all’italiana con prodotti di altissima qualità artigianale fortemente legati al territorio.Salvatore Ferragamo, un umile ragazzo campano, creò i modelli di scarpe più famosi con la zeppa in sughero rivestita di pelle multicolore. Anche Emilio Pucci nel 1947 si dedicò all’attività di stilista. Il suo interesse non si limitò al disegno,anzi! Egli si espresse nell’invenzione di tessuti sperimentali su cui stampò fantasie cromatiche destinate a diventare icone della moda italiana negli anni ’50 e ’60. Di collezione in collezione, le stampe rappresentavano il forte legame dello stilista con la Toscana, come nel caso della collezione “Palio“ dedicata alle contrade senesi. Egli era solito presentare le sue collezioni con servizi fotografici in cui le modelle erano ritratte sui tetti del sontuoso palazzo di famiglia con la monumentale cupola del duomo sullo sfondo.Ancora oggi brand come Roberto Cavalli, Patrizia Pepe o Enrico Coveri detengono il primato della Moda Italiana.Molto importante è l'industria dell' Alta Moda.

Infatti si può dire che l'alta moda italiana sia nata a Firenze quando ,il 12 febbraio del 1951, il marchese Giovanni Battista Giorgini lanciò la sfida all'egemonia di Parigi , organizzando la prima Fiera Internazionale della Moda Italiana presso Villa Torrigiani, in Via dei Serragli. In quell'occasione Firenze ospitò un folto stuolo di giornalisti e di compratori americani venuti per vedere le creazioni dei migliori sarti. Negli anni`70 Milano gli strappò il primato dell` alta moda femminile, ma a Firenze rimase sempre il primato nella moda maschile. Le maggiori boutique d'Alta Moda sono concentrate nel “distretto commerciale del lusso”, tra Via de' Tornabuoni e Via della Vigna Nuova e, in generale, in tutto il centro storico.

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Sviluppate sono anche le botteghe artigianali, soprattutto di articoli in pelle, così come la pelletteria industriale;settore nel quale a Firenze è presente il 15,2% delle aziende italiane operanti nel settore.

Firenze è inoltre l'unica città a detenere un museo,la Galleria del Costume (collocata in Palazzo Pitti), che traccia una storia dettagliata delle mode che si sono susseguite nel tempo e che vanta la collezione di più di 6000 manufatti, fra abiti antichi, accessori, costumi teatrali e cinematografici, di grande rilevanza documentaria e la presenza di abiti prestigiosi firmati da celeberrimi stilisti, italiani e stranieri, come: Giorgio Armani, Valentino, Gianni Versace, Emilio Pucci, Ottavio Missoni, Martin Margiela.

La Moda non è solo nei musei perché Firenze ospita una serie di eventi settoriali come,ad esempio,”Pitti Immagine”.

Questa manifestazione ospita ,ogni anno, migliaia di espositori,di sfilate e di congressi dei più importanti stilisti, italiani e stranieri, la cui partecipazione è esclusivamente su invito.

Attorno all'evento vengono organizzati: vernissage, gran gala, presentazioni, sfilate, eventi mondani e party esclusivi in tutta la città e nell' area metropolitana. Infatti gli eventi hanno luogo in varie “location” di Firenze.

E' a Firenze che ogni anno si svolgono “Percorsi di Moda” ,che consistono in visite guidate ai luoghi dove vengono creati i prodotti che hanno fatto, e che fanno, la Storia della Moda.

Ha sede a Firenze l' Istituto internazionale Fashion Design & Marketing, una delle migliori scuole di moda, in Italia ed in Europa.

È,questa, una scuola altamente qualificata nella formazione dei professionisti della Moda e del Marketing e dei molti altri settori ad essa collegati,che organizza Corsi estivi e Master oltre a Corsi di Fashion design e Marketing della Moda.

Ebbene si! Firenze è conosciuta ,nel Mondo intero, non solo per la Cultura, l'Arte e la Storia ma anche per le sue attività imprenditoriali di successo legate al settore della Moda.

Lidia Li Perni

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Il commissario Bordelli

Quanto caro mi fu questo personaggio.Che c'è, non hai letto il titolo, sto “rimembrando” i bei momenti di lettura sul divano, tra freschi aliti di vento. Troppo poetico?Nini, guarda che hai scelto te di leggere questo articolo.Come, non sai chi è il commissario Bordelli?!

È il secondo commissario più bizzarro d'Italia (al primo posto c'è Rocco Schiavone).Ah! Non lo conosci proprio. E va bene! Ti racconto in breve le caratteristiche di Bordelli.Il nostro caro commissario,uscito dalla penna di Marco Vichi, vive a Firenze e il suo nome è Franco...Franco Bordelli. Le sue storie sono tutte ambientate tra il 1957 e il 1967.Uomo di azione, ex sergente del battaglione San Marco, ha combattuto contro i tedeschi e i fascisti; è amante delle donne e del vino, o più in generale dell'alcool.Vorrebbe ritirarsi in campagna con una donna e provare a creare una famiglia,ma èun sogno sfumato più volte, visto che lo lasciano sempre.Bordelli ha molti amici ma non tutti sono … è meglio farveli conoscere,eccoli:-Piras, figlio di Gavino Piras, combattente nel San Marco , piace al nostro commissario per “ il suo silenzio nuragico”.-Il Botta, ex galeotto che continua a fare i suoi “ lavoretti”, è un grande cuoco ed ha la grande dote di imparare i piatti dei carceri in cui è stato. -Rosa, ex prostituta, si riposa dalle “fatiche”nel suo appartamento, dove,di solito, Bordelli va per farsi fare dei massaggi, chiacchierare e bere cognac ( che pensavi, monello/a).-Dante è uno scienziato che lavora nella cantina della sua villa in campagna. Quando lui e Bordelli si incontrano i loro dialoghi sono intrisi di Filosofia e di grappa. -Totò,il cuoco Pugliese,è conosciuto come “il cuoco più basso d'Europa”, e quando Bordelli esce dal suo ristorante “Da Cesare”, è sempre un passo dall' esplodere.-Diotivede,è il medico forense chiamato nei casi di omicidio ed è una persona molto seria,anche se a volte riesce a fare delle battute.Allora! … che ne pensi del commissario Bordelli? È o non è bizzarro.

Pietro Vezzaro

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Cuochi provetti

La Voce del Leone questa volta torna alle origini gastronomiche toscane, o meglio fiorentine. Adesso, però, le ricette che vi propongo sono prelibate e molto ricercate dagli amanti della cucina. La tradizione dei cibi che vi propongo renderà felici i vostri familiari che le apprezzeranno senz’altro e voi vi assicurerete di un’alimentazione sana e di ottima qualità.

Che ne dite dei crostini neri, della bistecca alla fiorentina e della schiacciata con l’uva? Mm viene l’acquolina in bocca e a voi?

Crostini NeriIngredienti (per 4 persone)

•400 g di fegatini di pollo

• 40 g di capperi

• 2 cipolle

• sedano

• pasta di acciughe

• Vino rosso

• brodo

• olio

• sale e pepe q.b.

Preparazione

• Tagliare il sedano a piccoli pezzi e affettare finemente la cipolla, quindi snervare per bene e spurgare i fegatini che poi lavati taglierete in piccoli pezzetti.

• Aggiungere i fegatini alla cipolla, al sedano con l'olio e lasciare stufare per 20 minuti, bagnandoli con un goccio di vino rosso.

• Aggiungere i capperi, quindi passare gli ingredienti cotti col passaverdure oppure con il mixer.

• Aggiungere del brodo caldo fino ad ottenere una morbida mousse, aggiungere la pasta di acciughe e mescolare.

• Spalmare sulle fette di pane arrostito la mousse e aggiungere come decorazione due o tre capperi.

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Bistecca alla FiorentinaBah, come potevo non mettere una prelibatezza della cucina, la Bistecca alla Fiorentina! Sembra facile cucinarla, ma l’apparenza inganna! È usata carne di vitelloni di razza chianina, deve avere il classico osso a forma di T, che separa il filetto dal controfiletto e deve avere almeno lo spessore di due dita.

Ingredienti

· Bistecca

· Sale,pepe

· Olio d’oliva

Preparazione• Togliere la bistecca dal frigo almeno una o due ore prima dalla cottura, per farla

tornare a temperatura ambiente per non disperdere alcune sostanze.

• La bistecca va cotta senza condimenti.

• Preparare la brace con i carboni per riscaldare la griglia. Prima di cuocere la bistecca, assicurarsi che la griglia sia rovente, affinché la carne si scaldi.

• Il segreto della bistecca alla fiorentina è che si cuore molto rapidamente. Si deve cuocere circa 7 minuti per ogni lato e va girata una volta soltanto.

• Mettere la bistecca in posizione verticale per la cottura dalla parte dell’osso, per circa 10/15 minuti.

• Terminata la cottura, aggiungi un po’ di sale grosso, lasciarla riposare su un tagliere di legno (possibilmente) per qualche minuto. Servire su un piatto aggiungendo un filo d’olio d’oliva.

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Schiacciata con l’uvaNormalmente questo dolce lo si prepara nel periodo della vendemmia.

Ingredienti

· 300 g di farina

·10 g di lievito di birra

·200 ml di acqua tiepida

·2 cucchiai di olio extra vergine di oliva

·1 cucchiaino di sale

·2 cucchiai di zucchero

Per la copertura:

· 700 g. di uva nera a chicchi piccoli

· 6/8 cucchiai di zucchero

· Olio d’oliva

Preparazione Mettere la farina e tutti gli ingredienti (acqua e sale esclusi) in una ciotola.

Aggiungere l’acqua tiepida poco per volta.

Iniziare a impastare e aggiungete via via l’acqua tiepida continuando a lavorare il tutto;

fine impasto aggiungete il sale, formate una palla.

Far lievitare l’impasto per un paio d’ore, coperto da un canovaccio evitando sbalzi di temperatura; nel frattempo lavate l’uva.

Dividere l’impasto in più parti. Una parte, mettetela nella teglia, dove avete versato un goccio di olio.

Stendere la pasta, mettere l’uva asciugata e poi tagliata a pezzetti per far uscire il succo. Cospargere lo zucchero.

Stendete sopra l’altra parte dell’impasto, sigillare bene i bordi aiutandosi con una forchetta.

Mettere sopra l’uva rimasta e spolverare il tutto con lo zucchero e un filo d’olio.

Cuocere in forno a 150° per 50/60 minuti

Servire a temperatura ambiente.

Khrystyna Klyusyk

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Le Recensioni del Leone

InfernoGenere:thriller,giallo

Regia: Ron HowardSoggetto: Dan Brown (dal romanzo Inferno)Paese: USA,ItaliaAnno:2016Interpreti: Tom Hanks, Sienna Brooks

La nuova avventura dell'esperto di simbologia religiosa Robert Langdon è ambientata a Firenze per i buoni due terzi della storia, prima di trasferirsi a Venezia e poi a Istanbul.

Il regista Ron Howard si lascia sedurre dalla magia della Firenze rinascimentale, della quale esalta la bellezza. Inferno tratta Firenze in guanti bianchi con le spettacolari riprese aeree e i veloci passaggi tra il Giardino di Boboli, il Corridoio Vasariano, gli Uffizi e Palazzo Vecchio.

Il film, tratto dal romanzo omonimo di Dan Brown, dà notevole risalto anche alla famosa cantica dantesca dalla quale Ron Howard si lascia ispirare per rappresentare "il viaggio infernale" del professor Langdon.

La vicenda parte da un letto di ospedale, nel quale ,senza saperne il motivo,si trova il protagonista, affetto da significativi vuoti di memoria e forti allucinazioni, delle quali il regista approfitta per creare un inferno urbano con scene al limite del divieto. Ron Howard vuole ricordarci ,implicitamente, che il Sommo Poeta è stato uno dei primi inventori del genere horror.

Inferno tenta di essere epico e ci riesce anche senza elementi religiosi perché la presenza di un miliardario pazzo,che vuole dimezzare la popolazione mondiale liberando un virus letale, riesce a mantenere alto il livello della suspence e quindi l'interesse dello spettatore. Ciò che meglio aiuta il piacere della visione è l'azione, sostenuta e in costante progressione.

"Tom Hanks è il professionista che conosciamo, Felicity Jones una degna controparte nel ruolo della dottoressa che lo aiuta, Omar Sy verosimile nel suo primo ruolo significativamente serio. Merita una nota a parte l'attore Irrfan Khan che, grazie anche all'ambiguità del suo personaggio, sfodera più estensione interpretativa e fine humour. Tra arte italiana, piani diabolici, organizzazioni governative e segrete c'è anche spazio per l'amore, ritrovato o mal riposto, ma pur sempre amore. Anche questo l'Italia è capace di ispirare." (tratto dalla recensione ufficiale fatta da Coming Soon)

Dal punto di vista estetico questa serie di film non ha mai deluso, grazie alla chiamata alle arti da parte dello scrittore e al gusto visivo del regista. I contenuti invece, piegando i fatti storici e i segreti artistici alle esigenze narrative, non hanno sempre prodotto la necessaria serietà richiesta dal contesto.In ogni caso,a mio parere la pellicola merita di essere vista.

Andrea Verdiani

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Le Recensioni del Leone

Teatro Politeama

ODIO AMLETO di Paul Rudnick

con GABRIEL GARKO e UGO PAGLIAI

traduzione di Ilaria Staino

adattamento di Alessandro Benvenuti

con la partecipazione di Paola Gassman

regia di ALESSANDRO BENVENUTI

Si tratta di una divertente commedia di Paul Rudnick, che racconta la storia di un attore del piccolo schermo che nel tentativo di rifarsi una reputazione decide di interpretare un famoso personaggio shakespeariano. Andrew Rally è appena arrivato con la sua agente immobiliare, Dantine, nel suo nuovo appartamento a New York City un tempo abitato dal leggendario John Barrymore. Rally sta anche per interpretare sul palcoscenico la difficile parte di Amleto, il ruolo reso famoso da Barrymore. Sopraggiungono Lillian Troy, agente teatrale del protagonista, e la fidanzata del giovane attore, Deirdre McDavey. Alla proposta di Dantine di fare una seduta spiritica per comunicare con lo spirito del celebre Barrimore,la donna sostiene di possedere poteri mediatici, i tre accettano. Incoraggiato da Deirdre, Dantine inizia la seduta. Ma quando Andrew grida "Odio Amleto!" un fulmine illumina la stanza, gettando brevemente l'ombra del profilo di un uomo sul muro. Soltanto Andrew vede l'ombra. La vicenda si complica perché lo spirito è apparso soltanto al giovane attore...... seguono momenti concitati e gag....solo Lillian è in grado di parlare con lo spirito e lo spettatore ne scopre ben presto il motivo.Con l'aiuto di Barrymore, Andrew si cala completamente nella parte ma purtroppo, non va tutto bene. Alla fine, Andrew riceve una nuova offerta televisiva …

Non vi raccontiamo ciò che accade per non privarvi della sorpresa,diciamo però che la commedia è molto movimentata e divertente e gli attori, in particolare Ugo Pagliai, riescono sempre a mantenere desta l’attenzione dello spettatore. Per questo abbiamo apprezzato il lavoro e ci siamo davvero divertite.

Lidia Li Perni

Roberta Santonastaso

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Firenze tra le Note

La Voce del Leone

Redazione Advija E.; Calabrese E.;Ceccarelli R. Costagli A.;Dede C.;De Luca J. Ferrara E; Gaggelli E.;Giacomini F. Klyusyk C.;Laurino T.;Leoncini M. Li Perni L;Lleshi K.;Lorenzini V. Mostacci C.;Nardi L:; Oliva M.;Pascale D. Perciante H.; Santonastaso R.; Shoraj J. Verdiani A.;Vezzaro P.; Xhaferi D.

Caporedattore Collaborazioni esterne Marco Nesi Clara Imbimbo

La nostra cittadina

pettegola e carina,

la c' ha tant'anni eppure

la un n'invecchia mai

La porti un bacione a Firenze

e a tutti i fiorentini che vedrà.

“La porti un bacione a Firenze”, Odoardo Spadaro

Ricordo i suoi occhi, strano tipo di donna che era

quando gettò i suoi disegni con rabbia giù da Ponte Vecchio

"Io sono nata da una conchiglia" diceva

"La mia casa è il mare e con un fiume no, non la posso cambiare",

“Firenze (canzone triste)”, Ivan Graziani

“Botteghe di argentieri

Di cose di oggi e d’ieri

Create dagli stessi che hanno fatto la città”.

“Firenze bottegaia”, Riccardo Marasco

Firenze splende in questo mattino, come una lacrima agli occhi

di chi si sta innamorando di te, quanto ti amo,

ti amo solo da pochi minuti, da poche gocce lucenti sull’Arno.

“Firenze piccoli particolari”, Amedeo Minghi e Gaio Chiocchio,

Dietro al mio ricordo di Firenze c'è una scuola d'arte, ed io lo soc'è la fantasia di uno studente

che vola ancora sopra il fiume e in basso non ci guarda più...

“Gli occhi di Firenze”, Mario Castelnuovo

Firenze stanotte sei bellain un manto di stelle

che in cielo risplendonotremule come fiammelle.

Sull'Arno d'argentosi specchia il firmamento

mentre un sospiro e un cantosi perde lontan

“Firenze sogna”,Cesare Cesarini,