La vita di Caterina per suo figlio - parrocchiamonigo.com · La vita di Caterina per suo figlio...

4
Parrocchia di Monigo FOGLIETTO PARROCCHIALE a. XX n° 6 - 17 febbraio 2019 In internet: www.parrocchiamonigo.com - Parroco: 3472631330 La vita di Caterina per suo figlio Laddio di Firenze alla mamma malata di cancro che ha rinunciato alla chemio per non abor- re. Caterina Morelli, medico allospedale Meyer, era conosciuta in tua la cià. Per la figlia maggiore aveva chiesto di ancipare la prima Comunione per poter partecipare: ci è riusci- ta. Al funerale tan bimbi aorno alla sua bara. Erano in tan, nella basilica fiorenna della Sans- sima Annunziata a far festacon Ca- terina Morelli. Era un funerale, è ve- ro, ma il marito Jonata, con i piccoli Gaia e Giacomo, i paren e gli amici tu, ha voluto così per rispeare la volontà della moglie. Fuori dalla chiesa, su uno striscione, si leggeva che Cateè volata nel cie- lo di Firenze per renderla più lumino- sa e bella. Poco dopo un altro stri- scione veniva esposto in Curva Fieso- le allo Stadio Artemio Franchi, in occasione di Fio- renna- Napoli: 'Ciao Cate. Jonny siamo con te'. Caterina è morta a soli 37 anni, nella noe tra il 7 e l’8 febbraio. Faceva il medico, al Meyer, lospedale dei bambini conosciuto in tua Italia. Dai bambini era amata e lei amava i bambini al punto che per la vita del suo secondogenito ha rinunciato alla pro- pria. Caterina, nel 2012, in felice aesa, scoprì di essere affea da un tumore aggressivo ed esteso. Decise di portare avan la gravidanza rinunciando alla chemioterapia a favore di cure meno invasive. Do- po il parto ha loato see anni contro la malaa «senza smeere un minuto di vivere e di voler vi- vere con passione, con intensità, con gusto, tanto da stupire chi la conosceva e conosceva le sue con- dizioni. Fino alla fine ha voluto occuparsi della casa, dei suoi ama figli, ha vissuto tuo quello che pote- va permeersi di vivere, e alla gran- de». A raccontarlo è don Filippo Belli, di cui domani uscirà una tesmonian- za sulle pagine diocesane fiorenne di Toscana Oggi. Lui è docente alla Facoltà teologica dellItalia centrale, ma soprauo è lamministratore apostolico di San Pietro a Careggi, nei pressi del grande ospedale del capoluogo to- scano. Conosceva Caterina e nella sua chiesa la sal- ma della giovane ha anche sostato in aesa di es- sere tumulata. «Non si è mai rassegnata – ri- badisce don Fi- lippo –, chiedeva connuamente e faceva chiedere a Dio la guarigio- ne, ma so- prauo non ha smes- so un istante di chiede- re la santà per sé e per la sua famiglia». Lestate scorsa ebbe a dire che per lei la santà era diventa- ta «un problema quodiano, ma non per poter es- sere più pia e perfea agli occhi del mondo, ma per poter essere felice». «È capitato a tan, anche al sooscrio – racconta ancora il sacerdote fio- renno – di avvicinarsi a Caterina pensando di do- verla in qualche modo confortare e aiutare, per poi ritrovarsi invece travol da una serenità, un amore, una dedizione e unaenzione alla persona che la- sciavano sconvol. In lei viveva e traspariva un grande mistero, una luce parcolare, ma che lei sa- peva bene individuare e segnalare: la presenza amorosa di Gesù nella sua vita». La sua casa era diventata in ques ulmi tempi una sorta di santuario. Tanssime persone andavano a salutarla, a parlare con lei, a pregare, ad aiutare lei e la sua famiglia. «Ma si capiva bene che volevano vederla perché in lei, nel suo volto, nelle sue poche parole, stando con lei, ravvisavano la presenza di

Transcript of La vita di Caterina per suo figlio - parrocchiamonigo.com · La vita di Caterina per suo figlio...

Parrocchia di Monigo FOGLIETTO PARROCCHIALE a. XX n° 6 - 17 febbraio 2019

In internet: www.parrocchiamonigo.com - Parroco: 3472631330

La vita di Caterina per suo figlio

L’addio di Firenze alla mamma malata di cancro che ha rinunciato alla chemio per non aborti-re. Caterina Morelli, medico all’ospedale Meyer, era conosciuta in tutta la città. Per la figlia maggiore aveva chiesto di anticipare la prima Comunione per poter partecipare: ci è riusci-ta. Al funerale tanti bimbi attorno alla sua bara.

Erano in tanti, nella basilica fiorentina della Santis-sima Annunziata a “far festa” con Ca-terina Morelli. Era un funerale, è ve-ro, ma il marito Jonata, con i piccoli Gaia e Giacomo, i parenti e gli amici tutti, ha voluto così per rispettare la volontà della moglie.

Fuori dalla chiesa, su uno striscione, si leggeva che “Cate” è volata nel cie-lo di Firenze per renderla più lumino-sa e bella. Poco dopo un altro stri-scione veniva esposto in Curva Fieso-le allo Stadio Artemio Franchi, in occasione di Fio-rentina- Napoli: 'Ciao Cate. Jonny siamo con te'.

Caterina è morta a soli 37 anni, nella notte tra il 7 e l’8 febbraio. Faceva il medico, al Meyer, l’ospedale dei bambini conosciuto in tutta Italia. Dai bambini era amata e lei amava i bambini al punto che per la vita del suo secondogenito ha rinunciato alla pro-pria.

Caterina, nel 2012, in felice attesa, scoprì di essere affetta da un tumore aggressivo ed esteso. Decise di portare avanti la gravidanza rinunciando alla chemioterapia a favore di cure meno invasive. Do-po il parto ha lottato sette anni contro la malattia «senza smettere un minuto di vivere e di voler vi-vere con passione, con intensità, con gusto, tanto da stupire chi la conosceva e conosceva le sue con-dizioni.

Fino alla fine ha voluto occuparsi della casa, dei suoi amati figli, ha vissuto tutto quello che pote- va

permettersi di vivere, e alla gran-de». A raccontarlo è don Filippo Belli, di cui domani uscirà una testimonian-za sulle pagine diocesane fiorentine di Toscana Oggi. Lui è docente alla Facoltà teologica dell’Italia centrale, ma soprattutto è l’amministratore apostolico di San Pietro a Careggi,

nei pressi del grande ospedale del capoluogo to-scano. Conosceva Caterina e nella sua chiesa la sal-ma della giovane ha anche sostato in attesa di es-sere tumulata.

«Non si è mai rassegnata – ri-badisce don Fi-lippo –, chiedeva continuamente e faceva chiedere a Dio la guarigio-ne, ma so-prattutto non ha smes- so un istante di chiede-

re la santità per sé e per la sua famiglia». L’estate scorsa ebbe a dire che per lei la santità era diventa-ta «un problema quotidiano, ma non per poter es-sere più pia e perfetta agli occhi del mondo, ma per poter essere felice». «È capitato a tanti, anche al sottoscritto – racconta ancora il sacerdote fio-rentino – di avvicinarsi a Caterina pensando di do-verla in qualche modo confortare e aiutare, per poi ritrovarsi invece travolti da una serenità, un amore, una dedizione e un’attenzione alla persona che la-sciavano sconvolti. In lei viveva e traspariva un grande mistero, una luce particolare, ma che lei sa-peva bene individuare e segnalare: la presenza amorosa di Gesù nella sua vita».

La sua casa era diventata in questi ultimi tempi una sorta di santuario. Tantissime persone andavano a salutarla, a parlare con lei, a pregare, ad aiutare lei e la sua famiglia. «Ma si capiva bene che volevano vederla perché in lei, nel suo volto, nelle sue poche parole, stando con lei, ravvisavano la presenza di

Gesù». «La volontà di Dio rende tutto perfetto», di-ceva Caterina. «Del resto – commenta don Filippo – lo avevamo tutti capito: Caterina era pronta, era serena, si era completamente consegnata, conse-gnando a Dio anche il suo più grande e ultimo cruc-cio, ovvero la vita e il futuro senza di lei di suo ma-rito e dei suoi figli». Per la figlia maggiore aveva chiesto di anticipare la Prima comunione per po-terci essere. Ci è riuscita. È successo pochi giorni prima di entrare in coma.

Quella di Caterina è stata «una vita di puro Vangelo – dice ad Avvenire il cardinale Giuseppe Betori, ar-civescovo di Firenze, che l’aveva conosciuta e in-contrata –: perdere la propria vita per dare vita ad altri, come Gesù. Un gesto che può essere genera-to solo dalla fede e solo nella fede si può compren-dere fino in fondo. Una critica alla radice della cul-tura egemone, schiava dell’utile e del profitto. Un severo esame di coscienza per la nostra Chiesa fio-rentina perché sia all’altezza di una così alta testi-monianza, ma anche la gioia di scoprire tra noi una vena inesausta di amore degna della tradizione di questa Chiesa e città».

Ricerca Ispi: Boom di migranti irregolari, con il decreto sicurezza. In 40mila senza protezione

Fulvio Fulvi

La protezione umanitaria in Italia registra un forte calo negli ultimi sette mesi, con la conseguenza di un sensibile aumento degli immigrati irregolari che vivono sul territorio nazionale: circa 40mila. Perché sono quasi 45mila i soggetti che tra il giu-gno 2018 e il gennaio 2019 si sono visti negare l’a-silo. Solo il 2% dei richiedenti ha invece ricevuto la tu-tela prevista dalle norme vigenti (nel 2017, con le precedenti disposizioni, erano il 25%) mentre, nel-lo stesso periodo, i rimpatriati non hanno superato le 5mila unità. Sono i dati che emergono da uno studio dell’Ispi, l’Istituto di politica internazionale.

Si tratta, in pratica, dei primi effetti della circolare emanata in materia dal Viminale nel luglio scorso. A quel giro di vite, che ha imposto di fatto restrizio-ni nella concessione dei permessi alle commissioni territoriali, ha poi fatto seguito il decreto Salvini,

discusso in quei mesi e convertito in legge a dicem-bre. Secondo le stime dell’Ispi, inoltre, nel 2020 il numero degli irregolari, cioè i migranti senza per-messo di soggiorno, in Italia potrebbe salire addi-rittura di 140mila unità superando in totale quota 670mila.

Livelli simili sono stati raggiunti nel 2002, 2006 e 2008. Ogni volta che ciò è accaduto, tuttavia, i go-verni italiani del tempo hanno deciso di procedere a regolarizzazioni di massa: nel 2002-2003 sono stati regolarizzati 700.000 stranieri; nel 2006 le re-golarizzazioni hanno raggiunto quota 350.000; infi-ne, nel 2009 si sono aggirate intorno alle 300.000 unità. La logica dietro alle regolarizzazioni è chiara: gli stranieri irregolari che non vengono rimpatriati possono sopravvivere solo grazie al lavoro nero o ad attività criminali, e sono anche esposti a un ri-schio ben superiore di marginalizzazione. È questo uno dei motivi per i quali l’irregolarità si accompa-gna a livelli di criminalità molto alti.

La cifra è, nella sostanza, il frutto della riduzione delle forme di protezione introdotte nel nuovo “decreto sicurezza”. «Si tratta di un numero più che doppio rispetto ad appena cinque anni fa – spiega Matteo Villa, ricercatore dell’istituto – quando i mi-granti irregolari stimati erano meno di 300mila e sarebbe anche il record di sempre se si esclude il 2002, quando in Italia si stimavano presenti 750mi-la irregolari».

Ai ritmi attuali, dunque, i rimpatri dei migranti ir-regolari nei loro Paesi di provenienza avranno un effetto molto marginale. «Per rimpatriarli tutti – dice il ricercatore dell’Ispi – sarebbero necessari 90 anni, e solo alla condizione che nel prossimo secolo non arrivi più nessun irregolare». Un’ipotesi impossibile nella realtà. Con il recente “decreto sicurezza” il governo Conte ha abolito la “protezione umanitaria” (permesso di soggiorno per motivi umanitari, della durata massi-ma di due anni) presente nell’ordinamento italiano sin dal 1998, una tutela che veniva concessa da una commissione territoriale su base discrezionale in presenza di cause come problemi di salute o condizioni di grave povertà nel Paese (o regione) d’origine del richiedente asilo.

E tutto questo mette a rischio, per i migranti, an-che i diritti fondamentali riconosciuti dalla Costitu-

zione. L’allarme su questo versante è stato lanciato dal presidente del Consiglio di Stato, Filippo Patroni Griffi, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario. Il linguaggio usato da Patroni Griffi è tecnico ma il messaggio che passa è immediato: gli interventi le-gislativi che si sono succeduti in materia di immi-grazione, l’ultimo dei quali è, appunto, la “legge si-curezza”, hanno condotto a «uno statuto dello stra-niero in più parti derogatorio rispetto all’ordinario quadro di regole e valori che disciplinano il rappor-to tra il pubblico potere e i cittadini».

È così che è «entrato in tensione il nucleo dei diritti fondamentali», dice il presidente del massimo or-gano di Giustizia amministrativa, che rivendica il merito di aver dato, alla sua attività «una dimen-sione concreta ai diritti fondamentali dei migranti, dalla salute all’adeguata protezione dei minori».

Il capo dello Stato ha inaugurato la nuova se-de del Centro Astalli 'Matteo Ricci'.

Luca Liverani

«In un tempo in cui la chiave interpretativa del reale è la chiusura, facciamo un’opera-zione controcorrente: apria-mo». Padre Camillo Ripamonti spiega così l’apertu-ra della nuova struttura del Centro Astalli, intitolata al missionario gesuita padre Matteo Ricci: 28 posti letto, percorsi di inclusione e formazione con lezio-ni di informatica, lingua, educazione finanziaria, supporto alla ricerca del lavoro. Una nuova struttura adiacente al centro aperto nel 1981 in via degli Astalli dal Servizio dei Gesuiti per i rifugiati ( Jrs). A inaugurarla il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

La struttura è stata ricavata nei locali della Compa-gnia di Gesù, accanto al Collegio dove è vissuto sant’Ignazio di Loyola, e vicino alla Chiesa del Ge-sù, dove è sepolto padre Pedro Arrupe, fondatore del Jrs, di cui inizia oggi il processo di beatificazio-ne. All’inaugurazione anche il superiore generale della Compagnia di Gesù, padre Arturo Sosa, e il

sottosegretario della sezione migranti e rifugia- ti del dicastero vaticano per lo Sviluppo umano inte-grale, padre Michael Czerny.

«Quel che avviene in ogni parte del mondo - ha sottolineato Sergio Mattarella - riguarda tutte le al-tre parti e questo sottolinea l’esigenza di interventi globali sul fronte migratorio». Per il presidente «nessun Paese da solo è in grado di affrontare o di regolare un fenomeno di questo genere. Occorro-no intese globali, come l’Onu sol- lecita a fare».

Parole che sembrano un richiamo al governo italia-no, che sull’approvazione del Global compact for migration ha deciso di fare marcia indietro.

Mattarella è intervenuto dopo avere ascoltato le testimonianza di due ospiti del Centro: Charity, ca-merunense, e Sohrab, afgano. Mohamed, egiziano arrivato come minore non accompagnato, a Matta-rella ha regalato una scatola di legno intagliata: ha seguito un corso e ora lavora come restauratore nelle chiese.

Come dono al nuovo Centro Matteo Ricci, papa Francesco ha voluto affidare a padre Czerny un crocifisso alto 80 centimetri, versione più piccola di quello al-to tre metri e mezzo che l’artista cubano Alexis Leyva Machado, detto 'K’cho', ha realizzato come dono da Raùl Castro per il Ponte-

fice al termine della sua visita a Cuba nel 2015.

La croce, che nell’originale è fatta con remi di barca che legati tra loro, è stata poi donata dal Papa alla parrocchia di San Ger-lando a Lampedu-sa. Ma non è stato l’u-nico dono: «Il Santo Padre, ram-maricato per la man-canza di finanziamenti pubblici per i migranti vul-nerabili che oggi a Roma necessitano di un ricovero ha sottolineato - dona anche il necessario per il pri-mo mese di attività del centro».

Il crocifisso della comunità di Lampedusa, realiz-zato con alcuni remi

Giorno Ore Intenzioni S. Messe defunti

Sabato 16 18.30

Zoia Clara, Vivian Vincenzo, Lucchetta Carmela, Bucciol Fortunato; Piazza Berto, Piazza Angelo, Possanzini Berta, Nicoletti Luigina e Guglielmin Alvise; Bosello Maria Teresa e Marzari Lino; Basei Giovanna e Spinazzè Domenico; Lucchetta Ottavio, Alessandro, Amadio Angela, Martini Giovanni;

Domenica VI ord.

17

8.00 S. Anna

Piero Cendron; Silvano, Italia, Valentina:

9.00

11.00

Martedì 19 09.00

Mercoledì 20 18.30

Giovedì 21 18.30

Venerdì 22 15.30 S. Messa, vespri, adorazioni

Sabato 23 18.30 Rossi Giuseppe;

Domenica VII ord.

24

8.00 S. Anna

Menegazzi Umberto, Emilia, Giannina, Lorenzo, Marcello;

9.00

11.00

GITA AL LAGO d'ISEO e FRANCIACORTA

DOMENICA 03 MARZO 2019

QUOTA 63,00 con saldo della quota prima della partenza

Per informazioni rivolgersi alle Sig.re: LAURA STRADIOTTO – cell 347 4477872 / ANTONIETTA BISCARO – cell 340 3599268

Iscrizioni ENTRO IL 20 FEBBRAIO 2019 o fino ad esaurimento dei posti