La spia che mi amava - ...dove erano ancora illuminati dal sole calante. Rapide folate di vento...

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IanFlemingLaspiachemiamava

Titolooriginale:“TheSpyWhoLovedMe”Copyright,1962

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Parteprima:io

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1Unaragazzaspaventata

Ero in fuga. Fuggivo dall'Inghilterra, dalla miainfanzia, dall'inverno, da una serie di relazioniamorose una più squallida e deludente dell'altra,daipochimobiliedalmucchiodiabitifrustichelamiavitalondinesemiavevaraccoltointorno,efuggivo dalla monotonia, dal tanfo, dallosnobismo, dalla claustrofobia di quegli orizzontichiusi, e dalla mia incapacità di prenderel'abbrivio nella vita sociale, anche se penso diessere giudicata una ragazza piuttosto attraente.Insomma, lamia, erauna fugadamoltecose—daquasitutte—adeccezionedellagiustizia.Ed ero fuggita molto lontano davvero; avevofatto, conunpochinodi esagerazione, unmezzogirodelmondo.Difatti,daLondraeroapprodataai «Pini Sognanti», un albergo per automobilistisituato a una quindicina di chilometri a ovest diLake George, la celebre località turistica

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americana negli Adirondacks, quella vasta zonamontuosa, ricca di laghi e di pinete checostituiscelapartepiùsettentrionaledelterritoriodello Stato di New York. Ero partita il primosettembre ed eravamo, adesso, al tredici ottobre,venerdì.QuandoavevolasciatoLondra,lasporcaecortafiladiaceriintristiti,checrescevanosullapiazzadi casamia, era stataverde,o almeno,diquelparticolaretonodiverdechehannoglialberia Londra in agosto. Adesso, nell'esercito diinnumerevolipinichemarciavanocompattiversonord in direzione della frontiera canadese, gliaceri selvatici fiammeggiavano qua e là comescoppi di shrapnel. Avevo l'impressione che lostesso cambiamento fosse avvenuto in me, omeglio, nella mia pelle: dal pallore opaco espento, simbolo della mia vita londinese, alvigore,coloreelucedatidallavitaall'ariaaperta,dall'abitudine di andare a letto presto e da tuttequellealtrecareenoiosecosecheavevano fattoparte della mia esistenza a Quebec, prima cheprendessiladecisionediandareinInghilterraperimparare ad essere una «lady». Naturalmente il

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colorito roseo e sano, la carnagione soda nonerano affatto di moda; e avevo persino smessol'usodelrossettoedellosmaltoperleunghie.Perme era stato come sgusciare fuori da una pellepresa a prestito e rientrare in quella che eraveramente lamia.Emi sentivo felice comeunabimba,compiaciutaconmestessa,ognivoltachemi guardavo nello specchio e scoprivo di nonprovare alcun desiderio di dipingere un'altrafaccia sopra quella che avevo. Non lo dico perdarmi delle arie. La mia, era una fuga dallapersona che ero stata negli ultimi cinque anni.Non che fossi particolarmente soddisfatta diquellacheeroadesso,maavevotalmenteodiatoedisprezzatol'altra,dasentirmirealmentefelicealpensierodiessermiliberatadelsuoaspetto.La stazione radio WOKO (avrebbero potutoscegliere un simbolo un poco più grandioso!) diAlbany, la capitale dello Stato di New York,situata a circa settantacinque chilometri a suddella località in cuimi trovavo, diede il segnaleorario delle sei. Seguì poi il bollettinometeorologico, che informò gli ascoltatori

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dell'arrivo di un forte uragano accompagnato daventi molto violenti. La bufera stava arrivandodal nord ed avrebbe raggiunto Albany verso leotto di sera. Questo voleva dire che non avreipassato una nottata molto tranquilla. Ma nonaveva alcuna importanza. Le tempeste non mifacevanopauraebenchèl'unicoesserevivente,aquel che ne sapevo, si trovasse a quindicichilometri di distanza sulla strada secondariamoltomaltenutacheconducevaaLakeGeorge,ilpensiero dei pini sferzati dal vento, dei lampi,tuoni e pioggia che si sarebbero rovesciatisull'albergo, mi faceva già pregustare lecomodità, il calduccio, la protezione della casanella quale mi sarei rifugiata. Sola! Soprattutto,sola! «L'isolamento diventa un amante, lasolitudine un peccato piacevole.» Dove l'avevoletto? Chi l'aveva scritto? Rappresentava contantaaderenzailmiomododisentirenonsolodiora,madisempre,diquandoerobambinaenonmieroancorasforzatadi«lanciarmineimondo»,«diventareunapartedella folla», fare la ragazzain gamba, attiva, moderna. E che pasticcio era

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venutofuoridaimieitentatividi«stareinsieme»con gli altri! Con un'alzata di spalle scacciai ilricordo deimiei insuccessi.Non tutti sentono lanecessità di vivere in un branco. I pittori, imusicisti, gli scrittori, sono persone solitarie. Eancheglistatistiegliammiraglieigenerali.Adessere obiettivi, bisognava aggiungere, però, chelo erano anche i criminali e i pazzi. E diciamoanche,pervoleressereonesti,chegliautentici,iveri individualisti sono persone solitarie. Non èuna virtù, anzi il contrario. Si deve sapercomunicare con gli altri, partecipare alla vitaaltrui, se si vuole essere un membro utile dellatribù. Il fatto che io stessi molto meglio e misentissi molto più felice quando ero sola, nonpotevacheessereindicediuncaratteredifettoso,neurotico. Ormai me l'ero ripetuto tanto spessonegliultimicinqueannichequellaseramilimitaia stringermi nelle spalle e, accarezzando conpiacere il pensiero della mia solitudine,attraversai l'ampioatriodell'albergoeusciisullasoglia per dare un'ultima occhiata alla sera checalava.

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Detestoglialberidipino.Sonocupi,immobili,enon si riesce né a ripararsi sotto di essi, nétantomenoasalirvi sopra.Esonoanchesporchi;copertidiunapolvereneraassolutamenteinsolitanelle piante, che si mescola alla resina, e cheinsudicia moltissimo a toccarla. Trovo anchelievemente ostili quelle loro sagome puntute efrastagliate, e il modo in cui si stringono l'unoall'altro, fitti, fitti, mi dà l'impressione diun'armatadilancechemisbarriilpasso.L'unicacosa buona che hanno è il profumo e, quandoposso procurarmene un po', ne uso semprel'essenza per il bagno.Qui negliAdirondacks, ilpanorama ininterrotto dei pini dà addirittura unsenso di nausea. Ricoprono ognimetro quadratodi terra nelle vallate e si arrampicano fino allacima di ogni montagna, come un tappetopungente steso fino all'orizzonte; una visionesterminata di piramidi verdi, dall'aspetto nonparticolarmente interessante, che aspettano diessere tagliati per diventare fiammiferi,attaccapanniecopiedelNewYorkTimes.Cinque acri di questi stupidi alberi erano stati

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abbattutiper la costruzionedelmotel; sì, perchèin effetti l'albergo non era altro che questo. Datempo«motel»nonèpiùunaparoladausarsi.Èdiventatomoltopiùelegante adoperarnealtre—per esempio «albergo per automobilisti», oppure«villaggio turistico» — dal giorno in cui allaparola «motel» si è cominciato ad associare ilconcetto di prostituzione, assassinio, gangster:tutte cose per le quali la loro anonimità emancanza di controllo sono estremamenteconvenienti. Il posto, scelto soprattutto perattirare i turisti, era — secondo l'espressioned'uso — «l'ideale». C'era la strada secondaria,tortuosa, attraverso la foresta, checostituivaunapiacevole alternativa per chi dovesse andare daLakeGeorgeeGlensFallsversosud,eametàdiessa, il laghetto, per il quale era stato sceltol'indovinatissimonomedi«AcqueSognanti»,unadellemete preferite dai gitanti. Ilmotel sorgevasul lato sud del lago, con l'ingresso principalerivoltoverso la stradae,dietro, le casette che siallargavano a semicerchio. Ce n'era unaquarantina:tuttefornitedicucina,docciaebagno,

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compresa la vista sul lago che si estendeva piùoltre. La costruzione era stata progettata edeseguita secondo gli ultimi dettami della moda:facciatedipinorossotiratoalucido,graziositettidi nodose travi, aria condizionata, televisione inogni casetta, recinto per i giochi dei bambini,piscina,campodigolfchescendevafinoallarivadel lago, dotazione di palle galleggianti(cinquanta palle un dollaro), tutti i trucchi delmestiere, insomma. E per mangiare? Unristorante self service nell'edificio centrale, e laconsegna garantita di viveri e liquori da LakeGeorge, due volte al giorno. Tutto questo perdieci dollari giornalieri, stanza singola: sedici,quelladoppia.Quindinoncisidevemeravigliareseiproprietari,avendoinvestitoinunainiziativadel genere duecentomila dollari di capitale,trovassero che gli introiti non corrispondevanoalle loro aspettative, tanto più che la stagioneandava soltanto dal primo luglio all'inizio diottobree ilperiododelTUTTOCOMPLETOdalquattordici luglio al primo lunedì di settembre.Questo, almeno, mi avevano raccontato quei

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terribili Phancey, quando mi avevano assuntocome segretaria per soli trenta dollari allasettimana,piùilvittoel'alloggio.Graziealcielonon li avevopiù tra i piedi!Un innodi felicità?Maun intero coro angelico aveva accompagnatola partenza della loro giardinetta lucente quellamattinaallesei,quandosieraavviatasullastradadi Glens Falls, donde quegli orribili «mostri»avrebberoproseguitoperTroy,lacittadinadacuiprovenivano. Mr. Phancey aveva allungato lemani per l'ultima volta e io non ero stataabbastanzarapidadaimpedirglielo.Velocecomeunalucertola, lasuamanoavevastrisciato lungoil mio corpo, prima che riuscissi a infilargli iltacco della scarpa nel collo del piede. Era statocostrettoalasciarmiandare,allora!Quandolasuafaccia,contortainunamascheradidolore,avevariacquistato un'espressione normale, Phanceymiaveva sussurrato: «E va bene, grano di pepe.Basta che tutto vada liscio, qui al campo, finoall'arrivo del padrone, domani amezzogiorno. Esogni d'oro stanotte.» Poi aveva fatto unsorrisetto,dicuimierasfuggitoilsignificato,esi

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eradirettoversolagiardinettadallaqualecistavaosservandosuamoglie,giàsedutaalvolante.«Su,andiamo, Jed,» aveva detto in tono tagliente.«Puoi trovare bocconcini altrettanto saporiti inWestStreet, stasera, se proprio ne hai bisogno.»Innestòlamarciaemigridò,guardandomiconunvolto angelico: «Addio, tesoruccio. Scrivici ognigiorno.»Ilsorrisoforzatosvanìrapidamentedallasua faccia ed ebbi una fugace visione del suoprofilo rinsecchito e tagliente, mentrel'automobile scomparve alla prima svolta dellastrada. Uff! Che coppia! Sembrava venuta fuorida un romanzo… e che romanzo! Caro Diario!BÈ, quelli che sarebbero venuti adesso nonavrebbero certo potuto essere peggiori, e iPhancey ormai se ne erano andati per sempre.D'ora in avanti, neimiei viaggi, la razza umanadovevamigliorare!Ero rimasta lì ferma, con gli occhi rivolti nelladirezione presa dai Phancey, seguendoli con ilpensiero. Poi guardai a nord, per studiare iltempo. Era stata una giornatamagnifica, con uncielolimpidissimo,emoltocaldaperquell'epoca

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dell'anno— eravamo allametà di ottobre—maadesso in alto, nel cielo, si stavano ammassandoenormi cumuli dall'aspetto sinistro, di un colorecupo, attraversati qua e là da un bagliore rosatodove erano ancora illuminati dal sole calante.Rapidefolatediventopassavanoazig-zagperlaforesta, facendo fremere le cime degli alberi; diquando in quando andavano a colpire l'unicalampada gialla penzolante al di sopra dellastazionedi rifornimentodeserta,situata in fondoalla strada, sul lago, facendola oscillarelievemente. Una folata più lunga, che arrivò—fredda e violenta — fino a me mi portò anchel'eco dello stridio metallico del lampioneballonzolante.Laprimavolta,sentendoquellieverumoreunpo'lugubre,fuipercorsadaunbrivido,unbrividoquasi piacevole.Al di là delle ultimevillette, sulla riva, le onde presero a lambiresempre più rapidamente le pietre e la superficiegrigio acciaio del lago cominciò a incresparsi,spruzzata qua e là di una lieve spuma bianca.Tuttavia, tra l'una e l'altra di quelle folate divento, l'aria era ferma e gli alberi, messi di

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guardia al di là della strada e dietro il motel,sembrava che si fossero avvicinatisilenziosamente l'uno all'altro, quasi perraccogliersi intorno al fuocodell'accampamento;l'edificiovivacementeilluminatoallemiespalle.All'improvviso sorrisi tra me, sentendomiattraversare da quello stimolo solleticante cheprovano tutti i bambini quando giocano anascondersi,albuio,quandonell'armadiosottolascalasisenteloscricchioliolievediunatavoladilegno del pavimento e farsi più vicino ilmormorio di chi ci sta cercando. Allora ci sirannicchia su se stessi, pervasi da un eccitantesenso di timore, e si attende il piacevolissimoattimo della scoperta, l'allargarsi di una fessuraluminosa della porta e poi — o momentomeraviglioso!— il nostro «Ssst! Vieni qui conme!»eilrichiudersisordodell'antaeilcalorediunaltrocorporidente,vicinoalnostro.Diventata ormai una «ragazza grande», fermasulla porta del motel, ripensai a tutte quellesensazioni e riconobbi quel particolare stimoloche è prodotto da una fugace apprensione— il

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brivido lungo la spinadorsale, lapelled'ocachevieneistintivamente—insommaquellichesonosoltanto segni premonitori della paura, ereditatidai nostri primitivi e selvatici antenati. Midivertì, e godetti con piacere quell'attimo. Benprestosarebberoscoppiatiituonieioavreipotutoritirarmi dall'ululare della tempesta nella miacavernabenilluminata,pienadiognicomfort;misareipreparataqualcosadabere,avreiascoltatolaradioemisareisentitaalsicuroealriparo.Sifacevabuio.Quellaseramisarebbemancatoilcoronotturnodegliuccelli.Magiàdatempoessiavevanosentitoisegnalianticipatoridell'uraganoe si erano nascosti nei loro nidi della foresta,comeglialtrianimali:gliscoiattoli, le tamiee idaini. In tuttaquellazonacosìvastaeselvaggia,l'unico essere vivente rimasto all'aperto ero io.Respirai ancora, due o tre volte, a lungo, l'ariatiepida un po' umida. L'umidità aveva reso piùacutoilprofumodeipiniedelmuschio,chenonriusciva a nascondere, però, l'odore più intenso,ascellare, della terra. Si aveva addirittural'impressioneche la forestasudasse,provando lo

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stesso eccitamentopiacevole cheprovavo io.Daunpostoimprecisato,mavicinissimo,unacivettanervosaemiseungridomonotonoelugubreepoici fu silenzio.Mi staccai di qualche passo dallasoglia illuminataemi spinsi finoal centrodellastrada voltandomi a guardare verso nord. Unaviolenta folata di vento mi colpì in pieno,scompigliandomi icapelli. Il lampopassò,comeuna fugace mano bianco-bluastra, sull'orizzonte.Qualche secondo più tardi, il tuono rumoreggiòsordamente come un cane da guardia appenarisvegliato, poi arrivò la bufera e le cime deglialberi cominciarono a ondeggiare e a fremere,mentre la lampadagialla,appesa laggiùinfondoalla strada, riprendeva a cigolare e a oscillarequasiperavvertirmidiqualchecosa.Ederacosì,infatti. All'improvviso la sua luce ondeggiantevenneoffuscatadallapioggiaelasualuminositàappannatadaunagrigiacortinadiacqua.Iprimigocciolonimicolpirono.Mivoltaiefuggii.Richiusi con un tonfo la porta alle mie spalle,girai la chiave emisi il catenaccio.Avevo fattoappena in tempo. In quell'attimo, infatti, la

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valangadipioggia si rovesciò sullacasa, conunrumore sordo, scrosciante, continuo, che andavadal sordo tamburellare sulle travi inclinate deltetto al crepitio preciso e tagliente contro lefinestre.Benprestoaquellasinfoniasiaggiunseanche il gorgogliare tumultuoso delle grondaietraboccanti. L'insieme dei suoni fragorosi, checostituivano l'accompagnamento della bufera,avevagiàassuntounsuoritmoparticolare.Lo stavo ascoltando dal mio comodo cantuccio,quando il tuono che si era preparatosilenziosamenteadintervenire,strisciandomiallespalle, mi colpì come un'imboscata.All'improvviso il lampo passò accecanteattraverso la stanza e, subito dopo, un fragoreassordantescosse l'edificio facendovibrare l'ariacome le corde di un pianoforte. Fu una solaesplosione, ma di tali proporzioni da darmil'impressionechesitrattassediunabombacadutaapochimetrididistanza.Sisentìl'acutotintinniodel vetro di una finestra che cadeva in frantumisul pavimento, e poi il fruscio della pioggia cheentrava dall'apertura e cominciava a picchiettare

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sullinoleum.Nonmimossi.Nonneerocapace.Rimasiferma,immobiledov'ero,rannicchiata,conlemanisulleorecchie.Noneraquesto,quellocheintendevo!Ilsilenzio,chemierasembratospaventoso,tornòariempirsi del mormorio della pioggia; quelfrastuonoprimatantoconfortevoleerassicurantee che, invece, adesso sembrava dicesse: «Noncredevichepotesseessere tanto tremendo,vero?Nonhaimaivistounabuferacomequesta tra lemontagne.Epoi, anchequesto tuo rifugionon èmolto solido. Per esempio, che ne diresti se—tanto per cominciare — la luce venisse amancare? E se lo scoppio di un tuono passasseattraverso questo soffitto di legno, sottile comeuna scatoladi cerini?E se, per finire, la folgoreincendiasse la casae ti fulminasse?Odobbiamosoltanto limitarci a spaventarti talmente dacostringerti a uscire nella pioggia per percorrerequeiquindici chilometri che ti separanodaLakeGeorge?Tipiacestaredasola,eh?Eallora,provaun po' questo!» La stanza assunse ancora unavoltaunaspettoirreale,illuminandosidiunaluce

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bluastraepoi—propriosopralamiatesta—siripetèloscoppioassordantedell'esplosionechesiprolungò, trasformandosi in un furiosocannoneggiamentoditaleviolenzadafarevibraretazzeebicchieridietroilbaredaaprirequalchefendituranelletravaturedilegnoperlapressionedelleondesonore.Mi sentii piegare le gambe, e mi avvicinaibarcollando alla sedia più vicina, lasciandomicicaderesopra,conlatestatralemani.Comeavevopotutoesserecosìsciocca,cosìimpudente?Oh,sefosse arrivato qualcuno, se fosse venuto a stareconme;qualcunochemirassicurasse,dicendomichesitrattavasoltantodiunuragano!Manoneracosì! Era una catastrofe, la fine del mondo! Etutto contro di me! E adesso, sarebbericominciato! In un momento qualsiasi! Oh,dovevofarequalcosa,cercareaiuto!MaiPhanceyavevanogiàpagatol'ultimabollettadel telefono, chiedendo che venisse staccata lalinea. C'era un'unica speranza! Mi alzai e midiressi correndo verso la porta, per girarel'interruttore collegato con la grande insegna in

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neon rosso, posta al di sopra della portad'ingresso, che diceva COMPLETO oppureSTANZE LIBERE. Se l'avessi spostata suSTANZELIBERE, forsequalcunoche transitavasullastrada l'avrebbevista.Eforsesarebbestatolieto di trovare un rifugio a portata di mano. Einvece, nell'attimo stesso in cui giravol'interruttore,illampo,chedovevaessererimastoin agguato a osservare i miei movimenti,attraversòazig-zaglastanzatrarumorosiscoppidi tuono e io mi sentii afferrata da una manogigantescaescaraventatacontroilpavimento.

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2CarigiornipassatiQuandoripresiisensi,miricordaisubitodovemitrovavoequellocheerasuccesso,emischiacciaiancora di più contro il pavimento per timore diessere colpita ancora da una scarica elettrica.Rimasi così una diecina diminuti, ascoltando ilfrastuono della pioggia e domandandomi se lascarica elettrica non avesse lasciato tracce sulmio corpo. Chissà! Forse avevo i capelli tuttibruciati,dalprimoall'ultimo!Miportaiunamanoallatesta.C'eraancora,esembravachecifosseroanche i capelli, e, in più, si era aggiunto unbernoccolo sulla nuca. Azzardai qualche cautomovimento. Non avevo niente di rotto. Non mierofattaalcunmale.Einquellostessomomentol'enormefrigoriferodellaGeneralElectric,chesitrovava in un angolo, diede segno di vita e fecesentiredinuovoilsuoallegroronziofamiliare,emi resi conto che il mondo continuava comeprima e che i tuoni non si erano più ripetuti.Ancora tremante,mi alzai in piedi emi guardai

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intorno, aspettandomi una scena di caos e didistruzione.E invece tutto era lì, come lo avevolasciato; il tavolo della réception, dall'aspettoimponente, le scansie di metallo per i libri e igiornali, il lungo banco del ristorante, i dodicinitidi tavolini con il piano di plastica nei coloridell'arcobaleno e le scomode seggioline dimetallo,ilgranderecipientedell'acquaghiacciatae lamacchinascintillanteper ilcaffè.Ognicosaeraal suoposto, là,doveavrebbedovutoessere.Soltantoilvetroinfrantodellafinestraelapozzad'acquachesiallargavasulpavimentostavanoaindicareladuraprovaattraversolaqualeeravamopassati il locale ed io. Dura prova? Ma di cheandavocianciando?Laduraprovaerasolofruttodella mia immaginazione! Era scoppiato untemporale. Con tuoni e lampi. E gli scoppi deltuono e le scariche della folgore mi avevanospaventata, come potrebbe spaventarsi unbambino. E io, come una vera idiota, mi eroaggrappata all'interruttore della luce senzaneppureaspettare lapausa traunlampoe l'altro,ma, al contrario, scegliendo proprio il momento

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in cui un'altra folgore stava per scaricarsi. Emiavevacolpitoinpieno.Eroanchestatapunitaconun bernoccolo in testa. Mi stava bene, stupida,ignorante ragazzetta spaventata! Ma, unmomento! Forse i capelli mi erano diventatidavvero bianchi! Attraversai rapidamente lastanza,afferrai laborsettacheavevo lasciatosultavolodellaréception,emispostaidietroilbancodelristoranteperesaminarmibenenellospecchiochesiallungavasottogliscaffali.Perprimacosa,mi guardai negli occhi, dubbiosa. E questi mirestituirono lo sguardo: azzurri, limpidi, maspalancatinell'incertezza.C'eranoanchelecigliae le sopracciglia, brune, la fronte inquisitrice einfine il casco gonfio di capelli, bruni,dall'aspetto assolutamente ordinario chescendevano a destra e a sinistra in due largheonde. E dunque! Tirai fuori il pettine e me lopassai bruscamente, quasi con rabbia, tra icapelli;poilorimisinellaborsetta,richiudendolaconuncolpettosecco.L'orologio mi disse che erano quasi le sette.Accesi la radio e mentre sentivo la stazione

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WOKO, intenta a terrorizzare gli ascoltatori conil resoconto dell'uragano —linee elettricheabbattute, l'Hudson in piena nelle vicinanze diGlensFalls,unolmochebloccava laStatale9aSaratoga Springs, Mechanicville minacciata daun'inondazione—conunpocodicartagommataattaccai un foglio di cartone al vetro rotto, presiunostraccioeunsecchioeasciugaiilpavimento.Poiattraversaicorrendo ilpassaggiocopertochecollegava l'edificio centrale del motel con lesingolecasetteedentrainellamia,contrassegnataconilnumero9,situatasulladestraversoillago.Mi svestii e feci una doccia fredda. La miacamicettabiancadi terilene si era sporcatanellacaduta che avevo fatto, la lavai e la appesi adasciugaresubito.Avevo già dimenticato la punizione inflittamidall'uraganoeilmiocomportamentodaveraoca.Il mio cuore aveva ricominciato a cantare, allaprospettivadellaseratasolitariaediriprendereilviaggio il giorno successivo. Impulsivamente,indossaiquantodimeglioavevonelmiomodestoguardaroba: i pantaloni alla «torera» di velluto

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nero,moltopococastiedaderentissimi,e, senzapreoccuparmi di mettere anche il reggiseno, ilmaglioneditessutodoratoconl'ampiocolloallaciclista. Mi ammirai nello specchio, decisi dirimboccare lemaniche delmaglione fin sopra ilgomito,feciscivolareipiedineisandalid'orodiFerragamo, e — con un'altra rapida corsa —rientrai nel salone. Nella bottiglia di bourbonVirginiaGentlemandaunlitro,chemieradurataduesettimane,c'eraancoraquantobastavaperunultimo bicchiere. Riempii di cubetti di ghiacciounadellemiglioricoppedicristallo intagliato,evirovesciaisopratuttoilliquorerimastomi,finoall'ultima goccia. Poi avvicinai la più comodapoltronadel soggiornoalla radio, laaprii, accesiunadelleultimecinqueParliamentcheavevonelpacchetto, bevetti una lunga sorsata di liquore emirannicchiaialcalduccio,cercandolaposizionepiùconfortevole.La pubblicità commerciale, che parlava solo digattiedellaloro«passione»perunospecialeciboa base di fegato, cominciò a punteggiare con unnuovoritmoilfrastuonoincessantedellapioggia,

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alterato solo da qualche folata particolarmenteforte di vento che spingeva raffiche d'acquacontro le finestre e scuoteva lievemente tuttol'edificio. Dentro, si stava proprio come avevoimmaginato:bencomodi,difesidalleintemperie;e l'ambiente avevaun'aria allegra, scintillante diluciedi riflessideimetallicromati.LastazioneWOKOannunciòquarantaminutidi«Musicaperbaciarsi» ed eccoti all'improvviso gli Ink Spotscon la loro interpretazione di «Qualcuno faondeggiare la barca dei miei sogni» e io miritrovaisulTamigi,cinqueanniprima,estavamoandando alla deriva oltre Kings Eyot in unbarchino e si intravvedeva in lontananza ilcastello di Windsor, Derek remava e io mioccupavo del grammofono portatile. Avevamosoltanto dieci dischi, ma ogni volta che era ilturno del microsolco degli Ink Spots e il discoarrivava a «Barca dei sogni» Derek misupplicava: «Fammela sentire ancora una volta,Viv», e io ero costretta a inginocchiarmi sulfondodellabarcapercercareilpostoesattosucuiappoggiarelapuntina.

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Così,inquelmomentomisiriempironogliocchidilacrime—nonpercolpadiDerek,masoltantoper quella dolce sofferenza che è datadall'insieme di tante cose —un ragazzo e unaragazza, la lucedelsolee ilprimoamorecon lesuemusichee le istantaneee le lettere«sigillateconunbacio».Eranolagrimeunpo'sentimentaliper la mia infanzia perduta, piene di auto-commiserazioneperlasofferenzacheneerastatoil sudario; tanto che lasciai che due di esse miscivolasserolungoleguance,primadiasciugarlerapidamente e di decidere che potevo benpermettermiunabreveorgiadiricordi!MichiamoVivienneMichele,all'epocaincuimene stavo seduta nel motel «Pini Sognanti» aricordareilpassato,avevoventitrèanni.Sonoaltaunmetro e cinquantotto e ho sempre creduto diavere una bella figura, fino al giorno in cui leragazze inglesi del collegio «Astor House» midissero che avevo il didietro troppo sporgente echeavreidovutosceglierereggisenipiùsostenuti.Comehogiàdetto, imieiocchi sonoazzurri e icapellicastanoscuro,ondulatinaturalmente,e la

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miaaspirazione sarebbequelladi farmi fareunamèchedorata per darmiun aspetto piùmaturo epiùeccentrico.Hoglizigomipiuttostoalti,anchesequellestesseragazze,cuiaccennavoprima,midicevanochemidavanounaspetto«straniero»,eil naso troppo piccolo e la bocca troppo grande,cheassumeunaspettounpo'sexyanchequandonon lo desidero affatto. Ho un temperamentoalquanto ottimista che mi piace credereromanticamente colorato di una lieve tendenzaallamalinconia,masonoribelleeindipendenteaunpunto taleche lesuoredelconventoneeranopreoccupateeMissThreadgolddi«AstorHouse»esasperata.(«Ledonnedovrebberosempreesseresalici,Vivienne.Toccaagliuominiesserequerceofrassini.»)Sonofranco-canadese.SononatavicinoaQuebec,in una piccola località che si chiama SainteFamille, situata sulla costa settentrionale dell'Iled'Orléans,unalungaisolachehal'aspettodiunagrossanaveaffondataechesitrovanelbelmezzodel San Lorenzo, quando il fiume giunge nellevicinanzedegli straitsdiQuebec.Sonocresciuta

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accanto, e dentro, a questo grande fiume, con ilrisultato che i miei passatempi preferiti sono ilnuoto,lapesca,ilcampeggioetuttiglialtrisportchesipossonofareall'aperto.Nonricordomoltodei miei genitori — ad eccezione del fatto chevolevomoltobeneamiopadreechenonandavod'accordo con mia madre — perchè avevosoltantoottoanni,quando rimaserouccisi tutti edueinunincidenteaereo,durantel'atterraggiodelloroapparecchioaMontréal,dovesirecavanoperun matrimonio. Il tribunale dispose che la miatutelavenisseaffidataaunaziavedova,FlorenceToussaint, cheaccettòdivenirea stabilirsinellanostra casetta e chemi allevò.Andavamomoltod'accordo, e oggi sono convinta di volerle benedavvero,maeraprotestantementre iosonostataallevata nel rispetto del cattolicesimo, tanto dadiventare una vittima del tiro alla fune che èsempre stato il flagello diQuebec, dominata dalclero e lacerata tra due diverse fedi religiose. Icattolicivinserolabattagliacheriguardavailmiobenesserespirituale,evennieducatanelcollegiodelle Orsoline fino all'età di quindici anni. Le

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suore erano molto severe e tutta la nostraeducazioneera improntata sulla religionee sulladevozione: imparai così una quantità incredibiledi storia della religione e di un dogma alquantooscuro, che avrei barattato molto volentieri conaltrematerieadatteafarmidiventarequalcosadidiverso da una infermiera o da una monaca; equando, alla fine, l'atmosfera di quel postodiventò tanto soffocante per il mio spirito daspingermi addirittura a chiedere di essere tiratafuori di lì, la zia fu ben lieta di strapparmi ai«papisti»edeciseche,all'etàdisedicianni,sareiandata a completare la mia educazione inInghilterra. La cosa non mancò di fare scalporenell'ambienteincuierocresciuta.NonsoltantoleOrsoline costituivano il centro della tradizionecattolica a Quebec— il convento ha l'onore dipossedereilteschiodiMontcalm:perduesecoli,digiornoedinotte,noncisonomaistatemenodinove suore inginocchiate in preghiera davantiall'altaredellasuacappella—malamiafamigliaapparteneva al più rigido e severo ceppo franco-canadese,edilfattochelasuaultimadiscendente

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sistaccassedallatradizioneedallareligione,eraqualcosa che stupiva e scandalizzava al tempostesso.IfiglielefiglieautenticidiQuebeccostituisconouna società— quasi una società segreta— chenon è meno potente della cricca calvinista diGinevra, e gli iniziati— maschi e femmine—parlando di sé, si definiscono «Canadiennes».Giù,molto più giù, nella scala dei valori socialivengono i «Canadiens»: i protestanti canadesi.Poi «Les Anglais», termine con cui sidefiniscono, grosso modo, tutti coloro che sonoimmigrati recentemente dall'Inghilterra, e infine«LesAméricains»,cheèunterminespregiativo.ICanadiennes sono orgogliosi del loro modo diparlareilfrancese,benchèormaisitrattisoltantodi un gergo imbastardito, pieno di parole chehanno almeno duecento anni e che i francesistessi non capiscono più e di parole inglesifrancesizzate insomma, 'tra questa lingua e ilfrancese c'è più o meno lo stesso rapporto cheintercorre tra l'afrikaans e l'olandese. Losnobismo e l'esclusivismo di questa società di

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Quebec non risparmia neppure i francesi chevivonoinFrancia.Costoro—chesonoglistessidai quali i Canadiennes hanno avuto origine—vengono definiti molto semplicementeEtrangers»! Mi sono dilungata su questo puntoperchè voglio sia ben chiaro che la defezione diunaMicheldiSainteFamilledallaFededeisuoipadricostituivauncriminealmenotantograve,seè possibile, quanto il tradimento della mafia, inSicilia,dapartediunsuoaffiliato.Infattituttimifecero capire chiaramente, fin troppochiaramente, che lasciando il collegio delleOrsoline di Quebec mi ero bruciata alle spalletuttiiponti,perquelcheriguardavaimieitutorispiritualielamiacittànatale.Mia zia, con molto buon senso, cercò diminimizzarelecoseediplacareilnervosismodalquale fui afferrata, appena mi resi contodell'ostracismoconcui la«buonasocietà»localerispose alla decisione che avevo preso: allamaggior parte delle mie amiche fu vietatoqualsiasi ulteriore rapporto di amicizia con me.Comunque arrivai in Inghilterra avvilita da un

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senso di colpa e di diversità» dagli altri che,aggiunte al mio «colonialismo», costituirono ungravehandicappsicologico,sesipensache—altempostesso—dovevoaffrontareleincognitediuncollegioallamodapersignorine.L'«AstorHouse» diMiss Threadgold era situato—come la maggior parte di questi conviti —nella zona di Sunningdale; era un imponenteedificiodi stilevittoriano,dove ipiani superiorierano stati divisi in venticinque camere da lettoche ospitavano venticinque paia di ragazze.Essendo «straniera» mi misero nella stessacamera dell'unica straniera presente in quelmomento nella scuola, una bruna libanese,milionaria, fornita di folti ciuffi di peli brunisotto le ascelle, che divideva equamente le suepassioni tra il dolce alla cioccolata e un attorecinematografico egiziano, dì nome Ben Saïd, lacui lucida fotografia — denti scintillanti, baffi,occhi,capellilucenti—dovevabenprestovenirestrappata in mille pezzi e gettata nel gabinettodalletre«grandi»delDormitorioRosa,delqualetuttefacevamoparte.Inrealtà,laragazzalibanese

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fu la mia salvezza. Era tanto insopportabile,petulante, mandava tanto cattivo odore, ed eratalmente ossessionata dai suoi soldi, che lamaggiorpartedellealunnesiimpietosìdellamiasorteefeceilpossibileperesseregentileconme.Ma c'era anche chi non voleva esserlo. Ricordoche soffrii incredibilmente perchè criticavano ilmio accento, ilmiomodo di stare a tavola, nonsufficientemente raffinato, la mia totalemancanzadisavoir-fairee,ingenere,ilfattochefossi canadese. Adesso mi rendo conto che eroanche eccessivamente sensibile alle critiche eavevo un temperamento piuttosto rissoso.Insomma,nonsapevoaccettaretirannieedispettie,dopounoscontropiuttostoviolentocondueotre delle mie tormentatrici, una sera queste siunirono a un gruppetto di altre e mi assalirono,quando ero già a letto, e mi picchiarono, miinvestironodigettid'acquafinchènonmivideroscoppiare in lagrime e giurare chenon avrei più«combattutocomeunalce».Daallora,lentamenteriusciiadadattarmiallavitadelcollegio,feciunatregua con le mie compagne e, per quanto

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riluttante, mi accinsi ad imparare ad essere una«lady».Le vacanze mi compensavano però di tutto ilresto! Avevo fatto amicizia con una ragazzascozzese, Susan Duff, appassionata come me disportall'ariaaperta.Ancheleierafigliaunicaeisuoi genitori furono ben lieti che io le tenessicompagnia.Così ci fu laScozia d'estate e lo scid'inverno e in primavera: in tutta Europa, inSvizzera,Austria,Italia;lanostraamiciziasifecepiù stretta durante il periodo della scuola e alla,fine «debuttammo» insieme in società. ZiaFlorence tirò fuori cinquecento sterline, qualemio contributo a un ballo di «debuttanti»organizzato all'hotel «HydePark» e iomi trovaisulla stessa «lista» di inviti di altre ragazze epartecipaiaunaseriedialtriballi,doveconobbimolti ragazzi che mi sembravano tutti villani,pienidiforuncoliebenpocomaschialconfrontodei giovani canadesi che avevo conosciuto. (Mapuòanchedarsichemisbagliassi,perchèunodeipiù foruncolosi di quei ragazzi, quello stessoanno, partecipò al «Grand National» e riuscì ad

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arrivarefinoinfondo!)PoiincontraiDerek.Ormai avevodiciassette anni emezzo eSusan eioabitavamoinunappartamentinoditrestanzeinOldChurchStreet,poco lontanodaKing'sRoad.Era la fine di giugno, ormai anche la nostrafamosa «stagione» stava per concludersi edecidemmodidareunafestaperlepochepersonecheavevamoconosciutoechecieranorealmentepiaciute.Lafamigliacheabitavasulnostrostessopianerottolo stava per partire in vacanza, perl'estero: ci dissero che avremmo potuto servircianchedellelorostanze,perl'occasione,purchèletenessimo d'occhio poi, durante la loro assenza.Eravamo tutte edue senza soldi a furiadidover«starealpasso»conlealtredebuttantiatuttiqueiricevimenti, tantoche telegrafaiaziaFlorenceericevettiuncentinaiodisterline,eSusanriuscìametterne insieme altre cinquanta. Cosìdecidemmodifarelecoseconstile.Comprammodiciotto bottiglie di champagne -- rosé,naturalmente, perchè ci sembrava piùelettrizzante—,unascatoladicavialedacinque

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chili, due scatole di foie gras del tipo piùeconomico che, tagliato a fettine e disposto suipiattinonsembravapernulladiversodaquelloditipo più costoso, e una certa quantità di quegliantipasti piccanti che si trovano a Soho.Preparammo anche un mucchio di sandwich dipane nero imburrato, con crescione e salmoneaffumicato, e vi aggiungemmo un po' di queidolci che si mangiano a Natale, prugnecaramellate e cioccolatini — un'idea moltostupida, nessuno ne mangiò — e, dopo averdisposto tutto quel ben di Dio su una portastaccata dai cardini e ricoperta da una tovaglialucente,chelafacevasembrareunveroepropriobuffet,ne ricavammol'impressioneche lanostrafestanonavessenientedainvidiareaquelledatedallepersonepiùadulte.Fudavveroun successo, fin troppogrande, anzi.Vennero tutte le trenta persone che avevamoinvitato,equalcunoportòconséaltriamici,efuunveropigia-pigia,congentesedutadappertutto,sulle scale, e ci fu perfino un tizio che andò asedersinelgabinettoconuna ragazza inbraccio.

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Ilcaldoeilbaccanoeranospaventosi.Forsenoneravamo così conformiste come credevamo,oppureallagentepiacevanolepersoneveramenteconformiste e che non fingevano soltanto diesserlo. Naturalmente ci capitò la cosa peggioreper due padrone di casa: presto non ci fu piùnientedabere.Ricordochemi trovavo, inpiedi,vicinoalla tavola,quandounbuontemponescolòfino all'ultima goccia l'ultima bottiglia dichampagne e poi si mise a gridare con vocesoffocata:«Acqua!Acqua!Ononrivedremomaipiù l'Inghilterra!» Mi innervosii e gli risposipiccata: «BÈ, non ce n'è più!» Fu allora che unragazzoalto,chesenestavaappoggiatoalmuro,disse: «Ma naturalmente che ce n'è! Vi sietedimenticati della cantina,» e mi prese per unbraccio,pilotandomiattraversolastanzaegiùperlescale.«Andiamo,»disseintonodeciso,«nonsipuò sciupareuna festa così divertente.Possiamocomprarequalcosadabereinunbar.»Così entrammo inunbar e comprammounpaiodibottigliedigineunabracciatadibottigliettedilimonatatonicaeluivolleatuttiicostipagareil

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gin, e io pagai il resto. Era sbronzo, ma in unmodomolto simpatico emi raccontò che primaerastatoaunaltro ricevimentoecheeravenutodanoiconunagiovanecoppia—maritoemoglie—iNorman,cheeranoamicidiSusan.Dissechesi chiamava Derek Mallaby, ma non gli badaimoltoperchèavevofrettadiritornareacasaconla roba da bere. Quando ci videro apparire infondo alle scale, tutti ci salutarono con grida digioia,maormailafestacominciavaalanguire.Lagentecominciòadandarseneallaspicciolata.Rimasesoltantoilgruppettodegliamiciintimiodi quelli che non sapevano dove andare a cena.Poi anche questi cominciarono a diradarsi, eanche i Norman, che erano molto simpatici einformaronoDerekMallaby che avrebbe trovatola chiave di casa sotto lo stuoino della porta,deciserodiandarsene.Susanproposeaquellicheerano rimasti di fare una puntata da «Popotte»,sull'altro lato della strada, un posto che non mipiaceva molto. Allora Derek Mallaby mi vennevicino,sollevòl'ondadicapellichemicoprivaunorecchio e vi sussurrò dentro, in tono piuttosto

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rauco, se non avevo voglia di andare in qualcheposto di infimoordine» con lui. Io risposi di sì,soprattutto — credo — perchè era un ragazzomolto alto e perchè aveva deciso di prenderel'iniziativa,quandoiononavevosaputofarlo.Cosìuscimmo,nellaserataafosa,lasciandociallespalleunospaventosocampodibattaglia,eSusancon i suoi amici se ne andò per conto suo e noisalimmosuuntaxiinKing'sRoad.Derekmifeceattraversare tutta Londra per condurmi in unpostodovesimangiavanoglispaghetti.«IlBambù»vicinoaTottenhamCourtRoad—emangiammo spaghetti alla bolognese,accompagnati da una bottiglia di Beaujolais«imbottigliato al momento», come lo definì lui,chelomandòadacquistarefuori.Fuluiabernelamaggiorparte,poimiraccontòcheabitavaapocadistanza da Windsor, che aveva quasi diciottoanni e che quello era il suo ultimo trimestre ascuola,chegiocavanellasquadradicricketechegli avevano dato un permesso speciale diventiquattroorepervenireaLondraaconsultareisuoi legali, perchè sua zia eramorta e gli aveva

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lasciato un po' di soldi. I suoi genitori avevanopassato la giornata con lui e poi erano andati avedere l'MCC1 giocare contro il Kent ai Lords.InfineeranoripartitiperWindsor,affidandoloaiNorman. In realtà—secondo il loroprogramma— avrebbe dovuto andare a teatro e poitornarsene a casa e filare a letto, ma c'era stataun'altrafestaepoilamia,edorachenepensavodiandareal«400»?Naturalmente, fui elettrizzata da quell'idea. Il«400» è uno dei più famosi locali notturni diLondraediononeromaiandatapiùinlàdiquellidi Chelsea, che sembrano tutti cantine. Gliraccontai qualcosa di me e riuscii a renderedivertente perfino «Astor House», insomma, erauna persona con la quale era facile parlare.Quando ci portarono il conto, lasciò subito lamancia esatta— né troppo né troppo poco— equesto mi diede l'impressione che fosse moltomaturo per la sua età e per essere ancora unostudente, ma è anche vero che le scuole privateinglesi — secondo l'opinione comune — fannomaturare i ragazzi molto rapidamente ed

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insegnanolorolebuonemaniere.Intaximitenneunamanotralesue,emiparvelacosapiùgiusta—l'unica—dafareeal«400»sembravachetuttiloconoscessero:illocaleerapiacevolmentebuioeDerekordinòginandtonicegliportaronoanchesul tavolounamezzabottigliadigin,che—cosìpareva—avevalasciatolìl'ultimavoltachec'erastato.L'orchestradiMauriceSmarteraveramenteottima, e quando ballammo i nostri corpi siadattaronoperfettamentel'unoalritmodell'altro,ed io cominciai davvero a divertirmi. Fu allorache mi misi ad osservare il modo in cui glicrescevanosulletempieisuoicapellineri;ilfattoche aveva delle belle mani e che, quandosorrideva, non si limitava a guardare la gente infaccia, ma la fissava negli occhi. Restammo lìfinoallequattrodelmattino,ilginfinìe,quandocitrovammoperlastrada,dovettiappoggiarmialui per andare diritta. Chiamò un taxi e, quandomi prese tra le braccia, mi sembrò che fosse lacosa più naturale delmondo, e quandomi baciòglirestituiisubitoilbacio.Dopoaverallontanatoper ben due volte la sua mano che cercava di

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accarezzarmiilpetto,misembròeccessivamentepudico farlo per la terza volta, ma quando laspostò cercando di infilarla sotto la mia gonna,nonglielopermisiedanchequandomipreseunamanoecercòdiconvincermiatoccarlo,nonvolli,anche se anelavo a farlo con tutto ilmio essere.Grazie al cielo, in quel momento arrivammodavantiacasa,eluisceseemiaccompagnòfinoalla porta e ci promettemmo che ci saremmorivistiechemiavrebbescritto.Quandocidemmol'ultimo bacio, allungò unamano emi diede unpizzicotto e quando il suo taxi sparì dietrol'angolo, ne sentii ancora l'impronta. Poi salii disopraperandarealetto,ecorsiaguardarminellospecchiosopraillavaboeimieiocchieranotantoluminosi e il mio viso tanto raggiante, chesembravaquasifosseroilluminatidaldidentro,e,per quanto probabilmente buona parte di quellalucentezza fossedovutaalginbevuto,pensai trame:«Oh,Dio!Sonoinnamorata!»

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3Risvegliodiprimavera

Civuolemoltotempoascriveretuttequestecose,mabastanopochiminutiperricordarleedinfatti,quandomiriscossidalmiosognoadocchiaperti,nellapoltronadelmotel,lastazioneradioWOKOstava ancora suonando «Musica per baciarsi» edin quel momento forse era proprio Don Shirleyche improvvisava sull'aria di «Non è così dolcequella ragazza?» Il ghiaccio si era sciolto tuttonelmio bicchiere.Mi alzai e andai a prendernedell'altro nel frigorifero, poi tornai arannicchiarmi nella poltrona, sorseggiandolentamente il bourbon per farlo durare di più.Accesi un'altra sigaretta ed ecco, ero di nuovotornataaquellaestatesenzafine.L'ultimo trimestre di scuola di Derek finì: cieravamo scambiati quattro lettere. La prima chemi aveva mandato cominciava con un«carissima» e finiva con amore e baci; io avevo

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preferitouncompromessotra«caro»e«affetto».Generalmente le sue lettere parlavano dei puntisegnati al cricket, le mie dei balli ai quali erostataedeifilmedellecommediecheavevovisto.Lui avrebbe passato l'estate a casa ed eraeccitatissimo al pensiero della MG di secondamano che i suoi genitori avevano intenzione diregalargli, e sarei andata a fareunagita con lui,qualchevolta?Susanfumoltosorpresa,quandoleannunciai che quell'estate non sarei andata inScozia e che avevo intenzione di restare nelnostro appartamento almeno per un po'. Non leavevo detto la verità, su Derek, e poichè erosempreiolaprimaadalzarmi,nonsapevanientedellesuelettere.Noneramiaabitudineaveredeisegreti,ma preferivo godermi in silenzio lamia«relazione sentimentale» (come la chiamavo frame):misembravatantofragilee,probabilmente,piena di delusioni che temevo che perfino ilparlarnefossedimalaugurio.Aquantonesapevoio, avrei anche potuto essere una delle tanteragazzediDerek.Eragenerosoeattraente,ecosìbravoascuolachemiimmaginavounalungafila

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difanciulledi«Mayfair»,tuttevestitediorganzae fornitedi titolinobiliari,pronteadaccorrereaunsuogestooaunsuorichiamo.Cosìmilimitaisemplicemente a dirle che volevo cercarmi unlavoro e che forse l'avrei seguita in Scozia piùtardi.AsuotempoSusanpartìperilNordearrivòuna quinta lettera di Derek che chiedeva se ilsabato successivo volevo prendere il treno dimezzogiorno dalla stazione di Paddington: luisarebbe venuto ad aspettarmi con l'automobileallastazionediWindsor.Cosìcominciòunaseriediabitudinideliziose.Ilprimo giorno venne a prendermi al marciapiededel treno. Eravamo tutti e due un po' intimiditi,ma Derek era tanto eccitato al pensierodell'automobile, che mi trascinò fuori in granfretta a vederla. Era magnifica, nera, con ilrivestimentointernodicuoiorossoeiraggidelleruoterossi,ederafornitadiognisortadiaggeggidiquelli che si trovanosullemacchinedacorsa,comeunacinghiaintornoalcofanoeuntappodidimensioni sproporzionate sul serbatoio dellabenzinae ildistintivodelBRDC.1Salimmoe io

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mi legai intorno ai capelli il fazzoletto di setacolo rata di Derek e il tubo di scappamento simise a fare un rumore piacevolmente eccitante,quando accelerammo sulla High Street, alsemaforo,pervoltareversoilfiume.Quelgiornomi condusse fino aBray, per farmi apprezzare ipregi della sua automobile, correndo a velocitàpazzesca sulle strade secondarie e facendovirtuosismi assolutamente non necessari — davero campione della pista — sulle curve piùstrette. Sedendo così in basso, vicino a terra,ancheandandoasettantacinquechilometriall'orasi aveva l'impressionedi correre adunavelocitàalmeno doppia. All'inizio mi aggrappai allamanigliaappositamentesituatasulcruscotto,emiraccomandai l'anima a Dio. Ma Derek era unbravopilotaebenprestoprovaimaggiorefiduciain lui e riuscii a controllare e dominare i mieitimori.Micondusse inun locale tremendamenteelegante, l'«Hotel de Paris», e mangiammosalmoneaffumicato,checostavacarissimo,polloarrostoegelatoepoiandammoanoleggiareunacanoa a motore e cominciammo a risalire

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lentamente il fiume, con la nostra imbarcazionedal motore scoppiettante, fino al ponte diMaidenhead,epoitrovammounpiccolostagnodiacqua ferma, proprio su questo lato diCookhamLock, eDerek sospinse la canoa fin sotto i ramideglialberi.Avevaportatoilgrammofono,iomispostaidallasuaparteesedemmo,epiù tardicisdraiammo,l'unoafiancodell'altroadascoltareidischi e ad osservare un uccellino che saltellavasull'intrecciodiramialdisopradellanostratesta.Fuunpomeriggiomagnifico, tranquillo—quasisonnolento — ci baciammo ma non facemmoniente altro e io mi rassicurai al pensiero cheDereknondovevagiudicarmi— in findei conti—una ragazza «facile». Più tardi arrivarono glisciami di moscerini e poco ci mancò che nonrovesciassimo la canoa, cercando di farla usciredallo stagno, ma ben presto ci ritrovammo ascivolare rapidi sulla corrente e intorno a noicomparveroanchemoltealtrebarche,sullequaliavevanopresopostocoppieo intere famiglie,edio pensai che noi due eravamo la coppia piùallegra e più bella di tutte.Ritornammo indietro

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in automobile, fino a Eton, e mangiammo uovastrapazzate e caffè in un posticino che Derekconoscevaechesichiamava«Lacasettadaltettoditorba».Poimiproposediandarealcinema.Il«RoyaltyKinema»diFarquharStreetsitrovavain una di quelle stradicciole che scendono dalcastello verso la strada perAscot. Era un localedall'aspettomoltosquallido,visidavanoduefilmwestern, un cartone animato e il cosiddetto«notiziario»,chesirifacevaadavvenimenti—aiqualiavevapartecipatolaRegina—dialmenounmeseprima.CapiiperchèDerek loaveva scelto,quandopagòdodiciscelliniperunpalco.Ipalchierano soltanto due, ciascuno su un lato dellacabinadiproiezione, larghiquasiduemetri,bui,forniti di due sedie e appena ci fummo sedutiDerekavvicinòlasuasediaallamiaecominciòabaciarmi e ad accarezzarmi. Pensai subito: «Oh,Dio!È qui che le porta?»Ma a poco a pocomirilassai e quando le sue mani cominciaronolentamente ad esplorare il mio corpo, tantodelicatamenteecontantaabilità,nonpoteifareamenodinasconderelafacciacontrolasuaspalla

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e di mordermi le labbra, travolta da un fremitoinspiegabile; e poi tutto finì e io mi sentiiinondare di calore e le lagrime mi sgorgaronodagli occhi e gli bagnarono il colletto dellacamicia.Poi mi baciò gentilmente e mi sussurrò che miamavae che ero lapiùmeravigliosa ragazzadelmondo. Invece iomi staccai da lui,mi asciugaigliocchiecercaidiseguireilfilmsulloschermo,pensando che avevo perduto la mia verginità, oalmeno una specie di verginità, e che adesso luinonavrebbepiùavutoalcunrispettoperme.Mapoiarrivòl'intervalloeluimicompròungelatoeallungò un braccio intorno allo schienale dellamia sedia, sussurrandomi che quella era lagiornata più bella della sua vita e che avremmodovutoavernetantealtrecosì.Eiomidissidinonfarelasciocca.Questovolevadirefareall'amore.Lo facevano tutti, e comunque era una cosaabbastanza piacevole e non poteva capitarmi diavereunbambinooqualcosadisimile.Nonsolo,ma sapevo che a tutti i ragazzi piaceva farlo eche, se io mi fossi rifiutata, Derek ne avrebbe

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trovata un'altra disposta ad accettare. Quando sispensero di nuovo le luci, le sue maniricominciaronoatoccarmi.Allorailsuorespirosifeceaffannosocontroilmiocolloemisussurrò:«Oh,piccola!» sospirando lungamente.Miparveche fosse caduta una barriera tra noi e sentii unsentimentoquasimaternoversodiluielobaciaied ebbi l'impressione che, da quel momento,fossimodiventatiamici inunmodopiùstrettoeunpo'diversodalsolito.Mi riaccompagnò in automobile a prenderel'ultimo treno per Londra e combinammo dirivederci alla stessa ora il sabato successivo eDerek rimase a salutarmi con la mano finchèriuscii a distinguerlo, sotto i lampioni gialli diquella deliziosa stazioncina: e così cominciòveramente il nostro amore. Fu sempre la stessacosa, magari con qualche cambiamento per ilpranzo o per il tè: il fiume, il grammofono, ilpiccolopalcodelcinema,maadessoc'era inpiùquell'altra forma di eccitazione fisica, e sempre,inbarca,inautomobile,alcinema,lenostremanieranoleunesulcorpodell'altro,eviindugiavano

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sempredipiù,semprepiùabiliedespertementrequella estate senza fine si avviava verso ilsettembre.Neimieiricordiqueigiornisonosemprepienidisole, e i salici si immergono ín acque limpide etrasparenti come il cielo. I cigni nuotanoall'ombra dei pioppi e le rondini piombanosull'acqua,perstrisciarvisopraconvoloradente,mentre il Tamigi scorre da Queens Eyot oltreBoveney Lock e Coocoo Weir, dove avevamopreso l'abitudinedi fare ilbagno,epiùgiù, tra iprati di Brocas, verso il ponte di Windsor.Certamente avrà anche piovuto, e probabilmentesul fiumeci sarannostatianche rumorosigitantiin frotte, e forsenondovetteromancareneppurele nuvole nel nostro cielo particolare, ma nonriesco a ricordarmene. Le settimane scorrevano— come l'acqua del fiume — scintillanti,luminose, piene di incanto. Così arrivò anchel'ultimo sabato di settembre e, per quantoavessimofattodituttoperignorarelacosafinoaquel momento, un capitolo nuovo si sarebbeapertopernoi.SusanritornavaaLondraillunedì

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successivo, io avevoavutoun'offertadi lavoro eDerekeraìnpartenzaperOxford.Fingemmochetuttosarebbestatocomeprima.IoavreispiegatoaSusanlasituazioneel'abitudineditrascorrereilfine-settimana insieme non sarebbe statainterrotta:sareiandataaOxfordoDereksarebbevenuto a Londra. Non mettemmo neppure indiscussione la nostra relazione. Era chiaro cheavrebbe avuto un seguito. Derek aveva ancheaccennato larvatamente alla possibilità che ioconoscessi i suoi genitori, ma non aveva maiinsistito veramente e durante la giornata delsabato, che passavamo insieme, c'era semprequalcos'altro da fare. Probabilmente mi capitòanche di constatare quanto fosse strano il fattocheDereknonavessemaiunmomentodi tempolibero per me durante la settimana, ma giocavamoltissimo a cricket e al tennis,e aveva unmucchio di amici, che considerava in genereestremamente noiosi. Non volevo entrare a farparte di quel lato della sua vita, o almeno nonancora. Non avevo alcun desiderio di dividerlocon una folla di altre persone, chemi avrebbero

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solo intimidita.Ecosì le cose rimaseroalquantovaghe: se devo dire la verità, da parte mia nonandavomaipiùinlàdelsabatosuccessivoconilpensiero.Quel giorno Derek si mostrò particolarmenteaffettuoso e alla sera mi condusse all'hotel«Bridge»,bevemmo treginand tonica testaperquantoquestoci accadessemolto raramente.Poiinsistette per avere champagne per la cena equando ci avviammo verso il solitocinematografo, eravamo tutti e due parecchiobrilli. Non mi dispiaceva, perchè ci aiutava adimenticare che l'indomani avremmo aperto unanuova pagina della nostra vita e che qualcosasarebbe cambiato nelle nostre abitudini. Maquando entrammo nel nostro palchetto, Derekcominciòaesseredicattivoumore.Nonmipresefra le braccia come al solito, ma se ne rimaseseduto a una certa distanza dame a fumare e aguardare il film.Gli andaivicinoeglipresiunamano,ma neanche questo servì: non simosse econtinuò a fissare lo schermo. Gli domandaicos'aveva.Dopounpo'rispose:«Voglioandarea

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lettoconte.Davvero,perbene.»Naturalmentenerimasisconvolta.Soprattuttoperil tono in cui aveva parlato. Ne avevamo giàdiscusso insiemema—piùomeno—avevamodecisochequello sarebbeaccaduto«in seguito».Adessomitrovaiausareisolititritiargomenti,emiaccorsianchediesserenervosaepreoccupata.Perchè doveva guastare così l'ultima sera chepassavamo insieme?Edeglidi rimandodichiaròchenoneroaltrocheunavergineincallita.Eperlui, questo non era bene. Ad ogni modo, ciconsideravamo già amanti: perchè, dunque, noncomportarci veramente come tali? Risposi cheavevo paura di restare incinta. E Derek ribattèche, in tal caso, era molto facile risolvere ilproblema. E perchè proprio quella sera?Domandaiio.Nonpotevamocertofarlolì,inquelpalco. Oh, sì, potevamo farlo molto facilmente,invece. C'era tutto il posto necessario. E volevafarlo prima di partire per Oxford. Sarebbe stato—ecco—comesecifossimosposati.Trepida ed agitata, considerai quella proposta.Forse non era del tutto sbagliata. Poteva essere

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una specie di suggello del nostro amore. Maavevopaura.Glidomandai,esitante,seaveva«ilnecessario». Rispose di no, ma aggiunse subitochec'eraunafarmaciaapertatuttalanotte.Poimibaciò,sialzòinfrettaeduscìdalpalco.Restai seduta a fissare lo schermo, senza vedereniente. Adesso non avrei più potuto rifiutarmi.Sarebbe tornato, tutto sarebbe stato complicato,orribile,inquelsudiciopalchettodiunosquallidocinematografodiperiferia,avreisoffertoeluimiavrebbedisprezzataperavergliceduto. Inquegliattimi, se avessi dato ascolto al mio istinto, misareialzataesareiscappatadilà;sareicorsaallastazioneaprendereilprimotrenoperLondra.Maavrei ottenuto un solo scopo: Derek sarebbediventatofurioso.Eraun'offesaallasuavanità.Esarebbe stata la dimostrazione che non ero una«buonacompagna»,una«ragazzadispirito»e lanostra amicizia, basata soprattutto sullapossibilità di divertirci insieme, si sarebbeguastata. E poi, in fondo, perchè continuare arifiutarmi in quel modo? Un giorno o l'altro,avrebbe pur dovuto succedere. E, per cose di

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questo genere, non si poteva certo scegliere ilmomento più adatto. Nessuna ragazza sembravache ci provasse un vero piacere, la prima volta.Forse sarebbe stato meglio accettare e nonpensarci più.Accettare tutto, pur di non vederloin collera! Tutto, piuttosto che correre il rischiodisciupareilnostroamore!Laportasiaprì,enelpalcobuiopenetròunpocodella luce dell'atrio. Poi Derek mi fu di nuovovicino, un po' ansante, eccitato. «Ce l'ho,»sussurrò.«É statomolto imbarazzante,perchèalbanco c'era una ragazza. Non sapevo comechiamarli. Finalmente le ho detto:Unadi quellecose per non avere bambini. È lei è rimastaimpassibile. Mi ha chiesto di quale qualità lovolevo. Ho creduto che avrebbe addiritturadomandato:Ediqualemisura?»Riseemistrinsea sé. Risposi con una risatina stentata. Meglioessereuna«ragazzadispirito»!Megliononfarneun dramma! Oggi non lo faceva più nessuna!Tutto sarebbe stato imbarazzante, altrimenti, esoprattuttoperlui.I suoi gesti preliminari furono tanto meccanici,

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chemivennevogliadipiangere.Poispinselasuasediacontrolapareteposterioredelpalco,sitolselagiacca e ladistese sulpavimento.Quandomelo chiese, mi ci distesi sopra. Subito Derek fusopra di me, abbracciandomi goffamente, ed'istinto provai soltanto il desiderio di aiutarlo,perchèpotessericeveredaquell'amplessounpocodipiacereenonsiarrabbiasseconme,dopo.Poi, fu come se il mondo ci fosse crollatoaddosso!La porta, spalancandosi, ci inondò di una lucegialla abbagliante e una voce furibonda, più inalto,dietrodime,esclamò:«Cosacredetedifare,qui,nelmiocinematografo,sporcaccioni!»Ancoraadessomidomandocome trovai la forzadi non svenire. Derek si era alzato in piedi,pallidocomeunlenzuoloesistavaabbottonandoipantaloni,imbarazzato.Balzaiinpiedi,andandoa sbattere contro il fondo del palco. E rimasiimmobile,aspettandomidiessereuccisaocolpitaamorte.Lafigurascura,immobilesullaporta,allungòunamanoindirezionedellamiaborsetta,rimastasul

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pavimento accanto ad un mucchietto di leggerastoffachiara:lemiemutandine.«Raccogliquellaroba.» Mi chinai in fretta, come se fossi statapicchiata, e nascosi in pugno le mutandine,cercando di farne una pallottola. «E adesso,fuori!» esclamò l'uomo, restando sulla soglia,ostruendoci l'uscita dal palco, in modo chedovemmo subire anche la vergogna di passargliumilmentedavanti,disfatti,annichiliti.Poiilproprietariodelcinematograforichiuseconuntonfolaportadelpalcoesiincamminòdavantia noi, come se temesse (questa fu la miaimpressione) che volessimo scappare. Due o trepersone avevano abbandonato i loro posti nelleultime file della platea e si erano spinte finnell'atrio per vederci. (Tutto il pubblico dovevaaversentitogliurlidelproprietariodel locale.Equellisedutisullepoltronesottoilpalco,avevanoforse sentito la discussione, il silenzio, leistruzioni di Derek su quello che dovevo fare?Rabbrividii.)Lacassieraerauscitadalbotteghinoper osservarci e due o tre passanti, intenti aesaminareicartelloniappesidavantiall'ingresso,

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si fermarono per assistere alla scena che stavasuccedendo nell'atrio, alla debole luce coloratadellelampade.Il proprietario del cinematografo era un uomobruno, corpulento, e indossava un vestito troppostretto. Aveva anche un fiore all'occhiello. Erapaonazzoperlacollera:ciguardòdacapoapiedicon aria sprezzante. «Sporcaccioni! E siete dueragazzi,poi!»Sirivolseame:«Equantoate,nonèlaprimavoltachetivedoqui.Nonseialtrocheuna sgualdrinella qualsiasi. Non so chi mitrattiene dal chiamare la polizia! Oltraggio alpudore. Disturbatori della quiete pubblica.»Pronunciavacongrandefacilitàquelleparolecosìgravi.Doveva averle usate giàmolte altre volte,in quel suo locale, buio, cadente, dove molteintimità si dovevano concedere ed accettare. «Ivostri nomi, prego.» Tirò fuori di tasca untaccuino, bagnò di saliva la punta di unmozzicone dimatita e si rivolse aDerek.Derekbalbettò: «Ehm, James Grant [nel film recitavaGaryGrant,ehm,AcaciaRoad24,Nettlebed.»Ilproprietariodelcinemaalzògliocchidalfoglio:

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«Nonmirisultachecisianovereepropriestradea Nettlebed; l'unica è la Henley-Oxford.» Derekinsistette:«Einvececisono.Piùall'interno.»Poiaggiunse in tono meno convinto: «O megliovicoli,nonpropriamentestrade.»«Etu?»dissel'uomo,voltandosiversodime,conaria sospettosa. Avevo la bocca asciutta.Inghiottii saliva, prima di parlare: «MissThompson,AudreyThompson,24[miaccorsicheeralostessonumerosceltodaDerek,manonmeneeravenutoinmentenessunaltro]Thomas[perpoconondissiThompson]Road,Londra.»«Quartiere postale?» Non sapevo cosa volessedire. Lo guardai senza rispondere. «Quartierepostale?» ripetè in tono impaziente. RammentaiChelsea. «S.W.6.» risposi, debolmente. Ilproprietariodelcinemarichiuseillibrettoconuncolpo secco. «Va bene, e adesso, fuori tutti edue.»E ci indicò l'uscita.Gli passammodavantisconvolti, e l'uomo ci seguì continuando apuntarcicontrounditoaccusatore.«Enonfatevivederemaipiùnelmiolocale!Viconosco,tuttiedue, ormai! Se mi capitate fra i piedi un'altra

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volta,chiamolapolizia!»Il gruppetto di gente seguì la nostra uscita conqualchesogghignoequalcheocchiataminacciosa.PresisottobraccioDerek(perchènonlofecelui?)eduscimmosottoleluciviolente,voltandosubitoistintivamenteadestra,sullastradaindiscesachevenivagiùdallacollina,quasipercamminarepiùin fretta.Nonci fermammochequandoci riuscìdi infilare una stradicciola laterale, cheimboccammo per ritornare indietro, facendo ungiro vizioso, e per risalire fino al posto doveavevamoparcheggiatolaMG.Derek non disse una parola, finchè fummonellevicinanze della macchina. Poi mormorò in tonocalmoequasiindifferente:«Nondevonoprenderenotadelnumerodellatarga.Adessovadoio,epoivengoa farti saliredi fronteaFullers,più insu.Fra dieci minuti, all'incirca.» Si liberò dal miobraccioesiavviòlungolasalita.Mi fermai a guardarlo,mentre si allontanava—conquella figura alta ed elegante, che una voltami era sembrata tanto orgogliosa ed altera— epoi ritornai sui miei passi e rifeci la strada già

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percorsa fino a un vicolo che saliva verso ilcastello,paralleloaFraquharStreet.Miaccorsichestringevoancoraconvulsamenteinmano le mutandine, e le nascosi nella borsetta.Aprendola, mi venne fatto di domandarmi cheaspetto avessi. Mi fermai sotto un fanale edestrassi lo specchio. Ero spaventosa. Avevo lafaccia tanto pallida, che sembrava addiritturaverdastra, e uno sguardo da animale inseguito. Icapelli erano in disordine, scompigliati espettinati,perchèmierodistesasulpavimentodelpalco,eilrossettosullelabbrasbavatodaibacidiDerek. Rabbrividii! «Sporcaccioni!» Quantoaveva ragione! Mi sentivo sudicia, degradata,colpevole. Cosa sarebbe successo, ora?Quell'uomo avrebbe davvero controllato i nostriindirizzieciavrebbefattoricercaredallapolizia?Qualcuno poteva ricordare di averci visto ilgiorno prima o uno dei sabati passati. Oppurequalcuno ricordava il numero della targadell'automobile di Derek; magari qualchebambino, di quelli che ne fanno la collezione.Sulla scena di un crimine c'è sempre qualche

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ficcanaso.Crimine?Certo,eunodeipeggioriperun'Inghilterrapuritana:sesso,nudità,oltraggioalpudore.Immaginailospettacolochedovevaavervisto ilproprietariodelcinema,quandoDereksiera alzato, lasciandomi sul pavimento. Oh!Rabbrividiiancora,perildisgusto.MaoraDerekmi stava aspettando. Automaticamente, senzarendermeneconto,mierounpo'ripulitalafaccia.Mi diedi un'ultima occhiata, di sfuggita, nellospecchio.Erailmegliocheavevopotutofare.Mimisiincammino,svoltaisullastradadiWindsor,costeggiando i muri, quasi aspettandomi disentire i commenti della gente, che si girava aguardarmi: «Eccola lì! Eccola! Quellasporcacciona!»

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4«CaraViv»Quella notte d'estate aveva ancora qualcosa inserboperme.DifronteaFullers,unpoliziottoerafermo davanti alla macchina di Derek e stavadiscutendo.Dereksivoltòemivide.«Eccolaqui,agente.Viavevodettochenonciavrebbemessoneanche un minuto, vero? Doveva, ecco…incipriarsiilnaso.Nonèvero,tesoro?»Ancoraguai!Altrebugie!Risposidi sì, unpocoansimanteesaliiaccantoaDerek.Ilpoliziottomirivolse un sorrisetto, ammiccò e disse a Derek:«Vabene,signore.Maun'altravoltaricordatechesullacollinaèvietatoparcheggiare.Ancheperuncasodinecessità comequesto.»E si accarezzò iballetti. Derek innestò la marcia, ringraziò ilpoliziotto, strizzandogli l'occhio quasi adimostrargli che non gli era sfuggito il gusto diquella battuta lievemente sconveniente, efinalmenteriuscimmoadandarcenedilì.Derek rimase in silenzio fino a quandosvoltammo a destra, al semaforo in fondo alla

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strada. Pensavo che mi avrebbe accompagnatoalla stazione e invece continuò sulla strada diDatchet. «Uff!»Emandò un sospiro di sollievo.«L'abbiamo scampata bella! Questa volta hoproprio creduto che non ci fosse niente da fare.Cheguaioseimieiavesserotrovatoquestastoriasul giornale di domattina! E Oxford! Ne avreisentitedellebelle!»«Èstatoterribile.»Nella mia voce doveva esserci un'intonazionetantoangosciatacheDerek sivoltòaguardarmi.«Oh,bene.Lastradadelveroamore,ecosìvia.»Aveva una voce lieta, quasi spensierata. Si eraripreso dallo spavento. Ma quando ci sareiriuscita anch'io? «È stata una vera vergogna,»continuò Derek in tono indifferente. «E proprioquando avevamo pensato a tutto.» Cercò dimettere un certo calore nella sua voce, perinfondereentusiasmoancheame.«Adessotidicounacosa.Abbiamoancoraun'oraprimadeltreno.Perchènonandiamoapasseggiarelungoilfiume?Sonoparaggimoltoconosciutidalle coppiettediWindsor. Intimi e accoglienti. È un peccato

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sciupare tutto, il tempo e il resto, adesso cheabbiamopresolanostradecisione.»Il«resto»,pensai,volevadire«lacosa»cheavevacomprato. Rimasi sbalordita. In fretta, risposi:«Oh,manonèpossibile,Derek!Nonèpossibile,ecco!Nonpuoiimmaginarecomemisento,dopoquellochecièsuccesso.»Migettòunarapidaocchiata:«Cosaintendidire?Tisentimaleoc'èqualcos'altro?»«Oh,nonsitrattadiquesto.Soloche,ecco,èstataunafaccendatantoorribile.Echevergogna!»«Ah,così!»fulasuarisposta,unpocosdegnosa.«Ma ormai mi pareva che avessimo superatoqueste impressioni! Suvvia! Cerca di essere unaragazzadispirito!»Continuava a ripeterlo!Ma io avevo solo vogliadi essere confortata, di sentire le sue bracciaintornoame,diavere lacertezzachemivolevabene, anche se qualcosa non era andatoesattamente come lui voleva. Le gambe mitremavano,alpensierodidoverpassareattraversoquell'esperienza. Mi strinsi le ginocchia tra lemani, per controllarne il tremito. E poi risposi

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debolmente:«Oh,bene…»«Eccocosìdev'esserelamiabambina!»Oltrepassammo il ponte e Derek fermò lamacchina su un lato della strada. Mi aiutò asuperare un muretto che dava sui campi, micircondò le spalle con un braccio e mi guidòlungo l'alzaia, costeggiando alcune casegalleggianti,ormeggiatesottoisalici.«Mi piacerebbe averne una,» disse. «E secercassimodientrarci?Unmagnificolettoaduepiazze. E forse anche qualcosa da bere nellacredenza.»«Oh,no,Derek!Peramordelcielo!Abbiamogiàavuto abbastanza guai!» Immaginavo addiritturauna voce rimbombante che gridava: «Cosa stasuccedendo qui dentro? Siete voi i padroni?Venitefuorichevogliovedervi.»Derek scoppiò in una risata. «Forse hai ragione.Adognimodo l'erbaèaltrettanto soffice.Non tisenti eccitata? È magnifico. Vedrai. E allorasaremo veramente amanti, nel pieno senso dellaparola.»«Oh,sì,Derek.Masaraigentile,vero?Nonsarò

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moltobravalaprimavolta.»Derekmistrinseasé,turbato.«Nonpreoccuparti.Tifaròvedereio.»Cominciavoasentirmipiùcalma,piùcoraggiosa.Eramagnifico passeggiare con lui sotto la luna.Maprestodavantianoisiprofilòunboschettoeio lo guardai preoccupata. Capii che sarebbesuccesso laggiù. Oh, eppure dovevo renderglitutto semplice e facile! Non dovevo essere unasciocca!Nondovevopiangere!Unsentieroconducevadirettamentenelfolto,frale piante. Derek si guardò intorno. Entriamo fraquesti alberi,» disse. «Passerò io per primo.Abbassalatesta.»Cicurvammoperpassaresottoiramideglialberi.Certo, là sotto si allargava una piccola radura.C'eraanchegiàstatoqualcuno.Vidiunpacchettodisigarettevuoto,unabottigliettadicoca-cola.Ilmuschio e le foglie erano schiacciati. Mi diedel'impressionechesitrattassedellettodiunacasadipiacere,dovecentinaia—o forsemigliaia—di innamorati si erano stretti l'uno all'altro e sieranoamati.Ormainonerapiùpossibile tornare

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indietro.Edovevaessereunbuonposto,seeranostatiintantiadusarlo,primadinoi!Derek era impaziente, ansioso. Distese la suagiaccaperterra;perme,ecominciòquasisubitoad accarezzarmi febbrilmente, quasifreneticamente. Cercai di rilassarmi, ma il miocorpo restò teso, nervoso; mi parve di esserediventata di legno. Desiderai che Derek dicessequalcosa—qualcosadidolceeaffettuoso—maormai era intento a un solo scopo e mi trattavaquasibrutalmente,comesefossistataunagrossabambola, goffa e sgraziata. «Soltanto unabambola di carta, da chiamare mia», ancora gliInk Spots! Mi parve perfino di sentire il bassoprofondo di «Hoppy» Jones e il dolcecontrappuntodasopranodiBillKenny,cosìsoavee penetrante, che toccava, facendole fremere,anche le fibre più profonde del cuore. E sullosfondoilritmosostenutoedintensodellachitarradi Charlie Fuqua. Qualche lagrima mi sgorgòdagli occhi. Oh, Dio, cosa mi succedeva? D'untrattosentiiunacutodolore,soffocairapidamenteungemitoeDerekmifuaddosso,conilpettoche

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si alzava ansante nel respiro ed il cuore chebattevafuriosamentecontroilmio.Loabbracciaiesentii la suacamiciaumidadi sudorecontro ilpalmodellemani.Rimanemmo così, distesi, per qualche minuto.Osservavo i raggi della luna che filtravanoattraverso i rami degli alberi, e cercavo ditrattenere le lagrime. Dunque era questo! Ilgrande momento. Un momento che non avreiavutopiù.Edoraeccomidonna;lafanciullanonesisteva più.E non avevoprovato alcunpiacere,ma soltanto dolore, proprio come dicevano tutti.Eppure, qualcosa mi restava. Quest'uomo nellemie braccia. Lo strinsi più forte a me. Ero sua,adesso, completamente sua e lui era mio. Miavrebbeprotetto.Ciappartenevamo?Adessononsareimaipiùrimastasola:eravamodue.Derek baciò lamia guancia bagnata e si alzò inpiedi.Miteselemanieiomirassettai lagonna,primadialzarmi.PoiDerekmiguardòinfaccia,senza un briciolo di imbarazzo, abbozzando unsorriso.«Sperochetunonabbiasoffertotroppo.»«No.Edèandatobeneperte?»

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«Oh,sì,abbastanza.»Sichinòaprenderelagiacca,eguardòl'orologio.«Ehi!Manca solo un quarto d'ora al treno. Saràbenechecimuoviamo.»Risalimmo il sentiero, e mentre camminavamo,mipassaiunpettinetraicapelliemispazzolailagonna. Derek camminava in silenzio accanto ame. Il suo viso, alla luce della luna sembravaimprovvisamenteincupito,equandogliinfilaiunbraccio sotto il suo non mi rispose con unapressionealtrettantoaffettuosa.Avreivolutochefosse teneroeaffettuoso,cheparlassedelnostroprossimo incontro e mi accorgevo invece —improvvisamente — che era freddo, distratto.Noneroabituataallafacciadegliuomini,dopo.Ediedi la colpa a me. Non ero stata abbastanzabrava.Avevopianto.Egliavevoguastatotutto.Arrivammo al posto dove avevamo lasciato lamacchina,visalimmoe—sempresenzaparlare—andammoallastazione.Lofermaiall'ingresso.Sotto la luce gialla delle lampade il suo visoavevaunaspettotesoeaffaticato,edisuoiocchisiincontraronoconimieisolofuggevolmente.

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«Non venire fino al treno, tesoro,» dissi. «So lastrada. E cosa pensi di fare sabato prossimo?PotreivenireioaOxford.Opreferisciaspettarediessertisistemato?»«Non è così semplice, Viv,» mi risposeimbarazzato.Le cose aOxford andrannounpo' diversamente.Bisognacheveda.Tiscrivo.»Cercaidileggerequalcosadipiùsulsuoviso.Maera una separazione tanto diversa da quelle allequalieroabituata!Forseerastanco.Ecomeloeroanch'io! «Certo, naturalmente!» ribattei. «Mascrivimi presto, caro. Voglio sapere come titrovi.» Mi alzai sulla punta dei piedi lo baciaisullelabbra.Nonricambiò,quasi,ilmiobacio.Annuì. «BÈ, arrivederci, Viv», e abbozzò unsorriso sforzato, poi mi voltò le spalle escomparve dietro l'angolo della stazione, doveavevalasciatolamacchina.Fuduesettimanepiùtardichericevettilalettera.Avevo scritto due volte, senza ricevere risposta.Disperata, avevo perfino telefonato mal'inserviente che era venuto all'apparecchio —

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dopo essere andato a cercarlo — mi avevarispostocheMr.Mallabyerafuori.Lamissiva cominciava: «CaraViv, questa èunalettera molto difficile da scrivere.» Arrivata aquesto punto, mi ero ritirata nella mia camera,avevochiusoachiavelaporta,mierosedutasulletto e avevo cercato di raccogliere tutto il miocoraggio. La lettera continuava, dicendo chequell'estate era stata meravigliosa e che lui nonmi avrebbe mai dimenticato. Ma adesso la suavita era cambiata, avrebbe avuto moltissimo dafare e non ci sarebbe più stato posto per «leragazze». Aveva parlato di me ai suoi genitori,ma questi avevano disapprovato la nostra«relazione». Avevano detto che non era onestotenere impegnata una ragazza se non si avevaintenzione di sposarla. «Sono moltoisolani inquesto, temo, e hanno idee ridicole riguardo aiforestieribenchèsailcielosenonèverocheioticonsidero come qualsiasi altra ragazza inglese eche adoro il tuo accento.» I suoi avevanodecisocheavrebbesposatolafigliadiunlorovicinodicasa, in campagna. Non te ne ho mai parlato, e

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penso che questo non sia stato molto bello daparte mia, ma a dire la verità, eravamo quasifidanzati.D'altraparteabbiamopassatotanteoremeraviglioseinsiemeetuseistataunacompagnatantocarachenonvolevoguastaretutto.»Speravamoltissimo che ci sarebbe capitato di«incontrarci» ancora un giorno, e nel frattempoavevaordinatoaFortnumunadozzinadibottigliedi champagne rosé— delmigliore—perchèmiricordasseilgiornoincuicieravamoconosciuti.«Spero che questamia lettera non ti daràmoltodolore,Viv,perchèpensosinceramentechetuseila ragazza migliore del mondo e che sarestisprecata per uno comeme.Conmolto affetto, tiricordodolcemente,Derek.»Bene, erano bastati dieci minuti a spezzarmi ilcuore e ci vollero sei mesi perchè guarisse. Lastoria delle sofferenze altrui è sempre pocointeressante, perchè sono tutte uguali, e quindinonscenderòneidettagli.NonneparlaineppureconSusan.Daquelchepotevoconcludere,mierocomportata come una ragazza poco perbene, findalla prima sera, ed ero stata trattata come tale.

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Nelpiccolo,chiusomondoingleseio—canadese— ero una straniera, una estranea e quindi unapredamollo facile. Il fatto che nonme ne fossiresa conto, non era che un'altra prova dellamiadabbenaggine.Nataieri!Sarebbestatomegliochecominciassi a «farmi furba» subito, prima diricevere altre tegole — come questa — sullatesta! Comunque, malgrado questi pensiericoraggiosi, fatti ad occhi asciutti e con ilmentoalzato orgogliosamente, la ragazzina che eraancora in me soffriva e si tormentava: perparecchio tempo mi accorsi di addormentarmipiangendo, e arrivai fino al punto diinginocchiarmi davanti alla Santa Vergine, cheavevo abbandonato da tempo, pregandola direstituirmiDerek.Naturalmentenonlofece,mailmio orgoglio mi impediva di scongiurarlo diritornare da me, o di far seguire qualche altracomunicazionealbigliettoconcisochegliavevomandato, accusando ricevuta della sua lettera, oqualchealtrogestoaseguitodiquello,cheavevofatto immediatamente, di rimandare lochampagne a Fortnum. Quella estate senza fine

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erafinita.Mirestavanosoltantoalcunitormentosiricordi delle melodie degli Ink Spots el'impressioneangosciosadell'incubovissutonellosquallido cinematografo di Windsor; ma quellieranosegnicheavreiportatosudimepertuttalavita.Fuifortunata.Illavorochecercavodiotteneremivenne finalmente offerto. Mi arrivò tramite lasolitagente;l'amicodiunamico:sitrattavadiunposto al Chelsea Clarion, una modesta rivistalocale,specializzatainannuncipubblicitari,echeaveva una certa fama come ottimo mezzo diinformazioneperchicercavalocali,appartamentio servitù nei quartieri sud-est di Londra.Avevaanchequalchepaginachetrattavaproblemilocali—ilnuovotipodilampioni:orribili—lascarsitàdi autobus della linea 11, il furto delle bottigliedel latte; tuttecoseche interessavano lemassaiedel quartiere, nonchè una rubrica dedicata aipettegolezzi, alle notizie di cronaca spicciolariguardanti in particolare Chelsea, che «tutti»finivanoper leggeree che—non si sa come—nonsieraancoratirataaddossounadenunciaper

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diffamazione.Avevaancheunarticolodifondodicarattere lealista, che si adattava perfettamentealle idee politiche del circondario; inoltre eraimpaginato con gusto e con eleganza ognisettimana(eraunsettimanale)dauntaledinomeHarling, che era veramente in gamba perchèsapeva ricavare ilmegliodai caratteri di stampafuorimoda, che erano tutto quanto disponeva laarcaica tipografia di Pimlico alla quale venivadato di volta in volta il lavoro. Insomma era ungiornale discreto, e gli impiegati erano talmentecontenti di lavorare nella sua redazione che siaccontentavano di uno stipendio ben magro equalche volta anche di nulla quando, nei periodidelle vacanze o in agosto, non arrivava nessunannuncio pubblicitario da stamparci sopra.Ricevevo un compenso di cinque sterline allasettimana (non eravamo iscritti a nessunsindacato, perchè non eravamo abbastanzaimportanti), più una percentuale su tutti gliannuncicheriuscivoaraccogliere.Quindi,decisimoltopacatamentedinascondereipezzetti del mio cuore in un punto imprecisato

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sotto le costole di farne a meno per il futuro.Avevo abbastanza cervello fegato e faccia tostaper dimostrare a quei dannati inglesi che, seanche non riuscivo a spuntarla con loro sottodeterminatiaspetti, tuttaviasareisemprestata ingrado di guadagnarmi da vivere permezzo loro.Digiornoandavoa lavorareedinottepiangevo:in brevediventai l'impiegata piùvolonterosadelgiornale. Preparavo il tè per tutti, seguivo ifuneralieriuscivoaottenereunalistadeidolenti,completa di nomi e cognomi esatti; scrivevopungenti asterischi» per la pagina deipettegolezzi;tenevolarubricadeiconcorsiapertiai lettori, e controllavo anche l'esattezza deigiochi di parole incrociate prima dímandarli inmacchina. Nel frattempomi davomolto da farenelvicinato,riuscendoacarpireconmoltaabilitàun annunzio per il giornale anche dai negozi,ristorantiedalberghipiùrestiiemifacevodareilmio venti per cento dall'arcigna scozzese cheteneva la contabilità. Ben presto cominciai aguadagnare discretamente — da dodici a ventisterline alla settimana — e l'editore pensò di

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aumentarmi il salario (sulle quindici sterline)convintocheintalmodoavrebberisparmiato!Mitrovò anche posto in uno stanzino adiacente allocale nel quale egli lavorava e diventai la suaassistente di redazione: titolo al quale (cosìsembrava)siaccompagnavaancheilprivilegiodiandarealettoconlui.Invece,alprimopizzicottoche azzardò sulle mie parti posteriori, gli dissiche ero fidanzata con un tale che si trovava inCanada, e gli elargii un'occhiata talmente gelidache capì subito l'antifona e nonmi disturbò più.Mi era simpatico, però, e da quel, giornoandammo perfettamente d'accordo. Era un excronista di Beaverbrook, si chiamava LenHolbrook, si era trovato provvisto di un po' disoldi e aveva deciso di mettersi a lavorare inproprio.Eragallesee—comelamaggiorparteditutti loro -- era un inguaribile idealista. Avevadecisoche,daimomentochenonpotevacambiareil mondo, avrebbe almeno fatto il possibile perChelsea; aveva comprato il Clarion, che sitrovavaincondizionifinanziariemoltoprecarie,eaveva cominciato a «darsi da fare». Aveva un

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informatore al Consiglio comunale e un altropressolasedelocaledelPartitoLaburista;l'inizioera stato parecchio brillante perchè avevaaccusato un costruttore di case popolari di nonrispettare gli accordi stabiliti, non mettendo nelcemento un numero sufficiente di strutture inferro o qualcosa di simile. I giornali nazionaliraccolserolanotiziaconledovutecautele,perchèpuzzava di diffamazione, ma (quando si dice lafortuna!)qualchefendituracominciòafarelasuacomparsa nei montanti della costruzione e ci fuchi andò a fotografarli. Seguì un'inchiesta, ilcostruttorepersecontrattoe licenza, e ilClariondipinseunSanGiorgioe ildrago—in rosso—sulla sua testa 'd'albero. Ci furono altrecampagne, come quella alla quale ho accennatosopra, e— all'improvviso— la gente simise aleggere il nostro settimanale, che aumentò ilnumero delle pagine e ben presto raggiunse unatiratura di circa quarantamila copie.' E iquotidianiadiffusionenazionalecominciaronoarubargliregolarmente lenotizie, incambiodiunpo'dipubblicitàsaltuaria.

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Bene,ormaimieroperfettamenteambientatanelmiolavoro;mivennedatopiùdascrivereemenolavoro da galoppina e, dopo un anno dipermanenzalì,ebbiunaspeciedipromozionecheconsistette nel permesso di firmare gli articolicon ilmio nome; «VivienneMichel» divenne dipubblicodominio, e ilmio stipendio salì aventighinee. A Len piaceva il fatto che sapevointeressarmi di tutto e che la gente non miintimidiva, e mi insegnò moltissimi trucchi delmestiere, come quello di agganciare l'interessedellettoreconilparagrafoinizialediunarticolo,usando frasi brevi e soprattutto scrivendo sullagente.Questo l'aveva imparato anche lui quandoera all'Express e non si stancava mai diripetermelo. Per esempio, aveva una vera epropria fobia per il servizio degli autobus dellelinee11e21,enonfacevacheattaccarle.Ricordoche avevo cominciato così uno dei numerosiarticolicheavevoscrittoaquestoproposito:«Gliautistidellalineaautomobilistica11silamentanodi dover lavorare con un orario troppo pesantenelleoredipunta.»Lenl'avevacancellataconun

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trattodipenna.«Gente,gente,gente!Eccocomedovrebbe essere scritto:Frank Donaldson, unbrillante giovanotto di ventisette anni, ha unamoglie,Gracie,eduebambini,BilldiseianniedEmily di cinque. E si lamenta: Non vedo i mieibambini, alla sera, dall'epoca delle vacanzeestive.'CosìmihaconfidatonellindosalottinodiBoltonLane,36.Quandotornoacasa,sonogiàaletto.Vedete, faccio l'autista sulla linea 11 e daquandocihannodatolanuovatabelladimarcia,non siamo riusciti a non essere in ritardo dialmenoun'ora!»Len si era interrotto. Poi aveva soggiunto:«Capisci quello che voglio dire? La gente, lepersone che guidano gli autobus, in questo casosono molto più importanti degli autobus stessi.Adesso tu esci, ti cerchi un Frank Donaldson eprovi a rendere vivace e convincente il tuoarticolo.»Roba da poco, qualche sdolcinatura, d'accordo,maquesto è giornalismo ed io ci vivevo dentro:feci quello che Len diceva e l'articolo attiròsvariate lettere, dei Donaldson del circondario,

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delle loromogli e dei loro compagni. E sembrache agli editori faccia piacere ricevere dellelettere. Danno l'impressione che il giornale siaimportanteevengaletto.RestaialClarionaltridueanni,finoaquandonecompii ventuno. Ormai cominciavo a riceverequalche offerta da quotidiani più importanti,l'ExpressoilMail,eanch'ioavevol'impressioneche fosse venuto il momento di abbandonareChelsea e di lanciarmi nel vastomondo.Vivevosempre con Susan. Aveva un impiego alMinistero degli Esteri, in un reparto chiamato«Comunicazioni» sul quale le piaceva fare lamisteriosa,avevauninnamoratochelavoravanelsuo stesso reparto; sapevo che ben presto sisarebbe fidanzata e avrebbe voluto avere tuttol'appartamentopersé.Lamiavitaprivataeraunvuoto completo; non mi mancavano amiciziecasuali e saltuari flirt dai quali rifuggivo, erischiavo di diventare una di quelle ragazze chevogliono fare carriera, incattivite, cheraggiungono il successo ma che fumano troppesigarette, bevono troppa vodka e mangiano da

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sole,senzaneppurepreoccuparsidiversareicibiin scatola in un piatto, ma attingendodirettamente dalla scatoletta. I miei dei — omeglio le mie dee — (Katharine Whitehorn,Penelope Gilliatt erano fuori dalla mia orbita)erano Drusilla Beyfus, Veronica Papworth, JeanCampbell,ShirleyLord,BarbaraGriggsedAnneSharpley, tutte famose giornaliste: e desideravosoltantoarrivareallaloroaltezza,enientealtro.Poi, a una conferenza stampa organizzata per ilFestival del Barocco a Monaco, incontrai KurtReiner,dellaVWZ.

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5Unuccelloconun'alaspezzata

Lapioggiacontinuavaascrosciareconimmutataviolenza. Alle otto, il notiziario radiofonico mifornìunaltroelencodisciagureedidisastri:unincidente, nel quale erano rimaste coinvolteparecchieautomobilisullaStatale9,ibinaridellaferrovia di Schenectady invasi dalle acque, iltraffico paralizzato a Troy e piogge torrenzialiovunque, che sarebbero continuate per parecchieore. La vita, in America, viene completamentedisorganizzata da tempeste, neve o uragani.Quando leautomobilinonpossonopiùcircolare,in questo Paese la vita si arresta, e quando lefamose tabelledimarcianonpossonopiùessererealizzate, gli americani cadono in preda alpanico e a una forma di frustrazione addiritturaparossistica; assalgono le stazioni ferroviarie,ingombrano con le loro chiamate le lineetelefoniche interurbane, tengono la radio accesa

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in continuazione per ricavarne ogni possibilebricioladiconforto.Riuscivoaimmaginarequaledoveva essere la confusione sulle strade e nellecittà,enonpotevofarealtrocherallegrarmidellamiasolitudinecosìconfortevole.Ilmiobicchiereeraquasivuoto.Vibuttaidentroancora qualche cubetto di ghiaccio e tornai arannicchiarmi nella poltrona, mentrel'annunciatore della radio avvertiva che alnotiziario avrebbe fatto seguito una mezz'ora dijazzdiDixieland.A Kurt il jazz non era mai piaciuto. Loconsideravadecadente.Eraancheriuscitoafarmismetteredibereefumareel'usodelrossetto,elavitaeradiventataunafaccendamoltoseria,abasedi concerti, gallerie d'arte e conferenze. Era uncambiamento piacevole in contrasto con la miaesistenzaprecedente,abbastanzavuotaeprivadisignificato—edevoammetterechequelladietaabase di germanesimo esercitava su di me unacerta attrattiva, proprio in virtù di quella serietàun po' pedantesca che non manca nel caratterecanadese.

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La VWZ era un'agenzia stampa indipendente,finanziata da un gruppo di quotidiani dellaGermania Occidentale, sul genere della Reuter.Kurt Reiner era il suo primo rappresentante aLondrae,quando lo incontrai, stavacercandounaiutanteche leggesse iquotidianie le rivistepersegnalargli gli articoli che potevano avere uncerto interesse per la Germania, mentre lui sioccupavadelmaterialepolitico,diplomaticoodipiù alto livello e, quando il caso lo richiedeva,facevaqualcheviaggioperl'agenzia.Micondussefuori a cena, quella sera, al «Schmidts» inCharlotteStreet,emiincantòsubitoconlaserietàcon la quale si mise a parlare del suo lavoro edell'importanza che esso aveva per le relazionianglo-germaniche.Eraungiovanottodallafiguraaitanteedall'aria sportiva, e i suoiocchiazzurried i capelli biondi lo facevano sembrare moltopiù giovane dei suoi trent'anni.Mi raccontò cheveniva da Augsburg, vicino a Monaco, che erafigliounicoecheisuoigenitori—medicituttiedue — erano stati liberati dagli americani dalcampodiconcentramentoincuisitrovavanoalla

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fine del conflitto. Erano stati arrestati perchèqualcuno aveva informato la polizia cheascoltavano le trasmissioni radio alleate durantelaguerra,eperchèeranoriuscitiadimpedirecheil giovanissimo Kurt aderisse al MovimentoGiovanile Hitleriano. Kurt aveva frequentato laScuola secondaria di Monaco, poi era andatoall'Università e infine si era dedicato algiornalismo, riuscendo a essere assuntoaddirittura al Die Welt, il maggior quotidianodella Germania Occidentale. E poi era statochiamato per quel lavoro a Londra e distaccatodalgiornale,perchèconoscevabenel'inglese.Midomandòchecosafacevo,eilgiornodopoandaida lui nel suo ufficio di due stanze inChanceryLane a fargli vedere qualcuno degli articoli cheavevo scritto. Con la serietà e la precisione cheerano tipiche in lui, sieragià informatosulmiocurriculum, per mezzo di alcuni suoi amici delPress Club, e la settimana successiva… eccomiistallata nella stanza adiacente alla sua, con letelescriventi della Reuter e dell'ExchangeTelegraph che ticchettavano vicino alla mia

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scrivania. Avevo un ottimo stipendio — trentasterline alla settimana — e ben presto il miolavoro cominciò a piacermi. Mi interessava,soprattutto,tenereicontatticonlanostraZentralediAmburgo,permezzodeltelex;emipiacevaillavoro urgente che bisognava sempre sbrigare almattinoeallasera,quandosidovevamandareinGermania il materiale in tempo perchè potessevenire stampato. Il fatto che io non sapessi iltedesco non costituiva un ostacolo molto grave,perchè -- ad eccezione del materiale chepreparava Kurt e che dettava direttamente altelefono— tutto quello che mettevo insieme ioveniva spedito, via telex, in inglese ed era poitradotto laggiù e gli operatori della telex diAmburgo conoscevano quel tanto di inglese chebastava a scambiare qualche parola con me,quandomimettevo in contatto con loro. Era unlavoro alquanto meccanico, ma bisogna essererapidi e precisi, e poi era sempre divertentegiudicare ilsuccessoo l'insuccessodiquellochesi era mandato, esaminando i ritagli di giornalecheciarrivavanodallaGermaniaqualchegiorno

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dopo.BenprestoKurtcominciòafidarsidimeea lasciarmi sola in ufficio e mi capitò anchequalche lavorourgente e improvviso, e fumoltoeccitantepermeperchèdovettiprenderequalchedecisione,turbataalpensierocheventieditori inGermania dipendessero unicamente dalla miaabilitàdi lavorare infrettaebene.Eraunlavoroche sembrava molto più importante, urgente eimpegnativo della raccolta di notizie per ilClarion, che in fondo poteva essere consideratoun poco il «giornale della parrocchietta» aconfronto dei grandi quotidiani, e mi piaceval'autorevolezza con cui Kurt sapeva prendere ledecisioni e dare le direttive, insieme al costantesapore di urgenza che si accompagna sempre allavorodiun'agenziadistampa.AsuotempoSusansìsposòediomispostaiinunappartamentino ammobiliato in BloomsburySquare,nellostessopalazzoincuieraalloggiatoanche Kurt. Mi ero domandata se sarebbe statauna buona idea, ma Kurt era tanto korrekt e inostri rapporti tantokameradschaftlich—paroleche egli usava di continuo riferendosi a svariate

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relazionisociali—chemiconvinsichenonstavofacendounpassofalsoechedimostravo,anzi,diesserefornitadibuonsenso, tantoquantolui.Fuinvece una cosa molto sciocca da parte mia.ProbabilmenteKurt interpretò inmodo sbagliatolafacilitàconcuiaccettaiilsuosuggerimentochemi trovassiunalloggionel suostessopalazzo;etuttavia da quel giorno in poi divenne una cosanaturale per noi tornare a casa insiemedall'ufficio, che non era molto distante.L'abitudine di cenare insieme si fece piùfrequente e, in seguito, per risparmiare qualchespesa, Kurt prese l'abitudine di portare ilgrammofono nel mio salotto, mentre cucinavoqualcosa per tutti e due. Naturalmente, intuii ilpericoloefinsidiavereparecchiamiciconiqualidicevo di dover passare la serata. Ma questosignificava soltanto andare da sola in uncinematografo, dopo un pasto solitario, e doverevitareifastidiosiapproccidegliuominiincercadiavventure.EKurterarimastocosìkorrektelanostra relazione tanto semplice e basata su unatale larghezza di vedute, che lemie apprensioni

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finirono per sembrarmi fuori luogo e decisi diaccettare una formadi vita cameratesca che nonsolo aveva un'apparenza assolutamenterispettabile,maeraancheragionevole,maturaedestremamentemoderna.Talefiduciavenneancheaumentata dal fatto che Kurt, dopo tre mesi diquestaesistenzapacifica,alritornodaunviaggioin Germania, mi aveva confidato di essersifidanzato. Lei era un'amica d'infanzia e sichiamava Trude, e da quello che mi raccontòdovetti concludere che erano proprio fatti l'unoper l'altro. Era la figlia di un professore difilosofia di Heidelberg e i suoi occhi placidi, icapelli raccolti nelle trecce lucide ed ilcaratteristicocostumedirndlcheindossavaeranounapubblicitàviventealmottotedesco:«Kinder,Kirche,»Kurtmimiseapartedellasuarelazioneamorosa,non risparmiandone i minimi particolari,traducendomi le lettere di Trude, discutendo ilnumerodeibambinicheavrebberodovutoavereedomandando il mio parere per l'arredamentodell'appartamentochepensavanodiacquistaread

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Amburgo, quando Kurt avesse terminato ilperiododilavoroditreanniaLondraemessodaparte il denaro sufficiente per il matrimonio.Diventai una specie di angelo tutelare del loroamore, e sono convinta che avrei finito pertrovare ridicolo quel ruolo, se tutta la faccendanon mi fosse sembrata naturale e abbastanzadivertente: era come avere due grosse bamboleconlequaligiocareal«matrimonio».Kurtavevaaddiritturapianificatoanche la lorovitasessualefutura con minuziosità, ed i dettagli, sui qualiinsisteva—apareremio,—inmodoabbastanzacattivo con me, in un primo tempo miimbarazzarono,mapoi—datocheKurtillustravaquel soggetto in modo estremamente freddo escientifico — mi sembrarono estremamenteeducativi. Durante la luna di miele a Venezia(tutti i tedeschi finiscono in Italia per la luna dimiele) lo avrebbero fatto, naturalmente, tutte lenotti, perchè — così diceva Kurt — era moltoimportante che l'«atto» fosse perfettotecnicamenteederanecessariamoltapraticaperraggiungere quella perfezione. A questo scopo,

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avrebberofattounacenapiuttostoleggera,perchèera meglio non avere lo stomaco pesante, e sisarebberoritiratiincameranonoltreleundicidisera, perchè era importante un riposo di almenootto ore per «ricaricare la batteria». Trude,diceva, non si era ancora destata al mondo deisensi ed era piuttosto kühl sessualmente,mentrelui era di temperamento appassionato. Sarebbestata necessaria una preparazione preliminareadattaadeccitarelapassionedilei,portandolaallivellodiquelladiKurt.Ilcheavrebbesignificatoperluidominareipropriimpulsiedancheesseremolto severo con se stesso perchè — così mispiegò—adunmatrimoniofeliceeranecessarioche l'acme della passione fosse raggiuntosimultaneamente dai due coniugi. Soltanto cosìl'inebriante vertice dell'Ekstase sarebbe statogodutougualmentedatuttiedue.Dopolalunadimiele avrebbero dormito insieme almercoledì eal sabato. Il farlo più spesso avrebbe potutoportareadunindebolimentodellesue«batterie»eanche ad una riduzione della sua capacitàlavorativainufficio.Kurtmispiegòtuttoquesto

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conunagrandeabbondanzadi terminiscientificiestremamenteprecisi e perfino condiagrammi edisegni, fatti con la punta della forchetta sullatovaglia.Le sue conferenze—poichè erano tali in effetti— mi convinsero che Kurt era un amante dieccezionaleraffinatezzaedevoammetterediaverprovato un po' di invidia e di attrazione per ipiacericosìigieniciebenregolatichesistavanopreparandoperTrude.C'eranonottiincuianelavoa quelle esperienze, desiderando di provarleanch'io, desiderando che anche sul mio corpoqualcuno giocasse — come spiegava Kurt —come «un grande violinista che suona sul suostrumento». Immagino che fosse inevitabile cheneimieisognifossesempreKurtavenirmivicinocon quel ruolo, Kurt, così sicuro, gentile eprofondamente comprensivo per le necessitàfisichediunadonna.I mesi passarono e gradatamente il tono e lafrequenza delle lettere di Trude cominciarono acambiare. Fui io a notarlo per la prima,ma nondissi nulla. C'erano lamentele sempre più

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frequentiedaspresulla lunghezzadelperiododiattesa, i brani affettuosi diventavano sempre piùsuperficiali e sforzati, ed i divertimenti di unavacanza sul Tegernsee, dove Trude avevaincontrato un'«allegra brigata», dopo una primaestatica descrizione, non furono più menzionati,cosa che trovai piuttosto significativa. E poi,dopo,tresettimanedisilenziodapartediTrude,Kurtsalìunaseranelmioappartamentopallidoecon le lagrime agli occhi. Ero distesa a leggeresuldivano,eKurtmicaddedavantiinginocchio,appoggiando la faccia contro ilmio petto. Tuttoera finito, mi mormorò tra i singhiozzi. Avevaconosciuto un altro, naturalmente al Tegernsee,unmedicodiMonaco,vedovo.Erastatouncolpodi fulmine, amore a prima vista. Kurt dovevacapire che una cosa simile accade soltanto unavoltanellavitadiunaragazza.Dovevaperdonarlaedimenticarla.Noneraabbastanzabuonaperlui.(Ahi!Ancoraquellafrasecosìscadenteedibassalega!) Dovevano restare buoni amici. Ilmatrimonio avrebbe avuto luogo il mesesuccessivo. Kurt doveva sforzarsi di augurarle

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ognibene.Addio,latuadesolataTrude.Le braccia di Kurt mi circondarono ed egli sistrinse a me in un impeto di vera disperazione.«Adessononhochete,»sussurròtraisinghiozzi,«deviesseregentile.Deviconsolarmi.»Gli accarezzai i capelli con aria materna, comemegliopotei,domandandomicomesarei riuscitaa liberarmi da quell'abbraccio e al tempo stessosentendomi commuovere dalla disperazione diquello che avevo sempre considerato un «uomoforte», edanchedal fattochedava l'impressionedi dipendere tanto da me. Cercai di parlare convocedisinvolta.«BÈ,sevuoichetidicalaverità,pensoche l'hai scampatabella.Una ragazzacosìvolubilenonpotevadiventareunabuonamoglie.CisonotantealtrebraveragazzeinGermania.Su,Kurt,»emidivincolaipermettermiasederepiùcomodamente, «usciamo a cena, e andiamo alcinema. Servirà a svagarti un pochino. È inutilepiangere sul latte versato!Andiamo.»Mi liberaidalsuoabbracciochemisoffocavaecialzammoinpiedituttiedue.Kurt rimase a testa bassa davanti ame. «Ah, tu

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seibuonaconme.Tuseiunaveraamica,Viv,unadi quelle che lo dimostrano al momento delbisogno, eine echte Kameradin. E hai ragione.Non devo comportarmi come un debole. Tivergogneresti di me. E questo non lo potreisopportare.»Mirivolseunsorrisodolente,eseneandò.Soltanto quindici giorni dopo diventammoamanti.Fuqualcosadiinevitabile.Avevosemprepensato che sarebbe finita così, eppure non feciniente per sfuggire al mio destino. Non eroinnamorata di lui, e al tempo stesso eravamodiventatiamicicosìintimi,permilleragioni,chel'atto successivo — l'andare a letto insieme —non poteva non essere la logica, inesorabileconclusione. I dettagli di questa storia sonopiuttosto banali. Il bacio occasionale su unaguancia,datocomel'avrebbedatoadunasorella,venne gradatamente a posarsi sempre più vicinoallamiabocca,edungiornovifinìsopra.Poicifu una sosta, nel suo assalto, durante la qualecercai di considerare quei baci come scontati edinfine ci furono delicati attacchi almio petto, e

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poi almio corpo, tutti così piacevoli, tranquilli,privi di passionalità, finchè una sera nel miosalottofulavoltadell'assedio,lento,inesorabile,aimieivestiti, chemivolle togliere«pervederequantoseibella»epoilemieprotestesemprepiùdebolielanguideedinfinelaperfettaoperazionescientifica che era stata preparata per Trude. Equantofupiacevole,nellastupendaintimitàdellamia stanza! Quanta calma, quanta sicurezza, equanto erano rassicuranti le precauzioni cheprendevamo!EcomeeraforteegentileKurt,e—quel che sembra impossibile associare al «fareall'amore» — com'era divinamente garbato! Unfiore, dopo ogni volta; la stanza rassettata dopol'estasi della passione; la studiata correttezza inufficio e davanti alla gente; mai una parolavillanaoscorretta,eracomeunaseriediraffinateoperazionieseguitedaunchirurgoconlemanierepiùgarbatepossibili.Naturalmente, tutto restavapiuttosto impersonale. Ma preferivo che fossecosì.Erasesso,senzacomplicazioniopericoli;undeliziosointensificarsidelleabitudiniquotidiane,che mi lasciava ogni volta compiaciuta e

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soddisfattacomeungattotroppococcolato.Eppuremi,rendevoconto(oalmenointuivo)che—perledonnechelofannodadilettanti,rispettoalleprostitute—nonesisteamorefisicochenoncomporti anche una partecipazione emotiva.soprattuttosesiprotraeperunperiododi tempopiuttosto lungo. L'intimità fisica non è che unelemento del sentimento amoroso, l'altro ècostituito dal sentirsi soggiogate e asservite.Eraevidente che il mio cervello e buona parte deimieiistintinonpartecipavanoaquestarelazione.Restavanosopiti,piacevolmentesopiti.Maimieigiorni e le mie notti erano così pieni diquest'uomo,dipendevotalmentedaluiduranteleventiquattrooredellagiornata,chesarebbestatoquasi inumanosenonavessiprovatoqualcosadivagamente simile all'amore nei suoi confronti.Continuavo a dirmi che era privo di humour,senzapersonalità,chenonamavaloscherzo,cheera troppo impassibile e soprattuttoeccessivamente teutonico, eppure continuavo atendere l'orecchio per sentire il suo passo sullescale, adoravo il caloree l'autorevolezzadel suo

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corpo ed ero felice di cucinare, rammendare elavorare per lui. Stavo diventando una docileHausfrau, contenta di quella vita puramentevegetativa, e mi vedevo — con gli occhidell'immaginazione —camminare a sei passi didistanza dietro di lui per la strada come unportatoreindigeno; tuttaviaeroanchesoddisfattae priva di preoccupazioni e— in fondo— nondesideravoaffattounaltrogeneredivita.C'eranomomenti nei quali avrei voluto spezzare quelcerchio incantato, l'ordine di quelle giornate,avrei volutogridare e cantare e fare il diavolo aquattro ma mi dicevo che quegli impulsi — inrealtà -- erano assolutamente antisociali, nonfemminili, confusi e psicologicamente pocoequilibrati.Kurtmiavevaportatoacomprenderetutto ciò.Per lui la simmetria, un tempo sempreuguale, la cosa giusta al posto giusto, la vocepacata, l'opinionemisurata, l'amore almercoledìed al sabato (dopo una cena leggera!) erano lastradadella felicità, e così lontani daquello cheamava definire la sindrome anarchica», cioè,fumo e bere, tranquillanti, jazz, incontri

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sentimentali casuali e saltuarie avventure,automobiliveloci, ledieteperdimagrire, inegriediloronuoviStati,l'omosessualità,l'abolizionedella pena di morte e un mucchio di altredeviazioni da quella che definivaNaturmenschlichkeit ovvero — in un numeromaggiorediparole—untipodivitapiùaffineaquello delle formiche e delle api. E tutto questoandavabenissimoancheperme.Erostataallevatain maniera molto semplice ed ero contenta diessereritornataaquelgeneredisemplicità,dopoaver gustato per qualche tempo il sapore dellavitacaoticaedisordinatadeibardiChelseaedelgiornalismo dozzinale, senza parlare poi dellamia infelice relazioneconDerek.Così, apocoapoco, lentamente,miaccorsidiprovareperKurtqualcosacheeramoltosimileall'amore.Poi,com'erainevitabile,qualcosasuccesse.Subito dopo l'inizio della nostra relazione, Kurtmiavevamandatodaunadottoressaintelligenteecapace, che mi aveva tenuto una lezione allabuona sulla prevenzione artificiale e mi avevafornito il necessario. Mi aveva anche avvertito,

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però, che tutte quelle precauzioni potevanorivelarsi inutili.Ecosì fu. Inprincipio, sperandodiessermi sbagliata,nondissinienteaKurt,mapoipermoltimotivi(nonvolevoportaredasolailpesodiquelsegreto,avevoladebolesperanzadifargli piacere con quella notizia e che forse miavrebbe chiesto di sposarlo, provavo un po' ditimoreperlemiecondizioni)glieloconfidai.Nonimmaginavo quale avrebbe potuto essere la suareazione, ma — naturalmente — mi aspettavotenerezzaesimpatia,oalmenounadimostrazionediaffetto.Eravamosullasogliadellamiacamerada letto e gli stavo dando la buona notte. Erocompletamentenuda,eKurteravestitodacapoapiedi. Quando ebbi finito di parlare, si liberòlentamentedallemiebracciacheglicircondavanoil collo, percorse rapidamente con lo sguardo ilmiocorpo, assumendounaespressionecheavreipotuto definire di collera e di disprezzo, e poiallungò unamano verso lamaniglia della porta.Mi guardò freddamente negli occhi, emormorò:Davvero?»Infineuscìdallastanza,richiudendosilaportaallespalle.

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Andai a sedermi sulla sponda del letto e rimasiimmobile a fissare il muro. Cos'avevo fatto?Cos'avevo detto di sbagliato? Che cosasignificava il comportamento di Kurt? Infine,tremando all'idea di quello chemi aspettava,miinfilaialettoemiaddormentaipiangendo.Avevo tutte le ragioni di piangere. La mattinasuccessiva, quando andai a chiamarlo per laconsuetapasseggiataversol'ufficio,nonlotrovaiin casa. Quando entrai nell'agenzia, la porta dicomunicazione con la sua stanza era chiusa equandofinalmente,unquartod'oradopo,laaprìemi disse chemi doveva parlare, il suo volto eragelidoeprivodiqualsiasiespressione.Entrainelsuo ufficio e sedetti dall'altra parte dellascrivania,propriocomeunaimpiegatacheèstataconvocata a rapporto, che sta per esserelicenziata, come sarebbe stato, in effetti, e locapiisubito.Il succo del suo discorso, pronunciato in tonoimpersonale era questo. In una liaisoncameratesca, come la nostra, e che era stataveramente piacevole, era essenziale che tutto

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filasse liscio, alla perfezione. Eravamo stati (sì,eravamo stati) buoni amici, ma non si era maiparlato di matrimonio o di nessuna altrasituazione più permanente e duratura di unsemplice e soddisfacente accordo tra camerati(ancora quella parola!). Era stata una relazionemolto piacevole, davvero, ma ora, per colpa diuno dei due compagni (io sola, immagino, erocolpevole!) era accaduto un fatto nuovo ebisognava trovare una soluzione radicale per unproblema che costituivamotivo di imbarazzo senon addirittura di pericolo per le nostre vite.Disgraziatamente, non si poteva prendere inconsiderazione l'idea del matrimonio, ed era unvero peccato perchè egli aveva una elevataopinionedellemiequalitàesoprattuttodellamiabellezzafisica.Apartealtreconsiderazioni,avevaereditatoopinionimolto chiare sullamescolanzadelle razze (Heil Hitler!) e — qualora si fossesposato — lo avrebbe fatto con una donna dirazza germanica. Di conseguenza aveva dovutoaddivenire ad alcune decisioni, con verodispiacere. La più importante era che io mí

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sottoponessi immediatamente ad un'operazione.Tre mesi costituivano un ritardo già abbastanzagrande. Ma sarebbe stato tutto molto semplice.Sarei partita in volo per Zurigo, andando aprenderealloggioinunodeglialberghiviciniallaStazioneCentrale.Qualsiasi autistadi taximiciavrebbe condotto direttamente dall'aeroporto.Avrei chiesto al portiere il nome del medicodell'albergo — Zurigo era piena di medicieccellenti—esareiandataafarmivisitaredalui.Avrebbecapitosubitolasituazione.Tuttiimedicisvizzerisonoabituatiafarlo.Avrebbetrovatochelamia pressione era troppo alta o troppo bassa,che imiei nervi non erano in condizioni tali dasopportare una gravidanza, ecc.Avrebbe parlatoconunginecologo—Zurigo era pienadi ottimiginecologi — ed io sarei andata da lui. Questonon avrebbe fatto altro che confermare ladiagnosi del medico dell'albergo ed avrebbefirmatoundocumento che lo comprovava.Tuttosi sarebbe svolto con la massima discrezione.Tale procedura era perfettamente legale inSvizzera, e non avrei neppure avuto bisogno di

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mostrare il mio passaporto. Potevo scegliere unnome fittizio qualsiasi, ma non dovevodimenticare che era il mio nome da maritata.Comunque, la spesa sarebbe stata piuttostorilevante. Forse un centinaio di sterline ocentocinquanta. Ma Kurt aveva pensato anche aquesto.Allungòunamanofrugònelcassettodellascrivania e tirò fuori una busta che mi fecescivolaredavanti.Sarebbe stato ragionevole che,dopo quasi due anni di eccellente servizio, ioricevessi il compenso di un mese di lavoro,invecedellicenziamento.Ditascasuasierapresola libertà di unire alla somma altre cinquantasterline,percoprire il costodelviaggio inaereoinclasseturistica,aggiungendovianchequalcosaper le spese impreviste. L'intera somma era inmarchi tedeschi per evitarmi qualsiasi problemadicambio.Kurt mi rivolse un sorriso incerto, aspettandosiprobabilmente ringraziamenti e congratulazioniper tanta efficienza e generosità. Invece rimasecolpito dall'espressione di sincero orrore dipintasullamia faccia, perchè si affrettò a continuare.

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Soprattutto non dovevo preoccuparmi di niente.Erano disgrazie, che capitavano nella vita. Cosedolorose e sgradevoli. Anche lui era davverodesolatocheunarelazionetantosimpatica—unadelle sue esperienze più felici — dovesseconcludersi. Purtroppo così doveva essere.Aggiunse anche che sperava nella miacomprensione.Risposisoltantoconuncennodelcapoemialzaiin piedi. Raccolsi la busta, gettai un'ultimaocchiata ai capelli biondi, alla bocca che avevoamato, a quelle spalle forti, e sentendo che misalivano le lagrimeagliocchi,uscii rapidamentedalla stanza, richiudendomi silenziosamente laportaallespalle.Prima di incontrare Kurt, ero un uccello conun'ala spezzata. Adesso ero stata colpita ancheall'altra.

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6Vaiadoccidente,giovanedonna!

Allafinediagosto,all'epocaincuiavvenivatuttoquesto, Zurigo era allegra, quanto è possibile,almeno, per una città così imbronciata escontrosa.L'acqualimpida,dighiacciaio,delsuolago era animata dalle barche a vela e dagliappassionati di sci d'acqua, le spiagge eranoaffollate di bagnanti abbronzati e la tetraBahnhofplatz — insieme con la Bahnhofstrasse— orgoglio della città, erano allietate dalpassaggio di una Jugend armata di sacchi damontagna.Quell'atmosferacosìsalubre,allegraeben ordinata, influiva negativamente sui mieinervi a fior di pelle e colmava il mio cuoreamareggiato di una tristezza prodotta da moltimotivi. Ecco il modo di vivere, come loconcepiva Kurt, Naturfreude, un'esistenzasemplice di animali semplici. Avevo avuto conlui una esistenza di questo genere che,

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superficialmente, era stata buona. Ma i capellibiondi,gliocchichiariel'abbronzaturanonsonocheunapatina,intuttosimilealtruccosulvisodiuna donna. Sono soltanto un'altra specie diverniciatura. Una osservazione piuttosto triste,questa,maerorimastadelusasiadallamondanitàdi Derek sia dall'atteggiamento tutto «casa elavoro» di Kurt e ormai la mia disposizioned'animo era priva di fiducia nei confronti diqualsiasi uomo. Non che mi fossi aspettata cheDerek o Kurt mi sposassero. Ma soltanto chefossero gentili e che si comportassero da«gentiluomini», una parola idiota, e cioè chefosserogentiliconmecomeiopensavodiesserestata con loro. Ecco il guaio, naturalmente. Erostata troppo dolce, troppo accomodante. Avevoavuto soltanto il desiderio di piacere (e diricavare piacere, ma questo era di secondariaimportanza) e questomi aveva fatto considerareunapersonafacile,unapersonadasfruttare.Bene,adesso basta! D'ora in poi, sarei stata io aprendere e non a dare. Il mondo mi avevamostrato i denti. E io avrei messo in mostra i

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miei. Mi ero comportata come una sciocca:ebbene, avrei imparato ad agire da furba. Spinsiin fuori ilmento, come si conviene a una bravapiccola canadese (o meglio una «quasi» bravapiccola canadese) e decisi che, se gli altri miavevanotrattatomale,daquelmomentoinavantisareistataioatrattaremaleglialtri.La faccenda delmio aborto, tanto per non usarecirconlocuzioni, fuunbuonaddestramentoper ilnuovo ruolo che mi ero imposta. Il portieredell'albergo mi guardò con gli occhi delusi dalmondochehannotuttiiportierid'albergo,quandomidisse che ilmedico era in vacanzama che ilsuosostitutoeraaltrettantobravo.(Avevacapito?Osolointuito?)IldottorSüsskindmivisitòemidomandòseavevodenarosufficiente.Quandoglirisposi di sì, mi parve deluso. Il ginecologo fuancora più esplicito. A quel che sembrava,possedeva una villetta. Gli alberghi a Zurigoerano tanto costosi. Avrei gradito un breveperiodo di riposo prima dell'operazione? Loguardai con occhi gelidi e lo informai che ilConsole inglese, che era mio zio, mi aveva già

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invitatoatrascorrerelaconvalescenzaconlasuafamigliaechesareistatalietadientrareinclinicaal più presto. Inoltre, egli mi era statoraccomandato dal dottor Siisskind. E certo ildottor Braunschweig conosceva il Console miozio,vero?Quell'improvvisolampodigenioservìalloscopo.Avevo parlato nel nuovo modo che mi eroimpostaecheavevostabilitodiassumeredaquelmomento in avanti, e la storiella era statapreparata in precedenza. I suoi occhiali bifocaliregistrarono una certa agitazione. Ci furonospiegazioni concitate alle quali fece seguito unatelefonata alla clinica. Sì, benissimo. Il giornoseguente,nelpomeriggio,bastavacheportassi ilnecessarioperlanotte.L'esperienza fu sconvolgente dal punto di vistaspirituale, ma assolutamente indolore da quellofisico—comedelrestomieroaspettata—etregiornidoporientravoalmioalbergo.Avevopresouna decisione.Ritornai in Inghilterra in aereo, etrovaialloggioinunalbergo—l'«Ariel»—nellevicinanze dell'aeroporto. Restai lì fino a quando

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riuscii a liberarmi di quel poco che miapparteneva, ebbi pagato i conti e presoappuntamento con il più vicino venditore diVespe,adHammersmith.Avevo preso la decisione di partire da sola e dirimanere lontano almeno un anno, in modo dapoter visitare anche l'altra metà del mondo. Neavevo abbastanza di Londra. La vita in quellacittà era stata crudele con me e ne risentivoancora.Miaccorsichenonerapostoperme:nonavevosaputocomprenderenéilmondosofisticatodi Derek né avevo saputo orientarmi in quellarelazione«amorosa»cosìfreddamentescientifica,moderna, che mi era stata offerta da Kurt. Midissichequestoerasuccessoperchèdavo troppaimportanzaal«sentimento».Nessunodiqueidueuominiavevadesiderato ilmiocuore,masolo ilmio corpo. Il fatto che io ricadessi su questaamara constatazione, vecchia come il mondo, eprettamente caratteristica della donnaabbandonata, per spiegare la mia incapacità aconservarmi l'uno o l'altro di loro chiarivaabbastanza bene le cause delmio fallimento.La

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verità era che, per sopravvivere nella giungladella grande città, io ero troppo ingenua ecandida.Erounapredafacileperipredoni.Ederoanche troppo «canadese» per poter mettermi allivellodell'Europa.Ecosìdovevaessere,dunque!Da quella ragazza semplice che ero, meglioritornareinpaesisemplici.Manonpersedermiameditare, a vegetare. Ma per esplorare, allaricerca di avventure. In quell'autunno avreiattraversato l'America dall'alto in basso,guadagnandomi da vivere come segretariad'albergo, come cameriera, come baby-sitter,finchènonfossiarrivatainFlorida,dovemisareicercata un impiego presso un giornale. Sareirimastaacrogiolarmialsolefinoallaprimaveraepoiavreipensatoaldafarsi.Una volta presa la decisione, i dettagli del mioprogetto mi assorbirono talmente da farmidimenticare la mia infelicità o almeno daaiutarmi a metterla in disparte, riuscendo anchead anestetizzare il mio senso del peccato, dellavergogna,delfallimento.AndaiallaAssociazionedegli automobilisti d'America, situata in Pall

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Mall, mi feci socia e mi procurai le cartenecessarie, poi chiesi agli impiegati altredelucidazionisuimezziditrasporto.Iprezzidelleautomobili di secondamano erano troppo alti inAmerica,ecosìpureicostidimanutenzioneedinoleggio,epoi,miaccorsidiessermiinnamorataall'improvviso dell'idea della motoretta. Inprincipiopotevasembrareridicoloviaggiaresullegrandi autostrade intercontinentali su unamacchinetta di quel genere, ma poi l'idea diessere all'aria aperta, di compiere circacentocinquanta chilometri con cinque litri dibenzina, di non avere la preoccupazione dicercareungarage, lapossibilitàdiviaggiareconpocobagaglioeanche—ammettiamolopure!—di costituire una specie di bestia rara per tutti,ovunque io arrivassi, mi fecero decidere… e ilcommerciantediHammersmithcompìl'opera!Mi intendevo vagamente di meccanica —qualsiasibambinonelNordAmericasatuttosulleautomobili — e rimasi a lungo incerta tra ivantaggidelmodellopiùleggero(da125cc)ediquellosportivo,piùveloceepesante(da150cc).

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Naturalmente finii per scegliere il tipo piùsportivo,conunacceleratoresorprendenteedunavelocità massima di novanta chilometri all'ora.Quella motoretta faceva soltanto centoventichilometri con cinque litri di benzina — aconfrontodeicentocinquantadeltipopiùleggero—mapensaichelabenzinanegliStatiUnitieraabuon mercato e che mi occorreva un mezzo dilocomozione veloce, perchè altrimenti avreiimpiegatomesiemesiperscenderefinoaSud.Ilcommerciantefuentusiastadelmioprogetto.Mifeceosservareche,incasodicattivotempo,oseero stanca, potevo mettere la motoretta su untreno e compiere con quel mezzo un tratto delpercorso. Inoltre sarebbe riuscito a ribassare ilprezzo della Vespa, che era di centonovantasterline, facendomi uno sconto di trenta sterline— quelle della tassa d'acquisto — se avessespedito la motoretta per nave direttamente inCanada, dove sarebbe arrivata dieci giorni dopo.Questo mi avrebbe consentito di avere altrodenarodaspendereper ipezzidi ricambioepergliaccessoripiùlussuosi.Noneranecessarioche

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facesse pressione su di me, comunque!ProvammolaVespa,facendounpaiodigirisullestrade di raccordo con l'autostrada, mentre ioguidavoeilcommerciantesenestavasedutosulsedile posteriore, e la motoretta andavaveramente come un uccello ed era facile daguidare, come una bicicletta. Cosìl'acquistai,compraiuncoprisediledifintapelledileopardo e anche una ruota di scorta, lussuosefiniture per le ruote — quasi una macchina dacorsa — uno specchietto retrovisore, unportabagagli,duebisaccedaappendereailatidelsellino — bianche. perchè si intonassero con ilcoloreargenteodellamotoretta—unparabrezzadi plastica e un elmetto bianco che mi facevaassomigliare a Pat Moss. Il venditore mi diedeanchequalcheconsiglioperilmioabbigliamentoe andai in un negozio apposito a comprare unatutapienadicernierelampo,unpaiodiocchialonidamotociclista,bordatidipelobiancoeunpaiodi guanti neri che erano «uno schianto»! Poitornai all'albergo, mi sistemai davanti alle cartegeograficheestudiai lastradadellaprimatappa,

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partendodaQuebec. Infineprenotaiunpostosulvolo meno costoso che riuscii a trovare perMontreal,mandaiuncablogrammaaziaFlorencee,inunasplendidamattinadisettembre,partii.Trovai curioso e piacevole al tempo stesso quelritorno,dopounalontananzadiquasiseianni.Lazia disse che aveva faticato un poco ariconoscermi ed io fui sorpresa a mia voltadall'aspettodiQuebec.Quandol'avevolasciata,lafortezza mi era sembrata enorme e imponente.Adesso aveva quasi l'aspetto di uno di quegliedifici in miniatura di Disneyland. Prima miincutevauncertotimore,adessomiaccorgevo—sentendomi irriverente— che sembrava fatta dipapier maché. E anche le feroci battaglie cheavevanoavutocomepomodelladiscordialaFede—e dalle quali avevo creduto che sarei rimastaschiacciata, in un certo periodo della miagiovinezza—vistedaquestanuovaprospettivasiriducevanodavveroaverieproprialterchitradueparrocchie. Un po' vergognosa, mi accorsi diprovare anche disprezzo per il grossolanoprovincialismodellacittà,per lagentevolgaree

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trascurata che vi abitava, e per quell'aura disnobismo e di petite bourgeoisie che lacircondava.Nonc'eradameravigliarsiche,uscitada un simile ambiente, non fossi preparata almondo al di fuori! C'era da stupirsi che fossiriuscitaasopravvivere!Badaiperòanonesprimerequestemiesensazionialla zia, benchè sospettassi che anche lei fosserimasta non poco stupita dal risultato della mia«rifinitura» europea. Deve avermi giudicata unveroeproprio topocittadino, anche sedentrodimemisentivotimida,titubanteesemplicecomeun tempo; mi soffocò di domande, fatteall'evidente scopo di sondare fin dove arrivassequellavernicesuperficialeequantofossirimastacontaminata dalla vita «bruciata» che avevocondotto. Credo che sarebbe svenuta se avessesaputo la verità,mami affrettai a dirle che, perquanto non mi fosse mancato qualche flirt, eroritornatasinceraeonestadallecorrottecittàaldilà dal mare. No, non c'era stato alcunfidanzamento di breve durata. No, santo cielo,nessuno studente di Oxford mi aveva chiesto di

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sposarlo, questo lo potevo ammettere senzamentire, e non avevo lasciato laggiù nessuninnamorato.Nonpensochemiabbiacreduto.Mifece molti complimenti per il mio aspetto. Erodiventata une belle fille. Secondo il giudizio ditutti, avevo beaucoup de tempérament — uneufemismofrancesecheindicavailsexappeal—o almeno mostravo di averne e le sembravaincredibile che, a ventitrè anni, non ci fosse unuomonellamiavita.Rimaseinorridita,quandolamisi a parte dei miei progetti, e mi dipinse acolori foschi i pericoli chemi aspettavano sullestrade. L'America era piena di banditi. Miavrebbero assalito sull'autostrada a sarei stataravagée.Adognimodo, non era da vera signoraun viaggio sulla motoretta. Sperava almeno chel'avrei montata all'amazzone. Le spiegai che lamia Vespa era un mezzo di locomozionerispettabilissimo,e—quandoandaiaMontrealaprenderla e ne ritornai piena di eccitazione —montandola disinvolta e addobbata con tutto ilmioequipaggiamento,sidimostròlievementepiùcomprensiva, pur continuando a dichiarare

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dubbiosacheavreifattosensazione.Così, il quindici settembre, ritirai dal miomodestoconto inbancaunmigliaiodidollari intravellers' cheques dell'American Express,riempii diligentemente e con abilità le duebisacce con quello che consideravo il minimoindispensabile, salutai zia Florence e partii,infilandolaStatale2,lungoilSanLorenzo.La Statale 2, che va da Quebec a Montreal,sarebbe una delle strade più belle delmondo senonpassasse tragruppidiville edivillette, chesonocresciutecomefunghi,dopol'ultimaguerra.Costeggiai il grande fiume, tenacementeaggrappataallasuarivasettentrionale;ederaunastrada che conoscevo bene, perchè c'ero stataspesso, da bambina, a fare gite e scampagnate.Mada allora è sopravvenuto un cambiamento: èstataapertalalineamarittimadelSanLorenzoedil continuo susseguirsi di piroscafi di passaggio,conilfrastuonodeiloromotoriel'urlolacerantedelle sirene dava al mio viaggio un'attrattiva dipiù.LaVesparonzavaallegramenteaunavelocitàdi

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circa settanta chilometri all'ora.Avevodecisodinon scostarmi troppo da un percorso giornalierodi duecento-duecentocinquanta chilometri, cherappresentavano all'incirca sei ore di guida, manon avevo alcuna intenzione di attenermi conrigore ad una tabella di marcia. Volevo vederetutto. Se c'era una strada secondaria dall'aspettoattraente, la infilavoesearrivavo inqualchebelpostomifermavoadammirarlo.Unabella invenzione --nelCanadaenellapartesettentrionale degli StatiUniti—è costituita daquei«recintiperilpicnic»chesonoradureaperte,spiazziinmezzoaiboschioaccantoadunlagooa un fiume, fornite di panche isolate, di tavolidisposti sotto gli alberi, un po' discosti gli unidagli altri, in modo da offrire a tutti i gitantiisolamentoeunacerta intimità.Mieropropostadiservirmeneperilpranzodiognigiorno,senonpioveva,senzaacquistarevittotroppocostosoneinegozi ma piuttosto preparandomi sandwich diuovaeprosciuttoalmattino,primadi lasciare ilmotel nel quale avevo dormito. Insieme con unpo'difruttaedicaffèsarebberostatiilmiopasto

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del mezzogiorno, più che sufficiente, se avessiavuto una buona cena alla sera.Avevomesso inbilanciounaspesagiornalieradiquindicidollari.La maggior parte dei motel offre una camerasingolaperottodollari,masidevonoaggiungereletassestatali,equindipreferivocalcolarnenove,contandoancheunpaninoe ilcaffèper laprimacolazione. Per la benzina non avrei speso più diun dollaro al giorno, e in tal modo me nerestavano cinque da spendere tra pranzo e cena,una bibita di quando in quando e le pochesigarette che fumavo. Volevo riuscire a nonsuperare quel preventivo.La carta dellaEsso—dicuierofornita—eilmaterialed'informazionedell'AAAmiavevanooffertounelencocopiosodiposti da vedere; dopo aver varcato la frontierasarei passata attraverso la zona abitata daiPellirossa—quelladescrittaneisuoiromanzidaFenimore Cooper ·— e poi da alcuni campi dibattaglia della Rivoluzione americana: se sivolevavisitarli,ilbigliettodiingressocostavaundollaro ciascuno. Pensavo, però, che ce l'avreifattaugualmentee—sequalchegiornononfossi

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riuscita a starenelpreventivo—avreimangiatounpo'meno.La Vespa era molto più stabile di quel che miaspettavo, e facilissima da guidare. Quandoacquistai maggior padronanza nell'azionare icomandi, cominciai veramente a guidarla e nonsoltantoastarcisedutasopra.L'acceleratore—inpochi secondi si arrivava a settantacinquechilometri all'ora — era sufficiente a dare unbrivido a ogni macchina di serie americana;attaccavo le salite leggera come un uccellino,accompagnatadalmormoriougualeeconfortantedel tubo di scappamento sotto la coda.Naturalmente dovetti abituarmi a unmucchio dicose: ai fischi dei giovani e ai sorrisetti ed aisalutideglianziani,madevoammetterechenonmidispiacevaaffattocostituireuna«sensazione»,come aveva previsto la zia, e mi abituai arisponderediquando inquandoconunsorriso. Imargini della maggior parte delle strade degliStatiUnitinonsonoinbuonecondizionietemevoche gli automobilisti mi si sarebbero accostatitroppo e avrei avuto un sacco di guai con le

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buche: invece probabilmente dovevo darel'impressionediesseremoltofragilesuquelmioleggero mezzo di locomozione, e gliautomobilisti mi lasciavano uno spazioabbastanza ampio, e quasi sempre la corsiainternadelleautostradeeratuttaperme.Le cose filarono così lisce il primo giorno diviaggiocheriusciiadattraversareMontrealprimachescendesselanotteeapercorreretrentacinquechilometri circa della Statale 9, che mi avrebbecondottoaldilàdellafrontieradelloStatodiNewYork la mattina successiva. Mi fermai in unalbergochesichiamava«ilmoteldellapistadelSud»,dove fui ricevuta come se si fosse trattatodi Amelia Earhart o di Amy Mollison —un'abitudine abbastanza piacevole alla quale misarei adattata molto presto — e dopo averconsumatounpastomoltosemplicenelristoranteed aver timidamente accettato l'offerta di unliquore da parte del proprietario,mi ritirai nellamia camera sentendomi veramente felice esoddisfatta. Era stata una giornata lunga,magnifica. La Vespa era un «sogno» e il mio

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progetto sembrava dovesse realizzarsi senzaintralci.Micieravolutoungiornointeroperfareiprimitrecento chilometri. Mi ci vollero quasi duesettimane per coprire i successivitrecentocinquanta. E non c'è alcun mistero daspiegare. Passata la frontiera americana,cominciai a vagabondare per gli Adirondackscomesefossiinvacanza:unavacanzaestivafattaun po' più tardi del solito. Non mi dilungherò,dato chequestonon èun raccontodi viaggi,macredo di aver visitato tutte le antiche fortezze, imusei, di aver visto le cascate, le caverne e lemontagne di quella zona senza trascurare labruttissima «Zona storica», le «Cittàdell'avventura» e le «Riserve indiane» alle qualiebbi accesso, pagando il solito dollaro per ilbiglietto. Fu, insomma, una vera e propria orgiadi visite turistiche in parte dovuta a curiositàautentica,inparteallamiaincapacitàdistabilireil giorno decisivo per lasciare quei laghi, leforesteeifiumieriprenderelastradaversoSud,verso il crudele Eldollarado delle super-

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autostrade, dei chioschi per i panini, delleininterrottefiledilucialneon.Fu al termine di quelle due settimane che mitrovaiaLakeGeorge, il centro turisticoalqualeaffluivano tutti i gitanti ed i visitatori degliAdirondacks, riuscendo così a trasformare iluoghi storici e i boschi e quella incantevolesolitudineinunalocalitàrumorosaesquallida.Aeccezione della palizzata discretamenteimponentedelForteedeisimpaticivaporettichefannolaspolafinoaFortTiconderogaeritorno,ilresto non è che un guazzabuglio confuso edisordinato di gnomi di cemento, cerbiatti deltipo Bambi, e funghi velenosi, baracchedall'aspetto scadente che vendono «Salsicce delGran Capo» e «Dolci di Minnehaha» oppurepadiglioni delle attrazioni come «11 regno deglianimali» (i visitatori possono toccare efotografare uno scimpanzè in costume), «Ilvillaggio con i lampioni a gas» (un'autenticailluminazione a gas dell'800) e «La città storicaUSA», talmente ingenua e falsa che preferisconon descriverla. Fu lì che abbandonai quella

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babiloniacheeradiventatal'affollatissimaStatale9, per imboccare la strada secondaria cheattraversa la foresta e che doveva condurmi ai«Pini Sognanti» e alla poltrona nella quale erosprofondata, immersa nei ricordi di come eperchèeroarrivatalì.

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Parteseconda:loro

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7«Venitenelmioufficioprivato…»

Lapioggia continuavaa scrosciare conviolenza,come prima, e il suo picchiettare ininterrottocostituiva un ottimo accompagnamento algorgogliaredei torrentid'acquacheuscivanodaidoccioni posti ai quattro angoli dell'edificio.Cominciavo a pensare con piacere all'idea diandare a letto. Come avrei dormitoprofondamente tra le lenzuola della stanzettaordinata, quelle lenzuola di percalle chefiguravano perfino sugli opuscoli pubblicitaridell'albergo!ComeeranolussuosiilettidisegnatidaElliottFrey, i tappetidiMagee, i televisori el'impianto d'aria condizionata Philco, e lemacchine per la fabbricazione del ghiaccioIcemagic, le coperte di acrilan e il mobilio diSimmonsVivant(«Ipianideinostrimobiliedeicassetti sono in laminato al fenolo che li rendeimmuni dalle bruciature e dalle macchie di

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alcool»), insomma tutto l'arredamento curato ecostoso caratteristico dei moderni alberghi dilusso, via via fino alle tende per la doccia inacrilite, ai sedili del gabinetto in olsoniteopalescente e alla «carta da bagno» — altresìdetta carta igienica — «in moderni colori perarmonizzare con l'arredamento di oggi», chequestanottesarebbestatomioesoltantomio!Malgrado tutti i raffinati accessori e la stupendaposizione sembrava davvero che «I PiniSognanti»navigasseroincattiveacque,equandoci ero arrivata due settimane prima vi trovaisoltantoduepersone—chesifermavanoperunanotte—eneancheunaprenotazioneper l'ultimaquindicinadellastagione.Mrs. Phancey, una donna grigia come l'acciaio,con gli occhi amari e sospettosi e la bocca chesembrava una fessura bieca, era al banco dellaréception quando ero arrivata quella sera. Miaveva squadratodall'alto in basso—una ragazzasola!—epoiavevaspostatolosguardosullemiemodeste sacche da viaggio e — quando avevospinto la Vespa fino alla casetta contrassegnata

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con il numero9—mi aveva seguito tenendo inmanoilcartoncinocheavevoappenariempitopercontrollare che il numero della patente che leavevo dato non fosse falso. Suo marito Jed erameno sospettoso, ma ne avevo subito capito laragionequando—perdepormidavantiunatazzadicaffè,albancodelbar—miavevasfiorato ilpetto con lamano.Aquanto sembrava, lavoravacomeuomodi fatica e cuoco:mentre spostava isuoi occhi di unpallido colore nocciola lungo ilmio corpo, con la lentezza di due lumacheviscide, aveva preso a lamentarsi del troppolavoro, perchè la stagione era quasi finita e sistava per chiudere e lui doveva continuamenteinterrompere quel che stava facendo per correrein cucina a cuocere uova fritte per i gruppi dituristi di passaggio. La coppia, quindi, dovevaaverel'albergoingestione.IlproprietarioabitavaaTroy.ErauncertoMr.Sanguinetti.«Unpezzogrosso. Ha altre proprietà sulla Cohoes Road.Sullarivadelfiume.EdèancheilproprietariodelCavallodiTroia,l'albergosullaStatale9,appenafuori diAlbany. Lo conoscete?» Quando risposi

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di no, Mr. Phancey assunse un'aria furba: «Sevoletedivertirviunpo',andateci.Manondasola!Una bella ragazzina come voi potrebbe finiremale, laggiù. Dopo il quindici, quando ce nesaremo andati di qui, fatemi una telefonata. Michiamo Phancey. E il mio numero è sull'elencotelefonico.Sareibencontentodiaccompagnarviedi farvi divertire un po'.» Lo ringraziai, e miaffrettai a rispondere che mi trovavo lì solo dipassaggioederodirettaalSud.Potevoavere,nelfrattempo, un paio di uova fritte e un po' dipancetta?Ma Mr. Phancey non volle lasciarmi in pace.Mentremangiavo,venneasedersialmiotavolinoe mi raccontò la noiosa storia della sua vitafacendo scivolare, tra un episodio e l'altro,qualchedomandasudimeesuimieiprogetti,chieranoimieigenitori,comemaimeneandavodasola lontano da casa, se avevo amici negli StatiUnitiecosìvia.Domandeinnocenti—oalmenocosìmipareva—fatteprobabilmentesoltantoperunabanalecuriosità.Erasuiquarantacinqueanni,edabbastanzaanzianodaesseremiopadre,eper

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quanto dovesse essere un vecchio sporcaccione,sapevochequelgenerediuominieraabbastanzadiffuso. Comunque, Mrs. Phancey, seduta albanco della réception, in fondo all'ampio salonedisoggiorno,nonciperdevad'occhiounistante.FinalmenteMr. Phanceymi lasciò e si avvicinòalla moglie. Mentre fumavo una sigaretta ebevevolasecondatazzadicaffè(«Nonc'ènienteda pagare, signorina. Omaggio deiPiniSognanti»)lisentiiparlottaretralorodiqualcosache doveva divertirli enormemente, perchè diquandoinquandounodeiduescoppiavaaridere.Infine Mrs. Phancey mi si avvicinò,commentandoconparolematerneimieiprogettiavventurosi («Oh, santo cielo! Che cosainventerete poi, voialtre ragazzemoderne?»),misedette accanto e assumendo un aspettoestremamenteamabile,comesapevafarequandoera necessario, mi domandò perchè non mifermavoqualchegiorno,nonmiprendevounpo'diriposo,guadagnandoal tempostessounpo'didollari? A quel che sembrava, la ragazza chefacevadasegretariadell'albergoseneeraandata

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ventiquattro ore prima e con tutta la proprietà acui badare, le casette da riordinare prima dichiudere definitivamente per la fine dellastagione, nessuno dei due aveva il tempo dibadare alla réception. Mi sarebbe piaciuto quellavoro,perleultimeduesettimanedellastagione,atrentadollarilasettimana,piùvittoealloggio?Orasidava ilcasochequei sessantadollari,piùvittoealloggio,mifacesseromoltocomodo.Erogià uscita di almeno cinquanta dollari dalpreventivo fatto — con quel prolungamento digiteturistiche—equellasommasarebbeservitaarimettereinsestolemiefinanze.IPhanceynonmi erano simpatici, mami dissi che certamentenon erano peggio della solita gente che si trovaviaggiandoperilmondo,eperdipiùquestoerailprimo lavoro che mi veniva offerto e volevovederecomemelasareicavata.Forseallafinediquel periodo di lavoro, mi avrebbero rilasciatodelle referenze che mi sarebbero servite in unaltro motel, nella mia avanzata verso Sud. Cosìdopoqualchecortesesondaggio,risposichel'ideanon mi dispiaceva. I Phancey ne sembrarono

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soddisfatti e Millicent (disse subito di voleresserechiamatacosì)mi insegnòa registraregliospiti e mi avvertì di stare molto attenta allagente che arrivava con poco bagaglio eun'automobile di proporzioni considerevoli. Poimifecefareungirodellaproprietà.La storia delle giardinette e dei loro proprietarimi aprì subitogli occhi suquello che era il latopiù spiacevole della gestione di un motel.Sembravachecifosseropersone—inparticolaregiovanicoppieappenasposateechenonavevanoancoramessosucasa—chesceglievanounmotelsolitario e vi arrivavano con un bagaglio moltomodesto, cioè una sola valigia. In effetti quellavaligiacontenevaunaseriecompletadiutensilidiprecisione, insieme con una quantità di falsetarghe automobilistiche per la giardinetta, chesarebbe stata parcheggiata sotto la tettoiaadiacente alla casetta da loro occupata. Dopoessersichiusinellelorostanze,attendevanochesispegnessero le luci nell'ufficio del motel, e poicominciavano a dedicarsi ai lavoretti menoimpegnativi, come svitare le installazioni del

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bagno, staccare i fili di allacciamento della TVeccetera. Quando i gerenti dell'albergo eranoandati a letto, si occupavano del lavoro piùimpegnativo: facevano mucchi delle lenzuola,delle tende delle docce e degli asciugamani,staccavanoifilidellaluce,itelaideiletti,isedilideigabinettieaddiritturaiwater-closetstessi,seavevano qualche cognizione di idraulica.Lavoravano al buio, naturalmente, servendosi dilampade elettriche, e quando tutto era pronto,aspettavanosveglileprimeoredelmattinoepoitrasportavano tutto insilenziofuoridallaportaecaricavano l'automobile. L'ultima cosa di cui sioccupavano erano i tappeti, che venivanoarrotolatieusati,alla rovescia,percoprirecometeloniimpermeabilituttalarobaammassatanellagiardinetta. E poi cambiavano la targa e se neandavanoallachetichella,conilnecessarioperlastanza da letto, pronto per essere sistematonell'appartamento vuoto che li aspettava amoltichilometridistanza,inunaltroStato!Dueotrecolpicomequello,eancheilsoggiornoe la stanza degli ospiti sarebbero stati

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convenientemente arredati, e così non ciavrebberopiùpensatopertuttoilrestodellalorovita!Seavevanoungiardinoounporticodavantialla casa, qualche incursione notturna nelleresidenzelussuose,situateneidintornidellacittàedotatedipiscina,sarebbebastataafornirloroilnecessarioperl'attrezzaturadelgiardino,igiochiall'aperto dei bambini e magari anche unafalciatriceperl'erbaounainnaffiatrice.Mrs. Phanceymi disse che imotel non avevanoalcuna difesa contro quel genere di furti. Tuttoquellochesierapotuto fissareaipavimentieaimuri era stato fissato, e sopraera stato scritto ilnome dell'albergo. Restava solo la speranza diindividuare quei mascalzoni quando sipresentavano alla réception e in tal casorimanevano due soluzioni: o allontanarli dalmotel o rimanere svegli tutta la notte asorvegliarelaproprietàconilfucileimbracciato.Così, dopo queste scarse parole di conforto, fuilasciataameditaresullatopiùnerodell'industriaalberghiera.Naturalmente tuttoandòameraviglia e il lavoro

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noncostituìunproblema.Anzi,c'eracosìpocodafare che cominciai a domandarmi perchè iPhancey mi avessero assunto. Ma erano pigri enon mi pagavano con denaro di tasca loro, ecredevo anche che Jed mi avesse fatto restareconvintodiavertrovatoinmeunaragazzafacile.Anche questo però non costituiva un problema.Bastava sfuggire alle sue mani e trattarlo confreddezza in media una volta al giorno, eappoggiareunasediasottolamanigliadellaportadella mia stanza, quando andavo a letto, pereludere qualsiasi suo tentativo di entrare (comeaveva provato a fare la seconda notte del miosoggiorno,servendosidiunpasse-partout).Nellaprimasettimana,arrivòqualcheclientechesi trattenne una sola notte, e scoprii che ci siaspettava anche che dessi una mano nellefaccendedomestiche,manonmirifiutaidifarloe— ad ogni buon conto— i clienti diminuironolentamente, fino al dieci ottobre, quando nonarrivòpiùnessuno.Aquelche sembrava, ilquindiciottobreeraunadata magica per il mondo e l'industria, tutti

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particolari,dellevacanze.Tutto sichiudevaquelgiorno, ad eccezione degli alberghi situati sulleautostrade di maggiore importanza. Il quindiciottobre costituisce, per chi lavora nell'industriaalberghiera, l'iniziodell'inverno.Poicomincia lastagionedellacaccia,maicacciatoriricchivannoneilorocluboneicampeggiinmontagna,equellipoveri partono in automobile e si fermano nei«recinti per i picnic», vi lasciano lamacchina esalgonoapiedipiùinalto,primaancoradell'alba,allacacciadeicervi.Comunque,versoilquindiciottobre tutti i turisti cominciano a scompariredalla zona e non è più così facile guadagnarenegliAdirondacks.Manmanoche ladatadi chiusura si avvicinava,le telefonate tra i Phancey e Mr. Sanguinetti sifecero più frequenti, e il giorno undici Mrs.Phanceymiinformò,conariaindifferente,cheleie Jed sarebbero partiti per Troy il tredici; e iopotevo restare come custode dell'albergo perquella notte, e consegnare le chiavi a Mr.Sanguinetti, che sarebbe venuto a chiuderedefinitivamenteilmotelilquattordici.

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Mi sembrò piuttosto strano che una proprietà ditanto valore venisse affidata a una ragazzasconosciuta, ma i Phancey mi spiegarono cheavrebbero portato via loro il denaro che c'era incassa, i registri e tutte le provviste di viveri ebevande: tutto quello chemi restava da fare eraspegnere le luci e chiudere le porte prima diandarealetto.Mr.Sanguinettisarebbearrivatoalmattino presto con un autocarro, per trasportarevia il resto e poi avrei potuto ripartire anch'io.Quindirisposiaccettando,dicendochenonavevoalcuna difficoltà a restare e Mrs. Phancey mirivolse un sorriso radioso e disse che ero unabrava ragazza, ma quando le chiesi se potevafornirmi le referenze, rispose evasivamente chequello spettava soltanto aMr.Sanguinetti e che,da parte sua, non avrebbe mancato di riferirgliquanto ero stata servizievole e utile durante ilperiodoincuiavevolavoratoperloro.Così quell'ultimo giorno trascorse a caricare ilmaterialenellalorogiardinetta,finchèladispensae il ristorante furono completamente vuoti adeccezionediuovaepancetta,caffèepaneperme

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e per i camionisti, che certamente avrebberovolutomangiare,quandofosseroarrivatiilgiornosuccessivo.Mi aspettavo che i Phancey fossero gentili conme, durante quell'ultima giornata di lavorocomune. Dopo tutto, eravamo andati abbastanzad'accordo e io non mi ero mai rifiutata dilavorare,quandomieraparsonecessario.Invece,per quanto strano possa sembrare, fu tutto ilcontrario.Mrs.Phanceycominciòadarmiordinicomese fossi stata la sua schiava, e Jeddiventòveramente insopportabile e sgradevole, da quelvecchio libertino che era, adoperando unlinguaggioveramenteoscenoancheinpresenzadisua moglie e cercando di accarezzarmi e ditoccarmì,quandogliarrivavoatiro.Nonriuscivoa capire quel cambiamento. Era come se,raggiuntoloscopo,volesseroliberarsidimeconunpo' di disprezzo e— si sarebbe detto—conodio. Mi arrabbiai talmente che andai a cercareMrs. Phancey per dirle che me ne andavo e sepotevo avere il mio denaro.Mi rispose con unasghignazzata. Oh, no. Me lo avrebbe dato Mr.

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Sanguinetti.Nonpotevanocorrereilrischiochesitrovasse qualche posata mancante, quando luifosse arrivato a contarle. Dopo di che, piuttostochedovermangiarecon loroacena,mipreparaiqualche panino con la marmellata e andai achiuderminellamiacasetta,pregandoilcielochearrivasse in fretta il mattino e che quei duepartissero. E, come ho già detto, finalmentearrivarono le sei e vidi quei due orribilipersonaggiperl'ultimavolta.Ed ora, ecco la mia ultima notte ai «PiniSognanti».L'indomanimenesareiandataanch'io.Era stata una breve parentesi dellamia vita cheora si chiudeva, e neppure del tutto spiacevole,malgradoiPhancey.Inoltreavevoancheimparatoqualcosa, e avrebbe potuto servirmi in futuro.Guardai l'orologio. Erano le nove ed ecco quelWOKO del malaugurio con il suo bollettinometeorologico.Amezzanottelatempestasarebbefinita e il sereno sarebbe tornato sugliAdirondacks. Così, con un po' di fortuna,l'indomaniavreitrovatolastradaasciutta.Tornaidietro il banco del ristorante, accesi la piastra

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elettrica, tirai fuori tre uova e sette fette dipancettaaffumicata.Avevofame.Fu in quel momento che sentii bussareviolentementeallaporta.

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8Dinamitedalregnodelterrore

Sentiiuntuffoalcuore.Chipotevaessere?Poimivenneinmente.L'insegnaconlascritta:STANZELIBERE.Avevo aperto l'interruttore quando erostata colpita dal lampo e poi mi erocompletamente dimenticata di spegnere! Cheidiota! I colpi bussati alla porta mi fecerosobbalzaredinuovo.Ebbene,nonmirestavaaltrodafare:dovevoaprire,scusarmiemandarequellagenteaLakeGeorge.Innervosita,andaiallaportaelaaprii,senzatoglierelacatena.Laportadavadirettamentesullastrada.L'insegnaconlascrittailluminatamandavaunalonedilucerossastra che si rifletteva sulla fitta cortina dipioggia e scintillava allegramente sugliimpermeabililucidienerididueuomini.Dietroaloroc'eraun'automobilechiusa,nera.Ilpiùvicinodeiduedisse:«MissMichel?»«Sì. Sono io. Ma temo che la scritta STANZE

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LIBERE Vi abbia tratti in inganno. Il motel èchiuso.»«Certo, certo. Veniamo da parte di Mr.Sanguinetti. Siamo due impiegati della suacompagnia di assicurazioni. Dobbiamo fare unrapido inventario della roba che deve essereportata via domani. Possiamo entrare e ripararcidalla pioggia, signorina? È una nottataspaventosa.»Spostai lo sguardo, incerta, dall'uno all'altro diloro,mariusciiavederebenpocodellelorofaccesotto i cappucci di tela cerata. Sembrava moltologicoeragionevole,quellochedicevano,eppurenon ero convinta.Risposi in tono agitato: «Ma iPhancey, i gerenti, non mi hanno avvertito chesarestevenuti.»«BÈ, avrebbero dovuto farlo, signorina. DovròinformareMr.Sanguinettidiquestofatto.»Poisirivolseall'uomochestavaallesuespalle.«Nonèvero,Mr.Jones?»L'altrosoffocòunarisatina.Perchè?«Certocheèvero,Mr.Thomson.»Elarisatinasiripetè.«Va bene, allora, signorina. Possiamo entrare?

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Quicisibagnamaledettamente.»«BÈ.Nonsaprei.Mihannoraccomandatodinonfareentrarenessuno.MasevenitedapartediMr.Sanguinetti…»Feciscorrerelacatenaconleditatremantieapriilaporta.Entrarono con impeto, spíngendomisgarbatamente da una parte e si fermarono —l'uno a fianco dell'altro — a esaminare l'ampiosalone.L'uomoalqualeilcompagnosierarivoltochiamandoloMr.Thomson,annusòl'aria.Unpaiodi occhi neri mi sogguardarono gelidamente.«Fumate?»«Sì,unpoco.Perchè?»«Ho creduto che ci fosse qualcuno a tenervicompagnia, qui.» Staccò le mie mani dallamaniglia della porta, la richiuse con un colposordo,giròlachiaveemiselacatena.Poiiduesiliberarono degli impermeabili gocciolanti,lasciandoli cadere sul pavimento e fu allora —quandoriusciifinalmenteavederlibeneinfaccia—cheintuiiinqualepericolosasituazionemieroficcata.Mr.Thomson,cheeraevidentementeilcapo,era

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magro e sottile, quasi scheletrico, e la sua pelleaveva il colore grigiastro e spento di chi vivesempre al chiuso. Gli occhi neri si muovevanolentamente, privi di curiosità, e le sue labbra,sottili e rosse, sembravano una ferita aperta.Quando parlava, i suoi incisivi mandavano unoscintilliometallico,eimmaginaichefosserostatiincapsulati economicamente in acciaio, comeavevo sentito dire che si usava comunemente inRussia e in Giappone. Aveva le orecchieschiacciate emolto aderenti alla testa ossuta, diforma pressochè rettangolare, e i capellicompletamentegrigierano talmentecorti che,aldisotto,siintravedevalapellebiancadelcranio.Indossava una giacca nera, attillata, a un solopetto,conlespalleimbottite,epantaloniatubodistufa così stretti che formavano delle borse aiginocchi,eunacamiciagrigiaabbottonatafinoalcollo, senza cravatta. Aveva scarpe a punta,all'italiana,dicamosciogrigio.Sialescarpesiaivestiti sembravano nuovi. C'era qualcosa diviscidoediterrificanteinquell'uomo,emisentiiaccapponarelapelledallapaura.

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Mentrecostuieraripugnanteeorribile,l'altroerasemplicemente sgradevole a guardarsi: ungiovanottobasso,conlafacciarotondacomeunalunapiena,gliocchicelestipallidieacquosielelabbra grassocce, sempre umide.Aveva la pellebianchissimaesoffrivadiunamalattiafastidiosa,nonavevaneppureunpeloinfaccia,néciglianésopracciglia, e neppure un capello sulla testaliscia come una palla da bigliardo. Se non fossistata tanto spaventata, mi avrebbe forse fattoanche pena, in particolare perchè sembrava chesoffrisse di un forte raffreddore, tanto checominciòasoffiarsi ilnasoappenasi fu liberatodell'impermeabile.Sotto,indossavaunagiaccadicuoionero,pantalonipiuttostosciupatiesudicieun paio di quegli stivali messicani dacavallerizzo, con i cinturini, che si usano nelTexas.Eraveramentemostruoso,eappartenevaaquelgeneredipersonechefaveramenteribrezzo,tanto che desiderai ardentemente di aver scelto,per me, un abbigliamento che non mi facessesembrarecosìprovocante.Edeccoche,finitodisoffiarsiilnaso,mipresein

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considerazioneperlaprimavolta.Miesaminòdacapoapiedi,mentresullelabbraglisiformavaunsorrisetto compiaciuto. Poi mi girò intorno edemise un fischio, lungo, sommesso. «Ehi,Horror!» e strizzò l'occhio all'amico, «chebambola! Che petto! E un didietro altrettantobello!Caspita,chebocconcino!»«Non ora, Sluggsy. Più tardi! Va' un po' a dareun'occhiata nelle casette. Nel frattempo lasignorina ci preparerà qualcosa da mangiare.Comepreferiscileuova?»L'uomo chiamato Sluggsymi rivolse un sorriso.«Strapazzate, piccina. Emorbide. Come le fa lamamma. Altrimenti papà ti darà un paio disculaccioni.Propriosuquelbelsederinochehai!Oh, dio, oh, dio!» Accennò a qualche passo didanza,avanzandoversodime.Indietreggiaiversola porta. Finsi di esseremolto più spaventata diquantonon fossi in realtàequandomi fuvicinogli allungai uno schiaffo con tutta la forza cheavevo.Lo raggiunsi in piena faccia e poi, primache si fosse riavuto dalla sorpresa, mi gettaidietrountavolino,afferraiunadelleseggiolinee

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la tenni con lequattrogambemetallichepuntatecontrodilui.L'uomomagroscoppiòinunarisata,breve,aspra.«Evvia, Sluggsy. Ti ho detto, dopo. Lascia starequellastupida.C'ètuttalanotteperquello.Va'afarequelchetihodetto.»Gliocchiettidelgiovanottoscintillavanopienidianimazionesulsuofaccionepallido.Sipassòunamanosullaguancia.Le labbraumide si aprironoin un lento sorriso. «Sai cosa ti dico, bimba?Tiseiguadagnataunanotteche ti ricorderaiperunpezzo. Sarà lunga e lenta, interminabile.Mi haicapito?»Lo sbirciai, senza abbassare la sedia. Dentro dime stavo piangendo per la disperazione. Quegliuomini erano come una carica di dinamitearrivatadalregnodelterrore.Riuscii,comunque,a mantenere ferma la voce. «Chi siete? E cos'ètutta questa storia? Fatemi vedere i vostridocumenti. Alla prossima macchina che sentopassare, vi giuro che romperò il vetro di unafinestra e chiamerò aiuto. Vengo dal Canada.Provate a farmi qualcosa e domani sarete nei

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guai.»Sluggsy si mise a ridere. «Domani è un altrogiorno. È di questa notte che dovrestipreoccuparti, bambina.» Poi si rivolse all'uomosmilzo. «Forse, Horror, sarebbe meglio che ledicessi qualcosa. Chissà che non sia disposta adoffrirciunpo'dicollaborazione.»Horrormiguardò.Avevaun'espressionefreddaedistaccata. «Non avresti dovuto dare quelloschiaffoaSluggsy, ragazza.Èun tipoduro.Nonglipiacechelesignoreglidimostrinocosìscarsasimpatia.Pensachelacolpasiadelsuoaspetto.Èdiventatocosìdopoaverpassatouncertoperiododitemponellecelled'isolamentodiSanQuentin.Èunaformanervosa.Ècosìchel'hannochiamataidottori,veroSluggsy?»Sluggsy prese un'aria orgogliosa. Pronunciòlentamente, con cautela le parole latine:«Alopeciatotalis.Significa:neancheunpelo.Nonuno,capisci?»Accennòalsuocorpo.«Nèqui,néqui,néqui.Checosanepuoisaperetudiquesto,eh,bambola?»Horror continuò: «Così Sluggsy si infuria

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facilmente.Pensache lasocietàsiastatacrudeleconlui.Sefossecapitatoate,forsetitroverestitunelle sue condizioni, adesso. Lui è quello che aTroy chiamano unpersuasore. C'è semprequalcunocheloassumepercostringereglialtriafarequellochevuole,eccoilconcetto.Chiaro?Èun impiegato di Mr. Sanguinetti, il quale hapensatochefossemegliocheluiediovenissimoa dare un'occhiata all'albergo, fino all'arrivodell'autocarro. Mr. Sanguinetti non voleva cheunaragazzagiovanecometerimanessetuttasolaqui,stanotte,ecihamandatoatenerticompagnia.Nonècosì,Sluggsy?»«Ecco la vera storia. Precisamente,» ridacchiòl'altro. «Proprio per tenerti compagnia, piccina.Per tenere lontano i lupi.Edel resto, conquellemisurechehai,cidevonoesseredeimomenti incui avrai veramente bisogno di protezione, no?Sbaglio?»Abbassai la sedia e la appoggiai sul piano deltavolo.«Bene,ealloraqualisonoivostrinomi?Equestifamosidocumentidiriconoscimento?»Sullo scaffale sopra il banco del bar era rimasta

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un'unica scatola di caffè Maxwell. Sluggsy giròsu se stesso all'improvviso e dalla sua manodestra—nongliavevoneppurevistotirarefuorila rivoltella—scaturìunafiammata.Sisentìuncolpo di pistola. La scatola di latta sobbalzò,cadde su un fianco e rotolò per terra.Ma primachetoccasseilpavimento,Sluggsylacolpìancorauna volta, mentre era a mezz'aria, e ci fuun'esplosione nerastra di caffè. Poi un silenzioprofondo cadde nella stanza, interrotto soltantodaltintinniodellascatolavuotachecontinuavaarotolaresulpavimento.Sluggsysivoltòversodime. La rivoltella era scomparsa. I suoi occhierano pieni di compiacimento per aver potutoeseguireunabrillantedimostrazionedellapropriaabilità. Disse sottovoce: «Ti basta unapresentazionediquestogenere,piccina?»Lanuvolettadifumoazzurromiavevaraggiunto:sentii odore di cordite.Mi tremavano le gambe.In un tono che speravo sufficientementesprezzante, dissi: «Ecco un bel po' di caffèsprecato.Eadesso,ivostrinomi?»L'uomo smilzo sorrise e rispose: «La signora ha

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ragione.Nonavrestidovutorovesciarequelcaffè,Sluggsy.Mavedi, ragazza, lo chiamanoSluggsyproprio perchè è di una abilità incredibile conquel gingillo. Sluggsy Morant. E io, SolHorowitz.MichiamanoHorror.Nonsoperchè.Etulosai,Sluggsy?»Sluggsy ridacchiò. «Forse, una volta, haispaventato qualcuno, Horror. O più di unapersona.Così,almeno,mièstatodetto.»Horror non fece commenti. Invece si accontentòdi rispondere pacatamente: «Bene. Vai a dareun'occhiata alle casette, come ti ho detto,Sluggsy.Etu,preparaqualcosadamangiare.Filadiritto, collabora con noi e non ti faremo alcunmale.Capito?»Sluggsy mi guardò con aria avida. «O almeno,non molto.» Poi soggiunse: «Così va bene,piccola?»Siavviòversoilpannellodellechiavi,dietroilbancodellaréception,leraccolsetutteesi dileguò dall'ingresso posteriore.Appoggiai dinuovo la sedia al pavimento, e con tuttal'indifferenzadicuierocapace,mapenosamenteconscia del fatto che i miei pantaloni erano

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terribilmente attillati, attraversai il locale e mirifugiaidietroilbancodelbar.L'uomo chiamato Horror si diresse a passi lentiversoillatopiùlontanodelristorante,spostòunasedia,lafecerotearetralemanieselainfilòtrale gambe. Si sedette, appoggiando le bracciapiegate allo schienale e il mento alle braccia, ecominciòaosservarmicongliocchifissi,prividiqualsiasiespressione.Poidisse, in tonobasso—così basso che riuscii appena a sentirlo —:«Anch'iolevogliostrapazzateleuova,ragazza.Econmoltapancettabencotta.Epaneimburrato.Echenedirestidipreparareancheunpo'dicaffè?»«Devo vedere se ne è rimasto.» Mi chinai aquattrozampedietro ilbancodelbar.Lascatoladi latta era stata trapassata dai colpi e portava isegnidibenquattrobuchi.C'eraancoraunpocodicaffèdentro:ilrestoerasparsosulpavimento.Raccolsituttoquellochepoteisuunpiatto,senzabadare alla polvere che vi si mescolava. Avreitenuto per me quel poco che era rimasto nellascatola.Restai là sotto almeno cinqueminuti, prendendo

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tempo, cercando disperatamente di pensare.Quellieranobanditi.LavoravanopercontodiuncertoMr.Sanguinetti.Nonpotevacheesserecosì,perchè soltanto da lui o dai Phancey potevanoaver saputo ilmio nome.Erano statimandati lì,durante l'imperversare di un temporale, con unoscopo.Maquale?Sapevanocheerocanadese,cheerostranieraecheilgiornodopomisarebbestatomolto facile andare alla polizia e metterli neiguai. Quello chiamato Sluggsy era stato a SanQuentin; e l'altro? Ma anche lui, naturalmente!Ecco perchè aveva quel colorito grigiastro; eccoperchè aveva quell'aspetto da cadavere!Probabilmente era appena uscito di prigione. E,comunque, ne portava ancora addosso l'odore.Quindi ioavreipotutometterlidavveroneiguai,se fossi andata a dire alla polizia che ero unagiornalista e che avevo tutte le intenzioni discrivere qualche articolo sulle avventure delleragazze sole negli StatiUniti!Mami avrebberocreduto? Quell'insegna con la scritta: STANZELIBERE!Erosolainquell'albergo,eppurel'avevolasciata accesa. Non l'avevo fatto, forse, perchè

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volevo un po' di compagnia? E perchè mi erovestita in quel modo così provocante se nonaspettavo visite? Ricacciai subito tutti queipensieri. Ma per ritornarvi. Che cosa volevanoquei due uomini?Avevano un'automobile di untipo abbastanza comune. Se erano venuti conl'intenzione di rubare, con tutto quello che c'eradarubarene!motel,avrebberodovutoportareunautocarro. Forse erano stati mandati davvero asorvegliare l'albergo, e mi trattavano in quelmodoperchètutti igangstersicomportanocosì?Sarebberodiventatipeggiori?Equanto?Cosamisarebbesuccessoquellanotte?Mialzaiinpiediemidiedidafare.Preparaituttoquello che avevo di meglio. Non dovevanotrovarescuseperesseremalcontentidime.IlgrembiulediJederalì,arrotolato,inunangolo.Lo raccolsi e me lo legai intorno ai fianchi.Un'arma? Nei cassetto dei coltelli c'erano unoscalpelloperilghiaccioeuntrincianteappuntito.Presiloscalpelloperilghiaccioemeloinfilaineipantaloni,sottoilgrembiule.Nascosiiltrinciantesotto uno straccio, vicino all'acquaio. Lasciai

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aperto il cassetto delle posate e vi allineai difronteunafiladibicchierieditazzedalanciare.Infantile,vero?Maeratuttoquellocheavevo.Diquandoinquandogettavoun'occhiatainfondoalla stanza.Esempregliocchidell'uomosmilzoerano fissi su di me — quegli occhi checonoscevanoildelittoelasuacontropartita,echeleggevano tutto quello che passava nel miocervello e sapevano quali mezzi di difesa stavopreparando.Me ne accorgevo, tuttavia continuainei miei piccoli preparativi, pensando, comequando ero in collegio, in Inghilterra: «Quandomi faranno del male e capirò che me lo fannointenzionalmente, dovrò rispondere anch'iofacendo del male. Quando mi prenderanno, miviolenteranno, mi uccideranno, non dovrannotrovarlounacosasemplice.»Violentare? Uccidere? Pensavo davvero che misarebbe accaduto? Non sapevo. Sapevo soltantochemitrovavoneiguai.Lodicevanochiaramentele facce di quegli uomini, quella indifferente equellabramosa.Cel'avevanoconme,tuttiedue.Perchè?Nonlosapevo,maneeroassolutamente

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certa.Avevo rotto otto uova in una terrina, e le avevosbattute leggermente con la forchetta. Il grossopezzodi burro si era sciolto nella casseruola.Lìvicino, nella padella, le fette di pancettacominciavano a soffriggere. Versai le uovasbattute nella casseruola e cominciai amescolarle.Mentrelemiemanisiconcentravanonel lavoro, il cervello era intento a trovare unmezzoper scapparedi lì.Tutto dipendevadaunfatto: se l'uomo chiamato Sluggsy, quandorientrava, si sarebbe dimenticato di chiudere achiave la porta posteriore o no. Se non se nericordava, potevo tentare di scappare da quellaparte. Era inutile pensare di usare laVespa. Erafermadaunasettimana.Cisarebbevolutotroppoper metterla in moto e darle i tre colpi diavviamentonecessari.Avreidovutoabbandonaretuttoquello chepossedevo, tutto ilmiopreziosodenaro, e scappare come una lepre a destra o asinistra, girando intorno alla fila di casette ebuttandomitraglialberi.Rifletteicheerameglionon scegliere la destra. Il lago, dietro le casette,

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avrebbe ostacolato la mia fuga. Avrei girato asinistra. Lì non c'era nient'altro che unasterminata distesa di pini. A pochi metri dallaporta,sareigiàstatabagnata fradicia,eper tuttoil resto della notte avrei tremato di freddo. Misarei ferita i piedi, coperti soltanto da queiridicoli sandalettidorati.E forse,mi sarei anchesperduta. Ma questi erano problemi che avreiaffrontato poi. La cosa più urgente era scapparelontano da quegli uomini. Niente altro avevaimportanza.Leuovaeranopronteeioleversai,mentreeranoancoramorbide,nelpiattodiportataevidisposiintorno le fette di pancetta. Poi ammucchiai ilpane tostato su un altro piatto, insieme con unpezzodiburroancoraavvoltonellacartaedisposiiltuttosuunvassoio.Mirallegraivedendosalirea galla tutta la polvere, quando versai l'acquabollente sul caffè macinato, e mi augurai cheandasse di traverso ai due banditi. Poi uscii dalbanco reggendo il vassoio, e sentendomi moltopiù rispettabile con il grembiule addosso, miavviaiversoiltavoloalqualeerasedutol'uomo.

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Mentre ve lo appoggiavo sopra, sentii aprirsi epoi richiudersi con fragore la porta posteriore.Tesil'orecchioenonmiparvedisentireloscattodella chiave girata nella serratura. Mi guardaiintorno rapidamente. Le mani di Sluggsy eranolibere. Il mio cuore cominciò a batterefuriosamente. Sluggsy si avvicinò alla tavola. Iostavo togliendo i piatti dal vassoio. Gettòun'occhiata alla colazione che avevo preparato,poisiportòdiscattoallemiespalleemicircondòla vita con un braccio, avvicinando quel suofaccionerepulsivoalmiocollo.«Propriocomelefaceva la mamma, piccola. Cosa ne diresti dimetteresucasaconme?Seseicapacedi…comesaifarecucina,seilaragazzadeimieisogni.Cosane dici, bambola? Che te ne sembra diquest'offerta?»Avevo lamanoappoggiatasulbriccodelcaffèequel tipo tra un attimo si sarebbe sentitorovesciare il contenuto bollente sulle spalle.Horror mi lesse negli occhi quell'intenzione. Eallora disse in tono tagliente: «Lasciala stare,Sluggsy. Ti ho detto, dopo.» Le parole gli

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uscironodiboccacomeunafrustataeSluggsymilasciò andare subito.Lo smilzodisse: «Perpoconontitrovaviconibulbidegliocchibolliti.Nonbisognaperderedivistaquesta signora.Smettiladigirarequiintornoesiediti.Èlavoroquesto,pernoi.»La faccia di Sluggsy assunse un'espressionebaldanzosamaancheubbidiente.«Cercadiavereun cuore, amico! Ho voglia di assaggiare unbocconcino di questa ragazza. Ma subito!»Tuttavia prese una sedia e sedette. Mi tiraiindietrosubito.Il grande apparecchio della radio e TV eraappoggiato a un piedestallo, vicino alla portaposteriore. La radio era rimasta aperta e avevacontinuatoasuonareinsordina,senzachemenefossi accorta. Mi avvicinai, spostai qualchemanopola, alzai il volume. I due uominiparlavano a mezza voce tra loro, c'era anchel'acciottoliodipiattiepostate.Adessoomaipiù!Misurai la distanza che mi separava dallamaniglia della porta e poi mi buttai fuori,voltandoversosinistra.

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9AlloraincominciaiadurlareSentii il fischio di una pallottola che sischiacciava contro l'intelaiatura metallica dellaporta, poi tenendo stretto con una mano loscalpello del ghiaccio, per impedire che mi siconficcasse nello stomaco, cominciai a correresul pratobagnato.Fortunatamente la pioggia eracessata,mal'erbaerafradiciaescivolosasottolesuolepiattedeimieisandali:miaccorsichenonero abbastanza veloce. Sentii la porta che sispalancavadietrodimeelavocediSluggsychegridava: «Fermati o sei morta!» Continuai acorrere a zig-zag, ma ben presto le pallottolecominciarono ad arrivarmi sempre più vicinoschiacciandosi tra l'erba. Era evidente cheSluggsy stava aggiustando la sua mira. Ancoradieci metri e sarei stata all'angolo della fila dicasette.fuoridallaluce.Micurvai,continuandoacorrere sentendomi accapponare la pelle. Unafinestra dell'ultima villetta fu colpita ed il vetrocadde in frantumi, ma riuscii a «doppiare»

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l'angolo.Mentremibuttavotrairamideglialberigocciolanti, sentii un'automobile che venivamessainmoto.Perchè?Era terribile la corsa in quelle condizioni. I pinifradicid'acquaeranomoltofittie i lororamimigraffiavano le braccia che tenevo alzate a riparodella faccia. Era buio e non riuscivo a vederenientedavantiame.Poid'untrattovidiqualcosae cominciai a singhiozzare: avevo capito perchèerastataspostata l'automobile. Isuoifariaccesi,adesso, erano rivolti verso i pini e micostringevano a tenermi lontana dal bordo dellaforesta. Mentre cercavo di scansare il lorosguardopenetrante,sentiichelamacchinavenivaspostata di nuovo e ancora una volta mi trovaidirettamente nella loro traiettoria. Mancava lapossibilità di cambiare direzione continuamenteed ero costretta a passare dovemi consentivanogli alberi, fitti fitti. Quando avrebberoricominciatoasparare?Avevocompiutobenpocastrada, forse una trentina di metri nell'internodella boscaglia. Adesso, ecco, avrebberoricominciato!Ilrespiromiuscivadallelabbrain

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singhiozzi convulsi. I miei abiti avevanocominciatoastrapparsiesentivocheancheimieipiedi erano contusi e graffiati. Capii che non cel'avreifattaancorapermolto.Seavessitrovatounalberodaltroncomoltogrosso,sefossiriuscitaaevitarequelleluciperunattimo,seavessipotutonascondermialriparodiunodiessi…!Maperchènon sparavano? Avanzai inciampando versodestra e qui trovai una piccola zona di ombra:caddiinginocchiotragliaghidipinofradici.Eraun albero come qualsiasi altro, con i rami chearrivavanoaterra,eiovistrisciaisotto,epoimirannicchiai contro il tronco e attesi che il miorespiroaffannososicalmasse.Fuallorachemiaccorsicheunodeiduemistavainseguendo,non silenziosamente, perchènonerapossibile, ma senza incertezze, senza smetteremai, fermandosi solo di quando in quando adascoltare. Adesso l'uomo —chiunque fosse deidue—dovevaessersiaccortochemierofermata,perchè non facevo più alcun rumore. Se sapevaanchesolovagamentecomesifaadinseguireunnemico, avrebbe scoperto ben presto e molto

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facilmenteilpuntodoveiramispezzatielaterracalpestata ritornavano intatti. E allora, sarebbestata solo questione di tempo. Strisciaisilenziosamente intorno al tronco dell'albero,lontano da lui, e fissai le luci dei fari, checontinuavanoailluminareiramilucididipioggiasopralamiatesta.Ilrumoredeipassieilfrusciodeiramispostatisistava avvicinando. La voce di Sluggsy,vicinissima,disse:«Via,vieni fuori, bambina.Opapàtidaràquattrosculaccioni.Ilgiocoèfinito.Èoraditornareacasaconpapà.»L'occhietto di una torcia elettrica cominciò afrugaresottoglialberi,lentamente,fermandosisututti, unoperuno.Sapevachemi trovavo soloapochi metri di distanza da lui. Infatti la luce sifermò e rimase puntata contro il mio albero.Sluggsydisseabassavoce:«Vienibambina!Papàtihatrovato!»Eravero?Rimasiimmobile,respirandoappena.Ealloramiarrivòilromboassordante,lafiammatadi un solo colpo di rivoltella, e la pallottola siinfisse nel tronco dietro lamia testa. «Questo è

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perfartispicciare,bambina.Laprossimavoltatifacciosaltareviaunpiedino.»Oh, ecco perchè mi aveva scoperto. Con vocesgomenta risposi: «Va bene, vengo. Ma nonsparate!» Sgusciai fuori dal mio nascondigliocarponi, pensando istericamente: «Ecco un belmododiavviartiall'esecuzione,Viv!»L'uomoera in piedi, la testa calva circondata daunalonedilucegiallaediombrenere.Avevalarivoltella puntata contro il mio stomaco. Lamosse,per indicarmiquellochedovevo fare.«Eva bene. Cammina davanti a me. E se non tisbrighi,tiinfilouncolponelsedere!»Inciampando,vergognosapertantaignominia,mimossi tra gli alberi, dirigendomi verso i lontaniocchi spalancati dell'automobile. Ero priva disperanze, ormai. Che cosa avevo fatto permeritarmi tutto questo? Perchè Iddio mi avevaprescelto quale vittima di quei due sconosciuti?Miavrebberofattodelmaleepoicertamentemiavrebbero ucciso. E la polizia avrebbe avuto ilcompitodiestrarrelepallottoledalmiocadavere!In quale crimine erano impegnati per rimanere

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tanto indifferenti davanti all'eventualità cherestasse il mio corpo ad accusarli delle atrocitàche avevano compiuto? Qualsiasi fosse il loromisfatto dovevano essere completamente sicuriche non sarebbe rimasta nessuna prova a lorofavore o contro di loro! Perchè io.non ci sareistata più!Mì avrebbero sepolto, omi avrebberobuttatonellagoconunapietraattaccataalcollo!Uscii fuori dal bosco.L'uomo smilzo si affacciòal finestrino dell'automobile e chiamò Sluggsy.«Vabene.Portalaindietro.Nontrattarlamale.Diquellomioccuperòio.»Poiinnestòlaretromarciaelamacchinasimosse.Sluggsymivennevicinoeconlamanoliberamiaccarezzòlascivamente.Dissisoltanto:«No»,nonavevoneanchelaforzadiresistere.Luirisposeavoce bassa: «Sei nei guai, bambina.Horror è untipo vendicativo. Ti farà del male. Adesso tudimmidisìperquestanotte,promettimidiesseregentileconme,eforseriusciròacalmarlo.Cosanedici,bambina?»Raccolsi quel tanto di coraggio che ancora mirimaneva:«Preferiscomorire,piuttostochefarmi

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toccaredavoi.»«E va bene, tesoro. Tu non vuoi dare, ed ioprenderò da me quello che voglio. Hol'impressione che ti sei guadagnata una granbruttanotte,inquestomodo!Mihaicapito?»Midiedeunpizzicottocosìfortechecacciaiunurlo.Sluggsy scoppiò inuna risata, soddisfatto.«Cosìva bene. Canta, bambina. Sarà bene che tucominci a fare un po' di pratica!» Mi spinseattraverso la porta posteriore del motel, poi larichiuseegiròlachiavenellaserratura.Lastanzaaveva l'aspetto di sempre: le lampade eranoaccese, la radio suonava a pieno volumeun'allegra musica da ballo, e tutto luccicava escintillava sotto quelle luci. Pensai quanto erostata felice in quella stanza soltanto qualche oraprima; pensai ai ricordi sui quali mi erosoffermata con il pensiero, distesa in quellapoltrona, ricordi dolci e tristi. Come misembravano microscopici adesso, quei guaiaddirittura infantili! Come sembrava ridicoloparlaredicuorespezzatoedigiovinezzasciupataquandodalbuio,auntratto,nellamiavitaerano

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apparsi quei due uomini! Il cinema diWindsor?Ma non era stato che un breve atto di unacommedia, una farsa. Zurigo? Un paradiso. Lavera giungla del mondo, con i veri mostri e lebelveferoci,apparesoltantomoltoraramentecosìcomeèveramentenellavitadiunuomoodiunaragazza.Maesiste,sempre.Ebastafareunpassofalso, giocare la carta sbagliata ed eccoti presadentro,come inun ingranaggio;eciseiperduta.Perduta in un mondo che non avresti maiimmaginato potesse esistere, contro il quale nonhai né la capacità di lottare né le armi adatte.Etantomenounabussola.L'uomo chiamato Horror era fermo nel mezzodella stanza, immobile, rilassato, con le braccialungo i fianchi. Mi guardò con il suo solitosguardoprivodicuriosità.Poialzòlamanodestraespiegòundito.Imieipiedifreddiecontusimiportarono macchinalmente verso di lui. Quandomi trovai solo a pochi passi di distanza, usciiall'improvviso da quella specie di ipnotismo incui sembravo caduta. Ricordai qualcosa e portaiistintivamenteunamanoallacinturadeipantaloni

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per afferrare lo scalpello da ghiaccio, semprenascosto sotto il grembiule. Era difficileraggiungerlo, però, ed ancora di più afferrarlosaldamente. Mi fermai davanti a lui. Semprefissandomi negli occhi, l'uomo alzò la manodestra—conlastessarapiditàdiunserpentechesirizzapercolpire—emischiaffeggiòsututteedue le guance. Le lagrime cominciarono asgorgarmidagliocchi,manonpersilatestaemiabbassai per schivare un altro colpo.Contemporaneamente, infilai la mano neipantaloni e, rialzandomi,mi gettai contro di lui,cercandodicolpirloconviolenzaallatestaconloscalpelloper ilghiaccio.L'arma losfiorò,ma locolpìsoltantodistriscio;poimisentiiafferrarelebraccia da qualcuno che era dietro ame e vennistaccatabruscamentedall'uomosmilzo.Il sangue sgorgava da un taglio alla tempia, suquellafacciagrigia.Mentrelofissavo,vitracciòunarigarossafinoalmento.Ilvoltodellosmilzorimaseprivodi espressione.Nonparvemostrarealcundolore,masoltantol'intensitàterrificantediun'idea, e nelle sue pupille nere si accese una

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scintillarossastra.L'uomomisiavvicinò.Lamiamanosiaprìeloscalpelloperilghiacciocaddeaterra con un rumore metallico. Fu un'azione diriflesso: labambinache lasciacadere l'arma.Miarrendo!Rinuncio!Pace!Poi, lentamente, quasi sfiorandomi l'uomocominciòapicchiarmiconlamanooraapertaoraa pugno, scegliendo i suoi bersagli con crudeltàraffinata, non priva di erotismo. In principiomicontorsi,mi chinai, scalciai,ma poi incominciaiad urlare mentre la faccia grigia con la riga disangueequeiduebuchinerialpostodegliocchimi veniva sempre più vicina e le mani sialzavano,sialzavanoacolpire.Rinvenni sotto la doccia della mia camera. Erodistesa, completamente nuda, sulle piastrelle,mentre i resti sudici e laceri deimiei bei vestitierano ammucchiati sul pavimento vicino a me.Sluggsy,chestavamasticandounostuzzicadenti,era appoggiato al muro e teneva aperto ilrubinettodell'acquafredda.Isuoiocchieranoduefessurescintillanti.Chiuse l'acquae ioriuscii—non si sa come — a inginocchiarmi. Capii che

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stavopersentirmimalemanonmeneimportava.Ero un animale addomesticato, gemebondo,prontoamorire.Vomitai.Sluggsy si mise a ridere. Poi si chinò adaccarezzarmi. «Avanti, bambina. Prima cosa,dopo una battuta, vomitare. Poi pulisciti bene,mettiti addosso qualcosa di carino e torna di là.Quelleuovanonsipossonopiùmangiareadesso,dopochehaicercatodiscappareinquelmodo!Enonfarealtrischerzi!Masonoconvintochenonne hai più la forza. Sorveglierò la tua cameradalla porta posteriore del salone. E adesso nonpreoccuparti, bambina. Non sanguini neanche. Eprobabilmente non hai neppure un'ammaccatura.Horror ha il tocco delicato con le signore. Seifortunata. È un tipo in gamba. Se fosse statoveramente furioso, adesso saremmo là a scavartiuna fossa. Ti ripeto, puoi considerarti fortunata,bambina.Civediamo.»Sentiilaportachesirichiudevarumorosamenteemiabbandonaiallasofferenza.Mi ci volle una buona mezz'ora per riuscire ariprendermi, e più di una volta fui tentata di

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gettarmi sul letto in preda alla disperazione e diaspettare così che quei due bruti venissero auccidermi a colpi di pistola. Ma la volontà divivere ritornò in me con i soliti movimentiabituali: pettinarmi, riassettarmi, costringendo ilmiocorpodolorante,sofferenteeancoradebolealricordodellapenalaceranteprovataprima,afarequello che volevo. Lentamente nel cervellocominciòa farsi strada l'ideache forse ilpeggioera davvero passato. Altrimenti, perchè eroancoraviva?Perunaragionechenonconoscevo,quegli uomini avevano bisogno che io fossi lì enon avevano alcun interesse a liberarsi di me.Sluggsyeratantoabileconlapistolacheavrebbepotuto uccidermi con facilità più di una volta,quando avevo tentato di scappare. Le suepallottole mi erano arrivate vicino, è vero: manon l'aveva fatto soltanto per spaventarmi, perfarmifermare?Infilai la tuta bianca. Era un abbigliamentoabbastanzaimpersonale.Mimisiancheunpo'didenarointasca,nelcasopotesseservirmi.Mainqualecaso?Nonavreipiùavutoalcunapossibilità

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difuga.Poi,sentendomideboleefragilecomeungattino appena nato, mi trascinai nel salonecentraledell'albergo.Erano le undici di sera. La pioggia ormai eracessataeunalunanoncompletamentepienasieralevatatralenuvole,chesimuovevanorapidenelcielo, e illuminavadiquando inquando ilboscocon la sua pallida luce. Sluggsy, fermo sullaporta, era incorniciato di luce gialla. Stavasempre masticando lo stuzzicadenti. Quando miavvicinai, si spostò per farmi passare. «Ecco lamia bambina. Rimessa completamente a nuovo.Forse ancora un po' dolorante qua e là. Dovraidormire supina, vero? Ma non è proprio quellochecivuolepernoi,amore?»Poichè non gli rispondevo, allungò un braccio emi fermò. «Ehi, ehi, dove sono le tue buonemaniere, bambina? Vuoi forse un trattamentocome quello di prima anche sull'altro lato?Possiamo organizzarlo subito.» E mi fece ungestominacciosoconlamanolibera.«Midispiace.Nonintendevodireniente.»«Vabene,vabene.»Emilasciòandare.«Adesso

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torna là dentro e datti da fare con padelle epentole. E non farmi arrabbiare. E non farearrabbiareHorror.Guardachecosaglihaifattosuquelbelfaccino!»L'uomo smilzo se ne stava seduto al tavolo diprima. Davanti a lui era aperta la cassetta delpronto soccorso, che tenevamo di solito sotto ilbanco della réception. Si era fissato una largastriscia di cerotto sulla tempia destra.Gli gettaiunarapidaocchiataterrorizzataeritornaidietroilbanco del ristorante. Sluggsy gli si avvicinò; glisedette vicino e poi cominciarono a parlaresottovoce, gettandomi un'occhiata di quando inquando.Preparare leuovae ilcaffèmifecevenirefame.Non riuscivo a capire come fosse possibile. Daquandoidueuominieranoentrati,erorimastainun tale stato di tensione e di spavento che noncredevo che sarei riuscita a sorbire neppure uncaffè.Naturalmente,avevovomitatoedavevo lostomaco vuoto, e tuttavia — per quanto questasensazionefossevergognosaemiincuriosisse—la «battuta» che avevo preso mi aveva

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misteriosamente calmato. Il dolore, tanto piùviolentodella tensione sopportatanell'aspettarlo,mi aveva placato i nervi e sentivo il mio corpostranamente rilassato e tranquillo.Naturalmente,ero ancora terrorizzata e spaventata, ma in unmodopiùrassegnatoefatalistico.Altempostessoil mio corpo gridava per la fame, volevaricuperareleforze,volevavivere.Così preparai uova strapazzate, caffè e panetostato caldo ed imburrato anche per me, e —dopoaverportato il loropastoaidueuomini—sedetti lontano dai loro occhi, dietro il banco emangiai. Alla fine, sentendomi quasicompletamentecalma,accesiunasigaretta.Nellostesso momento in cui compii quel gesto, capiiche avevo fatto una cosa sciocca. Avevorichiamato la loro attenzione su di me. Peggioancora, con quel semplicissimo gesto, avevodimostrato di aver ripreso padronanza di me, eche era venuto il momento in cui potevanoricominciarea tormentarmi.Mailcibo,e ilsolofatto di averlo mangiato, di aver messo sale epepe sulle uova, e zucchero nel caffè, era stato

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quasistimolante,esilarante.Facevapartedelmiomodo di vivere precedente, quello di mille anniprima, quando i due uomini non erano ancoraentratinellamiavita.Ogniboccone—leuova,ilpezzo di pancetta, il morso di pane tostato eimburrato—eraunacosasquisita.cheoccupavacompletamente imiei sensi.Adesso capivo cosavolevadire,inprigione,procurarsiunpo'dirobada mangiare di contrabbando; essere unprigionierodiguerraericevereunpaccodacasa,o trovare l'acqua nel deserto o ricevere unabevandacalda,dopoesserestatisalvatiquandosistavaperannegare!Il semplice fatto di vivere, quanto era prezioso!Se fossi riuscita a cavarmela, questa volta, nonl'avreimaipiùdimenticato.Sarei statagrataperognirespirochepotevotirare,perognipastochepotevomangiare,perogninottepassataalfrescocontatto con le lenzuola, per la pace di un lettosituato al di là di una porta chiusa a chiave.Perchè non me ne ero mai resa conto prima?Perchè imiei genitori, lamia religione perduta,non me lo avevano mai insegnato? Comunque,

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adesso lo sapevo. E lo avevo scoperto da sola.L'amore alla vita nasce proprio dallaconsapevolezzadellamorte,daltimorechequestaincute.Nienterendedavverogratiperlavitacheci è concessa,quanto il sentire sopradinoi l'alaoscuradelpericolo.Questipensieri febbrili si accavallavanonelmiocervello,prodottidall'esaltazionedatadal ciboedalla gioia di poter mangiare sola dietro labarricata costituita dal banco del ristorante. Perqualcheattimomiparvediesseretornataallavitadiuntempo.Così,senzapensarci,equasiperchèquel momento non mi sfuggisse ma siprolungasse,accesilasigaretta.Ilmormoriodellelorovocicessòunattimodopo.AIdisopradellamusicadelle«Canzonidelboscoviennese»chemiarrivavainsordinadallaradio,sentii il fruscio di una sedia smossa.Allora mitrovai in preda al panico. Spensi la sigaretta nelfondodel caffè,mi alzai e cominciai ad aprire irubinetti, piena di zelo, e ad ammucchiarerumorosamente i piatti nel lavello di zinco.Nonalzai gli occhi,ma vidi ugualmente Sluggsy che

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mi si avvicinava attraverso la stanza. Venne albancoevisiappoggiò.Loguardai,comesefossisorpresa dalla sua apparizione. Stava ancoramasticando il solito stuzzicadenti, e lo spostavadaunlatoall'altrodellaboccaovaledallelabbracarnose.Tenevainmanounascatoladifazzolettidi carta, che appoggiò al banco.Ne estrasse unamanciata,cisisoffiòilnasoelalasciòcaderesulpavimento.Poi disse convoce amabile: «Mi haifatto prendere il raffreddore, bambina.Con tuttoquelrincorrertinelbosco.Questamiamalattia—questaalopeciachemidistruggetuttiicapelli—sai cosa fa? Impedisce anche ai peli del naso dicrescere. E così il naso gocciola continuamente,quando ho il raffreddore. E questo, bambina,significaunascatoladiKleenexogniventiquattroore. O anche di più, forse. Ci hai mai pensato?Hai mai pensato alla gente che non ha peli nelnaso?Eccì».Gli occhi, privi di ciglia, gli si incupirono,all'improvviso. «Voi ragazze siete tutte uguali.Pensatesoloavoistesse.Ealdiavololagentechehadeiguai!Vipiaccionosoltantoibuontemponi,

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chehannovogliadidivertirsi!»Risposi in tono pacato, sommessamente per nonsuperare la musica che continuava ad arrivarmidallaradio:«Midispiaceperivostrimalanni.Maperchèavoinon fannopena imiei?»Parlavo infretta, con energia. Perchè siete venuti qui emiavetepicchiato?Checosavihofatto?Perchènonmi lasciate andare?Se lo farete vi prometto chenon dirò niente a nessuno. Ho anche un po' didenaro. Ve ne posso cedere. Diciamo duecentodollari. Non posso proprio darvene di più.Devoandare in Florida con quello che mi resta. Perfavore,nonvoletelasciarmiandare?»Sluggsy scoppiò inuna risata.Sivoltòechiamòl'uomo smilzo: «Ehi, tira fuori il fazzoletto,Horror.Questa qui dice che ci darebbe duecentodollari,selalasciamoandare.»L'uomosmilzosistrinse lievemente nelle spalle, ma non fececommenti.Sluggsysivoltòdinuovoversodime.Aveva gli occhi spietati, cattivi. «Fatti furba,piccola,» disse, «c'entri anche tu in questacommedia, e ti hanno dato la parte principale.Dovresti essere contenta di interessare due

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persone importanti come noi, e un pezzo grossocomeMr.Sanguinetti.»«Ma di che commedia state parlando? Perchèvoletechec'entrianch'io?»Sluggsy rispose in tono indifferente: «Lo sapraidomattina. Nel frattempo, che ne diresti dichiudere il becco? Mi stanca le orecchie tuttoquesto chiacchierare. Voglio fare qualcosa.Stanno suonando una bella musichetta, epotremmoballarlainsieme,eh?Su,diamounpo'dispettacoloalnostroHorror.Poiceneandiamoananna insieme.Su, vieni, piccina.»Mi allungòle braccia, facendo schioccare le dita in cadenzaconlamusica,etentandoqualcherapidopassodidanza.«Midispiace.Sonostanca.»Sluggsy passò dietro al banco. «Hai una bellafaccia tosta a raccontarmi frottole di questogenere,»mi disse furioso, «puttanella da quattrosoldi! Ti farò fare io qualcosa che ti faràstancare!»E d'un tratto gli apparve in mano un piccolomanganellooscenodicuoionero.Lopicchiòcon

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forzasulpianodelbanco,lasciandovibenvisibileun'incavatura. Poi cominciò ad avanzare a passifurtivi dietro il banco, canticchiando tra sé,fissandominegliocchi.Miritirainell'angolopiùlontano.Quellosarebbestato il mio ultimo gesto. In qualche modo,dovevo ferirlo, prima di soccombere.A tentoni,allungaiunamanonelcassettodelleposateemichinai di scatto, lanciandomi in avanti, in ununicomovimento. Il suogestodidifesa istintivofuditirarsiindietro,manonfuabbastanzaprontoed una cascata argentea di coltelli e forchette loraggiunse,roteandogliintornoallatesta.Siportòuna mano alla faccia, e battè in ritirataimprecando.Gliene lanciaialtre,edaltreancora,ma nessuna delle posate riuscì a raggiungerlo etutte caddero tintinnando sul pavimento,sfiorandoglilatestacalvasenzafarglialcunmale.Adessosieraavvicinatoanchelosmilzo.AfferraiiltrincianteemiscagliaiancoraunavoltacontroSluggsy, ma questo mi vide arrivare e si riparòdietrouna tavola.Senza fretta,Horror si tolse lagiacca e se la avvolse intorno al braccio destro,

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poi tuttieduepreserounasediae tenendolaconlegambeinavanti,comelecornadiunanimale,mi caricarono su due lati. Cercai di colpire, masenzasuccesso,unbraccioepoiqualcunomifecesaltaredimano il coltello enonmi rimasealtrodafarecheripararmidietroilbanco.Senzaabbandonarelasedia,Sluggsymiinseguìe,mentre lo affrontavo tenendo un piatto in ognimano, l'uomo smilzo si allungò con una rapidamossa attraverso il banco e mi afferrò per icapelli.Scagliai ipiatticontrodi loro,manonlicolpii e si ruppero sul pavimento. Poi dovettipiegare forzatamente la testa contro il piano delbancoeSluggsymifuaddosso.«Vabene,Horror.Lasciala stare.Adesso toccaame.»Sentiichemicircondavaconlebracciapossenti,schiacciandomi, e che il suo viso si protendevacontroilmio,chemibaciavabrutalmenteechelasuamanosi eraallungataverso lacernieradellalampodellamiatuta,completamentechiusaechemelastavaaprendofinoalpetto.Poimiarrivòalleorecchielosquilloimprovviso

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del campanello della porta, e ognuno di noi siirrigidì,restandoimmobile.

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Parteterza:lui

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10«Cosac'è?»«Cristo,cosac'è?»Sluggsysierastaccatodame,e aveva una mano già infilata nella tasca dellagiaccadicuoio.Horrorfuilprimoariprenderelacalma.Conunasmorfia,ordinò:«Mettitidietrolaporta,Sluggsy.Aspettaaspararefinchènonte lodicoio.Etu,»si rivolse a me, parlando in tono collerico,«riaggiustati un poco.Devi salvare le apparenzeanche per noi. Se non ci riesci, sei morta. Haicapito? Ti spariamo. E adesso va' alla porta ecercadi scoprire chi è.Racconta anchea loro lastessa storia che hai raccontato a noi. Mi haicapito? E togliti quella espressione cretina dallafaccia. Nessuno ti farà del male, se ti comporticome si deve. E tira su quella cerniera lampo,perbacco!»Eraquellochestavocercandodifare,innervosita. Ma si era inceppata. «E va bene,chiuditi la tuta davanti in qualche modo, emuoviti.Enondimenticartelo:una solaparolaeti sparo nella schiena. E anche quel tizio che

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arriva adesso si beccherà una pallottola insiemeconte.Eora,via.»Il cuore mi batteva furiosamente. In qualchemodo, qualsiasi cosa dovesse succedere, avreicercatodisalvarmi!Bussarono, rumorosamente, alla porta. Miavvicinai a passi lenti, tenendo chiusa con lamano la parte superiore della tuta. Sapevo qualeralaprimacosadafare!Quandofuivicinoallaporta,Sluggsysiallungòela aprì. Adesso tutto dipendeva dalla velocitàdelle mie mani. Con la sinistra afferrai lamaniglia e, mentre la giravo, con la destraabbandonaiilembidellatutachetenevochiusi,emiprecipitaiatirarelacatena.Qualcunoimprecòavocebassadietrodimeesentiilacannadiunapistolapuntatacontrolaschiena,maormaiavevospalancato la porta, schiacciando Sluggsy controilmuro,dietroadessa.Eraunbelrischio,quellocheavevocorso,perchènonsapevosesarebberostatidispostiasparareanchesesifossetrattatodiun agente di polizia o di una pattuglia dellastradale. Comunque, non avevano sparato. E

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adesso, tutto dipendeva dall'uomo, solo, fermosullasoglia.Alla primaocchiata, gemetti dentro dime: «Oh,Dio, un altro!» Infatti se ne stava lì, fermo,tranquillo, e aveva la stessa aria impenetrabile epericolosa che avevo letto sul viso degli altri. Eindossavaanchequelgeneredi«uniforme»cheifilmcihannoinsegnatoamettereinrelazioneconibanditi, impermeabileblu scuro, allacciato allavita con la cintura, e un cappello nero, floscio,ben calcato sulla fronte. Era anche bello, in unmodounpo'tenebrosoeunpo'crudele,edavevaunacicatricepiùchiarasullaguanciasinistra. Infretta, portai una mano al petto, tentando dinascondere la mia nudità. E allora l'uomo misorrise e capii, d'un tratto, che tutto sarebbeandatobene.Quando parlò, il mio cuore fece un balzo. Erainglese! «Mi dispiace,» disse, «ho una gommabucata. Ho visto l'insegna. C'è posto, dunque.Posso avere una camera per questa notte?»Adesso mi stava guardando con curiosità;evidentemente si era accorto che c'era qualcosa

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chenonandava.Ma poteva essere pericoloso. Avrebbe potutofarci ammazzare tutti e due. «Mi dispiace,»risposi, «il motel è chiuso. L'insegna è stataaccesaper sbaglio.»Cosìdicendo,gli feci segnoconl'indicedellamanoconcuimitenevochiusala tuta sul petto, invitandolo ad entrare. Sul suoviso si disegnò un'espressione imbarazzata. Fuicostretta a dargli la battuta. «È tanto grave chenonpoteteraggiungereLakeGeorge?»Oh, non è possibile. Ho già fatto più di unchilometrosulcerchione.Ormaiilcopertonesaràinpezzi.»Feci un gesto impercettibile con la testa, aindicare qualcosa dietro di me, invitandolo dinuovo a entrare. «BÈ, qui ci sono gli impiegatidella Compagnia di assicurazione, mandati dalproprietario. Lo chiederò a loro. Aspettate.» Dinuovogli feci quel gesto,mi ritirai di due passiverso l'interno, voltandomi, ma tenendomisemprevicinaallaportaperimpedirechel'unool'altrodeidue lachiudesseall'improvviso.Masierano ritirati indietro,con lemani in tasca,emi

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stavano guardando con due espressioni diversema ugualmente spaventevoli. L'uomo conl'impermeabile aveva capito ilmio cenno ed eraentrato anche lui.Quandovide i duebanditi, sulsuovisopassòun fremito,ma lasuavoceavevaun tono abbastanza tranquillo, quando disse:«Immagino che abbiate sentito la nostraconversazione.Avete qualche obiezione da fare?Vorreipassarelanottequi.»«Cristo!» esclamò Sluggsy sprezzante, «uninglese!Madovesiamo,all'ONU?»L'uomo smilzo disse: «È inutile amico. Avetesentitoquellochehadetto la ragazza. Ilmotelèchiuso.Vipossiamodareunamanopercambiarelagomma,cosìpotreteripartire.»L'inglese rispose in tono noncurante: «È moltotardi per questo. Sono diretto a sud e non credochetroveròunaltropostodovedormire,suquestastrada,finoaGlensFalls.Preferireirestarequi.Infondo, c'è un'insegna illuminata che dice:STANZELIBERE.»«Avete sentito quello che ho detto, signore.» LavocediHorroradessoeradiventatatagliente.Poi

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si rivolse a Sluggsy. «Su, andiamo. Diamo unamano a quest'uomo per riparare la gomma.»Mal'inglese, che il cielo lobenedica,noncedettediunpalmodallapropriaposizione.«SidàilcasocheioabbiadegliamiciadAlbany,amici molto importanti. Non vorrete perdere lalicenzad'esercizio,vero?L'insegnadiceSTANZELIBERE, e il locale è illuminato. Io sono stancoed esigo di avere una camera.» Poi si rivolse ame.«Vidisturberebbemolto?»«Oh, no, no!» fu la mia risposta spontanea,entusiasta. «Per nulla. Mi ci vorranno soltantopochi minuti per preparare una stanza. E sonosicuracheMr.Sanguinettinonhanessunavogliadi perdere la licenza, vero?» E mi voltai,spalancando un paio di occhi innocenti, verso iduegangster.Tuttieduesembravanosulpuntoditirarefuorilapistola,malosmilzosiritiròinunangolo, Sluggsy Io seguì e rimasero a parlaresottovocetraloro.Neapprofittaiperrivolgereuncenno angosciato e ansioso all'inglese, che mirisposeconunodeisuoirassicurantisorrisi.Losmilzosivoltòedisse:«Evabene,inglese.Ti

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daremo la stanza.Manon ripetere ancora quellastorielladegliamiciimportantiadAlbany.AncheMr. Sanguinetti ha i suoi amici, in quella città.Forse siete riuscito ad ottenere qualcosa — unpiccolovantaggio,diciamo—conquellafaccendadell'insegna, ma non approfittatene. Siamoincaricati di sorvegliare questo albergo, noi, equellochediciamoèlegge.Capito?»«Vabenissimo.Egrazie.Vadoaprenderelamiavaligia.» Si avviò all'uscita. Dissi in fretta:«Vengo a darvi una mano.» Mi avviai,precedendolo, cercando di chiudere la cernieralampo della tuta, vergognandomi un pocodell'aspetto che dovevo aver avuto quando eraarrivato. Fortunatamente la cerniera cedetteall'improvviso,epoteichiuderlafinoallagola.L'uomomiseguìdappresso.Infretta,cercandodinonmuovere le labbra, gli dissi (ero sicura chealmenounodeiduebanditisieraspintofinsullasogliaper sorvegliarci):«Grazie!egrazieaDio,che siete venuto! Stavano per assassinarmi. Mastate attento, per amor del cielo! Sono gangster.Nonsocosavogliano.Macertoqualcosadilosco.

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Mi hanno sparato addosso, quando ho tentato discappare.»Arrivammo davanti alla macchina. Era unaThunderbirdadueposti,grigioscuroconil tettocolor avorio, unamacchinamolto bella. L'uomomiinformòconpocheparolediaverlanoleggiata.Disse: «Venite dall'altra parte. Fate finta diammirarelamacchina.»Sichinò,aprìlaportieraefrugònell'interno.Poidisse:«Sonoarmati?»«Sì.»«Quanterivoltellehanno,ognuno?»«Non so. Quello piccolo ha una mira perfetta.Riesce a sparare a una distanza di sette o ottometri.Nonsonientediquell'altro.»Tirò fuori dalla macchina una valigetta nera, ladepose per terra, ne fece scattare le cerniere.Estrasse qualcosa che era nascosto fra i suoiindumenti e si fece scivolare l'oggetto, che nonero riuscita avedere, in tasca.Poi spostò ancoraqualcosa lungo uno dei lati della valigetta e tiròfuori alcuni piccoli oggetti neri, che presi percaricatori. Mise in tasca anche quelli. Infinerichiuse la valigetta e disse: «Meglio avere una

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certa abbondanza di artiglieria», e sbattè con uncolpo volutamente forte la portiera. Poi siraddrizzò. Infine ci spostammo verso la parteposteriore della macchina per dare un'occhiataalla gomma bucata. L'uomo disse: «E iltelefono?»Hannostaccatolalinea.»Datemilacasettavicinoallavostra.»«Naturalmente!»«E va bene. Andiamo. Tenetevi vicino a me,qualsiasicosadicanoofacciano.»«Sì,egrazie.»L'uomo mi guardò e sorrise: «BÈ, aspettate diesserevenutafuoridaquestoimbroglio.»Ritornammo insieme verso l'albergo. Sluggsy,cheerarimastosullaporta, rientròdopodinoierichiuse a chiave. Poi, come se ci avesseripensato, allungò una mano e spense l'insegnaluminosa. «Ecco la vostra chiave, amico,»disse,gettandoneunasullatavola.Lapresieguardaiilnumero.«Quaranta»,l'ultimacasetta sulla sinistra. Allora esclamai in tonodeciso: «Il signore avrà il numero 10, quella

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vicina alla mia», e mi avviai al banco dellaréception, dimenticandomi che Sluggsy avevatuttelealtrechiavi.Maquestimiavevaseguito.Mirivolseunsorrisobeffardo. «È inutile, bambola. Non sappiamonientediquest'uomo.Così,saremoHorrore ioadormire nelle casette vicine alla tua. Proprioperchè nessuno ti disturbi. Le altre chiavi sonogià state messe via, pronte per domani.» Poiall'inglese:«Ehi,comevichiamate?»«Bond.JamesBond.»«Èunnomebuffo.Inglese?»«Sì. Dov'è il registro? Ve lo scriveròcorrettamente.»«Tipoingamba,eh?Dichecosavioccupate?»«Polizia.»Sluggsy rimase a bocca aperta. Poi si passò lalinguasullelabbra,sivoltòechiamòHorror,cheera tornato a sedersi al suo solito tavolo. «Ehi,Horror. Pensa un po'! Questo personaggio è unpiedipiattiinglese.Checosanedici?Unodeiloroficcanaso!»Horrorfecesegnodisìconlatesta.«Mipuzzava

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chefossequalcosadelgenere.Echisenefrega?Nonabbiamofattonientedimale.»«Già,» rispose Sluggsy, che aveva subito capitol'antifona, «anche questo è vero.» Poi, a Bond:«Adesso non badate al mucchio di stupidagginiche vi potrebbe raccontare questa sgualdrina.Siamo delle assicurazioni, noi, sapete. Incaricatidi occuparci della stima delle proprietà.Lavoriamo per Mr. Sanguinetti. È un pezzogrossodiTroy. Ilproprietariodelmotel.Ecco, igerentisisono lamentatidiqualcheammancodidenaroliquido.Eanchedialtrecose.Così,siamovenuti a vedere— per così dire— e facciamoqualchedomandaaquestaputtanella,edeccocheleiinfilaloscalpellodelghiaccionellazuccadelmio amico. Del resto, potete vederlo anche davoi.»EfeceungestoindirezionediHorror.«Eh,cosa ve ne sembra? E quando voi siete arrivato,noi stavamo soltanto cercando di farla starecalma.» Poi si voltò verso il compare. «Non ècosì,Horror?»«Precisamente.Eccocomesonoandatelecose.»Intervenni irritata. «Non state raccontando altro

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cheunmucchiodistoriee losapetebenissimo.»Mi diressi verso la porta posteriore e indicail'intelaiatura deformata della porta e il segnodella pallottola. «E questa, come ha fatto adarrivarefinqui?»Sluggsy scoppiò in una risata soddisfatta:«Frugami, pure, ragazza.» Poi rivolgendosi aHorror:«Haivistovolarequalchepallottola,tu?»«No, non ne ho viste.» La voce di Horrorsembrava annoiata. Con un gesto languido dellamano, indicò il pavimento intorno al banco delristorante. «Piuttosto, ho visto la donna chegettava un bel po' di ferramenta contro il mioamico.» I suoi occhi si spostarono lentamenteverso dime: «Non è così, ragazza? E laggiù c'èanche un grosso trinciante. Sarebbe capace diprenotarvi per un altro attacco, domani mattina,sapete?»«Questo lo dite voi!» risposi io, incollerita. «Ebadate piuttosto di non finire in qualche guaio!Sapete benissimo che stavo soltanto cercando didifendermi.Eperquelcheriguardaildenaro,èlaprima volta che ne sento parlare. E sapete

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benissimocheanchequestaèlaverità!»L'inglese intervenne pacato. «BÈ, ho propriol'impressione di essere arrivato al momentoopportuno per mettere pace tra voi. E adessodov'èquestoregistro,dafirmare?»Sluggsy rispose, asciutto: «Il registro ce l'ha ilpadrone. Ed è inutile segnarci il nome. Nonpagherete niente. Il motel è chiuso. Così sareteospitato senza spendere un centesimo: offre lacasa.»«Bene, grazie. Èmolto gentile da parte vostra.»JamesBondsirivolseame.«Nessunapossibilitàdi avere un po' di uova con prosciutto e caffè?Tutte queste chiacchiere mi hanno fatto venirefame. Posso cucinare da solo quello che miserve.»«Oh, no.» Mi avviai al banco, quasi correndo.«Sonolietissimadifarloio.»«Molte grazie.» Voltò le spalle a Sluggsy elentamentesiavvicinòalbanco,andòasedersisuuno sgabello ed appoggiò la valigetta a quellovicino.Con lacodadell'occhionotaicheSluggsygirava

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sui tacchi e si avvicinava rapidamente all'uomomagro, mettendosi a parlare con lui in tonoeccitato.JamesBondgettòaidueuna lungaocchiata,poiscese dallo sgabello, si tolse l'impermeabile, loappoggiò sulla valigetta e riprese il posto diprima. Si mise ad osservare in silenzio i dueuomini nel lungo specchio che decorava loscaffaledietroalbanco,dietroame,mentreiomidavo da fare con gli utensili da cucina e gligettavodiquandoinquandounarapidaocchiata.Eraaltoalmenounmetroeottanta,erasnelloedibell'aspetto.Isuoiocchi,sulvisosottileemagro,lievemente abbronzato, eranodi un color grigio-azzurro molto chiaro, e prendevanoun'espressione gelida e intenta ogni volta che sisoffermavano sui due uomini. Il fatto chesocchiudeva gli occhi di tanto in tanto,trasformandoli in due fessure, e che il lorosguardofossecosìvivaceeattento,davanoalsuoaspetto un'espressione pericolosa, inquietante equasicrudele,chemiavevaspaventato,quandoloavevo visto la prima volta. Ma adesso che

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conoscevo anche il suo sorriso, giudicai il suoviso attraente, conturbante, in unmodo che nonavevo mai sperimentato con nessun altro uomonella mia vita. Indossava una camicia di setabiancamorbida, e una sottile cravatta dimaglianera che penzolava sulla camicia senza esseretrattenuta dal fermacravatta, e l'abito ad un solopettoeradiunastoffablu,alquanto leggera,cheavrebbe potuto essere alpaca. Le suemani forti,belle, riposavano sulle braccia incrociate sulbanco. A un certo punto si frugò nella tascalaterale dei pantaloni e ne tirò fuori un grossoportasigaretted'acciaio.Loaprì.«Ne volete una? Senior Service. Immagino ched'ora in avanti saranno Chesterfield.» E la suabocca, nel sorriso, si piegò lievemente verso ilbasso.«No, grazie. Non adesso. Quando avrò finito dicucinare.»«Aproposito,comevichiamate?Sietecanadese,vero?»«Sì, diQuebec.Ma ho passato gli ultimi cinqueanni in Inghilterra.Mi chiamoVivienneMichel.

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Viv,pergliamici.»«Ma in nome del cielo, come avete fatto aficcarvi in questa brutta situazione? Quei duesono i più pericolosi delinquenti che mi siacapitatodiincontrareinquestiultimitempi!Troyè una brutta città, una specie di sobborgo diAlbany, abitato da gente equivoca. Lo smilzodeveessereappenauscitodaun lungosoggiornoin prigione, e se non è vero, mi mangio il miocappello!L'altro ha l'aspetto di unodei peggioritipi di paranoici che ci sono in circolazione.Macomeavetefatto?»Glielo raccontai, interrompendomi di tanto intantopercucinare,edeliminandotuttoquellochenonerastrettamentepertinenteall'argomento.Miascoltò tranquillamente, senza fare commenti.Dalla radio arrivava ancora lamusica,ma i duebanditi,adesso,tacevanosenzaperdercid'occhio,tantochepreferiiabbassarelavoce.Quandoebbiterminato, dissi: «Ma è vero che siete unpoliziotto?»«BÈ,nonesattamente.Mamioccupodiaffaridelgenere.»

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«Voletedirechesieteuninvestigatore?»«Ecco,qualcosadisimile.»«L'avevoimmaginato!»Simisearidere:«Ecome?»«Non lo so.Ma avete un aspetto—comepossodire—pericoloso.Epoi, eraunapistola, con lemunizioni, quella che avete tirato fuori dallavaligetta. E voi…» ero imbarazzata, ma avevobisogno di saperlo, «siete forse un funzionario,chehaachefareconilGoverno?»Sorrise, rassicurante. «Oh, sì.Nonpreoccupateviperquesto.EmiconosconoancheaWashington.Se riusciamo a uscire sani e salvi da questasituazione,giurochenonvogliochemisfuggano,quei due!» I suoi occhi eranodiventati di nuovogelidi.«Mifaròpremuradiottenerechepaghinoperquellochevihannofatto.»«Micredete,dunque!»«Naturalmente! Credo a tutto quello che avetedetto. Ma non riesco a spiegarmi ancora qualisiano le intenzionidiqueidue.Dacomesi sonocomportati, sidirebbecheabbiano lacertezzadicavarsela,inunmodoonell'altro.Eancheadesso

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non sembrano per nulla preoccupati dall'idea diavermi qui, sulla scena. E questo nonmi piace.Hannobevutoqualcosa?Fumano?»«No.Nèl'unonél'altro.»«Neanche questo mi piace. Sono solo iprofessionisti,traideliquenti,chesicomportanocosì.»Avevofinitodiprepararglilacena,cheglideposidavanti sul banco. Mangiò come se avesserealmenteappetito.Glichiesiseandavabene.Mirispose che tutto era ottimo, e che il cibo loriscaldava veramente. Che fortuna, fantastica,incredibile,permequell'uomo,quell'unicouomobalzato fuori dal nulla in maniera cosìsorprendente!Provavoquasiunaspeciediumiltàdavanti a tanta fortuna! Era un tale miracolo!Giuraiamestessadidirelepreghierequellasera,per la prima volta dopo tanti anni. Indugiai aservirlo, come una schiava, offrendogli ancoradell'altrocaffè,unpo'dimarmellata,quelpocodipane tostato che ancora era rimasto. Alla fineBondmi rivolseun sorriso affettuoso: «Mi stateviziando. Ecco, mi dispiace. Me ne ero

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dimenticato. È il momento di fumare unasigaretta anche per voi. Ve ne siete guadagnatauna scatola intera.» L'accese con un Ronson,d'acciaio come il portasigarette. La mia manosfiorò la sua, e sentii un lieve fremitoattraversarmi il corpo. Scoprii a un tratto chestavo tremando. In fretta, raccolsi i piatti ecominciaialavarli.«Nonmisonoguadagnataunbel niente,» dissi. «È una cosa talmentemeravigliosa che voi siate qui. Un veromiracolo.»Parlavoconvocesoffocata,perchèmisentivo salire le lagrime agli occhi.Mi passai ildorso della mano sulle palpebre. Dovetteaccorgersene, ma fece finta di non avere vistoniente.Siintromiseneimieipensieri,dicendointonopiùallegro: «Sì, è stato un vero colpo di fortuna.Oalmeno,cosìspero.Nonlosappiamoancora.Mavi posso avvertire di una cosa: dobbiamoaspettare, aspettare che quei due pazzi faccianoqualcosa. Aspettare, finchè non si deciderannoallaprimamossa,andareadormireoqualcosadelgenere. Vi piacerebbe sapere perchè sono qui

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stanotte?Fraunpaiodigiornineparlerannotuttiigiornali.Racconterannolastoria.Madimenonsifaràalcuncenno.Quindidovetepromettermididimenticarvi di questo piccolo particolare. Inrealtà, sono tutte sciocchezze. Questo nostroregolamento. Ma— con il mio lavoro— sonocostretto a seguirlo alla lettera. Va bene? Forseservirà a farvi dimenticare per un poco i vostriguai.Emisembracheneabbiateavutidigrossi.»Piena di gratitudine, risposi: «Sì, raccontate, perfavore.Epromettochenondiròniente.Logiuro.»

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11Unastoriaperl'oradiandarealetto

Mi andai ad appollaiare accanto all'acquaio peressergli più vicino e perchè potesse parlarmisenza alzare la voce.Rifiutai un'altra sigaretta eBondneacceseunaperséerimaseafissareiduegangster nello specchio per un lungominuto. Iofeci la stessa cosa. I due uomini ricambiaronol'occhiata con una ostilità passiva e indifferenteche ci raggiunse con l'intensità di un gasvelenoso. Non mi piacevano molto quella loroindifferenza e quell'attenzione così guardinga.Sembravano tanto potenti e implacabili chedavano l'impressionediavercapovoltoancora lasituazionea lorofavoreediavere tutto il tempopossibileeimmaginabilepermettereinattoiloroloschiprogetti.Maquestostranouomo—JamesBond—nonparevapreoccuparsene.Livalutavaconlastessafreddezzadìungiocatorediscacchiche studi l'avversario. C'era una tale sicurezza,

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unatalesuperioritàneisuoiocchichenonpotevonon restarne stupita e meravigliata. Ma non liaveva visti in azione! Non immaginava neppurelontanamente il male di cui erano capaci: a uncerto punto, potevano mettersi a sparareall'impazzata, magari, facendoci saltare via latesta come se si trattasse di noci di cocconell'intermezzo dello spettacolo di un circo, perpoi scaraventare i nostri corpi nel lago, conattaccata una pietra per non vederli tornare agalla.MainquelmomentoJamesBondcominciòa raccontare la sua storia, e iodimenticai imieiincubiemiaccontentaidiguardarloinfacciaediascoltarelasuavoce.«In Inghilterra,» cominciò, «quando un uomo, opiù raramente una donna, arrivano dopo esserescappati dall'altrapartedellaCortinadi ferro—dalla parte dei russi, insomma — con qualcheinformazione importante, esiste un determinatonumero di regole da applicare, una routine benprecisa da seguire. Prendiamo Berlino, peresempio, cheèunadellecittànellaqualequestefughe avvengono con maggiore frequenza. Per

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prima cosa, queste persone vengonoaccompagnate al Quartier Generale del ServizioInformazioni e, in principio, vengono trattatecome elementi particolarmente sospetti. Questoserve a stabilire se sonodoppi agenti: cioè se sitratta di gente che finge di voler passaredefinitivamentedallanostraparte,equandosonostati dichiarati al di sopra di ogni sospetto,comincianoafarelaspiacontrodinoi(pressodinoi, per così dire), passando le informazioni airussi.Ci sonoanche i«tripli»agenti,quelli cioèchefannoildoppiogioco,maauncertomomentocambianoideaetrasmettonoairussiinformazionierrate o false sotto il nostro controllo.Mi avetecapito?Infondo,nonèaltrocheungiocomoltocomplesso. Ma la politica internazionale, ladiplomaziasonotuttecosì:ec'entranosemprelecomplicazioniprodottedalnazionalismodeivariStati e dall'influenza del loro potere sui variPaesi.Nessunoèdispostoasmetteredigiocare.Ècomel'istintodellacaccia.»«Sì, capisco. È qualcosa che sembra moltostupido alla mia generazione. Sembra quasi di

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giocare a quel gioco che facevamo da bambini:«la guerra». Abbiamo bisogno di altri JackKennedy.Ètuttacolpadellagentepiùanzianadinoi:dovrebberoaffidareilmondoaigiovani,chenon sono neppure sfiorati dall'idea della guerra.Comese fosse l'unica soluzionepossibile.Comepicchiareibambini.Èall'incircalastessacosa.Ètutto così antiquato ormai; roba da età dellapietra.»Sorrise. «In verità, non posso che condividerequestaidea,manonandateloaraccontareingiro,ofiniròpertrovarmisenzaunlavoro.Comunque,ogni volta che un individuo ha superato questoprimoesameaBerlino,raggiungel'Inghilterrainaereo e qui si mette a punto l'affare: voi ciraccontate tutto quello che sapete sulle localitàdallequaliirussifannopartireimissilienoi,incambio, vi forniamo un nuovo nome, unpassaportoingleseeunnascondiglio,doveirussinon potranno trovarvimai più.Questa è la cosache li spaventamaggiormente, ed è logico: cioètemono che i russi vengano a sapere dove sinascondono e li raggiungano per ucciderli. Se

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stanno al gioco, noi offriamo una scelta traCanada, Australia e Nuova Zelanda e Africa.Così, quando hanno raccontato tutto quello chesanno, vengono mandati in aereo nel Paese chehanno scelto e lì un comitato organizzatore liaccoglie—si trattadiungruppodipersonechelavora in stretto contatto con la polizia locale(unafaccendamoltosegreta)—sioccupadiloro,gradatamente li aiuta a trovare un lavoro e ainserirsinellacomunitàlocale,propriocomesesitrattasse di immigrati autentici. Quasi sempretutto funziona perfettamente. Per cominciare,ognunodiloroprovaunpo'dinostalgiaperlasuapatria, ma c'è sempre qualche membro delcomitato pronto a intervenire, a confortarlo e adaiutarloalmomentoopportuno.»JamesBondsiacceseun'altrasigaretta.«Nonstoraccontandovi niente che i russi non sappiano.L'unica cosa veramente segreta in tutto questo èl'indirizzo di questi profughi. C'è un uomo, peresempio, che chiamerò Boris. Si è sistemato inCanada, a Toronto. Era un personaggio moltoprezioso:tuttod'oroaventiquattrocarati.Faceva

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il costruttore navale ad alto livello a Kronstadt,era uno dei pezzi grossi del loro gruppo dicostruttori di sottomarini nucleari. Fuggì inFinlandia,epoiaStoccolma.Qui loprendemmosotto la nostra protezione e lo accompagnammo,in volo, in Inghilterra. I russi non parlano maivolentieridiquellichelihannotraditi:imprecanoe li lasciano andare, ecco tutto. Se sono personeimportanti,prendonoifamiliarielispedisconoinSiberia, tanto per prevenire altri eventualitentativi di fuga. Ma con Boris le cose sonoandatediversamente.Irussihannoavvisatotuttiiloroagentisegretiall'esterodellafugadiBorisedhanno chiesto che fosse eliminato.Fortunavolleche un'organizzazione chiamata SPECTREintercettassequestacomunicazione.»James Bond gettò un'occhiata gelida ai dueuomini che erano sempre fermi in fondo alsalone. Erano là seduti, ci fissavano edaspettavano.Cosa?JamesBondsivoltòversodime.«Vistoannoiando?»«Oh, no, affatto. una storia eccitante. E quellagente dello SPECTRE. Non ne ho già sentito

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parlare?Forsesuigiornali?»«È probabile. Meno di un anno fa si parlò diquesta storia delle bombe atomiche rubate. Lachiamarono «Operazione Tuono». Ve nericordate?» I suoi occhi avevano assuntoun'espressione svagata, sognante. «Accadde alleBahamas.»«Oh, sì. Certo che me ne ricordo. Ne parlaronoanche i giornali. Ma io stentai a crederci. Misembrava quasi un romanzo giallo. Perchè?C'entravateanchevoi,inqualchemodo?»James Bond sorrise. «Oh, solo incidentalmente.Ma la verità è che non ci riuscì di far piazzapulitadiquestoSPECTRE.Illorocaposcappò.Sitrattadiunaretedispionaggioindipendente,chesi definisce:Esecutivo Speciale perControspionaggio, Terrorismo, Vendetta edEstorsioni.Bene, ricominciaronoadagire.Comevistavodicendo,raccolserolanotiziacheirussivolevano far eliminareBoris, e riuscirono anche—nonsocome—ascopriredovesinascondeva.Nondomandatemicomehannofatto.Quellagenteètantobeneinformatadafarvenireibrividi.Così

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passaronolanotiziaalcapodellaKGBdiParigi,il direttore del locale Servizio Segreto russo,dicendo che erano disposti a fare quel lavorettoper un compenso di centomila sterline.PresumibilmenteMosca accettò l'offerta, perchèsubitodopoOttawa—ecioèilfamosoCorpodeiMounties— si rivolse a noi. Hanno un RepartoSpeciale con il quale ci è capitato di lavorarespesso in rapporti abbastanza stretti, e cidisseroche un certo Horst Uhlmann, di Toronto (exmembrodellaGestapo),stavaprendendocontattocon le varie bande di gangster locali e cidomandavano se ne sapevamo qualcosa. ParevachequestoUhlmanndesiderasse lamortediunostraniero,dicuinoneraprecisato ilnome,echefossedispostoapagareperquellavorolasommadicinquantamiladollari.Bene,mettendoinsiemetutte queste notizie, un tipo dalle idee luminoseche appartiene al nostro gruppo pensò che forsepoteva trattarsi di un attentato organizzato dairussicontroBoris.Così,»eJamesBondpiegòlelabbra in una smorfia amara, «venni mandato adareun'occhiatapervederechecosac'eradivero

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intuttaquellastoria.»Mi sorrise. «Non preferite, forse, accendere latelevisione?»«Oh,no.Continuate,prego.»«Bene,sapreteanchevoichec'èstatounperiodoalquantoagitatoaToronto,perquelcheriguardal'ordinepubblico.Èsemprestataunacittà incuila malavita ha avuto una parte importante, maadesso è scoppiata una vera e propria lotta tra ivari gruppi di gangster e avrete letto in qualcheposto che i Mounties sono arrivati al punto dimandare a chiamare due dei migliori uomini diScotlandYardperaiutarliausciredaiguai.Unodiquestidue investigatoridellapolizia ingleseèriuscito a far entrare un giovanotto canadesemoltointelligentetraiMechanics,cheèunadellebande più pericolose di Toronto, e che ha unaaffiliazione anche da questa parte del confine aChicago e a Detroit. È stato proprio costui asapere che Uhlmann cercava qualcuno che glifacesse quel lavoretto. Bene, il mio amico deiMounties e io ci siamo dati un po' da fare e inbreve abbiamo scoperto che il bersaglio era

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proprio Boris e che i Mechanics avevanoaccettatodicompierequellavorogiovedìscorso,all'incirca una settimana fa. Uhlmann erascomparsoenonsiamopiùriuscitiarintracciarlo.Tuttoquellochesiamostaticapacidiscopriredalnostro uomo che lavora per i Mechanics è cheUhlmann aveva accettato di guidare la squadra,composta di tre tiratori, che doveva far fuoriBoris. Avevano studiato un attacco frontale ediretto all'appartamento del poveretto. Niente dimolto originale. Si sarebbero limitati ad aprirsiunvarconellaportacon i fucilimitragliatori, loavrebbero fatto a pezzi e se la sarebberosquagliata. Doveva succedere di notte, appenaprimadellamezzanotte,eiMechanicsavrebberodovutomontare la guardia permanente alla casaper essere ben sicuri che Boris vi rientrava dallavoroenonneuscivapiù.«Bene,oltreaproteggereBoris,dovevoritrovareHorst Uhlmann, perchè ormai avevamo lasicurezzachefosseunmembrodelloSPECTREerientra nei miei compiti non lasciarmi sfuggireunodi loro,semicapitadi incontrarlosullamia

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strada. Naturalmente, non potevamo lasciareBoris in pericolo,ma se fossimo riusciti a farloallontanare e ametterlo in salvo non ci sarebbestatoalcunattentatoallasuavitaeUhlmannnonsisarebbepiùvisto.Cosìfuicostrettoafareunaproposta alquanto sgradevole.» E James Bondebbe un sorriso amaro. «Spiacevole per me,diciamo. Dalle fotografie, avevo ricavatol'impressione che ci fosse una vaga somiglianzatra Boris e me: ha all'incirca la mia età, è alto,bruno, non porta né barba né baffi, e quindi ungiorno gli diedi una buona occhiata da unaautomobile fantasma (cioè una macchina che simandaingiroperlacittàconquelloscopo)emisono impresso bene in mente il suo modo dicamminare e il suo abbigliamento. Poi hopropostochefacesseroscomparireBorisilgiornoprecedenteaquellofissatoperilsuoassassinio,eho detto che avrei preso il suo posto inquell'ultimapasseggiatadall'ufficioacasa.»Ansiosa, non potei trattenermi dall'esclamare:«Oh,manonavrestedovutocorrerequelrischio.Eseavesserocambiatoiloropiani!Eseavessero

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decisodieliminarlopropriodurantequeltragittoper la strada o con una bomba a orologeria oqualcosadisimile!»Sistrinsenellespalle.«Avevamopensatoa tuttequesteeventualità.Eraunrischiocalcolato,e, infondo, sono proprio pagato per correrli.» Poisorrise. «Comunque, eccomi qui.Ma certamentenon è stato piacevole camminare per quellastrada, e sono stato ben contento quando sonoriuscitoamettermialriparo.IMountiesavevanooccupato l'appartamento di fronte a quello diBorisesapevobenissimoche tuttoandavaper ilmeglio e che si trattava soltanto di recitare laparte della capra legata all'albero per attirare illeone, mentre i cacciatori si appostano persparare. Avrei anche potuto evitare di entrarenell'appartamento, nascondendomi in un postoqualsiasi del caseggiato, finchè tutto non fossefinito, ma avevo l'impressione che la capradovesseessereautenticaedavevoragione,perchèalleundici squillò il telefonoeunavoced'uomodisse:ParlaMr.Boris?dandocioèilnomesottoil quale Boris era conosciuto a Toronto. Io

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risposi:Chiparla?,cercandodiavereunaccentostranieroedall'altrapartel'uomorispose:Grazie.Qui Ufficio dell'elenco telefonico. Stiamosemplicementefacendouncontrollodellepersoneabbonatecheabitanonelvostroquartiere.Buonanotte.Auguraianch'iolabuonanotteeringraziaiil cielo di aver avuto tanto fiuto e di essermitrovatolìarispondereallatelefonatadicontrolloche era servita ai Mechanics per sincerarsi cheBorisfosseincasa.«L'ultima ora trascorse lentamente, e io misentivoinvaderedalnervosismo.Cisarebbestataunasparatoria.imortinonsarebberomancatieanessuno piace una prospettiva di questo genere,anchequandononsiprevedediandarcidimezzo.Avevo un paio di rivoltelle di calibro piuttostogrosso, di quelle che inchiodano la gente, e alledodici meno dieci mi misi nella posizione piùadatta,alladestradellaportainunangolotraduemurimassicciemipreparaiancheall'eventualitàche Uhlmann o uno di quegli altri delinquentiriuscisse ad aprirsi un varco tra i Mounties sulcorridoioosullescale.Adirvialverità,mentrei

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minuti passavano e io immaginavo la macchinadegli assassini che percorreva la strada e quellichenescendevanounoperunoesalivanolescalesenza fare rumore, desiderai di avere accettatol'offertadeiMountiescheunodeilorouominimitenesse compagnia durante l'attesa. Ma sarebbestatountéte-à-tételungocinqueoree—oltrealfattochenonavremmosaputodi cosaparlare intuttoquel tempo—hosemprepreferitoagiredasolo. Sono fatto così.Bene, iminuti e i secondisono passati molto lentamente e, infine, quandomancavano solo cinqueminuti amezzanotte, hosentito uno scalpiccio di suole di gomma sullescalee…edèstatol'inferno.»James Bond tacque. Si passò una mano sullafaccia. Un gesto che poteva significare ildesideriodischiarirsileideeoppureilbisognodiscacciare un ricordo. Poi si accese un'altrasigarettaecontinuò.«Sentii il tenente che guidava il gruppo deiMounties gridare:Innomedellalegge!Inaltolemani! Poi una confusione di colpi sparatiirregolarmente e il ritmo continuo della

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tagliatrice» si interruppe e sorrise, «scusate delfucilemitragliatore ed infine qualcuno urlò. Poiancoralavocedeltenentecheordinava:Prendetequell'uomo! e un attimo dopo la serratura dellaportasaltòeunindividuoentròaprecipizionellastanza. Teneva stretto contro il fianco un fucilemitragliatore,comefannosempresecondolaloroabitudine, e lo spostò rapidamente da destra asinistra in direzione del divano letto, cercandoBoris. Capii che si trattava di Uhlmann, l'uomoche aveva fatto parte della Gestapo. Si devefiutaresubitol'odorediuntedesco,edanchediunrusso (inquesticasi), facendo ilmio lavoro.Eraperfettamente inquadrato nel mio campo visivo.Sparai contro il fucilemitragliatore eglielo fecisaltare dalle mani. Ma fu pronto. Si scansò ebalzòdietrolaportasemiaperta.Eraunaportadilegnopiuttostosottile.Manonpotevorischiaredivedermelo sfuggire in quelmodo e—pensandoche poteva avere una rivoltella e sparare per ilprimo—preferiidisegnareun'ampiaZnellegnocon una raffica di pallottole.Contemporaneamente mi chinai lentamente,

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mettendomi quasi in ginocchio. E fu unmovimento esatto, perchè mi sparò addossoqualchecolpo,chemisfioròicapelliquandoerogiàquasi inginocchiato.Duedellemiepallottoleloavevanocolpito,allaspallasinistraealfiancodestro—comesi scoprì in seguito—edegli siabbattè contro la porta e non mi diede alcunfastidio.«Il resto della battaglia avveniva intanto sullescale, all'inseguimento degli assassini. Ma unMountieferitosifeceall'improvvisosullasogliadella stanza.Camminavacarponi, eppureebbe ilcoraggiodidirmichevenivaadaiutarmi.Disse:Haibisognodiunamano,amico?Uhlmannsparòcontrolasuavoce,attraversolaportae…ecco,louccise. Questo bastò a farmi conoscere l'altezzaallaqualesi trovava lapistoladiUhlmann,eglisparai contro quasi contemporaneamente a lui epoimi spostaivelocemente inmezzoalla stanzaper continuare a colpirlo, se fosse statonecessario.Ma non ce n'era bisogno.Era ancoravivo,equandogliuominidellaleggerisalironolescale, lo trasportammo nell'ambulanza che

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aspettava davanti alla casa e, cercammodi farloparlare anche all'ospedale. Non volle — unimpasto di Gestapo e SPECTRE non è cosa dapoco—emorìlamattinaseguente.»James Bond mi guardò negli occhi, ma eraevidente che non mi vedeva. «Le nostre perditefuronodidueuominiuccisiediunferito,»disse,«loroperseroiltedescoeunaltrouomo,ecisonoanchealtriduechenondurerannoalungo.Mailcampo di battaglia non era un panoramapiacevole.Ecco, sapete,» e all'improvviso la suafaccia mi sembrò tirata e stanca, «ne ho visteabbastanzadicosediquestogenere.Quandotuttele fila furono raccolte e ogni punto poco chiarovennespiegatograzieaquestaoperazione, sentiiil desiderio di andarmene. Ilmio reparto—conl'appoggio deiMounties—mi chiese di fare unrapporto dell'accaduto anche ai nostricollaboratori di Washington, per aiutarli a farepiazzapulitadelgruppodiMechanicschesitrovaancora negli Stati Uniti. I Mechanics, infatti,avevano ricevuto un duro colpo e i Mountieserano del parere che sarebbe stato meglio

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continuare a perseguitarli e a stringerli in unamorsa, finchè fossero stati distrutticompletamente. Risposi che ero d'accordo, macheavreipreferitoandareaWashingtoninautoenon in treno o in aereo.Mi fu concesso, purchènon ci mettessi più di tre giorni, e così honoleggiato una macchina e sono partito questamattina all'alba. Filavo a tutta velocità quandosono finito nel bel mezzo di un uragano,probabilmentesitrattavadellacodadelvostro.Cisono restato dentro fino a Lake George e hopensatocheforseavreipotutofermarmilàperlanotte,mamièsembratounpostotalmentebruttoche,quandohovistounainsegna—suunastradasecondaria — che faceva pubblicità a questomotel,hopensatochevalevalapenadicorrereilrischioediarrivarefinqui.»Mi sorrise e mi parve che avesse riacquistatotuttoilsuobuonumore.«Forsequalcosamidissechec'eravatevoi,infondoaquellastradaechevitrovavateneiguai.Adognimodo,hobucatoaunpaio di chilometri di qui, ed eccomi.» Sorriseancora, allungò una mano appoggiandola sulla

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mia, abbandonata sul piano del banco delristorante. «Curioso, come succedonocerte cose,qualchevolta.»«Ma dovete essere stanco morto, dopo averguidatocosìalungo.»«Ho qualcosa che mi metterà a posto. Fate labravaragazzaeversatemiun'altratazzadicaffè.»Mentremidavodafareconlamacchinadelcaffè,aprì la valigetta e ne estrasse una bottigliettapiena di pillole bianche. Ne tirò fuori due equando gli porsi la tazza di caffè, le inghiottìinsiemeaqualchesorsatadiliquido.«Benzedrina.Miterràsveglioquestanotte.Cercheròdifareunsonnellino domani.» I suoi occhi si spostaronoversolospecchio.«Eccoli.Stannoarrivando.»Mirivolseunsorrisodiincoraggiamento.«Eadesso,nonpreoccupatevi.Cercatedidormire.Iostaròdiguardia,adevitarechesuccedanoguai.»Lamusicaallaradiocessòeduncarillonsuonòlamezzanotte.

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12Dormire…morireforse

Mentre Sluggsy si dirigeva verso la portaposteriore e si dileguava nella notte, l'uomosmilzosiavvicinòanoi.Siappoggiòalbordodelbanco. «Va bene, gente. Smettiamola. Èmezzanotte.Stacchiamol'elettricità.Ilmioamicoè andato a prendere qualche lampada a petrolionelripostiglio.Èinutilefaresprechi.QuestisonogliordinidiMr.Sanguinetti.»Lesueparoleeranodette in tono cordiale e ragionevole. Avevanorinunciato alla esecuzione dei loro piani —qualsiasi fossero — a causa della presenza diquell'individuo che si chiamava Bond? Nedubitavo. I pensieri che avevo scacciato,ascoltando la storia di James Bond, siriaffacciarono in massa al mio cervello.Adessoavreidovutoritirarmiadormirenellamiacasettaequestidueavrebberooccupatoquelleadiacenti.Dovevorendereinespugnabile lamiastanza!Ma

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loro avevano il passe-partout. E quindi eranecessariocheBondmivenisseinaiuto.James Bond nascose uno sbadiglio. «BÈ, devoammetterechel'ideadiandareadormirenonmidispiace affatto. Ho viaggiato a lungo, oggi, edomani dovrò percorrere un mucchio ancoramaggioredichilometri.Eanchevoi,contutte levostre preoccupazioni, avrete voglia di andare aletto.»«Cosa vorreste insinuare, signore?» Gli occhidell'uomomagrosieranofattipiùattenti.«Èunlavorodiresponsabilità,ilvostro.»Diqualelavorostateparlando?»«Oh, essere agente di una compagnia diassicurazioni e dover fare valutazioni di questogenere.Suunaproprietàdivalore,comeèquesta.Nonvarràmenodimezzomilionedidollari.Fral'altro,avetedatounagaranzia,unacauzione?»«No.Mr.Sanguinettinonhabisognodigaranzieocosedelgenereperlagentechelavoraperlui.»«È un grosso complimento che fa ai suoidipendenti.Deveavereintornodellagentemoltoin gamba. Ed è giusto che si fidi ciecamente di

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loro. A proposito, come si chiama la suacompagniadiassicurazioni?»«MetroAccidentandHome.»L'uomosmilzoeraancoraappoggiatoalbancoconariarilassata,mailsuovisoavevaassuntoun'espressioneintentaetesa.«Perché?Avoicosa interessa,amico?Esela smettessimo con queste domande a doppiotaglioemidicestechecosavistapassandoperlatesta?»«MissMichelmistavadicendochegliaffaridelmotelnonsonostatimoltofloridi,»risposeBondcon aria noncurante. «Ne concludo cheprobabilmente l'albergo ha posto la propriacandidatura per entrare a far parte del gruppoQualityCourtsoHolidayInnsoCongressmanonè stato accettato. È difficile lavorare in questocampo senza essere membri di una di questeassociazioni.Epoi,tuttequestepreoccupazionieilfattodiavermandatoquassùvoidueacontareicucchiai e a togliere l'elettricità…» JamesBondassunse un'espressione comprensiva, piena disimpatia.«Mièvenutoinmentechesitrovasseincattive acque. Ma sarebbe un vero peccato, se

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fossevero!Èmoltobenarredatoilmotel,elasuaposizioneèdavverostupenda.»Quel bagliore rossastro, che avevo già visto unavoltanegliocchidell'uomomagroechericordavocon tanto terrore, ora era riapparso. «E sechiudeste il becco, amico?» disse a bassa voce.«Nonvogliopiùsentirebattutecomequestadauntipocomevoi,capito?Stateforseinsinuandochetuttoquestononèlegale?Forsepensatechecisiaqualcosaditruccato?»«Via, via, non arrabbiatevi, Mr. Horowitz. Èinutilecantarequestacanzone.»EJamesBondglirivolse un largo sorriso. «Vedete che anch'ioconosco un po' il gergo.» E il suo sorrisoscomparve all'improvviso. «E so anche da doveviene.Eadessomiavetecapito?» immaginochevolessedirechesitrattavadelgergodeigangstere di chi era stato in prigione.Almeno questa ful'interpretazione data alle parole di Bonddall'uomo magro. Parve sorpreso, ma poi,dominatalacollera,silimitòadire:«Bene,sieteunapersonaconlatestasulcollo.Cisiamocapiti.Voi piedipiatti siete tutti uguali — sempre a

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cercare qualcosa di losco anche dove non c'è. Eadesso, dove diavolo è andato a cacciarsi ilmiocompagno?Filiamoananna.»Mentre uscivamo l'uno dietro l'altro dalla portaposteriore,lelucisispensero.JamesBondeiocifermammo, ma l'uomo smilzo continuò acamminare lungo il corridoio coperto come seriuscisse a vederci perfettamente anchenell'oscurità. Sluggsy apparve all'angolo dellacasa condue lampade apetrolio inmano.Ceneconsegnò una a testa.La sua faccia così liscia eimberbe,giallastrasottoquella lucesiatteggiòaunsogghigno:«Sognid'oro,gente!»JamesBondmiseguìfinoallamiacasettaeentròconme.Poirichiuselaporta.«Cheildiavolomiportiseriescoacapirecosastannoarchitettando,ma la prima cosa da fare è assicurarci che voisiate al sicuro per la notte.Vediamoun po'.» Simosse per la stanza, esaminò le maniglie dellefinestre,icardinidellaporta,misuròlagrandezzadelleferitoiedeiventilatori.Miparvesoddisfatto.Infinedisse:«C'èsololaporta.Miditechehannoilpasse-partout.Ealloracercheremodichiudere

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benbenelaportae,quandomenesaròandatociappoggerete contro la scrivania, come unabarricata.» Passò nel bagno, strappò qualchelunga striscia di carta igienica, la inumidì, perfarne dei tasselli compatti. Poi ne inserì alcunisottolaporta,afferròlamanigliaelatiròasé.Itasselli resistettero, ma avrebbero potuto esserespostatifacilmentedaunurtounpo'piùviolento.Allora li tolse di nuovo, eme li diede. Infine siportò una mano alla cintura dei pantaloni e neestrasse una rivoltella corta emassiccia. «Avetemaisparatoconunadiquesta?»Risposi che avevo sparato ai conigli con unapistoladatiroasegno,acannalunga,deltipo22quandoerounaragazzina.«Bene,questaèunaSmithandWesson.Inchiodaun uomo, quando colpisce. Ricordatevi di tirarebasso. E tenete il braccio diritto, così.»Mi fecevederecomedovevofare.«Ecercatedipremereilgrilletto e nondi dare uno strappo.Ma in fondononhamoltaimportanza.Visentiròearriveròdicorsa. E adesso, ricordate: siete sotto la miacompleta protezione. Le finestre sono di un

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materiale buono e solido, e non c'è modo diforzarle dall'esterno, a meno di non rompere ivetri,»Sorrise.«Fidatevidegliarchitettidiquestimotel.Sannoallaperfezione tuttoquello che c'èda sapere a proposito delle incursioni di ladri odelinquenti. E quei due pazzi là fuori non simetteranno certo a sparare al buio attraverso ivetri! Ad ogni modo, per maggior sicurezza,lasciate il letto dove si trova e preparatevi ungiaciglio con qualche coperta ed un paio dicuscini nell'angolo più lontano, sul pavimento.Mettetevilarivoltellasottoilcuscino,spingetelascrivania contro laporta e appoggiatevi sopra inequilibrioinstabilel'apparecchiodellatelevisionedi modo che, se qualcuno cercherà di aprire laporta con la forza, lo farà cadere. Basterà asvegliarvi e—allora—sparate subitouncolpoattraverso la porta, vicino allamaniglia, dove sitroveràcertamentel'uomo,epoirestatefermaadascoltareisuoigemiti.Capito?»Risposi di sì, cercando di dimostrarmi allegra ecoraggiosa, e scoprii di desiderare intensamenteche restasse in quella stanza con me. Ma non

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avevo il coraggio di chiederglielo e— ad ognimodo— era chiaro che doveva avere piani bendiversi.Mi si avvicinò e mi baciò gentilmente sullelabbra. Fui tanto sorpresa che restai immobiledov'ero.Poimidisse,intonopacato:«Mispiace,Viv, ma sei una gran bella ragazza. Con quellatuta, sei il più bel garzone d'autorimessa che ioabbiamaivisto.Eadessononpreoccuparti.Cercadidormireunpo'.Baderòioate.»Gligettailebracciaalcolloeglirestituiiilbacio,premendo a lungo le sue labbra contro le mie.«Sei l'uomo più incantevole che io abbia maiincontrato,» gli dissi. «Grazie per essere qui. E,per favore, James, bada a quello che fai!Non lihaiancoravistiagire,comeècapitatoame!Sonodei duri! Per favore, cerca che non ti faccianoalcunmale.»Mi baciò ancora, ma leggermente, quasisfiorandomilelabbra,eiololasciaiandare.«Nontipreoccupare,»disse,«hogiàvistogentedellorogenere.Adessotudevifaretuttoquellochetihodettoepoideviandareadormire.'Notte,Viv.»

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Escomparve.Restai un attimo immobile, a fissare la portachiusa, e poi andai a lavarmi i denti e aprepararmi per la notte. Mi guardai nellospecchio: avevoun aspetto spaventoso—con lafaccia lavata, senza un filo di trucco e con gliocchi profondamente cerchiati. Che giornata! Eora anche questo! Non dovevo perderlo! Nondovevo lasciarlo andare via! Ma, in fondo alcuore, sapevo che vi sarei stata costretta. Se nesarebbe andatoda solo, e io anche: avrei dovutoripartire sola.Nessuna donna doveva esseremairiuscitaatrattenerepressodiséunuomosimile.E nessuna donna ci sarebbemai riuscita. Era unsolitario, un uomo che passava la vita da solo enon concedeva il suo cuore a nessuna.Probabilmenteodiaval'ideadiesserecoinvoltoinuna relazione. Sospirai. Benissimo! Mi sareirassegnata!Loavrei lasciatoandare.Enonavreipianto, in quel momento. E neanche in seguito.Nonero io, forse, laragazzacheavevadecisodiagireediviveresenzacuore?Povera sciocca! Stupida oca infatuata! Era

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proprio il momento adatto, quello, per queipensierisenzasenso!Erodunquediventatacomeuno di quegli assurdi personaggi femminili deirotocalchi scritti unicamente per un pubblico didonne?Scossilatesta,incollerita,erientrainellacamerada letto, cercandodibadareaquellochestavofacendo.Il vento non si era ancora placato, e i pinifrusciavano contro le imposte della finestraposteriore della stanza. La luna, filtrandoattraverso le nuvole che si spostavano, in fuga,nelcielo,illuminòiduevetrialtiequadratichesitrovavanoalledueestremitàdellastanza,egettòuno scintillio irreale sulle tende trasparenti adisegnirossi.Quandolalunascomparvedietrolenuvole, i due riquadri di luce rosso sangue, dacamera oscura, diventarono di nuovo bui, erimasesoltantoildebolealonedilucegialladellalampada a petrolio a tenermi compagnia. Senzal'elettricità, che la illuminava completamente, lastanza assumeva un curioso aspetto, come sefossestatapreparataperunfilm.Gliangolieranoinombraesembravasoltantochesiaspettasseil

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registaachiamaregliattori,afarliusciredalbuioeainsegnarelorolaparte.Cercai di non essere nervosa. Appoggiail'orecchioaiduemuri,quellodidestraequellodisinistra,mapoichèc'eradimezzolatettoiaperleautomobili, non riuscii a sentire nulla. Prima dialzare la barricata, avevo aperto silenziosamentelaporta ed erouscita fuori a dareun'occhiata ingiro. Avevo visto filtrare un po' di luce dallecasette n. 8 e n. 10 e anche dal n. 40 di JamesBond, lontano sulla sinistra. Tutto mi erasembratoimmersonellapaceenellatranquillità.Adesso mi spinsi al centro della stanza e miguardai intorno. Avevo fatto tutto quello cheBondmiavevaraccomandato;ricordaicheavevointenzione di dire le mie preghiere e miinginocchiaisultappetoperfarlo.Ringraziai,madomandai anche qualcosa. Poi inghiottii duepastigliette di aspirina; abbassai il lucignolo esoffiai attraverso lo schermo di vetro perspegnere la lampada a petrolio ed infine midiressiversoilgiacigliochemieropreparatasulpavimento. Aprii la cerniera lampo della tuta,

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slegaiilaccidellescarpe,manonletolsi.Poimirannicchiaitralecoperte.Non sono abituata a prendere né l'aspirina népilloledialtrogenere.Avevopresoqueste,dopoaver letto attentamente le istruzioni, andando acercarlenellacassettinadelProntoSoccorso,chela mia mentalità pratica mi aveva suggerito diincludere nello scarso bagaglio. Comunque, eroesausta,elepastiglie,chesudimeavevanoquasil'effetto di un narcotico, ben presto mi fecerosprofondareinundeliziosodormiveglianelqualel'unicasensazionerimastaminoneratantoquelladel pericolo, quanto piuttosto quella di un voltobruno e affascinante e della consapevolezza,appena acquisita, che esistevano realmenteuominidiquelgenere.Passandopoiinunostadiodi sonnolenza ancora più profonda, ricordai ilprimo tocco della sua mano che teneval'accendisigariepensaiaciascunodeibacichecieravamo scambiati, e poi—ma solo dopo avervagamente ricordato la rivoltella e aver fattoscivolare una mano sotto il cuscino perassicurarmi che ci fosse — sprofondai

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piacevolmentenelsonno.Poi la prima cosa di cuimi accorsi fu di esserecompletamentesveglia.Rimasidistesaunattimo,immobile,cercandodiricordaredovemitrovavo.Il vento si era momentaneamente calmato e ilsilenzioeraprofondo.Miaccorsidiesseresupina.Ecco perchè mi ero svegliata. Rimasi ferma, aguardareilquadratodilucerossainaltosulmurooppostodellastanza.Lalunaerauscitadinuovotralenuvole.Chepace!Ilsilenzioerapiacevole,confortante dopo tutte quelle ore di tempesta.Cominciaiasentirmiancorapienadisonnoemivoltai su un fianco, in modo da avere la facciarivoltaversolastanza.Chiusigliocchi.Tuttavia,mentrestavopersprofondaredinuovonelsonno,un pensieromolestomi si affacciò allamente. Imiei occhi, prima di richiudersi, avevano notatoqualcosadiinsolitonellastanza.Conunosforzo,liriapriidinuovo.Civollequalcheminutoperchèmi rendessi conto del nuovo fatto che essiavevano registrato. Sotto la porta dell'ampioarmadioamuro lungo lapartedi fronte, filtravaunadeboleluce.

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Chesciocca!Nonavevochiusobeneglisportellielalucechesiaccendeautomaticamentequandolisiapre,nonsieraspenta.Riluttante,usciidallecoperte. Poi, d'un tratto, dopo aver già fatto duepassi nella stanza, mi resi conto all'improvvisoche non poteva esser rimasta accesa la luce,perchè l'elettricità era stata tolta in tuttol'albergo! Rimasi un attimo immobile, con unamanosullabocca,epoi,mentremibuttavosullecoperte per cercare la rivoltella, i battentidell'armadiosispalancaronoeSluggsy,chevierarimasto rannicchiato dentro, ne balzò fuori conuna torcia elettrica in una mano e un oggettoimprecisabile che gli pendeva dall'altra. In unattimo,mifuaddosso.Credodiaverurlato—unbreveurloacuto—oforse mi illusi di averlo fatto. L'istantesuccessivo,qualcosaesploseconviolenzacontrolamia tempia emi sentii cadere di schianto sulpavimento.Poisprofondainell'oscurità.Leprimesensazionicheprovai,quandotornaiinme, furono un calore tremendo e la spiacevoleimpressione di essere trascinata per terra. Poi

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fiutaiodoredibruciato,vidilefiammeecercaidiurlare. Mi accorsi che dalle mie labbra uscivasoltanto un debole gemito, quasi da animale, ecominciai a scalciare. Ma le mani che mitenevanoperlecaviglienonmollaronolapresaeinfine—abalzieaurtonicheaggiungevanoaltrasofferenzaaldolorechegiàsentivoalla testa—mi accorsi di essere trascinata nell'erba fradiciatra i rami degli alberi.All'improvviso mi sentiilibera,eunuomosiinginocchiòvicinoameemimiseunamanosullabocca.Unavoce—lavocedi James Bond —mi sussurrò affannosamentenell'orecchio:«Nonparlare!Stai ferma.Va tuttobene.Sonoio.»Allungai una mano e gli tastai una spalla. Eranuda.Lapremettiperrassicurarloeallorastaccòlamanodallamiabocca.Poibisbigliò:«Aspettaqui! Non muoverti! Torno tra un attimo», esgusciòvia,silenziosamente.Silenziosamente? Ma anche se avesse fattorumore,nonavrebbeavutoalcuna importanza. Ilruggitoegliscoppiettiidellefiammedietrodimeerano terribili, ed una luce rossastra guizzava

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riflettendosi a sprazzi contro gli alberi.Penosamente, mi misi carponi e provai a girarelentamentelatesta.Ungrandemurodifiammesiestendevaallamiadestra,suquellacheunavoltaerastata la filadellecasette.Santocielo,dacheinfernomiavevasalvato!Mitastaidappertutto,epoi alzai le mani verso i capelli. Ero incolume.Avevo soltanto un bernoccolo, un po' doloroso,sullanuca.Miaccorsianchecheriuscivoastarein piedi, e allora mi alzai definitivamente,cercando di raccogliere le idee e di capire checosaerasuccesso.Manonriusciiaricordarechecosa era avvenuto, dopo il colpo che mi avevatramortito. Dunque, avevano appiccato il fuocoalla proprietà e James, non si sa bene come, erariuscito a raggiungermi, e a salvarmitrascinandomi lontano dal fuoco, tra gli alberidietrolecasette!CifuunfrusciofrairamieBondmiricomparvedavanti.Nonavevanélacamicianélagiacca,mauna specie di cinturone gli attraversava il pettoabbronzato e sudato che luccicava al baglioredelle fiamme. Un'automatica dall'aspetto

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minaccioso gli pendeva, a calcio in giù, sottol'ascella sinistra.Aveva gli occhi scintillanti perla tensione e l'eccitamento; la faccia sporca difuliggine e i capelli spettinati gli davano unaspettodapirata,quantomaiterrificante.Ebbeunsorrisolievementesinistro.Conuncennodella testa mi indicò il rogo. «Ecco qual era illoro gioco. Dare alle fiamme la proprietà perottenere il pagamento dall'assicurazione. Stannocercando di spingere le fiamme verso ilcaseggiatocentrale,ehannospruzzatopolvereditermite lungo il corridoio coperto. A me nonimportaunbelniente.Maseintervengoadesso,ecerco di impedire che brucino tutto, riuscirei asalvare la proprietà a Mr. Sanguinetti. Con noicometestimoni,nonpotràneppuresentirel'odoredell'assicurazione e finirà in galera. Così,aspettiamounmomentoe facciamoinmodochelasuaperditasiaveramentecompleta.»Pensai all'improvviso a tutto quanto di preziosomi apparteneva e che era laggiù. In tono umilemormorai:PossiamosalvarelaVespa?»

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«Èsalva.L'unicacosachehaiperso,sonogliabitidasera, se lihaidimenticatinelbagno.Misonoimpadronito di nuovo della pistola, quando sonovenutoatirartifuoridilì,ehogettatolontanodalrogo anche le sacche dellaVespa. E quella, l'hoportata in salvo proprio adesso. Mi sembra inbuonecondizioni.Honascostotuttotraglialberi.Quelletettoieperleautomobilisarannoleultimea prendere fuoco, perchè sono costruite inmuratura su tutti e due i lati. Hanno adoperatobombeallatermiteperlecasette.Èmegliodellabenzina.Èmenovoluminosaenon lascia tracce,perquellidelleassicurazioni.»«Maavrestipotutoscottarti!»Il suo sorriso fu come un bagliore candidonell'oscurità.Ecco perchè mi sono tolto la giacca: devo puravere un aspetto rispettabile, quando arrivo aWashington!»Nonmisembravaaffattospiritosa,comebattuta,quella.Ma,ecosahaifattodellacamicia?»Sisentìilsordofragorediqualcosachecrollavaeuna pioggia di scintille illuminò la fila delle

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casette. JamesBond disse: «Ecco dov'è finita lamia camicia. Ci è crollato sopra il tetto.» Siinterruppe e si passò le mani sul viso,sporcandolo ancor più di fuliggine. «Avevo lasensazione che sarebbe successo qualcosa disimile.Forseavreidovutoesserepiùpronto:peresempio,avreipotutocambiarelagommabucata.Seciavessipensato,adessopotremmoandarcene.Basterebbe girare dietro la fila delle casette etentarediraggiungerla,senzachelosospettino.Così sarebbe possibile raggiungere il posto dipolizia di Lake George o di Glens Falls eavvertirli di quello che sta succedendo. Ma seavessi aggiustato la gomma, i nostri amiciavrebberoavutoun'ottimascusapercostringermiad andarmene.Naturalmente, avrei anche potutorifiutarmi di farlo,ma in questo caso ci sarebbestata un po' di sparatoria. E, con quelli, c'è lasperanza di cavarsela soltanto sparando per iprimi.Epoi,eliminatome,tutisarestitrovataalpunto di partenza. E sarebbe stato un bel guaio.Aveviunaparteimportanteneiloropiani.»«Cihosemprepensato,findalprincipio.Nonso

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perchè. Capivo, dal modo in cui mi trattavano,che contavano di sfruttarmi fino in fondo. Macomevolevanoservirsidime?»«Tu avresti dovuto essere la causa dell'incendio.Sanguinetti avrebbe potuto dimostrare che i duegerenti, iPhancey(naturalmenteanchelorosonosuoicompliciinquesto),»eametornòinmenteilloroatteggiamentocosìmutatol'ultimogiorno,e il loro modo di trattarmi quasi sdegnoso esprezzante, come se fossi una nullità o qualcosache si poteva buttare via, «ti avevano detto ditogliere l'elettricità (anzi, li avrebbe chiamati atestimoniare). L'ordine che ti avevano datosarebbestatospiegabilissimoeconvincente,datoche l'albergo veniva chiuso —e sarebbe statoanche messo in chiaro che ti avevano detto diadoperare una lampada a petrolio l'ultima notte.Tu, secondo loro, eri andata a dormire senzaspegnere la lampada, e questa— in unmodo onell'altro — si era rovesciata. L'intero edificioaveva dato esca alle fiamme e tutto era andatoperduto nel rogo. Queste casette sono costruitenellamassimaparte in legno, e il vento avrebbe

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completato l'opera. La mia apparizione è statapoco piacevole per loro, ma avrebbero superatoanchequestacontrarietà,facendomifarelastessafine.Avrebberotrovatoancheimieiresti:senonaltro, l'automobile, ilmioorologiodapolso e lecerniere dimetallo della valigetta.Non so comesisarebbero liberatidellamiapistolaediquellache si trovava sotto il tuo cuscino.Quelle, ecco,forse avrebbero potuto metterli nei guai. Lapolizia avrebbecominciatoa controllare la targadellamacchina,cheècanadese,poiinumeridellepistole e così sarebbero risaliti facilmenteall'Inghilterra e forse io sarei stato identificato.Poi si sarebbero chiesti perchè la mia secondarivoltellasitrovavasottoiltuocuscino.Equestoliavrebbeinsospettiti.Seeravamo,diciamocosì,dueamanti,perchèiodormivoatantadistanzadate?Forseavevamovolutocomportarcidapersoneperbene e avevamo scelto due casettelontanissime l'una dall'altra e io avevo insistitoperchè tu tenessi una delle mie pistole perproteggerti — tu, una fanciulla solitaria —durante la notte?Non so come avrebbero potuto

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capirci qualcosa.Ma immagino che i due amici,quando ho dichiarato di essere un poliziotto,abbiano anche pensato che le pistole e gli altrioggetti di metallo non sarebbero andati distruttinel fuoco! Forse avrebbero atteso qualche ora epoi sarebbero tornati a frugare nella cenere pereliminareanchequellaprova.Eavrebberoanchebadato a non lasciare impronte, nella cenere. Laverità è che questi sono professionisti deldelitto.»Elasuaboccaassunseunapiegaamara.«Aduncertolivello,naturalmente.»«Maperchènontihannoucciso?»«L'hanno fatto, omeglio hanno creduto di farlo.Quando ti ho lasciato emi sono diretto verso lacasettachemiavevanodato,hopensatoche—sedoveva succederti qualcosa — la loro primemossasarebbestataquelladiliberarsidime.Cosìho preparato un fantoccio da infilare nel mioletto.Benfatto.Socomesipreparano,econoscotutti i trucchi. Non dev'essere semplicementequalcosacheabbia l'apparenzadiuncorpo inunletto.Questoèfintroppofacile:bastaadoperareicuscini,gliasciugamanoelecoperte.Macivuole

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anche qualcosa che assomigli ai capelli. sulcuscino. L'ho preparato con qualchemanciata diaghi di pino, quel tanto che bastava a crearequalcosadi simileaunciuffo scuro sul cuscino,poihorincalzatobenbenelecoperteeilrisultatoè stato molto artistico. Infine ho appoggiato lacamicia allo schienale di una sedia, accanto alletto—un'altraastuziacheservesempre,perchèistintivamente si pensa che l'uomo al quale essaappartiene sia andato a letto— ho abbassato illucignolo della lampada, mettendola vicino alletto,peraiutarliaprenderebenelamira.Poihoinfilato qualche tassello sotto la porta, ma l'hofattomalamente, dadilettante.Ho appoggiato loschienale di una sedia sotto la maniglia e sonouscitoanascondermitraglialberi.Adaspettare.»James Bond proruppe in una risata amara. «Miconcessero un'ora e poi arrivarono tantofurtivamentechenon li sentiineppure.Eci fu ilrumoredellaportaforzataedunaseriedicolpi—hanno usato il silenziatore— poi l'interno dellacasettasièilluminato…eralalucedellefiammeprovocate dalla polvere di termite. Pensai di

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esserestatodavverofurbo,madovettiammetterebenprestodinonesserlostatoabbastanza.Micivollero quasi cinque minuti per raggiungere lacasetta in cui ti trovavi tu, scivolando tra glialberi. Non ero preoccupato. Pensavo che cisarebbe voluto lo stesso tempo che avevanoimpiegato per entrare nella mia, e poi ero lìprontoavenirti inaiuto,appenaavessi sentito ilprimo colpo della tua pistola. Ma, durante laserata, probabilmente quando è andato aispezionare le casette prima che io arrivassi,Sluggsy aveva aperto con un piccone una cavitànel muro che costituisce la parete di fondodell'armadio della tua stanza, lasciando intattosoltanto l'intonaco interno, che poteva cederefacilmente con un coltello appuntito. Può anchedarsicheabbiarimessoapostoimattoni,oppureno. Ma non era necessario. Non so. Nessuno dinoi due poteva avere l'occasione di entrare sottola tettoia per l'automobile della casetta n. 8, néavevamoalcunaparticolare ragioneper farlo!Setufossirimastaquisola,avrebberoevitatodifartipassaredilì.Comunque,laprimacosachevidifu

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lafiammata,prodottadallatermite,cheprovenivadalla tua casetta.Alloramimisi a correre comeun disperato, sgusciando tra le tettoie per leautomobili. Li sentivo arrivare lungo le casette;aprivanolaporta,gettavanodentrolabombaallatermite e poi richiudevano subito, per darel'impressionechetuttofosseinunordineperfettoachisarebbevenuto,domani,aconstatareidanniprovocati.»Durante tutto questo racconto, James Bond nonaveva fatto altro che gettare rapide occhiate altetto dell'edificio principale, che potevamointravedere al di sopra delle casette in fiamme.Infinedisseintonononcurante:«Ecco,cel'hannofatta.Adesso tocca ame fare qualcosa.Come tisenti,Viv?Nessunostordimento?Elatesta?»Risposi in tono impaziente: «Oh, io sto benone.Ma, James, devi buttarti così all'inseguimento?Lasciali andare. Che cosa ti importa di loro?Potrebberoferirti.»«No,cara,»disseintonodeciso.«Perpocononciammazzavano. E anche adesso, da un momentoall'altro,possonotornareindietroescoprirechela

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Vespa non è più al suo posto.E allora il fattoresorpresa andrà completamente perduto. E nonposso permettere che se ne vadano così. Sonoassassini. Domani, potrebbero uccidere anchequalche altra persona.» Sorrise allegramente:«Per di più, mi hanno anche rovinato unacamicia!»«Bene, in questo caso devi lasciare che io tiaiuti,»edallungaiunamanoversodilui.«Staraiattento, vero?Nonposso più restare senza di te.Nonvogliopiùesseresola.»Finsedi nonvedere lamiamano.Disse, in tonoun po', freddo: «Su, fai la brava ragazzina, nonappoggiartialbracciochemiservepersparare.Èqualcosachedevofare.Unlavoro.Adesso,»emiallungò la Smith and Wesson, tu devi spostartisilenziosamente tragli alberi e dirigerti verso latettoia della casetta n. 3. È al buio e il ventospinge le fiamme dall'altra parte. Puoi vederetutto di lì, senza essere vista. Se hai bisogno diaiuto, saprò dove trovarti. Quindi nonmuoverti.Se tichiamo, raggiungimidicorsa.Semicapitaqualcosa,continuaacamminareversolarivadel

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lago, spingendoti più lontano che puoi.Dopo unincendio di queste proporzioni. domani quiarriveranno un sacco di poliziotti: allora potraitornareindietrosenzaesserenotataeavvicinartiaqualcunodiloro.Ticrederanno.Sefannoqualchedifficoltà, di' che telefonino alla CIA aWashington, e vedrai subito che l'ingranaggio simetteràinmoto.Basteràchetudicachiero.Nelmio equipaggiamento, troverai anche scritta unacifra — è un numero che mi serve diriconoscimento. È 007. Cerca di nondimenticarlo.»

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13ColpidipistolaChiero.«Di'aquellagentechiero…»Perchèdovevapronunciarequelleparole,metterequell'idea nellamente di Dio o del destino o dichiunquedetenesselesortidiquellanotte?Nonsidovrebbemaiformulareesplicitamenteipensieritristi. Perchè in questo modo, essi assumonoun'esistenza, comeonde sonore, ed entrano a farparte del flusso della coscienza in cui tutti noigalleggiamo.SeDioo ildestino l'avessesentito,per caso, in quelmomento, su quella particolarelunghezza d'onda, forse avrebbe anche potutoaccadere. L'accenno di un pensiero di mortepoteva essere male interpretato… poteva essereaccoltocomeunarichiesta!Quindi, anch'io non dovevo avere pensieri delgenere o si sarebbe aggiunto anche quel peso alsinistro influsso del destino. Che sciocchezze!Avevo imparato tutte queste stupide storie daKurt. Era lui che continuava a parlare delle«reazioni a catena cosmiche»,dei «crittogrammi

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della forza vitale» e di tutto un fantasiosolinguaggio di stampo prettamente teutonico cheavevo assorbito avidamente come se lui stessofosse stato la «dinamica centrale» — comequalchevoltaavevacercatodifarmicredere—oalmenolapartediessachecontrollavatuttociò.Naturalmente James Bond aveva parlato in tonobaldanzoso, quasi con l'intento di fare gliscongiuri del caso, proprio come quegli sciatoriche avevo conosciuto in Europa che gridavano«Hals undBeinbruch!» ai loro amici, prima chequesticominciasserounagaradidiscesaliberaodi slalom. L'augurio di «rompersi il collo o unagamba», prima della partenza, era proprio fattoper evitare gli incidenti, per invocare labenevolenza della fortuna. James Bond nonfaceva altro che comportarsi da vero «inglese»,avevausatounafrasediquelgeneresoltantoperconfortarmi. Ebbene, avrei preferito che non loavessefatto. Icolpidipistola, ibanditi, i tentatiomicidi facevano parte del suo lavoro, della suavita. Non della mia, e io non potevo cherimproverarglidiesserecosìpocosensibile,così

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pocoumano.Dov'era finito, adesso? Stava strisciandonell'ombra, sfruttando il bagliore delle fiammecome riparo, acuendo tutti i suoi sensi nelpericolo?Ecosastavanofacendoinostrinemici?Quei due banditi di professione, che era statotroppo pronto a sottovalutare? Stavanopreparandoci una imboscata. Non sarei statasconvolta, all'improvviso, da una sparatoriafuriosa,epoidaqualcheurlo?Mi spostai fino alla tettoia della casetta n. 3 e,strisciando lungo il muro di pietra intonacata,avanzai a tentoni nel buio. Percorsi cautamentegliultimipochipassi,poisporsilatestafuoridalriparo costituito dall'angolo della casa, perdirigere il mio sguardo verso il rogofiammeggiante delle altre casette e dell'edificioprincipale.Non si vedeva nessuno, e non notavo alcunmovimento ad eccezione di quello delle fiammeinvestitediquandoinquandodalvento,dimodochel'enormerogononavevaalcunaprobabilitàdispegnersiperilmomento.Adessoanchequalcuno

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degli alberi che crescevano accanto alla pareteposteriore delle casette cominciava a prenderefuoco e le scintille si alzavano dai loro ramirinsecchiti, spegnendosi poi, quasi subito, nelcielobuio.Seunuraganocosìviolentononavesseinvestitoquellazonasoltantopocheoreprima,laforesta si sarebbe già incendiata e la ragazzatramortita dal colpo di randello, svenuta vicinoalla lampada a petrolio infranta, non avrebbecertolasciatoalcunatracciadisénegliStatiUnitid'America.Seilventoavessefavoritol'incendio,fin dove si sarebbe esteso? A una distanza diquindici chilometri? Di venticinque? Quantialberi eanimali euccelli avrebbe fattoardere inquella fornace la povera piccola ragazza morta,cheeraarrivatalìdaQuebec?Il tetto di un'altra casetta sprofondò in fiamme,seguite dalla solita pioggia di scintille colorarancione. Adesso cominciava a bruciare anchel'imponente tetto di legno del caseggiatoprincipale del motel. A poco a poco il tetto sipiegò verso l'interno e poi si afflosciò come unsoufflé mal riuscito, mentre altri sciami di

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scintille si alzavano allegramente verso il cielo,consumandosiinbreve,primadiesseretrascinateviadalvento.Lalucediquelnuovofalòilluminòanche le due auto ferme sulla strada — laThunderbird grigia e la macchina chiusa, nera,lucente.ManessunatracciadeiduegangsterediJamesBond.Mi resi contod'un tratto chemi erodimenticatadel tempo. Guardai l'orologio. Erano le due dinotte:quindituttaquellastoriaeracominciatadacinqueore!Misembravachefosserostatelunghecome settimane. La mia vita precedente parevalontana, come se fosse stata vissuta molti anniprima. Perfino quella sera, l'ultima, quando miero rannicchiata nella poltrona a ricordare ilpassato—anchequellaserasembravadifficiledaricordare. Tutto era stato cancellatoall'improvviso.Timoreedolore epericoloeranocomparsi al posto di quelle ore tranquille.Dev'essere la stessa sensazione che si provaquandocisitrovainunnaufragiooinundisastroaereoo ferroviario, inmezzoaun terremotooaun uragano. Capita la stessa cosa, quando

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avventuredelgeneresuccedonoproprioanoi: lealineredelpericolocopronoilcielo,enonesistepiù né passato né futuro. Si vive ogni singolominuto,sisopravviveadognunodiessi,comesedovesse essere l'ultimo. Non esiste altro tempo,altrospaziochequellodiora,subito.Fu in quelmomento che li vidi!Venivano nellamia direzione, sul prato, e ciascuno dei duereggeva una grossa scatola. Erano televisori.Forseliavevanosalvatidallefiammepervenderlie ricavarne un piccolo guadagno extra.Camminavano l'unoa fiancodell'altro—l'uomosmilzoequellotarchiato,elalucecherimandavail rogo delle casette si rifletteva sui loro visilucidi e sudati. Quando arrivarono alle arcateannerite, che un tempo erano state il corridoiocoperto che conduceva dalle casette al salonecentrale dell'albergo, lo attraversarono a passirapidi, dopo aver gettato un'occhiata al tetto chestavaancorabruciando,peresseresicurichenoncrollasse proprio in quel momento. Ma dov'eraJames Bond? Era quello!'attimo adatto percolpirli,mentre camminavano e avevano!emani

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occupate!Ormai erano soltanto a una ventina di metri dame,estavanoavviandosiversolaloromacchina.Mi ritirai più indietro, sotto la buia cavità dellatettoia. Ma dov'era James? Dovevo mettermi acorreredietroaqueiduedasola,dovevocercaredi fermarli? Oh, però non bisognava che micomportassi come una sciocca! Se non fossiriuscitaacolpirli—comeeraquasicerto—perme sarebbe stata la fine. Ed ora mi avrebberovisto, se si fossero voltati? Avrebbero notatonell'oscuritàlamacchiabiancadellamiatuta?Miritirai ancora di più verso l'interno della tettoia.Adesso erano perfettamente incorniciati dallatettoia, mentre attraversavano il prato a pochimetri di distanza dal muro settentrionale delcaseggiato centrale— l'unico rimasto ancora inpiedi, perchè fino a quel momento il vento nonaveva ancora sospinto le fiamme in quelladirezione.Benpresto sarebberoscomparsidietrol'angolo e avrei sprecato una magnificaoccasione!Fuallorache lividiarrestarsiall'improvviso:ed

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ecco JamesBonddi fronte a loro, con la pistolapuntata! La sua voce risuonò schioccante comeuna frustata: «Benone! Ed ora eccoci qui!Voltatevi! E il primo che lascia cadere iltelevisoreèunuomomorto!»Sivoltarono lentamenteevenneroa trovarsiconla faccia nella direzione del mio nascondiglio.Allora James Bondmi chiamò: «Viv, vieni qui!Hobisognodeltuoaiuto.»Estrassi la pesante rivoltella dalla cintura deipantaloni e attraversai di corsa il prato. Quandomi trovai a una diecina di metri di distanza daloro.Jamesgridò:«Ecco,fermatidovesei,Viveascolta bene. Ti dirò quello che devi fare.» Mifermai. Le facce antipatiche e piene dimalevolenzadeiduegangstereranorivolteversodi me. I denti dell'uomo smilzo luccicarono, inuna specie di smorfia demoniaca, che denotavanonsolounacertasorpresamaancheiltimorediquantostavaperaccadere.Sluggsyproruppeinunfiottodibestemmie.Puntai larivoltellacontro iltelevisorecheglinascondevalostomaco.«Chiudiilbecco,otiuccido.»

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Sluggsy rispose con una smorfia: «Tu, davvero?Un colpo di pistola e l'apparecchio che scoppiabasterebberoafartiscapparecomeunconiglio!»«Tacitu,»intervenneJames,«onessunotieviteràungraffionellatesta.Oraascolta,Viv:dobbiamoimpossessarcidellepistolediquestidueuomini.Avvicinati alle spalle di Horror.Appoggiagli lapistola contro la spina dorsale e tastalo sotto leascelle con la mano libera. Non è un lavorettopiacevole, ma è necessario. Dimmi se senti unarivoltella:e tidiròquellochedevi fare.Bisognamuoversilentamente.Ioterròd'occhiol'altroe—se Horror si muove— lascia cheme ne occupiio.»Eseguiiquellochemiavevaordinato.Mispostaidietro l'uomo smilzo e gli appoggiai la pistolacontro la schiena. Poi alzai la mano sinistra etastai sotto il suo braccio destro. Mi raggiunseuna zaffata di odore disgustoso, stomachevole,tantochemiripugnòanchesoltantoilpensierodiesserglitantovicinoedidoverlotoccare.Mi accorsi che la mia mano tremava —probabilmente se ne accorse anche lui e bastò

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questo fatto a spingerlo ad arrischiare un gesto.All'improvviso, con un unicomovimento, lasciòcadere l'apparecchio televisivo, si girò su sestesso, con un movimento guizzante, mi fececadere la pistola, colpendomi con il palmodellamanoemistrinseasé.LapistoladiJamesBondruggì,esentiifischiarevicinissimo una pallottola — fu allora checominciai a lottare selvaggiamente, scalciando egraffiando e aggrappandomi all'uomo. Ma fucomelottareconunastatuadipietra.Si limitòastringermi a sé ancora più strettamente,facendomi male. Poi sentii la sua voce,indifferente,privadiespressione,chediceva:«Eadesso, inglese?Eorache facciamo?Nonvorraichelasignorasifacciaammazzare?»Sentii che una delle sue mani abbandonava lapresa per tirare fuori la pistola e ricominciai alottareeacontorcermiconenergiarinnovata.Convocetagliente,JamesBondmiordinò:«Aprile gambe, Viv!» Eseguii quel gestoautomaticamente, e la pistola di Bond ruggìancora una volta. L'uomo smilzo mandò

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un'imprecazione e mi lasciò libera.Contemporaneamente sentii alle mie spalle unrumore assordante. Mi voltai di scatto: SluggsyavevalanciatoiltelevisorecontroJamesBond,equestoloavevacolpitoalviso,facendogliperderel'equilibrio.Mentre Sluggsy gridava: «Diamocela a gambe,Horror!» mi buttai per terra, cercandoaffannosamente la mia pistola. Poi, bocconisull'erba, cominciai a sparare, incerta, goffa,mirando a Sluggsy. Probabilmente non sareiriuscita a colpirlo ugualmente — comunquel'uomo si era giàmosso, ed aveva cominciato acorrere a zig-zag sul prato in direzione dellecasette — seguito dall'uomo smilzo. Sparaiancora, ma troppo in alto e poi i due banditifurono fuori tiro e Sluggsy scomparve nellacasetta n. 1 che era una delle più lontane, sulladestra.MialzaiinpiediecorsivicinoaJamesBond.Erainginocchiato sull'erba con una mano premutacontro la fronte.Mentremiavvicinavoallontanòla mano dalla fronte, la guardò e imprecò

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sottovoce.Aveva un grosso taglio proprio al disottodell'attaccaturadeicapelli.Nondissinulla,ma mi avviai — sempre di corsa — verso lafinestra più vicina del caseggiato principaledell'albergo. Spaccai il vetro con il calcio dellapistola. Ne uscì un fiotto di aria calda, senzafiamme,chemiinvestìinpieno.Propriolìsotto,tantovicinocheavreipotutotaccarla,sullatavolaalla quale erano stati seduti i due gangster pertutta la serata, c'era la cassetta del ProntoSoccorso. Trattenni il fiato, per non respirare ilfumo, e balzai dentro. Jamesmi gridò qualcosa.Ma ormai era fatta: riuscii ad afferrare lacassettina, e saltai fuori di nuovo, con gli occhipieni di lacrimeper quel fumocosì pungente edacre.Cercaidiripulirelaferitacomemierapossibile,usando un po' di disinfettante ed applicandoglipoisullafronteungrossocerotto.Iltagliononeraprofondomaprestogli si sarebbe allargata sullafronte una brutta contusione. «Mi spiace, Viv,»mi disse. «Ho combinato un bel guaio,attaccandoliinquelmodo.»

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Pensaitramecheanch'ioavevofattolamiaparte.«Perchè non hai sparato subito contro di loro?»domandai.«Eranounbersagliomolto facile,conquegliapparecchitelevisivitralebraccia!»«Non sono mai stato capace di farlo a sanguefreddo,» mi rispose asciutto, «ma avrei dovutoalmenoesseretantoabiledafarsaltareunpiedeaquell'individuo.Devo averglielo appena sfiorato,eadessosaràpiùvispoearzillodiprima.»«A me sembra che tu abbia avuto una discretafortuna,» risposi in tono severo, «se puoi ancoracontinuare la lottacontrodi loro,comesenontifosse successo niente! Perchè Sluggsy non ti haammazzato?»«Non lo so. Probabilmente hanno fatto il loroquartiergeneralenellacasettan.1e forsehannolasciato laggiù tutte le loro armi, mentreappiccavano il fuoco al salone centraledell'albergo.«Può anche darsi che non gli garbasse l'idea ditrovarsicosìvicinoallefiammeconuncaricatoredirivoltellaintasca.Comunque,adessolaguerraèdichiarataeabbiamoparecchiecosedafare.La

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più importante è di non perdere di vista la loroautomobile.Avranno voglia di filare via subito.Mainunmodoonell'altro,sarannoconvinticheènecessario liquidarci prima di prendere il volo.Sono inunasituazionepocopiacevolee,quandociattaccheranno,combatterannocomeiene.»«Finii di medicargli la ferita. James Bond nonaveva perso di vista neppure per un attimo lacasetta n. I. Cosìmi disse: «Saràmeglio che cimettiamo al riparo. Può darsi che là dentroabbianoarmipiùpotenti, e ormai avranno finitodi medicare il piede di Horror.» Balzò in piedi.Mi afferrò per un braccio all'improvviso e migridò:«Presto!»Inquellostessoistantesentiiuntintinnio di vetro spezzato alla mia destra e uncrepitioassordante,prodotto--quasisicuramente—daun fucilemitragliatore. I colpi fischiaronovicinoanoi,primadiandareascheggiareimurodell'edificiocentraledell'albergo.«James Bond sorrise: «Ancora una volta devochiedertiscusa,Viv.Lemiereazioninonsonodeltutto perfette, questa notte. Cercherò di fare dimeglio.»Tacqueperunattimoepoiriprese:«Ed

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ora, lasciami pensare al da farsi per unmomento.»«Fuunmomentocheduròalquantoalungo,emiaccorsi che stavo sudando per il caldo, dato cheeravamo esposti completamente al calore delsalone di soggiorno trasformate in una fornaceardente.Erarimastoinpiedisoltantoilmuronorde un altro tratto di parete, che conducevaall'ingresso principale: lì dietro ci eravamoriparati. Il resto non era altro che un gigantescofalò. Il vento, tuttavia, sospingeva le fiammeversosudeavevol'impressionechequeltrattodimuro avrebbe potuto resistere ancora perparecchio tempo. Lamaggior parte delle casetteera in fiamme, ridotta ormai a un mucchio dimacerie e — su quel lato del prato interno, ilbagliore dell'incendio e le scintille eranodiminuite. Mi balenò l'idea che il riverbero diquell'incendio doveva essere visibile anche aLake George e a Glens Falls, eppure nessuno sierafattovivoperportarciaiuto.Probabilmentelepattuglie di agenti della polizia stradale e lesquadredeivigilidel fuocoeranogià impegnate

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altrove, con tutti i danni e i guasti portatidall'uragano! E quanto alle foreste, dovevanoavere pensato che nessun incendio si sarebbepropagatomolto in quella zona, fradicia d'acquadopol'uragano.«Eccocosafaremo,»disseJamesBond.«Primaditutto,vogliochetuvadaamettertiinunpostodalquale potermi aiutare, ma senza che debbapreoccuparmi per te.Altrimenti, e non credo disbagliarmi, sapendo con chi abbiamo a che fare,concentreranno il fuoco su di te, cercando dicolpirtiecredochesareicapacedifarequalsiasicosa, anche di lasciarli andare via liberi, purchènontifaccianopiùdelmale.»«Davvero?»«Certo,sciocchina!Quindidevispostartiversolastrada,tenendotialriparodiquestotrattodimurorimastoinpiedi.Poideviritornaresuituoipassi,tenendoti sempre fuori dal loro campo visivo,fino a portarti dalla parte opposta della loromacchina.Staiferma,eancheseunodiloro—otutti e due — raggiungono la macchina, nonspararefinchènontelodicoio.Haicapito?»

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«Matudovesarai?»«Abbiamo definito quella che potremmochiamare la linea interna di difesa, seconsideriamo le auto il nostro obiettivo. Iorimarròquielasceròchemivenganoincontro.Infondo, sono loro che vogliono liberarsi di noi, epoi squagliarsela. Ebbene, che ci provino. Iltempoècontrodiloro.»Guardòl'orologio.«Sonoquasi le tre. Quanto ci vuole ancora prima chefacciagiorno,qui?»«Circadueore.Versolecinque.Malorosonoduee tu sei solo! Faranno quel che si dice unmovimentoatenaglia!»«Però uno dei granchi ha perso una branca.Comunque, questo è l'unico piano possibile,secondome.Eadessosu,vai,attraversalastradaprimachevenganofuoridallacasetta!Baderòioatenerlioccupati.»Si spostò sull'angolo delmuro, vi girò attorno esparòduecolpiravvicinaticontrolacasettachesitrovava sulla destra. Ci fu un lontano rumore divetri rotti,poi il fragoredel fucilemitragliatore.Lepallottolesischiacciaronocontroilmuroesi

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persero fischiando tra gli alberi al di là dellastrada. James Bond si era ritirato al riparo delmuro.Mi sorrise incoraggiante: «Su, vai adesso,Viv!»Mi buttai correndo sulla strada e attraversai lastrada, tenendomial riparodell'edificio centrale,per non farmi scorgere dai due uomini, nascostinella casetta n. 1. Poi mi tuffai tra gli alberi. Irami mi si avventarono addosso, graffiandomi,maoraavevolescarpeadatteelastoffadellamiatuta eramolto robusta.Mi addentrainelboscoepoicominciaiaspostarmiversosinistra.Quandomi parve di essermi spinta abbastanza avanti,cominciai ad avanzare cautamente verso ilbagliore dell'incendio. Così mi trovai propriodove volevo, appena al di là della prima fila dialberi, a circa venti metri dalla berlina neraparcheggiata sull'altro lato della strada e con unpanorama abbastanza chiaro del campo dibattagliailluminatodallefiamme.Intanto era apparsa in cielo la luna, poi si eranascostadinuovodietrolenuvoleinfuga—orailluminando vivacemente ogni cosa, ora

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scomparendoelasciandocomeunicafontediluceil fuoco, che ormai proveniva quasi solamentedalla parte sinistra del salone di soggiornocentrale,ancorainpredaallefiamme.Poilalunariapparve e alla sua luce riuscii a intravederequalcosa che per poco nonmi strappò un grido.L'uomo smilzo, strisciando bocconi, si stavafacendo strada verso il muro nord dell'edificiocentrale e i raggi lunari si riflettevano sullapistolachetenevainpugno.JamesBonderasemprelàdoveloavevolasciato,e perchè non si muovesse da quella posizione,Sluggsy si era messo a sparare quasi incontinuazione contro l'angolo del muro verso ilquale stava strisciando il suo compagno. ForseJames Bond intuì il significato di quellasparatoria ininterrotta. Capì probabilmente chevolevano che non si spostasse di lì, e alloracominciò ad avanzare con cautela verso sinistra,in direzione della parte dell'edificio che eraancora in preda alle fiamme. Ed ora eccolocorrere,unpo'curvo,attraversoilpratodall'erbabruciacchiata, tra le spire di fumo e le scintille,

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verso lemacerie fumanti che un tempo avevanocostituito l'intera fila di sinistra delle casette.Colsi ancora un'ultima visione di Bond che sigettavasottounadelletettoieperlemacchine—quella del n. 15 — e poi non lo vidi più.Probabilmente si era buttato sotto l'ombra deglialberi per ritornare poi, al coperto, verso lacasetta incuisi trovavaSluggsyeprenderloallespalle.Spostaidinuovolosguardoversol'uomosmilzo.Ormaieraquasiarrivatoall'angolodellacasa.Edora eccolo lì. La serie degli spari cessò: l'uomosmilzo, senza neppure mirare, sparando con lasinistra, spostò la rivoltella al di là dell'angolodellacasaescaricòuninterocaricatoreallaciecaverso ilmurocontro ilqualecieravamoriparatiJamesBondedio.Quando si accorse che nessuno rispondeva alfuoco,spostòanchelatestaoltrel'angolo,epoilaritirò con la stessa velocità guizzante di unserpente, si alzò in piedi e fece un gesto con lamano in direzione della casetta dove si trovavaSluggsyperindicarecheceneeravamogiàandati

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dilì.Ed ora ecco due colpi in rapida successione,provenientidallacasettan.1,seguitidaungridostraziante, inumano,chemifecegelareilsanguenelle vene. Sul prato apparve Sluggsy, checontinuava a sparare con il fucile mitragliatoreappoggiato contro il fianco, mentre il bracciosinistro gli penzolava inerte lungo la persona.Continuò ad arretrare, urlando per il dolore, masenza smettere di sparare. Vidi poi un lievemovimento sotto unadelle tettoie emi arrivò larispostarombantedell'automatica.Sluggsyspostòlasuamirae la rivoltelladiJamesBond tacque.Poiricominciòaspararedaun'altraposizioneeduno di quei colpi dovette arrivare proprio sulfucile mitragliatore, perchè Sluggsy lo lasciòcadere all'improvviso e si mise a correredisperatamenteversol'automobile.Vicinoadessasieragiàrannicchiatol'uomomagro,chenecoprìla ritirata sparando alternativamente con duepistole. La pallottola sparata da James Bondcontro il fucile mitragliatore probabilmentedovevaavernedanneggiatoilmeccanismo,perchè

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esso continuò a tuonare, ruotando su se stessocome un fuoco d'artificio sull'erba e seminandopallottoleintutteledirezioni.L'uomosmilzosalìal volante, sentii che metteva in moto lamacchina, poi dal tubo di scappamento uscì unanuvola di fumo.L'altro sportello si spalancòperinghiottire Sluggsy, che vi salì di corsa, e sirichiusequandoquestinondovevaessersiancorasistemato sul sedile, per l'improvviso balzo inavanti della macchina. Non aspettai James. Mislanciai in mezzo alla strada, sparandoall'impazzata contro l'automobile che siallontanava. Sentii che qualcuna delle miepallottole si schiacciava contro le lamiere dellacarrozzeria. Poi il grilletto fece cilecca, miaccorsidinonaverepiùcartucceenonmi restòaltroda farechemaledire ilmomento incuieroriuscita a farmeli scappare. Ma proprio inquell'istantemiarrivòilfragoredeicolpisparatidaBondconlasuapesanteautomaticadalprato.Uno dei due banditi rispose dal finestrinodell'auto. Poi, all'improvviso, la macchina nerasembròimpazzita.Deviòbruscamenteasinistrae

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mi diede l'impressione che volesse puntaredirettamentecontroJamesBond,fermosulprato.Per un attimo la sua figura si stagliò contro lalucedei fari:era fermo,con ilpettonudo lucidodi sudore, e stava sparando nella posizioneclassica del cacciatore, pronto a rispondere allacarica di un animale feroce. Pensai chel'automobilenellasuacorsaloavrebbefalciato,ecominciai a correre disperatamente, con quantaforza avevo, verso di lui. In quell'istantel'automobile deviò ancora una volta e puntòdirettamentesullago.Mi fermai, incapace di pensare, non riuscendo adistogliere gli occhi da quella macchina inmovimento.Inquelpuntoilpratosispingevafinoaunospronediroccia,altocircasettemetri,sottoil quale c'era il vivaio per la pesca. Sul pratoeranosparsequaelàqualchepanchinaequalcherusticotavolo,perchivolessefermarsiariposareo a fare uno spuntino. L'automobile proseguì lasua corsa: ormai, sia che cozzasse contro lepanche sia che le evitasse, la sua velocitàl'avrebbe inesorabilmente portata verso quella

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roccia. Infatti lamacchinacontinuòaavanzaree—mentremi portavo unamano alla bocca in ungestodistuporeinorridito—raggiunselaroccia,la superò e precipitò sollevando un gigantescospruzzod'acqua,conunrumoresordodi lamierespezzate e di vetri infranti. Poi, lentamente,sprofondòinunrisucchiodibollicine,traivaporidi benzina bruciata: restarono allo scopertosoltanto la parte posteriore, unaparte del tetto edelfinestrinorivoltiversoilcielo.James Bond era rimasto immobile a fissare illago,quandoloraggiunsiegligettailebracciaalcollo.«Staibene?Nonseiferito?»Si voltò ancora sconvolto da quello che avevavisto, e mi circondò la vita con un braccio,stringendomiasé.Disse,intonoincerto:«Certo,stobenissimo.»Poitornòavoltarsiversoillago.«Devo avere colpito l'uomo magro, che era alvolante.L'houccisoeprobabilmenteilsuocorposi è accasciato con tutto il suo pesosull'acceleratore.» Poi si riprese. Sorrise,sarcastico.«Ecco,cosìlasituazionesièchiarita.Noncisonopiùpuntioscuridaspiegare.Mortie

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sepolti in un colpo solo.Non posso dire chemidispiaccia.Eranoveramenteduedelinquentidellapeggiorspecie.»Staccòilbracciodalmiocorpoeinfilò la rivoltella nella fondina. Odorava disudoreedicordite.Magnifico!Miallungaiversodiluieglidiediunbacio.Poi ci incamminammo lentamente sul prato. Ilfuoco ora ardeva soltanto qua e là, il campo dibattagliaeraquasibuio. Ilmioorologiosegnavale tre e mezzo. D'un tratto, all'improvviso, miaccorsidiessereaffranta,esausta.Quasi facendoecoaimieipensieri, Jamesdisse:«Ormai anche l'effetto della benzedrina èscomparso. Che ne diresti di andare a fare unsonnellino? Ci sono ancora quattro o cinquecasetteintatte.Chenepensidella2odella3?Tisembranoabbastanzabelle?»Miaccorsidiarrossire.Ostinata,dichiarai:«Nonmiimportaquellochepuoipensaredime,James,ma non ho alcuna intenzione di lasciarti, questanotte. Puoi scegliere la 2 o la 3. Io dormirò sulpavimento.»Bondsimisearidere,stringendomiasé.«Sevuoi

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dormire sul pavimento, vuoldire che ci dormiròanch'io.Mami sembraunveropeccato sprecarecosìunlettoaduepiazze!Scegliamoiln.3.»Sifermò, mi guardò, fingendo di voler esseregentile.«Opreferirestipiuttostoiln.2?»«Iln.3andràmagnificamente.»

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14Laragazzainnamorata

La casetta n. 3 era calda e soffocante. MentreJames Bond andava a ricuperare il nostrobagagliotraglialberi,apriilafinestraedistesilelenzuola sul letto matrimoniale. Avrei dovutosentirmi un po' imbarazzata, ma non fu così.Anzi,mipiacevafareladonnadicasaperlui,allaluce della luna. Poi provai l'acqua della doccia:scoprii che, miracolosamente, la pressione c'eraancora e l'acqua non mancava, per quanto sullastessa filadicasette i tubidovesseroesserestatifusiinpiùpuntidalcaloredell'incendio.Leprimecasette erano le più vicine al grande salonecentrale dell'albergo. Mi tolsi tutto quello cheavevo addosso e ammucchiai ordinatamente gliindumentiepoimiinfilaisottoilgettodiacqua,prendendo un pezzo nuovo di sapone Camay(«Sceglieteper ivostriospitiCamayrosa—dalraffinato profumo francese mescolato a una

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crema emolliente grassa, purissima», ricordavoche c'era scritto sull'involucro, perchè quelladefinizione mi era sembrata tanto squisita) ecominciai a insaponarmi con delicatezza, perchèerocopertadicontusioni.L'acqua scrosciava con violenza e non lo sentiientrare nella stanza da bagno. D'un tratto miaccorsi che altreduemani, insiemeallemie,milavavano e c'era un altro corpo nudo accanto almio e fiutai l'odore di sudore e di polvere dasparo e mimisi a ridere davanti alla sua facciasporcadi fuliggine.Gli caddi tra lebraccia, e lenostrebocchesiunironoinunbaciochemiparvenondovessemaifinire,mentrel'acquacontinuavaa scrosciare su di noi costringendoci a chiuderegliocchi.Quandofuisenzafiato,Jamesmitiròfuoridalladoccia e ci baciammo ancora, più lentamente,mentre le sue mani mi accarezzavano,risvegliando in me il desiderio di lui in ondatecontinue, chemi stordivano. «Ti prego, James,»dissi. «Per favore, no! O mi farai cadere. E siigentile.Mifaimale.»

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Nella semioscurità del bagno, illuminato solodallalucedellaluna,isuoiocchimisembraronodue fessure ardenti. Poi si spalancarono,affettuosi, ridenti. «Mi spiace,Viv.Non è colpamia. Sono le mie mani. Non riescono a starelontano da te. E invece dovrebbero essereimpegnatealavarmi.Sonosudicio.Equindisaraicostrettaafarlotu.Amenonobbediscono.»Risie locacciaisotto ladoccia.«Evabene.Maio non sarò così gentile! L'ultima volta che holavato qualcuno, si trattava di un pony e avevododicianni:Epoi,nonriesconeppureavederti!»Mi impadronii del sapone. «Abbassa la faccia, ofiniròpermettertiilsaponenegliocchi!»«Badacheselofai…»Lemiemaniinterrupperoil resto della frase e cominciai a soffregargli ilviso e i capelli, e poi scesi lungo le braccia e ilpetto, mentre lui se ne stava un po' curvo inavanti, aggrappatocon tutt'edue lemanial tubodell'acqua.Mifermai.«Ilrestodovraifarlotu.»«Niente affatto. E fallo bene. Non si può maisapere, ma potrebbe esserci un'altra guerra

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mondiale, e potresti essere costretta a diventareinfermiera.Èbenechetuimparicomesilavaunuomo.Epoi?Cosadiavolo èquesto sapone?MisembradiprofumarecomeCleopatra.»«Èottimo.C'èdentrounprofumofrancesemoltocaro. Così si dice sulla carta. E adesso hai unprofumodelizioso;moltomigliorediquellodellapolveredasparo.»Bene,continua.»Sorrise.«Mafaiinfretta.»Cosìmichinai,naturalmente,maunattimodopoeravamo di nuovo l'uno nelle braccia dell'altro,sotto l'acqua, con i corpi scivolosi di sapone, einfine James chiuse la doccia emi fece uscire ecominciò ad asciugarmi, mentre mi appoggiavocontroilsuobraccioliberoelolasciavofare.Poipresi io un asciugamano e toccò ame asciugarelui,eallorasembròscioccoaspettarepiùalungoe James mi prese tra le braccia e mi portò incamera da letto e mi distese sulle coperte, e iorimasi ad osservarlo tra le palpebre socchiuse,mentre si spostava per la stanza a chiudere letende e la porta. Infine venne a distendersiaccanto a me. Le sue mani, la sua bocca

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indugiarono lente ma eccitanti, e il suo corponellemiebraccia fu forteegentile.Poimidissecheavevogridato.Nonmeneeroaccorta.Avevosolo sentito aprirsi all'improvviso un abisso didolcezza tenera e penetrante insieme, nel qualeero precipitata, e che lo avevo graffiato suifianchi perchè temevo di perderlo. Poi, con ariaassonnata, lui mi disse qualche parola gentile emibaciòeilsuocorposcivolòdifiancoalmioerimase immobile.Nonmi eromossa, ero restatasupina,afissarel'oscuritàdellastanza,solcatadiquandoinquandodaqualchebagliorerossastro,eadascoltareilsuorespiro.Non avevo mai fatto all'amore prima cosìcompletamente, non soltanto con il corpo maanche con il cuore.Era statauna cosadolce conDerek e fredda e soddisfacente con Kurt. Maquesto era qualcosa di completamente diverso.Finalmente capii che cosa potesse significarenellavitadiunapersona.Credo di capire perchè mi abbandonai cosìfiduciosamente a quell'uomo, e come fossiriuscita a farlo con una persona che avevo

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conosciuto soltanto sei ore prima. A parte ilturbamentoprodottoinmedaisuoisguardi,dallasua autorevolezza e mascolinità, era arrivatoall'improvvisodall'ignoto,come ilprincipedellefavole e mi aveva salvato dal drago. Se non cifosse stato lui, a quell'ora io dopo inauditesofferenze sarei già stata un cadavere. Avrebbeanche potuto cambiare la gomma bucata eandarsene,oppure—almomentodelpericolo—preoccuparsidi salvare solo lapropriapelle.Maaveva lottato per lamia vita come per la sua.Epoi, quando il drago era stato ucciso, mi avevaaccettatocomericompensaperlesuefatiche.Fraqualche ora, già lo sapevo, se ne sarebbe andatosenza dichiarazioni d'amore, senza scuse operplessità. E così tutto sarebbe finito —concluso,terminato.A tutte le donne piace essere quasi violentate.Amanoesserepresediforza.Efuproprioquellasuadolcebrutalitàcontro ilmiocorpodoloranteche rese quel suo atto d'amore cosìprofondamentemagnifico.Quello,eilfattocheiomi sentissi completamente rilassata, terminata

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ogni tensione e passato ogni pericolo. Ebisognava anche aggiungere lamia gratitudine equel sentimento di adorazione che è naturale inogni donna per il suo eroe. Non avevo nérimpianti né vergogna. Per me le conseguenzeavrebbero potuto essere molte — non ultimaquellachenessunaltrouomosarebberiuscito, inseguito, a soddisfarmipienamente.Maquali chefossero i miei problemi, non ne avrebbe maisaputonulla.Non loavrei inseguito,cercandodiripeterequantoc'erastatotranoi.Misareitenutalontanadalui, loavrei lasciatoandareperlasuastrada—unastradasullaqualecisarebberostatealtre donne, innumerevoli altre donne, cheprobabilmentegliavrebberopotutodarelostessopiacerefisicocheegliavevaprovatoconme.Nonimportava, o almeno questo era quello checontinuavoaripetermi,perchènessunadiloroloavrebbe mai posseduto— o meglio, non più diquanto avessi posseduto io, di lui, in quelmomento.Epertuttalavitaglisareistatagratadiquello che aveva fatto per me. Lo avrei semprericordatocomelavera,autenticapersonificazione

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dell'«uomo».Macomeerapossibile essere tanto sciocca?Eradavvero il caso di fare tanti drammi riguardo aquell'uomo nudo che era disteso lì sul lettoaccanto a me? In fondo, non era altro che unagentesegreto,unprofessionista,cheavevaagitocomecisidovevaaspettaredalui.Eraaddestratoa sparare, a uccidere. Cosa c'era di tantomeraviglioso in tutto questo? Coraggioso, forte,senzascrupoliconledonne—eccolequalitàchefacevano parte della sua professione — ed erapagato per essere così. Non era altro che unaspecie di spia, una spia che mi aveva amato. Omeglio,neppure amato—cheeravenuta a lettoconme.Perchèavreidovutotrasformarlonelmioeroe, giurare che non l'avrei mai dimenticato?D'istinto provai l'impulso di svegliarlo e didomandargli: «Sai essere gentile? Conosci lacortesia?»Mi voltai su un fianco. Dormiva, respirandotranquillamente, con la testa appoggiataall'avambracciosinistro,ilbracciodestroinfilatosottoilcuscino.Laluna,fuori,brillavaluminosa.

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Dalletendechiusefiltravaunalucerossastracheaccentuava le ombre scure sul suo corpo. Micurvai su di lui, respirando la sua mascolinità,anelandoatoccarlo,apassareunamantisuquellaschienaabbronzatafinoalpuntoincuiilcoloritobruno diventava improvvisamente roseo, doveavevalasciatoilsegnoilcostumedabagno.Dopo averlo guardato a lungo, tornai adistendermi.No,erapropriocomeavevopensatochefosse.Sì,eccounuomodaamare.Letenderosseinfondoallastanzasimuovevano.Mi domandai perchè, e con gli occhi ancorasemichiusidalsonno.Fuori,ilventoeracessatoenonsisentivaalcunrumore.Lentamentealzaigliocchiversoletendesopralamiatesta.Daquestaestremità della stanza— al di sopra del nostroletto—erano immobili. Forse era la brezza chearrivavadal lago!Su,dissi trame,per amordelcielo,cercadiriaddormentarti.Allora, con un rumore lacerante, improvviso, letende sul lato opposto della stanza vennerospalancate e una enorme faccia scintillante, aforma di rapa, pallida e lucida sotto la luna,mi

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guardòattraversoivetridellafinestra.Nonavreimaicredutochemisipotesserorizzareicapelliintestainquelmodo!Credevochefosseunmododidire inventatodagli scrittori.Eppuresentiiunfrusciosulcuscinointornoalleorecchieelafrescaarianotturnachemialitavaintornoalcranio. «Volevo gridare, ma non riuscivo»,«avevo il corpo paralizzato», «non potevomuovere neanche un dito»… credevo che tuttequeste frasi non fossero altro che invenzioni deiromanzieri. Non era vero. Non mi rimase altroche restare immobile, distesa, registrando lesensazioni fisiche — perfino un altro sintomo,quello degli occhi talmente sbarrati da dolermiaddirittura.Manon riuscivoa farenulla.Ero—ecco un'altra frase che si legge nei libri —paralizzata,irrigidita.impietrita.La faccia, dietro i vetri, stava sogghignando.Forsemostrava i denti, comeun animale, per losforzo. La luna si spostò dai denti, poi dagliocchi, poi dal cocuzzolo della testa calva,trasformando quel volto in una di quelle faccestilizzatechedisegnanoibambini.

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Quel viso fantomatico gettò lentamenteun'occhiata nella stanza: vide il letto bianco conl'improntadellenostreduetestesuiguanciali,poilentamente, penosamente, una mano, chestringeva un oggetto di metallo scintillante, sialzòall'altezzadella testaeconungestogoffoefaticosofracassòivetri.Il rumore bastò a riscuotermi. Gridai, colpendoqualcosa lateralmente con la mano.Probabilmente ilmio gesto non servì a nulla. Ilrumore dei vetri doveva già averlo svegliato.Forse riuscii soltanto a fargli prendere male lamira.Masubitodopoarrivòilfragoreassordantedelle due pallottole che andavano a schiacciarsicontro ilmuroaldi sopradellamia testa,poi sisentì un altro tintinnio di vetri infranti — e latestaaformadirapascomparve.«Tutto bene.Viv?»La sua voce aveva un suonoansioso,preoccupato.Videcheeroillesaenonaspettòlamiarisposta.Il letto sussultò e subito dopo intravidi' unastriscia di luce che arrivava dalla portasemiapertasulpratoilluminatodallaluna.James

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era uscito di corsa, tanto furtivamente che nonudii neppure lo scalpiccio dei suoi piedi sulpavimento di cemento del deposito perl'automobile, adiacente alla casetta, ma Ioimmaginai teso, attento, mentre avanzavasfiorandoilmuro.Nonfuicapacedifarealtrocherestare immobile a fissare il vuotodavanti ame—un'altra frase da romanzo, ma perfettamentevera—ivetrispezzati,scheggiati,dellafinestra,mentre mi tornava alla memoria l'aspetto diquella orrenda testa gocciolante, dalla forma dirapa, che non poteva che appartenere ad unfantasma.JamesBondritornò.Nondisseunasolaparola.Laprima cosa che fece fu di andare a prendere unbicchiere di acqua per me — un gesto tantoprosaico,'quellodiunpapàounamammaquandoillorobambinohaunincubo.Bastòquelsemplicefatto a ridare alla stanza le sue proporzionifamiliari, solite, e a toglierle quell'aspetto dacavernaneraerossa,pienadifantasmiedispari,che mi era sembrata prima. Poi James andò aprendereunasciugamano,portòunasediasottola

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finestra sventrata, vi si arrampicò e drappeggiòl'asciugamanoinmododacoprirelosquarcioneivetri.Non potei non notare, in quegli attimi, i suoimuscoli, che guizzavano sotto la pelle del corponudo; e pensai tra me, divertita, che un uomosenzaabitiaddossoerabenstrano—senonstavafacendo all'amore, ma se invece si muovevasemplicementeper lastanzacompiendo ipiccoligestiabitualiefamiliari.Pensaicheforselacosamiglioredelmondodovevaessereilnudismo.Maforse soltanto fino ai quarant'anni. «James, noningrassaremai,»dissi.Aveva drappeggiato l'asciugamano di spugnasullafinestracomesefossestatounatenda.Scesedalla sedia e mi rispose distratto: «No. È vero.Nonsidovrebbemaiingrassare.»Riportò la sedia sulla quale si era arrampicatovicino allo scrittoio, dove si trovava prima,.eriprese inmano la pistola che aveva appoggiatosul ripiano. La esaminò. Poi si diresse verso ilmucchio dei suoi abiti, tirò fuori un caricatorenuovo, tornò al letto e fece scivolare di nuovo

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l'armasottoilcuscino.Soltanto in quelmomento capii la sua posizionedi prima, quando dormiva con lamano nascostasottoilcuscino.Pensaichedovevaormaitrattarsidi un'abitudine, per lui. Che la sua vita dovesseesserecomequelladeipompieri,chesiaspettanosempre di essere chiamati dall'allarme. E pensaichedovevaessereun'esistenzabeninsolitaquelladi un uomo sempre a contatto con pericoli diqualsiasigenere.Mivennevicinoesedetteaccantoamesull'orlodel letto.Allapoca lucechefiltravanellastanzadallafinestra,ilsuovisomisembròtirato,stanco,come se risentisse ancora dell'impressioneprovata. Cercò di sorridermi, ma i muscolifaccialinonglieloconsentirono, equellochemirivolse fu soltanto l'ombra penosa di un sorriso.Poi disse: «Per poco non ci ammazzava tutti edue.Midispiace,Viv.Stoperdendounpocodellamia famosa intuizione. Se continuo così finiròmale. Quando l'automobile è sprofondata nellago, ti ricordichepartedel tettoeunfinestrinoposteriore sporgevano ancora dall'acqua? Bene,

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evidentemente in quell'angolo era rimasta ariasufficiente. Sono stato davvero sciocco a nonarrivarci da solo. Il nostro amico Sluggsy nonavevaaltrodafarecheusciredaquelfinestrinoeguadagnarelarivaanuoto.Erastatocolpitovarievolte e gli deve essere riuscito piuttosto penoso.Ma è stato ugualmente capace di raggiungerequestacasetta.Aquest'oraavremmopotutoesseremorti, ormai. Non uscire dalla porta posteriore,domattina.Nonèunbellospettacolo.»Miguardò,come per averne conferma. «Ad ogni modo, midispiace, Viv. Non avrebbe Mai dovutoaccadere.»Scesi dal letto e andai ad abbracciarlo. Il suocorpoerafreddo.Lostrinsiame.Lobaciai.Nonesseresciocco,James!Senonfossestatoperme,non ti saresti mai messo in questi guai. E dovesarei io, adesso, se non fossi arrivato tu? Nonsoltantosareigiàmortaesepolta,masareifinitaarrosto damolte ore. Il tuo guaio è che non haidormito abbastanza. E hai freddo. Vieni a lettoconme.Tiriscalderò.»Mialzaiecostrinsiancheluiadalzarsiinpiedi.

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Miattiròasé,stringendomialpropriocorpo.Mitennecosìunpoco,senzadirenulla,emiaccorsiche — molto lentamente — il mio corpo glitrasmetteva un poco di calore. Infinemi sollevòtralebracciaemideposedelicatamentesulletto.Poimiprese,violentemente,quasiconcrudeltà,eancoraunavoltasentiiquelbrevegridosoffocatoche sembravaproveniredalle labbradiqualcunoche non ero più io, e poi ancora ci trovammodistesi l'uno di fianco all'altro, mentre il suocuore batteva rapido contro il mio petto ed iotenevo stretta in una mano una ciocca dei suoicapelli.Distesi le dita che sembravano rattrappite e glipresilamano.«Seiunadeliziosabambina,»midisselui.«Sonopazzo di te. E adesso, dormiamo.» Mi baciòdelicatamente, poi si voltò su un fianco. Mirannicchiai contro di lui, stringendomi al suodorsoedallesuegambe.«Chemodosimpaticodidormire, questo, come i cucchiai. Buona notte,James.»«Buonanotte,caraViv.»

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15Scolpitonelmiocuore

Furonoleultimeparolechemidisse.Quandomisvegliailamattinaseguente,sen'eraandato.C'erasoltantol'improntadelsuocorposullettoeilsuoodore sul cuscino. Per esserne più sicura, balzaifuori dal letto e corsi a vedere se c'era ancoral'automobilegrigia.Manonlavidi.Era una magnifica giornata; il terreno eracosparso di rugiada e sulla rugiada poteiintravederel'ormadeisuoipassicheconducevanodirettamentealposto incuisierafermata lasuaauto, la sera prima. Un doliconice attraversò involo la radura e più lontano, in un puntoimprecisato tra gli alberi, si alzò il gridolamentosodiunatortora.Le rovine del motel erano nere e orribili avedersi: un filo di fumo saliva ancora alto nelcielodallemaceriedell'edificiocentrale.Ritornainella casetta, feci una doccia e cominciai a

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prepararealacremente imieibagaglieametterevia tutto quello che mi apparteneva nelle duesacche della Vespa. Fu allora che vidi la letterasulla toeletta e andai a prenderla, poi sedetti sullettoecominciaialeggerla.Era scritta sulla cartada letteradell'albergo, cheJames doveva avere trovato nel cassetto delloscrittoio. La sua calligrafia era chiara e avevausato una vera stilografica e non una penna asfera.CaraViv,forsedovraimostrarequestaletteraallapoliziaequindi sarà necessariamente una letteraimpersonale. Sono in partenza per Glens Falls,dove andrò a fare un rapporto completo allapolizia,dopoaveravvertitolapattugliadiagentidella stradale di mettersi immediatamente incontatto con te. Cercherò anche di ottenere unacomunicazione con Washington e quasicertamente sarà la polizia diAlbany a occuparsidelleindagini.Muoveròognipedinaperimpedirechetidianotroppofastidioecercheròdiottenere

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che ti lascinoripartiredopoaverascoltato la tuadeposizione. A Glens Falls avranno indicazionisulla strada che ho preso e fornirò loro anche ilnumero di targa della mia automobile, di modocheriuscirannoaraggiungermiinqualsiasipostoiomi trovisehaibisognodiaiutoosevoglionosapere qualcos'altro da me. Non potrai farecolazione e quindi chiederò alla pattuglia diagentidellastradalediarrivareconuntermosdicaffè e qualche panino perchè tu non muoia difame.Misarebbepiaciutomoltissimorestareconte, se non altro per fare la conoscenza con Mr.Sanguinetti!Madubitoche si facciavivoquestamattina. Immagino che, non avendo ricevutonessuna notizia dai suoi due ragazzi, si siaprecipitatoadAlbanyaprendereilprimoaereoinpartenza per il Sud, in modo da sconfinare nelMessico al più presto possibile. Riferirò aWashington i miei sospetti, e forse riuscirannoancora a 'prenderlo, se si muovono subito.Potrebbe anche capitargli una bella condanna avitaperunafaccendadelgenere,oquelloche—nellinguaggiochehaisentitoadoperareanchetu

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—vienecomunementechiamato«d'orainavanti»o «Il rosario». E adesso ascolta. Tu, e fino a uncerto punto anch'io, abbiamo fatto risparmiarealla compagnia di assicurazione almeno mezzomilione di dollari, e quindi ci sarà una grossaricompensa. Secondo il regolamento del miolavoro,nonpossoaccettarericompensedinessungenereequindinesonoautomaticamenteescluso;resta il fatto comunque che sei stata tu asobbarcartilapartepeggioredituttoquestoechene sei stata tu l'eroina. Quindi ho intenzione diandare fino in fondoaquesta faccenda,edi farein modo che la compagnia di assicurazionicompiailsuodovere.Ec'èqualcosaaltroancora.Nonsareiaffattosorpresoseuno—otuttieduequei pazzi delinquenti — fossero davveroricercati dalla polizia e che ci fosse una tagliasullalorotesta.Mioccuperòanchediquesto.Peril futuro, guida sempre conmolta attenzioneperlastradacheancoradevipercorrere.Enonaverepiù incubi.Noncapitanomoltospessoavventurecome questa! Considerala un brutto incidenteautomobilistico,epensadiessere stata fortunata

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ad uscirne indenne. E continua ad esseremagnificacomesei.Semivuoi,ohaibisognodiaiuto, puoi raggiungermi per lettera o percablogramma,manonper telefono, alMinisterodellaDifesa,Storey'sGate,Londra,S.W.1.PersempreJ.B.P.S.— La pressione delle tue gomme è troppoaltaperilSud.Ricordatidifarlaabbassare.P.S. — Prova il Fiore delle Alpi di Guerlain,invecedelCamay!Sentiiilrombodellemotociclettechearrivavanosulla strada. Quando si fermarono, restò ancoranell'aria il lamentodiuna sirenacheannunciavala presenza della polizia. Infilai la lettera nelloscollodellamia tuta,chiusibenbene lacernieralampoeusciiincontroallalegge.Eranoduesoldatidellamiliziaacavallo,giovani,simpatici,elegantinellalorodivisa.Mieroquasidimenticata dell'esistenza di persone simili. Misalutarono come se fossi stata un'Altezza reale.«MissVivienneMichel?»Ilpiùanzianodeidue,

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un tenente,mi rivolse ladomanda,mentre il suo«numerodue»mormoravaqualcosaabassavocenellaradioportatile,avvertendocheeranoarrivatialmotel.«Sì.»«Oh, sono il tenente Morrow. Abbiamo avutonotizia che vi siete trovata nei guai la nottescorsa.» Fece un gesto con la mano guantata indirezionedellerovinedell'albergo.«Emisembrapropriochelenotiziecheabbiamoricevutesianovere!»«Oh, ma questo è niente!» risposi in tonosdegnoso. «C'è un'automobile nel lago con uncadavere a bordo e un altro cadavere si trovadietrolacasettan.3.»«Sì, signorina.» Nella sua voce sentii una lievenota di rimprovero per la leggerezza con cuiavevoparlato.Sivoltòversoilsuocompagnocheaveva riagganciato il microfono all'apparecchio,sistematodietro il sellino.«O'Donnell, andateadareun'occhiataquiingiro,perfavore.»«Bene, tenente.» E O'Donnell si avviò a piediversoilprato.

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«Ecco,andiamoaSederciinqualcheposto,MissMichel.» Il tenente era curvo su una delle borseattaccate alla sella, e da essa tirò fuori unpacchetto accuratamente incartato. «Ho portatoconmeunpo'dicolazione.Mispiacechesitrattasoltanto di caffè e panini dolci. Va beneugualmente?»E,cosìdicendo,melotese.Glirivolsiunsorrisoammaliatore.«Èstatomoltogentiledapartevostra.Sonoveramenteaffamata.C'è qualche panchina vicino al lago. Possiamosceglierne una che non offra il panoramadell'automobile semisommersa.» Gli feci stradasulpratoeciaccomodammo.Iltenentesitolseilcappello, tirò fuori taccuino e matita e finse discorrere alcune note, per darmi la possibilità dicominciareadassaporareildolce.Infine alzò gli occhi e mi sorrise. «Adesso nondovete preoccuparvi, signorina. Non sto perprendere lavostradeposizione.Verrà il capitanoperquesto.Eormaidovrebbegiàesserearrivato.Quandoabbiamoricevuto lachiamata,hopotutosoltantosapereifattisalienti.Madaallorainpoinonmihannolasciatotranquillounmomento.Ho

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dovutoridurrelavelocitàpertuttala:stradadallaStatale 9 a questo posto, per continuare adascoltare le istruzioni inviatemidallastazionedipolizia,emidisserocheAlbanyerainteressataaquesto caso, e che persino i grossi papaveri diWashington ci stavano addosso con il lorofiatone! Mai sentito tanto baccano! E adesso,signorina, potreste dirmi come mai perfinoWashingtoncisièmessadimezzo,esoltantodueore dopo il primo rapporto ricevuto a GlensFalls?» Non potei fare a meno di sorridere difronteatantaalacrità.Riuscivoaimmaginarmelogridare a O'Donnell che lo seguiva, mentrecorrevanorumorosamentesullastrada:«Diavolo,traunpo', secontinuacosìavremoallecalcagnaJack Kennedy in persona!» Risposi: «Ecco, inquesta faccenda ha avuto una parte anche unindividuo di nome JamesBond.Mi ha salvato eha ucciso i due banditi. È una specie di agenteinglese,delServizioSegretooqualcosadisimile.Stava andando in automobile da Toronto aWashington per fare un rapporto su un casoappena concluso, quando gli si è bucata una

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gomma ed è rimasto fermo qui davantiall'albergo. Se non fosse venuto, a questa ora iosareigiàmorta.Adognimodo,credochesitrattidiunpersonaggiopiuttosto importante.MidissechevolevaesseresicurocheMr.Sanguinettinonriuscisse a sconfinare nel Messico o a scapparealtrove.Maquestoè,piùomeno,tuttoquellochesodilui,tranneilfattochehadavverol'aspettodiunuomofuoridelcomune.»Il tenente assunse un'espressione piena disimpatia. «Lo penso anch'io, signorina. Se èriuscitoacavarvidaquestoguaio!Macertamentedeve avere qualche addentellato con l'FBI. Noncapita spesso che si occupino di un caso locale,come questo.A meno che non sia necessario illoro intervento, o che la faccenda non interessianche le autorità federali.»Lontano, sulla stradasi sentì di nuovo il gemito acuto delle sirene. Iltenente Morrow balzò in piedi e si rimise ilberretto. «Bene, grazie, signorina. Volevo solosoddisfare una mia curiosità. Il capitano sioccuperà di questo caso, d'ora in poi. Nonpreoccupatevi. È una brava persona.» O'Donnell

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riapparve. «Se volete scusarci, signorina.» Iltenente si allontanòconO'Donnell, ascoltando ilrapportodiquest'ultimo,eiofiniidibereilcaffèe li seguii più lentamente, pensando allaThunderbird grigia che a quell'ora dovevadivorare ichilometrimoltopiùaSud,eaquelleduemaniabbronzatesulvolante.Fuunacarovanaveraepropria,quellachearrivòsullastradafraipini:unamacchinadellapoliziacon dei motociclisti battistrada, un'ambulanza,altreduemacchinedellapoliziaedun'autogruperricuperare l'automobile sprofondata nel lago.Avanzaronosulpratoversodimeesifermaronosoltantoquandofuronoinrivaal lago.Sembravache tutti avessero già ricevuto gli ordini, e benpresto l'intera radura brulicò di persone inmovimento, in divisa oliva scuro o blu. L'uomodall'aspetto corpulento che si mosse incontro ame, seguito da un ufficiale più giovane chescoprii più tardi essere lo stenografo, sembravauno di quei capitani della polizia che si vedononeifilm,lentonelmuoversi,dall'ariabonariamatenace.Mi tese lamano. «MissMichel?Sono il

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capitano Stonor di Glens Falls. Andiamo inqualchepostoincuisiapossibileparlare,volete?Unadellecasetteopreferiterestareall'aperto?»«Nehoavutoabbastanzadellecasette, senonvidispiace. Perchè non laggiù, al mio tavolo dellaprima colazione? Fra l'altro, grazie per averpensato ad ogni minimo particolare. Stavomorendodifame.»«Non ringraziate me, Miss Michel,» disse ilcapitano,eisuoiocchifuronoattraversatidaunaluce gelida, «è stato il vostro amico inglese, ilcomandante Bond, a suggerircelo, insieme aparecchiealtrecose.»Dunque lo chiamavano comandante Bond. Eral'unicogradochemipiacesse.Enaturalmente,intal caso, aveva costretto il capitano a mettersisull'attenti,uninglesecontuttalasuaautorità.Econ l'appoggio della CIA e dell'FBI, per di più.Nienteavrebbepotuto innervosiremaggiormentei poliziotti regolari. Decisi di comportarmi conmoltadiplomazia.Cisedemmoe,dopoisolitipreliminari,michieseunresocontodettagliatodegliavvenimenti.

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Ci vollero quasi due ore a raccontare tutta lastoria, calcolando anche il tempo perduto arispondere alle domande del capitano Stonor equello impiegato per le interruzioni dei suoiuomini, che di quando in quando venivano asussurrargli qualcosa nell'orecchio.Alla fine eroesausta. Ci portarono caffè e sigarette (perme).(«No, non fumo mai quando sono in servizio,grazie,MissMichel»),epoitutticirilassammoelo stenografo venne mandato via. Il capitanoStonormandòachiamareiltenenteMorrowegliordinò di spedire un rapporto preliminare alQuartier Generale, per via radio, e io restai adosservare i rottami della macchina nera chevenivanotiratisullosproneroccioso,echeadessoerano rimorchiati attraverso il prato fino allastrada. Qui si fermarono, venne fatta avvicinareun'ambulanza e dalla macchina fu estratto unfardello fradicio di acqua, che fu depostodelicatamente sull'erba. Horror! Mi ricordaiall'improvvisodiquellesuepupillegrigie,gelide,illuminate talvolta da un bagliore rossastro.Ripensai alle suemani su dime.Davvero, tutto

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quelloeraveramenteaccaduto?Sentiicheilcapitanodiceva:«EcopieadAlbanyeaWashington.D'accordo?»Poiritornòasedersidavantiame.Mi guardò con occhi pieni di gentilezza e midisse qualche frase cortese. Risposi con unosguardo che avrebbe dovuto fargli capire chequelle lodi nonmi lasciavano indifferente e poidissi:«No,no.»Glidomandai,quando,secondoilsuogiudizio,sareistataliberadiripartire.Il capitano Stonor non rispose immediatamente.Invece allungò lentamente una mano, si tolse ilcappello e lo depose sul tavolo. Un gesto diarmistizio,comequellocheavevagiàfattoprimailtenente,echemifecerideredentrodime.Poisi frugò in tasca, tirò fuori le sigarette el'accendisigari. Me ne offrì una e ne acceseun'altra per sé. Mi sorrise, infine: il suo primosorrisononufficiale.«Adessosonofuoriservizio,Miss Michel.» Sedette più comodamente,incrociando le gambe, appoggiando la cavigliasinistra sul ginocchio destro e prendendola inmano. D'un trattomi apparve come un uomo di

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mezzaetà,padredi famiglia,chesiprendevaunattimo di riposo. Aspirò la prima boccata dellasigaretta e rimase a guardare il fumo che sidissolvevanell'aria.Poidisse:«Poteteandareviain qualsiasi momento, Miss Michel. Il vostroamico,ilcomandanteBond,haraccomandatochevifossedatoilminimodisturbopossibile.Esonolietodiaccondiscendereaquestosuo—evostro—desiderio.»Quisiinterruppesorrisedinuovo,ma con una punta di umorismo e di ironia cheeranocompletamentenuoviinlui,einaspettati.«E non avevo davvero bisogno che ancheWashingtonesprimesseilpropriodesideriocheleindagini, in questa faccenda, si svolgesserosollecitamente. Siete stata una ragazzacoraggiosa. Vi siete trovata implicata in uncriminedeipiùloschievisietecomportatacomevorreichesicomportasseroimieifigli.Queiduedelinquenti erano ricercati. Farò il vostro nomeper la taglia. E la stessa cosa vale per lacompagnia di assicurazioni, che certamente saràgenerosa. Abbiamo fermato i due Phancey,basandocisuun'accusapreliminaredicorreitàper

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frode, e Mr. Sanguinetti ha già preso il volo,come aveva pensato il comandante Bond.Abbiamo fatto un controllo a Troy —ma loavremmo fatto in ogni caso — ed ora ilcomplessomeccanismodellapoliziasièmessoinmotoperrintracciarlo.Cisaràancheun'accusadidelittocapitalecontroMr.Sanguinettiepuòdarsichesiarichiestaanchelavostrapresenza—seequando lo prenderemo— per una deposizione euna testimonianza. Naturalmente verreteconvocata e fatta viaggiare a spese dello Stato,verrete alloggiata e anche riaccompagnata dovevorrete. Questa,» e il capitano Stonor fece ungesto con lamano che teneva la sigaretta, «è lanormale prassi della polizia e le cose simetterannoinmotoautomaticamentealmomentoopportuno.» I suoi occhi azzurri, dall'ariafurbescamìesaminaronoconinteresse,poisudiessiricaddeilvelodiufficialità.«Maconquestonon posso dire di essere soddisfatto e diconsiderarechiusoquestocaso.»Misorrise.«Voglio dire, adesso che mi considero fuoriservizioperunpoco,e siamoqui tranoi,voied

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io.»Cercai di assumere 'un'espressione piena diinteresse,maanchesicuradime,domandandomidovesarebbeandatoafinireconqueldiscorso.«Il comandante Bond vi ha lasciato qualcheistruzione, una lettera? Mi disse che vi avevalasciatoaddormentata all'alba.Cheerapartitodiquialleseiechenonhavolutosvegliarvi.Piùchegiusto, naturalmente,» e il capitano Stonoresaminò con attenzione la punta della suasigaretta, «ma secondo la vostra deposizione eanche secondo quella del comandante Bond, cirisultacheaveteoccupatounastessacasetta.Piùchenaturale,inquestecircostanze.Nondovevateaveremoltavogliadi restare ancora sola, questanotte.Mamisembraunsalutopiuttostocurioso,dopounanottatapienadieventicomequellacheavetepassato.Nonaveteavutoguaidapartesua,immagino!Nonhatentato…ehm,difarequalcheapproccio… se capite quello che voglio dire?» Isuoi occhi mi chiedevano scusa, ma nonlasciavanoimiei.Arrossii di colpo. Risposi in tono asciutto:

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«Certamenteno, capitano.Sì,miha lasciatounalettera.Unaletteramoltosempliceechiara.Nonve ne ho parlato perchè non aggiunge nulla aquanto già sapete.»Aprii la cerniera della tuta,allungai una mano nella scollatura a cercare lalettera, mentre il rossore aumentava sulle mieguance.Chediavolod'uomo!Prese la lettera e la lesse con molta attenzione.Poi me la restituì. «Una lettera molto bella.Molto,ehm,precisa.Nonhocapitoquelpezzo,apropositodelsapone.»Risposiasciutta:«Oh,sitrattavadiunoscherzoaproposito del sapone delmotel.Disse che avevaunprofumotroppoforte.»«Capisco. Sì, certamente. Bene, questo è tutto,Miss Michel.» I suoi occhi erano ridiventatigentili. «Ecco, e adesso vi dispiace se aggiungoqualcosadiestremamentepersonale?Seviparloperunattimocomese fostemia figlia?Oancheuna mia nipotina… se avessi cominciato un po'prima.»Eridacchiòaffabilmente.«No,ditemipurequellochevolete.»Il capitano Stonor prese un'altra sigaretta e

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l'accese.«Bene,dunque,MissMichel,quellocheil comandante dice è giusto. E come se vi fossecapitatoungraveincidenteautomobilistico:enondoveteaveralcunincubocheveloricordi.Mac'èdell'altro. Siete stata introdotta all'improvviso econ una certa violenza nel mondo segreto delladelinquenza, nella lotta che continuada tempoedicuileggetenotiziesuigiornaliechevedetealcinema.Ecomealcinemailpoliziottohasalvatola fanciulla dai banditi.» Si chinò verso di meattraversolatavolaenonpermisealmiosguardodi abbandonare il suo. «Adesso, nonfraintendetemi.E se vi dirò qualcosa che non visembraappropriatoallacircostanza,MissMichel,dimenticatevene subito. Sarebbe incomprensibilechenonvedesteconocchiromantici ilpoliziottoche vi ha salvato, che non lo trasformaste in uneroe. Può anche capitare che vi riesca facilecostruire un'immagine a sua somiglianza dateneresemprepresente,chevimettiateacercarenel mondo un altro simile a lui, che proviate ildesideriodisposarlo!»Ilcapitanosiappoggiòdinuovo allo schienale della sedia. Poi sorrise con

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ariadiscusa.«Sevihodettotuttoquestoèperchèavvenimenti improvvisi e violenti come quelliattraverso i quali siete passata voi, lasciano ilsegno.Sonoundurocolpoperchiunque,perognisfortunato cittadino al quale è capitato. Esoprattutto per una persona giovane come voi.Ora, sono convinto,» e gli occhi diventarono unpo'menogentili, «e hobuone ragioni di crederedaquellochemièstatodettodaimieiagenti,cheabbiate avuto una relazione intima con ilcomandante Bond questa notte. Temo che lanostra abilitànello scoprire traccedi questi fattisia uno dei nostri doveri meno gradevoli.» Ilcapitano Stonor alzò unamano. «Non ho alcunaintenzione di ficcare il mio naso in faccendeprivate comequesta, e so perfettamente che nonsono affari miei, ma sarebbe molto naturale, equasi inevitabile, che abbiate lasciato il cuore, oalmeno una parte di esso, a questo interessantegiovanotto inglese che vi ha salvato la vitaqualche ora fa.» La simpatia, nel suo sorrisopaterno, aveva una punta di ironia. «Dopo tuttoquellocheèstatofattoedetto,edopotuttoquello

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che si sente raccontare e si legge nei libri o sivede su uno schermo, perchè non dovrebbesuccedereanchenellavitadituttiigiorni?»Miagitaiimpazientesullasedia,desiderandocontutto il cuore che quella stupida conferenzafinisse,anelandoadesseregiàlontanadilì.«Adesso concludo subito,MissMichel, e so chestatepensandochesonodavveroimpertinente,maormai ho passato buona parte della mia vitalavorando per la polizia, e mi sono sempreinteressatodiquellechesono leconseguenze, incasicomequesti.Inparticolarequandolapersonaè giovane e potrebbe restare in qualche mododanneggiata dall'esperienza attraverso la quale èpassata.Così,desiderereichepensasteunpocoaquesto,MissMichel,epoivoglioaugurarviognifortuna e un felice viaggio su quella stranamotoretta che possedete! Ecco tutto, MissMichel.»Gli occhi del capitano Stonor non mollarono lapresa e continuarono a fissare i miei, ma miaccorsi che non erano più a fuoco. Capii chequellochestavopersentireglivenivadalcuore.

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È una cosa che capita raramente tra duegenerazioni, tra adulti e bambini. Smisi didesiderarediesseregiàlontanodilì,egliprestaiattenzione.«Questa lotta contro ilmondo dellamalavita, dicui vi stavo parlando, questa battaglia contro ilcrimineedilvizioduradasempre,siachevengacombattutatradelinquentiepoliziottisiatraspieeagentidelcontrospionaggio.Èunalottatradueeserciti addestrati a questo scopo, uno checombatte in nome della legge e di quello che ilsuo paese considera la giustizia, e uno cheappartiene ai nemici di tutto ciò.» Il capitanoStonor ormai stava parlando per se stesso.Immaginai che stesse ripetendo qualcosa che«sentiva» intensamente, che forse aveva giàmanifestato in qualche discorso o che avevatrattato in qualche articolo per una rivista dellapolizia. «Ma nei ranghi più elevati di questeforze, tra iduri della professione, esiste unaqualità tutta particolare di spietatezza che ècomune a tutte le persone che vi agiscono, agliamiciedainemici.»Ilpugnochiusodelcapitano

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si appoggiò delicatamente sul piano del tavolo,quasiasottolinearequesteparole,edisuoiocchi,cheormaiguardavanodentrodilui,siacceserodiunlampodicolleraesaltante,segreta.«Ipiùabilidelinquenti,ogliagentidell'FBI,lespiemiglioriegliagentidelcontrospionaggiopiùaudacisonoassassini senza scrupoli, dal sangue freddo esenza pietà, Miss Michel. E non esistonoeccezioni, in questo anche fra gliamici inopposizioneainemici.Edeveesserecosì.Senonpossedessero queste doti, nessuno di lororiuscirebbeasopravvivere.Miavetecapito?»GliocchidelcapitanoStonor riacquistaronovivacitàe luce.Adesso fissavano imiei in una specie diamichevole preoccupazione, che era davverocommoventeechetoccavaimieisentimentima,mi vergogno a dirlo, non ilmio cuore. «Così, ilmessaggio chevoglio lasciarvimia cara—ehogià parlato con Washington e ho assuntoinformazioni sul comandante Bond e sulla suaposizione, che è veramente di primo piano inquesto lavoro—èquesto.Tenetevialla largadatuttigliuominidiquestotipo.Nonsonofattiper

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voi,siachesichiaminoJamesBondsiaSluggsyMorant. Ambedue questi uomini, e altri comeloro,appartengonoaunagiunglaparticolarenellaqualevoivisieteaggirataesmarritaperqualcheora e dalla quale siete stata tanto fortunata dauscire. Quindi badate adesso di non lasciarvitrascinare da sogni d'ora per l'uno dei due, ospaventare da incubi, provocati dall'altro. Sonosemplicemente persone particolari, cheappartengonoaunaspeciebendiversadavoi.»Ilcapitano Stonor sorrise: «Come i falchi e lecolombe, se mi permettete questo paragone. Miavete seguito?» La mia espressione non potevanonessereattentaepienadiinteresse.Poilasuavoceriacquistòilsolitotonotagliente:«Eadesso,andiamocene.»Si alzò in piedi e io lo imitati. Non sapevo checosa dire. Rammentai la reazione che avevoavuto, quando James Bond era apparso sullasogliadelmotel:«Oh,Dio,ecconeunaltro!»Mamitornaronoallamemoriaancheisuoibacielesue braccia che si stringevano intorno ame.Miavviaiconatteggiamentoseveroearrendevoleal

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fiancodiquell'uomocorpulentoeaffabilechemiaveva enunciato quei pensieri così benevoli esaggi, e tuttoquello che riuscii a pensare fu cheavevo voglia di un pasto copioso e di un lungosonno ad almeno centocinquanta chilometri didistanzadalmotel«IPiniSognanti».Era mezzogiorno quando riuscii a ripartire. Ilcapitano Stonor disse che avrei avuto qualchenoia con la stampa, ma che avrebbe cercato ditener lontani i giornalisti per quanto gli erapossibile. Ero libera di dire tutto quello chevolevo a proposito di James Bond, purchè nonaccennassiallasuaprofessioneoalmodoconcuipoteva essere rintracciato. Dalle mie paroledoveva risultare semplicemente come unindividuo sconosciuto, apparso nelmomento delbisogno, e che poi se ne era andato per la suastrada.Avevo preparato le mie sacche e il giovanetenente Morrow le legò ai lati del sellino dellaVespaemiaiutòaspingerlasullastrada.Mentreattraversavamo il prato, disse: «E state attentaalle buche che ci sono tra qui e Glens Falls,

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signorina. Qualcuna è tanto profonda che saràbene suonare il clacson prima di superarle. Puòdarsi che ci sia caduta dentro qualche altrapersona, che viaggia con uno scooter come ilvostro!» Risi. Era pulito, allegro, e giovane,maimplacabile e coraggioso a giudicare dal suoaspettoedallasuaprofessione.Forseeccoiltipod'uomo adatto a far scatenare lamia fantasia diragazzaromantica!Salutai il capitano Stonor e lo ringraziai. Poi,temendo di passare per una sciocca, infilail'elmetto antiurto e gli occhialoni, orlati dipelliccia bianca, saltai sulla Vespa e innestai lamarcia. Grazie a Dio, il motorino non si fecepregare e simise subito inmoto.Adesso sì, chepotevo farlo vedere a tutti, come ero capace diguidare! La ruota posteriore, come se l'avessifatto apposta, era ancora sollevata sul suosostegno;mollaiilpedalecondelicatezzaediediuna rapida spinta alla motoretta. La ruotaposteriore, che girava vorticosamente, presecontattoconlasuperficieirregolaredellastradaespazzòviapolvereeciottoli.Filai lontano,come

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unrazzo,edopoavercambiatotuttelemarcenelgiro di pochi secondi, mi trovai sui sessantachilometridivelocitàoraria.Lastrada,davantiame,sembrava lisciaescorrevoleeneapprofittaipergettareun'occhiataallespalleeperalzareunamano, spudoratamente, in segno di saluto. Dalpiccologruppodipoliziotticifuunarisposta.Poifui lontana,sullastrada lungaediritta tra leduefile di pini che sembravano messi lì comesentinelle e che parevano spiacenti al vedermiandareviasenzachemifossecapitatoqualcosadimale. Qualcosa di male? Cos'aveva detto ilcapitanoapropositodei«segni»?Noncicredevo.Le ferite del mio terrore erano state guarite,rimarginate, da quello sconosciuto che dormivacon una rivoltella sotto il cuscino, quell'agentesegretochetutticonoscevanosoltantopermezzodiunnumero.Un agente segreto? Non mi interessava il suomestiere.Unnumero?Loavevogiàdimenticato.Sapevoperfettamentechieraechecosafaceva.Etutto, anche nei minimi particolari, sarebberimastoscolpitonelmiocuorepersempre.