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© Aspen Institute Italia A cura di CNR, Politecnico di Torino, Politecnico di Milano, Scuola Normale Superiore e Fondazione Telethon per Aspen Institute Italia LA RICERCA IN ITALIA: PUNTI DI FORZA E DI DEBOLEZZA Interesse nazionale Gennaio 2012

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A cura di CNR, Politecnico di Torino, Politecnico di Milano, Scuola Normale Superiore e Fondazione Telethon

per Aspen Institute Italia

LA RICERCA IN ITALIA:

PUNTI DI FORZA E DI DEBOLEZZA

Interesse nazionaleGennaio 2012

 

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1. Executive summary

Questo lavoro presenta i risultati di un’analisi della ricerca scientifica italiana in campo biomedico, tecnologico e fisico-chimico, settori in cui è possibile raccogliere dati oggettivi e confrontabili rispetto ad altri Paesi. Per inquadrare la situazione dell'Italia nella sua evoluzione temporale e nel confronto con gli altri Paesi dell'OCSE, sono stati considerati innanzitutto alcuni dati quantitativi generali. Sulla base dei diversi indicatori di produttività (pubblicazioni scientifiche, citazioni, brevetti), la ricerca italiana è risultata sempre fra le prime dieci del mondo, benché in posizione decisamente inferiore per quantità di finanziamenti e numero di ricercatori. Tale risultato mette in evidenza come la produttività dei ricercatori italiani sia superiore a quella di molti competitor. Le analisi per settore, inoltre, hanno misurato il numero di citazioni delle pubblicazioni e l'impatto delle stesse. Per ogni branca sono stati esaminati alcuni sotto-settori tematici e particolari istituzioni considerate top performer nazionali.

Nel settore biomedico l’impatto della ricerca italiana mostra una performance superiore all’atteso nelle aree “Clinical Medicine” e “Pharmacology and Toxicology” e, nel complesso, è in linea con il posizionamento nazionale rispetto agli altri Paesi. Dal lavoro emerge comunque che non vi sono aree in cui la ricerca biomedica italiana esprime, nel suo complesso, una vera e propria leadership. Esistono tuttavia centri che svolgono ricerca e ottengono risultati di qualità pienamente confrontabili con quelli delle migliori istituzioni al mondo.

Nel campo tecnologico l’impatto della ricerca italiana mostra una performance superiore all’atteso e un livello di citazioni che colloca la produzione scientifica nazionale nel gruppo dei Paesi leader a livello mondiale, seppur con una certa distanza rispetto agli Stati Uniti, che sono in testa alle classifiche. L’Italia si colloca stabilmente tra i primi dieci Paesi, pur senza evidenziare specializzazioni settoriali di riferimento mondiale. Più specificamente, va evidenziata la buona prestazione nella meccanica, nell’aerospazio, nell’elettronica e nelle tecnologie multimediali. Anche nel settore tecnologico è possibile individuare centri di rilevanza mondiale che emergono rispetto alla media nazionale.

Infine, anche nell'ambito delle discipline fisiche e chimiche l’impatto della ricerca italiana mostra una performance che colloca il volume della produzione scientifica italiana tra i Paesi leader. Il confronto con i dati sulle risorse finanziarie e umane messe in campo dal nostro Paese mostra una produttività piuttosto elevata, tale da far risalire molte posizioni all’Italia rispetto alle altre nazioni. Il confronto sul dato del 2010 tra l’aggregato di un settore e alcuni ambiti scientifici mette in luce una certa disomogeneità, dalla quale emerge l’impatto positivo – in alcuni sotto-settori – di politiche specifiche a livello nazionale. Ad esempio nella fisica, dove il dato aggregato posiziona l’Italia a un notevole settimo posto, si segnala che il buon posizionamento deriva dall’effetto trainante di due sotto-settori, la fisica nucleare e la fisica della materia, nei quali sono (o sono stati) presenti e attivi istituti nazionali capaci di svolgere un’efficace azione di coordinamento e stimolo.

Nel complesso si può affermare che la ricerca italiana è di ottima qualità (fra le prime dieci del mondo) grazie anche alla presenza di punte di eccellenza; i principali fattori che favoriscono la competitività dei centri e dei laboratori – che sono alla base di questo successo sia in termini di risultati scientifici che di ricadute – sono:

∗ l'orientamento alla missione; ∗ il modello di governance; ∗ i criteri di valutazione ex-ante ed ex-post dei progetti di ricerca; ∗ il management; ∗ l'attenzione allo sviluppo delle carriere; ∗ la dimensione internazionale; ∗ la creazione di gruppi di lavoro multi-disciplinari e multi-ente.

 

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Occorre continuare a sostenere e anzi – all’interno di un quadro di programmazione strategica – aumentare l'impegno finanziario nella ricerca, con l'obiettivo di sviluppare le eccellenze, focalizzando gli investimenti sui temi e sui centri di preminenza nazionale.

 

2. I valori della ricerca

La ricerca scientifica è primariamente orientata ad aumentare la conoscenza sulla natura e sull'uomo e costituisce la base fondante della formazione superiore. Alle classi dirigenti, e più recentemente a tutti i professionisti, è richiesta la capacità di affrontare e risolvere problemi sempre nuovi non solo grazie all'analogia con altri problemi già affrontati, ma anche attraverso l’adozione di soluzioni basate su un nuovo sapere, sull'innovazione. In tale contesto la ricerca scientifica è indispensabile sia come palestra dove sviluppare ed esercitare queste capacità durante la formazione, sia come sorgente di idee, metodi e concetti utili per il progresso dell'umanità. Alle università spetta perciò non solo l’insegnamento delle conoscenze già raggiunte, cioè dello stato dell’arte, ma anche del metodo per affrontare le sfide del futuro. I laureati portano nella società tali saperi e ne rendono possibile l’applicazione: la formazione superiore e la ricerca scientifica favoriscono così la crescita competitiva delle nazioni, apportando benefici culturali, sociali, economici, industriali e di competitività. A partire dagli anni ’70 abbiamo assistito alla massificazione degli studi universitari con una contemporanea (e conseguente) richiesta di una sempre maggiore professionalizzazione dei corsi di studio. Questa tendenza, unita alla grande specializzazione delle imprese e alla globalizzazione dell'economia e delle comunicazioni, ha reso necessario identificare, potenziare e indirizzare gli obiettivi dell’attività di ricerca e le sue ricadute, con il rischio di provocare talvolta lo scollamento tra il sapere portato dal laureato (o dal dottore di ricerca) e le dinamiche della società. Oggi la ricerca, da sempre un investimento di medio e lungo periodo, sta assumendo anche una funzione di breve termine: i risultati ricadono sul mercato ed essa diventa non solo un investimento pubblico, ma anche un servizio che, al pari di altri, i privati possono acquistare. È quindi indispensabile che questa nuova tendenza non assorba completamente le attività di ricerca, inaridendone così il potenziale strategico. I valori fondamentali della ricerca, che sono alla base dell’effettiva prospettiva di sviluppo economico, sociale, industriale e culturale di un Paese, sono:

∗ autonomia, intesa come indipendenza da interessi di parte; ∗ responsabilità nell'individuare le ricadute del nuovo sapere e nel determinarne i massimi

benefici per la società; ∗ capacità di indirizzare le scelte strategiche sulla base delle prospettive di evoluzione delle

conoscenze; ∗ globalizzazione e libertà, come principi che determinano il valore democratico del sapere.

La ricerca scientifica è stata uno dei primi ambiti a svilupparsi in una prospettiva veramente internazionale; la dimensione globale è dunque una delle sue caratteristiche identitarie. Negli ultimi decenni la condivisione del sapere ha tratto benefici significativi dall’enorme sviluppo dei sistemi di comunicazione, arrivando a generare una vera e propria economia di scala della conoscenza. In questo contesto si inserisce la crescita di reti internazionali e interdisciplinari attorno a sfide e problematiche di interesse globale che, nella maggior parte dei casi, sono al di fuori della portata di un singolo Paese. Per tale motivo l’analisi della ricerca prodotta in un singolo Paese è rilevante solo se inserita in un contesto di competitività internazionale.

 

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Qui di seguito è riportata un’analisi sulla ricerca italiana limitatamente agli ambiti delle scienze propriamente dette e delle tecnologie. Si segnala che molti ambiti disciplinari di grande valore strategico per lo sviluppo culturale, economico, sociale e, talora, anche industriale del Paese non sono stati considerati a causa delle difficoltà di analisi; all'origine di tale ostacolo si segnala la forte eterogeneità e specificità dei risultati della ricerca. In tal senso, ad esempio, la matematica, le scienze umane e sociali e le scienze della terra sono escluse da questo documento, ma potrebbero costituire l’oggetto di una riflessione autonoma, sia per il grande valore che rappresentano per il contributo dell'Italia al progresso, sia per le questioni aperte relative alla loro corretta valutazione.

Nei settori qui discussi, infatti, si registra una buona aderenza tra il grado di successo percepito dalla comunità di riferimento per una determinata struttura/istituto e l’esame “meccanico” di parametri quantitativi di rating quali: “indice h”1, analisi dell’impact factor (IRSA)2, esame della quantità di risorse autonomamente acquisite e della capacità di produrre brevetti e trasferire le conoscenze tramite licenze o spin-off. In questo senso appare agevole il compito di valutazione di tali strutture; è invece dubbio se questi stessi criteri possano applicarsi ad altre scienze qui non trattate.

3. Macroanalisi quantitativa

La macroanalisi quantitativa della ricerca fornisce un quadro che, per eccesso di generalità, non consente di intraprendere azioni di indirizzo, sostegno e correzione, nonostante dia informazioni di tendenza e di confronto con altri Paesi. Esiste una forte eterogeneità - territoriale, disciplinare, tematica, di risorse, di norme e di obiettivi - fra i diversi campi della ricerca scientifica. Di conseguenza la macroanalisi quantitativa che si riporta nei diagrammi seguenti è da considerarsi solo indicativa della situazione. Sono stati individuati alcuni dati, ritenuti interessanti per questo studio, che provengono da differenti fonti: “Science, Technology and Industry Outlook” (OECD, 2010); “Main Science and Technology Indicators” (OECD, 2009); “Knowledge, networks and nations: global scientific collaboration in the 21st century” (The Royal Society, 2011); “VIII Rapporto Netval sulla valorizzazione della ricerca nelle università italiane” (Netval, 2011). I dati contenuti nelle figure fanno riferimento a campioni e ad anni differenti, provengono da banche dati diverse e sono stati riportati sulla base di indicatori dissimili. Tuttavia si ritiene che possano essere un’utile base per formulare due importanti considerazioni di tipo qualitativo. Considerazione 1. La ricerca italiana è competitiva per qualità e quantità; la spesa in ricerca è produttiva in confronto agli altri Paesi.

∗ La Fig. 1 riporta la spesa per R&D come percentuale del PIL nei Paesi OCSE nel 2008. L'Italia – al 28° posto – presente un valore pari a circa l’1.2% contro l’1.8% dell'Europa a 27 e il 2.4% dell'OCSE.

∗ La Fig. 2 illustra la spesa per R&D nel 2007. L'Italia è al 9° posto con meno di 20 miliardi dollari; vi sono Paesi che spendono molto di più: Germania oltre 50, Cina oltre 80 e USA oltre 310.

∗ La Fig. 3 evidenzia la proporzione di addetti alla ricerca nel 2007. L'Italia è al 18° posto con                                                             1 Con “indice h” o “indice di Hirsch”, si intende un indice proposto nel 2005 da Jorge E. Hirsch per quantificare la prolificità e l'impatto del lavoro degli scienziati, basandosi sia sul numero delle loro pubblicazioni che sul numero di citazioni ricevute. Secondo la definizione, uno scienziato (o un Paese) è di indice n se ha pubblicato almeno n lavori, ciascuno dei quali è stato citato almeno n volte. 2 Il valore di Impact Relative to Subject Area (IRSA) esprime l’impatto di una pubblicazione scientifica (misurato dal numero di citazioni) rispetto all’impatto atteso per quell’area di riferimento. Un valore di IRSA maggiore di 1 indica una performance superiore alle attese in quella disciplina.

 

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circa lo 0.8% contro l'1% dell'Europa a 27. ∗ La Fig. 4 riporta il numero totale degli addetti alla ricerca nel 2007. L'Italia si colloca all'11°

posto con meno di 100 mila addetti, contro gli oltre 200 mila di Francia, Gran Bretagna e Germania, e gli oltre 1,4 milioni di Cina e USA.

∗ La Fig. 5 evidenzia gli articoli scientifici pubblicati da autori italiani per milione di abitanti nel 2008. L'Italia è al 24° posto, molto vicina alla media OCSE e a quella dell'Europa a 27 (circa 800 pubblicazioni per milione di abitanti).

∗ La Fig. 6 dettaglia la percentuale di pubblicazioni provenienti da ciascun Paese sul totale delle pubblicazioni mondiali. L'Italia si trova all'8° posto con un valore pari al 3%.

∗ La Fig. 7 riporta la percentuale di citazioni di pubblicazioni in base al Paese dell'autore. L'Italia si trova al 7° posto, circa allo stesso livello di Canada, Francia e Giappone.

Il confronto con gli altri Paesi dell'OCSE pone dunque l'Italia certamente fra le nazioni più virtuose in termini di produzione (numero di pubblicazioni) e qualità (numero di citazioni) della ricerca, rispetto alla spesa e al numero di addetti del settore R&D.

Fig. 1

Fig. 2

 

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Fig. 3

Fig. 4

Fig. 5

 

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Fig. 6

Fig. 7

Considerazione 2. Il sistema della ricerca spinge verso l'applicazione e la valorizzazione dei risultati. Esiste una forte variabilità dei risultati all'interno del sistema pubblico della ricerca, impegnato da anni a valorizzare i risultati verso ricadute economiche, industriali e culturali. Due sono i principali strumenti adottati: il brevetto e la costituzione delle società spin-off.

∗ La Fig. 8 riporta il numero di brevetti depositati all'ufficio brevetti USA da altri Paesi. L'Italia si trova al 10° posto.

∗ La Fig. 9 illustra la consistenza del portafoglio brevetti delle università italiane (non sono inclusi gli enti di ricerca). La crescita è stata molto forte – il numero dei brevetti è più che raddoppiato in 4 anni – ma ancora fortemente concentrata in pochi atenei. Circa il 40% dei brevetti appartiene infatti alle 5 università più attive.

∗ La Fig. 10 evidenzia le licenze di brevetti in possesso delle università. Anche in questo caso c'è stato un raddoppio negli ultimi 4 anni; si segnala che oltre il 50% delle licenze appartiene ai 5 atenei più attivi in questo settore.

∗ La Fig. 11 riporta il numero cumulato di società spin-off costituite da università e da enti pubblici di ricerca. La crescita è costante nell'ultimo decennio; anche in questo caso i primi 5 atenei/enti possiedono oltre il 25% delle società spin-off universitarie (e i primi 10 oltre il 40%).

 

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È dunque certamente possibile identificare la ricerca italiana come una delle migliori del mondo, collocandola almeno fra le prime dieci.

Fig. 8

Fig. 9

Fig. 10

 

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Fig. 11

4. Descrizione del campione analizzato

Come già indicato, questo studio è limitato ad alcune aree disciplinari, la cui parziale eterogeneità ha portato a metodologie di analisi differenti; i risultati non sono dunque direttamente confrontabili fra loro, ma sono comunque utili per fornire un quadro del settore. I settori analizzati sono: a. Settore biomedico La produzione scientifica della ricerca biomedica italiana è stata analizzata per aree tematiche, così come indicizzate dalla banca dati “Essential Science Indicators” di Thomson Reuters. Il campione considerato riguarda tutti gli articoli scientifici indicizzati da Thomson Reuters e pubblicati da gruppi di ricerca operanti presso istituzioni italiane, negli anni 2005-2009. L’analisi ha riguardato la comparazione internazionale della produzione scientifica italiana nelle aree: “Clinical Medicine”, “Immunology”, “Molecular Biology and Genetics”, “Biology and Biochemistry”, “Neuroscience and Behaviour”, “Pharmacology and Toxicology” e “Microbiology”. b. Settore tecnologico Anche la produzione scientifica in campo tecnologico è stata analizzata per aree tematiche, così come indicizzate dalle banche dati “Scopus” di Elsevier e “Web of Science” di Thomson Reuters. Il campione preso in esame comprende tutti gli articoli scientifici indicizzati da Elsevier e da Thomson Reuters e pubblicati da gruppi di ricerca operanti presso centri italiani, negli anni 2001-2010. L’analisi ha riguardato sia la comparazione internazionale della produzione scientifica italiana, sia la produzione scientifica di alcune istituzioni italiane nelle discipline ingegneristiche, aggregate secondo la tassonomia proposta dai database utilizzati e riconducibili all’area tecnologica. c. Settore fisico-chimico Infine, anche nel campo delle scienze fisiche e chimiche la produzione scientifica della ricerca italiana è stata analizzata per aree tematiche, così come indicizzate dalle banche dati “Scopus” di Elsevier e “Web of Science” di Thomson Reuters. Il campione preso in esame comprende tutti gli articoli scientifici indicizzati da Elsevier e da Thomson Reuters e pubblicati da gruppi di ricerca operanti presso istituzioni italiane, con riferimento all’ultimo anno disponibile (2010) o all’intero campione (periodo 1996-2010). L’analisi ha riguardato principalmente il posizionamento internazionale della produzione scientifica italiana; è stata presa in considerazione anche la produzione scientifica di alcune istituzioni campione.

 

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5. Analisi quantitativa e qualitativa

a. Settore biomedico

Comparazione aggregata per Paese Nelle figure che seguono è riportato in ordinata il valore di Impact Relative to Subject Area (IRSA) che esprime l’impatto di una pubblicazione scientifica (numero di citazioni) rispetto all’impatto atteso per quell’area di riferimento. Come già osservato, un valore di IRSA maggiore di 1 indica una performance superiore alle attese in quella disciplina 3.

Fig. 12 Fig. 13

Fig. 14 Fig. 15

Fig. 16 Fig. 17

                                                            3 Il calcolo è stato effettuato utilizzando il sistema di analisi “InCites” di Thomson Reuters.

 

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Fig. 18

Analisi dei risultati di confronto fra Paesi Il dato aggregato dell’impatto della ricerca italiana in campo biomedico mostra una performance superiore alle attese nelle aree “Clinical Medicine” e “Pharmacology and Toxicology” (Figg. 12 e 13). Nel complesso il dato è in linea con il posizionamento della ricerca italiana rispetto agli altri Paesi (Figg. 6 e 7). Si segnala che non vi sono aree in cui la ricerca biomedica italiana esprime, nel suo complesso, una vera e propria leadership.

Comparazione fra centri di ricerca biomedica È stata condotta un'analisi limitatamente a tre degli istituti italiani di nota competitività internazionale in campo biomedico. La scelta non è frutto di una “selezione” da una “classifica” dei centri italiani e quindi deve essere considerata come emblematica e rappresentativa delle eccellenze italiane nella ricerca. Gli istituti analizzati sono: il San Raffaele-Telethon Institute for Gene Therapy di Milano (HSR-TIGET), il Dipartimento di Scienze Biomediche Sperimentali dell’Università di Padova (BIOMED UNIPD) e l’Istituto FIRC di Oncologia Molecolare di Milano (IFOM).

Fig. 19 Fig. 20

Fig. 21 Fig. 22

 

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Analisi dei risultati di confronto fra centri di ricerca Nel caso dell'HSR-TIGET, l’inclusione dell’istituto nell’analisi effettuata tramite “InCites” ha consentito la comparazione diretta con alcuni istituti statunitensi la cui performance è significativamente superiore rispetto al dato medio nazionale per una specifica area tematica. La produzione scientifica dell’HSR-TIGET è indicativa di una specializzazione nelle aree “Clinical Medicine” (47%) e “Immunology” (20%), con una componente di ricerca sia di base sia più rapidamente trasferibile all'applicazione clinica che rientra prevalentemente nell’ambito “Biology and Biochemistry” (18%), mentre le aree “Molecular Biology and Genetics” e “Neuroscience and Behaviour” pesano rispettivamente per l'8% e per il 6%. L’eccellenza dell’istituto rispetto allo standard nazionale e la sua competitività a livello globale sono evidenti dalla comparazione con la produzione scientifica di istituti considerati top performer all’interno del campione statunitense. A livelli paragonabili si colloca la produzione scientifica del Dipartimento di Scienze Biomediche Sperimentali dell’Università di Padova: il dato aggregato delle citazioni medie per articolo nel quinquennio più recente è pari a 24,5 contro 25,2 di HSR-TIGET nella stessa finestra temporale. Per l’Istituto FIRC di Oncologia Molecolare (IFOM) non è stato possibile reperire il dato delle citazioni medie per articolo; la performance scientifica è stata dedotta sulla base dei valori di “h-index” (proporzionali al numero di pubblicazioni e al numero di citazioni per articolo) dei ricercatori operanti presso IFOM e del loro confronto con quelli espressi dai ricercatori degli altri due istituti considerati. Questo indicatore è stato preso in esame al fine di cogliere l’impatto assoluto dell’attività di ricerca svolta dai ricercatori che lavorano in un determinato Paese, tenendo conto non solo della quantità ma anche della qualità dei risultati. L’analisi del parametro “h-index” relativamente ai ricercatori responsabili di progetto (Principal Investigator) operanti nei tre istituti presi in considerazione fornisce un’indicazione indiretta della qualità della produzione scientifica espressa dagli istituti stessi (Fig. 22). b. Settore tecnologico

Comparazione aggregata per Paese Nelle figure che seguono è riportato in ordinata il valore di Impact Relative to Subject Area (IRSA) per vari sotto-settori. Come già descritto, un valore di IRSA maggiore di 1 indica una performance superiore alle attese in quella disciplina4. È stato inoltre considerato l’indicatore h-index al fine di cogliere l’impatto assoluto dell’attività svolta dai ricercatori che lavorano in un determinato Paese, tenendo conto non solo della quantità ma anche della qualità dei risultati. Si ricorda che l’indice h quantifica la prolificità e l'impatto del lavoro degli scienziati, sulla base del numero di pubblicazioni e di citazioni ricevute. Secondo la definizione, uno scienziato (oppure un Paese) è di indice n se ha pubblicato almeno n lavori, ciascuno dei quali è stato citato almeno n volte.

                                                            4 Il calcolo è stato effettuato utilizzando il sistema di analisi InCites di Thomson Reuters.

 

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Fig. 23

Fig. 24 Fig. 25

Fig. 26 Fig. 27

Fig. 28 Fig. 29

 

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Fig. 30 Fig. 31

Fig. 32 Fig. 33

Fig. 34 Fig. 35

Fig. 36 Fig. 37

 

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Fig. 38 Fig. 39

Fig. 40

Analisi dei risultati di confronto fra Paesi Il dato aggregato dell’impatto della ricerca italiana in campo tecnologico mostra una performance superiore all’atteso e un “h-index” che colloca il volume della produzione scientifica italiana nel gruppo dei Paesi leader del mondo, seppur evidentemente lontana da quella degli Stati Uniti. L’Italia si posiziona stabilmente tra i primi dieci Paesi del mondo, pur senza evidenziare specializzazioni particolari. La ricerca italiana in campo tecnologico è infatti presente in modo relativamente omogeneo in tutte le sotto-aree, senza che si possa identificare una prestazione che collochi il Paese nelle primissime posizioni. Più specificamente, è utile evidenziare la buona performance nei settori della meccanica, dell’aerospazio (in particolare a livello di “h-index”), dell’elettronica (in termini di impatto medio misurato dell’IRSA) e delle tecnologie multimediali. Si presentano invece come aree di relativa debolezza l’automotive e l’ingegneria biomedica, dei materiali e dei sistemi di produzione. Comparazione fra centri di ricerca tecnologica L’analisi si è concentrata su quattro istituti, presi in considerazione a scopo esemplificativo e rappresentativo dell'eccellenza italiana. La scelta dei centri è stata guidata da un criterio di conclamata competitività internazionale e di rappresentatività di diversi modelli istituzionali. Si sono quindi presi in considerazione: il Politecnico di Milano e il Politecnico di Torino, come esempi di università tecniche specializzate, l’Università di Bologna, come esempio di ateneo generalista con una facoltà di ingegneria di valore internazionale, e il CNR come grande ente di ricerca non accademico. È evidente che questi quattro esempi non esauriscono l’elenco delle realtà di eccellenza del Paese in questo campo, ma forniscono comunque un campione adeguatamente rappresentativo. Tali centri sono stati confrontati, sempre a titolo esemplificativo, con alcune

 

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istituzioni di ricerca di primaria importanza a livello internazionale, rappresentative di diverse aree geografiche: il MIT per gli Stati Uniti, lo Swiss Federal Institute di Losanna per l'Europa, il Nanyang Technology Institute di Singapore e la Tsinguha University di Pechino per l'Asia.

Fig. 41

Fig. 42 Fig. 43

Fig. 44 Fig. 45

 

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Fig. 46 Fig. 47

Fig. 48 Fig. 49

Fig. 50 Fig. 51

Fig. 52 Fig. 53

 

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Fig. 54 Fig. 55

Analisi dei risultati di confronto fra centri di ricerca Lo scopo di questo confronto non è quello di paragonare centri nazionali con istituzioni straniere che operano in contesti e con finanziamenti estremamente diversi, quanto piuttosto quello di capire se in alcune aree il sistema nazionale è comunque capace di produrre eccellenze in grado di competere ai massimi livelli internazionali. In questo senso appare evidente come, in generale, il CNR presenti valori spesso molto elevati; in particolare questo è vero per il campo delle scienze applicate dei materiali, in cui anche la performance dell’Università di Bologna è di livello internazionale. Si segnala che l’ateneo di Bologna è anche particolarmente competitivo nell’ingegneria biomedica. Dai dati emerge inoltre che:

∗ nell’ingegneria chimica il Politecnico di Milano e il CNR presentano valori di assoluto rilievo; ∗ nell'ingegneria civile sia il Politecnico di Torino che l’Università di Bologna si posizionano

come centri di alto livello, così come i Politecnici di Milano e Torino evidenziano prestazioni di rilievo nel settore delle costruzioni;

∗ il Politecnico di Torino presenta valori significativi nel settore delle telecomunicazioni; ∗ tra i settori emergenti, il CNR appare in grado di presidiare con ottimi risultati il campo delle

tecnologie energetiche; ∗ in generale, gli istituti italiani selezionati presentano buoni valori nel settore aerospaziale.

c. Settore fisico-chimico Comparazione aggregata per Paese: settori e sotto-settori Nei diagrammi che seguono l’impatto della ricerca italiana nei settori della fisica, della scienza dei materiali e della chimica è analizzato comparativamente agli altri principali attori internazionali. Viene fatto riferimento al “fattore h” (già descritto sopra) come indicatore dell’impatto quali-quantitativo della produzione del Paese. Sono illustrati sia i dati aggregati, sia quelli relativi a specifici sotto-settori5.

                                                            5 I dati sono tratti dal sistema SJR e sono basati sulle riviste indicizzate in Scopus dal 1996.

 

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Fig. 56 Fig. 57

Fig. 58 Sotto-settori dell’area Scienze fisiche:

Fig. 59 Fig. 60

 

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Sotto-settori dell’area Scienze dei materiali:

Fig. 61 Sotto-settori dell’area Scienze chimiche:

Fig. 62 Fig. 63 Analisi dei risultati di confronto fra Paesi Il dato aggregato dell’impatto della ricerca italiana nei tre settori della fisica, della chimica e della scienza dei materiali mostra una performance che colloca il volume della produzione scientifica italiana tra i Paesi leader nel mondo. Il confronto con i dati relativi alle risorse finanziarie e umane messe in campo dal Paese (Figg. 1-5) evidenzia una produttività piuttosto elevata e tale da far risalire molte posizioni all’Italia rispetto alle altre nazioni. L’evoluzione temporale dei dati mostra però un’imponente crescita quantitativa e qualitativa dei Paesi emergenti (Cina in primo luogo), con un trend che porterà, nel prossimo futuro, ad un arretramento del nostro Paese in queste graduatorie. Il confronto sul dato 2010 tra l’aggregato di un settore e alcuni ambiti scientifici mostra una certa disomogeneità nella presenza della ricerca italiana. È facilmente riconoscibile l’impatto di politiche specifiche a livello nazionale. Guardando all’esempio della fisica, dove il dato aggregato posiziona l’Italia a un già notevole settimo posto (Fig. 56), l’analisi mostra che questo deriva dall’effetto trainante e positivo di due sotto-settori – la fisica nucleare e la fisica della materia – che sono stati (in un caso tuttora) l’obiettivo specifico di due istituti nazionali: l’Istituto Nazionale di Fisica

 

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Nucleare (INFN) e l’Istituto Nazionale per la Fisica della Materia (INFM), quest’ultimo ora accorpato al CNR (Figg. 59 e 60). Anche negli altri due ambiti disciplinari sono evidenziati (Figg. 61-63) i sotto-settori “forti” ai quali – non a caso – corrisponde una presenza industriale rilevante.

Comparazione fra centri di ricerca L’analisi si è concentrata su alcuni istituti italiani il cui impatto è riconosciuto a livello internazionale e che fanno parte della rete delle università e degli enti di ricerca (CNR inclusa l’esperienza dell’Istituto Nazionale di Fisica della Materia, IIT – Istituto Italiano di Tecnologia e INFN) al nord, al centro e al sud (Catania, Lecce, Napoli, Pisa, Bologna e Genova). Questi istituti sono stati presi in considerazione a scopo illustrativo per identificarne le caratteristiche comuni ed evidenziarne così gli elementi di funzionamento, strutturali e quantitativi, grazie ai quali essi si collocano tra le eccellenze italiane. Tali elementi sono descritti nella sezione 6.

6. Ricerca in Italia: criticità ed elementi da valorizzare

L’analisi di case study ha preso in considerazione una serie di parametri, quantitativi e qualitativi. Il principio è stato quello di sottoporre le realtà capaci di esprimere eccellenza a una visione d’insieme, al fine di superare il concetto di mero posizionamento in un ranking e di caratterizzare il contesto in cui tale eccellenza si sviluppa. Gli aspetti ritenuti rilevanti sono:

∗ leadership dell’istituto in uno o più ambiti di ricerca: presenza di ricercatori che esprimono una produttività scientifica competitiva a livello globale, riescono ad attrarre fondi da enti nazionali e internazionali, coordinano network (ad es. progetti europei), fanno parte di editorial board di riviste scientifiche e organizzano congressi specialistici internazionali;

∗ concentrazione di gruppi top performer nell’istituto: esistenza di una “massa critica”, e non solo presenza di alcuni picchi isolati di eccellenza, attorno ai quali non si è formata una “scuola”;

∗ sviluppo della ricerca svolta nell’istituto: rilevanza della ricerca, integrazione tra ricerca applicata e ricerca di base, gestione della proprietà intellettuale e del trasferimento tecnologico e creazione di partnership con soggetti industriali o altri enti;

∗ struttura di governance: obiettivi, composizione e modelli operativi degli organi di indirizzo, valutazione e steering;

∗ processi per la formazione e lo sviluppo delle carriere: meccanismi di reclutamento e avanzamento di carriera, modalità con cui è pianificata e gestita la formazione (ad es. la mentorship) e qualità dei programmi di confronto/aggiornamento scientifico;

∗ contesto in cui l’istituto si inserisce: collegamento (fisico e funzionale) con altri centri, presenza di ricercatori/studenti stranieri e dotazione tecnologica;

∗ modalità di finanziamento della ricerca svolta nell’istituto: numero e peso relativo delle fonti di finanziamento e caratterizzazione di tali fonti in base ai modelli adottati per la valutazione/selezione della ricerca.

Da un’analisi complessiva dei parametri sopra citati emergono alcuni tratti comuni che, seppure in grado diverso, caratterizzano le realtà prese in considerazione e ne costituiscono asset rilevanti. Orientamento alla missione Un punto di forza è rappresentato dal forte orientamento a una missione specifica dell’istituto. Ovviamente ciò si verifica in modo particolarmente efficace nei casi in cui l’istituto fa riferimento a un ente finanziatore con finalità strategiche ben definite, in grado di focalizzare i temi della ricerca e di motivare il personale, sia scientifico che amministrativo. È tuttavia importante segnalare come tale condizione si sviluppi anche in quei contesti in cui una “tradizione” di eccellenza ha portato nel tempo a una concentrazione di gruppi che si riconoscono in principi e obiettivi condivisi.

 

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Governance La governance garantisce il coordinamento e l’indipendenza tra organi che svolgono essenzialmente le funzioni di pianificazione strategica, gestione, valutazione e steering. Una caratteristica delle realtà prese in esame consiste nella partecipazione di esperti internazionali negli organi consultivi che affiancano il management nella pianificazione strategica (Advisory Board) e nelle commissioni preposte alla valutazione/steering della ricerca. Gli aspetti che emergono dall’analisi dei modelli operativi di tali organi (periodicità di convocazione, gestione e verifica del feed-back) sono la conoscenza approfondita dell’istituto – e del contesto in cui opera – e l’effettivo impatto sulla gestione strategica e operativa dell’istituto stesso. Negli esempi presi in considerazione i giudizi formulati a seguito dei processi di valutazione della ricerca – intesa come valutazione sia dei singoli gruppi che dell’istituto nella sua globalità – si riflettono sui meccanismi di reclutamento, sull’avanzamento di carriera dei group leader più giovani e sull’assegnazione degli spazi in base alla produttività e ai filoni di ricerca gestiti dai diversi gruppi (cioè alla capacità di attrarre finanziamenti). Valutazione ex-ante ed ex-post dei progetti di ricerca Il modello di governance sopra descritto contribuisce alla focalizzazione e all’integrazione delle linee di ricerca anche se queste seguono, in molte delle realtà considerate, un’impostazione di tipo bottom-up, ossia a partire dalle proposte dei ricercatori. Tuttavia, la grande maggioranza dei progetti di ricerca realizzati è soggetta a una selezione ex-ante da parte dell’ente finanziatore o di altre agenzie di finanziamento italiane o straniere che si avvalgono di sistemi competitivi di valutazione (tipicamente basati sulla valutazione dei pari). Il numero di grant assegnati all’istituto con questi presupposti può essere un buon indicatore della capacità dell’istituto stesso di essere competitivo sulla scena internazionale. È significativo inoltre che siano spesso presenti efficaci meccanismi di valutazione ex-post che forniscono elementi di input sia per la carriera interna dei ricercatori, sia per l’aggiornamento periodico della mission dell’istituto. Management Una caratteristica distintiva delle realtà esaminate è la presenza di figure con competenze diverse da quelle dei ricercatori e degli addetti amministrativi tradizionalmente impiegati nei contesti accademici. A tali figure sono affidati: il supporto all’attività gestionale svolta dal direttore scientifico, lo sviluppo della ricerca, la gestione della proprietà intellettuale e del trasferimento tecnologico e la funzione di coordinamento e collegamento all’interno di gruppi multi-disciplinari. Attenzione allo sviluppo delle carriere L’attuazione di una strategia per il reclutamento del personale e per lo sviluppo delle carriere è un fattore determinante per il successo dell’istituto. L’analisi della dispersione dei valori di “h-index” rileva una discreta omogeneità rispetto alla performance dei ricercatori responsabili di gruppi di ricerca. Tale osservazione è rafforzata se si prende in considerazione la produttività scientifica dei ricercatori in relazione alla fase della carriera e agli anni trascorsi dall’acquisizione dell’indipendenza. Questo dato è indicativo del consolidamento di un processo di sviluppo della carriera per cui il passaggio dalla fase di post-doc a quella di ricercatore (group leader) corrisponde all’acquisizione di un’effettiva autonomia nella gestione della propria linea di ricerca dal punto di vista operativo e della proprietà intellettuale; indicativi di questo “scatto” sono la titolarità di finanziamenti e il passaggio ad authorship in ultimo nome sulle pubblicazioni. Anche in assenza di programmi strutturati di mentorship esistono prassi consolidate per facilitare l’acquisizione dell’indipendenza da parte dei ricercatori junior: la collaborazione dei ricercatori senior nella preparazione di articoli scientifici e di richieste di finanziamenti, l'organizzazione di programmi di aggiornamento interni (in lingua inglese) ed esterni (partecipazione a congressi internazionali) e l'esposizione dei ricercatori junior ai processi di valutazione e steering di cui sopra.

 

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Dimensione internazionale La dimensione internazionale degli istituti esaminati è testimoniata dalla composizione degli organi preposti alla consulenza strategica e alla valutazione. In uno degli istituti analizzati (IFOM) il management ha messo in atto una politica di promozione del reclutamento di ricercatori stranieri. A questo scopo l’istituto sta realizzando un'azione di scouting nel mondo asiatico tramite l’apertura di sedi estere (Singapore e Bangalore), in collaborazione con enti finanziatori locali. Tali partnership prevedono la selezione del personale da parte di organi di valutazione a composizione mista (locale e internazionale) che si basano sugli stessi criteri di selezione applicati da IFOM in Italia. La strategia è quella di creare i presupposti di conoscenza reciproca e di collaborazione che possano rendere l’istituto appetibile per i ricercatori asiatici, in genere tendenti a migrare verso il mondo anglo-sassone. Creazione di gruppi di lavoro multi-disciplinari e multi-ente Una caratteristica osservata – in alcuni casi derivante della messa a sistema con altre realtà – consiste nella costituzione di gruppi di ricerca multi-disciplinari. In molti casi si osserva lo sviluppo di una forte sinergia tra ricercatori applicati e scienziati di base, accanto alla creazione di team in cui la ricerca applicata costituisce un forte “traino” per la ricerca di base, contribuendo a rafforzarne la vocazione a individuare e favorire le applicazioni dei risultati. In alcune realtà il coinvolgimento di più enti si rivela un asset essenziale per raggiungere una sufficiente massa critica e per realizzare quella convergenza di risorse (umane e strumentali) necessaria per essere competitivi su scala internazionale. Tale processo di concentrazione a livello locale in alcuni casi rappresenta un efficace antidoto alla storica debolezza dell’indirizzo strategico nazionale.