La presenza femminile nell’arte - MARZIA GALARDINIHauser nella sua storia sociale dell’arte....

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LA RELAZIONE MASCHILE-FEMMINILE NELL’IMMAGINARIO DI FILLIDE GIORGI LEVASTI Spunti analitici su psicologia ed arte Firenze, 1989 La Coppia (1915/1916) Seconda parte La presenza femminile nell’arte Fillide Giorgi Levasti 1

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LA RELAZIONE MASCHILE-FEMMINILENELL’IMMAGINARIO DI FILLIDE GIORGI LEVASTI

Spunti analitici su psicologia ed arteFirenze, 1989

La Coppia (1915/1916)

Seconda parte

La presenza femminile nell’arteFillide Giorgi Levasti

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La presenza femminile nell’arte

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“Finchè vive la vita del passato, la donna non entra mai inconflitto con la storia; non appena si appresta ad allontanarsi, siapure di poco, da una qualsiasi tendenza culturale che domini lastoria, sperimenta in pieno il peso dell’inerzia storica, e sotto taleurto inatteso può spezzarsi, può persino morire. Noi comprendiamola sua incertezza e i suoi dubbi, poiché non solo essa si trova presain una situazione estremamente penosa ed equivoca, vicino a cuistanno di casa sudicerie e furfanterie di ogni specie, ma addiritturapresa tra due potenze cosmiche: l’inerzia storica e il divinoprincipio creatore:”(1)

Negli ultimi anni il disagio profondo della donna ha toccato livellialtamente conflittuali, non di rado inconsci, che esprimono la suaimpossibilità a riconoscersi nell’immagine femminile tradizionele.A maggior ragione la donna artista che fa una scelta inconciliabilecon i doveri e le aspettative a cui, in quanto donna, è tenutastoricamente a rispondere.

“Ne risulta che la donna artista è una creatura costretta a viverel’eterodossia sociale e a volte essa sembra rispondere allo statutoculturalmente improprio del suo ruolo con una negazione della suastessa identità biologica.”(2)

La cosa che colpisce di più avvicinandosi a qualunque storiadell’arte è l’assenza o quasi delle donne: la donna è ignorata nonsolo come artista perché nonostante tutto ce ne sono state “circa 500donne attive tra il 1400 ed il 1600”(3), ma anche come soggettosociale.E’ stata invece presente come soggetto dei quadri e come musaispiratrice, assai più raramente come protagonista.Se ci si attiene ad una visuale rigida della storia dell’arte si corre ilrischio di prendere in considerazione solamente alcuni generid’arte, alcune superstar. In effetti il mondo dell’arte per tradizioneha dato poca importanza alle questioni di sesso, classe e razza,riconoscendo loro, al massimo un ruolo di sfondo.La nostra cultura presume originariamente l’esistenza di un’unicanorma umana, universale, astorica, asessuata, senza connotati diclasse o razza: In realtà questa norma è palesemente maschile,

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borghese e bianca. E molta dell’arte delle donne è stata cancellata oinclusa in quelle cosiddette minori.Se risaliamo molto indietro nel tempo la donna risulta protagonistaassoluta nel campo della creazione artistica quale ideatrice dellostile geometrico. Questo periodo, il neolitico, è analizzato daHauser nella sua storia sociale dell’arte. Egli afferma che in taleepoca si verifica il primo mutamento stilistico nella storia dell’artecon la comparsa del “geometrico”:

“L’opera d’arte non è più soltanto l’immagine di una cosa, ma diun’idea; non è più soltanto un ricordo ma un simbolo”(4)

Dopo aver citato Hornes secondo il quale lo stile geometrico è inprimo luogo uno stile femminile, Hauser sostiene che non si trattadi un’arte popolare perché noon esisteva una separazione in classi.Anche la scultura in un certo senso è un dominio della donna con lasua produzione vascolare non solo decorata con motivi natidall’immaginazione ma plasmata in molteplici fogge per esigenzefantastiche oltre a quelle puramente funzionali.Per millenni la donna è rimasta esclusa da quasi tutte le sfereoperative di carattere pubblico, e questo è avvenuto anche nelcampo dell’arte, e anche negli ultimi anni non si può che constatareche la donna artista come soggetto ed oggetto e dell’esegesi criticaè un fatto eccezionale.Se l’arte non è un processo autonomo, scisso dalla realtà sociale incui si esprime, ma a questa è legata, non è possibile scrivere lastoria prendendo in considerazione solo le opere dei “geni” che lehanno create separandole dal contesto storico generale come sel’arte vivesse in un vuoto e non in una complessa matrice sociale,storica, psicologica e politica.Risale al 1550 la nascita dell’artista moderno: in questo periodol’immagine che l’artista si faceva di se stesso in rapporto allasocietà subì una metamorfosi rivoluzionaria che lo indusse abattersi per conferire alla sua arte, fino ad allora classificata ecompensata come una forma di artigianato, il prestigio sociale edeconomico di una professione intellettuale. Personificazione diquesto nuovo artista è Michelangelo: con lui l’artista ha oral’esigenza di compiere la sua opera da solo. L’emancipazionedell’artista da tutte le condizioni esterne è completa nasce il genio.

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Questa novità dovette rendere ancora più difficile alle donne lapossibilità di intraprendere una carriera artistica. La connotazionemichelangiolesca del genio creatore ha conferito alla creazionemaschile una dimensione escatologica, laddove la creazionefemminile si eserciterebbe solo al livello del quotidiano. Attivitàartistiche come la pittura e la scultura comportano maggioridifficoltà per le donne perché richiedono la padronanza el’apprendimento di tecniche e capacità specifiche, che siacquisiscono sempre ”fuori” dalle pareti domestiche. Per accedere aqueste attività è necessario familiarizzarsi con un linguaggiospecifico: linguaggio fatto di segni e significati che sono esclusivopatrimonio maschile. Dal Rinascimento in poi il progresso dell’arte,come in tutte le attività umane, è sempre legatoLa convalescente(1916) alla scoperta dell’esterno che diventa “fuori” e “altrove”: siaccentua la dicotomia esterno-interno e che vede la donnaesclusivamente all’interno. Certo non si è negato alla donna didilettarsi anche col disegno e la pittura, anzi in certi ambienti ed incerte epoche le varie arti hanno fatto parte del bagaglio culturale diuna dama perfetta. Quello che però non si è mai accettato è che learti potessero essere considerate dalle donne una professione.(5)E’ vero che prima dell’ottocento le artiste espressero di rado unapropria creatività: esse ripetevano i modi di auto-espressione giàconiati dal genio maschile, anche perché indebolite dall’ecclettismoe dall’imitazione.Nonostante tutte le restrizioni, le difficoltà, i tabù che ancorasoffocavano le donne, nel 19° secolo vi è una proliferazione didonne artiste.Il fenomeno della donna artista in Francia è già notevole sin dallametà dell’ottocento con Rose Bonheur, Morisot, Valadon. Neglianni ’70 e ’80 arrivarono a Parigi donne di tutti i paesi in cerca diistruzione negli studi privati e tuttavia erano ancora impacciatedalle restrizioni imposte alla condizione femminile.Le restrizioni imposte alla libertà delle donne artiste nonchél’aperto diniego nei loro confronti delle occasioni professionali, deipremi e della legittimazione istituzionale riservata ai loro colleghimaschi si possono capire soltanto nel più ampio contesto dellacondizione femminile dell’800.Risultato di questi atteggiamenti discriminatori, velati od espliciti,fu sovente, per le donne artiste così tenaci da intraprendere lacarriera professionale la conquista di una competente mediocrità.

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Per una donna dell’800 quando il matrimonio e le relativeoccupazioni domestiche equivalevano spessissimo alla fine dellacarriera più promettente, era già una grossa conquista riuscire adavere la costanza di dedicare una vita alla lotta per diventareun’artista seria.In Italia questo fenomeno comincia ad affermarsi all’inizio del1900. Il ventennio che va dal 1910 al 1930 è un periodo aureo per ledonne artiste italiane ed è in questo periodo che diverse personalitàdi grande interesse ed importanza storica si affermano.Un aspetto che mi pare importante rilevare è che la donna artistasembra cercare (ma fin dove consapevolmente?) un ripiegosull’identità culturale che le viene accordata: anche in senoall’avanguardia storica molte donne hanno privilegiato i lavori diricamo, la tappezzeria e l’arazzo. Aldifuori della sfera delle articosiddette applicate la donna artista è stata quasi sempremarginalizzata. Questo tradizionale collegamento o forserelegamento delle donne alle arti decorative fu complicato tra lafine e l’inizio del secolo da tutta una serie di fattori sociali edeconomici nonché ideologici. Un motivo di complicazione ful’ambiguità dello status e del prestigio accordati alle arti decorativesoprattutto con le arti nobili della pittura e della scultura; un altro fuil complesso rapporto delle arti decorative con la vicenda dellapittura astratta e la conseguente nascita di un astrusa mistica intesaa differenziare le une dall’altra. Raramente la donna è stata accettata come personalità artisticaautonoma all’interno dei gruppi di cui faceva parte. Ad esempio lapartecipazione femminile a “Cercle et Carrè” fu molto importante,ma nella bibliografia critica sull’argomento sono stati gli uomini aconservare il ruolo di vedettes. Unica eccezione fu la nutrita schieradi donne artiste presenti agli avamposti ufficiali dell’arte russa; maquesto è facilmente spiegabile con la particolare situazione sociale epolitica della Russia in quel periodo.

“Forse sarà utile far notare che man mano che, le poetiche allequali queste artiste appartenevano riscuotevano credibilità sociale,esse venivano lentamente emarginate, accantonate, epurate…” (6)

Una riprova di questo è l’assenza femminile come riferimentostorico, cioè come citazione rappresentativa di un gruppo o di unacorrente.

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L’identificazione culturale di un insieme passerebbe quindi sempreper il polo ritenuto attivo conservando l’immagine dell’uomoprotagonista anche quando il gruppo non si è dato struttureufficializzate.La problematica che ruota intorno al tema della donna e dell’arte ècomunque vastissimo. Per ogni artista il problema consiste nellaricerca della propria autenticità, di un linguaggio, parlato o visivoessenzialmente suo, ma quando la propria immagine è dettata dalrapporto che si ha con gli altri e tutte le attività sono dirette da altridiventa semplicemente impossibile trovare la propria voce. Inultima analisi gli ostacoli esteriori sono meno insidiosi e distruttividi quelli interiori. Povertà e delusione non intaccano il lavoro in séquanto lo intaccano invece efficacemente le barriere psicologicheinteriori. Tutte le donne sono tormentate da pressioni contraddittoriema nessuna tanto quanto l’artista.Una donna sa di dover essere femminile e sa anche che lafemminilità è disprezzabile in un disegno o in un quadro. Le restada scegliere: rinnegare il proprio sesso e diventare un uomoonorario,procedimento che si paga a caro prezzo in termini dienergia psichica, oppure accettare il proprio sesso e con esso ilsecondo posto nei fatti e nell’immaginazione. Vivere sole senza unsostegno alle emozioni ed ai sentimenti è difficile e logorante epoche artiste hanno saputo sopravvivere.

“Certo sono state donne dotate di eccentricità, disobbedienza,generosità, tragica grazia? Bisogna averne conosciuta più di unatra quelle ancora vive per chiedersi in che maniera angelicamenteluciferina abbiano vissuto il loro destino di intellettuali capacicome furono di eludere le condizioni di clandestine sconfiggerel’anonimato, inclini ancor oggi, ad un ironia che disintegra laretorica dei movimenti a cui appartennero, oggetto primo essestesse di questo stile causer, del ricordare e raccontare, smitizzandoeventi e persone.” (7)

Davanti all’estesissima e composita gamma delle opere pittorichedelle donne del ‘900 sarebbe davvero futile, se non impossibileparlare di “modi femminili” o di “femminile sensibilità”, ma ènecessario anche rifiutare l’evidente mistificazione che esseredonne nell’arte sia un fatto del tutto irrilevante. Mi pare che nellacreazione di un’opera artistica sia una variabile più o meno

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significativa, e come tale consente scarse possibilità di previsione seisolata dal contesto specifico nel quale si trova. Mi pare importantecomunque rilevare che anche se ovvio l’inconscio collettivo el’esperienza atavica della donna sono notevolmente diversi da quellidi un uomo e dopo aver analizzato e osservato un gran numero diopere di donne artiste che hanno operato nell’arte italiana del ‘900mi pare di poter dire di avere notato nelle artiste un’attenzione aifatti della vita e della natura maggiore o diversa da quella degliuomini, che si esprime da una parte nel porre in rilievo aspetti digerminazione, di trasformazione, di crescita e dall’altra nellavisionarietà, nell’onirismo, nella capacità di rendere il realefavoloso cioè di trasfigurarlo intuitivamente.Una caratteristica delle artiste a noi contemporanee è unacomponente fobico-ossessiva che si manifesta nella ripetizione esovrapposizione del segno o dell’immagine che mi pare segnalareda un lato la presenza di condizionamenti femminili ancorapressanti ma anche nello stesso tempo preannunciare unaliberazione di riscatto definitivo.

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Note

1 * C.G. Jung, (1927), tr.it. opere, vol.10 tomo1, “Donna inEuropa”, Boringhieri, Torino, 1985, pag.472 * L.Vergine, “L’altra metà dell’avanguardia 1910-1940”,Mazzotta, Milano, 1980, pag.213 * A.S. Harris L.Nochlin, (1977) tr.it. “Le grandi pittrici” –1550-1950”, Feltrinelli, Milano, 1979, pag.21, nota 384 * A. Hauser, (1955), tr.it. “Storia sociale dell’arte” vol.1, Einaudi,Torino, 1967, pag.34., Cfr. pag.35-425 * G. Greer, (1979), tr.it. “Le tele di Penelope”, Milano, Bompiani,1980, pag. 136 * L. Vergine, “L’altra metà dell’avanguardia” op. cit. pag.117 * L. Vergine, “L’altra metà dell’avanguardia” op. cit. pag. 17

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FILLIDE GIORGI LEVASTI

1883 -1966

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Il rapporto con la pittura è stato una costante nella mia vita.Rapporto problematico per diverse ragioni non ultima quella diessere una donna. Ho preso consapevolezza che esistevano dellepittrici di valore piuttosto tardi e il mio stupore è stato pari alrendermi conto che non mi ero mai posta “veramente il problema”:davo per scontato che le donne non dipingessero perché non neavevano avuto la possibilità da un punto di vista sociale salvo poiscontrarmi con la mia stessa difficoltà a produrre. Scoprivo inoltreche questa mia ignoranza era abbastanza diffusa ed una piccolaricerca storica mi ha permesso di inquadrare questo problema cosìvasto e complesso.Parlare dell’arte e delle donne significa parlare non solo dipsicologia ma anche di economia, di sociologia, di estetica, dipolitica che sono i diversi aspetti che influiscono sul problema enessuno di questi può essere eluso perché si intrecciano, siintersecano, si aggrovigliano e sono tutti importanti sfaccettature diun unico mondo sommerso.Ed ecco che un paese inizialmente invaso dalla nebbia lentamente sichiarisce e si possono scorgere le molte e complesse personalitàfemminili che lo affollano.

“Illibate no, non lo erano, giacché furono partigiane allogene emeteche, si. Molte di esse ebree, altre omosessuali, altre ancoranon estranee al mondo della pazzia per aver attraversato la pazziadel mondo: tutte le devianze insieme hanno fruttato una somma dieccellenti eversioni.” (1)

Sceglierne una in questo paesaggio divenuto così variegato eaffollato di personalità diverse e tutte così affascinanti per me che inognuna ritrovavo un pezzetto di me stessa, era molto difficile. Inogni scelta sentivo un tradimento. Mi sono così rivolta all’esterno.La scelta di un artista fiorentina per esempio avrebbe potutofacilitarmi nel lavoro di ricerca che si presentava molto arduo. InToscana erano state attive nel nostro passato recente diverse artiste:Marisa Mori, Edita Broglio, Elizabeth Chaplin, AdrianaPincherle nomi sconosciuti al grande pubblico ma artiste assaistimate nell’ambiente più ristretto di mercanti e collezionisti. Vengoa sapere che presto ci sarebbe stata una mostra antologica su unapittrice a me totalmente sconosciuta il cui nome era Fillide Levasti.

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Mi è sembrata un’occasione unica da non lasciarsi sfuggire: vederemolti quadri di una stessa autrice era un evento raro che moltodifficilmente si sarebbe potuto ripetere. In ogni modo decisi diandare a vedere un suo quadro che sapevo esposto alla Galleriad’Arte Moderna di Palazzo Pitti. Nonostante l’attenzione e lacura con cui guardavo i quadri, sala per sala, non riuscivo adindividuare il quadro della Levasti che pure doveva esserci.Mi sono decisa così a chiedere ad un impiegato della galleria ilquale dopo avermi fatto vedere il quadro mi ha informato che lagalleria ne possedeva altri due tenuti nelle soffitte e che se volevovederli mi avrebbe accompagnato.

Natura morta, tavola apparecchiata (1915)

E’ stata un’esperienza inaspettata in una luce molto tenueproveniente da finestroni bassi sono stata aggredita da centinaia diquadri: stanzone quadrate con file di cavalletti uno dietro l’altropieni di dipinti appoggiati anche sula parte inferiore del cavalletto.Le pareti letteralmente ricoperte da quadri, senza cornici, coninusuali accostamenti che non tenevano conto del tempo, dello stile,delle scuole.

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Ho visto così anche i due quadri di Fillide Levasti molto diversidalla natura morta esposta nelle sale ufficiali che mi aveva deluso e,questi due dipinti mi hanno fatto riflettere su quel primo impattonegativo e mi hanno spinto a proseguire nella scoperta di questaartista.

Una scuola una strada una piazza (1954)

Sono andata così alla Biblioteca Marucelliana dove ho potuto averaccesso al carteggio della pittrice. Mi sono immersa nella letturadelle lettere e mi sono appassionata a questo personaggio che letteradopo lettera iniziava ad avere uno spessore, una consistenza che miaffascinava.C’erano purtroppo le fotografie in bianco e nero dei suoi quadri chemi lasciavano perplessa. Ed ecco che si è presentata un’occasioneche ha sciolto i miei dubbi e che mi ha dato la certezza che questapittrice aveva qualcosa da dirmi.La dott.ssa Masini, curatrice della mostra, doveva fare dellefotografie a colori di alcuni quadri per il catalogo e mi ha propostodi accompagnarla inseme al fotografo nel suo giro per le diverse

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case fiorentine, per darmi la possibilità di vedere i quadri inanteprima.E’ stata una mattinata molto intensa, ho potuto vedere così oltre unadecina di quadri che mi hanno molto emozionato. Non sapevo benecosa attraverso i dipinti la pittrice mi aveva comunicato, non avreipotuto definirlo in parole, ma certamente mi portava unadimensione “altra” della pittura, di come l’avevo fin qui vissuta.Incontravo delle immagini, che fino a quel momento non avevanoavuto un grande spazio per me, che mi si presentavano con grandeintensità.E’ questo che mi proponevo di capire in futuro: cosa avevo trovatoperché qualcosa avevo trovato di questo ne ero certa.Sono inoltre successi due episodi che mi pare significativoricordare: una mia amica Daniela Benelli in tempi diversi hatrovato e mi ha regalato un piccolo libro di Raffaello Ramat suFillide Levasti del 1937, praticamente introvabile, e poi la stessarimettendo dei libri in casa si è ritrovata fra le mani il catalogodella mostra antologica fatta nel 1959 dall’artista all’Accademiadelle Belle Arti. Quei piccoli cataloghi di poche pagine cheregolarmente si prendono alle mostre e che regolarmente vengonobuttati via.

Il mio amore per Fillide Levasti è nato a poco a poco. Mipiacerebbe dire che ho visto i suoi quadri ed ho subito capito cheera lei l’artista che aveva qualcosa da dirmi. Invece non è stato così:nessun colpo di fulmine, nessuna passione subitanea e travolgente,anzi un disagio inspiegabile, quindi un amore il mio che si ècostruito lentamente consolidandosi giorno dopo giorno attraversola lettura delle lettere e l’osservazione e la comprensione delleimmagini dei suoi dipinti.

Queste immagini racchiudono una commozione e una poesia checome una musica amata ma dimenticata da lungo tempo èlentamente riaffiorata alla memoria da una profondità lontana senzatempo né spazio raggiungendo il mio mondo interiore.

La semplicità ed un’ingenuità duramente conquistate attraverso unlavoro serio, costante e disciplinato, la consapevolezza di dover dicontinuo difendere i suoi pennelli dagli assalti continui e amorosie quindi ancor più pericolosi di altri ferri di lavoro: aghi,

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forbici, mestoli, ecc. il ricominciare ogni mattina a risolvere ilmistero della vita con tenacia e fede profonda nonostante un filo didepressione che percorrerà tutta la sua vita e una stanchezza chenon cesserà mai di tormentarla hanno definitivamente conquistatoFillide al mio cuore.

Avrebbe potuto essere più rivoluzionaria, gridare di più o più forte,forse il rapporto con il marito è stato si determinante per la suapossibilità di esprimersi ma è stato anche il suo limite. Tutto questo non ha molta importanza.La sua vita e i suoi quadri sono una testimonianza di come unadonna possa essere anche un’artista senza tradire la sua partefemminile che lei riesce ad esprimere nei suoi quadri.Il suo occhio è un occhio di donna che guarda il mondo e lo ritraefiltrandolo attraverso la sua personalità e sensibilità d’artista.A distanza di un anno dal nostro incontro mi ritrovo a possederetaccuini dove ho annotato i suoi pensieri sul suo lavoro, sul rapportocon il marito, osservazioni sulla sua vita quotidiana. Ho ancheimmagini di lei datemi da persone che l’hanno conosciuta: ho avutoun incontro con Oriana Previtali, la sua figlioccia, che ha fral’altro intrattenuto un rapporto con lei per più di venti anni, masoprattutto ci sono i suoi dipinti e le immagini che esprimono icontenuti più profondi di lei e che sono state elaborate e sviluppatenel corso della sua vita.

Ho letto nei suoi quadri un percorso interiore di confronto erappresentazione e identificazione con l’archetipo del femminile viavia rappresentato come Sibilla, Natura, Casa, con approdi epartenze, come se il suo lavoro, dispiegato nell’arco della sua vita,portasse con sé il messaggio di un cammino esistenziale epsicologico verso la ricerca, la comprensione e l’accettazione dell’Archetipo del femminile.

Ho messo idealmente in fila i suoi quadri in ordine cronologico e holetto una storia che parla di contenuti psicologici. Unainterpretazione la mia consapevole dei contenuti proiettivi che lariempiono. dell’identificazione, a volte, provata con questa artistache è una donna che lotta per esprimersi. Mi sono servitadell’interpretazione per capire insieme a Fillide anche a me stessa,

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non dimenticando mai che la mia interpretazione è una delle tantepossibili.Ripenso alle sensazioni che le immagini dei quadri mi hanno dato,una per una, e non mi pare senza significato che inizialmenteprovassi per lei e la sua pittura un sorta di rifiuto, immotivato,ambiguo. E mi sono tornate in mente le parole di Virginia Woolf:

“E’ comunque probabile che sia nella vita sia nell’arte i valori diuna donna non siano gli stessi di un uomo. Così ella scoprirà chedesidera perennemente alterare i valori stabiliti – rendere serioquanto ad un uomo appare insignificante e banale quanto a leisembra importante. E per questo sarà naturalmente criticata:perché il critico dell’altro sesso resterà davvero sorpreso eimbarazzato da quel tentativo di mutare la scala di valori in vigoree non ci vedrà soltanto una differenza d’opinione ma un opinionetrascurabile, o sentimentale.” (2)

Ma non solo gli uomini, anche io donna di oggi, ma inevitabilmenteimmersa nella cultura patriarcale potevo riconoscere qualcosa dinuovo in questa artista immediatamente? In me c’era un disagioincomprensibile ed è sul filo di questo disagio che ho scoperto,andando oltre alle primitive impressioni di sentimentalismo, chequello che non riuscivo a scorgere era la bellezza naturale e chesolo abbandonando ogni pregiudizio e facendomi prendere dalleimmagini avrei potuto comprendere il mondo di cui la Levasti miparla e che è anche il mio.

Fillide Levasti nasce a Firenze il 20 gennaio 1883. Della suainfanzia e fanciullezza abbiamo poche notizie biografiche: famigliabenestante, due sorelle, iscrizione all’Accademia di Belle Arti, lafrequentazione della scuola libera di nudo, insieme ad un’amicaLeonetta Pieraccini; viaggi di studio tra il 1906 e il11910 aMonaco, Ginevra, Lipsia. Una rete di frequentazione nell’ambienteartistico e letterario fiorentino.Nel 1911 Fillide conosce Arrigo Levasti, “filosofo vagabondo”,studioso di arte e di mistica e amante dell’arte. Si sposeranno nel1914 e divideranno la vita e un comune impegno di ricercanell’esplorare il mondo interiore. Un dialogo il loro che non cesseràmai e che sarà il nucleo fondamentale della vita di Fillide da cui

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attingere forza per ricercare anche nell’arte un linguaggio suopeculiare che si concretizzerà poi nei dipinti.Arrigo seguirà sempre il lavoro della moglie, incoraggiandola,spronandola, criticandola a volte, ma sempre ritenendo vera arte lamaggior parte delle sue opere. Fillide del resto seguirà sempre illavoro del marito aiutandolo nella sua attività di scrittore elasciando spesso il suo quando Arrigo dovrà consegnare alle stampei suoi numerosi libri.

“…..quando non dipingo copio per Arrigo e questa volta ce n’ho unpacco che non finisce più. Altro che Sant’Agostino….”(3)

La certezza che le proviene dall’apprezzamento e dall’alta stimache il marito ha per il suo lavoro e che le dimostrerà per tutta la vitale permetterà di superare tutte le difficoltà che via via le sipresenteranno nel corso della vita e le darà la forza di nonrinunciare mai a dipingere.E’ di questo periodo una grande amicizia con la famiglia Gui chedurerà tutta la vita, è la moglie di Gui, Maria, una grande amica diFillide e quando morirà improvvisamente nel 1937 provocando ungrande dolore nei Levasti, essi intensificheranno i rapporti con ifigli, soprattutto con Oriana, che è anche la figlioccia di Fillide, peril resto della vita.

Dagli esordi fino al 1917 la pittura di Fillide è come un lungotirocinio sui temi classici della tradizione iconografica. Naturemorte, ritratti.

La convalescente (1916)

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Vi è una decorativa impersonalità in queste nature morte, nei ritrattifedeli, nei fiori veristici, una femminilità espressa in modo aperto,nell’accuratezza delle pieghe, negli accordi tono su tono, maandando oltre si avverte un desiderio di dominio spirituale sottoforma di dedizione ad un mondo esteriore e quindi sensuale.

Jung scrive nel 1921 che vi sono parecchie vie che conduconodall’esterno verso l’interno e che è necessario che l’indagine siacondotta in questa direzione finché non siano accertati consufficiente chiarezza determinati fatti psichici elementari. Una voltache questi siano accertati con sufficiente chiarezza si può invertire ilprocedimento.Fillide in questo primo periodo sembra aver esplorato finoall’estremo le possibilità stilistiche, l’accostamento emotivo di tonie volumi, tanto che si rimane affascinati dall’abilità tecnicadell’artista anche se questa non sempre riesce a liberarsi in poesia ei dipinti rischiano di essere muti.E’ dal 1920 che abbiamo notizie più dirette della pittrice: è lei stessaa fornirle tramite le sue numerose lettere all’amica Leonetta CecchiPieraccini.

“Ho lavorato anch’io poco e mi dolgo..anche io come te vedo i mieilavori assai brutti e ne farei un falò...”(4)

Sono anni di crisi durante i quali Filli perde sempre più fiducia nellepossibilità espressive di una pittura di colori e volumi. ArrigoLevasti scrive sulla Tempra nel 1919:

“La poesia pura, consideriamola la sua estetica: un impoverimentoo svolgimento di vecchie formule sul colore, la combinazione diparole, l’interesse visivo; l’armonia subitanea ecc..; la conclusione:un cervello che cerca simpatici avvicinamenti, la vita d’ogni giornoci getta fasci di raggi lirici, ci avvolge in canti meravigliosi. Perchènon vederli, non sentirli?” (5)

Fillide che già nel 1913 aveva iniziato a disegnare piccole scene divita quotidiana come se la vita di ogni giorno la richiamasse ad unaattenzione e la volesse distogliere dalle severe composizioni dinatura morta, risponde a questo invito.

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I piccoli disegni che raccontano la vita quotidiana inizianolentamente ad acquistare uno spessore ed un peso.

La modista (1913/1914)

Trattoria all’aperto (c.1915)

Queste immagini all’inizio marginali acquistano sempre più spaziofino a relegare le nature morte e i ritratti sullo sfondo. C’è comenell’osservare uno scambio di prospettiva, ciò che prima era

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importante viene allontanato e quello che era piccolo, marginaleviene richiamato in avanti.E nel 1920 vi è la composizione di un quadro che a mio avvisosegna il momento in cui la ricerca di Fillide trova un approdo. E’ ilquadro della “Fiera” che esprime sinteticamente il mondo di FillideLevasti. Vorrei analizzare questo quadro, amplificando le immaginiche esso mi porta.

La fiera, 1920

In questo dipinto domina il personaggio della Sibilla. E’ posto inuna posizione centrale, di dimensioni più grandi degli altripersonaggi, e sebbene faccia parte del mondo che vive intorno a leiin parte se ne distacca.Ha gli occhi bendati perché vede con altri occhi.E’ noto che la Sibilla è il nome dato ad alcune profetesseleggendarie, donne dotate di poteri medianici che talvolta cadevanoin estasi e subivano l’autentico stimolo coatto alla divinazione: sisentivano invase dalla forza divina, questo avveniva in modoirregolare e soprattutto senza influenza esterna.La Sibilla per antonomasia era la veggente di Cuma, nei dintorni diNapoli. La sua fama si sparse per tutto l’impero romano, il suoantro divenne un oracolo: cioè la Sibilla non profetava solo perspontanea intuizione ma rispondeva anche alle domande.

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Le Sibille rappresentarono particolari momenti storicinell’evoluzione della psiche umana. La Sibilla è l’ispirazione stessae si rivela in luoghi vari con caratteristiche univocheindipendentemente dalla civiltà e geografia che registra la suapresenza, in religioni differenti sia politeistiche che monoteistiche.Di per se stesso l’oracolo era una promessa da interpretare. Vi sonoSibille forgiate su tutte le taglie: pagane, ellenizzanti, giudaiche,cristiane, gentili, per poli e monoteisti. La Sibilla per gli antichi nonè angelo né demone ma una figura che funge da intermediaria fra ivivi ed i morti e fra presente e avvenire. I monoteisti laraffigurarono ispirata da Dio perché messaggera di intuizioniprofetiche le quali hanno come oggetto la immanenza di Dio.L’oracolo resta comunque un discorso di voci femminili; parla di unsapere materno, arcaico e sacrale progressivamente divenutoindecifrabile e confinato nel mistero della follia esoterica antiteticaai lumi di una cultura maschile fondata sulla ragione.Prima di andare avanti nell’esplorazione di questo quadro mi pareinteressante accostare all’immagine della Sibilla di Fillide Levasti,un’ immagine sullo stesso tema di De Chirico.

Giorgio De Chirico L’enigma dell’oracolo, 1910

C’è una netta differenza nel rappresentare la stessa figurafemminile, che inoltre viene situata in un paesaggio completamentediverso, direi antitetico.La figura femminile rappresentata da De Chirico è un personaggioinquietante, che non mostra il volto, e che abita in luoghi deserti, in

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alto su degli abissi. Ed invece la Sibilla di Fillide è un personaggioconosciuto affatto inquietante, immerso in un contesto totalmentediverso: la fiera, il mercato.E’ il mercato il luogo dell’incontro, l’immagine di una condizionespirituale dove tutto è presente, vi è rappresentata la condizioneumana dell’uomo nel suo quotidiano vivere, e vi sono espresse lesue molteplici condizioni.E così la Sibilla mi appare la rappresentazione dell’archetipo delfemminile visto dall’interno, come qualcosa che appartiene allapittrice e che non solo non fa paura ma le permetterà di guardare almondo da un occhio privilegiato. Un mondo elementare macomplesso ricco di motivi che verranno sviluppati pazientemente ecoscientemente nel corso degli anni. Un occhio che le permetterà diguardare al reale trasfigurandolo vedendone tutti gli aspetti poetici emagici che vi sono sottesi. Sempre dello stesso periodo vi è unaltro dipinto ugualmente importante che rappresenta di nuovol’archetipo del femminile ma nell’altro suo aspetto: quelloelementare, statico. E’ questo il quadro delle “Lavandaie”

Le lavandaie, 1921

Le lavandaie vengono rappresentate di spalle, di nessuna si vede ilviso, quasi non fosse importantel ’individualità in quanto ognunaporta lo stesso identico tema. Sono corpi solidi che sembranoattratti dall’acqua come da una forza sorda e assoluta. La lavandaia

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è il simbolo della materia indifferenziata, del femminile nei suoiaspetti più elementari.E qui rappresentato nel suo manifestarsi di ripetizione delquotidiano che di nulla si preoccupa e che è privo di senso. Pure viè in queste figure una corporeità, una sensualità che attrae, unasolidità ed una compattezza che, si avverte, poco può scuotere. Enonostante questa staticità si avverte la bellezza, e che la feconditàdel femminile trova un’espressione preumana e sovraumana. Neltempo e fuori del tempo. Vi è un “tempo” diverso nei quadri diFillide Levasti, un tempo sospeso che io ho ritrovato in quasi tutti isuoi quadri. Un tempo che sembra situarsi fra un tempo internosoggettivo e un tempo esterno oggettivo. Una sospensione néminacciosa né statica che anche se destinata a spezzarsi èstraordinaria perché densa di possibilità di un nuovo inizio, dirinascita, di risveglio, come un momento denso di potenzialità e disperanze.Un quadro che riassume questo vivere il tempo in maniera diversa èil dipinto “Il teatro”.

Il teatro rappresenta, in senso generale, il mondo e lo manifesta agliocchi dello spettatore e poiché lo rappresenta ne fa percepire il suocarattere illusorio e transitorio. E l’uomo si trova nel teatro delmondo di cui fa parte, attore e spettatore insieme. La Levastirappresenta il Teatro nel momento dell’attesa che il sipario si alzi.Uomini e donne sospesi, un po' attoniti, colti nell’attimo dell’attesaa cui ognuno reagisce nei vari modi. Chi chiuso in se stesso mentrelegge il giornale, o come la donna che guarda nel vuoto,felicemente? Assente, o in maniera curiosa puntando il binocolosugli altri personaggi.

E come i due quadri precedenti la Sibilla e le Lavandaie miappaiono come il prologo del lavoro che andrà svolgendo nelproseguo della sua vita, questo quadro mi appare comel’Introduzione.

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Il teatro, 1924

E il sipario si alzerà sulla realtà che è anche teatro: Fillide hatrovato la sua strada e da questo momento la percorrerà finoinfondo e lo dimostrerà con la limpida impostazione dei suoi lavoriche si susseguono a ritmo serrato. E’ Fillide Levasti una donnaschiva e riservata che si tiene appartata rispetto alla vita pubblica,proteggendosi in questo modo dalle pressioni collettive epercorrendo una via più silenziosa. Sono anni operosi. Nel 1927

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partecipa alla mostra degli Indipendenti a Parigi dove espone laFiera e il Teatro. Ha una fitta corrispondenza con la famiglia Gerighin Germania e attraverso di loro venderà molti dipinti.Dalle lettere si comprendono gli ostacoli che deve continuamentesuperare e l’importanza della figura di Arrigo nella sua vita e nellasua pittura.

“……...bisogna essere dei mezzi santi per continuare la propriastrada….fortunatamente io ho Arrigo che si occupa tanto di quelloche faccio e quando è contento lui (cosa che avviene assai di rado)prendo un po' di coraggio, ma rimane sempre latente in me ilsospetto che l’affetto per la moglie non gli faccia vedere migliore illavoro: il peggior critico rimango sempre io e qualche volta vorreipotermi illudere come tanti…..(6)

Nel 1929 la sua prima personale a Palazzo Antinori dove espone 40quadri. I Levasto cinducono una vita molto ritirata e molto difficiledal punto di vista economico. Ad Arrigo sono chiuse molte porteper le sue idee politiche ma gli cerca di vivere ugualmente sereno ene è una bellissima testimonianza l’introduzione al suo importantelibro “I Mistici del duecento e del trecento” edito nel 1935 daRizzoli.

“Misticismo…..ha dato e dà agli uomini parole consolatrici e diletizia e di sapienza. Chi in esso cerca a fondo trova rivelazioni dimondi nuovi; chi a lui s’abbandona si sente invadere da un potered’amore consumante il quale ci penetra tutto l’essere e alla fine cidomina. Dominio purificativo riformativo e creativo per il qualel’universo si fa translucido ed i problemi oscuri dell’uomo e dellavita cadono; e l’uomo stesso riluce intensamente. Il perenne nostrodesiderio di evadere dalla vita comune terrena si stronca e, perinvasamento che a parole è inspiegabile, ci sentiamo diveniredeposito vivente di un fuoco divino e l’uomo quasi si trasforma inun Dio” (7)

Nel febbraio del 1937 esce il libro di Ramat sulla “Pittura di FilliLevasti” Viene invitata all’esposizione Carnegie di Pittsburgh dovemanda il Teatro.Nel 1937 muore Maria Gui ed è una parte importante di Fillide edArrigo che se ne va. I Levasti rimaranno sempre vicini al Maestro

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Gui e ai suoi figli. In particolare Oriana che si è sposata da pococon il Masestr Fernando Previtali. Con gli anni il rapporto traFillide e Oriana diventerà sempre più profondo, si instaurerà fra diloro un rapporto madre-figlia che traspare dalle lettere che siinvieranno per più di 25 anni fino alla morte di Fillide . Ed èproprio da queste lettere che si ricava un’immagine di FillideLevasti indomita nonostante l’età e le molte traversie. Mi piace mettere qui di seguito stralci dalle lettere scritte ad Oriana dal 1943 al 1966 che danno la misura di quanto la casa ed il lavorodomestico abbiano pesato nella sua vita anche se non l’hannofermata.“Io ho dipinto poco, ma è tutto un lasciare e prendere perché la casastanca ed abbrutisce...”(8)

“Da qualche giorno andiamo a mangiare in trattoria perché Arrigo sistancava troppo a venire a casa e correre via subito dopo mangiatoperciò ho più tempo per me e mi sento meno abbrutita, non ho più ildispiacere di perdere tutta la mattina nei negozi ed in cucina….”(9)

“Per noi donne che non abbiamo un aiuto vero e proprio in casa èun vero guaio dover lavorare nei ritagli di tempo….”(10)Nel 1953 è invitata all’Esposizione del Fiorino e ne parla in unalettera a Oriana“E’ la prima volta che i signori artisti ammettono le pittrici e siamostate scelte tre in tutt’Italia….”(11)Vince il premio con 34 voti favorevoli e 7 contrari e ne èsoddisfatta.

Intimità, 1933

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Il mondo intorno a lei è cambiato e anche le sue immagini si sonomodificate, ha abbandonato i simboli di magia e di poesia come legiostre, il mercato quasi avesse meno bisogno di questi aiuti perdefinire il suo mondo interiore.Dalla narrazione di un quotidiano favoloso, onirico si passaall’evocazione di un silenzio, al sostare in ascolto. I protagonistinon sono più i singoli personaggi ma il paesaggio stesso.Il paesaggio urbano che si sta modificando diventa il soggetto dialcuni quadri di Fillide.“Case in demolizione”, “Case in costruzione” ecco i titoli di alcunisuoi quadri in cui vi appare una geometria precisa,un po' gelida.Inizia l’esplorazione del tema della casa. Il mondo e soprattutto iluoghi in cui abitiamo ci rimandano i segni che rivelano lacondizione della nostra anima. E la casa come immagine archetipicadiventa dominante nei quadri di Fillide. E la casa si fa immagine diun desiderio permanente di sentirsi a casa propria nel mondo. E lesue case sono piene di finestre. E’ noto ormai da lungo tempo che lafinestra dimostra una relazione fra interno ed esterno, essa èl’immagine stessa dell’immaginazione, l’invisibile intermediarioattraverso cui qualcosa appare. Noi vediamo attraverso di essaconferisce profondità e rende meno chiaro dove finisce l’esterno edove comincia l’interno così modifica la percezione dello spaziorendendolo dinamico.E Fillide molto spesso dipinge la sua casa le altre case, le altrefinestre che si aprono su altri interni. Dice Bachelard che tutte legrandi immagini semplici rivelano uno stato psichico e parla dellecase come di un essere femminile, una protettrice, la nostra cullanel mondo, una figura materna, una custode della vita.

Ed è del 1950 un dipinto che di nuovo riassume in una sintesi lanuova tappa di un lungo percorso.Eccoci di nuovo alla rappresentazione dell’archetipo delfemminile, ma questa volta in un’immagine più universale, menolegata ad un contesto sociale, culturale.

Il dipinto si intitola “La vita quotidiana”.

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La vita quotidiana, 1950

Tutta l’opera è un succedersi regolato di simmetrie ognunacontenente un racconto che mantiene lo stesso tempo di durata. Vi èun esterno ed un interno, un corridoio vuoto che segna la cesura frail dentro e il fuori. Ogni spazio è ben articolata, ogni cosa ha il suoposto, vi sono uomini, donne, la bellezza, la malattia, gli animali, illavoro, il riposo: tutta la vita resa dinamica da una luce inmovimento.E’ il simbolo della madre, della protezione, del seno materno nellasua chiave più positiva.La vita è un continuo miracolo di bellezza che gli uomini con il lorobrulicante operare creano senza avvertirla, ignari e senza trarneconsolazione.Fillide la svela con un’attenzione quasi religiosa ad un’umanitàcolta nel suo quotidiano senza ironia né angoscia, né purogodimento estetico.

Nel 1955 deve cambiare casa perché la casa dove abita è statavenduta ed ha lo sfratto. Arrigo nel 1955 fa un viaggio in Olanda epassando dalla Svizzera visita il museo di Basilea e ne scrive allamoglie:

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“Vi sono parecchi Klee e i celebrati De Chirico – le scrive – mancaun Filli Levasti che ci starebbe bene e non sarebbe per nullainferiore ai migliori che sono qui...”(12)

E’ di nuovo un’attestazione di stima per il lavoro della moglie chenon è venuto mai meno. Un altro stralcio di lettera scritta ad OrianaPrevitali.

“….Dopo il lavoro non ho potuto pensare ad altro e sono staoppressa dalla mancanza di denaro, dalla preoccupazione per le miesorelle e dalla salute di Arrigo. Ho sempre vissuto sotto un incubo,forse è colpa del mio carattere troppo sensibile e suscettibile. Avevogusti principeschi e la realtà è stata dolorosa: il lavoro mi ha salvatoe l’affetto di Arrigo.” (13)

Nel 1959 spinta da amici e conoscenti fa un’esposizione dei suoiquadri all’Accademia delle Arti e del Disegno.

Oriana l’aiuta in ogni modo e Fillide la sente sempre vicina al suocuore e le scrive che spera “che un giorno i miei quadri tiricompenseranno di quello che fai per me”.Anche gli anni della sua vecchiaia sono punteggiati da problemieconomici, e dalla preoccupazione per la sorella e dei suoi numerosiacciacchi, ma non cessa mai di dipingere.E nel 1963 inizia uno dei suoi ultimi quadri. Ne scrive ad Oriana:“In mezzo a tutti questi avvenimenti ho trovato la forza di fare unquadro….E’ il castello di S.Severa come lo vidi la prima sera delmio arrivo….”(14)

Castello di S. Severa, 1963

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Fillide dipinge il mare simbolo della dinamica della vita: tutto nascee tutto vi ritorna: luogo di nascita, di trasformazione, di rinascita.Immagine sia della vita che della morte. Il mare si situa fra noi eDio e per attraversarlo c’è bisogno di un mezzo di trasporto: labarca simbolo del viaggio, dell’ultimo viaggio verso l’ignoto.Questa barca nera che è come una ferita al centro del quadro daicolori così luminosi.E’ la rappresentazione di uno stato transitorio fra le possibilitàancora da realizzare e quelle realizzate. Un paesaggio privo diqualsiasi personaggio perché questo è un viaggio che si compie dasoli.Vi è in questo paesaggio la presenza di un castello. Il castellosimbolo della trascendenza in genere è situato in alto, su un’ altura,qui viene rappresentato dentro il mare ed è di un colore rosa quasisensuale. Un ponte verso la trascendenza che è situata in basso. C’èun gran silenzio in questo quadro come un preludio alla rivelazione,all’apertura di un passaggio, un silenzio che racchiude grandiavvenimenti. Davanti a questo quadro mi sono sentita come davanti allarappresentazione della fine di un viaggio e all’inizio di un altro,immersa in un mondo originario dove tutte le possibilità sonoancora aperte. L’alba della creazione. Uno stupendo commiato dallavita.

Nel 1964 Fillide ha una brutta nevrite alla mano sinistra, il nuovoanno non le promette una pronta guarigione, la stanchezza nonl’abbandona più e la costringe a rimanere a casa. In primavera èparticolarmente depressa e addolorata dal fatto che oramai nondipinge più. Ne scrive ad Oriana:

“….E’ quasi un anno che sono in casa….una mattina non potendonepiù ho chiamato un taxi e mi sono fatta portare alle Cascine….”(15)

Viene colpita da paralisi da cui non si riprenderà più. Muore il 24settembre 1966.

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Nel suo carteggio ho ritrovato senza data un bigliettino che Fillideha scritto al marito in occasione della Pasqua e mi pare che sia unmodo adeguato per concludere questa storia di donna.

Caro Sor Padrone avvicinandosi la Santissima Pasqua credo che Lei vogliamettere in ordine la sua coscienza e ristabilire quei rapporti cordialiche ha sempre avuti con quel suo caro e simpatico garzone.Il garzone è dispostissimo a ritornare all’ovile troppo ormaifrancescano per lui abituato a grandi alberghi e sontuosi palazzi male abitudini contratte da giovani è difficile sradicarle perciò l’ovileha il suo fascino e la sua poesia. Peraltro il garzone mette alcunecondizioni. In questi ultimi tempi egli si è fatto paladino degliinfelici e degli sfruttati e come Don Chisciotte è partito con lancia espada a difendere i poveretti. Ha parlato perciò con il suoparrucchiere, col suo trombaio, con la sua cuoca, tutte personestimabili ed in ultimo con un’artista pittore dal quale lei acquistòdue quadri per regali di nozze ed ancora aspetta ciò che in parolepovere si chiama il “conquibus”. Ed ecco come le dicevo inprincipio di questa mia, che avvicinandosi la S. Pasqua lei vorràmettere ordine in tutte queste pendenze, che in fondo, pendonopoco. Piuttosto è da combattere la sua mentalità retrograda.Conservo sempre buoni rapporti con l’ avv. Giusqui ed è sempre amia disposizione.In attesa di una sua cordiale risposta, la saluto caro Sor Padrone,cordialmente e le auguro la Buona Pasqua. Il Garzone

Ognuno dei suoi dipendenti ha preparato una nota che risale atrent’anni fa. Piccolezze.

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Note

1 * L- Vergine, “L’altra metà dell’avanguardia”, op. cit., pag.1262 * V. Woolf, “Women and Fiction”, Collected Essays in G. Greer, “Le tele di Penelope”, op. cit. pag. 1043 * Lettera del 22 Maggio 1923 a Leonetta Cecchi Pieraccini4 * Lettera del Giugno 1923 a Leonetta Cecchi Pieraccini5 * A. Levasti, Recensione a G. Papini, Giorni di festa,“LaTempra” VI , 1 Febbraio 1919, pag. 16 * Lettera del 22 Maggio 1923 a Leonetta Cecchi Pieraccini7 * A. Levasti, “I mistici del ‘200 e del ‘300”, Milano-Roma,Rizzoli, 1935, pag. 778 * Lettera del 26 Dicembre 1948 ad Oriana Previtali9 * Lettera del 7 Febbraio 1949 ad Oriana Previtali10 * Lettera del 7 Giugno 1950 ad Oriana Previtali11 * Lettera del 3 Marzo 1953 ad Oriana Previtali12 * Lettera di Arrigo del 20 ottobre 195513 * Lettera del 30 agosto 1958 ad Oriana Previtali14 * Lettera del 22 settembre 1963 ad Oriana Previtali15 * Lettera del 1 Marzo 1965 ad Oriana Previtali

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Conclusioni

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Ora che uguali opportunità, in modo crescente, vengono date alledonne non sappiamo che cosa il futuro ci potrà portare.C’è naturalmente un enorme fiorire del talento fra le donne in ognisfera, ma è probabile che fino a quando noi vivremo in questadimensione di tempo e di spazio dove la differenziazione tramaschile e femminile è essenziale per la coscienza il numero delledonne artiste resti esiguo.

Il genio femminile è difficilmente riconosciuto perché esso non siesprime nelle arti cosiddette maggiori o nelle scienze ma esso siesprime soprattutto nella sfera delle relazioni.

Coloro i quali sono indebitati con questo genio femminile ne sono ilpiù delle volte inconsapevoli: ignorano chi ha creato l’atmosferanella quale il loro spirito ha potuto essere nutrito e reso libero. Cosìla risonanza del femminile rimane sconosciuta.

Natale senza una risposta conscia all’Annunciazione è impensabile

Tutti gli artisti sono aperti alle forze collettive dell’inconscio, maquesta apertura porta con sé dei pericoli per l’Io, e, credo che questopericolo valga soprattutto per la donna creativa sottoposta allepressioni collettive attuali che più di sempre richiedono unmostrarsi pubblico. Ciò è dannoso per qualsiasi artista, ma per unadonna è non solo una minaccia per la sua arte ma anche perl’essenza della sua vita.

Infatti una delle malattie psicologiche del nostro tempo è lo stimoloa fare ogni cosa pubblicamente: tenere qualcosa nascosto o segretoè sentito quasi come un crimine e così le emozioni vengono evocateed espresse in larghi gruppi, le esperienze mistiche o spiritualivengono spartite con più persone possibili.

E’ si una necessità essenziale condividere pensieri creativi, ma seportata all’eccesso diventa distruttiva per il senso del mistero in sestesso e il rischio è quello di perdere il valore essenziale del segreto

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individuale senza il quale un uomo e ancora più pericolosamenteuna donna perde il contatto con la sua anima.

L’anima individuale non si può coltivare in pubblico perché il regnodei cieli è dentro e la preghiera dello Spirito è in segreto. Tutto illavoro creativo è l’espressione individuale del misterodell’esistenza. La luce nasce in segreto e può splendere solo quandoil tempo è maturo. Potrà essere compresa da molti o da pochi : ilnumero è irrilevante.

Le donne quantunque superficialmente libere nella loro vita, moltospesso asservite dalla terribile pressione del “fare” la quale uccide ilgenio creativo femminile e le consegna al lor animus negativo; siinseguono così “prestigio” e “originalità”.

Comunque sia le vite tragiche e le sofferenze psichiche di questenostre antenate ci risvegliano al valore del piccolo e del segreto.Dobbiamo infatti ricordare che si sia artiste o no che unaregressione al femminile arcaico è probabilmente più difficile cheuna pseudo mascolinità. E dobbiamo essere molto grate guardandoal passato di quelle donne appassionate il cui daimon individuale hafatto di loro la punta avanzata di una grande affermazione di libertà che ha spezzato le nostre idee collettive di servitù a cui è chiamatoil ruolo femminile dandoci la possibilità di avere uguali opportunitàin ogni campo umano.

E’ stato pagato un prezzo così alto per questa libertà che nonpossiamo eluderla. Ogni donna individuale che è capace diriflessione e di discriminazione e che antepone il diritto alla libertà,ha la responsabilità di riflettere su quale specie di spirito sia quelloche respira attraverso di lei e influenza la sua vita.

Il valore collettivo che solo i pensieri originali sono creativi faperdere di vista alla donna che l’originalità del femminile è situatanella capacità di risposte individuali uniche e che ognuna di questerisposte è un pezzetto creativo come la produzione di nuove idee.

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Molto è stato e viene perduto nel mondo degli sforzi di molte donnedi talento che creano in imitazione della via maschile invece dirispondere all’immagine dentro di se stesse.

E’ questa “risonanza creativa” come Jung la chiama una cosainferiore? Una donna non è realmente libera fino a che non nericonosce il grande valore con tutta intera se stessa.

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