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La pianificazione sociale e il concetto di deutero-apprendimento * Voglio centrare questo mio commento sull'ultimo punto del sommario dell'articolo della dott. Mead, dove scrive : « [...] quegli studiosi che si sono dedicati allo studio delle culture come insiemi unitari, cioè sistemi in equilibrio di- namico, possono apportare i seguenti contributi: [...] 4. Elaborare piani per la modificazione della nostra attua- le cultura riconoscendo l'importanza della inclusione del sociologo all'interno del materiale sperimentale stesso e riconoscendo anche che col tendere verso scopi definiti ci compromettiamo a manipolare altre persone e quindi alla negazione della democrazia. Solo lavorando in termi- ni di valori che si limitano a definire una direzione ci è * Questo articolo che commenta quello di Margaret Mead, « The Comparative Study of Culture and thè Purposive Cultivation of Democratic Values », fu pubblicato come Gap. iv di Science, Phi- losophy and Religion, Second Symposium, copyright 1942 della Con- ference on Science, Philosophy and Religion, New York. Ristampato qui con l'autorizzazione della Conference e di Harper and Row, Inc. Ho messo in corsivo la frase fra parentesi della nota 5 [più avan- ti, p. 209], che prefigura il concetto di « doppio vincolo ».

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La pianificazione sociale e il concettodi deutero-apprendimento *

Voglio centrare questo mio commento sull'ultimo puntodel sommario dell'articolo della dott. Mead, là dove scrive :« [...] quegli studiosi che si sono dedicati allo studio delleculture come insiemi unitari, cioè sistemi in equilibrio di-namico, possono apportare i seguenti contributi: [...] 4.Elaborare piani per la modificazione della nostra attua-le cultura riconoscendo l'importanza della inclusione delsociologo all'interno del materiale sperimentale stesso ericonoscendo anche che col tendere verso scopi definitici compromettiamo a manipolare altre persone e quindialla negazione della democrazia. Solo lavorando in termi-ni di valori che si limitano a definire una direzione ci è

* Questo articolo che commenta quello di Margaret Mead, « TheComparative Study of Culture and thè Purposive Cultivation ofDemocratic Values », fu pubblicato come Gap. iv di Science, Phi-losophy and Religion, Second Symposium, copyright 1942 della Con-ference on Science, Philosophy and Religion, New York. Ristampatoqui con l'autorizzazione della Conference e di Harper and Row,Inc. Ho messo in corsivo la frase fra parentesi della nota 5 [più avan-ti, p. 209], che prefigura il concetto di « doppio vincolo ».

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possibile usare metodi scientifici nel controllo del proces-so, senza con ciò negare l'autonomia morale dello spiritoumano » -1 All'uomo della strada che non si è finora in-teressato ai problemi dello studio comparato delle cultureumane, questa raccomandazione può apparire strana; puòapparire come un paradosso di carattere etico o filosofia),quasi si suggerisse di trascurare lo scopo in vista di rag-giungerlo. Al limite, può richiamare alla mente alcuni de-gli aforismi fondamentali del cristianesimo o del taoismo.Tali aforismi sono ben noti, ma l'uomo della strada hatutto il diritto di sorprendersi nel vederseli proporre dauno scienziato e rivestiti di tutto l'armamentario del pen-siero analitico. Ad altri sociologi e antropologi le rac-comandazioni della dott. Mead possono sembrare ancorapiù sorprendenti, e forse ancora più prive di senso, perchéstrumentalità e ' schemi costruttivi ' sono ingredienti es-senziali della struttura della vita come è vista dalla scien-za. Anche a coloro che si dedicano alla vita politica, leraccomandazioni della dott. Mead appariranno strane, poi-ché questi vedono le decisioni come classificabili in deci-sioni esecutive e decisioni programmatiche o politiche.Uomini di governo e scienziati (per tacere del mondocommerciale) vedono le cose umane informate da scopi,mezzi e fini, sforzo e soddisfacimento.

Ove si dubitasse che tendiamo a considerare lo scopoe la strumentalità come caratteristiche umane, si considerila vecchia storia del mangiare e del vivere. Colui che' mangia per vivere ' è indubbiamente l'uomo superiore,chi ' vive per mangiare ' è più rozzo, ma ancora umano;chi semplicemente ' mangia e vive ' senza attribuire alcuncarattere di strumentalità o una qualche spuria prioritànella sequenza temporale dei due processi è annoveratoappena tra gli animali ed alcuni, meno cortesi, lo consi-sidereranno un vegetale.

Il contributo della dott. Mead consiste nell'essere statain grado, fortificata dallo studio di altre culture, di tra-scendere le abitudini di pensiero correnti nella sua cultu-

1. Corsivi di M. Mead.

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ra e, in pratica, di dire: « Prima di applicare la sociologiaai nostri affari nazionali, dobbiamo riesaminare e modifi-care le nostre abitudini di pensiero sul tema dei mezzi edei fini. Abbiamo appreso, nel quadro della nostra cul-tura, a classificare il comportamento in ' mezzi ' e ' fini 'e se procediamo a definire i fini come se fossero separatidai' mezzi e poi applichiamo brutalmente gli strumentisociologici, adoperando ricette scientifiche per manipolarela gente, arriveremo a un regime totalitario piuttosto chea un regime democratico ». La soluzione da lei propostaconsiste nel ricercare le ' direzioni ' e i ' valori ' implicitinei mezzi a disposizione, piuttosto che spingersi verso unoscopo programmato considerando questo scopo come ingrado di giustificare o di non giustificare i mezzi di ma-nipolazione messi in essere. Dobbiamo ricercare il valoredi un atto pianificato in quanto implicito e contempo-raneo all'atto stesso, e non come separato da esso comese l'atto derivasse il suo valore solo riferendosi a un qual-che scopo o fine futuro. L'articolo della dott. Mead in ef-fetti non è una predica rivolta direttamente ai mezzi e aifini; non dice se i fini giustifichino o non giustifichino imezzi, ma si riferisce direttamente ai modi nei quali ten-diamo a ragionare sui mezzi e sui fini e ai pericoli inerentia questi modi.

È precisamente a questo livello che l'antropologo puòcontribuire efficacemente alla soluzione dei nostri proble-mi. È suo compito trovare il fattore comune implicito piùpertinente in una vasta congerie di fenomeni umani, o in-versamente di decidere che fenomeni apparentemente si-

,mili sono in realtà intrinsecamente diversi. Può accader-gli di recarsi in una comunità dei Mari del sud, per esem-pio i Manus, e rilevare che sebbene il comportamento de-gli indigeni è fattualmente diverso dal nostro, tuttavia ilsottostante sistema di valori non è molto lontano dal no-stro latente amore per la prudenza e dalla tendenza adaccumulare ricchezze; o al contrario può recarsi a Balie trovare che sebbene le apparenze esterne della religioneindigena siano strettamente paragonabili alle nostre - in-ginocchiarsi per pregare, incenso, frasi salmodiate inter-

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punte da un campanello eccetera - tuttavia gli atteggia-menti emotivi di base sono fondamentalmente diversi.Nella religione balinese si trova un assenso basilare allaripetizione meccanica, senza carico emotivo, di certi attipiuttosto che l'insistenza, caratteristica delle chiese cri-stiane, sul corretto atteggiamento emotivo.

In ogni modo l'antropologo non si occupa solo dellasemplice descrizione, ma tende a un grado leggermentepiù alto di astrazione, a un grado maggiore di generaliz-zazione. Il suo primo compito è la raccolta meticolosa digrandi masse di osservazioni fattuali della vita indigena.Il passo successivo non è però un semplice riassunto diquesti dati: si tratta piuttosto di interpretare questi datiin un linguaggio astratto che auspicabilmente comprendae trascenda il vocabolario e le nozioni sia esplicite sia im-plicite della nostra cultura. Non è possibile dare una de-scrizione scientifica di una cultura indigena in inglese;l'antropologo deve ideare un vocabolario più astratto neicui termini possano essere espresse sia la cultura indigenasia la propria.

Sulla base di questo tipo di disciplina la doti. Mead èstata in grado di rilevare che esiste una discrepanza - unadiscrepanza assolutamente fondamentale - fra la « inge-gneria sociale », manipolazione della gente allo scopo diraggiungere una società preprogrammata a priori, e gliideali della democrazia, « valore supremo e responsabilitàmorale della persona umana individuale ». Queste duetendenze contrastanti sono state presenti in maniera impli-cita nella nostra cultura per molto tempo: la scienza haavuto tendenze strumentalizzanti anche prima della rivolu-zione industriale, mentre l'enfasi posta sul valore e la re-sponsabilità dell'individuo è ancora più antica. Ma la mi-naccia di conflitto tra queste due tendenze è sorta solo re-centemente, con l'accentuazione e l'affioramento alla co-scienza del tema della democrazia e l'espansione contempo-ranea del tema della strumentalizzazione. Da ultimo que-sto conflitto è diventato una battaglia cruciale per il ruoloche le scienze sociali dovranno svolgere nell'ordinare le re-lazioni umane. Non è fuor di misura affermare che l'attua-

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le guerra * si combatte ideologicamente proprio perquesto : il ruolo delle scienze sociali. Dobbiamo forse riser-vare le tecniche e il diritto di manipolare la gente comeun privilegio di pochi individui pianificanti, tesi allo sco-po ed affamati di potere, per i quali la natura strumentaledella scienza è ovviamente attraente? Ora che ne abbiamoi mezzi e le tecniche tratteremo forse, a sangue freddo, lepersone come cose? O che ce ne faremo di queste tecniche?

Il problema è realmente di grande difficoltà e allo stes-so tempo di grande urgenza. È in un certo senso doppia-mente difficile perché noi, come scienziati, siamo profon-damente imbevuti di abitudini di pensiero strumentali- almeno quelli di noi per i quali la scienza è parte dellavita di tutti i giorni pur rimanendo un'astrazione nobilee bella. Proviamo a sormontare questa difficoltà ulteriorerivolgendo gli strumenti della scienza verso questa abitu-dine di pensiero strumentale e verso quest'altro nuovoatteggiamento intravisto dalla dott. Mead, cioè l'atteggia-mento che considera la ' direzione ' e il ' valore ' nell'attostesso piuttosto che nei fini sottintesi. Chiaramente, en-trambi questi atteggiamenti sono modi di considerare cer-te sequenze temporali. Nel vecchio gergo della psicologia,essi rappresentano differenti modi nella appercezione di se-quenze di comportamento o, nel gergo più moderno dellapsicologia della Gestalt, potrebbero entrambi essere de-scritti come abitudini a fissare l'attenzione su questo oquell'altro tipo di inquadramento contestuale del com-portamento. La questione sollevata dalla dott. Mead, cheauspica un cambiamento in queste abitudini, consiste nel.problema di come abitudini di tipo così astratto venganoapprese.

Non si tratta qui del tipo di domanda semplice cheviene posta nella maggioranza dei laboratori di psicologiasperimentale: « In che circostanze un cane imparerà asalivare in risposta al suono di un campanello? » oppure:« Quali variabili sono pertinenti al processo di apprenderemeccanicamente? ». Il nostro problema è di un grado più

• Questo articolo è stato scritto nel 1942 [N.d.T.].

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astratto e in un certo senso media uno iato tra lo studiosperimentale dell'apprendimento semplice e l'approcciodegli psicologi della Gesta!t. In effetti stiamo chiedendo:« Come fa un cane ad acquisire l'abitudine di segmen-tare, ovvero ad appercepire il flusso infinitamente com-plesso degli eventi (includendovi il proprio comporta-mento) in modo che questo flusso gli appaia composto diun certo tipo di sequenze elementari piuttosto che di al-tre? ». O, rimpiazzando il cane con uno scienziato, potrem-mo chiedere: « Quali circostanze determinano il fatto cheun certo scienziato segmenterà il flusso degli eventi così daconcludere che tutto è predeterminato, mentre un altrovedrà lo stesso flusso così regolare da essere suscettibiledi controllo? ». O ancora, allo stesso livello di astrazionechiediamoci - e questa domanda è molto pertinente allapromozione della democrazia -: « Quali circostanze pro-muovono quella specifica, naturale segmentazione del-l'universo che chiamiamo ' libero arbitrio ' e quali altrequelle che chiamiamo ' responsabilità ', ' spirito costrutti-vo ', ' energia ', ' passività ', ' dominanza ' e tutto il resto? ».Poiché ciascuna di queste qualità astratte, che formanoil normale bagaglio culturale di ogni educatore, può esserevista come un'abitudine a segmentare in modo diverso ilflusso dell'esperienza in modo che assuma l'uno o l'altrotipo di senso e di coesione. Si tratta di astrazioni che co-minciano a prendere un qualche senso operativo quandole vediamo ordinarsi a un livello concettuale intermediotra le asserzioni relative all'apprendimento semplice equelle della psicologia della Gestalt.

Per esempio, possiamo indicare molto semplicementele circostanze che portano alla tragedia o al disingannoquando venga deciso che ' il fine giustifica i mezzi ' perrealizzare un paradiso in terra vuoi cristiano, vuoi comun-que preprogrammato. Ciò che viene ignorato è il fatto chegli strumenti della manipolazione sociale non sono mar-telli e giraviti. Un giravite non viene seriamente scanda-lizzato se in un'emergenza lo adoperiamo come un cuneo.Né la visione del mondo di un martello verrà alterata sequalche volta usiamo il suo manico semplicemente come

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leva. Ma nella manipolazione sociale i nostri strumentisono persone e le persone apprendono e acquisiscono abi-tudini più sottili e penetranti dei trucchi che il pianifi-catore insegna loro. Con le migliori intenzioni del mondoegli può allenare i bambini a spiare i loro genitori alloscopo di sopprimere in essi qualche tendenza antagonistaal successo del suo progetto sociale, ma siccome i bambinisono persone, andranno oltre l'apprendimento di questosemplice trucco: inseriranno questa esperienza nella glo-balità della loro visione del mondo e di conseguenza nerisulterà colorato definitivamente il loro atteggiamentoverso l'autorità. Ogni volta che incontreranno certi tipidi contesto, tenderanno a vederlo strutturato secondo ilmodello ormai familiare. Il pianificatore sociale potrà,all'inizio, avvalersi positivamente dei trucchi insegnati aibambini, ma il successo finale del suo piano può essereannullato dalle abitudini mentali che sono state appreseinsieme ai trucchi. (Sfortunatamente non c'è ragione diritenere che il progetto nazista possa crollare per questeragioni. In questo caso c'è da ritenere che gli sgradevoliatteggiamenti qui accennati siano considerati basilari siaquanto al progetto in se stesso sia quanto ai mezzi per at-tuarlo. La via dell'inferno può anche essere lastricata dicattive intenzioni, sebbene questo possa riuscire difficileda credere ai benintenzionati).

A quel che sembra, abbiamo a che fare con un tipo diprocesso che scaturisce collateralmente dal processo di •ap-prendimento. Quando la dott. Mead ci dice di non volerpiù pensare in termini di schemi di costruzione e di volerinvece valutare i nostri atti progettati in termini del lorovalore implicito immediato, ci sta dicendo in effetti chenell'allevamento e nella educazione dei bambini dovrem-mo cercare di inculcare un tipo di abitudine collateralealquanto diversa da quella che noi stessi abbiamo acqui-sita e che rinforziamo quotidianamente nei nostri contatticon la scienza, la politica, i giornali e così via.

Le è inoltre perfettamente chiaro che questo innovativospostamento dell'accentuazione o Gestalt del nostro mododi pensare, comporterà una partenza per terre inesplora-

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te. Non possiamo sapere che tipo di essere umano emer-gerà da questa avventura né possiamo ora essere sicuri checi sentiremo a nostro agio nel mondo del 1980. La dott.Mead ci può solo dire che se procediamo nella direzioneche ci sembra naturale, pianificando le nostre applicazionidelle scienze sociali come mezzi per raggiungere un fineben determinato, andremo a finire in un precipizio. Ci hadato l'ubicazione di questo precipizio e ci invita ad av-viarci in una direzione dove questo ostacolo non è pre-sente, pur restando una direzione inesplorata. Il suo arti-colo pone il problema di come esplorare questo nuovoterritorio.

In verità la scienza già ci offre qualcosa di simile a unamappa. Ho accennato sopra che un fascio assortito di con-cetti astratti - libero arbitrio, predestinazione, responsabi-lità, spirito costruttivo, passività, dominanza, eccetera -possono essere considerati tutti come abitudini appercetti-ve, modi usuali di guardare al flusso degli eventi, di- cui èparte anche il nostro comportamento. Inoltre, tutte que-ste abitudini potrebbero essere, in un certo senso, tuttequante prodotti derivati del nostro processo di apprendi-mento. Il nostro prossimo compito, se vogliamo tracciareuna qualche mappa, consiste chiaramente nel procurarciqualcosa di più di una semplice lista casuale di questepossibili abitudini. Dobbiamo far sì che questa lista di-venti una classificazione dalla quale appaia come ognunadi queste abitudini sia sistematicamente correlata allealtre.

È di dominio comune che una certa sensazione di auto-nomia individuale, una abitudine mentale in qualchemodo legata a ciò che ho chiamato ' libero arbitrio ', è unelemento essenziale della democrazia, ma non è ancoraperfettamente chiaro come questa autonomia possa esseredefinita operativamente. Per esempio, qual è la relazionetra ' autonomia ' e negativismo incoercibile? I distribu-tori di benzina che si rifiutano di obbedire al coprifuocosono o non sono in linea con un genuino spirito demo-cratico? Questo tipo di ' negativismo ' è indubbiamentedello stesso livello di astrazione di ' libero arbitrio ' o ' de-

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terminismo '. È anch'esso un modo abituale di appercepirecontesti, le sequenze di eventi e il proprio comportamen-to. Ma non è chiaro se questo negativismo sia una ' sotto-specie ' della autonomia individuale o se non sia inveceun qualche tipo di abitudine completamente diversa. Allostesso modo dobbiamo stabilire come questa nuova abitu-dine di pensiero che la dott. Mead ci propone si ricollegaagli altri.

Chiaramente abbiamo bisogno di qualcosa di più diuna semplice lista fatta a caso di queste abitudini mentali.Abbiamo bisogno di una qualche struttura sistematica odi una classificazione che ci mostri come ciascuna di que-ste abitudini è legata alle altre. Una tale classificazionepotrebbe fornirci qualcosa che si avvicina alla mappa chenon abbiamo. La dott. Mead ci invita a partire per nuoviterritori adottando una nuova abitudine di pensiero; mase sapessimo in che modo questa abitudine è legata allealtre, potremmo essere in grado di valutare i pericoli, ibenefici e le possibili insidie della nuova strada. Una talemappa potrebbe fornirci anche le risposte ad alcuni pro-blemi sollevati dalla dott. Mead: come giudicare la 'dire-zione ' e il valore impliciti nei nostri atti progettati.

Certo non ci si deve attendere che il sociologo tiri fuoridi tasca questa mappa come un illusionista tira fuori unconiglio dal suo cappello, ma penso che si possa far subitoun passo nella giusta direzione: si possono suggerire alcu-ni temi fondamentali, i punti cardinali, se si preferisce, inbase ai quali dovrà essere costruita la classificazione finale.

Abbiamo già osservato che i tipi di abitudini mentaliche stiamo analizzando sono, in un certo senso, prodottiderivati dei processi di apprendimento ed è quindi natu-rale guardare ai processi dell'apprendimento semplice pervedere se non ci possano suggerire uno spunto. Stiamosollevando questioni di un gradino più astratte di quelleprincipalmente studiate dagli psicologi sperimentali, ma èpur sempre nei loro laboratori che dobbiamo cercare lerisposte che ci interessano.

Ora accade che nei laboratori di psicologia si verificacomunemente un fenomeno di un grado di astrazione o

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generalità alquanto maggiore di quelli per lo studio deiquali sono stati progettati gli esperimenti. È luogo comu-ne che il soggetto sperimentale, sia esso uomo o animale,diventa un miglior soggetto dopo ripetuti esperimenti.Egli non solo apprende a salivare ai momenti opportunio a recitare le appropriate sillabe senza senso, ma anche,in qualche modo, apprende ad apprendere. Non solo ri-solve i problemi postigli dallo sperimentatore e che sin-golarmente sono problemi di apprendimento semplice, maal di là di questo egli diventa sempre più capace di ri-solvere problemi in generale.

In un gergo da semigestalt o semiantropologico, potrem-mo dire che il soggetto apprende a dirigersi verso certi tipidi contesto, o che sta acquistando un certo ' intuito ' peril contesto del risolvere problemi. Nella terminologia ado-perata in questo articolo si può dire che il soggetto haacquisito la capacità di cercare contesti e sequenze di untipo piuttosto che di un altro, un'abitudine a ' segmenta-re ' il flusso degli eventi per evidenziarvi ripetizioni di uncerto tipo di sequenza significativa.

Il discorso che stiamo seguendo ci ha portato a un pun-to in cui certe asserzioni sull'apprendimento semplice siincontrano con asserzioni sulla Gestalt e sulla strutturadel contesto. Siamo anche arrivati al punto di poter for-mulare l'ipotesi che ' apprendere ad apprendere ' è iden-tico all'acquisizione di quella classe di abitudini mentaliastratte delle quali ci occupiamo in questo articolo. Checioè gli stati mentali che chiamiamo ' libero arbitrio ',pensiero strumentale, passività, dominanza, eccetera, sonoacquisiti tramite un processo che si può assimilare ali" ' ap-prendere ad apprendere '.

Questa ipotesi è, in una certa misura, nuova2 sia per

2. Articoli di psicologia che trattano il problema delle relazionitra Gestalt e apprendimento semplice sono molto numero'si, se siincludono i lavori di tutti coloro che hanno lavorato sui concetti ditrasferimento dell'apprendimento, generalizzazione, irradiazione, so-glia di reazione (Hull), insight e simili. Storicamente uno dei primia porsi questi problemi fu L.K. Frank, The Problems of Learning, in« Psych. Review », 33 (1926), pp. 329-51; e recentemente il Prof.N.R.F. Maier ha introdotto un concetto di 'direzione' strettamente

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gli psicologi sia per l'uomo della strada: devo quindi sof-fermarmi a fare alcune precisazioni di carattere tecnicoper definire ciò che intendo dire. Mi incombe almeno dimanifestare la mia buona volontà a istituire questo pontetra l'apprendimento semplice e la Gestalt in termini ope-rativi.

Introdurrò due neologismi: J^^oi^apr^e^id^mento^' e' deuterojigprendimento '. per evitare di dover definireoperativamente tutti gli altri termini del campo (trasferi-mento dell'apprendimento, generalizzazione, eccetera). Di-ciamo che si riscontrano due tipi di gradiente in tutti icompiti di apprendimento continuato. Diremo che iljgra;diente in ciascun punto di una curva di apprendimentosemjgtoJcioJMiijma^^rappresenta principalmente il tasso di proto-apprendimen-

i. i. . ^MWB»,f n&-w*^».-Jm=,-!*v-AJ.-.'-?'- .v--*****-:*.'-*"**--"'" ™-iiiw«™i-^!™™s™-«fc*'r*~"'~>*-~™r-— a»«^~s-w. *.waw.™™™™VM

toT^e"tuttavia conduciamo una serie di espmmenti di ap-pre^dlmenjtqjiim^in ogni esperimento successivo il soggetto mostra jjradientisuccessivamente più ripidi per il jproto-apprendimento,cioè apprendejìii^apidam^njg. Questa progressiva varia-zìo"ne*"ctéf tasso àtero-apprendimento '.

Di qui si"può~^almente procedere a rappresentare gra-ficamente il deutero^^rejdimento con una curva il cuigfactiente rappresenterà il tasso di crescita™"deI~cTèurér6r

apprendimento. Una tale rappresentazione pu5"essefé"ot-FénùTa, per esempio, intersecando la serie delle curve delproto-apprendimento ad alcuni valori del numero di provescelti arbitrariamente e notando la percentuale di rispostepositive registrate in quell'esperimento fino a quel valore.La curva del deutero-apprendimento si otterrà graficando

legato alla nozione di 'deutero-apprendimento'. Egli dice: «la di-rezione... è la forza che integra i ricordi in modi particolari senza esse-re un ricordo essa stessa » (The Behavior Mechanisms Concernedwith Problem So/King, in « Psych. Review », 47, 1940, pp. 43-58). Se a« forza » si sostituisce « abitudine » e a « ricordo » si sostituisce« esperienza del flusso degli eventi », si vede che l'espressione < deu-tero-apprendimento » risulta quasi un sinonimo della « direzione »del Prof. Maier.

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inTig Ae>\n questa definizione di proto e deutero-apprendimento

una espressione rimane vistosamente nel vago: « una seriedi esperimenti simili ». A scopo esemplificativo mi sonoriferito a una serie di esperimenti di apprendimento mec-canico dove ogni esperimento era identico al precedenteeccetto che per la sostituzione di un nuovo lotto di sillabesenza senso in luogo di quelle già apprese. In questoesempio la curva del deutero-apprendimento rappresenta-va crescente capacità nel compito dell'apprendere mecca-nicamente e tale crescita può essere fattualmente dimo-strata.4

Al jii _fuOTÌ_dejTa^^«ndymento mo^nkp J^moltO-piùdifficile _s_tabilirgjche cosa si intenda dire quando si asse-r iscehincontesto_ d i e n d i m e n t o « simile » a un

a meno che non ci si contenti di rinviare tutto ilproblema agli sperimentatori dicendo che i contesti diapprendimento saranno considerati « simili » quando puòessere provato sperimentalmente che la pratica dell'ap-prendimento in un contesto produce di fatto una crescitadella velocità di apprendimento in un altro, e richiedereagli sperimentatori di trovare per noi che tipo di classifi-cazione di contesti emerge sulla base di questo criterio.Si può sperare che lo facciano, ma non possiamo speraredi ottenere risposte immediate alle nostre domande, per-ché esistono serie difficoltà nell'ambito di tali sperimenta-zioni. Già gli esperimenti di apprendimento semplice sonodifficili da controllare e da eseguire con esattezza critica.

3. Si osserverà che la definizione operativa di deutero-apprendi-mento è necessariamente più semplice di quella di proto-apprendi-mento. In effetti nessuna curva di apprendimento rappresenta stret-tamente il solo proto-apprendimento. Anche durante un singoloesperimento di proto-apprendimento dobbiamo supporre che inter-venga una qualche misura di deutero-apprendimento il che renderàovunque il gradiente leggermente più ripido di quanto non dovreb-be essere in un ipotetico proto-apprendimento ' puro '.4. C. Hull, Mathematico-Deductive Theory of Rote Learning, NewHaven, Vale University Press, 1940.

100

%DI RISPOSTECORRETTE

5 10 15

NUMERO DI PROVE

Fig. 1. Tre curve di apprendimento successive dello stesso soggetto,che mostrano la crescita del tasso di apprendimento in esperimentisuccessivi.

80% DI RISPOSTECORRETTE 70

DOPO 10 PROVE55

1 2 3

NUMERO D'ORDINE DEGLI ESPERIMENTI

Fig. 2. Curva di deutero-apprendimento derivata dai tre esperimentidi appxendimento semplice della Fig. 1.

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Esperimenti di deutero-apprendimento potrebbero rivelar-si quasi impossibili.

Esiste tuttavia un cammino alternativo. Quando abbia-mo identificato 1' ' apprendere ad apprendere ' con l'acqui-sizione di abitudini appercettive, non escludevamo la pos-sibilità che tali abitudini potessero essere acquisite inaltri modi. Suggerire che il solo modo di acquisire questeabitudini consiste nella ripetuta esposizione a contesti diapprendimento di un tipo determinato, sarebbe analogo,

i logicamente, ad asserire che il solo modo di fare l'arrostoj di maiale consiste nell'incendiare la casa. È ovvio che nel-l'educazione umana queste abitudini vengono acquisitenelle maniere più disparate. Non siamo^interessati a unindividuo^ ipotetico esBosto, a un flusso impersoìSIè~~clieyjsnti^lmapiuttosto a persone reali che EàEnó~rètTdi"re-lazioni emotive^compjesse con altre persone. In un mondoreale siffatto, il singolo individuo sarà spinto ad acquisireo rifiutare abitudini appercettive da fenomeni molto com-plessi quali l'esempio personale, il tono di voce, l'ostilità,l'amore, eccetera. Né molte di queste abitudini gli saran-no trasmesse attraverso la sua nuda esperienza del flussodegli eventi, perché nessun essere umano (nemmeno loscienziato) è nudo in questo senso. Invece il_£usso^de^[ieventi gli è mediato attrayje^s^jOinguagàOtJlarte, la tec-no!ogia~é~gH jaltri mezzi culturali che sono dovunquestrutturati secondo le rotaie delle abitudìnTappércettive.

Ne segue quindi che il laboratorio di psicologia non èl'unica sorgente possibile di conoscenza su queste abitu-dmiTjErsTpuò rivTStg^f^^Tterliatrvamente alle diverse strut-ture implìcite ed ejplio^liellé~"v^ié"cuTuu^HèTiHoncIòstudiato dagli antropplogi. Si può allargare la lista diqueste abitudini poco note includendovi quelle sviluppatepresso culture diverse dalla nostra.

Più vantaggiosamente, credo, potremmo combinare leintuizioni degli psicologi sperimentali con quelle degliantropologi, considerando i vari contesti di apprendimen-to sperimentali e chiedendoci per ciascuno di essi qualetipo di abitudine appercettiva ci possiamo aspettare ditrovarvi associata. E poi rivolgersi al mondo reale cercan-

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do in quali culture queste abitudini si trovano realizzate.Inversamente, possiamo essere in grado di ottenere unadefinizione più nitida, più operativa, di abitudini qualiil ' libero arbitrio ' se ci domandiamo per ciascuna : « Chetipo di contesto sperimentale occorrerebbe impiantare perinculcare questa abitudine? », oppure: « Come si dovreb-be preparare il labirinto o la scatola a problema in modoche il nostro ratto antropomorfo riceva una ripetuta e rin-forzata impressione del suo libero arbitrio? ».

La classificazione dei contesti di apprendimento speri-mentale è attualmente molto incompleta, ma si vede uncerto progresso.5 È possibile classificare i principali con-testi di apprendimento positivo (in quanto distinto dall'ap-prendimento negativo o inibizione, apprendimento a nonfare) sotto quattro titoli come segue:

1. Contesti pavloviani classici.Sono caratterizzati da una sequenza temporale rigi-

da nella quale lo stimolo condizionato (per esempio, ilcampanello) precede sempre lo stimolo incondizionato (peresempio, carne in polvere) di un intervallo di tempo fis-sato. Questa rigida sequenza di eventi non viene alterataqualunque cosa faccia l'animale. In questi contesti l'ani-male apprende a reagire allo stimolo condizionato con il

5. Varie classificazioni sono state escogitate a scopo descrittivo.Seguo qui quella di E.R. Hilgard e D.G. Marquis (Conditioning andLearning, New York, Appleton Century Co., 1940). Questi autorisottopongono la loro classificazione a una brillante analisi critica ver-so la quale sono in debito per una delle idee germinali che sonoalla base di questo articolo. Essi insistono sul fatto che un qualsiasicontesto di apprendimento può essere descritto in termini di unaqualsiasi teoria dell'apprendimento, se appena si è disposti a for-zare e accentuare certi aspetti del contesto per adattarli al lettodi Procuste della teoria. Ho assunto questo punto di vista a pietraangolare del mio modo di pensare, cambiando « teorie dell'appren-dimento » in « abitudini appercettive » e sostenendo che quasi ognisequenza di eventi può essere estesa, contorta e segmentata peradattarsi a qualsiasi tipo di abitudine appercettiva. (Si può supporreche la neurosi sperimentale sia l'esito del processo che si verifica quan-do il soggetto non riesce a realizzare questa assimilazione).

Sono anche in debito verso l'analisi topologica di K. Lewin sui con-testi di punizione e di ricompensa (A Dynamic Theory of Personality,New York, McGraw-Hill Book Co., 1936).

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comportamento (per esempio salivazione) che prima eraevocato solo dallo stimolo incondizionato.

2. Contesti di ricompensa strumentale o fuga.Sono caratterizzati da una sequenza che dipende dal

comportamento dell'animale. Lo stimolo incondizionatoin questi contesti è generalmente vago (per esempio, l'in-tera somma di circostanze nelle quali si pone l'animale,la scatola a problema) e può anche essere interno all'ani-male (per esempio, fame). Se e quando l'animale compiequalche atto compreso nel suo repertorio di comporta-menti e previamente selezionato dallo sperimentatore (peresempio, alzare la zampa), viene immediatamente ricom-pensato.

3. Contesti di evitamento strumentale.Sono caratterizzati anch'essi da una sequenza condizio-

nale. Lo stimolo incondizionato è generalmente ben defi-nito (per esempio, un campanello di avvertimento) ed èseguito da una esperienza sgradevole (per esempio, unascossa elettrica) a meno che nell'intervallo l'animale nonabbia compiuto qualche atto prestabilito (per esempio,alzare la zampa).

4. Contesti di apprendimento seriale meccanico.Sono caratterizzati dal fettoche Jhg__stimolo_ «tndizio-

de per esempio a fornire sempre lajrisposta condizionata"(Ta sillaba senza senso B) dopo che egli stesso ha pronun-ciato lo stimolo condjfcipjiato (la sillaba senza senso A).

Questo primo inizio di classificazione6 sarà sufficiente a

6. Alcuni ritengono che i contesti di apprendimento sperimentalesono talmente semplificati da non avere più alcuna relazione colmondo reale. In realtà l'estensione di questa classificazione daràmodo di definire sistematicamente molte centinaia di possibili con-testi di apprendimento ( con le loro abitudini appercettive associate.Lo schema può essere esteso nei seguenti modi:

a. Inserimento di contesti di apprendimento negativo (inibizione).b. Inserimento di tipi misti (per esempio, casi nei quali la saliva-

zione, con la sua rilevanza fisiologica alla carne in polvere, è anchestrumentale per ottenere la carne in polvere).

e. Inserimento dei casi nei quali il soggetto è capace di dedurre unqualche tipo di rilevanza (diversa da quella puramente fisiologica) tradue o più elementi della sequenza. Perché ciò si verifichi il sogget-

Pianificazione sociale e deutero-apprendimento 211

illustrare i princìpi che ci concernono e possiamo ora ricer-care il verificarsi delle relative abitudini appercettive trauomini di culture diverse. Di grande interesse, perchémeno familiari, sono le forme pavloviane e le forme diapprendimento meccanico. È un po' difficile per chi ap-partiene alla civiltà occidentale credere che interi sistemidi comportamento umano possano essere costruiti su basidiverse dalla mistura che ci è propria di ricompensa stru-mentale e di evitamento strumentale. Tuttavia gli indi-geni delle isole Trobriand sembrano condurre una vita ilcui senso e la cui coerenza sono basati sul vedere gli eventiattraverso lenti pavloviane, solo leggermente colorate disperanza di ricompensa strumentale. E il modo di vita deibalinesi diventa ragionevole se accettiamo delle premessebasate su una combinazione di apprendimento meccanicoed evitamento strumentale.

Chiaramente al pavloviano ' puro ' sarebbe possibile sol-tanto un fatalismo molto circoscritto. Egli vedrebbe tuttigli eventi come preordinati e vedrebbe se stesso legato aun destino di interpretazione di presagi, senza essere ingrado di influenzare gli eventi, capace tutt'al più, dalla

to deve avere esperienza di contesti tra loro differenti in manierasistematica, per esempio contesti nei quali un certo tipo di cambia-mento in un elemento è costantemente accompagnato dal medesimotipo di cambiamento in un altro elemento. Questi casi possono es-sere sistemati in un reticolo di diverse possibilità a seconda di qua-li elementi siano visti intei conciati dal soggetto. Ci sono solo cin-que elementi (stimolo condizionato, risposta condizionata, ricom-pensa o punizione e due intervalli di tempo), ma ogni coppiapuò essere considerata inteicorrelata e nella coppia il soggetto

, può distinguere ciascuno dei due elementi come determinante l'al-tro. Queste possibilità moltiplicate per i nostri quattro contesti dibase danno un totale di quarantotto tipi.

d. La lista dei tipi di base può essere estesa includendovi anchequei casi (ancora non investigati in esperimenti di apprendimento,ma comuni nelle relazioni inter'personali) nei quali il ruolo dellosperimentatore e quello del soggetto sono invertiti. In questi casicolui che apprende fornisce l'elemento iniziale e quello finale, men-tre qualche altra persona (o circostanza) fornisce il termine inter-medio. Da questo punto di vista, si vedono il campanello e la car-ne in polvere come frammenti di comportamento di una persona eci si chiede: «Che cosa sta apprendendo questa persona?». Unalarga parte della gamma di abitudini appercettive associate all'auto-rità e alla paternità è basala su contesti di questo tipo generale.

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lettura dei segni, di predisporsi a uno stato di acccttazioneappropriato, per esempio col salivare, prima del verificarsidell'inevitabile. La cultuj^Trobriandjion èjn jrealtàjxav-loviana fino a questo punto, ma lajdojt. Lee,7 analizzando

leTricche Uslervazioni del professor Malinowski, ha fattovedere che le formulazioni di scopo, causa ed effetto nellacultura Trobriand sono profondamente differenti dallenostre. E sebbene la dott. Lee non usi il tipo di classifica-zione che viene qui proposta, appare chiaro dalla magiaTrobriand che in quella cultura vige un modo di pensareper cui comportarsi come se una cosa fosse in un certomodo porterà a che la cosa sia proprio in quel modo. Inquesto senso i Trobriand possono essere descritti comesemi-pavloviani i quali avessero deciso che ' salivare ' èstrumentale per l'ottenimento della ' carne in polvere '.Malinowski per esempio ci da una descrizione drammaticadel furore,8 ai limiti fisiologici, a cui si porta lo stregone'Trobriand nei suoi riti magici. Possiamo prendere que-sto comportamento come manifestazione di uno statod'animo semi-pavloviano in contrasto con molti altri tipidi pratiche magiche in altre parti del mondo dove, peresempio, l'efficacia di un incantesimo può venire associatanon all'intensità ma all'estrema accuratezza meccanicadella recitazione.

Tra i balinesi9 si trova una diversa visione, che contra-

7. Dorothy Lee, A Primitive System of Values, in « Journal Philos. ofScience», 7 (1940), pp. 355-378.8. È possibile che l'interpretazione semi-pavloviana del flusso de-gli eventi tenda, come negli esperimenti che di essi sono i prototipi,a dipendere in modo particolare da reazioni autonomiche; e cioèche coloro che vedono la realtà in questi termini tendano a vederequeste reazioni - soggette solo parzialmente al controllo volontario -come particolarmente efficaci e causa potente di eventi esterni. Po-trebbe esserci una logica ironica dietro al fatalismo pavloviano checi predispone a credere di poter alterare il corso degli eventi soloper mezzo di quei comportamenti sui quali abbiamo il minor con-trollo.9. Il materiale balinese raccolto dalla dott. Mead e da me stesso nonè stato ancora pubblicato in extenso, ma un breve schizzo della teo-ria qui accennata può trovarsi in: G. Bateson, The Frustration-Ag-gression Hypothesis and Culture, in « Psychological Review », 48(1941), pp. 350-355.

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sta sia con la nostra occidentale sia con quella dei Tro-briand. Il modo di trattare i bambini è tale che questinon apprendono a vedere il mondo come composto disequenze di sforzi terminanti nel soddisfacimento, mapiuttosto come composto di sequenze meccaniche ineren-temente soddisfacenti di per se stesse: una visione in unacerta misura collegata a quella che la dott. Mead ci racco-manda di assumere: cercare il valore nell'atto stesso piut-tosto che considerare l'atto come un mezzo per un fine.C'è tuttavia una differenza molto sostanziale tra la visionebalinese e quella raccomandata dalla dott. Mead. I baline-si la derivano essenzialmente da contesti di evitamentostrumentale: essi vedono il mondo come pericoloso e sesmessi nel continuo tentativo di evitare, con l'interminabileripetizione meccanica di riti e cortesie, il rischio onnipre-sente di un passo falso. La loro vita è basata sulla paura,quantunque essi in generale ne godano. Il valore positivodel quale rivestono i loro atti immediati, che non guar-dano a uno scopo, è in qualche modo associato con questogodimento della paura. È il godimento ambiguo dell'acro-bata, sia dell'eccitazione del rischio sia del proprio virtuo-sismo nell'evitare la catastrofe.

Ci troviamo ora, dopo un excursus piuttosto tecnicoe lungo attraverso laboratori psicologici e culture esoti-che, a poter esaminare la proposta della dott. Mead in ter-mini alquanto più concreti. Ci viene suggerito che nel-l'applicazione _ _ _ _attenzione alla direzione^je al ' valore^ inerenti agli attipiuttòlto^cTìe^riejQtarci^uIla^base dLqualche meta jrepro-grammataT Certo la dott. Mead non ci uggenscg,di .imita-rejLbafinesjj se non nella orientazione delle sequenze tem-porali, e lei stesjaj^rc^foejaj^rj^^Sa^chTT^gàura^ sjajxure unajgaujra goduta,possa diven-tare la base per rassegaazjonejdi vajgre_ alle azioni .Più t-tostor,"come 'ini sembra 'di interpretare, questa base dovreb-be consisterejiijima^eita_Jgrma_di speranza, non tesa aq^i^ghgjgntano^juturo, ma_pur sempre una qualche for-ma dijperanza^e di_ ottimjsmo._In effetti^si^potrebbe_ria.s-sumere il senso dell'atteggiamento suggerito dicendo che

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dovrebbe esserejiosto_in_rclazÌOT£jEormale_con la ricom-pensa strumentale, Jjllo stesso_ mo^o^ch^_ratteggiamentpEaììnese è correlato aireyitamentp strumentale.

Credo che un tale atteggiamento sia realizzabile. L'at-teggiamento balinese potrebbe essere descritto come unaabitudine a sequenze meccaniche ispirate da una costantesensazione di pericolo imminente sia pure indefinito, men-tre credo che ciò che !a doti. Mead ci sta indicando po-trebbe essere descfìttaTin termTn7TnaIo^hi,~come una aEFftìdlfìe a. sequenze meccaniche ispirate da una costanteeccitazione per una imminente, sia pure indefinita, n-£onipensa.

Per quanto riguarda la componente meccanica, che qua-si certamente è un aspetto concomitante dello specialeorientamento del tempo propugnato dalla dott. Mead, iopersonalmente l'accoglierei con piacere e la ritengo infini-tamente preferibile al tipo di precisione coatta alla qualetendiamo. Il preoccuparsi ansiosamente e il cautelarsi,meccanicamenteT aùlòTfTàHcaiirÈrite.^sono abitudini^alter-native che compiono la stessa funzione. Si può avere sial'abitudine di guardare automaticamente prima di traver_-sare ìa strada oppure si pùS"avere l'abitudine di ricor-darsi coscienziósamente" eli guardare. Delle due preferiscol'abitudine automatica e credo che se la raccomandazione"déTTa "dòtt. Tvfead implica un aumento dell'automatismomeccanico,dovremmoT semplicemente accettarlo. Già nelle"nostre scuole si inculca sempre più automatismo in pro-cessi quali leggere, scrivere, calcolare e nelle lingue stra-niere.

Per quanto riguarda la componente di ricompensa, ri-tengo che non si tratti di un problema al di fuori della no-stra portata. Se il balinese può essere mantenuto occupatoe felice da una paura senza nome e senza forma, fuori del-lo spazio e del tempo, noi potremmo bene essere tenuti al-l'erta da una speranza di enormi raggiungimenti senzanome, forma e luogo. Perché una tale speranza sia efficacenon è certo necessario' che il suo oggetto sia chiaramente"clennito. È solo necessario essere sicuri che ad ogrujmo-merito 11 siicce"ssó~puo" trovarsi appena svoltato l'angolo e^

Pianificazione sociale e deutero-apprendimento 215

vero ojfahp che sia, questo non potrà mai essere deciso.Ci incombeteli dlvènWe""conìe~quer pochi scienziati e "ar-"'tisti chic lavorano sotto la spinta dLjgmesta-urgenza isjai-

al ..... seatke.cheJa..graade. seo;ratrice, lperla, ìa risposta a tutti i nostri problemi, oppure la .gran-de cféa~zT6né7irio^éItòjpé£^tto,_sono sempre appena fuoridella nostra portata, o come una madre che sente che c'èvera speranza, purché vi si impejpii costantemente, elleil suo bambino diventi quel fenomeno infinitamente raro;uria persona felice e grande.

(Trad. it. di Giuseppe Trautteur)