La mobilità costretta
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L’ISFOL, conformemente a quanto previsto dall’Art. 2 comma 3 del proprio Statuto,ha attivato una sede decentrata in Benevento al fine di fornire supporto alle Regio-ni ed agli Enti locali, nelle aree del Mezzogiorno (ex Obiettivo 1 programmazione
fondi strutturali 2000-2006).Si tratta di una scelta funzionale-organizzativa volta a seguire i territori, tramite unaprossimità anche fisica, nelle loro evoluzioni e quindi a calibrare le attività tipiche del-l’ISFOL, in modo dinamico e contestualizzato, sui temi del capitale umano e dello svi-luppo locale.La mission, i compiti e le funzioni dell’Istituto assumono nella sede di Benevento unaconnotazione puntuale e sistemica sulle problematiche e sulle prospettive del Sud.Nella sede decentrata opera il Centro per lo Sviluppo Locale quale sensore sui territori,luogo di divulgazione scientifica e di ricerca per ambiti territoriali e sportello agenzialeper lo sviluppo.Tra le attività del Centro, finanziate con D. Dir. N. 285 Bis/I/04 della DGPOF del Ministe-ro del Lavoro e delle Politiche Sociali, rientra la presente ricerca sulla mobilità geografi-ca dei giovani italiani.Sia a livello comunitario che nazionale la mobilità viene considerata quale fattore stra-tegico di sviluppo e il “2006” è stato proclamato dalla Commissione europea “Anno eu-ropeo della mobilità professionale”.Il fenomeno sicuramente ha dei risvolti positivi a livello europeo e nazionale poiché ap-piana quei differenziali territoriali tra domanda e offerta di competenze, soddisfa le esi-genze individuali e arricchisce lo stesso capitale umano in mobilità, ma se si osserva lamobilità sotto la “lente territoriale” può nascondere degli impatti negativi soprattuttonel lungo termine.E’ il caso di aree deboli come quelle del Mezzogiorno d’Italia.Con la presente ricerca si è voluto, dunque, approfondire la mobilità dei giovani italianiindividuando le caratteristiche e le prospettive delle Regioni Obiettivo 1 e cercando dicomprendere il fenomeno anche nella sua componente non sana, che si potrebbe defi-nire “costretta”.Di certo oggi non si assiste ad esodi migratori come quelli registrati negli anni 50’ e 60’ma i flussi riguardano soprattutto giovani a medio-alta scolarizzazione per cui ci trovia-mo di fronte ad un fenomeno di drenaggio geografico delle competenze: il brain drain.
Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori
ISBN 88-543-0029-2
9 7 8 8 8 5 4 3 0 0 2 9 3
Temi&StrumentiStudi e ricerche 30
LA MOBILITA’ COSTRETTA
La mobilità geografica dei giovani italiani: caratteristiche e prospettive delle Regioni del Mezzogiorno
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Unione europeaFondo sociale europeo
Direzione Generale per le Politiche per l’Orientamento e la FormazioneDirezione Generale per le Politiche per l’Orientamento e la Formazione
E D E L L A PREVIDENZA SO C I A L E
ISBN 88-543-0029-2
Temi&StrumentiStudi e ricerche
30
L’Isfol, Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavo-ratori, è stato istituito con D.P.R. n. 478 del 30 giugno 1973, e riconosciu-to Ente di ricerca con Decreto legislativo n. 419 del 29 ottobre 1999; hasede in Roma ed è sottoposto alla vigilanza del Ministero del Lavoro edella Previdenza sociale. L’Istituto opera in base al nuovo Statuto appro-vato con D.P.C.M. del 19 marzo 2003 ed al nuovo assetto organizzati-vo approvato con delibera del Consiglio di Amministrazione n. 12 del6.10.2004. Svolge attività di studio, ricerca, sperimentazione, documentazione,informazione e valutazione nel campo della formazione, delle politichesociali e del lavoro, al fine di contribuire alla crescita dell’occupazione,al miglioramento delle risorse umane, all’inclusione sociale ed allo svi-luppo locale. Fornisce consulenza tecnico-scientifica al Ministero delLavoro e delle Previdenza Sociale e ad altri Ministeri, alle Regioni,Province autonome e agli Enti locali, alle Istituzioni nazionali pubblichee private. Svolge incarichi che gli vengono attribuiti dal Parlamento e faparte del Sistema statistico nazionale.Svolge anche il ruolo di struttura di assistenza tecnica per le azioni disistema del Fondo sociale europeo, è Agenzia Nazionale LLP–Programmasettoriale Leonardo da Vinci, Centro Nazionale Europass, Struttura na-zionale di supporto all’iniziativa comunitaria Equal.
PresidenteSergio Trevisanato
Direttore GeneraleAntonio Capone
La collana “Temi&Strumenti” – articolata in Studi e Ricerche, Percorsi,Politiche comunitarie – presenta i risultati delle attività di ricerca dell’Isfol suitemi di competenza istituzionale, al fine di diffondere le conoscenze, svilup-pare il dibattito, contribuire all’innovazione e alla qualificazione dei sistemi diriferimento.
La collana “Temi&Strumenti” è curata da Isabella Pitoni, responsabile UfficioComunicazione Istituzionale Isfol.
2006 – ISFOLVia G. B. Morgagni, 3300161 RomaTel. 06445901http://www.isfol.it
ISFOL
LA MOBILITA’ COSTRETTA
La mobilità geografica dei giovani italiani: caratteristiche e prospettive delle Regioni del Mezzogiorno
ISFOL EDITORE
Unione europeaFondo sociale europeo
Il volume raccoglie i risultati della ricerca sulla mobilità geografica interna deigiovani italiani sviluppata nell’ambito delle attività finanziate con D. Dir. N.285 Bis/I/04 della DGPOF del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
La ricerca è a cura del “Centro per lo Sviluppo Locale” che opera presso la se-de decentrata dell’ISFOL in Benevento per le aree del Mezzogiorno.
Responsabile sedeAntonio Capone
Gruppo di LavoroMassimo Resce – progetto di ricerca, progetto di pubblicazione, supervisione,integrazioni e raccordiGiuliana Tesauro – modelli e analisi socio – economicheGiuseppe Rillo e Francesco Manente - modelli ed elaborazioni statisticheRaffaele Castagnozzi – analisi socio – demograficheAlessia Colalillo e Giovanna Rossi – ricognizione ed analisi normativaGianpiero Colatruglio – elaborazioni GIS
Indagine CATIl’indagine è stata impostata con la collaborazione di Andrea Rocchi delCentro Risorse Nazionale per l’Orientamento ed è stata realizzata per l’ISFOL daSynergy Knowledge People S.r.l. e Tendentia S.r.l.
La pubblicazione è aggiornata al 31 dicembre 2006.
Coordinamento editoriale della collana Temi&Strumenti:Piero Buccione e Aurelia Tirelli.Collaborazione di Paola Piras.
INDICE
pag.Introduzione 13
Cap. 1 La mobilità dei giovani italianidelle Regioni Obiettivo 1 17
1.1 Aspetti storico - demografici della migrazione interna 181.1.1 Storia della migrazione interna in Italia 181.1.2 Migrazione e struttura demografica 241.1.3 Indicatori di mobilità 27
1.2 Analisi della mobilità formativa dei giovani 301.2.1 Flussi di laureati meridionali all’interno
del Mezzogiorno 301.2.2 Flussi di diplomati universitari meridionali
all’interno del Mezzogiorno 331.2.3 Studenti del Mezzogiorno laureati e diplomati
nelle Università del Centro-Nord 341.2.4 Studenti stranieri laureati e diplomati in Italia 361.2.5 Flussi di iscritti 381.2.6 Relazione tra laureati maschi e femmine residenti
nelle aree Obiettivo 1 401.2.7 Università preferite e tempo medio per laurearsi 421.2.8 Sintesi delle caratteristiche della mobilità
formativa in Italia 471.3 Indagine sugli attegiamenti dei giovani italiani
nei confronti della mobilità 481.3.1 Obiettivi e modalità di indagine 481.3.2 Risultati generali 491.3.3 Segmentazione della popolazione 521.3.4 Dettaglio su alcune province 621.3.5 Dettaglio dei risultati 621.3.6 Focus sui giovani in mobilità originari
delle Regioni Obiettivo 1 881.3.7 Sintesi delle caratteristiche della mobilità 91
5
pag.1.4 Le variabili socio-economiche dei flussi di mobiltà costretta 92
1.4.1 Ipotesi sui fattori socio-economici determinanti 931.4.2 Analisi multidimensionale delle variabili
socio – economiche determinanti il flusso migratorio 1231.4.3 Elaborazione di un modello di lettura 1301.4.4 Comparazione tra Regioni Obiettivo 1 e Regioni
del Centro - Nord 1341.4.5 Sintesi delle caratteristiche delle determinanti socio-
economiche dei flussi di mobilità 135
Cap. 2 La mobilità tra politiche per il capitale umano e lo sviluppo locale 137
2.1 Il capitale umano nei procesi di crescita economica e sviluppo 1382.1.1 Crescita economica e sviluppo 1382.1.2 Il capitale umano: definizione e metodi di calcolo 1402.1.3 Il peso del capitale umano nei processi
di crescita e sviluppo 1442.2 La situazione nel mezzoggiorno 148
2.2.1 Il livello di istruzione dei cancellati 1482.2.2 Capitale umano e forza lavoro 1562.2.3 I flussi di mobilità delle Regioni Obiettivo 1:
il “brain drain” 1642.3 Le politiche sulla mobilità’ 166
2.3.1 Strumenti comunitari e nazionali a sostegno della mobilità 167
2.3.2 Le iniziative regionali a sostegno della mobilità 176
Cap. 3 Conclusioni 183
APPENDICE STATISTICA 189
BIBLIOGRAFIA 263
6
INDICE
INDICE DELLE TABELLE
pag.Tab. 1 - Tasso Migratorio Interno e PIL pro-capite
Regioni dell’Obiettivo 1 - Italia 22Tab. 2 - Variazione % della composizione della Forza Lavoro
per titolo di studio 23Tab. 3 - Indice di struttura della popolazione attiva
nelle Regioni Obiettivo 1 25Tab. 4 - Indice di ricambio nelle Regioni Obiettivo 1 26Tab. 5 - Tasso di disoccupazione nelle Regioni Obiettivo 1 26Tab. 6 - Indice di struttura della popolazione attiva
e tasso migratorio interno 28Tab. 7 - Rapporto tra laureati residenti in Regione
e in Provincia, in percentuale 32Tab. 8 - Atenei - Facoltà preferiti dagli studenti residenti
nelle Regioni Obiettivo1 35Tab. 9 - Province delle Regioni Obiettivo 1 con maggior
numero di laureati in Atenei centro-settentrionali 35Tab. 10 - Laureati e Diplomati Universitari stranieri nelle
Università italiane per continente di provenienza 37Tab. 11 - Sedi universitarie italiane preferite dagli studenti stranieri 38Tab. 12 - Province delle Regioni Obiettivo 1 con maggior
numero di iscritti in Atenei centro-settentrionali 39Tab. 13 - Regioni Obiettivo 1 con maggior numero
di iscritti in Atenei centro-settentrionali 40Tab. 14 - Media degli anni impiegati per conseguire
la laurea presso l’Università di Bologna 43Tab. 15 - Laureati che si inseriscono nella struttura occupazionale 44Tab. 16 - Laureati che si inseriscono nella struttura occupazionale 44Tab. 17 - Media degli anni impiegati per conseguire
la laurea presso l’Università Bocconi 45Tab. 18 - Media degli anni impiegati per conseguire
la laurea presso l’Università Cattolica di Milano 46
7
pag.Tab. 19 - Media degli anni impiegati per conseguire
la laurea presso l’Università Cattolica di Milano 46Tab. 20 - Laureati che si inseriscono nella struttura occupazionale 47Tab. 21 - Laureati che si inseriscono nella struttura occupazionale 47Tab. 22 - Focus su 10 Province delle Regioni Obiettivo 1 63Tab. 23 - Nuovi iscritti all’anagrafe, per aree geografiche 93Tab. 24 - Trasferimenti di residenza per tipologia 94Tab. 25 - Tasso migratorio interno 95Tab. 26 - Occupati per titolo di studio, sesso e regione 100Tab. 27 - Tasso di occupazione per titolo di studio e regione 101Tab. 28 - Tasso di occupazione per ripartizione regionale 102Tab. 29 - Tasso di disoccupazione per ripartizione regionale 106Tab. 30 - Tasso di disoccupazione nel Mezzogiorno per titolo di studio 109Tab. 31 - Forze di lavoro in serie storica 1995-2005
e 1 trimestre 2006 Regioni Obiettivo 1 111Tab. 32 - Reddito pro-capite per ripartizione regionale 116Tab. 33 - Reddito pro-capite ripartizione per grandi Aree 117Tab. 34 - Reddito pro-capite ripartizione Regioni Obiettivo 1 118Tab. 35 - Variabili statistiche correlate ai flussi Migratori
delle regioni Obiettivo 1 120Tab. 36 - Peso dell’Industria nelle Regioni Obiettivo 1 122Tab. 37 - Popolazione di età 18 – 33 anni 122Tab. 38 - Incidenza cancellati a medio-alta scolarizzazione
su totale popolazione Regioni Obiettivo 1 156Tab. 39 - Atenei, sedi universitarie per Regione 156Tab. 40 - Peso titolo di studio per forza lavoro 157Tab. 41 - Spesa delle famiglie per l’istruzione
per ripartizioni geografiche e Regioni Obiettivo 1 159Tab. 42 - Spesa pro-capite per l’istruzione per ripartizioni
geografiche e Regioni Obiettivo 1 161Tab. 43 - Spesa amministrazioni pubbliche per istruzione
in ripartizioni geografiche Regioni Obiettivo 1 163
8
INDICE DELLE TABELLE
INDICE DELLE FIGURE
pag.Fig. 1 - Peso occupati per settore produttivo in Italia,
in serie storica 20Fig. 2 - Età media della popolazione 27Fig. 3 - Tasso di mobilità residenziale per 1.000 abitanti 29Fig. 4 - Indice cumulato della variazione
della popolazione per 1.000 abitanti 30Fig. 5 - Retta di Regressione laureati maschi (X) femmine (Y) 41Fig. 6 - Composizione degli assi 53Fig. 7 - Segmentazione della popolazione 54Fig. 8 - Composizione dei gruppi in valori percentuali 55Fig. 9 - Descrizione gruppo “Ordinari” 56Fig. 10 - Descrizione gruppo “Emergenti” 57Fig. 11 - Descrizione gruppo “Svantaggiati” 58Fig. 12 - Descrizione gruppo “Spettatori” 59Fig. 13 - Descrizione gruppo “Agiati” 60Fig. 14 - Descrizione gruppo “Delfini” 61Fig. 15 - Provenienza intervistati 64Fig. 16 - Sesso, età e stato civile degli intervistati 65Fig. 17 - Dati demografici sull’area di origine e di residenza 66Fig. 18 - Flussi di mobilità 67Fig. 19 - Dettaglio delle motivazioni che hanno indotto la mobilità 68Fig. 20 - Durata della mobilità 69Fig. 21 - Grado di soddisfazione e valutazione
del proprio spostamento 70Fig. 22 - Valutazione delle possibilità di rientro 71Fig. 23 - Titolo di studio degli intervistati 72Fig. 24 - Motivazione e valutazione della propria formazione 73Fig. 25 - Luogo di formazione 74Fig. 26 - Livello culturale dei genitori degli intervistati 75Fig. 27 - Condizione lavorativa attuale e durata 76Fig. 28 - Modalità di inserimento nel mondo
lavorativo e coerenza con formazione 77
9
pag.Fig. 29 - Valutazione proprie aspettative e formazione 78Fig. 30 - Professione dei genitori degli intervistati 79Fig. 31 - Valutazione Provincia di residenza 80Fig. 32 - Pregi e difetti della Provincia di residenza 81Fig. 33 - Potenzialità della Provincia di residenza 82Fig. 34 - Offerta formativa Provincia di residenza 83Fig. 35 - Valutazione dell’offerta formativa della Provincia di residenza 84Fig. 36 - Formazione e territorio 85Fig. 37 - Valutazione delle strutture/servizi presenti
nella Provincia di residenza 86Fig. 38 - Valutazione motivazionale delle strutture/servizi
presenti nella Provincia di residenza 87Fig. 39 - Provenienza giovani italiani in mobilità e loro destinazione 88Fig. 40 - Ampiezza comune di provenienza dei giovani
in mobilità provenienti dalle Regioni Obiettivo 1 89Fig. 41 - Destinazione dei giovani provenienti
dalle Regioni Obiettivo 1 89Fig. 42 - Motivazione e durata dello spostamento
dei giovani delle Regioni Obiettivo 1 90Fig. 43 - Professione, titolo di studio e classi di età
dei giovani delle Regioni Obiettivo 1 in mobilità 90Fig. 44 - Tasso migratorio interno nelle Province italiane 96Fig. 45 - Tasso migratorio interno nelle Regioni italiane 97Fig. 46 - Saldo migratorio interno nelle Regioni Obiettivo 1 98Fig. 47 - Tasso migratorio interno delle Regioni Obiettivo 1 99Fig. 48 - Tasso di occupazione nelle Province italiane 103Fig. 49 - Tasso di occupazione nelle Regioni italiane 104Fig. 50 - Tasso di disoccupazione in serie storica
1995-2005 nelle Regioni Obiettivo 1 107Fig. 51 - Tasso di disoccupazione nelle Regioni italiane 108Fig. 52 - Forza lavoro in serie storica 1995-2006
nelle Regioni Obiettivo 1 112Fig. 53 - Forze di lavoro nelle Province italiane 113Fig. 54 - Forze di lavoro nelle Regioni italiane 114Fig. 55 - Reddito pro-capite ripartizione grandi aree 117Fig. 56 - Reddito pro-capite in serie storica 1995-2004
nelle Regioni Obiettivo 1 119Fig. 57 - Piano fattoriale del peso delle determinanti
sui due fattori calcolati nelle Regioni Obiettivo 1 127Fig. 58 - Piano fattoriale 129Fig. 59 - Imprese per settore economico e regione 133Fig. 60 - Livello d’istruzione popolazione adulta
grandi ripartizioni geografiche 149
10
INDICE DELLE FIGURE
pag.Fig. 61 - Livello d’istruzione popolazione adulta nelle Regioni
Obiettivo 1 150Fig. 62 - Tasso di scolarizzazione superiore grandi
ripartizioni geografiche 151Fig. 63 - Tasso di scolarizzazione superiore nelle Regioni
Obiettivo 1 151Fig. 64 - Tasso variazione occupati per titolo di studio 153Fig. 65 - Tasso variazione cancellati con più di 14 anni
dalle Regioni Obiettivo 1 153Fig. 66 - Cancellati dalle Regioni Obiettivo 1 con più di 14 anni 154Fig. 67 - Tasso di variazione cancellati a medio/alta
scolarizzazionenelle Regioni Obiettivo 1 155Fig. 68 - Tasso di variazione della forza lavoro
per titolo di studio grandi ripartizioni geografiche 158Fig. 69 - Peso della spesa delle famiglie per l’istruzione
grandi ripartizioni geografiche 160Fig. 70 - Peso della spesa delle amministrazioni pubbliche
per l’istruzione grandi ripartizioni geografiche 162
11
INDICE DELLE FIGURE
INDICE DEI BOX
pag.
Box 1 - Programmi ed iniziative europee a sostegno della liberacircolazione e della mobilità dei lavoratori 173
Box 2 - Europass Mobilità 174Box 3 - Strumenti per la mobilità a disposizione degli operatori
accreditati sull’area web 180Box 4 - Dispositivi sulla mobilità della Regione Campania 182
12
INTRODUZIONE
L’ISFOL nella sede decentrata di Benevento1 ha avviato un percorsodi approfondimento delle variabili di rottura alla base dei processi disviluppo.
Tra gli elementi che maggiormente stigmatizzano l’economia meri-dionale vi è lo squilibrio tra dimensione dell’apparato produttivo e di-sponibilità di forze lavoro, squilibrio da cui deriva la persistenza nel-l’area di un tasso di disoccupazione pari a tre volte quello rilevabilenelle aree del Centro-Nord.
Partendo da questo dato si è ritenuto necessario indagare sullamobilità geografica che coinvolge le Regioni del Mezzogiorno comefattore di risposta a tale squilibrio.
La mobilità professionale e geografica è divenuta un elementochiave della Strategia Europea per l’Occupazione (SEO)2 e del Pianod’Azione in materia di competenze e mobilità3. In particolare, con laSEO si è istituito un quadro di sorveglianza multilaterale che esorta gliStati membri ad attuare politiche più efficaci nel settore occupazionale.La strategia ispiratrice dell’UE in termini di occupazione si fonda sulconcetto in base al quale il mercato europeo dell’occupazione puòfunzionare correttamente solo se i cittadini sono liberi di passare daun posto di lavoro, da un’attività, da un paese o da una regione all’altra.
13
1 La sede di Benevento è stata istituzionalizzata al fine di fornire supporto alle Regioni ed agliEnti locali, nelle aree dell’Obiettivo 1, come indicate nella regolamentazione comunitaria per la pro-grammazione dei fondi strutturali 2000-2006.
2 La Strategia europea per l’occupazione (SEO) è stata avviata dal Consiglio straordinario sul-l’occupazione di Lussemburgo nel novembre del 1997, per mettere in atto quanto disposto dalTrattato di Amsterdam che, per la prima volta, ha inserito formalmente gli interventi per il lavorotra le priorità dell’azione comunitaria.
3 COM (2002) 72. Successivamente: “Relazione sullo stato di attuazione del Piano d’Azione del-la Commissione per le competenze e la mobilità“(COM/2004/0066 def.); Decisione delConsiglio, 22/07/2003, relativa a orientamenti per le politiche degli stati membri a favore del-l’occupazione (2003/578/CE).
In Italia, il Piano di attuazione del rilancio della strategia europea diLisbona PICO (Piano per l’Innovazione, la Crescita e l’Occupazione)sostiene e promuove i processi di mobilità.
Sia a livello comunitario che nazionale, dunque, la mobilità vieneconsiderata quale fattore strategico di sviluppo e il “2006” è stato pro-clamato dalla Commissione europea “Anno europeo della mobilitàprofessionale”. L’iniziativa europea mira a sensibilizzare i cittadini suivantaggi di un lavoro all’estero o del cambiamento di lavoro ed a miglio-rare la comprensione del fenomeno stesso.
La mobilità geografica, anche se è portatrice di effetti positivi suscala territoriale europea e nazionale, presenta aspetti particolarmentedelicati e complessi se riferita alle Regioni del Mezzogiorno, soprattut-to quando si tratta di mobilità di giovani.
Infatti, agli impatti positivi di breve periodo potrebbero corrispon-dere impatti territoriali negativi nel lungo termine.
Mentre nel primo caso la mobilità può generare effetti positivi pergli individui e per il sistema economico, appianando gli squilibri territo-riali tra domanda e offerta di lavoro, nel secondo il drenaggio di com-petenze potrebbe rivelarsi un ostacolo allo sviluppo endogeno, vanifi-cando gli effetti di qualsivoglia politica di intervento nel Mezzogiornodi Italia.
Per tali motivi l’ISFOL ha avviato uno studio sulla dimensione territo-riale della mobilità per le Regioni del Mezzogiorno partendo da unafondamentale distinzione tra una componente “sana” ed una compo-nente “costretta”.
In generale, oggi si assiste ad un flusso certamente più contenutorispetto alle migrazioni verificatesi negli anni cinquanta, ma con delle ca-ratteristiche preoccupanti. Infatti, si assiste al così detto brain drain,ovvero una migrazione di risorse a medio/alta scolarizzazione che lasciail Sud orfano di quella potenziale classe dirigente e di quelle compe-tenze strategiche per lo sviluppo locale.
Una promozione della mobilità gestita in modo generalistico e nontipizzato rispetto alle esigenze locali potrebbe condurre allo svuota-mento dei territori proprio di quelle risorse indispensabili ad innescareuno sviluppo endogeno e strutturato. Pertanto, si percepisce l’urgenzadi approfondire il tema nella sua componente “costretta”, valutandogli effetti positivi e le eventuali aree di intervento attualmente non pre-se in considerazione dalle politiche in atto. In particolare, accanto allepolitiche di accompagnamento, sarebbe opportuno considerare even-tuali politiche di rientro e/o di scambio (il flusso di capitale umano inuscita dal Mezzogiorno potrebbe essere compensato da una corri-
14
INTRODUZIONE
spondente componente in entrata così da trasformare il pericoloso fe-nomeno del brain drain in un virtuoso e produttivo brain exchange).
La ricerca si sofferma sulla mobilità geografica interna dei giovani ita-liani di età compresa tra i 18 ed i 33 anni per individuarne le caratteri-stiche e le prospettive soprattutto in riferimento alle Regioni dell’Obiettivo1 (Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna), che nel te-sto vengono assunte come nozione di Mezzogiorno o di Sud-Italia.
In particolare, si è cercato di conoscere e comprendere le variabiliche sottendono il fenomeno della mobilità nella fase formativa ed inquella lavorativa, dal lato delle motivazioni personali e dal punto di vi-sta delle determinanti socio-economiche.
Nel percorso di ricerca sono state evidenziate le caratteristiche gene-rali di natura storica e demografica della migrazione interna italiana; èstata analizzata la mobilità dei giovani in età formativa; attraversoun’indagine C.A.T.I. è stata effettuata una ricognizione sulle motivazio-ni che spingono i giovani in età lavorativa allo spostamento; si è realiz-zato un modello di lettura, seppure parziale, delle determinanti socio-economiche del fenomeno; si è cercato di comprendere le connessio-ni tra mobilità, capitale umano, crescita e sviluppo locale; infine, è sta-ta aggiunta una breve ricognizione delle politiche in atto (a livello comu-nitario, nazionale e regionale) con la finalità di costruire un quadro in-tegrato di conoscenze sulla mobilità interna, utile ai policy maker per ladefinizione delle scelte di intervento.
15
INTRODUZIONE
LA MOBILITA’ DEI GIOVANIITALIANI DELLE REGIONIOBIETTIVO 1
Il processo di sviluppo e trasformazione delle realtà socio-econo-miche nel nostro Paese è fondato su una pluralità di concause.
Un ruolo determinante ha rivestito e riveste la mobilità geograficainterna.
L’indagine realizzata si sofferma sulla mobilità geografica a medio- alta scolarizzazione dei giovani (18 - 33 anni) delle Regioni italianedell’Obiettivo 1 cercando di comprendere se vi siano alla base ele-menti di costrizione.
Dopo aver delineato i tratti storico-demografici del fenomeno più gene-rale della migrazione interna, si approfondiscono tre momenti della mobi-lità seguendo la filiera istruzione - mercato del lavoro - sviluppo locale.
Nel primo momento, s’indaga sulla mobilità formativa analizzando iflussi dei laureati e diplomati, con particolare riferimento ai movimenti in-terni alle aree dell’Obiettivo 1 e da queste verso le Regioni delCentro/Nord, soffermando l’attenzione sulle caratteristiche di questiflussi e cercando di comprendere se essi possano rappresentare un’an-ticamera della mobilità lavorativa.
Nella seconda fase, si segue un approccio “motivazionale” volto adindividuare gli elementi personali che spingono l’individuo al trasferi-mento. Si amplia lo spettro della mobilità passando da quella formati-va a quella dettata da esigenze lavorative.
Infine, si segue un approccio prevalentemente socio-economicocon un focus territoriale sulle macro variabili del processo di mobilità4
cercando di individuarne le determinanti e le relazioni con i processi disviluppo.
17
CAPITOLO 1
4 Occupati, occupati per titolo di studio, tasso di occupazione per titolo di studio, disoccupa-ti, disoccupati per titolo di studio, tasso di disoccupazione per titolo di studio, forza lavoro, reddi-to disponibile pro capite, spesa delle famiglie, prodotto interno lordo, tasso di irregolarità o di la-voro nero, unità di lavoro, peso dell’industria, popolazione in età 19-32 anni, indice di struttura del-la popolazione attiva, assunzioni previste, assunzioni previste per titolo di studio, indice di disoc-cupazione di lunga durata, tasso di natalità delle imprese, investimenti fissi lordi.
Dalle valutazioni emerse da tale indagine ne consegue un modellodi sintesi in regressione multipla che ha consentito di esplicitare la dipen-denza del tasso migratorio interno, in funzione di due determinanti in-terpretative: l’indice di disoccupazione di lunga durata, correlato nega-tivamente al flusso migratorio interno, e il tasso di natalità lorda delle im-prese che, invece, influenza il tasso migratorio interno in senso positivo.
1.1 Aspetti Storico-Demografici della migrazione interna
Dal dopoguerra l’Italia tutta e, in particolare il Mezzogiorno, ha subi-to profondi cambiamenti sociali ed un significativo processo di moder-nizzazione, accompagnato da una consistente emigrazione, caratteriz-zata da una duplice componente: nazionale ed estera.
La migrazione interna ricopre una importanza particolare data la suadurata maggiore che si protrae anche nel corso degli anni Settanta. La suacomposizione sociale risulta più complessa poiché, seppure quantitativa-mente minoritaria, incide socialmente per il ruolo culturale e sociale svolto.
Nel corso degli anni la componente di migrazione di persone conuna formazione specialistica di alto livello (professionisti, tecnici, etc.) odi giovani in età formativa (universitari e post-universitari) è diventatasempre più numerosa.
Nei prossimi paragrafi si focalizza l’attenzione sulle caratteristichedel flusso migratorio interno in Italia, evidenziandone le evoluzioni neltempo e le componenti di ordine demografico che lo hanno definito elo definiscono ad oggi.
1.1.1 Storia della migrazione interna in Italia
In Italia il fenomeno delle migrazioni interne, generato dalle asimme-trie del mercato del lavoro caratterizzato da una forte disuguaglianzatra gli stock di domanda e di offerta, è divenuto rilevante soprattuttodopo la seconda guerra mondiale, raggiungendo il suo apice tra gli an-ni Cinquanta e Sessanta, con punte di oltre due milioni di trasferimen-ti di residenze all’anno e con direzione prevalente “nord-ovest”, parte delpaese maggiormente industrializzata e verso Roma. Successivamente,l’intensità di tali trasferimenti ha subito una significativa diminuzione, as-sumendo un carattere di maggiore “circolarità”, contro la precedente“polarizzazione”5.
18
CAPITOLO 1
5 Aree in precedenza considerate periferiche o marginali sono divenute poli di attrazione.
Il trend del flusso migratorio interno riprende nel 1994, toccandoun picco nel 1998, per poi proseguire con ritmo relativamente soste-nuto fino ad oggi.
La prima migrazione interna di massa ha coinvolto essenzialmente laclasse contadina, si è trattato di un vero e proprio esodo rurale6 che ha in-ciso profondamente sul riassetto sociale del Mezzogiorno d’Italia: il flus-so delle rimesse7 determinò un incremento complessivo del livello deiredditi e dei consumi, contribuendo a migliorare le condizioni di vita.Con l’esodo rurale si sono determinati spostamenti anche interni alMezzogiorno, dove si verifica – seppure slegato dal corso dell’industrializ-zazione – il medesimo processo di inurbamento che si riscontra al Nord.
Nel ventennio compreso tra il 1955 ed il 1975 si registra il flusso diemigrazione, peraltro di carattere prevalentemente definitivo, più in-tenso dal Sud verso il Centro-Nord. Si può considerare che fino allaprima crisi petrolifera del 1973, circa quattro milioni di persone si sonotrasferite dal Mezzogiorno d’Italia verso le Regioni settentrionali8.
Lo sviluppo industriale è certamente uno dei fattori principali chehanno determinato le grandi migrazioni interne. L’occupazione indu-striale nel nostro paese ha registrato un trend altalenante che si conclu-de con un processo di deindustrializzazione a favore di una crescente oc-cupazione assorbita sempre più dal settore terziario. Non a caso unaprima significativa flessione del flusso migratorio interno coincide pro-prio con gli anni Ottanta, fase in cui l’intero settore industriale registrauna sostanziale ristrutturazione seguita da una significativa riduzionedegli occupati.
A partire dalla metà degli anni Settanta, fino alla prima metà degli an-ni Novanta, l’Italia, insieme con altri paesi europei, ha visto mettere indiscussione il principio in base al quale il fattore lavoro dovrebbe spo-starsi dalle Regioni con un tasso di disoccupazione alto e con livelli diPIL pro-capite bassi9, verso quelle aree in cui è più probabile trovarelavoro, zone cioè caratterizzate da bassa disoccupazione e reddito ele-
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Storia dellamigrazioneinterna in Italia
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
6 E. Pugliese, “L’Italia tra migrazioni internazionali e migrazioni interne”, il Mulino, 2002. (Cap.2°) “Per esodo agricolo in senso stretto si intende il passaggio di lavoratori da attività agricolead attività extragricole. Si parla di esodo rurale quando l’abbandono della terra è accompagna-to da un trasferimento verso le aree urbane”.
7Le rimesse degli emigrati fanno parte (insieme con la Bilancia commerciale e la Bilancia deiservizi e dei redditi) delle partite correnti della Bilancia dei Pagamenti, in particolare sono il casopiù frequente della voce Bilancia dei trasferimenti unilaterali (la parte relativa alle voci riguar-danti i trasferimenti di denaro da e verso l’estero, che non sono contropartita di un’operazionecommerciale).
8 Solo un terzo di tale cifra rappresenta gli spostamenti in senso inverso, dal Centro-Nord ver-so il Mezzogiorno.
9 Reyneri E., Sociologia del mercato del lavoro, Bologna, Il Mulino, 1996 (capitolo dedicato al-l’immigrazione); nuova edizione, 2002.
vato. In questo arco di tempo, infatti, in Italia si è assistito simultanea-mente alla presenza di flussi migratori interni decrescenti e di differen-ziali interregionali crescenti sia nei tassi di disoccupazione che nei li-velli pro-capite del PIL.
L’avvenuta riduzione del flusso migratorio dal Sud al Nord del Paeseè stata imputata a cause di carattere economico – sociale, ponendol’accento su fattori che avrebbero influenzato sia l’offerta che la do-manda di lavoro.
Sull’offerta di lavoro avrebbero inciso: la graduale riduzione del diffe-renziale salariale tra le regioni; la nuova occupazione nel settore delterziario pubblico; i costi collegati allo spostamento; i fattori demografi-ci, quali la riduzione del tasso di natalità e l’invecchiamento della popo-lazione, data la stretta relazione tra la mobilità e le classi giovanili;l’inefficace e inadeguato sistema di collocamento interregionale che hadi fatto inibito e rallentato il mismatch tra domanda e offerta di lavoro.
Dall’altro lato, invece, ad influire sulla domanda di lavoro sarebbestato il passaggio a sistemi di produzione sempre più flessibili, orientan-do la domanda di lavoro a favore di profili professionali specializzati, adanno della forza lavoro generica, offerta copiosamente dalle Regionidel Sud nei decenni precedenti10.
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Storia dellamigrazione
interna in Italia
CAPITOLO 1
10 R. Basile, M. Causi, “Le determinanti dei flussi migratori nelle province italiane: 1991-2001”, Università degli Studi di Roma Tre, Dipartimento di Economia, Working Paper n°49, 2005.
42,2
32,1
25,7
29,1
40,6
30,3
17,2
44,3
38,4
11,1
39,5
49,4
7,6
35,6
56,7
7,5
23,1
69,4
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
80%
90%
100%
1951 1961 1971 1981 1991 2005
Agricoltura Industria Servizi
Figura 1 - Peso occupati per settore produttivo in Italia, in serie storica
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat.
Verso la metà degli anni Novanta la situazione sembra cambiareanche se lentamente. Nel ‘94 si assiste ad una ripresa dei movimenti mi-gratori interni, in particolare dalle regioni del Sud verso quelle delCentro-Nord. Allo stesso tempo nel Mezzogiorno, accanto ad una ri-presa del PIL pro-capite, si osserva tra il 1999 e il 2003 una lieve dimi-nuzione (con una flessione di circa 5 punti percentuali) del tasso di di-soccupazione.
Con la fine degli anni Novanta riprende il flusso migratorio interno,questa volta rinnovato nella composizione sia demografica che sociale. Aspostarsi sono giovani ad alta scolarizzazione (laureati, tecnici specializza-ti) in cerca di una adeguata collocazione professionale ed occupazionale.
La situazione nel primo quinquennio degli anni 2000 evidenzia untasso migratorio11 nazionale nel 2002 pari a +1,1 per mille abitanti chenel tempo subisce una flessione, passando a +0,1 per mille abitantinel 2005.
La disaggregazione del dato a livello regionale mette in luce che laCampania ha la più bassa capacità attrattiva con un flusso in uscitaparticolarmente elevato ed in continuo aumento: il saldo migratoriopassa da -1,9 per mille abitanti nel 2002 ad un valore pari a -4,4 permille abitanti nel 2005.
Nell’ambito dell’area Obiettivo 1 anche la Calabria (con un tassomigratorio che si attesta negli anni su una media di -4,3 per mille abi-tanti) registra un significativo esodo di residenti.
In controtendenza la Sardegna ricalca sostanzialmente il trend na-zionale, così come il resto delle regioni italiane, ad eccezione delMolise e del Piemonte.
Il Molise, infatti, si è trasformato nel corso di soli quattro anni da ba-cino d’arrivo in area di fuga. Il suo saldo migratorio si è ridotto, passan-do da +1 per mille abitanti, nel 2002, a -1,2 per mille abitanti nel2005. Così è accaduto in Piemonte dove da un valore positivo (+1,6per mille abitanti) nel 2002, della variabile in oggetto, si è passati, nel2005, ad un tasso migratorio pari a -0,1per mille abitanti.
Degno di nota il trend, tra le aree Obiettivo 1, della regione Siciliache da circa quattro anni registra un saldo migratorio interno in evolu-zione secondo un andamento positivo e costante nel tempo (passan-do da un -2,8 per mille abitanti del 2002 ad un -1,9 per mille abitanti del2005). L’inverso si nota in Basilicata con un indicatore dal trend nega-tivo che tende ad aumentare quasi in modo costante.
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Storia dellamigrazioneinterna in Italia
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
11 Il Tasso migratorio netto è dato dal rapporto tra il saldo migratorio (SM=Iscritti-Cancellati )dell’anno e l’ammontare medio annuo della popolazione residente (P). In formula:TMN=SM/P*1000.
Nell’intervallo di tempo considerato, il tasso di variazione del Pilpro-capite nazionale registra una variazione positiva di 5,4 punti per-centuali; la disaggregazione regionale evidenzia un range di variazio-ne compreso tra +1,5% (Abruzzo) e +9,0% (Lazio).
Tutta l’area Obiettivo 1, con +7,1%, supera il trend nazionale. In par-ticolare, la Puglia (+5,5%) uguaglia il valore soglia complessivo, segui-ta da Sardegna e Campania (entrambe con il +6,7%). Decisamente ol-tre il dato nazionale, nonché al di sopra del trend meridionale, le re-gioni Calabria (+7,8%), Sicilia (+7,9%) e Basilicata (+8,2%).
Dalla variazione percentuale (2005/2000) della composizione del-la Forza lavoro in Italia e nelle macro ripartizioni si evince un incre-mento nel tempo della componente a medio-alta scolarizzazione nel-la forza lavoro. Complessivamente, in Italia cresce la forza lavoro inpossesso di diploma (+4,4%) e di laurea/dottorato (3,2%). Per leRegioni dell’Obiettivo 1 gli incrementi delle suddette variabili si regi-strano pari al 4,1% e al 2,2% (il valore più basso tra le ripartizioni ana-lizzate). Considerate le modifiche della struttura sociale nel tempo èaltresì vero che la mobilità degli scolarizzati cresce maggiormente, ri-spetto al resto della popolazione.
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Storia dellamigrazione
interna in Italia
CAPITOLO 1
Ripartizioni Tasso migratorio interno PIL pro-capite*(valori per 1.000 abitanti) (valori in Euro)2002 2003 2004 2005 2002 2003 2004
Campania -1,9 -3,2 -3,9 -4,4 13.480 13.895 14.382Puglia -2,6 -2,6 -2,1 -2,6 13.096 13.483 13.810Basilicata -3,1 -2,6 -3,1 -3,3 13.862 14.436 14.996Calabria -4,0 -3,6 -4,8 -4,3 12.373 12.900 13.343Sicilia -2,8 -2,3 -2,3 -1,9 13.012 13.761 14.042Sardegna 1,1 0,7 0,8 0,6 14.743 15.410 15.724Obiettivo 1 -2,3 -2,5 -2,8 -2,9 13.428 13.981 14.383ITALIA 1,1 0,6 0,4 0,1 19.444 19.985 20.500
Tabella 1 - Tasso Migratorio Interno e PIL pro-capite Regioni dell’Obiettivo 1 - Italia, Serie storica
*Il PIL pro-capite 2004 corrisponde all’ultimo dato disponibile.Fonte: Elaborazioni Isfol su dati Istat e Tagliacarne.
I fattori alla base delle nuove migrazioni, in larga parte formate da skil-led migrants, sono spesso gli stessi rispetto ad altri tipi di migrazioni.
Si tratta, infatti, di crisi economiche, differenziali salariali, livelli di di-soccupazione non meno che di motivazioni individuali e familiari.Accanto a tali determinanti vanno considerate le differenze riguardantiil tenore di vita intendendo con ciò un insieme di elementi qualitativiquali l’accesso ai servizi pubblici, le condizioni di salute, la speranza divita, la libertà di scelta e la sicurezza.
Alle tradizionali determinanti si affianca, inoltre, quello che in un re-cente dibattito è stato definito “network approach”12 (o “sapere migrato-rio”, secondo Palidda e Reyneri, 1995), che identifica quelle reti di so-stegno che agevolano la migrazione grazie alle relazioni nella zona didestinazione, innescando una catena migratoria. L’emigrazione si svi-luppa significativamente se inserita all’interno di una catena migratoriatra una comunità locale o una rete di famiglie presenti nella zona di ori-gine e un’altra comunità o rete familiare nelle aree di destinazione.
Secondo questo approccio, le catene migratorie alimentano dina-miche che possono favorire uno sviluppo autopropellente dei movi-menti migratori. Le reti sociali rappresentano degli importanti fattori dirichiamo, poiché si strutturano sia come fattori di riduzione dei costi diriproduzione sociale (affitti, servizi, etc.), che come elementi in gradodi ridurre le criticità e le problematiche insite nel processo di ricercadel lavoro e nel percorso d’integrazione sociale dell’emigrato.
Come evidenziato, dunque, i flussi migratori sono determinati dauna pluralità di fattori espulsivi ed attrattivi, attraverso i quali si struttu-rano costi e benefici in grado di incidere significativamente sulla propen-sione al trasferimento della forza lavoro proveniente dal Mezzogiorno.In particolare, un’eccessiva polarizzazione dei fattori espulsivi e di ri-chiamo porterebbe ad incentivare i flussi migratori e, di conseguenza,a condizionare gli effetti economici e sociali prodotti dalla mobilitàgeografica nel breve e nel lungo periodo, soprattutto nelle aree delSud d’Italia.
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Storia dellamigrazioneinterna in Italia
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
12 Cfr. Ghatak, Levine e Wheatley Price, 1996.
Elementari Medie Superiori Laurea/DottoratiNord -4,4 -3,3 4,4 3,3Centro -4,8 -4,0 4,6 4,1Obiettivo 1 -4,0 -2,3 4,1 2,2ITALIA -4,4 -3,2 4,4 3,2
Tabella 2 - Variazione % della composizione della Forza Lavoro per titolo di studio. Italia e macroripartizioni - (2005/2000)
Fonte: Elaborazioni Isfol su dati Istat
1.1.2 Migrazione e struttura demografica
L’intensità e la consistenza dei flussi migratori influiscono notevol-mente sui processi economici, demografici e sociali delle aree interes-sate, determinando conseguenze di rilievo sia nelle zone di partenzache in quelle di destinazione e provocando la cosiddetta pressione de-mografica differenziale13.
Tra gli effetti demografici diretti vi è chiaramente la riduzione della po-polazione delle aree di origine ed il conseguente aumento demografi-co delle aree di arrivo, con ciò determinando una variazione significati-va della struttura demografica dei territori coinvolti. A tali effetti demo-grafici si collegano altrettante ricadute in termini economici, venendo al-terato l’originario rapporto produzione-consumo. Pertanto, in presenzadi una zona di origine strutturata demograficamente verso l’invecchia-mento, la fuoriuscita di forza lavoro giovanile inficia significativamentele prospettive di sviluppo14.
Da qui l’esigenza di valutare le condizioni demografiche delle aree dipartenza nell’ambito delle Regioni Obiettivo 1 al fine di stimare, sep-pur parzialmente, le conseguenze e gli effetti dei flussi migratori inuscita sulla crescita dei territori.
Analizzando la serie storica dell’indice di struttura15 della popolazionedelle Regioni Obiettivo 1 se ne evidenzia, nel periodo 2002-2005, un so-stanziale incremento che lo approssima sempre di più al 100%, ciò ad evi-denziare la presenza di una popolazione attiva sempre meno giovane, sep-pure l’indicatore non superi mai il 100% a testimonianza di un trend della po-polazione totale crescente o comunque stazionario.
Al di sopra del dato medio relativo all’intera area Obiettivo 1 (peral-tro uguagliato dalla regione la Calabria) si registra l’indice di struttura del-le Regioni Sardegna, Basilicata, Sicilia e Puglia; di contro un distacco insenso opposto si rileva per la regione Campania.
In particolare, gli incrementi più evidenti si registrano in Sardegna, chenel periodo considerato segna un aumento dell’indicatore di ben 8,1 pun-ti percentuali. Segue la Basilicata che nel 2005 supera la Sicilia, attestan-do una crescita dell’indice di struttura demografica intorno ai 6,2 pun-ti percentuali, rispetto al 2002. Complessivamente, la Sardegna mantie-
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CAPITOLO 1
13 “La causa principale delle migrazioni è quasi sempre legata allo squilibrio demografico-eco-nomico tra il luogo di origine e quello di destinazione. Tale causa viene indicata con il termine pres-sione demografica differenziale”, in N. Federici, “Istituzioni di demografia”, ed.Elia, Roma, 1980.
14 M. Livi Bacci, “Introduzione alla demografia”, Loescher, Torino, 1990.15 Indice di struttura della popolazione attiva = [P(40-64)/P(15-39)* 100]. Indica il grado di in-
vecchiamento della popolazione attiva: tanto più basso è l’indice tanto più giovane è la popolazio-ne in età lavorativa. In una popolazione stazionaria o crescente il valore è inferiore al 100% men-tre in una popolazione tendenzialmente e fortemente decrescente il rapporto supera il 100%.
ne il primato circa il grado di invecchiamento della popolazione attiva,seguita da Sicilia e Basilicata. La Campania si conferma nel tempo la re-gione con l’indice più basso e quindi con la popolazione più giovane inetà lavorativa.
Si tratta, nel complesso, di un risultato non negativo, ma da una let-tura attenta della realtà dei territori considerati emerge l’inevitabileconfronto con un mercato del lavoro sostanzialmente statico ed in af-fanno caratterizzato da limiti strutturali tali da impedire l’assorbimentodella offerta lavorativa ed il necessario ricambio generazionale.
Infatti, confrontando i dati precedenti con l’indice di ricambio dellapopolazione in età attiva16 - quale stima del rapporto tra coloro chestanno per lasciare, a causa dell’età, il mondo del lavoro e coloro che vistanno per entrare - si nota come nelle aree con una popolazione atti-va più giovane (come appunto la Campania e la Calabria) l’indicatore inoggetto assuma valori più lontani dalla soglia del 100%; con ciò a signi-ficare una tendenza alla disoccupazione di giovani in cerca di primaoccupazione, causata dallo scarso ricambio con lavoratori anziani.
Analizzando i tassi di disoccupazione delle Regioni Obiettivo 1 essipur risultando particolarmente elevati – soprattutto in Sicilia - inCampania e Calabria, registrano un trend discendente nel tempo, adifferenza della sostanziale stazionarietà individuata nelle altre regionidella ripartizione. Fenomeno probabilmente giustificato da elevati tas-si migratori in uscita che tendono a peggiorare nel tempo, condizio-nando negativamente il trend della variabile nell’intera area Obiettivo 1.
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Migrazione estrutturademografica
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
16 L’indice di ricambio della popolazione in età attiva è un indice soggetto a forti fluttuazionied è molto variabile. Solitamente oscilla tra il 15% in popolazioni in via di sviluppo e il 100% e ol-tre in popolazioni molto mature. In formula: [P(60-64)/P(15-19)]*100.
Regioni 2002 2003 2004 2005Puglia 81,9 83,6 85,1 87,4Calabria 81,0 82,8 84,1 86,5Sicilia 83,5 85,3 86,3 88,3Basilicata 82,9 84,9 86,6 89,1Campania 77,2 78,8 80,3 82,4Sardegna 87,6 90,1 92,6 95,7Obiettivo 1 81,3 83,0 84,5 86,7
Tabella 3 - Indice di struttura della popolazione attiva nelle Regioni Obiettivo 1Serie storica 2002-2005. Valori percentuali
Fonte: Elaborazioni Isfol su dati Istat.
Anche i dati sull’età media della popolazione confermano quantosopra messo in luce. Infatti, nel periodo 2002-2005 l’età media dellapopolazione delle Regioni Obiettivo 1 resta sostanzialmente stabile in-torno ai 39 anni. Sardegna e Basilicata si avvicinano di più alla media na-zionale (pari a 42 anni nel 2005), mentre la Campania è l’unica regio-ne Obiettivo 1 che si mantiene al di sotto dei valori medi (Fig. 2).
Focalizzando l’attenzione sui valori 2005 relativi all’indice di struttu-ra della popolazione attiva, disaggregato per Province delle Regionidell’Obiettivo 1 con i rispettivi saldi migratori interni, il legame che nescaturisce è di tipo inverso: ad alti valori del primo corrispondono bas-si valori del secondo e viceversa.
Dai dati risulta, infatti, che nelle Regioni con valori dell’indice distruttura vicini all’unità, corrispondono saldi migratori con valori positivi.
Di contro, l’incremento del flusso migratorio si registra in quelle ripar-tizioni territoriali con indici di struttura bassi che segnalano una popo-lazione attiva tendenzialmente più giovane. In particolare, laCampania risulta la regione con l’indice di struttura più basso (82,4per mille abitanti) in relazione al flusso migratorio più elevato (-4,4
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Migrazione estruttura
demografica
CAPITOLO 1
Regioni 2002 2003 2004 2005Puglia 81,7 83,6 83,6 82,7Calabria 74,9 75,2 73,9 72,5Sicilia 80,8 81,8 79,7 78,2Basilicata 85,7 82,8 80,2 76,2Campania 69,4 70,8 71,0 69,2Sardegna 93,1 99,1 102,4 104,3Obiettivo 1 77,8 79,3 78,8 77,5
Tabella 4 - Indice di ricambio nelle Regioni Obiettivo 1Serie storica 2002-2005. Valori percentuali
Fonte: Elaborazioni Isfol su dati Istat.
Regioni 2002 2003 2004 2005Puglia 13,4 15 15,5 14,6Calabria 18,0 16,5 14,3 14,4Sicilia 20,6 20,1 17,2 16,2Basilicata 13,5 13,2 12,8 12,3Campania 17,5 16,9 15,6 14,9Sardegna 13,5 13,8 13,9 12,9Obiettivo 1 19,3 18,7 15,6 14,8
Tabella 5 – Tasso di disoccupazione nelle Regioni Obiettivo 1Serie storica 2002-2005. Valori percentuali
Fonte: Elaborazioni Isfol su dati Istat.
Fonte: Elaborazioni Isfol su dati Istat.
per mille abitanti), mentre la Sardegna si caratterizza per l’indice distruttura più elevato (95,7 per mille abitanti) e per un saldo migratoriopositivo e quindi basso (0,6 per mille abitanti).
E’ Napoli il capoluogo con l’indice di struttura della popolazione at-tiva più basso (80,4 per mille abitanti), registrando un saldo migratorioaddirittura pari a -8 per mille abitanti. Tra i restanti capoluoghi solo iltasso migratorio di Palermo (-3,4 per mille abitanti) supera significati-vamente il dato medio riferito alla regione di appartenenza.
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Migrazione estrutturademografica
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Campania
Basilicata
ITALIA
Puglia
CalabriaSicilia
Sardegna
Obiettivo 1
34,0
35,0
36,0
37,0
38,0
39,0
40,0
41,0
42,0
43,0
2002 2003 2004 2005
Figura 2 - Età media della popolazione - Anni 2002-2005
Fonte: Elaborazioni Isfol su dati Istat.
Indice di struttura (%) Saldo migratorio(per mille abitanti)
Benevento 89,0 -0,2Avellino 87,4 0,5Salerno 86,7 -1,4Caserta 80,1 0,3Napoli 80,4 -7,9Campania 82,4 -4,4Bari 85,6 -2,1Lecce 91,1 -0,9Foggia 84,3 -6,1Brindisi 89,5 -2,0Taranto 89,7 -2,7Puglia 87,4 -2,6Potenza 89,5 -3,3
Tabella 6 - Indice di struttura della popolazione attiva e tasso migratorio interno Anno 2005
segue
1.1.3 Indicatori di mobilità
Le variazioni della consistenza della popolazione segnalano l’esi-stenza di processi demografici o socio-economici in atto sul territorio.Procedendo con una analisi più specifica della dinamica demografica èpossibile stabilire anche la natura di tali processi alla base della variazio-ne della popolazione.
In effetti, la popolazione può variare per la crescita naturale ovveroper movimenti migratori. In particolare, un indicatore in grado di forni-re una misura dell’incidenza complessiva del movimento territorialedella popolazione residente è il tasso di mobilità residenziale17.Considerato il periodo 2002-2005 e in riferimento al dato medio del-l’area Obiettivo 1, tale indicatore (calcolato per 1.000 abitanti) restacostantemente negativo (passando da -2,3 del 2002 a -2,9 del 2005) atestimonianza di un continuo flusso in uscita. Il trend rispecchia l’an-
28
Indicatori dimobilità
CAPITOLO 1
Indice di struttura (%) Saldo migratorio(per mille abitanti)
Matera 88,3 -3,3Basilicata 89,1 -3,3Cosenza 88,8 -2,7Vibo Valentia 84,0 -5,1Crotone 79,5 -9,0Reggio Calabria 84,7 -4,8Catanzaro 89,3 -4,0Calabria 86,5 -4,3Trapani 90,9 -1,0Palermo 87,7 -3,4Messina 94,1 -2,2Agrigento 85,7 -3,1Caltanisetta 86,6 -5,7Enna 90,7 -2,8Catania 85,9 -0,5Siracusa 89,8 -1,7Ragusa 86,7 -0,1Sicilia 88,3 -1,9Sassari 94,6 1,6Nuoro 94,0 -2,4Cagliari 96,4 1,1Oristano 98,6 0,3Sardegna 95,7 0,6
(segue) Tabella 6 - Indice di struttura della popolazione attiva e tasso migratorio interno Anno 2005
Fonte: Elaborazioni Isfol su dati Istat.
17 Tasso di Mobilità Residenziale = (I-C)/Pop*1.000, dove: (I-C) è il saldo delle iscrizioni ecancellazioni anagrafiche di un determinato periodo e (Pop) è la popolazione residente all’iniziodel periodo di riferimento nel territorio considerato.
damento di tutte le regioni considerate ad eccezione della Sardegnache registra nel tempo tutti valori positivi del tasso di mobilità residen-ziale (passando dall’1,1 del 2002 allo 0,6 del 2005). Superano il datomedio ripartizionale, a partire dal 2003, la Puglia e la Sicilia.
Fin qui, però, si è potuto solo fornire la misura dell’incidenza dell’in-cremento (o decremento) migratorio della popolazione in un determi-nato periodo.
E’ possibile, invece, ricorrere ad un altro metodo di misurazione al fi-ne di descrivere l’andamento demografico della popolazione, si trattadell’indice cumulato di variazione della popolazione18.
Questo indicatore offre il vantaggio di fornire una misura dell’inci-denza complessiva della popolazione che genera le variazioni demo-grafiche, poiché è costruito sui saldi delle iscrizioni e cancellazioni ana-grafiche relativi ad eventi naturali ovvero a trasferimenti di residenza.
Nel caso delle Regioni Obiettivo 1 nel periodo 2002-2005, l’indice cu-mulato della variazione della popolazione (calcolato per 1.000 abitan-ti) presenta una tendenza costantemente negativa (pari nel 2005 a -1,7). Particolare quanto si registra per la Campania dove ad un inizialevalore positivo del dato (+1,4) segue un trend discendente che porta ilvalore dell’indicatore (pari a -2,0) al di sotto del valore medio. Restasempre positivo il trend della Sardegna, fino ad azzerarsi nel 2005,mentre in Puglia solo nel 2004 prevalgono saldi positivi.
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Indicatori dimobilità
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
Obiettivo 1
-6,0
-5,0
-4,0
-3,0
-2,0
-1,0
0,0
1,0
2,0
2005200420032002
Figura 3 - Tasso di mobilità residenziale per 1.000 abitanti - Anni 2002-2005
Fonte: Elaborazioni Isfol su dati Istat.
18 Indice Cumulato di Variazione della Popolazione = (Saldo anagrafico totale)/Pop *1.000. do-ve: Saldo anagrafico totale = Saldo naturale+Saldo migratorio residenti; Pop= popolazione resi-dente all’inizio del periodo di riferimento nel territorio considerato.
Da quanto fin qui emerso è evidente la costante fuoriuscita di forzalavoro, nel periodo 2002-2005, dalle aree del Mezzogiorno. Questoaspetto lascia ipotizzare una perdita di quel capitale umano fonda-mentale per lo sviluppo dei territori di partenza.
1.2 Analisi della mobilità formativa dei giovani italiani
1.2.1 Flussi di laureati meridionali all’interno del Mezzogiorno
Il primo momento dell’indagine realizzata si sofferma sull’analisidei flussi migratori della popolazione interna alle regione Obiettivo 119.Il flusso di universitari, come indicatore di propensione alla mobilità,ha rappresentato il primo approccio all’indagine, in quanto compo-nente rintracciabile facilmente, a cui segue stanzialità dell’individuo incaso di inserimento nel mercato del lavoro.
Il livello territoriale su cui è stata effettuata questa prima analisi èquello provinciale. Il campione rappresentativo preso in considerazioneè costituito dall’insieme di laureati e da coloro che hanno conseguito undiploma universitario, entrambi analizzati per specificità di indirizzo edin alcuni casi anche per piano di studi20.
30
Indicatori dimobilità
CAPITOLO 1
19 Tabella dati n° 1 dell’appendice statistica allegata.20 Con ciò si è inteso indagare le motivazioni dello spostamento formativo dovuto alla man-
canza di facoltà universitarie specifiche o ad altri motivi (maggior possibilità di inserimento nelmondo lavorativo).
BasilicataCalabria
Campania
PugliaSicilia
Sardegna
Obiettivo 1
-5,0
-4,0
-3,0
-2,0
-1,0
0,0
1,0
2,0
2002 2003 2004 2005
Figura 4 - Indice cumulato della variazione della popolazione per 1.000 abitanti- Anni 2002-2005
Fonte: Elaborazioni Isfol su dati Istat.
Si è provveduto, dunque, all’estrazione delle province italiane delMezzogiorno e alla suddivisione dei dati per genere e provenienza(provinciale, regionale o extraregionale). In questo modo, è stato pos-sibile rappresentare i laureati ed i diplomati universitari per ogni provin-cia, suddivisi per sesso e per residenza, su tre livelli:
• residenti in provincia;• residenti in regione;• residenti fuori regione.
Considerando dapprima i laureati “residenti per provincia”, è ri-sultato evidente che il numero di donne laureate supera i laureati ma-schi, per oltre il 90% delle province; le uniche province che si discosta-no sono Reggio Calabria (248 donne vs. 287 uomini) e Taranto (131donne vs 145 uomini). Si evince, inoltre, che il numero dei laureati èdirettamente proporzionale alla dimensione delle province considera-te: i valori più alti, infatti, si riscontrano in ogni capoluogo di regione(Napoli, Bari, Palermo e Cagliari) tranne in Calabria, dove la provincia diCosenza registra il valore più elevato.
Spostando l’attenzione sui laureati residenti in regione, si conferma iltrend che vede prevalere il numero di donne laureate, rispetto ai maschi; ilfenomeno si conferma nell’80% delle Regioni. Inoltre, attraverso il rappor-to tra il totale delle laureate residenti in regione e quelle residenti in provin-cia, si evince che gli Atenei con gli indici più elevati di laureate provenientida altre province sono: Caserta (77,2%) per la Campania, Enna (97,6%)Catania (74,7%) e Palermo (75,1%) per la Sicilia, Oristano (61,3%) inSardegna. Gli stessi risultati si riscontrano analizzando il fenomeno dalpunto di vista maschile, ad eccezione delle province di Vibo Valentia edAvellino, dove il campione non è rappresentativo21 e della provincia diEnna, dove al 56,1% degli uomini corrisponde il 97,6% delle donne.
Passando ad analizzare il flusso di laureati per provincia residentifuori regione, emerge che in quasi il 30% delle province il fenomenodella mobilità formativa è pressoché nullo. Segno questo di una bassapropensione allo spostamento tra le Regioni del Mezzogiorno. Il dato siriscontra soprattutto in Calabria e nelle isole, confortato dall’ipotesidel limite logistico.
Inoltre, in Calabria ed in Sicilia, avviene uno scambio del tutto peculia-re che vede prevalere, tra i laureati a Reggio Calabria, studenti residenti nel-la provincia di Messina e, viceversa, i laureati a Messina sono per la qua-si totalità residenti in provincia di Reggio Calabria.
31
Flussi di laureatimeridionaliall’interno delMezzogiorno
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
21 Rispettivamente contano solo 2 e 9 laureati.
32
Flussi di laureatimeridionali
all’interno delMezzogiorno
CAPITOLO 1
Sul fronte dell’analisi di genere dei laureati, risulta ancora una voltache il numero delle donne supera prevalentemente quello dei maschi,tranne nelle province di Benevento, Taranto, Potenza, Reggio Calabria eSassari.
Infine, a differenza di quanto emerso dall’analisi sui laureati in pro-vincia, per coloro che hanno conseguito una laurea fuori dal proprioambito regionale non vale il principio in base al quale sono i capoluo-ghi di provincia ad avere il maggior numero di laureati. Se in Calabria,infatti, è la provincia di Reggio a registrare il numero dei laureati più al-to (170), in Sicilia risulta essere Messina (1.583) e Sassari (67) inSardegna. Segno questo che nel momento in cui ci si deve spostareper motivi di studio in un’altra regione del Mezzogiorno la numerositàdella popolazione non ha nessuna influenza.
% Maschi % FemmineCaserta 72,76 77,19Benevento 49,65 29,32Napoli 33,90 40,73Avellino 75,00 33,33Salerno 43,60 56,99Foggia 11,85 10,33Bari 32,40 35,15Taranto 10,34 7,63Brindisi 7,69 20,83Lecce 45,85 49,85Potenza 27,68 15,57Matera 20,00 12,50Cosenza 55,13 48,00Crotone 20,00 24,14Catanzaro 43,46 30,22Vibo Valentia 100,00 50,00Reggio di Calabria 21,95 19,76Trapani 12,00 8,79Palermo 68,03 75,12Messina 13,96 23,58Agrigento 30,00 33,33Caltanissetta 15,79 28,57Enna 56,10 97,62Catania 72,79 74,69Ragusa 18,18 46,43Siracusa 18,75 15,00Sassari 30,07 31,93Nuoro 12,50 14,29Oristano 70,59 61,29Cagliari 37,69 38,92
Tabella 7 - Rapporto tra laureati residenti in regione e in provincia, in percentualeAnno 2004
Fonte: Elaborazioni Isfol su dati Istat.
1.2.2 Flussi di diplomati universitari meridionali all’interno delMezzogiorno
Al flusso22 di mobilità per motivi di istruzione/formazione, all’internodel Mezzogiorno, dei laureati residenti nel Sud, si affianca il flusso deidiplomati universitari.
Rispetto al numero dei laureati per provincia – in cui la componen-te femminile supera quella maschile per oltre il 90% delle province – peri diplomati universitari il trend si conferma nel 70% delle provinceconsiderate.
In particolare, nelle province di Bari, Foggia, Lecce, Catania e Cagliari,il numero delle donne in possesso di diploma universitario è doppio ri-spetto al numero dei maschi, mentre a Caserta, Matera, Cosenza, ViboValentia, Palermo, Siracusa e Sassari la situazione si inverte. Ciò perònon porta a concludere circa la maggiore stanzialità delle donne rispet-to agli uomini, dal momento che in questa fase della ricerca il campio-ne di riferimento include soltanto i laureati e non già il complesso degliiscritti che se analizzato potrebbe capovolgere il risultato.
Secondo la graduatoria tra le province con il maggior numero distudenti con Diploma Universitario, Catania occupa il primo posto, se-guono Bari e Messina che si posizionano rispettivamente al secondo eal terzo posto, nonostante il minor numero di residenti rispetto alleprovince in competizione. Per la Sicilia e per la Calabria, infine, il nu-mero dei diplomati universitari è maggiore nelle province capoluogo.
Ponendo l’attenzione sugli studenti residenti in regione e in pos-sesso di diploma universitario, risulta che nel 50% delle province esa-minate le donne superano numericamente i maschi.
Come per i laureati, anche in questo caso si rileva una bassa pro-pensione a spostarsi all’interno della propria regione per il consegui-mento di un diploma universitario. Questo accade in ogni regione sia pergli uomini che per le donne. Tuttavia, volendo indicare le preferenze dimobilità verso una provincia della stessa regione, si evidenzia una cer-ta fluidità in Puglia verso Bari e in Sicilia verso Catania.
Per ciò che concerne, invece, il numero, in ciascuna provincia, deidiplomati universitari con residenza fuori regione, sono poche le provin-ce con valori tali da essere considerati significativi, anzi ve ne sonomolte con valori nulli. Volendo, comunque, estrapolare una tendenza,seppure poco rilevante, si nota che in Campania, il valore più elevato siha a Napoli, anche se rapportandolo alla cospicua densità numerica
33
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
22 Tabella dati n°1 dell’appendice statistica allegata.
della stessa provincia non risulta essere un valore particolarmente indi-cativo23. In Puglia primeggia la provincia di Bari, ma non è da trascura-re il valore relativo alla provincia di Foggia che beneficia della miglioreposizione geografica in quanto confinante con due Regioni. Situazionecompletamente diversa dalle precedenti si riscontra nella provincia diMessina, in cui si registra il valore più alto di tutto il Mezzogiorno di di-plomati universitari con residenza fuori regione, probabilmente a cau-sa della posizione geografica e del valore nullo che il fenomeno inda-gato assume nella provincia di Reggio Calabria.
1.2.3 Studenti del Mezzogiorno laureati e diplomati nelle universitàdel Centro-Nord
Un ulteriore punto di focalizzazione della ricerca ha riguardato lostudio relativo alla mobilità degli studenti del Mezzogiorno verso leUniversità del Centro-Nord24. Anche in questo caso è stata indagata lamobilità formativa ed i dati presi in considerazione hanno riguardatotutte le Università25 centro – settentrionali da cui è stato estrapolato il nu-mero di laureati o diplomati universitari, nell’anno 2004, con residenzanelle aree Obiettivo 1.
Nella maggior parte delle province del Mezzogiorno (67% dei casi)si preferisce Roma, quale città nella quale conseguire una laurea; co-munque, nella classifica generale ben il 90% del campione si concen-tra nella scelta di tre Università: Roma, Bologna e Milano.
Spostando l’attenzione sul fronte delle Facoltà del Centro-Nord pre-scelte dai giovani del Mezzogiorno, prevalgono, nell’Ateneo romano, leFacoltà di Giurisprudenza e Medicina - Psicologia, rispettivamente per imaschi e per le femmine. A Bologna i maschi del Mezzogiorno preferi-scono la facoltà di Ingegneria, mentre Economia è scelta indistinta-mente dai due sessi. Le Facoltà milanesi preferite sono, invece,Economia e Medicina.
Il quarto posto della graduatoria è occupato dall’Università diChieti, che annovera numerosi laureati provenienti da tutte le provincedella Campania e della Puglia (esclusa Lecce), ma anche da ViboValentia, Trapani e Palermo.
34
Flussi di diplomatiuniversitarimeridionali
all’interno delMezzogiorno
CAPITOLO 1
23 I diplomati universitari con residenza fuori regione sono 12 a Napoli e 6 a Salerno.24 Tabella dati n° 2 dell’appendice statistica allegata.25 Le Università considerate rappresentano il 95% di quelle presenti sul territorio nazionale.
Sono state escluse quelle i cui valori sono risultati poco significativi ai fini della ricerca.
La vicinanza geografica, invece, risulta essere un elemento determi-nante per la scelta degli studenti provenienti dalle province diBenevento e di Caserta che preferiscono rispettivamente le Universitàdel Molise e di Cassino.
Emerge, inoltre, un dato alquanto curioso relativo alla provincia diAgrigento che conta nel 2004 numerosi laureati presso l’Università diPisa così come per Oristano i cui laureati sono concentrati prevalente-mente presso l’Università di Torino. Il trend risulta essere però isolato all’an-no 2004, poiché non trova conferma nel numero degli iscritti del 2005.
D’altra parte volendo fare una classifica delle province dell’areaObiettivo 1, riguardo alla mobilità dei giovani per motivi di studio si ve-dono prevalere, nelle prime tre posizioni le province pugliesi di Foggia,con l’8,32% dei laureati in atenei centro-settentrionali, Lecce, conl’8,06% e Bari, con il 7,43%.
Infine, un altro dato di particolare interesse mette in luce che vi so-no delle province in cui il numero dei laureati e diplomati universitari chehanno frequentato una Università presente nella propria provincia, o
35
Studenti delMezzogiornolaureati ediplomati nelleuniversità delCentro – Nord
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
UNIVERSITA’ MASCHI FEMMINERoma Giurisprudenza Medicina
PsicologiaBologna Ingegneria Economia
EconomiaMilano Economia Economia
Medicina MedicinaChieti Medicina Medicina
Tabella 8 – Atenei - Facoltà preferite dagli studenti residenti nelle Regioni Obiettivo1
Fonte: Elaborazione Isfol su dati MIUR.
PROVINCE TOTALE MASCHI FEMMINEFoggia 8,32 3,51 4,81Lecce 8,06 4,20 3,86Bari 7,43 3,83 3,60Napoli 7,30 3,58 3,72Cosenza 6,03 2,53 3,50Taranto 5,50 2,69 2,81Salerno 4,65 2,27 2,38Potenza 4,36 1,92 2,44Catanzaro 4,24 1,95 2,29Caserta 3,96 1,86 2,10
Tabella 9 - Province delle Regioni Obiettivo 1 con maggior numero di laureati in Atenei centro-settentrionali (in %)
Fonte: Elaborazioni Isfol su dati MIUR, 2004.
nella propria regione o ancora all’interno del Mezzogiorno, è inferioreal numero dei laureati e diplomati universitari formati presso leUniversità del Centro - Nord. Ad esempio, nelle province di Avellino,Matera, Crotone, Vibo Valentia e Siracusa ciò succede rispetto alla cittàdi Roma; mentre nelle province di Brindisi e Ragusa rispetto alla città diMilano e nella provincia di Agrigento rispetto alla città di Pisa. Nelcomplesso tale fenomeno, che è indice di buona propensione allamobilità per motivo di studio di molte province del Mezzogiorno, è va-lido per circa il 70% delle province. Il restante 30% è rappresentatodalle province più grandi e importanti come Napoli, Bari, Palermo chesi distinguono per la capacità di limitare i processi di desertificazionepresenti nelle aree interne, in quanto città in grado di erogare un’offer-ta formativa qualificata.
1.2.4 Studenti stranieri laureati e diplomati in Italia
Accanto all’analisi sulla mobilità dei giovani italiani, laureati e diplo-mati universitari in Italia, la ricerca ha previsto una ulteriore indaginesulla mobilità straniera all’interno del nostro Paese per motivi di stu-dio26. Il doppio approccio dell’analisi ha considerato, da un lato leUniversità italiane di destinazione e, dall’altro, gli Stati di provenienza de-gli studenti stranieri.
In particolare, sono state considerate 47 Università italiane e 131Stati stranieri, con 1.440 laureati e diplomati universitari uomini e2.257 donne. Il campione è stato selezionato escludendo le Università(quali ad esempio quelle della Basilicata, del Sannio, di Messina etc.) esuccessivamente gli Stati (come l’Afghanistan, l’Algeria, l’Angola, etc.) incui il numero dei laureati in Italia risultava essere del tutto irrilevante.
Pertanto, il campione di riferimento è risultato composto da 35Università e 56 Stati stranieri con 1.324 laureati e diplomati universitariuomini e 2.089 donne. L’aver operato una sintesi campionaria ha resopossibile una notevole semplificazione della lettura dei dati con la mini-ma perdita di informazioni ed una accresciuta capacità interpretativa.
Lo scenario dei flussi migratori distinto per continenti è formatoprevalentemente dalla componente femminile che supera nella totali-tà dei casi il 50% delle presenze. I Paesi europei (circa 71%) risultanoessere quelli di maggiore provenienza dei flussi studenteschi; segue alterzo posto il continente asiatico (11%).
36
Studenti delMezzogiorno
laureati ediplomati nelle
università delCentro – Nord
CAPITOLO 1
26 Cfr. appendice statistica.
Sinteticamente, i Paesi da cui provengono i maggiori flussi migrato-ri per motivi di studio verso le Università italiane sono, nell’ordine, laGrecia, l’Albania e la Germania e le Università preferite quelle diMilano, Bologna e Roma.
In particolare, la Grecia conta 633 laureati e diplomati universitaripresso le Università italiane. L’Albania conta 346 diplomati o laureati,pari quasi alla metà di quelli provenienti dalla Grecia. Al terzo posto siposiziona la Germania (189), al quarto la Svizzera (142) ed al quintoIsraele (141). È da sottolineare, a tal proposito, l’influenza su tali risul-tati del fattore relativo alla vicinanza geografica. Non è un caso, dun-que, se i valori con una certa rilevanza si registrano solo nei Paesidell’Unione Europea, ad eccezione del Camerun i cui laureati (112)sono presenti in ogni Università italiana.
Diversa è la situazione degli italiani residenti all’estero che ritornanoin Italia per motivi di studio: ammonta a 197 il numero di laureatipresso le Università di Bologna, Torino e Milano. I Greci, invece, prefe-riscono gli Atenei di Napoli, Bologna e Roma; gli Albanesi: Bologna,Roma e Milano; i Tedeschi: Bolzano, Roma e Padova; gli Svizzeri:Milano, Padova e Roma; gli Israeliani, Roma, Milano e Bologna.
Modificando la prospettiva di indagine e spostando l’attenzione sulleUniversità italiane con più laureati stranieri, si nota come gli Atenei prefe-riti siano quelli della Lombardia (706 laureati e diplomati universitari stra-nieri), dell’Emilia Romagna (550) e del Lazio (484); al Veneto (456) edalla Toscana (287) spettano rispettivamente il quarto e il quinto posto.
Nella classifica provinciale, invece, Roma occupa il secondo postotra Milano e Bologna. Padova è la quarta provincia preferita dagli studen-ti stranieri, seguita da Torino; peculiare il decimo posto occupato dallacittà di Bari (con 85 laureati e diplomati universitari stranieri), nono-stante la vicinanza alla Grecia (che conta 50 laureati e diplomati uni-versitari in Italia).
37
Studenti stranierilaureati ediplomati in Italia
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Paese di provenienza % di cui donne (%)Unione Europea 38,1 61,6Altri Paesi Europei 33,0 66,1Asia 11,0 53,5Africa 9,0 50,0Sud America 6,9 65,3Nord America 1,8 63,5Oceania 0,2 50,0
Tabella 10 - Laureati e Diplomati Universitari stranieri nelle Università italiane per continente diprovenienza. Anno 2004
Fonte: Elaborazione Isfol su dati MIUR.
La preferenza da parte degli studenti stranieri a favore delleUniversità del Nord è indice, con molta probabilità, di un approcciolungimirante volto a considerare l’accessibilità in termini occupaziona-li nel mondo del lavoro in una fase successiva al conseguimento del ti-tolo di studio, oltre a lasciare emergere la probabile esistenza di mag-giori strutture di accoglienza e l’apertura del sistema formativo verso leUniversità di Paesi diversi.
1.2.5 Flussi di iscritti
L’analisi sulla mobilità interna dei giovani laureati e diplomati univer-sitari del Mezzogiorno d’Italia nell’anno 2004 si va ad incrociare con l’in-dagine relativa ai flussi di studenti iscritti presso le Università italiane nel200527.
Come è accaduto per i laureati nel 2004, nell’83% circa delle provin-ce del Mezzogiorno le iscrizioni universitarie del 2005 si sono concentra-te verso le Università romane, che per il restante 17% del campione rap-presentano il secondo posto tra gli Atenei prescelti dai nuovi iscritti del Sud.
Bisogna sottolineare, inoltre, che considerando i flussi di iscrizioni lepreferenze della quasi totalità delle province del Mezzogiorno (93%) siconcentrano sulle città di Roma, Bologna e Milano. Nella fattispecie, rap-presentano delle eccezioni alla regola le province di: Foggia, dove i gio-vani preferiscono spostarsi verso la vicina città di Chieti; Benevento, i cuistudenti hanno preferito iscriversi per lo più presso l’Università delMolise; Caserta, dove la maggior parte dei nuovi iscritti universitari si spo-sta verso Cassino.
Dal confronto tra i dati scaturiti dall’analisi dei giovani laureati delMezzogiorno nelle Università del Centro-Nord e quelli dei giovani iscrit-ti, è possibile dunque affermare che esiste una sostanziale corrisponden-za, facendo eccezione per la già citata provincia di Agrigento dove al con-
38
Studenti stranierilaureati e
diplomati in Italia
CAPITOLO 1
27 Cfr. appendice statistica.
Posizione in graduatoria Regione Università1 Lombardia Milano, Bergamo, Brescia, Insubria2 Emilia Romagna Bologna, Ferrara, Modena, Parma3 Lazio Roma, Tuscia4 Veneto Padova, Verona, Venezia5 Toscana Firenze, Pisa Siena
Tabella 11 - Sedi universitarie italiane preferite dagli studenti stranieriAnno 2004
Fonte: Elaborazione Isfol su dati MIUR.
sistente flusso di laureati nel 2004 presso l’Università di Pisa non corri-sponde il flusso di iscritti nel 2005 che si orienta verso gli Atenei univer-sitari romani.
Un’altra importante corrispondenza tra laureati ed iscritti (peraltro aconferma di un trend consolidato) si riscontra nella scelta fatta dagli stu-denti di tutte le province sia della Campania che della Puglia orientati-si verso l’Università di Chieti.
Anche sul fronte delle iscrizioni la vicinanza geografica influisce signi-ficativamente sulla scelta dei giovani residenti nella provincia diBenevento, che si iscrivono prevalentemente presso l’Università del Molisee nella provincia di Caserta, che scelgono di iscriversi nell’Università diCassino.
Analizzando i flussi degli iscritti nelle Università del Centro-Nord, se-condo la provincia di provenienza, tra i primi sette posti per mobilità diiscrizione ben quattro sono occupati da province pugliesi. In particola-re, sul totale dei giovani del Mezzogiorno che lasciano la propria provin-cia d’appartenenza per studiare nelle Università del Centro-Nord, l’8,5%proviene da Foggia, il 7,7% da Lecce, il 5,4% da Bari ed il 5,1% da Taranto.
Un dato degno di nota è la totale assenza, nei primi posti della classifi-ca, delle province delle isole che occupano le ultime posizioni nella clas-sifica elaborata. Tale fenomeno potrebbe essere determinato sia da proble-mi logistici legati ad elevati costi di trasferimento (eccessiva distanza trale province e le Università), che dalla presenza di una offerta formativamolto soddisfacente delle Università locali. Approfondendo l’aspetto del-la mobilità in termini di nuove iscrizioni universitarie a livello regionale ri-sulta, dunque, come anticipato a livello provinciale, che tra le RegioniObiettivo 1, la Puglia è quella che raggiunge la percentuale più alta di gio-vani emigrati nelle Regioni del Centro-Nord per motivi di studio.
39
Flussi di iscritti
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
PROVINCE TOTALE MASCHI FEMMINEFoggia 8,5 3,7 4,7Lecce 7,7 3,9 3,8Cosenza 6,8 3,0 3,8Potenza 5,5 2,4 3,1Bari 5,4 2,6 2,8Salerno 5,1 2,3 2,8Taranto 5,1 2,4 2,7Catanzaro 4,7 2,2 2,5Napoli 4,2 2,3 1,9Reggio Calabria 4,1 1,9 2,2
Tabella 12 - Province delle Regioni Obiettivo 1 con maggior numero di iscritti in Atenei centro-settentrionali (in %)
Fonte: Elaborazioni Isfol su dati MIUR, 2005.
Seguono la Calabria e la Campania (anche se confrontando la me-dia delle province risulterebbe al secondo posto la Basilicata.) LaSicilia, invece, con una percentuale pari a 16,9%, occupa il quarto po-sto; tuttavia tale valore è condizionato dalla numerosità delle provincesiciliane; infatti, se si considera la media delle province o il valore singo-lo di ogni provincia facente parte della regione, il dato che ne scaturiscerisulta poco significativo; in tal caso si collocherebbe al penultimo po-sto, superata dalla Basilicata e poco lontana dalla Sardegna.
1.2.6 Relazione tra laureati maschi e femmine residenti nelle areeObiettivo 1
L’approfondimento statistico28 sul flusso di studenti29 delMezzogiorno che si recano nelle Università del Centro-Nord per con-seguire una Laurea o un Diploma Universitario intende mettere in lucel’esistenza di una eventuale associazione tra le due variabili maschile efemminile.
• Dal valore del coefficiente di correlazione lineare calcolato si evin-ce che tra le due variabili (maschile e femminile) esiste una rile-vante relazione lineare positiva30, elemento alquanto prevedibiledal momento che, come precedentemente evidenziato, la prefe-renza per talune Università del Centro-Nord da parte degli studen-ti del Mezzogiorno, non è riconducibile alla variabile sesso31.
40
Flussi di iscritti
CAPITOLO 1
28 Programma statistico utilizzato SPSS 14.0, indice di correlazione di Pearson e regressionelineare.
29 Tabella dati n°6 dell’appendice statistica allegata.30 Coefficiente di correlazione lineare: r (x,y) = cov (X,Y)/ √(S2
x S2y) = 0,951 (momenti cen-
trali) ; r (x,y) = (mxy - mx my) / [√(m2x - m2
1x) √(m2y - m2
1y)] = 0,951 (momenti all’origine).31 Il diagramma scatter (o diagramma a dispersione), quale rappresentazione grafica partico-
larmente efficace, evidenzia eventuali legami esistenti tra coppie di variabili.
REGIONE % Media provincialePuglia 30,4 6,1Calabria 19,3 3,9Campania 18,3 3,6Sicilia 16,9 1,9Basilicata 8,4 4,2Sardegna 7,2 1,8
Tabella 13 - Regioni Obiettivo 1 con maggior numero di iscritti in Atenei centro-settentrionali(in %)
Fonte: Elaborazioni Isfol su dati MIUR, 2005
• Anche graficamente è emersa una chiara relazione lineare, conpendenza positiva, tra le due variabili prese in considerazione. Inaltri termini all’aumentare della componente maschile corrispondeun rispettivo aumento della componente femminile. Si è procedu-to, poi, allo studio di un modello di regressione lineare32 che haevidenziato un buon legame tra le variabili maschio e femminaprese in considerazione, confermando la bontà dei risultati otte-nuti in precedenza.
41
Relazione tralaureati maschi efemmine residentinelle areeObiettivo 1
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Figura 5 - Retta di Regressione laureati maschi (X) e femmine (Y)
Fonte: Elaborazione ISFOL su dati Ufficio statistica MIUR - 2006.
32 La regressione formalizza il problema di una relazione funzionale della misurazione tra va-riabili, sulla base di dati campionari estratti da un’ipotetica popolazione infinita. OriginariamenteGalton utilizzava il termine come sinonimo di correlazione, tuttavia oggi in statistica l’analisi dellaregressione è associata alla risoluzione del modello lineare. Più formalmente, in statistica la regres-sione lineare rappresenta un metodo di stima del valore atteso condizionato di una variabile di-pendente, o endogena, dati i valori di altre variabili indipendenti, o esogene. I risultati ottenutisono: Dev (x) = 1.447.141,2; Codev (x,y) = 2.044.589; stime dei coefficienti di regressione : ß1 =Codev (x,y) / Dev (x) = 1,413 ; ß2 = ym - ß1 xm = - 122,259; l’equazione della retta di regressionestimata per spiegare il fenomeno è: Y = -122,259 + 1,413 X.
1.2.7 Università preferite e tempo medio per laurearsi
Ritornando ad analizzare il flusso dei giovani studenti dalle areeObiettivo 1 alle Regioni centro-settentrionali, si è voluto individuare iltempo medio impiegato per conseguire la laurea in relazione ancheall’incidenza economica sulle famiglie. A tal proposito sono state con-siderate le aree di provenienza dei giovani, nello specifico solo le pro-vince del Mezzogiorno dove è risultata significativa la mobilità verso ilCentro-Nord e come aree di destinazione, invece, sono state prese inconsiderazione le tre città universitarie che nel corso di indagine sonorisultate le preferite33:
• Milano;• Bologna;• Roma.
Per ciascuna di esse sono stati valutati i dati riguardanti le facoltà mag-giormente frequentate34:
• Per Bologna, le Facoltà di Economia ed Ingegneria;• Per Milano, la distinzione tra il corso di laurea triennale e qua-
driennale dell’Università Bocconi e le Facoltà di Medicina edEconomia dell’Università Cattolica;
• Per Roma, le Facoltà di Giurisprudenza, Medicina e Chirurgia.
Università di Bologna: tempi di conseguimento della laurea e ingressonel mondo dal lavoro
Relativamente all’Università di Bologna sono stati considerati i dati ri-guardanti i laureati presso le Facoltà di Economia ed Ingegneria, confron-tando i tempi di laurea dei residenti nella provincia con quelli deglistudenti provenienti dalle province del Sud Italia. Dall’analisi dei lau-reati in Economia provenienti dalle aree Obiettivo 1, il tempo medioper laurearsi è risultato simile e in molti casi inferiore al tempo impie-gato dagli studenti residenti nella provincia di Bologna.
Dall’analisi di genere emerge che gli studenti maschi provenientidalla provincia di Napoli, iscritti alla Facoltà di Economia, impiegano ilminor tempo (3,6 anni) per conseguire la laurea, rispetto agli altri stu-denti provenienti dal Mezzogiorno, di contro le studentesse napoleta-ne impiegano più tempo (6 anni).
42
CAPITOLO 1
33 Cfr. appendice statistica.34 Per mancanza di dati non è stato possibile inserire nello studio sia le facoltà di Economia e
di Medicina della Bocconi, che la facoltà di Psicologia e la media degli anni impiegati per conse-guire la laurea negli Atenei romani.
La stessa analisi, rivolta ai laureati in Ingegneria per ripartizione geo-grafica, mette in luce un tempo di laurea per il campione femminile noninferiore ad una media di 6 anni (per le donne provenienti dalle provin-ce di Caserta, Catanzaro, Lecce), mentre gli studenti maschi riescono aconseguire la laurea in Ingegneria in un tempo medio di 5 anni (è il ca-so dei giovani provenienti dalla provincia di Salerno).
Analizzando il tempo medio che i laureati in Ingegneria ed Economiaimpiegano per entrare nel mercato del lavoro, le elaborazioni sono sta-te effettuate per la facoltà di Ingegneria su 5 sedi universitarie e per lafacoltà di Economia su 6 sedi universitarie, per gli anni 2004 e 2005.
L’elaborazione dei dati sottolinea la diversa capacità di cooptare lau-reati da parte degli indotti economici del Nord e del Sud di Italia.
Infatti, la lettura in chiave percentuale dei dati, evidenzia che gli stu-denti che hanno conseguito la laurea presso l’Università di Bologna, en-trano nel mondo del lavoro prima degli studenti che hanno consegui-to la laurea presso gli atenei del Mezzogiorno. Le percentuali di ingres-so dei laureati nella struttura occupazionale, ad un anno dal consegui-mento del titolo accademico, sono per l’Università di Bologna pari al 83%dei laureati di Ingegneria e al 65% dei laureati in Economia. Tali valoripercentuali vengono raggiunti dai laureati che conseguono il titolo ac-cademico presso gli atenei del Sud, solo dopo ben tre anni dal conse-guimento della laurea.
43
Universitàpreferite e tempomedio perlaurearsi
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Province di provenienza Economia IngegneriaM F M F
Bologna 5,06 4,91 6,65 6,25Foggia 4,57 5,04 7,73 6,63Lecce 4,76 4,32 5,55 6,00Bari 4,39 4,67 6,11 7,25Napoli 3,56 6,00 n.d. n.d.Cosenza 5,08 5,31 6,76 10,00Taranto 5,06 5,27 7,64 7,00Salerno 3,85 4,33 5,00 11,50Potenza 5,06 5,69 5,35 n.d.Catanzaro 4,43 4,67 6,75 6,00Caserta 5,00 3,60 6,75 6,00
Tabella 14 - Media degli anni impiegati per conseguire la laurea presso l’Università di Bologna.Per sesso, provincia di provenienza e facoltà. Anno 2004
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Almalaurea.
Tempo impiegato per laurearsi nelle Università Bocconi e Cattolica diMilano
L’analisi dei dati effettuata sugli studenti delle Università diBologna, è stata elaborata con gli stessi criteri metodologici sugli studen-ti della Bocconi e della Cattolica di Milano.
Come già detto in precedenza, per la non disponibilità dei dati, perla Bocconi è stata effettuata la ripartizione tra il corso di laurea trienna-le e quadriennale, a differenza della seconda, dove la ripartizione èstata effettuata tra la Facoltà di Medicina ed Economia.
44
Universitàpreferite e tempo
medio perlaurearsi
CAPITOLO 1
Facoltà di IngegneriaUniversità di: 1 anno 3 anni 5 anniBologna 83,00 89,50 98,40Catania 76,40 90,50 94,90Messina 33,30 85,70 94,10Salerno 67,20 == ==Basilicata 50,00 == ==
Facoltà di EconomiaUniversità di: 1 anno 3 anni 5 anniBologna 65,20 83,80 94,50Catania 42,20 68,40 89,70Messina 43,30 56,40 83,90Salerno 38,20 == ==Sassari 52,10 72,90 ==Bari 39,70 == ==
Tabella 15 - Laureati che si inseriscono nella struttura occupazionalePer sede universitaria e tempo di inserimento - Anno 2004 Facoltà di Ingegneria
Fonte: Almalaurea.
Facoltà di IngegneriaUniversità di: 1 anno 3 anni 5 anniBologna 80,60 91,70 96,30Catania 62,60 92,20 91,40Messina 55,60 73,90 92,30Salerno 66,00 == ==Basilicata 80,00 == ==
Facoltà di EconomiaUniversità di: 1 anno 3 anni 5 anniBologna 61,70 82,70 94,00Catania 45,40 69,60 87,30Messina 47,20 61,50 79,70Salerno 34,40 == ==Sassari 45,00 66,70 ==Bari 48,50 66,20 ==
Tabella 16 - Laureati che si inseriscono nella struttura occupazionalePer sede universitaria e tempo di inserimento - Anno 2005
Fonte: Almalaurea.
Dall’elaborazione emergono indicatori simili a quelli ottenuti pressole Università di Bologna: gli studenti provenienti dalle RegioniObiettivo 1, impiegano un tempo medio per laurearsi simile ed inmolti casi inferiore a quello dei giovani residenti. I valori riscontratipresso l’Università Bocconi tra le studentesse di Caserta e Cosenza(4,8 anni), che rappresentano le unità di analisi con il tempo mediopiù basso per laurearsi, confermano tale tendenza. Anche perl’Università Cattolica di Milano, sia per la Facoltà di Medicina che perquella di Economia, sono gli studenti provenienti dalle province dellearee Obiettivo 1 a laurearsi in tempi ridotti. In particolare le studentes-se in Economia ed in Medicina residenti a Catanzaro, Taranto eCosenza, per laurearsi impiegano in media quattro anni.
Dai procedimenti elaborati sui dati dell’Università di Bologna e diMilano, è possibile formulare delle ipotesi per spiegare il minore tem-po impiegato per laurearsi da parte dei giovani del Mezzogiorno.Significativa potrebbe essere la presa di coscienza degli studenti circa laloro incidenza economica sul reddito delle famiglie di origine. Tale fe-nomeno potrebbe indurre gli studenti a frequentare i corsi universitaricon più responsabilità e dedizione, requisiti necessari per portare atermine il percorso universitario in tempi brevi.
45
Universitàpreferite e tempomedio perlaurearsi
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Province di provenienza Percorso “TRIENNALE” Percorso “QUADRIENNALE”M F M F
Milano 3,13 3,12 6,28 5,92Foggia 3,10 3,00 5,45 5,65Lecce 3,00 3,00 6,52 5,06Bari 3,00 3,35 6,11 5,51Napoli 3,00 3,00 5,70 4,86Cosenza 3,00 3,00 6,33 4,83Taranto 3,00 3,00 5,66 5,09Salerno 3,46 3,00 6,10 6,57Potenza 3,50 3,20 5,35 6,83Catanzaro 3,00 3,00 6,11 5,36Caserta 3,00 3,00 6,32 4,83
Tabella 17 - Media degli anni impiegati per conseguire la laurea presso l’Università BocconiPer sesso e provincia di provenienza. Anno 2004
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Almalaurea.
46
Universitàpreferite e tempo
medio perlaurearsi
CAPITOLO 1
Province Percorso normaledi provenienza Corso di laurea Diploma Universitario Laurea I° livello
M F M F M FMilano 6,36 6,02 4,57 4,03 4,13 ==Foggia 5,50 5,50 == == == ==Lecce 4,33 4,50 == 3,00 3,00Bari 6,00 6,33 == 4,00 == ==Napoli == == 8,00 == == ==Cosenza 5,50 7,00 == 3,00 3,00 ==Taranto 4,50 4,00 == == 3,00 ==Salerno == == == == == ==Potenza 5,66 == == == 3,00 ==Catanzaro == 4,00 == == == ==Caserta == == == == 5,00 ==
Tabella 18 - Media degli anni impiegati per conseguire la laurea presso l’Università Cattolica diMilano
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Almalaurea.
Province Percorso normaledi provenienza Corso di laurea Diploma Universitario Laurea I° livello
M F M F M FMilano == == == == 3,00 ==Foggia 7,00 5,33 == 3,00 == ==Lecce == 8,00 == == 3,00Bari 4,00 == == 3,00 == ==Napoli == == == == == ==Cosenza 9,00 4,00 == == == ==Taranto 8,50 4,00 == 3,00 == ==Salerno 4,00 5,50 == 3,00 == ==Potenza == == == 3,00 3,00 ==Catanzaro == 6,50 == == == ==Caserta 7,00 == == == == ==
Tabella 19 – Media degli anni impiegati per conseguire la laurea presso l’Università Cattolica diMilano
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Almalaurea.
Tempo di inserimento nel mondo lavorativo: Università di Roma
Per Roma, che si ricorda essere, insieme con le città di Bologna eMilano, una delle città preferite dai ragazzi sia per iscriversi che perconseguire una laurea, l’indagine ha inteso valutare il tempo di inseri-mento nel mondo lavorativo dopo aver conseguito una Laurea proprioin uno degli atenei della città. Le tabelle che seguono mettono in luceil fenomeno indagato per le facoltà di Giurisprudenza, Medicina eChirurgia.
Dai dati è evidente la facilità di impiego dei giovani laureati, nelledue facoltà considerate, presso le Università della città di Roma rispet-
to ai colleghi che hanno studiato negli atenei delle Regioni Obiettivo1. Ciò vale sia per i dati pre-riforma che per quelli post-riforma, in cui so-no evidenti le differenze e le difficoltà d’inserimento nel mondo lavora-tivo soprattutto nel breve periodo, cioè fino a tre anni dal consegui-mento della Laurea.
1.2.8 Sintesi delle caratteristiche della mobilità formativa in Italia
Le analisi fin qui condotte evidenziano che la mobilità formativa èsostanzialmente determinata dalla qualità delle Università di destinazio-ne che esercitano una vera e propria attrazione per i giovani studenti delSud.
47
Universitàpreferite e tempomedio perlaurearsi
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Facoltà di Giurisprudenza pre – riformaUniversità di: 1 anno 3 anni 5 anniRoma TRE 23,80 == ==Roma LUMSA 36,70 80,00 71,40Salerno 13,90 == ==Foggia 20,60 39,70 73,20Bari 20,40 43,90 ==Catanzaro 19,00 62,10 ==Reggio Calabria 25,00 == ==Messina 20,80 36,40 80,70Catania 13,80 50,90 76,30Sassari 18,80 50,60 ==
Tabella 20 - Laureati che si inseriscono nella struttura occupazionalePer sede universitaria e tempo di inserimento. Anno 2005
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Almalaurea.
Facoltà di Giurisprudenza post - riformaUniversità di: 1 anno 3 anni 5 anniRoma LUMSA 52,40 == ==Bari 14,30 == ==Catanzaro 16,70 == ==Reggio Calabria == == ==Messina 28,60 == ==Catania == == ==
Facoltà di Medicina e Chirurgia post - riformaUniversità di: 1 anno 3 anni 5 anniRoma La Sapienza 89,40 == ==Catanzaro 27,30 == ==Messina 42,90 == ==
Tabella 21 - Laureati che si inseriscono nella struttura occupazionalePer sede universitaria e tempo di inserimento. Anno 2004
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Almalaurea.
Nel contempo tale mobilità può essere considerata un’anticameradella mobilità lavorativa.
Infatti, dalle valutazioni effettuate si nota che l’ingresso nel mondo dellavoro è facilitato in quei contesti in cui l’offerta lavorativa risulta esse-re meglio collegata all’offerta formativa. In particolar modo si è verifica-to che nelle province che sono poli di attrazione formativa (Roma,Milano e Bologna) si abbreviano i tempi di inserimento nel mondo la-vorativo dopo aver conseguito una laurea. In tal modo tali aree da polidi attrazione formativa potranno trasformarsi in poli di stanzialità, incui i giovani dopo essersi formati restano per lavorare.
Per confermare quanto fin qui assunto l’analisi è proseguita effettuan-do un’indagine CATI sui giovani in età lavorativa (18-33 anni). In questomodo si è cercato di mettere in luce se le province considerate oggi po-li di attrazione, grazie alla presenza di Università ritenute di prestigio, sia-no da annoverarsi anche come province in cui l’offerta lavorativa, soprat-tutto ad alta scolarizzazione, supporta l’offerta formativa.
1.3 Indagine sugli atteggiamenti dei giovani italiani nei confrontidella mobilità
1.3.1 Obiettivi e modalità di indagine
L’obiettivo dell’indagine è condurre alla descrizione dell’atteggia-mento dei giovani italiani verso la mobilità per motivi formativi e di la-voro fuori dai confini regionali, nonché descriverne la percezione neiconfronti della provincia di residenza in termini di opportunità formazio-ne/lavoro.
La metodologia utilizzata è l’indagine quantitativa C.A.T.I. (ComputerAided Telephone Interviewing)35. Target di riferimento è la popolazioneitaliana di età compresa tra i 18 ed i 33 anni (circa 12.870.000 al censi-mento 2001).
Il questionario è stato condiviso con il Centro Risorse Nazionale perl’Orientamento, che da tempo indaga sull’atteggiamento dei giovaninei confronti della mobilità.
Il campione utilizzato è di 1.600 unità con sovra – campionamentosu 10 province del Sud – Isole: Cagliari, Cosenza, Catanzaro, Foggia,Lecce, Napoli, Palermo, Potenza, Reggio Calabria e Salerno. Il campio-
48
Sintesi dellecaratteristichedella mobilità
formativa in Italia
CAPITOLO 1
35 Condotta per l’ISFOL di Benevento tra il 3 luglio 2006 ed il 19 luglio 2006 dalle societàSynergy Knowledge People S.r.l. e Tendentia S.r.l..
ne è stato realizzato per quote proporzionali rispetto alla popolazionedi riferimento secondo:
• fascia di età;• sesso;• area geografica d’appartenenza.
Per ottimizzare la rappresentatività, i comuni dai quali estrarre i numeri ditelefono delle persone da intervistare sono stati stratificati considerando:
• regione d’appartenenza;• numerosità della popolazione residente (tutti i capoluoghi di
provincia);• percentuale di popolazione residente con meno di 33 anni.
In totale sono stati scelti 248 comuni campione (punti campione),per ognuno dei quali i numeri telefonici sono stati estratti in modo ca-suale dagli archivi telefonici informatizzati dei comuni stessi e in nu-merosità proporzionale rispetto alla popolazione residente nello stratorappresentato.
Per condurre le 1.600 interviste sono stati effettuati 60.191 contattitelefonici su 30.514 numeri distinti.
1.3.2 Risultati generali
Questi tre segmenti individuati:• No Mobilità; il 90% del campione dichiara di essere residente nel-
la stessa regione di origine;• In Mobilità; l’8% sono giovani italiani che vivono in una regione
differente dalla propria di origine;• Stranieri; il restante 2% che si sono trasferiti in Italia.
Il 60% dei giovani “In Mobilità” sono originari del Sud – Isole (S-I), di cui:• il principale flusso di migrazione è verso il Nord – Ovest (N-
O=42%);• il 65% è originario di piccoli comuni (con meno di 20.000 abitanti) edil flusso principale di spostamento si muove verso comuni più grandi;
• tra le 10 province del Sud – Isole in analisi, Cagliari è quella che re-gistra la più alta percentuale di giovani in mobilità (14%).
Il 65% dei giovani “Stranieri” è rappresentato da donne, di cui:• hanno un’età compresa tra i 28 ed i 33 anni (67% vs. 43%);• sono coniugati in misura superiore alla media (28% vs. 16%);
49
Obiettivi emodalità diindagine
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
• il 38% vive al Centro e il 35% al Nord – Ovest;• prediligono i piccoli comuni (il 66% vive in comuni con meno di
20.000 abitanti).
Il 96% è soddisfatto dell’esperienza di mobilità, di cui:• il 77% lo considera uno spostamento definitivo, questo valore sa-
le al 93% se si considerano i soli Stranieri;• i 3/4 dei giovani che sono al di fuori della propria regione di origine
si sono trasferiti da più di 5 anni;• la maggioranza del campione sostiene di non essere intenzionata
a ritornare nella propria regione d’origine. Solo il 31% degli“Stranieri” dichiara di essere disposto a ritornare nel proprio paesenatale (gran parte per motivi familiari).
Il 45% si trova fuori della propria regione per motivi familiari, di cui:• la seconda motivazione è per un contratto di lavoro a tempo inde-
terminato (20%), questo è il principale motivo di trasferimentoper gli “Stranieri” (40%);
• il principale motivo di rientro è di tipo familiare (30%);• il 10% fornisce come motivazione di ritorno “perché amo la mia
regione”.
Il 57% degli intervistati ha un diploma di scuola superiore, di cui:• il 15% è universitario ed il 16% è laureato, non emergono signifi-
cative differenze tra i tre segmenti;• il 22% dichiara di laurearsi o essersi laureato fuori della propria re-
gione (il 62% se si osservano i soli giovani “In Mobilità”, questodato, osservato congiuntamente con l’anzianità dello spostamento,porta a dire che spesso il trasferimento ha inizio al momento del-la scelta universitaria);
• tra i motivi che portano a laurearsi troviamo: “maggiori prospettivedi carriera” (34%), “apre la strada a lavori di interesse” (30%) e“per cultura/piacere” (28%);
• ci si trasferisce per frequentare Università ritenute di prestigio(22%) e per l’assenza di specifiche facoltà all’interno della propriaregione (20%);
• la distribuzione del titolo di studio dei genitori degli intervistati èmolto simile per padri e madri: circa il 13% ha un diploma discuola elementare, circa il 33% ha un diploma di scuola media in-feriore, circa il 38% ha un diploma di scuola media superiore, cir-ca il 10% è laureato.
50
Risultati generali
CAPITOLO 1
Il 77% ritiene che il lavoro rispetta le proprie aspettative, di cui:• il 74% dichiara ripeterebbe il percorso formativo effettuato;• il 61% ritiene che l’attività lavorativa sia coerente con il proprio ti-
tolo di studio (66% per i residenti del Nord – Ovest);• il 35% degli intervistati sono studenti, tra gli “Stranieri” sono più
presenti le seguenti categorie: operaio (30%), casalinga (20%) edisoccupato (12%);
• la maggioranza dei giovani (51%) ha trovato lavoro grazie ad ami-cizie/contatti personali (96% per gli stranieri, 57% per il Sud eIsole, 69% per i giovani tra 18 – 22 anni), il 5% ha richiesto unaintermediazione politica, il 18% lavora perché ha risposto ad an-nunci e solo il 5% grazie ai centri per l’impiego;
• circa un padre su 3 degli intervistati è pensionato, artigiani e profes-sioni simili per il 22% circa dei padri degli “Stranieri”, il 41% dellemamme del campione è casalinga, il 31% delle mamme degli“Stranieri” è operaio, agricoltore o artigiano.
Il 75% è soddisfatto dell’offerta formativa della propria provincia di re-sidenza, di cui:
• le persone in mobilità, sia italiani che “Stranieri”, sono più soddi-sfatte delle persone che risiedono nella propria regione d’origine;
• i giovani residenti nel Sud – Isole sono meno soddisfatti del restodel campione (36% di insoddisfatti vs. 25% a totale campione);
• le strutture formative sono il principale motivo di soddisfazione(39%) e il principale motivo di insoddisfazione (36%);
• secondo il 71% dei giovani l’offerta formativa rispecchia la voca-zione del territorio provinciale, più sicuri di questa affermazionesono i giovani “In Mobilità” (88%), il 38% dei giovani del S – I for-niscono risposte negative (vs. 29% totale campione);
• il 50% degli intervistati si dichiara soddisfatto delle strutture/servi-zi di orientamento, formazione e lavoro presenti nella provincia diresidenza, i giovani “In Mobilità” contribuiscono in maniera positi-va alla soddisfazione (68% si considera soddisfatto);
• solo il 29% dei residenti nel meridione si dichiara soddisfatto diquesto particolare aspetto della propria provincia.
Il 43% è soddisfatto dell’offerta lavorativa della propria provincia di re-sidenza, di cui:
• i giovani “In Mobilità” e gli “Stranieri” sono più soddisfatti del restodel campione (54%);
• l’86% dei residenti nel S – I si dichiara insoddisfatto, contraria-mente, il 70% dei residenti nel N – O è soddisfatto, le casalinghe ei disoccupati sono molto meno soddisfatti (40% per nulla soddi-sfatto) delle restanti categorie professionali;
51
Risultati generali
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
• motivo di soddisfazione (52%), ma al tempo stesso motivo di insod-disfazione (61%) è la tipologia e la quantità di offerta lavorativadella provincia;
• per il 62% dei giovani intervistati (78% per i giovani residenti nel S– I) nella propria provincia di appartenenza esistono potenzialitàinespresse, primo fra tutti il turismo (45%, 59% nel caso di resi-denti nel S – I), per gli “Stranieri” l’industria è la potenzialità da svi-luppare con priorità.
1.3.3 Segmentazione della popolazione
Al fine di dare una lettura più completa del fenomeno i risultati didettaglio vengono presentati per totale campione ed esperienza: il to-tale campione, per semplicità espositiva nelle pagine seguenti vieneindicato come “Totale”; i giovani che (attualmente) risiedono nellapropria regione d’origine, per semplicità espositiva nelle pagine se-guenti vengono indicati come “No Mobilità”; i giovani che (attualmen-te) risiedono fuori della propria regione d’origine, per semplicità espo-sitiva nelle pagine seguenti vengono indicati come “In Mobilità”; i gio-vani provenienti dall’estero, per semplicità espositiva nelle pagine se-guenti vengono indicati come “Stranieri”.
Successivamente verrà presentata la segmentazione dei giovani inbase allo stile di vita economico – culturale. Inoltre bisogna sottolinea-re che in tale indagine con il termine “residenza” si intenderà non laresidenza legale, ma la regione dove attualmente si dichiara di trascor-rere la maggior parte del tempo.
Al fine di offrire una descrizione più approfondita dei giovani, delloro rapporto con la mobilità e della loro percezione della provincia diresidenza è stato possibile effettuare una segmentazione degli intervi-stati basandosi sullo stile di vita economico – culturale.
I differenti gruppi rilevati presentano esperienze, motivazione edesigenze diverse nei confronti della mobilità; la descrizione delle ca-ratteristiche di ogni segmento fornisce informazioni utili alla compren-sione dei giovani, del loro rapporto con la mobilità e con la provincia diappartenenza.
Per l’analisi viene presentata:1. spiegazione degli Assi della mappa su cui vengono rappresentati
i gruppi;2. posizione dei gruppi nella mappa ad assi ortogonali;3. profilo dei residenti: consistenza, vissuto verso la mobilità, percezio-
ne verso la provincia di residenza e profilo socio – demografico.
Di seguito si riportano i grafici che sintetizzano i risultati.
52
Risultati generali
CAPITOLO 1
53
Segmentazionedella popolazione
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
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Segmentazionedella popolazione
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1.3.4 Dettaglio su alcune province
Nella tabella che segue si evidenziano i risultati dell’indagine CATIeffettuata attraverso la somministrazione di alcune domande specifi-che in 10 province del Mezzogiorno identificate, nei paragrafi prece-denti, come le province in cui la mobilità formativa risulta maggiore. Datale focus si evidenzaino alcuni dati importanti elencati di seguito.
Il campione dei residenti della provincia di Cagliari è meno soddi-sfatto del totale campione del “Sud-Isole” per la coerenza tra studio/lavoro e per l’offerta formativa; inoltre ritengono che la provincia abbiauna potenzialità turistica inespressa (80%).
I residenti di Palermo ritengono che la provincia non abbia eccessi-ve potenzialità inespresse; sono più soddisfatti, rispetto agli altri resi-denti del “Sud-Isole”, dell’offerta formativa della provincia.
I giovani intervistati di Cosenza e Reggio Calabria sono insoddisfattidelle opportunità di lavoro della provincia di appartenenza.
Infine, a Salerno si nota una soddisfazione per il lavoro e la formazio-ne, superiore alle altre province del “Sud-Isole” in analisi.
62
CAPITOLO 1
63
Dettaglio sualcune province
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1.3.5 Dettaglio dei risultati
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Dettaglio deirisultati
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
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Dettaglio deirisultati
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Dettaglio deirisultati
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
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Dettaglio deirisultati
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Dettaglio deirisultati
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Dettaglio deirisultati
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Dettaglio deirisultati
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
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otiv
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ins
oddi
sfa-
zion
e.
1.3.6 Focus sui giovani in mobilità originari delle Regioni Obiettivo 1
Il presente paragrafo intende focalizzare l’attenzione sui giovaniprovenienti dalle Regioni Obiettivo 1 che, dall’indagine CATI effettuata,risultavano essere in mobilità. Nel dettaglio si presentano sotto formadi tabella le informazioni estrapolate.
88
CAPITOLO 1
21,1%
24,0%
23,2%
9,9%
18,1%
17,0%
9,7%
18,1%
17,1%
59,3%
39,8%
40,4%
100,0%
2,3%
0% 20% 40% 60% 80% 100%
Stranieri
IN Mobilità
NO Mobilità
Totale
Nord-Ovest Nord-Est Centro Sud e Isole Estero
35,4%
37,2%
24,0%
25,2%
16,0%
18,1%
17,9%
10,6%
24,9%
18,1%
18,5%
37,7%
21,9%
39,8%
38,4%
16,3%
0% 20% 40% 60% 80% 100%
Stranieri
IN Mobilità
NO Mobilità
Totale
Nord-Ovest Nord-Est Centro Sud e Isole
Area geografica di origine Area geografica di destinazione
78,10%78,10%
Figura 39 - Provenienza giovani italiani in mobilità e loro destinazione
89
Focus sui giovaniin mobilità origi-nari delle RegioniObiettivo 1
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Ampiezza comune di provenienza (abitanti/000)
0% 20% 40% 60% 80% 100%
IN MOBILITA'
0-20 20-50 50-150 oltre 150 non disponibile
21,90% 25,30% 12,00% 25,80% 15,00%
47,20%47,20%
Figura 40 - Ampiezza comune di provenienza dei giovani in mobilità provenientidalle Regioni Obiettivo 1
Flussi da una Regione Obiettivo 1ad una Regione del Centro - Nord
0,00% 5,00% 10,00% 15,00% 20,00% 25,00% 30,00%
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
Lombardia Lazio Piemonte Emilia RomagnaMarche Liguria Toscana VenetoUmbria Molise Trentino
13,90%
9,80%
2,70%
15,20%
14,90%
24,80%
5,6%5,6%
4,2%4,2%
5,6%5,6%
2,8%2,8%
8,3%8,3%
Figura 41 - Destinazione dei giovani provenienti dalle Regioni Obiettivo 1
90
Focus sui giovaniin mobilità origi-
nari delle RegioniObiettivo 1
CAPITOLO 1
Ampiezza comune di provenienza (abitanti/000)
0% 20% 40% 60% 80% 100%
IN MOBILITA'
0-20 20-50 50-150 oltre 150 non disponibile
21,90% 25,30% 12,00% 25,80% 15,00%
47,20%47,20%
Figura 42 - Motivazione e durata dello spostamento dei giovani delle RegioniObiettivo 1
0% 20% 40% 60% 80% 100%
Classi di età
Titolo di studio
Professione
18-23 anni 23-27 anni 27-33 anni
Medie inferiori aeruaLiroirepus eideM
AltroDisoc-cupato
Commer-cianteImpiegato OperaioStudente
79,90%79,90%
83,00%83,00%
Figura 43 - Professione, titolo di studio e classi di età dei giovani delle RegioniObiettivo 1 in mobilità
1.3.7 Sintesi delle caratteristiche della mobilità
L’indagine campionaria sulla mobilità geografica dei giovani ha avu-to come finalità quella di descrivere il vissuto e l’atteggiamento deigiovani italiani verso la mobilità in materia di istruzione, formazione elavoro fuori dai confini regionali e la loro percezione nei confronti del-la provincia di residenza in termini di opportunità formazione/lavoro.
I risultati di questa indagine, nel loro complesso, sono stati dettaglia-ti in precedenza e dalla loro analisi e dopo aver effettuato inferenza dalcampione alla popolazione, per i valori più interessanti e significativi,emerge che circa l’8% del campione intervistato è costituito da giovaniitaliani in mobilità (960.849). Di questi, il 60% (576.509) sono origina-ri del Sud – Isole e appartenenti a comuni medio – piccoli (con 50.000abitanti), con un’età compresa tra i 23 e i 33 anni (83%), con una legge-ra prevalenza degli uomini sulle donne e stato civile libero (83%). Nelcomplesso, i giovani delle Regioni del Mezzogiorno si spostano nelCentro-Nord (79,4%, pari a 457.748) e le destinazioni preferite e chemaggiormente attirano, perchè caratterizzate da aspettative di miglioricondizioni di vita e presenza di opportunità di lavoro, sono laLombardia (26,5%), il Lazio (10,8%), il Piemonte (9,8%) e l’Emilia(8,7%).
Il 48,3% di questi giovani si trova fuori dalla propria regione princi-palmente per necessità familiari, la seconda motivazione è per lavoro(35,1%) mentre la terza è per studio (11%); si sono trasferiti da più dicinque anni (77,5%) e alla base del trasferimento vi sono motivi fami-liari (51,1%), disponibilità di un maggior numero di posti di lavoro delluogo di destinazione (12,6%) e assenza di corsi di studio di interessenella propria zona di appartenenza. Tutto questo rispecchia il quadrodella situazione in cui versano le Regioni dell’area Obiettivo 1, caratte-rizzate da mancanza di prospettive per il futuro, non buone condizionidi vita e scarse condizioni economiche e sociali.
Il 97,1% delle persone in mobilità dal Sud-Isole è soddisfatto diquesta esperienza; inoltre, il 50,9% considera lo spostamento definiti-vo e il 56,6% non è disposto a tornare nella regione d’origine.
Dall’analisi del livello d’istruzione dei giovani meridionali in mobili-tà si evince che si tratta di capitale umano. Infatti circa l’80% è in pos-sesso di diploma superiore; nello specifico: il 59,3% ha un diplomasuperiore, il 15,5% è Studente Universitario/Laureando, il 7,7% èLaureato, l’1,4% sta svolgendo un Dottorato di Ricerca e l’1,4% sta fre-quentando un Master. La Laurea è stata conseguita: per cultura o per-ché piace lo studio (24,1%); perché era importante per il lavoro di in-
91
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
teresse (22,3%); perché era di interesse la facoltà frequentata(21,5%). Dei giovani del Mezzogiorno che hanno conseguito o stannoconseguendo una laurea al di fuori della propria regione di apparte-nenza (70,5%), il 45,9% ha frequentato l’Università in EmiliaRomagna, il 19,6% in Lombardia, il 15,5% in Piemonte e l’11,7% nelLazio: ciò è dovuto principalmente al prestigio dell’Università frequen-tata, ai motivi familiari e all’assenza di specifiche facoltà all’interno del-la propria regione.
La distribuzione del titolo di studio dei genitori dei giovani in mobi-lità dal Sud-Isole ha evidenziato che i padri hanno un diploma di scuo-la media superiore (45,1%), mentre le madri hanno un diploma discuola media inferiore (36,4%); la maggior parte dei padri è pensio-nato (32,3%), impiegato (19%) e operaio (14,5%), invece la maggiorparte delle madri è casalinga (48,4%).
Per quanto riguarda lo stato delle persone provenienti dal meridio-ne, il 28,2% è studente, il 25,7% è impiegato che lavora da più di cin-que anni (65,9%) e ha trovato lavoro attraverso la rete familiare e de-gli amici (57,2%); inoltre, tale lavoro è coerente con il titolo di studioconseguito (35%) e rispecchia i desideri e le aspettative (29,9%) percui sicuramente si ripeterebbe il percorso formativo effettuato(39,3%).
1.4 Le variabili Socio-Economiche dei flussi di mobilità costretta
Avendo analizzato il fenomeno della mobilità formativa ed averloapprofondito le motivazioni dei giovani italiani che sono alla base del-le scelte di mobilità con uno sguardo al mercato del lavoro, si intendeaffrontare inoltre un approccio prevalentemente socio-economico conun focus territoriale sulle macro variabili del processo di mobilità36,cercando di individuare le determinanti e le relazioni tra mobilità nelsuo complesso e i processi di sviluppo.
A tal proposito è stata analizzata ogni singola componente ritenutavalida nel possibile processo di relazione-incidenza con il flusso migra-torio regionale.
92
Sintesi dellecaratteristichedella mobilità
CAPITOLO 1
36 Occupati, occupati per titolo di studio, tasso di occupazione per titolo di studio, disoccupa-ti, disoccupati per titolo di studio, tasso di disoccupazione per titolo di studio, forza lavoro, reddi-to disponibile pro capite, spesa delle famiglie, prodotto interno lordo, tasso di irregolarità o di la-voro nero, unità di lavoro, peso dell’industria, popolazione in età 19-32 anni, indice di struttura del-la popolazione attiva, assunzioni previste, assunzioni previste per titolo di studio, indice di disoc-cupazione di lunga durata, tasso di natalità delle imprese, investimenti fissi lordi.
Infine è stato elaborato un modello di lettura multivariata (Analisidelle Componenti Principali), capace di individuare la relazione causa-effetto tra il fenomeno della mobilità geografica e le singole variabilinei diversi contesti regionali.
1.4.1 Ipotesi sui fattori socio-economici determinanti
Prima di costruire il modello di analisi multivariata al fine di interpre-tare la dinamica dei flussi di mobilità sono state prese in considera-zione le singole variabili quali possibili determinanti.
Quale quantificazione del flusso di mobilità la variabile considera-ta dipendente nel modello elaborato è il “tasso migratorio interno”.
A lungo si è parlato della forte incidenza che il fenomeno dell’immi-grazione straniera ha avuto negli ultimi anni in Italia, mentre scarsa èstata l’attenzione prestata ai movimenti migratori interni. A fronte diun flusso estero riguardante mezzo milione di nuovi residenti, infatti,quello interno interessa quasi il triplo delle persone, cioè 1.385.046di italiani37.
Dai dati si evince che il 67,4% del movimento migratorio è prodot-to dagli spostamenti da altri Comuni, il 21,6% dall’estero e l’11% dal-le correzioni dei dati censuari38. Per quanto riguarda il movimento in-terno, il Centro conta 248.131 nuovi ospiti mentre il Mezzogiorno346.103, ma la meta più ambita sia dagli italiani che dagli stranieri è ilNord, basti pensare che nel 2004 si sono spostate nel Settentrione790.812 italiani a fronte di 26.469.091 residenti.
93
Le variabili Socio-Economiche deiflussi di mobilitàcostretta
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Da altro Comune dall’estero per altri motivi TotaleValore % Valore % Valore % Valore %
assoluto assoluto assoluto assolutoNord 790.812 66,8 265.456 22,4 127.211 10,7 1.183.479 100Centro 248.131 64,4 104.419 27,1 32.854 8,5 385.404 100Mezzogiorno 346.103 71,0 74.691 15,3 66.378 13,6 487.172 100Italia 1.385.046 67,4 444.566 21,6 226.443 11,0 2.056.055 100
Tabella 23 - Nuovi iscritti all’anagrafe, per aree geograficheValori assoluti e percentuali - Anno 2004
Fonte: Elaborazioni Isfol su dati ISTAT.
37 Fonte: Istat, anno 2004.38 Persone censite come aventi dimora abituale, ma che non hanno voluto o potuto (per
mancanza di requisiti) iscriversi nel registro anagrafico dei residenti del comune nel quale eranostate censite e iscrizioni di persone non censite, e quindi non entrate a far parte del computo del-la popolazione legale, ma effettivamente residenti.
Tra il 1993 e il 200239 risulta un incremento del 10% dei trasferi-menti di residenza ed in particolare ammonta circa al 17% l’aumento diquelli effettuati tra Regioni diverse. La percentuale maggiore di trasfe-rimenti avviene all’interno della stessa regione che nel 2002, con887.097 spostamenti su 1.223.558, rappresentava il 72,50% del totale.
Dai valori assunti dall’indice di spostamento40 calcolato dalloSvimez su base 1993, si può notare come il più alto incremento dellamobilità interna si registri dal 1998 in poi, quando tale indice da 108 au-menta progressivamente fino a raggiungere, nel 2002, il valore di 110.Tuttavia, il flusso migratorio riguardante sia gli spostamenti all’internodella stessa regione che tra Regioni diverse ha raggiunto il suo apicenel 2000, coinvolgendo 1 milione e 270 mila persone.
Tra il 2002 ed il 2005 si è verificato un decremento del saldo migra-torio sia nel Nord che nel Centro, mentre nel Mezzogiorno nello stessoperiodo si è registrato un aumento costante.
Se nel 2002, infatti, il saldo migratorio del Nord interessava 3,2 per-sone per mille abitanti, nel 2005 ne riguarda soltanto la metà. Nel Sudd’Italia, invece, come probabile risposta alla crisi economica, nei treanni si va progressivamente ampliando la fetta di popolazione emi-grante nelle altre Regioni, passando da un saldo del -2,0 per mille abi-tanti del 2002 ad un saldo del -3,1 per mille abitanti nel 2005.
94
Ipotesi sui fattorisocio-economici
determinanti
CAPITOLO 1
39 Rapporto Svimez 2006.40 L’indice di spostamento calcolato dallo Svimez è dato dal valore assoluto dei trasferimenti
di residenza dal 1993 al 2002 considerando come base di calcolo il valore al 1993.
Totali Tra Regioni diverse Nella stessa regioneValore Numero Valore Numero Valore Numero
assoluto indice assoluto indice assoluto indice1993 1.115.101 100 287.584 100 825.517 1001994 1.109.749 100 278.740 97 831.009 1001995 1.109.960 100 287.749 100 822.211 991996 1.095.628 98 296.183 103 799.445 971997 1.153.455 103 307.286 107 846.169 1021998 1.199.883 108 324.852 113 875.031 1061999 1.218.731 109 335.760 117 882.971 1072000 1.271.878 114 359.008 125 912.870 1102001 1.133.006 102 320.133 111 812.873 982002 1.223.558 110 336.461 117 887.097 107
Tabella 24 - Trasferimenti di residenza per tipologiaSerie storica 1993-2002
Fonte: Elaborazioni Isfol su dati ISTAT.
95
Ipotesi sui fattorisocio-economicideterminanti
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Tasso migratorio interno(valori per mille abitanti)
2002 2003 2004 2005Piemonte 1,6 0,6 0,6 -0,1Valle D’Aosta 6,0 5,0 3,3 4,9Lombardia 2,5 1,2 2,0 1,3Trentino - Alto Adige 2,7 1,9 2,5 1,8Veneto 3,4 2,2 1,5 1,2Friuli - Venezia Giulia 4,5 3,3 2,6 1,8Liguria 1,8 1,5 1,8 1,3Emilia - Romagna 6,6 5,0 4,9 4,3Toscana 3,2 2,3 2,3 1,7Umbria 4,5 3,4 2,7 2,9Marche 4,4 3,6 3,3 2,3Lazio 0,2 1,6 0,7 0,9Abruzzo 2,0 2,3 2,1 2,5Molise 1,0 0,4 -0,5 -1,2Campania -1,9 -3,2 -3,9 -4,4Puglia -2,6 -2,6 -2,1 -2,6Basilicata -3,1 -2,6 -3,1 -3,3Calabria -4,0 -3,6 -4,8 -4,3Sicilia -2,8 -2,3 -2,3 -1,9Sardegna 1,1 0,7 0,8 0,6
NORD 3,2 2,0 2,2 1,6CENTRO 2,0 2,2 1,7 1,5OBIETTIVO 1 -2,3 -2,5 -2,8 -2,9ITALIA 1,1 0,6 0,4 0,1
Tabella 25 - Tasso migratorio internoSerie storica 2002-2005
Fonte: Elaborazioni Isfol su dati ISTAT.
96
Ipotesi sui fattorisocio-economici
determinanti
CAPITOLO 1
Figura 44 - Tasso migratorio interno nelle province italianeAnno 2005
Considerando i dati a livello regionale risulta che la Campania è la re-gione italiana che ha il flusso migratorio in uscita più alto ed in continuoaumento: se, infatti, il saldo migratorio nel 2002 era di -1,90 per milleabitanti, nel 2005 ammonta a -4,40 per mille abitanti.
97
Ipotesi sui fattorisocio-economicideterminanti
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Figura 45 - Tasso migratorio interno nelle Regioni italianeAnno 2005
All’interno del Mezzogiorno, accanto alla Campania, un’altra regionein cui l’esodo dei residenti risulta imponente è la Calabria, il cui tasso mi-gratorio si attesta negli anni su una media di -4,18 persone per milleabitanti.
Situazione particolare è quella che vive il Molise, trasformatosi nelcorso di soli quattro anni da bacino d’arrivo ad area di fuga. Il suo sal-do è, infatti, diminuito da +1 per mille abitanti nel 2002 a -1,2 per mil-le abitanti nel 2005.
Nel Mezzogiorno solo la Sardegna, nonostante un trend negativonegli ultimi anni, presenta un saldo positivo.
Tra le Regioni delle aree Obiettivo 1 la regione Sicilia vede da circaquattro anni il proprio saldo migratorio in evoluzione secondo untrend positivo e costante negli anni, passando da un -2,80 per milleabitanti del 2002 ad un -1,90 per mille abitanti del 2005.
Situazione del tutto opposta nella regione Basilicata che vede ilproprio trend negativo aumentare nel corso degli anni quasi in manie-ra costante.
98
Ipotesi sui fattorisocio-economici
determinanti
CAPITOLO 1
-6
-5
-4
-3
-2
-1
0
1
2
2002 500240023002
Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna
Figura 46 - Saldo migratorio interno nelle Regioni Obiettivo 1Serie storica 2002-2005
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat.
Cambiando il punto di analisi, si può affermare che le Regioni conmaggiore capacità attrattiva sono l’Umbria nel Centro, l’EmiliaRomagna nel Nord-Est41 e la Valle d’Aosta nel Nord-Ovest.
Tra le Regioni centro-settentrionali solo il Piemonte ha visto un ri-basso notevole di tale saldo migratorio tanto da passare da un valore po-sitivo (1,60 per mille abitanti nel 2002) ad un valore negativo (-0,10per mille abitanti nel 2005).
Di seguito si analizzano le singole variabili possibili determinantidel flusso di mobilità.
Proseguendo l’analisi, per giungere alla formulazione di un possibi-le modello che possa spiegare l’evoluzione dei flussi migratori interni,si è voluto indagare anche sul fenomeno dell’occupazione nelle diver-se Regioni italiane per titolo di studio.
Dall’andamento del tasso di occupazione totale e relativo degli occu-pati a medio-alta scolarizzazione, aventi cioè almeno il diploma di
99
Ipotesi sui fattorisocio-economicideterminanti
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
41 Entrambe hanno un trend negativo dal 2002 (Umbria 4,50 nel 2002, 2,40 nel 2005; EmiliaRomagna 6,60 nel 2002, 3,60 nel 2005).
-6
-5
-4
-3
-2
-1
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2
2002 2003 2004 2005
Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna
Figura 47 - Tasso migratorio interno delle Regioni Obiettivo 1Serie storica 2002-2005
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat.
scuola superiore, si evidenzia una forte disparità tra le Regioni meri-dionali e quelle centro-settentrionali.
Paragonando i dati regionali al valore medio nazionale, infatti, inentrambi i gruppi indagati (occupati a medio-alta scolarizzazione e oc-cupati totali) le Regioni Meridionali nella totalità dei casi si collocanoal di sotto della media nazionale.
Di contro, i valori delle Regioni centro-settentrionali sono netta-mente superiori a quello medio nazionale ed in alcuni casi risultanoquasi il doppio di alcune Regioni meridionali (è il caso del Trentino edell’Emilia Romagna con valore 451 occupati totali ogni mille abitanti).
Ancora una volta è palese il divario tra Nord-Sud.
100
Ipotesi sui fattorisocio-economici
determinanti
CAPITOLO 1
Licenza Licenza Diploma Diploma Laurea Totaleelementare media 2-3 anni 4-5 anni breve,
laurea,dottorato
Piemonte 131.000 627.000 188.000 651.000 233.000 1.829.000Valle d’Aosta 5.000 21.000 5.000 18.000 7.000 55.000Lombardia 307.000 1.350.000 468.000 1.458.000 611.000 4.194.000Trentino Alto Adige 31.000 160.000 72.000 122.000 54.000 440.000Veneto 157.000 708.000 263.000 672.000 263.000 2.063.000Friuli Venezia Giulia 34.000 152.000 58.000 186.000 73.000 504.000Liguria 36.000 180.000 53.000 244.000 107.000 620.000Emilia Romagna 159.000 597.000 174.000 671.000 272.000 1.872.000Toscana 143.000 513.000 79.000 548.000 226.000 1.510.000Umbria 20.000 94.000 32.000 147.000 52.000 346.000Marche 50.000 207.000 43.000 240.000 95.000 635.000Lazio 117.000 534.000 119.000 906.000 410.000 2.085.000Abruzzo 42.000 139.000 27.000 204.000 80.000 492.000Molise 9.000 35.000 5.0000 41.000 16.000 107.000Campania 213.000 595.000 62.000 593.000 264.000 1.727.000Puglia 150.000 464.000 51.000 407.000 150.000 1.221.000Basilicata 22.000 59.000 11.000 76.000 25.000 193.000Calabria 76.000 189.000 17.000 229.000 93.000 603.000Sicilia 175.000 508.000 28.000 548.000 212.000 1.471.000Sardegna 65.000 256.000 15.000 191.000 69.000 597.000
Tabella 26 - Occupati per titolo di studio, sesso e regioneMedia 2005
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat.
Ulteriori analisi sono state effettuate sui tassi di occupazione in seriestorica dal 1995 al 2005. Nel lungo periodo i dati confermano la profon-da distanza tra Regioni meridionali e quelle Centro-Settentrionali, poi-ché si nota un aumento di tale tasso. Mentre nel Centro-Nord è costantenel tempo, nel Mezzogiorno segue un trend altalenante. Se da una par-te, infatti, nelle due Isole e in Basilicata c’è un trend positivo che già dal1996 si conferma nel tempo, nelle altre Regioni meridionali si nota inve-ce una involuzione dei tassi di occupazione con valori in discesa.
101
Ipotesi sui fattorisocio-economicideterminanti
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Almeno il Diploma superiore Totalevalore assoluto Occupati valore assoluto Occupati
Piemonte 884.000 204 1.829.000 422Valle d’Aosta 25.000 203 55.000 448Lombardia 2.069.000 220 4.194.000 446Trentino Alto Adige 176.000 181 440.000 451Veneto 935.000 199 2.063.000 439Friuli Venezia Giulia 259.000 215 504.000 418Liguria 351.000 220 620.000 389Emilia Romagna 943.000 227 1.872.000 451Toscana 774.000 215 1.510.000 420Umbria 199.000 232 346.000 403Marche 335.000 221 635.000 418Lazio 1.316.000 250 2.085.000 396Abruzzo 284.000 219 492.000 37Molise 57.000 177 107.000 332Campania 857.000 148 1.727.000 298Puglia 557.000 137 1.221.000 300Basilicata 101.000 169 193.000 324Calabria 322.000 160 603.000 300Sicilia 760.000 152 1.471.000 293Sardegna 260.000 158 597.000 362ITALIA 11.463.000 196 22.563.000 386
Tabella 27 - Tasso di occupazione per titolo di studio e regione Media 2005 (occupati ogni 1.000 abitanti)
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat.
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Ipotesi sui fattorisocio-economici
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Figura 48 - Tasso di occupazione nelle province italianeAnno 2005
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CAPITOLO 1
Figura 49 - Tasso di occupazione nelle Regioni italianeAnno 2005
Spostando l’attenzione sul fenomeno della disoccupazione italia-na nel corso di 10 anni, dal 1995 al 2005, viene ribadita ancora unavolta la dicotomia interna al Paese.
Le Regioni Centro-Settentrionali presentano tassi di disoccupazio-ne che il più delle volte sono la quarta parte di quelli delle Regionimeridionali, che nonostante siano caratterizzate da una diminuzionecontinua di tali tassi, continuano a presentare un divario con leRegioni del Centro-Nord.
Ad esempio, confrontando l’Abruzzo, che rappresenta la regionedel Centro-Nord con il più alto tasso di disoccupazione (12,2 nel 1995e 7,9 nel 2005), con la Basilicata, cioè la regione del Sud con il più bas-so tasso di disoccupazione (15,9 nel 1995 e 12,3 nel 2005), si può no-tare come il divario tra le due aree negli anni aumenti in modo notevo-le: nel 1995 la distanza tra le due è pari a 3,7, mentre nel 2005 è del 4,4.
Pertanto, la disoccupazione nel Mezzogiorno diminuisce in manierameno che proporzionale rispetto a quella delle Regioni Centro-Settentrionali e, in tale prospettiva, potrebbe essere letto sia il manca-to decollo economico, sia il consequenziale flusso migratorio verso ilNord d’Italia.
Dall’andamento della serie storica dei tassi di disoccupazione si no-ta che dai picchi, registrati in tutte le Regioni nel biennio 1999-2000, sipassa ad un trend decrescente dell’indicatore considerato negli annisuccessivi con livelli minimi dei tassi di disoccupazione mai toccati ne-gli ultimi dieci anni.
La Calabria sembra essere l’unica regione che non vede mutare neltempo il proprio tasso di disoccupazione; se nel 1995, infatti, tale valo-re raggiunge il 14,7, nel 2005 è di 14,4.
Il primato della Sicilia e della Campania, invece, inteso come il valo-re del tasso di disoccupazione costantemente superiore al valore mediodi tutto il Mezzogiorno, viene conteso negli ultimi anni dalla Puglia edalla Calabria.
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Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna Media Mezzogiorno
Figura 50 - Tasso di disoccupazione in serie storica 1995-2005 nelle RegioniObiettivo 1
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat
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Ipotesi sui fattorisocio-economici
determinanti
CAPITOLO 1
Figura 51 - Tasso di disoccupazione nelle Regioni italianeAnno 2005
Per quanto riguarda i tassi di disoccupazione suddivisi per titolo distudio si individuano dei valori che possono rappresentare una sicuradeterminante dei flussi migratori.
Notevole è la differenza tra i valori riscontrati nelle isole e quelliemersi nelle altre Regioni: in Sicilia e in Sardegna, infatti, il tasso di di-soccupazione a bassa scolarizzazione è più elevato di quello a medio-alta scolarizzazione, trend che risulta totalmente inverso rispetto aquello del resto delle Regioni.
Probabilmente l’isolamento geografico porterebbe ad ipotizzarequale sua conseguenza la contrazione alla propensione alla mobilità,tale da giustificare i bassi tassi migratori. Tuttavia, dai dati della tabellaseguente, la giustificazione potrebbe essere imputata proprio al maggio-re tasso di disoccupazione a bassa scolarizzazione.
Infatti, nelle altre Regioni dove accade il fenomeno opposto, la mi-grazione interna ha una certa rilevanza, fatto questo che potrebbe esse-re riconducibile ad uno spostamento di persone ad alta scolarizzazione.
Accanto all’analisi dei livelli di occupazione e di disoccupazione, si èritenuto necessario proseguire lo studio sulle probabili determinantidei flussi migratori interni ponendo l’attenzione anche sull’andamentodella forza lavoro nelle Regioni dell’Obiettivo 1.
Per tale finalità è stata ricostruita la serie storica della forza lavorodal 1995 al primo trimestre 2006.
Dall’analisi di questo indicatore si nota che, se da un lato vi è statoun aumento di tale valore dal 1995 (tranne per la regione Calabria 711nel 1995 mentre 693 nel 1 trimestre 2006), il trend degli ultimi anni intutte le Regioni considerate subisce una contrazione che volge al ne-gativo, in modo particolare nella regione Campania.
Per definizione42 le forze lavoro sono le persone occupate e quelle incerca di occupazione (disoccupati, persone in cerca di prima occupazio-
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TASSO DI DISOCCUPAZIONETotale Almeno Diploma Bassa
Superiore scolarizzazioneCampania 14,900 12,925 12,330Puglia 14,600 13,600 11,570Basilicata 12,300 12,525 8,930Calabria 14,400 14,425 10,770Sicilia 16,200 12,225 14,500Sardegna 12,900 11,200 12,570
Tabella 30 - Tasso di disoccupazione nel Mezzogiorno per titolo di studioAnno 2005
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Almalaurea.
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110
CAPITOLO 1
ne e altre persone in cerca di occupazione), per cui l’analisi di talecomponente non può non essere correlata a quelle effettuate su occu-pati e disoccupati.
Come già evidenziato in precedenza (§ 2.3.1.a e 2.3.1.b), ad untrend in discesa del tasso di disoccupazione dal 1995, pur con la presen-za in alcune Regioni di valori altalenanti, non corrisponde uno stessoandamento del tasso di occupazione, divario questo che va amplian-dosi soprattutto nell’ultimo triennio. Tale contrazione viene evidenzia-ta anche da quanto emerge dall’analisi sulla forza lavoro.
Una possibile e plausibile spiegazione viene fornita dalla presenzanelle Regioni considerate di flussi migratori. Questi spostamenti, infatti, aparità di persone occupate, riducendo il numero delle persone in cerca dioccupazione comportano una diminuzione della forza lavoro e nellostesso tempo del tasso di disoccupazione.
Graficamente si può notare come i valori della metà delle Regionidell’Obiettivo 1 (Calabria, Sardegna, Basilicata) siano collocati al disotto della media, ma soprattutto come, per tutte le Regioni, i trendssiano costanti negli anni. Numericamente, infatti, le variazioni risulta-no del tutto irrilevanti e non trovano affatto corrispondenza nella forteriduzione, avvenuta negli ultimi anni, del tasso di disoccupazione ri-spetto ad una relativa stabilità dei tassi di occupazione.
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42 Glossario Istat.
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Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna Obiettivo 1
Figura 52 - Forza Lavoro in serie storica 1995-2006 nelle Regioni Obiettivo 1
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat.
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Ipotesi sui fattorisocio-economicideterminanti
Figura 53 - Forze di lavoro nelle province italianeAnno 2005
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Figura 54 - Forze di lavoro nelle Regioni italianeAnno 2005
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LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
1.4.1d Il reddito disponibile pro-capite
E’ stato approfondito un ulteriore indice come possibile variabile espli-cativa dei flussi migratori: il reddito disponibile pro-capite.
Dall’analisi della serie storica (1995-2004) di tale indice secondo ri-partizione regionale è emersa una notevole differenza tra i valori del Sude del Nord d’Italia poiché, nella maggior parte dei casi analizzati, i pri-mi sono risultati la metà dei secondi. In tutte le Regioni si è registrato unaumento più o meno costante nell’arco temporale considerato, ma connotevoli differenze in termini numerici tra Regioni del Sud e quelle delCentro-Nord. Se dopo dieci anni, infatti, nelle ripartizioni del Centro-Nordl’incremento è stato di circa 6.000 euro con picchi di oltre 7.000 euro (va-riazione 1995 – 2004 del Trentino Alto Adige pari a +7.792), nelleRegioni del Mezzogiorno, i cui valori di partenza erano già molto più bas-si, l’aumento è stato di circa 5.000 euro (variazione massima 1995 – 2004pari a + 5.314 in Basilicata). La regione nel 2004 con reddito pro-capi-te più elevato è stata il Trentino Alto Adige (26.954 euro nel 2004) che,grazie ad una forte crescita economica, ha superato negli anni la Valled’Aosta (25.407 euro nel 2004). Dall’altro lato, il valore più basso nel 1995(8.399 euro) è stato quello della regione Calabria che permane nell’ul-tima posizione anche nel 2004 (13.343 euro).
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117
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Ipotesi sui fattorisocio-economicideterminanti
Le differenze tra le aree Obiettivo 1 e le altre aree della penisola ita-liana risultano ancora più evidenti considerando una ripartizione geo-grafica non più di tipo regionale, ma per grandi aree. Dall’elaborazionegrafica dei dati si nota, inoltre, che anche il Centro ha valori medi al disotto al dato nazionale. A condizionare tale valore, però, è la presenzadel valore relativo alla regione Molise, in quanto regione non facenteparte dell’area dell’Obiettivo 1.
Focalizzando l’attenzione sulle Regioni meridionali, i valori più eleva-ti rispetto alla media sono solo quelli relativi alla regione Sardegna edalla Basilicata, mentre i valori più bassi in assoluto si riscontrano inCalabria.
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004Nord-Ovest 17.050 18.100 18.552 19.195 19.497 20.403 21.742 22.474 23.099 23.775Nord-Est 17.660 18.935 19.389 20.146 20.603 21.828 22.734 23.600 24.060 24.517Centro 13.441 14.324 14.919 15.376 15.859 16.646 17.635 18.274 18.802 19.327Obiettivo 1 9.404 10.071 10.554 10.995 11.538 12.035 12.765 13.428 13.981 14.383ITALIA 14.389 15.357 15.853 16.428 16.874 17.728 18.719 19.444 19.985 20.500
Tabella 33 - Reddito pro capite ripartizione per grandi AreeSerie storica 1995-2004
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istituto Tagliacarne.
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Nord - Ovest Nord - Est Centro Obiettivo 1 ITALIA
Figura 55 - Reddito pro capite ripartizione grandi areeSerie storica 1995-2004
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat
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CAPITOLO 1
Ipotesi sui fattorisocio-economici
determinanti
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119
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Per lo studio statistico di un modello in grado di spiegare il fenome-no dei flussi migratori interni, dalle Regioni meridionali verso quellecentro – settentrionali, sono state considerate, oltre alle precedenti,altre variabili determinanti del fenomeno e ad esso correlate.
Tra quelle rilevanti anche dal punto di vista della possibile correlazio-ne con i flussi migratori, bisogna menzionare il Peso dell’Industria, laSpesa delle Famiglie, il Prodotto Interno Lordo, le Unità di Lavoro e ilTasso di Lavoro Nero.
Il primo indicatore sintetizzato è la Spesa delle Famiglie (indicatoredi povertà/ricchezza) che rivela le spese sostenute dalle famiglie residen-ti per acquistare beni e servizi.In tale definizione rientrano:
• gli autoconsumi;• i beni e servizi forniti dal datore di lavoro ai dipendenti a titolo di sa-
lario o per prestazioni di servizio;• i fitti stimati delle abitazioni occupate dai proprietari o godute a ti-
tolo gratuito;• ogni altra spesa effettuata dalla famiglia per scopo diverso dal
consumo esclusa dalla rilevazione.L’indagine sulla Spesa delle Famiglie rileva l’ammontare complessi-
vo della spesa al momento dell’acquisto del bene o servizio, a prescin-
Ipotesi sui fattorisocio-economicideterminanti
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Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna Obiettivo 1
Figura 56 - Reddito pro capite in serie storica 1995-2004 nelle Regioni Obiettivo 1
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat
120
CAPITOLO 1
dere dal momento dell’effettivo consumo o utilizzo e dalle modalità dipagamento (per acquisti a rate o con carta di credito).
Dalla tabella si evince che tale valore risulta essere più elevato alNord rispetto ad altre aree della penisola, a causa di un elevato gradodi incertezza sulle prospettive di evoluzione del reddito.
Altra variabile considerata è il Prodotto Interno Lordo che rappresen-ta il rapporto tra il valore di tutti i beni e servizi finali prodotti da unaRegione in un determinato periodo di tempo e i fattori produttivi impie-gati all’interno della Regione stessa. Anche questo dato mette in eviden-za il netto divario che esiste tra Nord e Sud e che risulta essere indicativodi una forte incidenza del mancato sviluppo economico nazionale delleRegioni meridionali del paese rispetto a quelle settentrionali.
Infine, il dato delle Unità di Lavoro quantifica, invece, in modoomogeneo, il volume di lavoro svolto da coloro che partecipano al
Ipotesi sui fattorisocio-economici
determinanti Spesa delle Prodotto Interno Unità di TassoFamiglie (a) Lordo (a) Lavoro (a) di irregolarità*
Piemonte 8,1 8,4 8,1 9,2Valle d’Aosta 0,3 0,3 0,2 14,7Lombardia 17,8 20,2 28,5 7,3Trentino Alto Adige 2,1 2,2 2,1 10,9Veneto 8,9 9,1 9,1 8,7Friuli Venezia Giulia 2,2 2,4 2,2 12,8Liguria 3,2 3,0 3,8 11,5Emilia Romagna 8,5 8,7 8,4 8,6Toscana 6,9 6,7 6,8 9,8Umbria 1,4 1,4 1,5 12,8Marche 2,6 2,6 2,8 10,7Lazio 9,8 10,4 10,0 14,4Abruzzo 1,9 1,9 2,0 12,6Molise 0,5 0,4 0,5 19,2Campania 7,30 6,50 7,40 23,2Puglia 5,50 4,60 5,50 20,9Basilicata 0,80 0,70 0,80 20,8Calabria 2,70 2,30 2,70 31,0Sicilia 6,90 6,00 6,30 26,0Sardegna 2,40 2,20 2,40 18,3
100 100 100 13,4
NORD OVEST 8,3NORD EST 9,3NORD 51,3 54,1 51,3CENTRO 20,7 21,1 21,1 12,3MEZZOGIORNO 28,1 24,7 27,5 22,8
Tabella 35 - Variabili statistiche correlate ai flussi Migratori delle Regioni Obiettivo 1Anno 2004 - Composizioni percentuali su base nazionale
valori calcolati dagli aggregati a prezzi correnti. * anno 2003Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat.
121
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
processo produttivo realizzato sul territorio economico di una Regionea prescindere dalla loro residenza, ovvero di occupati interni. Esso rap-presenta la quantità di lavoro prestato nell’anno da un occupato atempo pieno oppure la quantità di lavoro equivalente prestata da la-voratori a tempo parziale o ancora da lavoratori che svolgono un dop-pio lavoro. Questo concetto non è più legato alla singola persona fisica,ma risulta ragguagliato ad un numero di ore annue corrispondenti adun’occupazione esercitata a tempo pieno, numero che può diversifi-carsi in funzione della differente attività lavorativa. Le unità di lavorosono dunque utilizzate come unità di misura del volume di lavoro im-piegato nella produzione dei beni e servizi rientranti nelle stime delProdotto Interno Lordo in un determinato periodo di riferimento. Tale in-dicatore evidenzia, come del resto accadeva per le altre due variabilianalizzate precedentemente, come oltre il 50 % di unità lavorative sitrovino al Nord.
Per quanto riguarda i tassi di irregolarità, calcolati come rapportopercentuale tra le unità di lavoro non regolari per regione e/o ripartizio-ne e le unità di lavoro totali, è evidente come nel complesso economi-co del paese sono le Regioni dell’Italia meridionale ad avere i valori piùelevati. Le differenze sembrano interpretabili alla luce della marginalitàeconomica e dell’arretratezza del sistema produttivo che caratterizzaquei contesti in cui il fenomeno in esame risulta essere maggiormenteincisivo. L’enorme divario del valore di questo indice tra le Regioni delMezzogiorno e le altre aree della penisola, non fa altro che confermareche gli sforzi ad indirizzo politico – programmatici devono essere indiriz-zati verso la lotta al sommerso che riveste un ruolo fondamentale perlo sviluppo dell’intero sistema economico di un territorio.
Ultima variabile sintetizzata a livello regionale è quella riguardante ilPeso dell’Industria che rappresenta la percentuale della ricchezza pro-dotta dal settore industriale rispetto alla ricchezza dell’intero indottoeconomico locale. In questo caso si nota come la Basilicata sia l’unicaregione del Mezzogiorno che registri una certa rilevanza in termini diricchezza prodotta dal settore industriale grazie alla presenza di di-stretti industriali.
Ipotesi sui fattorisocio-economicideterminanti
122
CAPITOLO 1
Popolazione di riferimento dello studio della mobilità
Nello studio del fenomeno della mobilità geografica il target di rife-rimento è la popolazione avente età compresa nell’intervallo 18 – 33 an-ni, di conseguenza è utile analizzarne la dinamica soprattutto nelleRegioni delle aree Obiettivo 1, su cui l’indagine è focalizzata. Nella fat-tispecie nelle Regioni Obiettivo 1 si segnala lungo la dimensione tem-porale 2002 – 2005 un maggior decremento della popolazione in esa-me nelle Regioni della Sardegna (-4,76%) e della Basilicata (-4,62%).
Ipotesi sui fattorisocio-economici
determinanti
2002 2003 2004 2005 Variazione % popolazione
2002-2005Piemonte 848.183 823.044 811.687 803.244 -5,30Valle d’Aosta 24.950 24.541 24.038 23.490 -5,85Lombardia 1.950.889 1.899.674 1.880.310 1.869.561 -4,17Trentino Alto Adige 204.109 200.468 197.840 196.135 -3,91Veneto 986.604 965.231 955.448 944.580 -4,26Friuli Venezia Giulia 238.309 232.047 226.768 221.110 -7,22Liguria 279.630 269.386 261.693 257.869 -7,78Emilia Romagna 803.509 785.865 775.565 778.367 -3,13Toscana 701.052 683.166 679.562 672.245 -4,11Umbria 167.184 165.054 165.756 165.319 -1,12Marche 306.469 302.756 302.603 299.794 -2,18Lazio 1.120.165 1.091.362 1.086.764 1.079.995 -3,59Abruzzo 272.966 270.518 270.141 269.007 -1,45Molise 69.308 68.645 68.019 67.101 -3,18Campania 1.389.290 1.377.343 1.369.952 1.356.598 -2,35Puglia 966.380 951.531 941.270 931.738 -3,58Basilicata 137.209 135.039 133.335 130.868 -4,62Calabria 473.524 468.199 465.541 458.085 -3,26Sicilia 1.146.036 1.130.692 1.126.306 1.111.962 -2,97Sardegna 392.204 386.568 380.545 373.541 -4,76ITALIA 12.477.970 12.231.129 12.123.143 12.010.609 -3,75
Tabella 37 - Popolazione di età 18 - 33 anniSerie storica 2002-2005
Fonte: Istat
Peso dell’IndustriaCampania 19,80Puglia 22,30Basilicata 27,20Calabria 16,90Sicilia 16,90Sardegna 19,90
Tabella 36 - Peso dell’Industria nelle Regioni Obiettivo 1Anno 2003 - Valori percentuali
Fonte: Istat
123
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
1.4.2 Analisi multidimensionale delle variabili socio – economichedeterminanti il flusso migratorio
Correlazione lineare di Pearson
L’indicazione di una serie di determinanti dei flussi di mobilità haposto il problema di valutare l’eventuale correlazione43 di queste conil fenomeno migratorio al fine di confermare o meno l’esistenza diuna relazione.
Dalle analisi statistiche44 effettuate risulta che i tassi di migrazionedelle Regioni Obiettivo 1 sono correlati alle variabili considerate neiparagrafi precedenti.
La correlazione risulta positiva45, per le seguenti variabili:• Indice di struttura della popolazione attiva;• Tasso di occupazione;• Reddito disponibile pro-capite;
é invece negativa46, per:• Il tasso di disoccupazione a medio-alta scolarizzazione;• Il tasso di lavoro nero.
Risulta poco significativa la correlazione tra tasso migratorio e le altre va-riabili quali:
• Occupati a bassa scolarizzazione;• Occupati a medio-alta scolarizzazione;• Forza lavoro;• Spesa delle famiglie;• Assunzioni previste laureati;• Assunzioni previste;• Tasso di disoccupazione;• Tasso di disoccupazione a bassa scolarizzazione;• Indice popolazione di età 19 – 32 anni;• Peso Industria.
43 La correlazione fra due variabili non implica una relazione causa – effetto ma semplice-mente la tendenza di una variabile a variare in funzione di un’altra.
44 Elaborazione con software statistico SPSS (Statistical Package for the Social Sciences)14.0, coefficiente di correlazione di Pearson.
45 La correlazione si dice diretta o positiva quando variando una variabile in un senso anchel’altra varia nello stesso senso (alle stature alte dei padri corrispondono stature alte dei figli);.
46 La correlazione si dice indiretta o inversa quando variando una variabile in un senso l’altravaria in senso inverso (a una maggiore produzione di grano corrisponde un prezzo minore).
Di fatto queste variabili sono state escluse dalle considerazioni utilia spiegare le determinanti dei flussi di mobilità costretta.
Le analisi mettono a confronto il tasso migratorio generico internodelle Regioni italiane del 2005, calcolato dall’Istat per ogni 1.000 abitan-ti. Tale valore è calcolato sul dato ufficiale degli iscritti e cancellati rap-portato alla popolazione residente nell’arco di tempo considerato, diconseguenza si tratta di un dato ufficiale che però non valuta la manca-ta registrazione di tutti coloro che emigrando decidono di non cam-biare la propria residenza.
Un esempio che conferma quanto appena asserito è dato dal fattoche solo il 40%47 circa della popolazione emigrante della provincia diBenevento decide di cambiare il proprio medico curante una volta spo-statosi. Ciò comporta che la maggior parte delle persone che si spostanoda Benevento non vengono rintracciate per mancanza di dati ufficiali.
Per quanto riguarda le variabili correlate positivamente ai flussi mi-gratori non si notano delle criticità dal momento in cui le dipendenzeanalizzate sono sempre di facile interpretazione. Risulta, infatti, intuiti-vo che a flussi migratori crescenti da una data regione corrispondano al-ti valori del tasso di occupazione e del reddito disponibile pro-capite.
Stesse considerazioni per le variabili correlate in maniera negativaai flussi migratori.
Infatti, la fuoriuscita di persone facendo diminuire la forza lavoropresente in una regione porta come conseguenza la diminuzione siadei tassi di disoccupazione che del tasso di lavoro nero.
In modo particolare si nota la diminuzione dei tassi di disoccupazionea medio alta scolarizzazione, dovuta presumibilmente più al flusso mi-gratorio, per lo più costituito da diplomati e laureati che da un aumentodegli occupati a medio alta scolarizzazione. Dato questo ultimo conferma-to dall’indagine CATI analizzata nei paragrafi precedenti. Infatti, questigiovani, una volta formatisi in aree diverse da quelle di residenza, decido-no di restarvi per la facilità di inserimento nel mondo lavorativo.
Per tali motivazioni, sempre più spesso nelle Regioni meridionali sinota la mancanza di alcune figure professionali, soprattutto ad alta scola-rizzazione, che risultano essere importanti per la crescita di tali aree.
Una medaglia a due facce: dove da un lato, le figure professionaligià presenti di cui il mercato lavorativo è saturo e, dall’altro, altre profes-sionalità che per la loro mancanza vengono richieste al Centro-Nord.
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CAPITOLO 1
Analisi multidi-mensionale delle
variabili socio –economiche de-
terminanti il flus-so migratorio
47 Ufficio Mobilità dell’Ufficio CED (Centro Elaborazione Dati) dell’ASL BN.
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LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Analisi delle componenti principali
L’analisi in componenti principali48 è una delle tecniche maggior-mente utilizzate nel trattamento multidimensionale dei dati. Essa con-sente di realizzare un’economia descrittiva riducendo il numero di va-riabili necessarie per descrivere il fenomeno in esame e di ricercare ledimensioni fondamentali, i fattori, che determinano lo stesso.
È stata applicata ad una matrice con in riga le Regioni dell’areaObiettivo 1 e in colonna le determinanti del flusso migratorio viste inprecedenza. Lo studio si è, quindi, concentrato sull’influenza di tali va-riabili sul territorio in esame.
Innanzitutto si procede con l’osservazione della matrice di correlazio-ne, cercando di identificare le variabili tra loro maggiormente correlate:dall’analisi risulta che la maggior parte delle variabili sono correlate traloro e tale interdipendenza è statisticamente significativa.
Tuttavia alcuni coefficienti superando lo 0,90 come valore, ci indica-no che potrebbero esserci problemi di multicollinearità (correlazionispurie o nascoste)49. Verificata l’esistenza di correlazione fra le variabiliconsiderate, si procede con l’esame della tabella delle comunalità, ov-vero della quantità di varianza di ciascuna variabile spiegata dai fattoricomuni: essa evidenzia che gran parte della variabilità di tutte le varia-bili è ben espressa dai fattori comuni.
Analisi multidi-mensionale dellevariabili socio –economiche de-terminanti il flus-so migratorio
48 L’analisi in componenti principali può essere utilizzata quando si dispone di dati quantitativiorganizzati in una matrice n x p, ovvero casi (n) per variabili (p). I casi sono collocati sulle righe del-la matrice dei dati, mentre le variabili si trovano sulle colonne. E’ un metodo che consente di rappre-sentare la nuvola dei punti-unità, Nu (che è situato in uno spazio a k dimensioni, Rk, che non siamoin grado di vedere ) in un sottospazio Rp (con p<k) in modo che la deformazione che la nuvola Nusubisce, come conseguenza della proiezione in Rp, sia la minima possibile. Si vuole cioè che la de-formazione della struttura originaria della matrice di partenza per effetto della proiezione in Rp pro-duca la “minima perdita di informazione” (dove l’informazione è fornita dalla variabilità totale). Ilmetodo, dunque, fa passare le variabili da k a p. Queste p “nuove” variabili sono dette “componen-ti principali”. Il primo passo da effettuare prima di impostare la procedura per l’applicazione della tec-nica di ACP consiste nella standardizzazione delle variabili che si intende sottoporre ad analisi. Lalogica che sottende a questa scelta è quella di creare una matrice Xn,p dei dati centrata, ovvero taleche i dati siano espressi in valori-scarto dalla media. Spiega Bolasco “…dal momento che i dati so-no centrati, l’origine dello spazio di rappresentazione degli individui sarà data dal baricentro dellanuvola dei punti. La distanza di ogni punto dall’origine, pari alla lunghezza o norma del vettore, mi-sura uno scostamento dalla media. Perciò le rappresentazioni vettoriali sono delle misurazioni didifferenze dal valor medio, che producono delle valutazioni relative sull’insieme dei punti. Per misu-rare la dispersione totale della nuvola dei punti, si definisce la quantità di inerzia dei punti pari allasomma ponderata delle M-norme dei vettori unitari”.
49 Si ha una correlazione spuria quando due variabili risultano correlate pur non essendolo inrealtà. Infatti si può verificare che la correlazione tra due variabili appaia elevata se la prima è cor-relata positivamente con una terza variabile, a sua volta correlata positivamente alla seconda. Si hainvece una correlazione nascosta quando due variabili non appaiono correlate pur essendolo inrealtà. Infatti si può verificare che la prima variabile sia correlata negativamente con una terza va-riabile che, a sua volta, è correlata positivamente con la seconda. Ricordiamo, tuttavia, che l’ACPlavora anche in presenza di collinearità.
Passando all’esame della tabella “varianza totale spiegata”, dallaquale si desume la quota di variabilità spiegata da ogni componente prin-cipale che permette di scegliere il numero di componenti su cui basa-re l’analisi, si osserva che i primi quattro fattori spiegano quasi il 98% del-l’informazione totale. Anche lo screeplot conferma quanto sopra50.
Lo studio della matrice delle componenti consente di osservare il con-tributo di ciascuna variabile sul singolo fattore51, o meglio la correlazione traciascuna variabile ed ognuno dei fattori estratti, permettendoci di individua-re le variabili che sono meglio rappresentate su ciascun fattore.
Il primo fattore considerato è caratterizzato da variabili che inter-pretano una dimensione di sviluppo occupazionale: si rintracciano va-riabili legate al tasso di occupazione e alle assunzioni previste da unaparte e a valori crescenti nel tasso di disoccupazione, negli occupatilaureati e diplomati, nella spesa delle famiglie, nella forza lavoro e ne-gli investimenti fissi lordi dall’altra. Per tale motivo è possibile definirequesto fattore come “Condizione Economico-Sociale.
La seconda componente individuata, invece, è caratterizzata da va-riabili riconducibili ad una dimensione legata al flusso migratorio: sievidenziano variabili relative al tasso di disoccupazione a medio altascolarizzazione, al tasso di lavoro nero, al reddito disponibile pro-capi-te regionale e al tasso di disoccupazione a bassa scolarizzazione. Daciò la motivazione a definire questa seconda componente come“Flusso Migratorio in funzione delle proprie determinanti”.
Lo stesso dicasi per la terza componente e quarta componente lega-te anch’esse al flusso migratorio attraverso le variabili tasso di disoccu-pazione a bassa scolarizzazione, indice popolazione 19-32 anni e pesodell’industria. La matrice delle componenti ruotata non migliora lepossibilità di analisi.
La figura che segue mostra il cosiddetto cerchio delle correlazioni nelquale vengono proiettate le variabili considerate sui fattori scelti e per-mette di analizzare la struttura dei punti unità sugli assi selezionati. Il pia-no fattoriale considerato è quello formato dal secondo e primo fattore
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CAPITOLO 1
50 Ci sono tre criteri cui è possibile ricorrere per individuare i fattori da tenere nelle fasi succes-sive di analisi:
1) autovalore > 1: questo criterio è stato indicato già in fase di parametrizzazione della proce-dura SPSS quando tra i criteri di estrazione è stato indicato di conservare le componenticon autovalori > 1;
2) Incrementi tra gli autovalori > 0,50: si conservano le componenti tra i cui autovalori inter-corre una differenza > 0,50;
3) Scree-test: osservazione del grafico decrescente degli autovalori al fine di individuare ilpunto in cui le differenze tra i diversi autovalori si appiattiscono. Si conservano i fattori chepresentano scarti più evidenti e si taglia la linea quando tali scarti si stabilizzano.
51 Dimensione fondamentale che determina la variazione del fenomeno in esame.
Analisi multidi-mensionale delle
variabili socio –economiche de-
terminanti il flus-so migratorio
poiché è quello che meglio si presta alle interpretazioni delle variabili.Nell’applicazione in questione le variabili tasso di disoccupazione a
medio alta scolarizzazione, peso dell’industria, tasso lavoro nero ed in-dice di disoccupazione di lunga durata si oppongono al reddito dispo-nibile pro-capite, al tasso di disoccupazione a bassa scolarizzazione e altasso di disoccupazione generale.
Questa prima struttura da una parte mette in risalto il fatto che difronte alle difficoltà del settore industriale di migliorare il territorio at-traverso nuove industrie e la conseguente creazione di nuovi posti dilavoro, il tasso di disoccupazione (prevalentemente a medio alta sco-larizzazione) è destinato a crescere: ciò è sicuramente anche la conse-guenza della giovane età dei disoccupati e che attualmente la mag-gior parte dei giovani arriva a conseguire almeno un diploma di scuo-la media superiore.
A fronte di ciò la domanda di lavoro espressa dall’economia regiona-le è rivolta a qualifiche professionali per le quali è sufficiente la scuoladell’obbligo, rispetto a disoccupati che in buona parte possiedono alme-no un diploma superiore.
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LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Analisi multidi-mensionale dellevariabili socio –economiche de-terminanti il flus-so migratorio
Basilicata
Condizione socio-economica
4.5
3.0
1.5
0
-1.5
-3.0
-3.0 -1.5 0 1.5Flusso migratorio
Calabria
Puglia
Sicilia
Campania
Peso Industria
Tasso di disoccupazione a medio alta scolarizzazione Tasso lavoro nero
Indice di disoccupazione di lunga durata
Tasso di disoccupazione
Tasso di disoccupazione a bassa scolarizzazione
Reddito disponibile pro-capite regionale
Sardegna
Figura 57 - Piano fattoriale del peso delle determinanti sui due fattori calcolatinelle Regioni Obiettivo 1
Fonte: Elaborazione Isfol.
Si tratta di una vera e propria costrizione della mobilità, infatti la mo-bilità in generale è un fenomeno bidirezionale ed accresce le potenzia-lità dei territori coinvolti. Qui ci si trova di fronte ad una mobilità mono-direzionale, una vera e propria emigrazione che impoverisce i territoridei lavoratori di provenienza a vantaggio dei territori di destinazione.
Infatti, è ben noto che, tra i fattori produttivi più importanti ai finidello sviluppo di un’economia, il capitale umano gioca un ruolo fon-damentale, in quanto grazie ad esso possono essere fatti avanzare isettori produttivi più dinamici, in grado di creare innovazione e con-sentire percorsi di crescita sostenuti nel tempo. Pertanto, è indispen-sabile promuovere l’insediamento di imprese ad elevato livello di tec-nologia e di capitale umano52.L’altro elemento rilevante che insieme alla disoccupazione incide inmaniera negativa sull’economia delle Regioni dell’area Obiettivo 1 è ilfenomeno del lavoro nero. Infatti, le dinamiche e le conseguenze dovu-te ad un’economia sommersa, comportano una distorsione di importan-ti indicatori economici (es. PIL, tasso di disoccupazione, tasso di infla-zione, ecc.) che impediscono una valutazione corretta dello stato disalute dell’economia dell’area considerata. Con le analisi statistiche ef-fettuate queste ipotesi diventano assiomi di realtà regionali dove il fe-nomeno del “sommerso” non garantisce né sicurezza sul posto di la-voro (in termini di diritti) né possibilità di carriera professionale e sala-riale. Dall’altra parte, invece, si evidenzia una forte influenza del reddi-to disponibile pro-capite, del tasso di disoccupazione a bassa scolariz-zazione e del tasso di disoccupazione generale, elementi di cui già si ètrattato abbondantemente nei capitoli precedenti.
La segmentazione delle Regioni Obiettivo 1 in funzione delle determi-nanti della mobilità
Al fine di offrire una descrizione più approfondita del flusso migrato-rio delle Regioni dell’area Obiettivo 1 in funzione delle proprie determi-nanti, si è proceduto ad effettuare una segmentazione delle Regionicosì come proiettate sul piano fattoriale scelto. Sull’asse verticale delpiano è stata rappresentata in modo crescente la condizione socio-economica delle aree oggetto di studio, mentre sull’asse orizzontale ilflusso migratorio in funzione delle proprie determinanti. Il grafico rea-lizzato mette in evidenza quattro aree che hanno permesso di definiredei profili demografici di seguito esplicitati. Con “Statici” si definisce la
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CAPITOLO 1
52 R. Piras, “Migrazioni e capitale umano”, Continua l’esodo di laureati e diplomati. LaSardegna Perde intelligenze. Sardegna Economica 5/2005.
Analisi multidi-mensionale delle
variabili socio –economiche de-
terminanti il flus-so migratorio
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LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
regione Sardegna in cui si può notare una non fuoriuscita di capitaleumano dovuta ad una buona condizione socio-economica. Con“Condizionati” si definisce la regione Basilicata dove il capitale umanoè condizionato ad abbandonare la propria regione di residenza inquanto il comparto economico-industriale non riesce ad assorbire taleforza lavoro. Infatti, in questa regione l’offerta di lavoro è a medio bas-sa scolarizzazione. Si riconoscono, inoltre, due livelli di costrizione:fuggitivi e obbligati. Con “Fuggitivi” si definisce la regione Calabria ca-ratterizzata da una condizione socio-economica bassa e nello stessotempo da elevati tassi di disoccupazione a medio alta scolarizzazione edel tasso di lavoro nero. Infine, con il profilo “Obbligati” si includono lerimanenti altre Regioni, ossia Puglia, Sicilia e Campania, dove ad unacondizione socio-economica bassa si aggiungono elevati tassi disoc-cupazione soprattutto di a bassa scolarizzazione.
Si osserva che nella regione Calabria c’è un elevato tasso di lavoro ne-ro: infatti, l’aumento delle forme di lavoro irregolari trova linfa vitalenella disoccupazione elevata, in quella giovanile che raggiunge picchi diesasperazione, nella carenza di un tessuto industriale che non favori-sce lo sviluppo economico e che costringe il capitale umano ad emi-grare verso zone in cui la possibilità di occupazione è più elevata. Ne
Analisi multidi-mensionale dellevariabili socio –economiche de-terminanti il flus-so migratorio
Figura 58 - Piano fattoriale
consegue che lo sviluppo di tale area passa non solo dalla creazione dinuove attività produttive, ma anche dal rientro nei confini della legalitàdi quelle che attualmente ne sono ai margini.
Le Regioni Puglia, Basilicata e Campania, invece, risultano essereinfluenzate dal valore del peso dell’industria che risulta essere una de-terminante fondamentale per queste aree (in tali Regioni troviamo in-fatti i valori più elevati rispetto alle altre aree dell’Obiettivo 1). Per talemotivazione la capacità di non saper cooptare l’offerta di lavoro ad al-ta formazione fa sì che in questi territori cresca il flusso migratorio de-stinato alle aree del Centro-Nord.
Ultima analisi da effettuare è quella sulle due rimanenti RegioniSicilia e Sardegna. In queste due Regioni le considerazioni vanno sposta-te tutte sul valore del tasso di disoccupazione ed in modo particolaresu quello che si riferisce ai disoccupati a bassa scolarizzazione: infatti laSicilia ha il valore più alto mentre la regione Sardegna, che è l’unica re-gione con flusso migratorio positivo (in termini di tasso generico di mi-gratorietà interno), è situata al secondo posto di tale classifica.
Tutto questo permette di affermare che, se come molti sostengono,la coesione sociale, la partecipazione delle forze sociali e politiche ècondizione significativa per il rilancio o il consolidamento dello svilup-po del territorio, emerge con chiarezza che la sfida per queste Regioniconsiste nell’aumentare la competitività delle imprese creando un am-biente innovativo basato su una forza lavoro qualificata, su ricerca esviluppo e sulla società dell’informazione. Infatti, in una società in cui l’in-novazione tecnologica ha un ruolo fondamentale per la crescita e losviluppo economico, il capitale umano diventa un fattore prioritarioper la ricerca e nello stesso tempo per la diffusione delle tecnologie.Di conseguenza, la fuoriuscita, “fuga”, e la successiva assenza, da una de-terminata area di capitale umano rappresenta uno dei principali limitiallo sviluppo economico dell’area stessa.
1.4.3 Elaborazione di un modello di lettura
Per approfondire il fenomeno della mobilità geografica, la ricerca èstata ampliata a tutte le Regioni italiane per cercare di trovare un pos-sibile modello capace di spiegare il flusso migratorio nel suo com-plesso, valuandone le ricadute positive e negative. La mobilità geo-grafica può rappresentare, infatti, certamente un fattore positivo perla crescita del capitale umano e dello sviluppo economico.
A questo punto le possibili determinanti del flusso migratorio, finqui prese in considerazione sono state associate ad ogni regione italia-
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CAPITOLO 1
Analisi multidi-mensionale delle
variabili socio –economiche de-
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na ed a queste sono state aggiunte altre tre variabili. La prima riguar-da l’indice di disoccupazione di lunga durata, che è la quota percentua-le di persone in cerca di occupazione da oltre 12 mesi, sul totale del-le persone in cerca di occupazione.
La seconda variabile aggiunta è il tasso di natalità lorda delle im-prese calcolato rapportando il numero delle nuove imprese sul totaledelle imprese registrate nell’anno precedente moltiplicato per cento.
La terza variabile al possibile modello è data dagli investimenti fis-si lordi che per l’anno considerato, cioè il 2005, sono calcolati me-diante la stima dei minimi quadrati in base all’andamento di tale valo-re in serie storica dal 1980 al 2003.
Tale dato indica il valore in milioni di euro degli investimenti fissilordi effettuati negli anni dalle singole imprese nei diversi contesti re-gionali.
L’analisi statistica in regressione multipla53 si evidenzia che la varia-bile tasso migratorio54 considerata dipendente (Y), può essere spiega-ta da due determinanti, l’indice di disoccupazione di lunga durata(X1) ed il tasso di natalità lorda delle imprese (X2) secondo il modelloche segue:
Y = -2,03 X1 + 0,72 X2 + 0,485
Tale modello mette in evidenza che la dipendenza del tasso migra-torio è negativa rispetto alla prima variabile e positiva rispetto alla se-conda. Infatti, l’indice di disoccupazione di lunga durata influenza en-trambe le componenti del tasso migratorio e cioè sia le entrate che leuscite.
Le altre variabili considerate55 non hanno dimostrato alcuna rela-zione con il flusso migratorio.
In ogni regione all’aumentare di tale indice vi è una contrazionedelle entrate e un aumento delle uscite dovuto alla non capacità dicooptare forza lavoro nell’intero sistema economico produttivo del-l’area considerata.
Fenomeno completamente opposto per quanto riguarda la secon-da variabile che incide in maniera positiva sul tasso migratorio.Infatti, all’aumentare del tasso di natalità lorda delle imprese il tasso
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LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Elaborazione diun modello dilettura
53 Il modello di regressione multipla è stato analizzato secondo il metodo per passi che inclu-de una per volta le possibili variabili capaci di spiegare il modello.
54 Il tasso migratorio interno è il rapporto tra il saldo migratorio interno (entrate meno usci-te) dell’anno e l’ammontare medio della popolazione residente, moltiplicato per 1.000.
55 Vedi appendice statistica
132
CAPITOLO 1
migratorio aumenta. In questo caso si può facilmente dedurre chel’aumento di tale tasso sarà dovuto sia alla diminuzione delle uscite cheall’aumento delle entrate all’interno della regione considerata, chevista la fiorente natalità di imprese diventerà certamente un polo diattrazione.
Con il modello studiato si è voluto spiegare come i flussi di capita-le umano in uscita possano incidere sulla crescita economica e sulsuccessivo sviluppo dell’area di destinazione e, di conseguenza, co-me questi ultimi influenzino i territori di origine in termini di mancatoprogresso. Soffermandoci in modo dettagliato sul valore del tasso di na-talità delle imprese è possibile notare che, nelle aree in cui esso risul-ta essere più elevato e in cui vi è maggiore capitale umano, la crescitadel comparto socio – economico è più elevata.
Inoltre, l’industria di queste aree viene agevolata dalla forte inci-denza di produzione ad alto livello tecnologico, sempre più richiesta dalmercato nazionale ed internazionale e che nasce per acquisita com-petenza da parte del nuovo imprenditore56. Quest’ultimo, così comesi evince da studi57 recenti, ha un titolo di studio sempre più elevato(46,3% diploma superiore e 21,5% laurea), con differenze per riparti-zione geografica che si acutizzano sempre di più se si considerano lemotivazioni di avvio, le modalità di finanziamento ed il settore im-prenditoriale.
Nel Sud ed Isole, invece, a differenza di ciò che succede nelle altreRegioni italiane, si dà inizio ad una attività perché l’alternativa è la di-soccupazione oppure un lavoro non ritenuto soddisfacente; si fa ri-corso agli aiuti pubblici oppure ad aiuto di familiari e parenti conscarsa diffusione del credito con e senza garanzie.
Inoltre, considerando il settore economico delle imprese (tabellaseguente), si nota come quelle in cui vi è bisogno di un titolo di studiopiù elevato e specialistico, sono collocate per lo più nelle Regionicentro – settentrionali (mentre solo nel commercio il numero delleimprese nel Sud ed Isole supera quello delle altre Regioni italiane).
A questo punto, il modello formulato, acquisisce maggiore rile-vanza una volta considerati tali assunti.
Infatti, la relazione che lega il flusso migratorio alla natalità delleimprese risulta più complessa, in quanto conferma che tali flussi es-sendo formati per la gran parte di capitale umano, vanno ad arricchire
Elaborazione diun modello di
lettura
56 Indagine FOBS (Factors of Business Success) condotta dall’Istat, 2005, si basa sull’adozio-ne di definizioni condivise e sull’utilizzo di un questionario comune tra i Paesi Europei parteci-panti, avente lo scopo di ottenere dati confrontabili.
57 Le nuove attività imprenditoriali, Istat, 13 Luglio 2006.
133
LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
le aree di destinazione (Centro-Nord), contribuendo alla loro continuacrescita economico – sociale, grazie al reciproco trasferimento di com-petenze e know-how. Ne deriva che le aree del Mezzogiorno, da cuiprovengono i flussi migratori, restano sprovviste della futura classe di-rigente. Infatti, l’assenza di giovani a medio alta scolarizzazione incidesulla diminuzione dei possibili nuovi imprenditori, capaci di intrapren-dere una nuova attività non per mancanza di alternative, ma perchécompetenti ed idonei a contribuire alla crescita dell’intero compartoeconomico.
Elaborazione diun modello dilettura
0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50
PiemonteValle d'Aosta
LombardiaTrentino-Alto Adige
VenetoFriuli-Venezia Giulia
LiguriaEmilia-Romagna
ToscanaUmbriaMarche
LazioAbruzzo
MoliseCampania
PugliaBasilicataCalabria
SiciliaSardegna
NORD-OVESTNORD-EST
CENTROSUD-ISOLE
ITALIA
Industria Costruzioni Commercio Altri servizi
Figura 59 - Imprese per settore economico e regioneAnno 2004 (valori percentuali)
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat.
Pertato la maggior crescita economica comporta il consolidamentoe il rafforzamento di un’industria e di un sistema dei servizi aperti aivalori della competizione e dell’innovazione tecnologica a partire dalleproprie specificità produttive. Inoltre, un’industria qualitativamenteelevata radicata nel territorio e un capitale umano sempre più compe-titivo sono di fondamentale importanza per un maggiore e duraturosviluppo locale nel Mezzogiorno.
1.4.4 Comparazione tra Regioni Obiettivo 1 e Regioni del Centro -Nord
Per avere un quadro di insieme del divario tra le Regioni appartenentialle aree Obiettivo 1 e le Regioni del Nord è stato effettuato un confrontosocio–economico tra le Regioni che nelle due aree presentano i valorimigliori e successivamente tra quelle che presentano i valori peggiori.
Il primo confronto è tra la regione Sardegna e il Trentino Alto Adige,Regioni queste ultime che hanno il valore più alto nelle rispettive aree,del reddito disponibile pro-capite, valore che evidenzia una vitalità eco-nomica delle due Regioni.
È possibile notare una situazione economico - demografica di par-tenza molto simile, in quanto si registrano valori analoghi dell’indice dipopolazione (19-32 anni) e dell’indice di struttura della popolazioneattiva dal lato demografico e della forza lavoro, della spesa delle famigliee del tasso di natalità lorda delle imprese.
A tali indici se ne contrappongono altri che presentano enormi dispa-rità come ad esempio gli investimenti fissi lordi, il tasso di occupazionea bassa scolarizzazione, il tasso di disoccupazione di lunga durata, iltasso di lavoro nero, le assunzioni previste laureati, il peso delle indu-strie e le assunzioni previste in generale.
Le motivazioni di queste differenze trovano fondamento nel fattoche il comparto economico industriale del Trentino risulta essere piùsviluppato e competitivo rispetto a quello della Sardegna, il che compor-ta una maggiore capacità e nello stesso tempo semplicità di cooptareforza lavoro.
Una criticità: in Sardegna, pur avendo un reddito disponibile pro-capite di gran lunga inferiore a quello del Trentino e altri indici che nelconfronto non risultano essere positivi, la spesa delle famiglie è supe-riore a quella del Trentino; cosa questa che può trovare una possibilespiegazione nel valore del tasso di lavoro nero che in Sadegna risulta es-sere quasi il doppio in del Trentino. Per gli effetti e le conseguenze di ta-le indice si rimanda ai paragrafi precedenti.
134
CAPITOLO 1
Elaborazione diun modello di
lettura
Altro confronto effettuato è quello tra le due Regioni che nel Nord enelle aree Obiettivo 1 presentano la peggiore situazione economica.Queste Regioni dal punto di vista del reddito disponibile pro-capite ri-sultano essere il Veneto e la Basilicata. In questo caso le differenze, ri-spetto alla situazione analizzata in precedenza, si acuiscono. Infatti, la re-gione Basilicata, a differenza delle altre Regioni analizzate, non rap-presenta certamente un polo di attrazione, anzi i giovani cercano ditrovare altrove la possibilità di inserirsi nel modo lavorativo. Inoltre, dalconfronto risulta che in Basilicata ci sono valori di tasso di lavoro neroe investimenti fissi lordi molto distanti da quelli del Veneto. A differen-za del confronto la spesa delle famiglie in Basilicata è quasi nulla ri-spetto a quella del Veneto, probabilmente a causa di diffuse perché viè una enorme difficoltà economico e sociali.
1.4.5 Sintesi delle caratteristiche delle determinanti socio-economiche dei flussi di mobilità
Per analizzare in maniera più approfondita il fenomeno della mobi-lità geografica sono state monitorate le determinanti che stigmatizzanomaggiormente il dinamismo dei flussi migratori. La metodologia adope-rata si è basata sull’individuazione delle possibili variabili di rotturache alimentano la consistenza dei movimenti migratori.
Le analisi statistiche effettuate (modello di regressione multipla)hanno evidenziato empiricamente tra i maggiori fattori di espulsione iltasso di disoccupazione di lunga durata. Di contro, si segnala tra le de-terminanti che rientrano nei fattori di attrazione, il tasso di natalità lor-da delle imprese.
Si evince che la mobilità in uscita risulta maggiore nelle ripartizioniregionali con un’elevata incidenza della disoccupazione di lunga dura-ta: ciò è dovuto alle difficoltà dell’intero sistema economico produttivodell’area considerata di cooptare forza lavoro. In tal senso, i flussi dimobilità sono più dinamici quanto più ampia risulta la forbice della di-soccupazione di lunga durata tra le Regioni del Nord e del Sud. La se-conda determinante, costituita dai tassi di natalità lorda delle imprese,alimenta degli andamenti inversi: infatti, nelle Regioni caratterizzateda una maggiore incidenza della natalità delle imprese, si segnala unaconsistente contrazione dei flussi in uscita e di conseguenza un buon di-namismo dei movimenti migratori in entrata, il tutto dovuto ad unacrescita più elevata del comparto socio-economico. Inoltre, questearee sono agevolate da un forte sviluppo industriale ad alto livello tec-nologico, sempre più richiesto dal mercato nazionale ed internaziona-
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LA MOBILITA’ DEI GIOVANI ITALIANI DELLE REGIONI OBIETTIVO 1
Comparazionetra RegioniObiettivo 1 eRegioni delCentro - Nord
le e conseguenza di una maggiore competenza acquisita da parte delnuovo imprenditore che ha un titolo di studio sempre più elevato(46,3% diploma superiore e 21,5% laurea).
Nel Sud ed Isole, invece, a differenza delle altre Regioni italiane, si ini-zia un’attività per far fronte alla disoccupazione, oppure ad un lavoronon ritenuto soddisfacente e si fa ricorso agli aiuti pubblici o di familia-ri, con scarsa diffusione del credito con e senza garanzie.
Inoltre, come ribadito le imprese il cui settore economico richiedeun titolo di studio più elevato, sono collocate maggiormente nelleRegioni centro – settentrionali.
Tutto ciò conferisce maggiore rilevanza al modello formulato e con-ferma che i flussi migratori, essendo formati per lo più da capitaleumano, arricchiscono le aree di destinazione (Centro-Nord) contri-buendo alla loro ulteriore crescita economico – sociale e impoverisco-no le aree del Mezzogiorno da cui provengono, rendendole sprovvistedella futura classe dirigente. Per evidenziare il divario esistente tra leRegioni appartenenti alle aree Obiettivo 1 e le Regioni del Nord, si èeffettuato, poi, un confronto socio–economico tra le Regioni che nelledue aree presentano i valori migliori (Sardegna e Trentino Alto Adige) etra quelle che presentano i valori peggiori (Basilicata e Veneto).
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CAPITOLO 1
Sintesi dellecaratteristiche
delledeterminanti
socio-economiche deiflussi di mobilità
LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE
Il fenomeno della mobilità può essere al contempo causa ed effet-to delle condizioni socio-economiche di determinate aree geografiche.
Pertanto, nelle prossime pagine si cercherà di approfondire il ruolo delcapitale umano nei processi di crescita e sviluppo per comprenderemeglio l’incidenza di suoi trasferimenti territoriali e riflettere, dunque,sull’adeguatezza delle politiche oggi in atto sulla mobilità.
Le analisi empiriche realizzate negli ultimi anni hanno fatto emer-gere i limiti delle impostazioni teoriche orientate a valutare la cresci-ta economica attraverso la definizione dei fattori economici di naturaquantitativa (Pil; capitale fisico; forza lavoro). Così, si sono semprepiù affermati quegli approcci che puntano sull’analisi dei fattori dicrescita qualitativi ed extraeconomici quali: il capitale umano, gli inve-stimenti realizzati, il livello di modernità delle istituzioni, etc..
Nel corso degli anni si è andata sempre più affermando la convin-zione che la crescita economica dipenda da una combinazione di di-namiche interagenti, che derivano dalla relazione virtuosa tra le deter-minanti quantitative ed i fattori qualitativi.
Il capitale umano ha così assunto un ruolo centrale nelle teoriedella crescita e dello sviluppo economico, fino ad alcune ricercheempiriche che ne riconoscono la centralità.
Le misurazioni di tale fattore sono diverse e pur sempre parziali,poiché si tratta di quantificare un elemento prevalentemente qualita-tivo, per esempio oltre a valutare quantitativamente gli anni di istru-zione della forza lavoro occorre utilizzare misure che ne valutino inqualche modo la qualità intrinseca.
Alcune proxy per misurare la qualità dell’istruzione utilizzate sono:spesa in istruzione; rapporto studenti/insegnanti; spesa in salari pergli insegnanti.
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Di seguito si presenta un breve excursus sulle teorie ed i modelliche si soffermano sul ruolo del capitale umano nei processi di cresci-ta economica e sviluppo locale per arricchire la lettura del fenomenoattuale della mobilità del Mezzogiorno nei nostri giorni, per poi passa-re ad una breve ricognizione delle politiche in atto sulla mobilità a li-vello europeo, nazionale e regionale.
2.1 Il capitale umano nei processi di crescita economica e sviluppo locale
2.1.1 Crescita economica e sviluppo
Volendo dare una definizione del capitale umano e considerare ilsuo ruolo nei processi di crescita economica e sviluppo occorre fareun’opportuna distinzione tra questi ultimi due temi.
Solitamente la crescita economica è intesa sotto il profilo quantita-tivo ed i suoi benefici ed effetti si traducono in processi di sviluppo va-riamente intesi. E’ pur vero, però, che il collegamento tra i due aspettinon è scontato; infatti, in presenza di un trend di crescita non è detto chesi inneschi un conseguente trend di sviluppo. Si consideri, ad esempio,la crescita del PIL che non indica necessariamente incremento del be-nessere, bensì uno strumento utile ad acquisirlo. Una riflessione, dun-que, nasce spontanea pensando alle società post-industriali, nellequali gli aspetti quantitativi della crescita economica si accompagnanoa quelli prevalentemente qualitativi dello sviluppo sociale, politico, ter-ritoriale e ambientale.
La crescita economica si riferisce alla capacità di un sistema eco-nomico di produrre ed accrescere la disponibilità di beni e servizi afavore dei fabbisogni della popolazione; supponendo un incrementonel tempo di tale disponibilità in funzione della crescita della popola-zione. La crescita economica dipende da numerosi fattori e da unacomplessità di eventi interagenti. Attualmente le teorie sulla crescita58
prendono in considerazione fattori squisitamente economici accanto adelementi extra-economici ed istituzionali. Solitamente le teorie eco-nomiche “classiche”59 sulla crescita puntano su interventi ad hoc voltia determinare l’incremento della produttività del capitale fisico e del-
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58 Tra le prime si può risalire ad Adam Smith che nel 1774 pubblicò il primo trattato dell’eco-nomia moderna dal titolo “Un’indagine sulle cause della ricchezza delle nazioni”.
59 Le teorie della crescita economica iniziano con gli economisti classici della rivoluzione in-dustriale (D. Ricardo), riprese tra il 1940-50 da economisti del calibro di R.F. Harrod, R. Nurkse eR.M. Solow.
la forza lavoro al fine di innescare la cosiddetta “convergenza condi-zionale”60. Purtroppo, però, l’evidenza empirica ha messo in luce i limi-ti di quanti teorizzavano una crescita economica stimolata da fattorieconomici classici, pertanto, nell’ultimo decennio hanno assunto ri-lievo, tra le determinanti della crescita, nuovi e più complessi fattori. Sitratta, innanzitutto, di puntare su investimenti (infrastrutture; teleco-municazioni) che generano un incremento della produttività dell’in-tero indotto economico garantendo un tasso di crescita duraturo gra-zie alla virtuosa interazione tra il capitale fisico ed il progresso tecnico.Accanto a questo tipo di investimenti si annoverano, poi, quelli in ca-pitale umano, ritenuti ormai di rilevanza strategica per l’evoluzionedei sistemi economici. Si tratta, infatti, di impiegare risorse in grado diannodare la produttività al capitale umano, inteso come coacervo dicultura, competenze e conoscenze. La scoperta dell’importanza deifattori immateriali nei processi di crescita61 ha ampliato la visione el’approccio interpretativo dei percorsi evolutivi considerati, aprendola strada ad un concetto ampio e vasto di sviluppo che focalizza gli in-terventi previsti in un’ottica di maggiore capillarità, e offrendo una let-ture di più ampia diffusione sociale in grado di fondere fattori quanti-tativi ed elementi qualitativi.
In sintesi, nell’affrontare gli aspetti dinamici del processo econo-mico si ricorre, solitamente, alla distinzione tra crescita economica e svi-luppo economico. Nel caso della crescita economica, si valuta la pos-sibilità di enucleare fenomeni in grado di alimentare teorie che af-frontano l’evoluzione dei sistemi economici dal punto di vista squisita-mente quantitativo, nel senso di creazione di ricchezza. Quando allacomponente quantitativa si affiancano elementi qualitativi di maggio-re complessità, si è in grado di parlare di sviluppo economico62.Seppure, la distinzione tra i due aspetti non assuma affatto nella real-tà una connotazione tanto netta da inibirne del tutto le reciprocheimplicazioni.
In particolare, nel 1990 le Nazioni Unite – pubblicando il primoRapporto sullo sviluppo umano – hanno proposto un nuovo approccioal tema dello sviluppo richiamando la teoria degli entitlements di
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Crescitaeconomica esviluppo
60 Teorizzata da Solow, secondo il quale, i Paesi con basso PIL pro-capite dovrebbero regi-strare una crescita più veloce, rispetto a Paesi con PIL pro-capite maggiore, poiché nei primi laconvenienza a risparmiare ed investire è maggiore che nei secondi.
61 Oltre al capitale umano sono numerosi i fattori di crescita alternativi che le nuove teorie eco-nomiche individuano: saggio di investimento; livello di democrazia, lo Stato e le sue Istituzioni; fat-tori finanziari; grado di apertura dell’economia; capitale sociale.
62 P. Palazzi, “An index for sustainable development”, Moneta e credito, vol. LVII, no. 226, (incollaborazione con Enrico Casadio Tarabusi). Università degli Studi di Roma “La Sapienza”,Dipartimento di Scienze Economiche, Economia dello Sviluppo.
Amartya Sen63. Con l’introduzione dell’Indice di Sviluppo Umano(ISU)64 lo sviluppo viene misurato in un nuovo modo inteso come“processo di ampliamento delle possibilità di scelta della gente”.Infine, è opportuno chiarire che il concetto di sviluppo si arricchisceanche di una connotazione locale la cui caratteristica principale è lacapacità di catturare opportunità che dipendono certamente da fatto-ri agglomerativi inseriti in un contesto ampio e ramificato di relazioniin un ambito ed in una dimensione territoriale65.
2.1.2 Il capitale umano: definizione e metodi di calcolo
Solo in tempi relativamente recenti si è approfondito il tema del ca-pitale umano nell’ambito delle teorie economiche.
Il capitale umano viene incluso nelle risorse economiche insiemecon l’ambiente ed il capitale fisico. Mentre, però, il capitale fisico è co-stituito da beni capitali e mezzi di produzione, il capitale umano è l’in-sieme delle facoltà e delle risorse umane quali la conoscenza, l’istru-zione, la formazione e le capacità tecniche.
Intorno agli anni ’70 e ’80, alla luce dei fallimenti dei processi di in-dustrializzazione in vaste aree del pianeta, si è messa in evidenza l’im-portanza del fattore umano nel mettere a frutto le potenzialità econo-miche delle risorse disponibili: e il capitale fisico altro non è che un in-sieme di beni realizzati dal lavoro umano. Il capitale umano, dunque, èquello che si accumula attraverso investimenti in istruzione e forma-zione al fine di accrescere la produttività futura del lavoro.
Occorre, però, fare un passo indietro per comprendere i vari ap-procci nella valutazione e misurazione del capitale umano. Il primoeconomista classico che introdusse il termine di capitale umano fuAdam Smith, suggerendo un parallelismo tra gli uomini e le macchineproduttrici: le risorse economiche impiegate per produrre le macchinenon erano da meno rispetto ai costi sostenuti per l’educazione degliuomini; pertanto, entrambe le grandezze rientravano nel calcolo della
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Crescitaeconomica e
sviluppo
63 A. Sen (1981), “Poverty and famines: an essay on entitlements and deprivation”, ClaredonPress, Oxford. Secondo la teoria degli entitlements lo sviluppo desiderabile è quello che consen-te a ciascuno l’effettiva acquisizione delle risorse determinate, oltre che dal reddito, dall’esisten-za di meccanismi istituzionali e politici idonei.
64 L’Indice di sviluppo umano (in inglese: HDI-Human Development Index) è un indicatore disviluppo macroeconomico realizzato dall’economista pakistano Mahbub ul Haq nel 1990. È statoutilizzato, accanto al PIL (Prodotto Interno Lordo), dalle Nazioni Unite a partire dal 1993 per valu-tare la qualità della vita nei paesi membri. Tra gli aggregati ponderati troviamo: speranza di vita al-la nascita; tasso alfabetizzazione; valore reale reddito pro capite; indice libertà politica; indice svi-luppo di genere.
65 Zaninotto E. (2004), a cura di, Dimensione d’impresa, demografia industriale e occupa-zione in Trentino, Ed. Trentuno, Trento.
ricchezza nazionale. Successivamente furono numerosi gli studiosi66
stimolati da tali riflessioni, ma la creazione di un impianto teoricoomogeneo sul tema riceve tuttora interessanti contributi.
Tra i maggiori autori contemporanei, Becker (1964) teorizza sulledeterminanti economiche che influenzano il diverso processo di accu-mulazione del capitale umano. Mentre Lucas (1988), nel suo modello,evidenzia lo stretto collegamento tra il processo di crescita endogeno el’accumulazione di saperi e conoscenze, attraverso una dinamica checonsente lo sviluppo e l’evoluzione dei sistemi produttivi e dei tassi dicrescita economica senza l’intervento delle determinanti esogene. Leteorie di Lucas sono avallate anche dall’impianto teorico proposto nel1986 da Romer che considera l’incremento della conoscenza qualeelemento determinante dello sviluppo economico: i processi di accumu-lazione di capitale umano derivano dagli stessi processi di produzione.
In tale scenario si evidenzia come il sistema educativo sia uno stru-mento di selezione degli individui volto a generare, nel percorso di ac-cesso al mercato del lavoro, delle dinamiche competitive tra gli attori so-ciali. In tale prospettiva, A. Weiss (1995) sottolinea come l’investimen-to in istruzione generi un aumento esclusivo del solo capitale umano.
In sintesi, nel corso del ventesimo secolo le teorie sul capitale uma-no ne hanno valutato l’impatto in termini di sviluppo economico, glieffetti sul livello salariale, il tipo di competenze necessarie per accre-scerlo (Lovaglio, 2004); ciò a conferma che “il capitale umano acquisi-bile attraverso l’istruzione e la formazione (nella famiglia, scuola e lavo-ro) sia alla base di tutte le teorie che cercano di spiegare la crescitaeconomica”67.
In particolare, la stima quantitativa del capitale umano annovera tra iprincipali contributi due metodi di calcolo del valore monetario dell’uomo:
• retrospettivo: stima del costo di allevamento dell’uomo dalla na-scita fino all’età di ingresso al lavoro68;
• prospettivo: stima del valore monetario dell’uomo attraverso ladeterminazione del valore attuale dei redditi futuri69.
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Il capitaleumano:definizione emetodi di calcolo
66 Tra i quali: Bentham, Mill, Marshall, Petty, Fisher.67 P.Lovaglio, G. Vittadini, “Il concetto di capitale umano e la sua stima”.68 Principale teorico del metodo retrospettivo è E. Engel (1883) che equipara il valore mone-
tario dell’uomo al suo costo di produzione, ovvero alle spese sostenute fin dalla nascita.69 I principali contributi al metodo prospettivo si devono a: W. Petty (1690) che considerò il ca-
pitale umano nazionale dato dalla rendita perpetua del reddito da lavoro nell’arco della vita ad uncerto tasso di interesse; W. Farr (1853) propose il metodo di capitalizzazione dei redditi; Dublin eLotka (1930) riprendendo Farr pervennero alla stima del valore monetario dell’uomo in base allastima monetaria del valore attuale dei redditi futuri (VARA) al netto dei consumi attesi (CEA) da cuila stima del capitale umano lordo e netto.
Si tratta di metodi non privi di limiti ed errori e pertanto opportuna-mente riletti negli anni successivi alla loro formulazione.
Infatti, il metodo retrospettivo “non tiene conto del ritorno sui reddi-ti”70, mentre nell’approccio prospettivo si evidenzia70 il limite di “nonconoscere stime future del flusso di redditi da lavoro oltre al fatto chenon considera l’investimento in istruzione e in professionalità; pertan-to, in entrambi i casi non si chiarisce il problema della stima e distribu-zione del capitale umano”71.
La Scuola di Chicago (Mincer, 1958; Becker, 1962), nella secondametà del ventesimo secolo, riconsiderò le teorie sul capitale umano ri-conoscendolo quale fattore in grado di determinare il livello della pro-pria retribuzione e quindi della crescita economica nell’intero processodi produzione72. Purtuttavia, tale approccio lascia aperta la questionerelativa alla valutazione quantitativa del capitale umano considerato intermini di anni di scolarità ed esperienza lavorativa73.
Successivamente, molti altri autori (Solow, 1957; Benhabid eSpiegel, 1994; Abramovitz, 1991; et al.) hanno evidenziato la centralitàdel capitale umano nella determinazione della ricchezza nazionale, la-sciando irrisolto il problema della sua stima e considerandolo semprequale numero indice dello stock educativo della popolazione. Ad in-trodurre la valutazione del capitale umano dal punto di vista quantita-tivo è Dagum che, prendendo le mosse dalla relazione economica esi-stente tra crescita economica e capitale umano74, indica questo ultimoquale elemento fondamentale per la definizione del reddito e dellaricchezza familiare e/o individuale75. Da qui la definizione disaggregatache tiene conto dell’investimento e del suo ritorno76 in capitale umanoquale “costrutto multidimensionale non osservabile generato dall’in-vestimento in istruzione, formazione ed esperienza sul lavoro e da fat-tori personali e ambientali tale da produrre un aumento della capacitàlavorativa misurabile dall’incremento di reddito da lavoro nel ciclo vi-
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Il capitaleumano:
definizione emetodi di calcolo
70 In P.G.Lovaglio, G. Vittadini, “Il concetto di capitale umano e la sua stima”, § 4 “Discussione”.71 In C. Dagum, P.G. Lovaglio, G. Vittadini, “IL capitale umano in Italia: analisi della distribuzione”.72 “Secondo la Scuola di Chicago produttività e qualità del lavoro sono variabili endogene che di-
pendono dal talento, dall’istruzione e dall’esperienza del lavoratore”, in C. Dagum, P.G. Lovaglio G.Vittadini, “Il capitale umano in Italia:analisi della distribuzione”.
73 Nella funzione (f) dei guadagni della Scuola di Chicago il reddito da lavoro dell’i-esimo lavo-ratore è pari a: yi=f(si, ji, Zi)+ui, dove: si= anni di scolarità; ji= anni di esperienza di lavoro; Zi= insie-me di variabili individuali; ui= errore casuale.
74 Romer (1986, 1989), teorizza la “crescita endogena” con capitale umano secondo cui la pro-duttività è determinata endogenamente dalla crescita del CU, dall’attività di R&S e da varie modalitàdi apprendimento.
75 La funzione generatrice del reddito (FGR) di Dagum spiega il reddito da lavoro del lavoratore(yi) come funzione del CU (hi) e della ricchezza (ki) più un errore casuale (ei). Quindi si avrà:yi=wihi+piki+ei che esprime una relazione positiva diretta tra reddito e CU e tra reddito e ricchezza.
76 Individuata nel 1996 da Dagum e Vittadini.
tale”. Tale definizione (dall’approccio squisitamente statistico) fonde idue fattori costituenti il capitale umano (“formativi” e “riflessivi”)77 por-tando ad una visione della variabile indagata in termini di reddito dalavoro derivante dall’investimento in capitale umano.
Verificata, così, la relazione esistente in termini teorici tra reddito e ca-pitale umano l’attenzione della ricerca teorica prosegue focalizzandosi,appunto, sul processo di accumulazione di tale variabile, ricoprendoun ruolo centrale nell’ambito di un’economia/società della conoscen-za, sia per lo sviluppo economico che umano e sostenibile dei sistemiterritoriali.
Come già indicato, in questa sede non interessa proporre un ulte-riore modello di lettura del capitale umano nei processi di crescita esviluppo, quanto piuttosto comprenderne i trasferimenti, quindi i flus-si di mobilità costretta, valutandone gli effetti che possono determi-narsi in aree in ritardo di sviluppo come il Sud d’Italia.
Tra le diverse realtà economiche e sociali, certamente, una partico-lare attenzione merita lo scenario che caratterizza la macroregione delMezzogiorno d’Italia.
Una realtà piena di contraddizioni, ma ricca di opportunità e poten-zialità. Tra queste il capitale umano di cui dispone il Sud rappresentauna indubbia risorsa che in questa sede viene misurata utilizzando leproxy dei tassi di scolarizzazione e dei titoli di studio a medio alta qua-lifica detenuti dalla forza lavoro, proprio al fine di dare enfasi a quelprocesso di mobilità territoriale e, soprattutto, alla considerazione cheuna perdita di capitale umano si traduca necessariamente in una per-dita in termini di crescita e sviluppo dell’intero indotto economico ter-ritoriale.
In tal modo si è tenuto conto del tasso di scolarizzazione quale va-riabile di flusso la cui variazione può essere considerata in prima ap-prossimazione un’accumulazione di capitale umano.
Ma, bisogna chiarire, che non necessariamente il tasso di scolariz-zazione è anche indice di conseguimento del titolo di studio78. Perquesto motivo, si è valutato anche il livello di istruzione dei cancellati einfine si è tenuto conto del capitale umano incorporato nella forza lavo-ro (stock).
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77 Gli “indicatori formativi” sono grandezze quali-quantitative (anni scolarità, anni esperienzalavorativa, condizioni di salute, stato civile, genere, regione appartenenza, età, ampiezza demogra-fica comune appartenenza, ricchezza, debito familiare, status sociale); gli “indicatori riflessivi”so-no costituiti dai redditi da lavoro.
78 Dal momento che non tutti gli iscritti giungono a conseguire, per svariate motivazioni, il ti-tolo di studio.
2.1.3 Il peso del capitale umano nei processi di crescita e sviluppo
La relazione tra capitale umano, crescita e sviluppo è studiata edanalizzata da tempo ricevendo numerosi contributi, in particolare nel-l’ambito della teoria della “crescita endogena”. Si tratta di impostazioniche se da un lato hanno un fondamento teorico, dall’altro non semprericevono conforto dall’analisi empirica.
E’ certamente assodato che la dotazione di capitale umano rappre-senti una delle componenti e delle determinanti fondamentali neiprocessi di crescita e di sviluppo delle economie avanzate ed in via diespansione. Tuttavia, la controversa relazione causale fra le due variabi-li non è del tutto chiara. Per comprendere l’influenza esercitata dal ca-pitale umano nei processi di crescita economica è importante riper-correre il ruolo assegnato al capitale umano nelle teorie della crescita.
Il primo modello moderno di teoria della crescita è stato sviluppatoda Solow79 negli anni cinquanta che ha teorizzato (in una fase di cresci-ta equilibrata e stabile) un tasso di crescita del prodotto e dei fattoriproduttivi costante nel tempo e influenzato da fattori non controllabilieconomicamente come l’andamento della popolazione o le scopertescientifiche e tecnologiche80.
In tal senso l’accumulazione di capitale sarebbe consentita solo infasi di aggiustamento, ma è pur vero che realtà economiche diverseregistrano un andamento differente dei fattori esogeni e, pertanto, di-versi tassi di crescita. Questo fenomeno è spiegato dallo stesso Solowcome un posizionamento delle singole economie lontano dal sentierodi crescita in equilibrio. L’analisi empirica, però non è riuscita a spiega-re la variabilità dei tassi di crescita, individuando l’esigenza di ampliareil concetto di capitale così da arricchirlo con elementi ancora non spie-gati. In tale contesto elaborativo si affianca alla visione del capitale fisi-co tradizionalmente inteso una componente nuova ed immateriale,quale il capitale umano - al quale si associano le conoscenze scientifi-che e tecnologiche - frutto di un investimento in grado di accrescere la
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79 Per teoria neoclassica della crescita si fa riferimento principalmente al modello di RobertSolow (1956). Per le implicazioni di politica economia della nuova teoria della crescita, si vedanoi lavori di: Scott M.F.(1992); Shaw K.G. (1992).
80 Il modello neo-classico della crescita economica di Solow permette di separare le deter-minanti della crescita in variazioni positive di input (lavoro e capitale) e progresso tecnologico.Con l’impiego del suo modello, Solow calcolò che circa quattro quinti nella crescita marginaledell’output per unità di lavoro negli Stati Uniti era attribuibile al progresso tecnico. In “AContribution to a Theory of Economic Growth”, (QJE, 1956), spiega la crescita di un sistema eco-nomico partendo dalla seguente funzione di produzione aggregata: Y=F(K,AL)=Ka(AL) 1-a, 0< a>1, dove Y, K, L sono reddito, capitale e lavoro ed A rappresenta il livello tecnologico, con AL inte-so quali l’unità di “lavoro effettivo” ed il termine esponenziale inteso come l’incremento del pro-dotto netto pro-capite dovuto al progresso tecnico.
produttività del lavoratore così come il capitale fisico. Ma, a differenzadel capitale fisico, il capitale umano contribuisce costantemente allacrescita, indipendentemente dai propri livelli di accumulazione e co-me esito dell’interazione dei fattori interni al sistema economico consi-derato (da qui la definizione di crescita “endogena”). Nel 1988 RobertLucas, tra i maggiori esponenti della nuova macroeconomia classica81,confermò il suddetto impianto teorico individuando quale differenzasostanziale tra capitale fisico e umano la capacità del secondo di produr-re esternalità positive82. Si genera, in tal modo, un circuito virtuoso dalmomento che gli investimenti in capitale umano producono esternali-tà che a loro volta rappresentano incentivi addizionali alla realizzazionedi ulteriori investimenti in capitale umano; insomma, il capitale umanorappresenta l’input necessario per la sua stessa produzione. In tal mo-do il capitale umano genera un effetto moltiplicatore, interagendo conlo sviluppo delle conoscenze, diventa uno stimolo interno (endogeno)alla crescita del sistema economico di riferimento.
Il modello proposto da Lucas, dunque, differenziandosi dall’analisineoclassica, considera la centralità del capitale umano nel contribuirealla produzione totale sia come fattore produttivo accumulabile siacome esternalità positive che è in grado di generare. In sintesi, il capi-tale umano non solo è un fattore che da solo è in grado di determina-re crescita perpetua di un’economia (Lucas, 1988), ma interagiscecon altri fattori rilevanti come il progresso tecnico essendo l’unico fat-tore produttivo a determinare la tecnologia di produzione dello stesso(Romer, 1990). Infatti, nel 1992 Mankiw-Romer-Weil suggerisconol’introduzione del capitale umano nella funzione di produzione83,spiegando come in presenza di mercati di capitali globali e con rapida
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Il peso delcapitale umanonei processi dicrescita esviluppo
81 La Nuova Macroeconomia Classica si pone quale ambizioso obiettivo teorico la definizionedi un modello macroeconomico partendo da un approccio analitico di tipo microeconomico, os-sia una teoria macroeconomica microfondata (considerando impostazioni di tipo walrasiano:equilibrio economico generale, agenti individuali ottimizzanti, concorrenza perfetta). La NMC, a par-tire dalla seconda metà degli anni ’70, si sostituisce al monetarismo di prima generazione, propu-gnando l’inutilità e la dannosità dell’intervento dello Stato nell’economia. Si tratta di una scuola dipensiero che avanza critiche anche al keynesismo tradizionale. Maggiori esponenti della NMC so-no gli economisti R. Lucas, T. Sargent e N. Wallace.
82 Si parla di esternalità positiva quando all’attività (di produzione e/o consumo) di un sogget-to sono associati (come by-product) impatti positivi nei confronti di altri soggetti (imprese e/oconsumatori) e questi ultimi non pagano un prezzo pari ai benefici ricevuti. Alcuni esempi: alconsumo privato di formazione (studenti universitari) sono associati impatti positivi ricadenti sualtri soggetti (la società conta su un maggior numero di capitale umano); alla decisione di un’im-presa di attivare corsi di formazione sono associati effetti esterni positivi (disponibilità, in unacerta area di manodopera qualificata).
83 La funzione di produzione di Mankiw-Romer-Weil risulta essere: Y=F(K,H,AL)=Kα Hβ (AL) 1-α-β‚, 0< α +β‚>1, dove H è il capitale umano; adattando la funzione
di accumulazione di Solow (K=sY) al sistema si ha: K=sKY; H=sHY, con sH come frazione della po-polazione della scuola secondaria.
trasmissione della tecnologia, divergenze nell’ammontare di capitaleumano possono spiegare divergenze nei livelli di reddito pro-capite.Dalla valutazione delle analisi economiche fin qui considerate risultaevidente l’impatto positivo esercitato dal capitale umano sulla cresci-ta economica. E’ necessario, ovviamente, che il contesto economicoincoraggi gli investimenti della variabile in oggetto al fine di favorirnela capacità produttiva anche attraverso attività imprenditoriali e inno-vative ritenute strategiche per lo sviluppo. L’incremento di capitaleumano migliora la produttività del lavoro ricoprendo un ruolo impor-tante nella definizione dei percorsi di crescita, sebbene vi siano alcu-ne variabili decisive individuate dagli studiosi della materia. Si trattadi garantire un certo grado di apertura all’economia dell’area consi-derata, dal momento che il mercato dei settori esportatori consente, al-largandosi, una maggiore remunerazione del capitale umano dive-nendo attrattivo per la realizzazione di nuovi investimenti. E’, così,possibile affermare che il capitale umano rappresenta uno dei motoriper lo sviluppo economico, ma resta aperta la questione relativa alla ne-cessità di individuare le vere componenti dell’istruzione che parteci-pano realmente alla crescita. Empiricamente sono stati valutati gli ef-fetti economici dell’istruzione sia in termini microeconomici che ma-croeconomici. Sostanzialmente l’approccio micro84 riconosce il lega-me tra elevati livelli di istruzione e maggiori livelli di reddito, lasciandoaperta la questione relativa alle cause del fenomeno. Di contro, il se-condo tipo di approccio non individua soluzioni univoche relative allegame ipotizzato; infatti, l’istruzione determina la crescita economicasolo in concomitanza con altri aspetti istituzionali. E’ pertanto alquan-to complesso individuare le variabili in grado di definire il capitaleumano85 ovvero considerare possibili proxy86 che assumono un anda-mento differente in relazione alle diverse aree di riferimento.
Ciò chiarito e ritornando alla valutazione sulla esistenza di unaqualche relazione tra istruzione e crescita, parte della teoria87 sostie-ne che a determinare i fenomeni di evoluzione di un sistema econo-mico non partecipi tanto l’accumulazione di capitale umano quanto
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nei processi dicrescita esviluppo
84 L. Grazzini, A. Petretto, “Spesa pubblica per il welfare e crescita economica: una rassegna”,SIEP, Working Paper n.413, 2005.
85 Numero di anni di scuola; spesa pubblica in istruzione; tassi di scolarità (iscritti/popolazio-ne in età scolastica*100) o di maturità (esami di maturità con esito positivo/popolazione in età “giu-sta”*100).
86 Tasso alfabetizzazione (percentuale di popolazione con più di 15 anni in grado di leggeree scrivere. Nella classifica mondiale degli Stati per tasso di alfabetizzazione, data dal Rapportodelle Nazioni Unite sul Programma di Sviluppo 2005, l’Italia occupa il 43° posto, con un tasso pa-ri al 98,5%), diffusione di giornali, etc.
87 Benhabib & Spiegel, 1994.
lo stock in grado di assicurare livelli di istruzione più elevati e quindiapprocci innovativi rapidi ed efficaci. Si tratta di un risultato frutto diun confronto dei modelli disponibili: il modello Mankiw-Romer-Weil(1992) e quello Nelson-Phelps (1966). Nel primo il capitale umano èun fattore di produzione, nel secondo modello esso, invece, influiscedirettamente sulla determinazione del tasso di innovazione tecnolo-gica. Quindi, in MRW la crescita è definita, tra le altre variabili, dalla cre-scita del capitale umano, mentre in NPh dal suo livello. La differenzafondamentale sta nel fatto che in MRW l’istruzione offre benefici cor-renti, mentre in NPh il capitale umano produce effetti che si esten-dono nel tempo. Negli ultimi anni è poi tornata alla ribalta la tesi88 afavore dell’accumulazione di capitale umano quale elemento decisi-vo per innescare processi di crescita e, quindi, di miglioramento del-le istituzioni. L’evidenza empirica ha chiaramente mostrato comenell’ultimo trentennio i paesi che hanno registrato maggiore crescitasiano stati quelli con i più elevati tassi di scolarità [Checchi, 1999]; ilconfronto internazionale, però, è valutato cautamente89 dal momen-to che la relazione positiva tra istruzione e crescita è dimostrata per ipaesi con bassi livelli di istruzione, mentre per le altre aree la relazio-ne è inesistente ovvero inversa. In tal caso si ribalterebbe il nessocausale per cui sarebbe la crescita a stimolare maggiori livelli diistruzione90.
Focalizzando l’attenzione sulla situazione verificatasi nel nostropaese, autorevoli autori (Checchi et al., 1999) rilevano una relazione po-sitiva tra accumulazione di capitale umano e PIL, lasciando sfumato ilnesso causale. Più precisamente, Checchi chiarisce l’esistenza di una re-lazione non lineare tra le due variabili, pertanto la relazione è negati-va se il numero di diplomati sulla forza lavoro è al di sotto della sogliaminima ritenuta “efficiente” (pari a circa il 17%)91. Il superamento ditale soglia genera esternalità in grado di tradurre il percorso formativoindividuale in crescita complessiva per l’intero indotto economico diriferimento. Si tratta, dunque, di una impostazione in grado di giustifi-care i differenti margini di sviluppo raggiunti dalle diverse regioni ita-liane nel corso degli anni.
A dare una svolta decisiva alle considerazioni relativa al nesso esi-stente tra crescita e capitale umano, è intervenuta recentemente la
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LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE
Il peso delcapitale umanonei processi dicrescita esviluppo
88 Glaeser et al. (2004).89 Krueger e Lindahl, 2001.90 Bils & Klenow (2000). Secondo gli autori la crescita, riducendo il tasso di sconto, stimola la
domanda di istruzione.91 Valore superato in Italia solo a partire dagli anni Ottanta.
148
CAPITOLO 2
Banca d’Italia (2006) con uno studio decisivo92 che si sofferma sulruolo delle determinanti della produttività: R&S, capitale umano, in-frastrutture pubbliche.
I risultati dello studio mostrano l’esistenza di un equilibrio di lungoperiodo tra il livello93 di produttività e i tre tipi di capitale; e tra questi,il capitale umano risulta avere l’impatto più forte sul Fattore Totale diProduttività (TFP).
Infatti, il capitale umano, misurato sul livello di qualificazione deilavoratori, sembra avere l’impatto quantitativamente maggiore sullaproduttività regionale. Un suo aumento dell’1 per cento accresce laproduttività di circa 0,4 punti percentuali; un analogo incremento delcapitale investito nelle infrastrutture pubbliche innalza la produttivitàdi circa 0,1 punti. L’attività di R&S ha effetti sicuramente positivi, ma dientità relativamente inferiore agli altri fattori. In sintesi, la Bancad’Italia ci dice che è più utile destinare risorse all’istruzione, piuttostoche alle infrastrutture e alla R&S. Non è di poco conto.
2.2 La situazione nel Mezzogiorno
2.2.1 Il livello di istruzione dei cancellati
L’Italia, come dimostrano numerose recenti ricerche94, è fanalino di co-da per dotazione di capitale umano disponibile e, all’interno delPaese, il Mezzogiorno registra una posizione di ulteriore inferiorità ag-gravata da flussi in uscita della variabile in questione.In particolare, il livello di istruzione95 della popolazione adulta residen-te nelle Regioni Obiettivo 1 è costantemente al di sopra della mediaitaliana nel periodo 1995-2003 e del dato medio relativo alle altre re-gioni italiane, seppure tracciando un trend in flessione nel tempo (bilan-ciato, peraltro, dalla crescita della popolazione ad alta scolarizzazio-ne). Rispetto al 1995, il livello di istruzione nelle Regioni Obiettivo 1 si
Il peso delcapitale umano
nei processi dicrescita esviluppo
92 Raffaello Bronzini (Banca d’Italia) e Paolo Piselli (Banca d’Italia) “Determinants of long-runregional productivity: the role of r&d, human capital and public infrastructure “- “Determinantidella produttività regionale nel lungo periodo: il ruolo della ricerca e sviluppo, del capitale uma-no e delle infrastrutture” [Tema di discussione n. 597, settembre 2006].
93 Lo studio si focalizza sul livello delle variabili invece che sui tassi di crescita. Come hanno so-stenuto Hall e Jones (1999), l’indagine su tale livello può rappresentare un tema di ricerca moltopiù naturale, dato che le differenze nel livello di produttività o di reddito riflettono le differenze nelWelfare.
94 Tra gli studi di riferimento: ricerca comparativa internazionale EDEX (EducationalExpansion and Labour Market) finanziata dalla DGXII della Commissione Europea.
95 Percentuale della popolazione in età 25-64 anni che ha conseguito al più un livello diistruzione secondario inferiore.
riduce di 11,1 punti percentuali, mentre l’Italia ed il resto delle Regionidel paese perdono rispettivamente il 12,1% e il 12,6%, con ciò confer-mando una distanza positiva a favore del Mezzogiorno (+7,5%) – fatto-re che indica una incidenza maggiore della popolazione a bassa scola-rizzazione in tutta l’area del Sud.Nell’intervallo di tempo considerato sono la Basilicata e la Sardegna asegnare una flessione particolarmente significativa, contro un trend disostanziale conferma delle altre aree del Sud. Nel biennio 2004-2005 lacurva delle Regioni Obiettivo 1 continua a dominare in termini di livel-lo di istruzione della popolazione adulta rispetto al resto d’Italia96.
149
LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE
Il livello diistruzione deicancellati
96 Si tratta di dati non confrontabili con i precedenti a causa di modifiche nella classificazionedei titoli di studio nel periodo overlap (2003) tra le due indagini.
53,655,956,9
58,059,261,062,764,265,7
51,253,754,755,656,958,860,762,363,8 58,760,861,863,264,265,667,068,369,8
0,0
30,0
60,0
90,0
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003
Italia Regioni non Ob.1 Regioni Ob.1
Figura 60 - Livello d’istruzione popolazione adulta grandi ripartizionigeografiche. Serie storica 1995-2003
Fonte: Elaborazioni Isfol su dati Istat.
150
CAPITOLO 2
Passando ad analizzare il tasso di scolarizzazione superiore97 relativoalla popolazione di età compresa tra i 20 e i 24 anni che ha consegui-to almeno il diploma di scuola secondaria superiore, si evidenzia, nel pe-riodo 1995-2003, un trend inverso rispetto al precedente dato. Infatti,le Regioni Obiettivo 1 registrano un dato inferiore alla media italiana. Perle aree del Sud il tasso di scolarizzazione cresce di 15,2 punti percentua-li nella fase considerata, contro un incremento dell’indicatore riferitoalle altre regioni di circa il 12%.
Esplodendo il dato a livello regionale emerge un tasso di scolarizza-zione superiore nel biennio 2002-2003 per Calabria e Basilicata chemantengono il primato nel tempo. Fanalini di coda Puglia e Sardegna,contro un recupero registrato dalla Sicilia a partire dal 1998. Nel 2004e nel 2005 l’andamento dell’indicatore conferma il precedente orienta-mento, ferma restando l’impossibilità di confronto con i dati passati acausa della riclassificazione dei titoli di studio avvenuta a partire dal2003.
Il livello diistruzione dei
cancellati
97 Rapporto tra gli studenti iscritti al livello di istruzione considerato e la popolazione residen-te appartenente alla corrispondente classe teorica di età (per 100). Per la scuola secondaria supe-riore l’età teorica considerata è 14-18 anni, per l’Università è 19-25.
50,0
60,0
70,0
80,0
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003
Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna Italia
Figura 61 - Livello d’istruzione della popolazione adulta nelle Regioni Obiettivo 1Serie storica 1995-2003
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat.
151
LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE
Il livello diistruzione deicancellati
71,169,7
68,267,366,464,361,9
60,158,5
74,473,471,970,970,268,866,264,762,9
66,064,162,561,760,156,9
54,752,450,8
0,0
10,0
20,0
30,0
40,0
50,0
60,0
70,0
80,0
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003
Italia Regioni non Ob.1 Regioni Ob. 1 (escluso Molise)
Figura 62 - Tasso di scolarizzazione superiore grandi ripartizioni geograficheSerie storica 1995-2003
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat.
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
Italia
40,0
50,0
60,0
70,0
80,0
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003
Figura 63 - Tasso di scolarizzazione superiore nelle Regioni Obiettivo 1Serie storica 1995-2003
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat.
152
CAPITOLO 2
La domanda di lavoro in Italia e nelle Regioni Obiettivo 1, ha registra-to un tasso di variazione (2003/1996) di occupati per titolo di studio pa-ri a circa +9%. Sono cresciuti in Italia gli occupati in possesso di diplo-ma universitario e laurea breve (+71%), seguiti da coloro che hannoconseguito la maturità (+39%) e il dottorato di laurea (+37%). NelleRegioni Obiettivo 1 la domanda di lavoro si è focalizzata soprattutto afavore di occupati in possesso di diploma di maturità (+41%) e di diplo-ma universitario/laurea breve (+43%). In netta flessione il dato 2003,rispetto al 1996, se riferito, per entrambe le ripartizioni, agli occupaticon licenza elementare o privi di qualifica.
Spostando l’attenzione sul livello di istruzione di coloro che nel200398 hanno lasciato le Regioni Obiettivo 1 per una regione delCentro-Nord, circa la metà (48,2%) era in possesso di un titolo di stu-dio medio-alto (35,6% con diploma e 12,5% con laurea). Questo valeper tutte le Regioni Obiettivo 1, raggiungendo livelli particolarmenteelevati soprattutto per la Calabria (55,1%) e la Basilicata (54,1%), do-ve si registra anche il maggior numero di cancellati a medio alta scola-rizzazione. La presenza di individui a medio-alta scolarizzazione crescedi 6 punti percentuali nella composizione del flusso migratorio nelquinquennio 1999-2003, passando dal 42,2% (pari a 45.305 unitè)dell’anno iniziale al 48,2% nel 2003, (corrispondente ad un valore as-soluto di 46.850 unità). Scomponendo il dato per titolo di studio eleva-to si nota, però, la performance positiva (tasso di variazione +37,4%) deldato riferito ai possessori di laurea, mentre si contrae il flusso di diplo-mati presso le scuole medie superiori (tasso di variazione -4,9%), ri-calcando il trend complessivo e, dunque, l’andamento degli altri titoli distudio considerati.
Il livello diistruzione dei
cancellati
98 Ultimo dato ISTAT disponibile.
153
LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE
Il livello diistruzione deicancellati
36,6
26,6
71,5
42,939,3 41,2
16,723,1
0,1 3,5
-36,7 -32,3
9,6 9,4
-40,0
-20,0
0,0
20,0
40,0
60,0
80,0
DottoratoLaurea
Diploma Univ.Laurea Breve
Maturità Qualificasenza accesso
Licenza Media LicenzaElementare /nessun titolo
Totale
Italia Regioni Ob.1
Figura 64 - Tasso variazione occupati per titolo di studio(2003 su 1996)
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat
-15,4-20,1
-4,9
37,4
-9,3
-30,0
-20,0
-10,0
0,0
10,0
20,0
30,0
40,0
Nessuntitolo/lic.
elementare
Diploma mediainferiore
Diploma mediasuperiore
Laurea Totale
Figura 65 - Tasso variazione cancellati con più di 14 anni dalle Regioni Obiettivo 1Per titolo di studio anno 2003 su 1999
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat
Complessivamente, la composizione percentuale dei cancellati dal-le Regioni Obiettivo 1, nel 2003, vede prevalere la percentuale di colo-ro che sono in possesso di diploma di media superiore. Significativa laquota (20,8%) di cancellati laureati registrata in Calabria, seguita daldato relativo alla regione Basilicata (16,1%); la Sicilia chiude la classifi-ca delle Regioni Obiettivo 1 con l’8,5% dei cancellati laureati.
Nell’arco di tempo considerato (1999-2003), dunque, la compo-nente migratoria più dinamica si conferma essere quella relativa ailaureati. Infatti, considerando il tasso di variazione delle cancellazioniper medio-alta scolarizzazione, esso risulta positivo (+3,4%) nel totaledelle Regioni Obiettivo 1, sostenuto soprattutto dalle performance diBasilicata (+11%) e Sicilia (+7%). In flessione il dato riferito alle regio-ni Sardegna (-1,6%) e Puglia (-1,3%). Dalla scomposizione del datoemerge il trend positivo e dinamico dei valori riferiti ai laureati, parti-
154
CAPITOLO 2
Il livello diistruzione dei
cancellati
0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50
1999
2003
1999
2003
1999
2003
1999
2003
1999
2003
1999
2003
1999
2003
Cam
pani
aPu
glia
Bas
ilica
taC
alab
riaSi
cilia
Sard
egna
TOTA
LEO
BIE
TTIV
O 1
Nessun titolo o licenza elementare Diploma media inferiore Diploma media superiore Laurea
Figura 66 - Cancellati dalle Regioni Obiettivo 1 con più di 14 anniPer titolo di studio e regione di origine - Anno 1999-2003 (valori percentuali)
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat.
colarmente significativo in Basilicata (+53,9%), Campania (+53,1%) eSardegna (+47,6%). Si riduce in tutte le regioni, eccetto che per laSicilia (+2,8%) il segmento dei cancellati in possesso di diploma discuola media superiore.
Considerando l’incidenza dei cancellati a medio-alta scolarizzazio-ne sul totale della popolazione in ciascuna delle regioni dell’areaObiettivo 1, emerge il netto primato della Calabria in quanto a regionedi origine di cancellati a medio alta-scolarizzazione: 41 emigrati verso leregioni del Centro-Nord ogni 10.000 abitanti, nel 2003, contro i 39 re-gistrati nel 1999. Seguono Campania e Basilicata con 26 laureati o di-plomati per 10.000 abitanti che abbandonano la propria residenza.Per la Puglia il dato scende a 24 cancellati (per 10.000 abitanti), men-tre Sicilia e Sardegna chiudono la classifica rispettivamente con 20 e17 cancellati ogni 10.000 abitanti.
Tra le principali regioni di destinazione: il Lazio, che registra, nel2003, il valore più alto dei migranti con un buon livello di istruzione(laurea e diploma di media superiore); la Lombardia e l’Emilia-Romagna.
155
LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE
Il livello diistruzione deicancellati
4,4
-4,5
53,1
-1,3
-10,2
34,2
11,1
-0,6
53,9
3,6
-6,7
26,5
7,42,8
30,5
-1,6
-10,3
47,6
3,4
-4,9
37,4
-20,0
-10,0
0,0
10,0
20,0
30,0
40,0
50,0
60,0
Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna Totale
diploma media superiore laureamedio-alta scolarizzazione
Figura 67 - Tasso di variazione cancellati a medio – alta scolarizzazione nelleRegioni Obiettivo 1. (anno 2003 su 1999)
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat.
156
CAPITOLO 2
La presenza di capitale umano nell’ambito delle Regioni Obiettivo1 è certamente riconducibile agli elementi caratterizzanti la domanda el’offerta del mercato dell’istruzione e del lavoro.
Dal lato dell’offerta di istruzione sembra plausibile prendere in con-siderazione la scarsa diffusione di centri universitari presenti nelMezzogiorno, tale da indurre lo spostamento degli studenti residenti,con ciò incidendo significativamente sull’ammontare degli investi-menti in capitale umano registrato nel Sud Italia.
Di contro, la domanda di istruzione nell’area Obiettivo 1 è decisa-mente caratterizzata da un diffuso fenomeno di vischiosità della mobi-lità intergenerazionale (mobilità sociale) che di fatto lega il titolo distudio dei padri a quello dei figli. Infatti, nel Mezzogiorno l’avanza-mento sociale legato all’acquisizione di titoli di studio superiori a quel-
Il livello diistruzione dei
cancellati Regioni Cancellati medio-alta Popolazione Cancellati medio-altaObiettivo 1 scolarizzazione scolarizzazione ogni
10.000 abitanti1999 2003 1999 2003 1999 2003
Campania 14.019 14.639 5.722.364 5.725.098 24,5 25,6Puglia 10.002 9.873 4.042.028 4.023.957 24,7 24,5Basilicata 1.374 1.527 603.546 596.821 22,8 25,6Calabria 7.876 8.158 2.040.988 2.007.392 38,6 40,6Sicilia 9.118 9.794 5.003.447 4.972.124 18,2 19,7Sardegna 2.915 2.868 1.641.918 1.637.639 17,8 17,5OBIETTIVO 1 45.304 46.859 19.054.291 18.963.031 24,7 23,8
Tabella 38 - Incidenza cancellati a medio-alta scolarizzazione su totale popolazione RegioniObiettivo 1. (per 10.000 abitanti)
Fonte: Elaborazioni Isfol su dati Istat.
Regioni Obiettivo 1 Numero Atenei Numero sedi universitarieTotale di cui statali Totale di cui statali
Nord 35 23 41 43Centro 31 21 29 30Campania 8 6 7 8Puglia 5 4 6 6Basilicata 1 1 1 1Calabria 3 3 3 3Sicilia 4 3 4 4Sardegna 2 2 2 2Obiettivo 1 23 19 23 24ITALIA 89 63 93 97
Tabella 39 - Atenei, sedi universitarie per regioneAnno accademico 2004/2005
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Ministero dell’Università dell’Istruzione e della Ricerca.
157
LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE
li posseduti dai componenti della famiglia di origine risulta meno flui-do, rispetto alle regioni del Centro-Nord. Aprendo una finestra sulmercato del lavoro, risulta di facile evidenza l’incapacità da parte delsistema produttivo del Mezzogiorno di assorbire l’offerta di lavoro,sebbene vadano opportunamente considerate le tipologie di forma-zione richieste dalle imprese e come ciò interagisca con le scelte fami-liari in tema di istruzione.
2.2.2 Capitale umano e forza lavoro
Dall’analisi dello stock di capitale umano, rappresentato dal pesodella forza lavoro per titolo di studio, sul totale forza lavoro, per riparti-zioni geografiche, si evince che dal 2000 al 2005 si è registrato un dif-ferente orientamento verso la scolarizzazione che ha coinvolto tutto ilPaese.
Infatti, nell’intervallo di tempo considerato, si nota un incrementodella forza lavoro a medio-alta scolarizzazione, soprattutto nel seg-mento “laureati” (passati dal 12,4% del 2000 al 15,6% del 2005). Inparticolare, nel 2000 a prevalere, in tutte le ripartizioni considerate, è laforza lavoro in possesso di licenza elementare (39,2%); nel 2005, inve-ce, prevale la forza lavoro in possesso di diploma di scuola media supe-riore (38,9%), ad eccezione dell’area Obiettivo 1 dove resta una so-stanziale maggioranza della forza lavoro a bassa scolarizzazione(37,6%).
Il livello diistruzione deicancellati
peso fl peso fl peso fl peso flelementare media superiore laurea
2000ITALIA 39,2 13,9 34,5 12,4Nord 40,4 12,8 34,4 12,3Centro 35,7 12,6 38,0 13,7Obiettivo 1 40,0 16,5 32,0 11,5
2005ITALIA 36,0 9,5 38,9 15,6Nord 37,1 8,4 38,8 15,7Centro 31,7 7,8 42,6 17,9Obiettivo 1 37,6 12,5 36,1 13,8
Tabella 40 - Peso titolo di studio per forza lavoroAnni 2000 e 2005
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat.
La variazione del peso della forza lavoro relativa alla fascia a medio-alta scolarizzazione registra, nel periodo 2000-2005, un trend positivo(+4,4% forza lavoro diplomati; +3,2% forza lavoro laureati) in tutte leripartizioni geografiche considerate, a differenza della diffusa flessionedella variabile stimata in riferimento ai gradi di scolarità inferiore. Inparticolare, nelle aree Obiettivo 1, la variazione del peso della forza la-voro a medio-alta scolarizzazione sul totale forza lavoro, seppure posi-tiva (+4,1% foza lavoro diplomati; +2,2% forza lavoro laureati), risultacomunque al di sotto del dato nazionale.
Spostando l’attenzione sugli aspetti qualitativi caratterizzanti il capi-tale umano si considererà, quale proxy (diffusamente riconosciuta inletteratura), la spesa pubblica e privata per l’istruzione sostenuta nelperiodo 1995-2003. La spesa delle famiglie per l’istruzione, nel perio-do 1995 – 2003, subisce, nell’area Obiettivo 1, un incremento del33,7% – dato superiore alla variazione media nazionale che si attesta in-torno al 31%. La Calabria indica un incremento significativo della va-riabile (42,7%), mentre la variazione più contenuta, all’interno delleregioni del Sud, si evidenzia in Puglia (26,4%). Complessivamente, ilpeso della spesa delle famiglie per istruzione delle differenti ripartizio-ni, rispetto al dato nazionale, resta sostanzialmente invariato nel tem-po, vedendo una costante prevalenza del Nord, seguito dall’areaObiettivo 1 e, quindi, dalle regioni del Centro Italia.
158
CAPITOLO 2
Capitale umano eforza lavoro
-3,2-4,4
4,43,2
-3,3
-4,44,4
3,3
-4,0
-4,8 4,64,1
-2,3-4,0
4,1
2,2
-5 -4 -3 -2 -1 0 1 2 3 4 5
ITALIA
Nord
Centro
Obiettivo 1
elementari medie superiore laurea
Figura 68 - Tasso di variazione della forza lavoro per titolo di studio grandiripartizioni geografiche. (anno 2003 su 1999)
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat.
159
LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE
Capitale umano eforza lavoro
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
Cam
pani
a43
3,7
462,
245
9,5
480,
050
0,6
521,
953
3,1
541,
958
4,9
34,9
Pugl
ia25
9,7
264,
227
1,0
297,
830
3,7
308,
831
6,0
316,
832
8,3
26,4
Bas
ilica
ta44
,446
,746
,948
,551
,053
,154
,855
,659
,233
,3C
alab
ria15
9,9
173,
518
0,3
184,
319
6,2
204,
821
4,8
214,
222
8,3
42,7
Sici
lia34
6,5
360,
837
9,2
386,
141
2,4
418,
643
2,9
436,
346
0,6
32,9
Sard
egna
123,
213
0,5
136,
213
8,5
144,
115
1,9
155,
215
5,9
166,
835
,4O
biet
tivo
11.
367,
51.
437,
91.
473,
21.
535,
31.
607,
81.
659,
11.
706,
91.
720,
71.
828,
133
,7C
entr
o1.
202,
61.
246,
81.
284,
91.
311,
21.
379,
11.
417,
91.
461,
81.
477,
81.
563,
230
,0N
ord
3.00
9,4
3.15
5,1
3.25
0,1
3.32
2,4
3.46
1,7
3.58
3,8
3.70
0,6
3.71
5,6
3.93
3,7
30,7
ITA
LIA
5.71
2,0
5.97
9,0
6.15
8,2
6.31
7,3
6.60
6,0
6.82
4,5
7.03
8,3
7.08
4,8
7.50
6,2
31,4
Tabe
lla 4
1 - S
pesa
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1995
- 200
3 va
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li an
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t.
160
CAPITOLO 2
Dall’analisi effettuata sulla spesa pro-capite per l’istruzione per ri-partizione geografica, si evince un livello di spesa nelle Regionidell’Obiettivo 1 (96,4 euro annui) di gran lunga inferiore sia alla medianazionale (130,9 euro annui), che al dato relativo al Nord (152,6 euroannui) e al Centro (124,3 euro annui). In particolare, nelle areeObiettivo 1 la regione che spende maggiormente in istruzione è laCalabria (113,7 euro annui) seguita dalla Campania e dalla Sardegnarispettivamente con 102,2 e 101,8 euro annui.
Al contrario, registrano investimenti più contenuti la Puglia (81,6euro annui) e la Sicilia (92,6), mentre la Basilicata (99,2) ha un valo-re poco superiore al dato medio del Sud. Inoltre, dalle variazioni per-centuali della spesa per l’istruzione pro-capite, secondo la dimensionetemporale 1995 – 2003, si nota un maggiore dinamismo nelleRegioni dell’Obiettivo 1 (+34,5%) rispetto alle altre aree considerate(Nord +28,1%; Centro +29,5%). La regione con la più alta variazionepositiva nel Sud è la Calabria (+ 46,8%) seguita dalla Sardegna(+36,5%) e dalla Basilicata (+36,2). Mentre in Campania (+34,1%)ed in Sicilia (+33,8%) i valori sono molti vicini alla media segnalatanelle Regioni l’Obiettivo 1; in Puglia la variazione (+27,4%) subiscel’incremento minore.
Capitale umano eforza lavoro
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Obiettivo 1 Centro Nord
Figura 69 - Peso della spesa delle famiglie per l’istruzione grandi ripartizionigeografiche. Rispetto al dato nazionale in serie storica 1995 - 2003
Fonte: Elaborazione Isfol su dati Istat.
161
LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE
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Alla spesa per istruzione delle famiglia si aggiunge quella sostenutadalla pubblica amministrazione, con riferimento al periodo 1995-2002(ultimo dato disponibile). In tal caso l’incremento nelle aree delleRegioni Obiettivo 1 (+36,1%) è conforme a quello nazionale(+36,3%), tranne per la regione Basilicata dove il valore della variazio-ne (+33,8) è inferiore al dato nazionale, nonché al valore medio del-l’area Obiettivo 1. Anche in questo caso la variazione del peso dellaspesa per istruzione delle ripartizioni, rispetto al dato italiano, resta so-stanzialmente stabile nel tempo, vedendo una prevalenza dell’areaObiettivo 1 uguagliata nell’ultimo biennio considerato dal dato delNord. Nettamente al di sotto il valore riferito al Centro.
Dal confronto tra le due tipologie di spesa pubblica per istruzione(famiglie e amministrazioni pubbliche) si evidenzia in tutte le riparti-zioni un incremento della spesa pubblica per l’istruzione superiore aquello delle famiglie. Solo nel Centro le due variazioni si equivalgono re-gistrando un valore pari ad un incremento di circa il 30%. Nell’ambitodelle Regioni dell’Obiettivo 1 si hanno dei valori coerenti con i dati na-zionali tranne che per le regioni Calabria e Sardegna, dove si verificaun trend inverso: l’incremento della variazione della spesa delle am-ministrazioni pubbliche per l’istruzione è inferiore alla variazione dellaspesa sostenuta dalle famiglie.
162
CAPITOLO 2
Capitale umano eforza lavoro
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Obiettivo 1 Centro Nord
Figura 70 - Peso della spesa delle amministrazioni pubbliche per l’istruzionegrandi ripartizioni geografiche rispetto al dato nazionale in serie storica 1995- 2002
Fonte: elaborazione Isfol su dati Istat.
163
LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE
Capitale umano eforza lavoro
1995
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2.2.3 I flussi di mobilità delle Regioni Obiettivo 1: il “brain drain”
I processi migratori, così come evidenziato, hanno messo in luce nellafase di ripresa di questi ultimi anni una tendenza allo spostamento marca-tamente selettiva, caratterizzata da un flusso di competenze specifiche e dicapitale umano ad elevata scolarizzazione.
Nella fattispecie, la perdita di personale qualificato, a vari livelli, è defi-nita brain drain o drenaggio di competenze. Il termine può riferirsi esclu-sivamente alle fasce più qualificate di lavoratori che comprendono stu-diosi e professionisti (higly skilled professionals), sino a includere tecnicio operai specializzati, nonché studenti universitari e specializzandi.
L’interpretazione del fenomeno del brain drain è riconducibile aiseguenti filoni teorici99:
• teoria della domanda e dell’offerta;• teoria del capitale umano;• teoria del push and pull;• teoria dello stream and countrstream.
La teoria della domanda e dell’offerta, diffusa negli anni Sessanta esettanta, sostiene che il principale fattore capace di stimolare lo svilup-po nelle aree arretrate sia l’istruzione formale, in siffatto contesto siimplementarono politiche di istruzione rivolte a qualificare la futuraforza lavoro, alle quali, però, non fece fronte un sistema economicocapace di assorbire il capitale umano qualificato. Lo squilibrio tra do-manda e offerta di lavoro avrebbe causato un brain overflow (eccessodi cervelli), spingendo gli individui più qualificati a ricercare nuove op-portunità in altri contesti economici. Questo approccio, però, non èesaustivo nello spiegare la fuga di cervelli presente anche in zone conuna elevata domanda interna di competenze.
La teoria del capitale umano, invece, considera l’istruzione come uninvestimento; pertanto, si valuta il guadagno potenziale (in termini di ri-torno sociale e ritorno personale) di tale investimento una volta com-pletata la formazione. Tuttavia, le comunità caratterizzate da elevatiflussi in uscita di forza lavoro ad elevata professionalità, non sempreriescono a recuperare gli investimenti sostenuti per qualificare il pro-prio capitale umano, subendo in tal senso un duplice disavanzo.Infatti, nel breve periodo il deficit viene determinato dalle spese soste-nute per formare la futura offerta di lavoro, nel lungo periodo, invece, laperdita di risorse umane qualificate potrebbe condizionare la capacità
164
CAPITOLO 2
99 I primi tre approcci sono riconducibili a E.J. Okoli (1994) e Wejin Qin (1999), mentre laquarta analisi è stata teorizzata da M.P. Slawon (1998).
di generare processi economici innovativi in grado di espandere unadomanda di lavoro qualificata. Nelle aree di arrivo si sviluppano delle di-namiche inverse, in quanto i sistemi produttivi usufruiscono di capita-le umano qualificato senza aver partecipato alle spese del processoformativo. Pertanto, le migrazioni di qualità produrrebbero nei contestieconomici di destinazione effetti divergenti, dando luogo ad un virtuo-so brain-gain (guadagno di cervelli) nel caso di entrata di professiona-lità, utili e utilizzabili nell’area di arrivo. Di contro, non è rara una sotto-utilizzazione o dequalificazione professionale che genera il cosiddettobrain-waste (scarto di cervelli). Si è trattato fin qui di chiarire le soleconseguenze economiche, che non spiegano il complesso ed articola-to processo decisionale da cui maturano i flussi migratori.
A superare l’approccio squisitamente economico provvedono leteorie “push and pull” individuando diversi fattori di repulsione e at-trazione delle migrazioni intellettuali. In particolare, i fattori “push andpull” sono presenti sia nelle aree di provenienza che in quelle di arrivo.In tale ottica, sarebbe la valutazione personale di tali fattori (economi-ci, politici, sociali, psicologici) a determinare la decisione di migrare.Resta, anche in questa circostanza, una criticità dovuta alla incapacità ditale approccio di spiegare il perché in presenza delle stesse opportuni-tà di restare (alcuni individui rimangono nelle zone di arrivo, mentrealtri rientrano).
Alla teoria “push and pull” si affianca così l’approccio “stream andcountrstream” che considera come la scelta di emigrare comporti la va-lutazione di una serie di ostacoli che intervengono tra i fattori di attrazio-ne e quelli di repulsione. I fattori “push and pull” sono quindi arricchiti,in una visione dinamica delle migrazioni, da continui fattori “interve-nienti” (associati alla zona di origine e a quella di destinazione, nonchéa fattori personali) che in ogni momento possono modificare gli equili-bri del sistema economico influenzando così il processo migratorio.
Tra le determinati che incidono profondamente sul processo deci-sionale degli individui qualificati in procinto di emigrare, assume parti-colare rilevanza l’incidenza dei costi di riproduzione sociale da soste-nere nel processo di reinserimento sociale ed economico. Lungo que-sta direttrice gli emigranti attivano un processo valutativo, orientato a de-terminare i possibili costi e benefici conseguenti al processo di trasferi-mento per motivi di lavoro.
165
LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE
I flussi di mobilitàdelle RegioniObiettivo 1: il“brain drain”
2.3 Le politiche sulla mobilità
La mobilità territoriale costituisce uno dei fenomeni più tipicamen-te rappresentativi della società contemporanea per cui dovrebbe esse-re destinataria di politiche dedicate.
Il flusso di persone che costantemente si spostano, delineando unarete fittissima di traiettorie, porta con sé una fluidità anche di idee, ca-pitali, merci e servizi, così da incidere sugli equilibri socio-economicipreesistenti nei paesi o nelle aree “receiver”.
Costi e benefici di tale fenomeno sono in chiara evidenza: da un la-to, l’impoverimento delle aree di partenza in termini di capitale umanonon meno che di opportunità di crescita, dall’altro l’appianamento deidifferenziali territoriali tra domanda e offerta di lavoro e la possibilitàdi una equa distribuzione sociale.
Occorrono maggiori politiche per rendere le zone depresse o sotto-uti-lizzate maggiormente attrattive al fine di innescare quei processi di cresci-ta generatori di posti di lavoro e ridurre, quindi, i tassi di disoccupazioneal fine di ridurre quei gap intra – regionali alla base della mobilità costret-ta. In questo modo, inoltre, le regioni che godono di condizioni occupa-zionali migliori non devono affrontare un’immigrazione eccessiva, pressio-ni di popolazione, congestioni e inquinamenti ambientali, etc.
In un siffatto contesto, dunque, adeguate politiche di accompagna-mento della mobilità e di rientro dei flussi migratori, soprattutto nellacomponente qualificata, rappresentano un imprescindibile elementodi riequilibrio nei percorsi di sviluppo dei territori di partenza sottopostial brain drain. Certamente, le competenze professionali più qualificatepotrebbero non essere sfruttate adeguatamente nelle aree di origine inquanto prive di strutture adeguate per tali professionalità. Tuttavia, pro-prio le nuove professionalità potrebbero rappresentare un significativoincentivo per la crescita delle strutture locali. Dunque, la migrazione di ca-pitale umano qualificato è un fenomeno dalle diverse angolazioni dianalisi; un movimento non a senso unico che fa propendere la sceltaconcettuale a favore di un generico brain-movement100.
Focalizzeranno l’attenzione su alcuni dispositivi normativi nazionali edeuropei si intende inquadrare il fenomeno nella sua gestione e valutazio-ne istituzionale. Dalle direttive comunitarie agli orientamenti nazionali e quin-di le applicazioni regionali. Si tratta di un insieme di iniziative che rappre-sentano uno sfondo ancora sfumato per un fenomeno che nel tempo as-sume connotazioni e caratteristiche fortemente variabili.
166
CAPITOLO 2
100 Todisco, 2000.
167
LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE
2.3.1 Strumenti comunitari e nazionali a sostegno della mobilità
Strategie comunitarie sulla mobilità geografica dei lavoratori
Nell’agenda del legislatore comunitario la mobilità geografica dei lavo-ratori rappresenta una linea guida centrale per realizzare il processo di in-tegrazione europea, ma anche un aspetto fondamentale per raggiunge-re gli obiettivi occupazionali, previsti dalla Strategia di Lisbona.
La promozione dei processi di mobilità geografica è tema strettamente con-nesso all’attuazione del principio della cittadinanza europea e dell’integrazio-ne interculturale, ma anche all’applicazione del diritto alla libera circolazionedei lavoratori, sancito dal Trattato istitutivo della Comunità europea.
Se la “libera circolazione delle persone” viene definita come il diritto at-tribuito ai cittadini degli Stati membri dell’Unione Europea di circolare edi soggiornare liberamente su tutto il territorio comunitario, indipenden-temente dall’esercizio di un’attività lavorativa, la “mobilità” è il diritto di tut-ti i cittadini europei di lavorare e di vivere in un altro Stato membro sen-za subire discriminazioni fondate sulla nazionalità. Per addentrarci nel te-ma occorrerebbe ricordare non solo le disposizioni contenute negliAccordi di Schengen sul transito nel territorio comunitario e le politiche dicooperazione ad esso connesse101, ma soprattutto andrebbero ampiamen-te sviluppate le strategie e la normativa che l’Unione Europea ha adotta-to al fine di garantire la libera circolazione delle persone.
Ciò richiederebbe un approfondimento della normativa sul riconosci-mento delle qualifiche professionali, sui sistemi di sicurezza sociale, di as-sistenza sanitaria, di opportunità professionali, di apprendimento all’este-ro e di migrazione di lavoratori da paesi terzi. Temi che sono stati al cen-tro del dibattito sviluppato nell’Anno Europeo per la mobilità dei lavora-tori, appena concluso102.
101 Cfr. Nel 1985 Francia, Germania, Belgio, Lussemburgo e Paesi Bassi hanno deciso di crea-re fra essi uno spazio senza frontiere (lo Spazio Schengen, dal nome della città lussemburghesein cui sono stati firmati i primi accordi). In seguito, è stata elaborata una Convenzione, firmata il 19giugno 1990 (il 27.11.1990 ha aderito anche l’Italia) ed entrata in vigore nel 1995 che ha consen-tito l’abolizione dei controlli interni tra gli Stati firmatari e la creazione di una frontiera esternaunica, lungo la quale sono state adottate identiche procedure di controllo nello spazio diSchengen. In definitiva, vi è stata l’affermazione della piena libertà di circolazione nell’insiemedei territori di tutti gli Stati firmatari degli Accordi di Schengen.
102 Il 2006 doveva anche essere l’anno in cui i 12 Stati membri che hanno applicato il regime tran-sitorio di libera circolazione dei lavoratori, dopo l’allargamento, avrebbero dovuto decidere se man-tenere o meno restrizioni all’ingresso dei lavoratori provenienti dagli otto Paesi dell’Europa centro-orientale divenuti membri dell’Unione Europea il 1° maggio 2004. Nel maggio 2006 Finlandia,Grecia, Portogallo, Spagna e Italia hanno aperto il loro mercato del lavoro a tutti i 25 Paesidell’Unione Europea, mentre Belgio, Danimarca, Lussemburgo, Francia e Olanda hanno introdotto mi-sure per un graduale allentamento delle restrizioni; Austria e Germania sono gli unici Paesi che per-sistono nell’applicazione delle restrizioni fino alla fine del periodo transitorio, al più tardi 2011.
La mobilità dei lavoratori (intesa come mobilità professionale e geogra-fica) all’interno delle politiche comunitarie viene considerata come un ele-mento chiave nella lotta alla disoccupazione, ma anche un’utile opportu-nità per acquisire nuove competenze ed esperienze, da spendere nel mer-cato del lavoro europeo al fine di ridurre le sperequazioni e gli squilibri pre-senti in alcuni settori produttivi o in alcune aree geografiche.
I dati emersi dalle stime diffuse in ambito comunitario mettono in ri-lievo che uno dei principali fattori di debolezza del mercato del lavoroè da ricercarsi proprio nella scarsa propensione alla mobilità professio-nale (in media, i lavoratori europei cambiano occupazione solo unavolta ogni 10,6 anni, mentre negli Usa la media è di 6,7 anni)103.
La mobilità geografica dei lavoratori risulta, infatti, relativamente bas-sa: solo lo 0,1% della popolazione complessiva dell’UE ha cambiato lapropria residenza ufficiale nel 2000. Più consistente, invece, il flusso del-la mobilità geografica tra Regioni di uno stesso Stato membro: infatti,circa l’1,2% della popolazione occupata nell’UE, pari circa a 2 milioni di la-voratori tra i 15 e i 64 anni di età, ha cambiato residenza, trasferendosi inun’altra regione, nel corso del 1999104. Negli anni più recenti, secondo i da-ti Eurostat, la percentuale degli italiani che ha trovato lavoro all’estero siè attestata intorno all’1,2%, mentre il 5,8%, nel 2003, ha dichiarato diaver cambiato lavoro nell’anno precedente. Meno propensi a cambiare la-voro in Europa sono risultati gli svedesi (tra il 2002 e il 2003 solo il 4,4%di essi ha cambiato lavoro), mentre i più favorevoli a trasferirsi sono i da-nesi (12,9%) e gli inglesi (12,6%).
168
CAPITOLO 2
Strumenticomunitari e
nazionali asostegno della
mobilità
103 Il monitoraggio sul flusso dei lavoratori in circolazione viene realizzato attraverso studiempirici che si basano sull’utilizzo di indicatori giuridici e sociali. I primi parametri, in generale,attengono alle misure di politiche attive poste in essere in ambito comunitario, nazionale, localeper incentivare ed agevolare la mobilità geografica dei lavoratori. Essi forniscono un quadro ogget-tivo degli incentivi predisposti, ma possono determinare risultanze diverse in ragione delle diffe-renti realtà geografiche e sociali cui si riferiscono. Gli indicatori sociali sono quelli che assicuranoun’analisi del fenomeno secondo criteri facilmente confrontabili: in questo caso sono presi inesame i cambi di residenza, l’età dei soggetti migranti, le loro qualifiche professionali, i costi ditrasferimento (ad esempio, costi sostenuti per la nuova abitazione).
104 In particolare, un elemento per analizzare la mobilità geografica dei lavoratori può esserecostituito dal cambiamento di residenza per motivi di lavoro nell’arco temporale di dieci anni. Unsecondo dato di comparazione, invece, può essere considerato il cambio di residenza in genera-le. Tuttavia, i risultati che emergono con riferimento al primo indicatore mettono in luce la proble-matica sulla dimensione temporale: il periodo di dieci anni è forse troppo lungo per misurareanaliticamente la mobilità geografica del lavoro e dei lavoratori. In questo arco di tempo, infatti, pos-sono registrarsi per una stessa persona numerosi cambiamenti di residenza per motivi di lavoro.Attraverso il secondo indicatore, invece, le risultanti sono parziali poiché non forniscono informa-zioni complete sui motivi che hanno spinto il singolo a cambiare residenza, di solito indotto da ra-gioni essenzialmente o principalmente di lavoro.
Nell’analisi dei processi di mobilità registrati nel corso degli anni, inoltre, un altro dato appa-re rilevante: il profilo professionale del lavoratore disposto a spostarsi risulta diverso, come dimo-stra il caso italiano. Infatti, se negli anni ’60 e ’70 i lavoratori che lasciavano il luogo di origine ave-vano prevalentemente una bassa qualifica, oggi, invece, coloro che sono disposti a trasferirsi altro-ve sono principalmente lavoratori qualificati o, addirittura, altamente qualificati.
La staticità della forza lavoro e la scarsa volontà degli europei acambiare lavoro, in generale, sembra essere un dato comune e po-trebbe essere ricondotta ad una carente informazione sui vantaggi of-ferti da un lavoro all’estero o in un altro settore. Questo è il dato cheemerge anche nell’ambito dell’indagine Eurobarometro che sottolineacome gli Europei siano comunque favorevoli all’idea di cambiare lavo-ro, poiché consapevoli dell’importanza della libera circolazione e deibenefici che possono derivare dal cambiare luogo di lavoro, anche senon mancano le riserve sulle conseguenze che una scelta di questo ti-po può determinare sulla vita familiare.
L’urgenza di rimuovere gli ostacoli alla mobilità per facilitare il flus-so dei lavoratori per attribuire flessibilità e dinamismo al mercato dellavoro comunitario e a quelli nazionali, senza correre il rischio diinondazioni migratorie o di depauperazione dei territori di origine, èstata riconosciuta sin dal Consiglio straordinario di Lisbona del 22 e23 marzo 2000105.
Il raggiungimento di migliori e numerosi posti di lavoro, la realizzazionedi una maggiore coesione sociale e lo sviluppo di un’economia basata sul-la conoscenza richiedono l’abolizione di qualsiasi restrizione alla mobilitàprofessionale e geografica in tutta l’Unione europea, misura raccomanda-ta anche negli orientamenti comunitari per la crescita e l’occupazione(2005-2008) per garantire una maggiore reattività al mercato del lavoro.
Va sottolineato, tuttavia, che nel diritto comunitario il tema dellamobilità geografica dei lavoratori è strettamente connesso alla mobili-tà in materia di istruzione e formazione: pertanto, le istituzioni comuni-tarie, seguendo un doppio binario, hanno adottato, da un lato, provve-dimenti per incentivare la mobilità per motivi di studio, dall’altro misu-re in grado di far crescere la mobilità professionale.
A tal fine il Consiglio e la Commissione hanno segnalato la necessi-tà di definire a breve gli strumenti e le misure per promuovere la mo-bilità degli studenti, dei docenti e del personale preposto alla forma-zione e alla ricerca, utilizzando al meglio i programmi comunitari esisten-ti, anche attraverso una maggiore trasparenza nelle procedure di rico-noscimento delle qualifiche e dei periodi di apprendimento.
169
LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE
Strumenticomunitari enazionali asostegno dellamobilità
105 Il Consiglio europeo straordinario di Lisbona (23/24 marzo 2000) ha inteso imprimere,attraverso la cd. “Strategia di Lisbona”, un rinnovato vigore alle politiche comunitarie, alla lucedella globalizzazione economica e della crescente importanza delle tecnologie dell’informazionee delle telecomunicazioni. A cinque anni dal varo della Strategia di Lisbona, la Commissione,considerati gli esiti deludenti, ha presentato la proposta per il Rilancio della Strategia di Lisbona[COM24/2005], documento integrato da: il doc. con le raccomandazioni agli Stai membri, allega-to alla COM.24/2005 (SEC 193/2005); il doc. sulla governance e la tempistica, all. allaCOM.24/2005 (SEC 193/2005); lo staff work document preparatorio per la COM.24/2005(SEC.160/2005).
Nella stessa prospettiva le istituzioni comunitarie, a partire dall’anno2000, hanno adottato una serie di strumenti per favorire i processi dimobilità, primo tra tutti il “Piano d’azione per la mobilità” approvatodal Consiglio Europeo a Nizza nel dicembre 2000106. Si tratta di un insie-me di provvedimenti di natura amministrativa, regolamentare, finan-ziaria e sociale per definire, incrementare e democratizzare la mobilitàdella forza lavoro in Europa, nonché per promuovere forme di finan-ziamento adeguato.
Successivamente, nel luglio 2001, è stata adottata la Raccomandazionedel Parlamento europeo e del Consiglio sulla mobilità nell’UE degli stu-denti, delle persone in fase di formazione, di coloro che svolgono atti-vità di volontariato, degli insegnanti e dei formatori107. Questo ulterioreintervento, incentrato principalmente sul mondo dell’istruzione, dellaformazione e della ricerca, ha agevolato la cooperazione politica a so-stegno della mobilità con l’obiettivo specifico di porre le basi per defi-nire i termini del riconoscimento delle eventuali esperienze acquisiteall’estero.
Alla fine dello stesso anno la Task force di alto livello su competen-ze e mobilità, istituita dalla Commissione nell’anno 2001108, ha presen-tato una relazione che ha costituito il presupposto per redigere ilPiano d’Azione della Commissione per le competenze e la mobilità109.Nel documento elaborato dagli esperti è stato sottolineato che gli sfor-zi per promuovere la mobilità geografica per essere efficaci debbonoessere associati a misure che favoriscono la mobilità occupazionale,nell’intento di creare nuovi posti di lavoro e migliori condizioni di vita so-prattutto in quelle Regioni meno sviluppate dell’Unione europea.
Il Piano d’Azione della Commissione per le competenze e la mobili-tà110 costituisce un programma d’interventi per agevolare il processodella mobilità professionale attraverso azioni prioritarie volte a raffor-zare lo sviluppo delle competenze, migliorare l’informazione e la tra-sparenza sulle possibilità occupazionali, incrementare la mobilità geo-grafica, al fine di creare mercati del lavoro europei più aperti e più facil-
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nazionali asostegno della
mobilità
106 Risoluzione del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in se-de di Consiglio il 14 dicembre 2000, relativa al piano di azione per la mobilità (2000/C371/03).
107 Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio del 10 luglio 2001(2001/613/CE), in G.U.C.E. L215/30 del 09/08/2001.
108 COM (2001) 116 def.109 Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo, al Comitato
Economico e Sociale e al Comitato delle Regioni. Piano d’azione della Commissione per le com-petenze e mobilità, COM 72/2002
110 Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo, al ComitatoEconomico e Sociale e al Comitato delle Regioni piano d’azione della Commissione per le com-petenze e la mobilità, del 13.02.2002. COM (2002) 72 def.
mente accessibili e sempre più in linea con la globalizzazione dell’eco-nomia e con l’allargamento dell’Unione Europea.
Gli obiettivi e le azioni delineati nel Piano d’azione sono destinatiad affrontare una pluralità di sfide: predisporre sistemi d’istruzione eformazione in grado di rapportarsi alle esigenze del mercato del lavo-ro, migliorare il livello di istruzione e delle competenze nel campo del-le ICT, chiarire e semplificare il riconoscimento e il trasferimento dellequalifiche per le professioni regolamentate, investire di più nelle risor-se umane delle Regioni meno avanzate, favorendo lo sviluppo dellaconoscenza della lingua straniera e di abilità transculturali.
Un successivo documento a sostegno della mobilità è la Decisionedel Consiglio del 22 luglio 2003111, relativa agli orientamenti per le po-litiche degli Stati membri a favore dell’occupazione, che propone di af-frontare il cambiamento e promuovere l’adattabilità e la mobilità nelmercato del lavoro.
La carrellata di provvedimenti comunitari in tema di mobilità prose-gue con gli interventi previsti nel programma di lavoro generale“Istruzione e formazione 2010”, nell’ambito del quale è stata elaboratauna proposta di “Carta di qualità per la mobilità nel settore dell’istruzio-ne e della formazione”, presentata a Rotterdam il 12 luglio 2004112. LaCarta può essere letta come un documento “universale”, finalizzato asviluppare la cittadinanza europea e la comprensione delle diversitàculturali e linguistiche, contenente principi comuni per rafforzare l’effi-cienza e l’efficacia di tutti i tipi di mobilità finalizzata all’apprendimen-to. Essa è rivolta a giovani e adulti che intendano esercitare il diritto dilibera circolazione nel territorio degli Stati membri per seguire pro-grammi di istruzione e formazione, volti ad innalzare il grado di cono-scenza e di competitività dei cittadini europei anche nel mercato dellavoro europeo113.
Si evince chiaramente dall’esame dei documenti comunitari citatiche il sostegno alla mobilità della forza lavoro non può prescindere dalrispetto del diritto di libera circolazione dei lavoratori, dalla promozio-ne dell’istruzione/formazione lungo tutto l’arco della vita, dalla garan-zia che la flessibilità professionale non diventi precarietà, a detrimentodel diritto alla sicurezza sociale. Trasferirsi per motivi professionali si-gnifica affrontare una serie di sfide per il lavoratore: inserirsi in un diver-
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111 Cfr., sin da ora, la Decisione del Consiglio del 22 luglio 2003 relativa agli orientamenti perle politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione (2003/578/CE), pubblicato nella GUCEL 197/13 del 5 agosto 2003.
112 COM (2005) 450 def. 113 Cfr. “ La Carta europea di qualità per la mobilità” di Andrea Rocchi su Osservatorio ISFOL
– Anno XXVII n. 1-2 Gennaio - Aprile 2006.
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so contesto sociale, scegliere un altro alloggio per sé e la famiglia,adattarsi a nuove abitudini o imparare una nuova lingua.
Per accrescere la mobilità si rende necessario un approccio globaleche comprenda, oltre alla promozione della formazione fuori dai con-fini nazionali e al riconoscimento delle qualifiche, anche l’eliminazio-ne di barriere amministrative e giuridiche: il coordinamento dei sistemidi previdenza sociale, la garanzia dell’esportabilità dei diritti a pensioneintegrativa dei lavoratori migranti, il rafforzamento del mercato deiservizi114. L’obiettivo è promuovere una cittadinanza europea attiva el’inclusione sociale, ridurre le disuguaglianze, assicurare lo sviluppodel mercato unico e l’efficace integrazione dell’economia europea nelcontesto dell’Unione allargata, rivedere le regole transitorie che discipli-nano la libera circolazione dei lavoratori da, verso e tra i nuovi Statimembri a seguito dell’allargamento115.
Garantire l’apertura e l’accessibilità dei mercati del lavoro europei atutti significa sostanzialmente affrontare tre grandi sfide: una mobilità oc-cupazionale inadeguata, la frammentazione delle informazioni e lamancanza di trasparenza sulle opportunità di lavoro.
Nello scenario comunitario sono operativi diversi programmi ed ini-ziative a sostegno della libera circolazione e della mobilità dei lavorato-ri con lo scopo di facilitare il trasferimento all’estero.
Il 2006 è stato proclamato dalla Commissione “Anno Europeo dellamobilità dei lavoratori” al fine di sensibilizzare i lavoratori sui vantaggiofferti da un lavoro all’estero o dal cambiamento di lavoro: lavorare al-l’estero, infatti, può far acquisire nuove competenze ed esperienze chepossono rivelarsi un utile momento di crescita professionale per il lavo-ratore, che in tal modo diviene anche più competitivo nel mercato dellavoro nazionale.
Accrescere la mobilità occupazionale dei cittadini europei può an-che significare incoraggiare la mobilità circolare, come viene suggeritonella Relazione sui flussi migratori nell’Unione europea116. Sarebbe au-spicabile, infatti, che i lavoratori migranti rientrassero nel Paese di ori-gine ricchi del bagaglio di competenze e di conoscenze acquisite al-l’estero: in tal modo si arginerebbero gli effetti distorsivi prodotti dalla
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mobilità
114 Cfr. “La mobilità dei lavoratori in Europa: un diritto, una scelta o un’opportunità? – L’annoeuropeo 2006” di Anna Maria Senatore su Osservatorio ISFOL – Anno XXVII n. 3-4 Maggio -Agosto 2006.
115 Il fenomeno della mobilità geografica dei lavoratori interessa, infatti, in modo massiccio icittadini dei nuovi Stati membri (ma anche di paesi terzi) che, in cerca di migliori sbocchi occupa-zionali si dirigono nei paesi dell’Europa centro meridionale. Va ricordato anche l’ingresso di altriPaesi nell’Unione Europea.
116 Presentata al Parlamento Europeo nel settembre 2006 dall’Associazione dell’Azione deicittadini europei.
mobilità geografica dei lavoratori, che spesso comporta un depaupe-ramento del paese di origine ed una notevole difficoltà di gestione peri paesi destinatari della forza lavoro migrante.
A livello nazionale, le azioni per la mobilità sono svolte nell’ambitodella rete EURES, che fornisce ai lavoratori ed ai datori di lavoro tre tipidi servizi: informazione, consulenza e assunzione/collocamento – ilcosì detto matching domanda/offerta di lavoro. Nell’ambito di EURESsono stati creati specifici organismi specializzati preposti alla gestionetranfrontaliera tra cui:
• Eurazur, per le Regioni Liguria e Provenza, Alpi e Costa Azzurra;• Transalp, per le Regioni Piemonte, Valle d’Aosta e Rhone Alpes;• Euralp, per la Carinzia e il Friuli Venezia Giulia;• Transtirolia, per le Regioni Tirolo e Alto Adige.
Inoltre, l’Italia ha stipulato con molti stati comunitari ed extra co-munitari, apposite convenzioni internazionali volte ad assicurare agliitaliani emigrati gli stessi benefici di sicurezza sociale previsti dalla legi-slazione del paese estero per i propri cittadini.
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LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE
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Programma / Iniziativa Contenuto
Leonardo Da Vinci
programma d’azione dell’Unione europea per la realizzazione diuna politica di formazione professionale, che riserva una partico-lare attenzione alla mobilità transnazionale di giovani e adulti, fi-nanziando progetti di tirocinio all’estero e scambi transnazionali
Gioventùprogramma europeo di sostegno e finanziamento ai progetti chefavoriscono l’educazione non formale e la mobilità giovanile interna-zionale e si rivolge ai giovani di età compresa tra i 15 e i 25 anni
Visite di Studio Cedefopuno dei principali servizi del Cedefop, che è l’agenzia che assiste idecisori politici, la Commissione Europea, gli Stati membri e leorganizzazioni delle parti sociali di tutta l’Europa
Eures
rete promossa dalla Commissione Europea che riunisce i servizipubblici per l’impiego e altri enti e strutture quali sindacati, orga-nizzazioni di datori di lavoro e autorità locali e regionali ed ha co-me obiettivo quello di informare, offrire consulenza e assistere icittadini all’estero
Database per il lavorodatabase per l’impiego che presenta le offerte di lavoro selezio-nate e disponibili in tutta Europa
Europassdispositivo che documenta i percorsi europei di formazione e con-ferisce trasparenza e visibilità all’esperienza maturata all’estero
Box 1 - Programmi ed iniziative europee a sostegno della libera circolazione edella mobilità dei lavoratori
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Altri interventi a favore della mobilità sono più strettamente colle-gati ai sistemi di istruzione e formazione e alla certificazione dellecompetenze.
Si tratta in particolare dei servizi offerti dal Centro NazionaleEuropass (NEC) e dal Punto Nazionale di Riferimento (PNR) Italia, chefanno parte dei relativi network europei. Nell’ambito di Europass, me-rita una particolare attenzione il dispositivo Europass mobilità.
Misure di incentivazione e sostegno della mobilità geografica dei lavo-ratori in Italia
In Italia, sul tema delle misure di incentivazione e sostegno della mo-bilità geografica dei lavoratori, tra i primi interventi normativi si segnala ilpacchetto Treu del 1997, che recepiva le intese raggiunte tra Governo eparti sociali nell’accordo per il lavoro del 24 settembre 1996.
Il pacchetto introduceva, in particolare, un’indennità aggiuntiva dicirca 400 euro al mese per le spese di alloggio e vitto in favore dei gio-vani del Sud coinvolti nei piani di inserimento professionali attivi nelle
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nazionali asostegno della
mobilità
Box 2 - Europass Mobilità
Europass Mobilità
E’ uno strumento che consente di documentare le competenze e le abilità acquisite da unindividuo durante un’esperienza di mobilità realizzata all’estero (Spazio Economico Europeo ePaesi candidati) in esito a percorsi di apprendimento formale (corsi di istruzione e formazione)e non formale (lavoro, volontariato, ecc.). E’ un dispositivo che costituisce l’evoluzione del libretto Europass formazione, istituito con laDecisione del Consiglio del 21 dicembre 1998 (1999/51/CE) per favorire la formazione lungotutto l’arco della vita e la mobilità degli individui tra occupazioni, settori e paesi diversi. I percorsi di apprendimento documentabili attraverso Europass mobilità possono svolgersi nelquadro di un qualsiasi programma o iniziativa in materia d’istruzione e formazione nazionaleed europea (ad esempio, Leonardo, Socrates e Gioventù). Europass mobilità è rivolto a tuttigli individui, indipendentemente dall’età, dalla qualifica e dalla condizione professionale.La gestione di Europass Mobilità è affidata al Centro Nazionale Europass (NEC). Prima dello svolgimento delle attività di apprendimento all’estero, l’organismo promotore delprogetto di mobilità transnazionale inoltra al NEC la richiesta di rilascio del documento Europass-Mobilità. Segue l’invio del progetto di soggiorno all’estero. Dopo aver ottenuto l’approvazioneda parte del NEC, l’organismo promotore procede alla compilazione del documento insiemeall’organismo ospitante. Per tutti coloro che partecipano a programmi di scambio realizzati nell’ambito di programmicomunitari (Leonardo, Erasmus, Gioventù, ecc.), è sufficiente presentare la richiesta al CentroNazionale Europass; per i beneficiari di progetti inseriti nell’ambito di altre iniziative, il rilasciodel documento Europass Mobilità è soggetto ad una verifica qualitativa da parte del CentroNazionale Europass. In questo caso, è opportuno ricordare che: • è necessario stipulare un accordo formale tra organismo d’invio e organismo d’accoglienza;• le esperienze di apprendimento all’estero devono avere una durata minima di 15 giorni; • deve essere prevista la presenza di un tutor incaricato di seguire le attività dei beneficiari.
imprese di altre Regioni. Partecipare ad un piano di inserimento pro-fessionale consentiva ai giovani di età compresa tra i 19 e 32 anni (finoa 35 per i disoccupati di lunga durata) di inserirsi in un’azienda per unperiodo non superiore a 12 mesi.
Questa modalità d’incentivazione economica della mobilità geo-grafica dei lavoratori risulta senza dubbio significativa e in linea, tral’altro, con la disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato, ex arti-colo 87 del Trattato CE che, in molti casi, risulta invece di ostacolo allepolitiche finanziarie d’incentivazione117.
In materia di mobilità geografica, nel D.Lgs. n.276 del 10 settembre2003 di attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercatodel lavoro, di cui alla Legge n.30 del 14 febbraio 2003 (nota comeLegge Biagi), si stabilisce che le Regioni, sentite le associazioni di dato-ri e di prestatori di lavoro, istituiscono appositi elenchi per l’accredita-mento degli operatori pubblici e privati e, con provvedimenti regionali,disciplinano il sostegno alla mobilità geografica dei lavoratori.
Sulla scorta di queste prime iniziative si sono susseguiti, prima del-l’introduzione della Legge Biagi, altri interventi nazionali e locali tesi asostenere la mobilità interna dei lavoratori118 Tali interventi prevedonouna particolare attenzione per i territori di origine, definendo un regi-me disciplinato di accompagnamento dei flussi migratori, anche infase di rientro. Si è, inoltre, definita “l’architettura” istituzionale neces-saria alla realizzazione delle politiche e delle normative di supporto esostegno alla mobilità geografica dei lavoratori, prevedendo un dupli-ce coordinamento:
• orizzontale, riguardante i vari elementi delle politiche nell’ambito deldiritto del lavoro e della previdenza sociale, del sistema fiscale, deiservizi sociali (come quelli per l’alloggio, l’istruzione, i servizi di cu-ra alla persona o l’accesso alle informazioni sulle opportunità dilavoro a livello nazionale);
• verticale, individuando la necessità del pieno coinvolgimento deilivelli subnazionali.
Anche se il livello di analisi del coordinamento è di carattere nazio-nale, le iniziative devono essere contestualizzate, specificate e partico-
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117 Possono considerarsi compatibili con il mercato comune, gli aiuti destinati a favorire losviluppo economico delle Regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbiauna grave forma di sottoccupazione, sezione, punto 3, sub a) in Trattato CE (2002/C; 325/01).
118 Legge delega n. 30/2003 in G.U. R.I. – serie generale n. 47 del 26 febbraio 2003. Essa, tral’altro, prevede provvedimenti sanzionatori nei confronti di coloro che non utilizzano gli strumen-ti di politica attiva del lavoro messi a disposizione. L’art. 13 D.lgs. 10 settembre 2003 n. 276, inol-tre, prevede il decadimento dai trattamenti di mobilità o altra indennità o sussidio la cui corre-sponsione è collegata allo stato di disoccupazione o di occupazione.
lareggiate secondo obiettivi dettagliati, che possono essere individuatisolo attraverso la dimensione locale. Gli attori della cooperazione ver-ticale sono le parti sociali, i governi regionali, locali e le organizzazionidella società civile. In tale contesto si inserisce il “Programma Quadro perl’integrazione e lo sviluppo delle sperimentazioni in materia di TirociniFormativi, inseriti in processi di mobilità geografica”, frutto dell’approva-zione della Conferenza unificata Stato-Regioni (seduta del 20 maggio2004). Questo Programma Quadro ha inteso mettere a sistema le atti-vità, le metodologie, gli strumenti ed i servizi realizzati in forma speri-mentale dai progetti promossi nell’ambito delle politiche a sostegnodella mobilità geografica per una parte delle Regioni italiane.
Nella stessa prospettiva si muove anche il D.M. Min. Lav. del 18 mar-zo 2005 che contiene “criteri e modalità di riparto delle risorse alleRegioni e alle Province autonome, finalizzate alla realizzazione dei tiroci-ni formativi e di orientamento, inseriti in processi di mobilità geografica”.
Nel 2005, inoltre, il Ministero del Lavoro ha istituito un Osservatoriosulla Mobilità geografica con il compito di monitorare tutte le attivitàdi formazione volte a facilitare i processi di mobilità dei lavoratori, inparticolare tutte le esperienze di tirocinio organizzate nell’ambito diazioni di sistema, poste in essere dall’agenzia tecnica per le politichedell’occupazione del Ministero del Welfare, da Italia Lavoro e daTecnostruttura.
Il sostegno alla mobilità geografica e professionale rientra tra i temisui quali sono intervenuti anche i POR119 predisposti dalle Regioni, che,in particolare, prevedono misure per il riconoscimento e la certificazio-ne delle competenze, ma anche per contenere e limitare l’asimmetriainformativa sull’incontro domanda/offerta di lavoro.
In sintesi, da quanto emerso, si evince che l’obiettivo generale del-l’intervento integrato sia stato quello di favorire lo sviluppo della mobi-lità del lavoro, dell’occupabilità, del partenariato fra territorio, impresee istituzioni per promuovere la creazione di un sistema di rete orienta-to ad incentivare la mobilità geografica.
2.3.2 Le iniziative regionali a sostegno della mobilità
Le politiche per il sostegno alla mobilità dei lavoratori per essere ef-ficaci devono essere il frutto di azioni e di interventi realizzati in siner-gia con le istituzioni regionali e locali, capaci di sostenere in modo piùdiretto la trasferibilità dei cittadini attraverso mirate politiche sociali,formative, abitative.
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mobilità
119 Programmi Operativi Regionali (Programmazione fondi strutturali 2000-2006).
Un esempio significativo è rappresentato dall’esperienza dellaRegione Lombardia, che ha predisposto delle misure di grande impat-to per agevolare la mobilità geografica dei lavoratori, sia nel territorio na-zionale, che nei Paesi dell’Unione europea, ma anche per favorire lacircolazione di quei lavoratori provenienti dai Paesi terzi. Competente agestire e promuovere i flussi migratori e sulla mobilità geografica èl’Agenzia Regionale per il Lavoro lombarda, il cui scopo è quello dicontribuire, nell’ambito del decentramento delle competenze traStato, Regioni e Province, a realizzare l’integrazione tra i servizi perl’impiego, politiche attive del lavoro e politiche formative. Per realizza-re questi obiettivi la struttura stipula accordi di collaborazione con leRegioni dei Paesi del Sud e dell’Est del mondo; instaura intese con en-ti ed organismi territoriali per favorire l’inserimento lavorativo di cittadi-ni provenienti dai Paesi terzi; offre assistenza alle istituzioni localicompetenti in materia di immigrazione e mobilità geografica. Tra leiniziative promosse dall’Agenzia si segnalano numerosi programmirealizzati a livello regionale e provinciale:
• il Programma “World Job”, finalizzato alla formazione di cittadiniextracomunitari da inserire nel mercato del lavoro locale, con laprevisione anche di azioni per individuare insediamenti abitativi eper facilitare il disbrigo di tutte le questioni burocratiche relativeall’ingresso nel territorio italiano;
• OCCUPABIT, progetto nato per promuovere formazione e attivitàdi stage nel settore dell’ICT per giovani residenti in Regioni exObiettivo 1 (in particolare, Sicilia e Calabria).
In tema di mobilità, in linea con l’esperienza lombarda, si segnalanoanche i progetti avviati nelle Regioni Veneto (in cui sono state sotto-scritte diverse convenzioni per organizzare tirocini formativi con alcuneRegioni del Mezzogiorno), Emilia Romagna (che ha attivato processi diapprendimento collegati alla mobilità geografica di giovani meridionaliverso il mercato del lavoro emiliano e romagnolo) e Marche (che svi-luppato la comunicazione e l’interoperabilità tra tutti i centri per l’im-piego collegati in rete a livello locale, provinciale e regionale sulla basedi apposite convenzioni), tutti finalizzati a promuovere processi di mobi-lità geografica per i giovani del Mezzogiorno attraverso azioni di sostegnodi tipo formativo, che rafforzino il sistema delle conoscenze e che con-sentano un più facile inserimento professionale.
Nelle Regioni ex Obiettivo 1 si deve registrare l’alto grado di adesio-ne alle azioni di supporto alla mobilità geografica rientranti nell’ambi-to del Programma Quadro Nazionale ‘SudNord-NordSud’ realizzatocon risorse del Cipe, a valere sul Fondo per l’occupazione.
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LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE
Le iniziativeregionali asostegno dellamobilità
Le azioni del Programma mirano a sviluppare la collaborazione inter-regionale, già avviata dal Ministero del Lavoro e dalle Regioni, per ladiffusione su scala nazionale dei processi, degli strumenti, dei modellie delle metodologie di lavoro. In questa direzione hanno operato leRegioni Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia e Campania.
In quest’ultima la Regione120 ha aderito con una propria delibera digiunta regionale al Programma Quadro per l’integrazione e lo sviluppodelle sperimentazioni in materia di Tirocini Formativi inseriti in proces-si di mobilità geografica, per lo svolgimento da parte di cittadini resi-denti nelle Regioni del Mezzogiorno di esperienze di tirocini formativipresso datori di lavoro con sedi operative collocate nelle Regioni delCentro Nord.
Il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali121 ha provveduto adassegnare un finanziamento alle Regioni e alle Province autonomeche hanno aderito al Programma Quadro in qualità di soggetti “pro-motori” e “attuatori”, al fine di supportare lo svolgimento delle espe-rienze di tirocinio: le risorse finanziarie messe a disposizione sono ge-stite ed utilizzate per coprire i costi di mobilità dei tirocinanti (viaggi,vitto e alloggio, fino ad un massimo di euro 1.200,00 mensili) e di tu-toraggio (fino ad un massimo di euro 100,00 mensili) da parte delsoggetto promotore delle Regioni ospitanti del Centro Nord.
Le aziende del Centro-Nord disposte ad ospitare tirocinanti si sonoiscritte alla rete di mobilità abilitata nella propria Regione di appartenen-za. Le proposte di tirocinio vengono trasmesse dalla Regione delCentro-Nord al Settore O.R.Me.L. della Regione Campania, la quale ga-rantisce, inoltre, ai tirocinanti, che hanno aderito al progetto di tiroci-nio, la formazione “off the job” in accompagnamento, da realizzarsi inparte nella stessa Regione, per l’acquisizione delle competenze di ba-se e trasversali, ed in parte nella Regione del Centro-Nord.
Di particolare interesse anche il ruolo attivo della Regione Calabrianell’ambito del protocollo di intesa con la Provincia Autonoma diTrento e la Regione Campania. La Regione Calabria si è impegnata arealizzare un progetto interregionale denominato “Mobilità geograficae professionale Sud – Nord”, finalizzato ad agevolare la mobilità geo-grafica e professionale attraverso la realizzazione di azioni intese aconsentire l’acquisizione di competenze professionali, tramite attivitàdi formazione e/o tirocinio da attuarsi presso aziende operanti inProvincia di Trento che hanno visto coinvolti soggetti residenti inCalabria e in Campania. L’intento è stato quello di poter fornire ai desti-natari delle azioni le competenze necessarie all’inserimento/reinseri-mento lavorativo nel contesto geografico di provenienza: sono state
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CAPITOLO 2
120 Cfr. Bollettino Ufficiale della Regione Campania (n. 50 del 3 ottobre 2005).121 Con decreto del 18/3/2005.
Le iniziativeregionali a
sostegno dellamobilità
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LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE
previste attività per favorire lo scambio di esperienze di collaborazione traSud e Nord del Paese per agevolare la formazione e la mobilità geogra-fica delle professionalità con l’obiettivo dell’inserimento e il reinseri-mento lavorativo dei giovani destinatari delle azioni in oggetto (anche at-traverso lo sviluppo di attività di lavoro autonomo e cooperativo, conparticolare riferimento al settore della cooperazione). Si è puntato a fa-vorire la crescita della mobilità del lavoro, dell’occupabilità, del partena-riato tra territori e imprese, dello sviluppo locale di singoli territori, inparticolare facendo assegnamento sulla qualità dell’accoglienza.
Le azioni di politica attiva volte a promuovere i processi a sostegnodella mobilità geografica dei lavoratori non possono prescindere dallapredisposizione di misure in grado di creare e diffondere una culturadella mobilità, che illustri vantaggi e benefici del trasferimento geogra-fico per motivi professionali in un’economia globalizzata, dove il merca-to del lavoro ha perso i confini nazionali ed è diventato mercato del la-voro globalmente flessibile.
Con il decreto del Ministero del Lavoro del 22 gennaio 2001 sui tiro-cini di mobilità geografica, è stato siglato un protocollo di intesa tra al-cune Regioni del Centro-Nord (Emilia-Romagna, Lombardia, Toscana,Veneto, Provincia autonoma di Bolzano, Friuli Venezia Giulia,Piemonte) e Regioni del Mezzogiorno per realizzare Azioni di accompa-gnamento e supporto alla mobilità geografica Sud-Nord.
Lo scopo del protocollo interregionale è stato quello di sostenere lespese di vitto, alloggio e trasferimento dei tirocinanti impegnati neipercorsi formativi, sviluppando azioni per favorire la mobilità geografi-ca dei lavoratori.
Dal monitoraggio realizzato nel marzo 2003 la Campania e la Siciliarisultano le Regioni che hanno maggiormente usufruito delle risorsemesse a disposizioni dal Ministero per realizzare tirocini formativi.Nel 2002 il Ministero del Lavoro, in collaborazione con Italia Lavoro haavviato un Programma di azione di sistema a sostegno della mobilità dellavoro e delle imprese denominato “Sud-Nord-Sud”, destinato a lavora-tori disoccupati, imprese, associazioni imprenditoriali, enti locali e cen-tri per l’impiego122. Tra gli obiettivi della sperimentazione:
Le iniziativeregionali asostegno dellamobilità
122 I risultati conseguiti dal progetto sono di rilievo: una rete costituita da 60 Centri per l’im-piego e 75 nodi privati, dislocati in 17 Regioni e in 70 province; 300 operatori pubblici e privati ap-positamente formati; 20 progetti di localizzazione in accompagnamento per circa 2.000 lavorato-ri attraverso percorsi di formazione al Nord per ritornare con il lavoro al Sud; 8 “laboratori di au-toimpiego” attivi presso i Centri per l’impiego; 7 “tavoli dell’accoglienza” attivati in 6 Regioni delCentro Nord con il coinvolgimento di oltre 150 soggetti istituzionali e attori locali; 3000 giovani pro-venienti dalle Regioni del Mezzogiorno disposti a trasferirsi; 50 progetti di lavoro attivati dalla re-te che riguardano 1500 soggetti in mobilità accompagnata e 250 imprese; dopo tre mesi di atti-vazione, oltre 1.000 posti di lavoro costantemente a rotazione presenti sulla bacheca telematica“ASPIDEA” insieme a circa 2.000 nominativi di persone che hanno dato la propria disponibilità adintraprendere esperienze di mobilità.
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CAPITOLO 2
a) progettare, formare e implementare una rete nazionale di serviziper l’impiego pubblica e privata per agevolare l’incontro doman-da offerta di lavoro in mobilità geografica;
b) accompagnare i flussi dei lavoratori con iniziative di stimolo, pro-mozione e assistenza tecnica, diffondendo la cultura della mobilità;
c) sperimentare, promuovere e articolare interventi di politica attivadestinati ai soggetti in mobilità;
d) facilitare gli investimenti da Nord a Sud attraverso azioni di ac-compagnamento, consistenti in iniziative formative;
e) promuovere il ritorno dei lavoratori nelle Regioni di provenienza; f) sostenere la professionalizzazione di disoccupati meridionali di
lunga durata, attraverso azioni di formazione volte alla diffusionedi competenze tecnologiche;
g) orientare le istituzioni locali alla costituzione di azioni di matricepubblico- privata.
Per la nuova gestione della mobilità è stato utilizzato uno specificomodello di servizio in grado di definire un network di rapporti diretti e discambio di informazioni, basato essenzialmente su sistemi web – oriented.
Le iniziativeregionali a
sostegno dellamobilità
Box 3 - Strumenti per la mobilità a disposizione degli operatori accreditatisull’area web
- Aspidea, bacheca interattiva per l’incontro domanda – offerta di lavoro in mobilità;- Bacheca dell’accoglienza, sistema telematico di informazione sulle opportunità di accoglienza
abitativa e di inclusione sociale per i lavoratori in mobilità;- Borsa del partenariato, sistema informatico per l’incontro domanda – offerta di partenariato
Nord – Sud; - Percorsi formativi, formazione in presenza e a distanza per operatori della mobilità;- Sistemi di videoconferenza per la preselezione a distanza; - Pacchetti multimediali di welcoming, volti a favorire l’allineamento delle conoscenze;- Borsa Continua nazionale del Lavoro, finalizzata alla connessione e integrazione con i sistemi
di incrocio diretto domanda – offerta; - Carta dell’impresa accogliente, strumento che illustra la politica di accoglienza, i sostegni
all’inserimento, gli accordi e le convenzioni stipulati; - Laboratorio di auto – impresa, sistema di formazione e assistenza ai percorsi di creazione
d’impresa per lavoratori legati a esperienze di mobilità.
Al percorso impostato dal progetto Sud-Nord-Sud si sono poi ag-giunte una pluralità di azioni di supporto123.
In questo panorama di interventi volti a promuovere un modello di“mobilità regolata” per i lavoratori si inserisce il progetto “Lavoro &Sviluppo”124. Si tratta di un’iniziativa rivolta alle imprese beneficiarie diagevolazioni del Programma operativo nazionale – sviluppo imprendito-riale locale (Pon –Sil), per favorire un efficace incontro tra domanda eofferta di lavoro qualificato, attraverso azioni formative “on the job”125
volte a fornire nuove e migliori opportunità di lavoro a circa duemila gio-vani provenienti dalle Regioni ex Obiettivo 1. Nel primo anno di attività ilprogetto ha fatto registrare risultati decisamente positivi126.
Oltre alle iniziative a carattere interregionale vi sono delle iniziativepromosse dalle singole Regioni. Di seguito si riportano alcuni esempi tragli atti adottati dalla regioe Campania in tema di mobilità geograficadei lavoratori.
181
LA MOBILITA’ TRA POLITICHE PER IL CAPITALE UMANO E LO SVILUPPO LOCALE
123 Tra le più significative: – un’intesa fra Ministero del Lavoro e Politiche Sociali e Ministero dell’Istruzione, Università e
Ricerca per realizzare 4500 tirocini in mobilità post diploma collegati a progetti IFTS destina-ti a giovani del Mezzogiorno per figure professionali che difficilmente possono sperimen-tarsi sul territorio di provenienza (ICT e Meccatronica).
– una collaborazione fra Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e Ministero delleAttività Produttive per realizzare, nell’ambito della riprogrammazione Fse, tirocini formativiin mobilità di “andata e ritorno” e percorsi integrati di inserimento lavorativo per soggettisvantaggiati presso imprese e stabilimenti realizzati grazie ai finanziamenti pubblici al Sud(Legge 488/92);
– un’iniziativa con il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti per interventi concertati sul-l’accoglienza abitativa dei lavoratori in mobilità;
– un accordo tra Ministero del Lavoro e Politiche Sociali e Sviluppo Italia per garantire l’inte-razione fra le opportunità di finanziamento e di supporto per l’autoimpresa ed i servizi for-niti nella rete dei laboratori per l’autoimprenditorialità ai giovani in mobilità geografica cheintendano avviare un’attività in proprio;
– iniziative promosse dalle Province per integrare con risorse proprie le azioni della rete nazio-nale sostenendo strumenti flessibili di politica attiva.
124 Il programma è stato avviato nel 2005 dai Ministeri delle Attività produttive e del Welfaree realizzato dall’agenzia tecnica Italia Lavoro, con la collaborazione dell’Istituto per la promozioneindustriale (Ipi).
125 Ovvero tirocini formativi andata e ritorno, tirocini di inserimento, pacchetti individuali diinserimento al lavoro di soggetti svantaggiati, percorsi per lo sviluppo di competenze.
126 8300 imprese contattate, appartenenti ai settori manifatturiero, ICT, costruzioni, trasporti,servizi, turismo; circa 600 convenzioni siglate tra imprese e lavoratori, con la possibilità per il60% dei partecipanti di trovare un’occupazione stabile nelle aziende che ospitano i tirocini; 69interventi realizzati in mobilità geografica che hanno interessato aziende dell’Emilia Romagna,Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Toscana e Veneto.
Le iniziativeregionali asostegno dellamobilità
182
CAPITOLO 2
Le iniziativeregionali a
sostegno dellamobilità
Box 4 – Dispositivi sulla mobilità della Regione Campania
DGR n.472 del 25/3/2004 (BURC n.22 del 3/5/04): è stata approvata la proposta a sostegnodella mobilità geografica prevedendo un intervento a sostegno dei lavoratori e delle lavoratricicampane che con cadenza settimanale utilizzano i trasporti ferroviari verso le Regioni dell’EmiliaRomagna, del Veneto, della Lombardia, della Toscana, del Piemonte e della Liguria, ossia versoquelle realtà dove si addensa il maggior numero di lavoratori campani.L’intervento di sostegno è previsto e finanziato sulla Misura 3.3 del POR – Attività di sostegnoalla mobilità extraregionale, con importo pari a 500.000,00 €, ed è diretto esclusivamente aisoggetti con regolare rapporto di lavoro dipendente, aventi un reddito annuo di euro 18.000,00.L’intervento aveva decorrenza dal 10/3/04 al 31/12/04
DGR n.453 del 19/4/06 (BURC n. 22 del 15/5/06): nell’ambito delle Politiche Giovanili - LineeOperative per l’anno 2006, la Regione Campania ha adottato interventi per sostenere la mobilitàdei giovani (giovani lavoratori, studenti o volontari), all’uopo elaborando politiche di scambiculturali, di studio, rivolte anche alle istituzioni scolastiche, ai Forum del settore, alle Associazioniaventi finalità statutarie rivolte ai Giovani e iscritte, ai sensi dell’art.5 della LR 14/89, all’Alboregionale delle Associazioni giovanili.Le finalità: sviluppare la solidarietà, la costruzione dell’Europa e la consapevolezza dellacittadinanza europea, consolidare le relazioni dei giovani campani con le istituzioni comunitarie,locali straniere, con le comunità di campani all’estero.
DGR n.749 del 16/6/2006 (BURC n.30 del 10/7/06): la Regione Campania ha adottato le Lineeguida per la costruzione del sistema integrato dell’educazione degli adulti in Campania che simuova nella prospettiva del life long e del life wide learning, come delineato dagli orientamenticomunitari.Attraverso questo sistema la Regione intende favorire ed allargare il sistema dell’educazionepermanente, che presuppone l’integrazione con il sistema scolastico e formativo più generale,portando a sinergia l’insieme delle opportunità formative che riguardano gli individui in etàadulta, in relazione ai diversi problemi ed interessi che caratterizzano i diversi cicli di vita emomenti dell’esistenza di ciascun cittadino e delle comunità locali. Nell’ambito di questaristrutturazione e riorganizzazione della gamma formativa per garantire l’apprendimentopermanente, la Regione intende promuovere un sistema trasparente e certificabile dellecompetenze acquisite nei diversi contesti e percorsi di apprendimento, capace di favorire lamobilità professionale e geografica dei cittadini e dei lavoratori e il riconoscimento reciprocotra sistemi anche a livello europeo.
CONCLUSIONI
Sia a livello comunitario che nazionale la mobilità viene considerataquale fattore strategico di sviluppo e il “2006” è stato proclamato dallaCommissione europea “Anno europeo della mobilità professionale”.
Il fenomeno sicuramente ha dei risvolti positivi a livello europeo e na-zionale poiché appiana quei differenziali territoriali tra domanda e offer-ta di competenze, soddisfa le esigenze individuali e arricchisce lo stes-so capitale umano in mobilità, ma se lo si osserva sotto la “lente terri-toriale” può nascondere degli impatti negativi soprattutto nel lungotermine.
E’ il caso di aree deboli come quelle del Mezzogiorno d’Italia.La mobilità geografica dei lavoratori, infatti, è definita dal rapporto tra
la domanda e l’offerta di lavoro, lungo una direttrice che ne richiede iltrasferimento geografico.
La direzione dell’intensità dei flussi migratori interregionali è deter-minata, oltre ad elementi di contesto, dai divari occupazionali e sala-riali tra le regioni; ad un effetto spinta, caratterizzato dalla carenza diopportunità lavorative nelle Regioni Obiettivo 1, corrisponde un effet-to richiamo da parte delle regioni del Nord Italia dotate di struttureeconomiche ad elevata attrattività.
Si tratta di processi che si strutturano come fattori di flessibilità delmercato del lavoro dal momento che i movimenti migratori riducono ledisparità economiche e sociali tra i differenti ambiti territoriali, inquanto fattori di contrazione dell’offerta di lavoro.
Per il Mezzogiorno, dunque, la mobilità ancora non è pienamenteuna “libera scelta”, ma presenta caratteri di “costrizione”.
Le dinamiche dei flussi migratori interni in Italia indicano una progres-siva diminuzione e un successivo arresto delle migrazioni da Sud aNord durante gli anni Ottanta e una ripresa della consistenza del feno-
183
CAPITOLO 3
meno a partire dalla metà degli anni Novanta. Anche se i flussi si sonoquantitativamente attenuati, il fenomeno assume aspetti preoccupan-ti dal punto di vista qualitativo poiché investe giovani a medio-altaqualificazione. Ci troviamo di fronte ad un drenaggio di giovani com-petenze, fenomeno meglio noto come brain drain, che questa ricercaha voluto approfondire nelle caratteristiche e nelle eventuali ripercussio-ni sullo sviluppo locale.
Oggetto di analisi sono stati i giovani (18-33 anni) delle Regionidell’Obiettivo 1: Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia eSardegna.
Dapprima lo studio ha riguardato la mobilità formativa, che è risul-tata essere determinata dalla qualità delle Università di destinazioneche esercitano una vera e propria attrazione per i giovani studenti delSud.
Le direttrici dei flussi Regioni Obiettivo 1 – Centro-Nord sono princi-palmente verso le Università di Milano, Bologna e Roma, mentre lamobilità formativa è limitata all’interno delle regioni meridionali.
Questa fattispecie di mobilità può essere considerata un’anticame-ra della mobilità lavorativa, poiché nelle province di gravitazione for-mativa risultano abbreviati i tempi di inserimento nel mondo lavorati-vo grazie alla più efficiente filiera formazione – mercato del lavoro.
L’Indagine CATI127, successivamente sviluppata, ha avuto come prin-cipale finalità quella di descrivere l’atteggiamento dei giovani italianiverso la mobilità regionale in materia di istruzione, formazione e lavo-ro e la loro percezione nei confronti della Provincia di residenza in ter-mini di opportunità formazione/lavoro.
L’indagine ha permesso di confermare le analisi precedenti, ossiache le province considerate oggi poli di attrazione, grazie alla presenzadi Università ritenute di prestigio, sono da annoverarsi anche qualiprovince in cui l’offerta lavorativa, soprattutto ad alta scolarizzazione, èraccordata con l’offerta formativa.
Dall’indagine è emerso che dei giovani in mobilità, il 60% è origina-rio delle Regioni Obiettivo 1, inoltre, più del 47% proviene da Comunimedio – piccoli (con popolazione inferiore ai 50.000 abitanti) confer-mando i rischi di desertificazione demografica. La fascia di età mag-giormente interessata è quella compresa tra i 23 e i 33 anni (83%),con una leggera prevalenza degli uomini sulle donne e stato civile li-bero (83%). Nel complesso le persone delle regioni del Mezzogiorno sispostano nel Centro-Nord (79,4%) e le destinazioni preferite, perchè
184
CAPITOLO 3
127 Computer Aided Telephone Interviewing.
caratterizzate da aspettative di migliori condizioni di vita e presenza diopportunità di lavoro, sono la Lombardia (26,5%), il Lazio (10,8%), ilPiemonte (9,8%) e l’Emilia Romagna (8,7%).
Il 48,3% di questi giovani si trova fuori dalla propria regione princi-palmente per necessità familiari (fenomeno che potrebbe celare an-che network migratori - § 1.1.1), la seconda motivazione è per lavoro(35,1%) mentre la terza è per studio (11%); si sono trasferiti da più dicinque anni (77,5%) e alla base di questo trasferimento troviamo mo-tivi familiari (51,1%), disponibilità di un maggior numero di posti di la-voro del luogo di destinazione (12,6%) e assenza di corsi di studio di in-teresse nella propria zona di appartenenza.
Il 97,1% delle persone in mobilità dal Mezzogiorno è soddisfatto diquesta esperienza; inoltre, il 50,9% la considera come uno sposta-mento definitivo e il 56,6% non è disposto a tornare nella regioned’origine.
Cosa preoccupante poiché l’80% ha almeno il diploma superiore,nello specifico il 59,3% ha un diploma superiore, il 15,5% è StudenteUniversitario/Laureando, il 7,7% è Laureato, l’1,4% sta svolgendo unDottorato di Ricerca e l’1,4% sta frequentando un Master.
Un’ulteriore fase di analisi ha avuto come scopo quello di indivi-duare le determinanti che stigmatizzano i flussi mobilità, cercando dimeglio comprenderne la componente costretta.
Da un focus sulle variabili socio-economiche che determinano il fe-nomeno è emerso che tra i maggiori fattori di espulsione quello più ri-levante è risultato il tasso di disoccupazione di lunga durata; di contro,tra le determinanti che rientrano nei fattori di attrazione, il tasso di na-talità lorda delle imprese è emerso come il più significativo.
Questi risultati hanno evidenziato che la mobilità in uscita è mag-giore nelle ripartizioni regionali con un’elevata incidenza della disoc-cupazione di lunga durata. In tal senso, i flussi di mobilità sono più di-namici quanto più ampia risulta la forbice della disoccupazione di lun-ga durata tra le regioni del Nord e del Sud. Invece, nelle regioni carat-terizzate da una maggiore incidenza della natalità delle imprese, vi èuna consistente contrazione dei flussi in uscita e di conseguenza unbuon dinamismo dei movimenti migratori in entrata.
Gli esiti, positivi o negativi che siano, di tali processi nei contesti di svi-luppo locale del Mezzogiorno possono essere analizzati nel breve enel lungo periodo.
Prendendo in considerazione gli eventuali effetti positivi del flusso mi-gratorio nel breve periodo è possibile mettere in luce che se per alcuniversi il fenomeno migratorio rappresenta un fattore di riduzione del-
185
CONCLUSIONI
l’offerta di lavoro, esso stesso può facilitare l’equilibrio complessivodel mercato del lavoro nazionale, caratterizzato da ampi differenzialinei livelli occupazionali128. E’ così che i movimenti di capitale umanoseguirebbero andamenti speculari a quelli del lavoro.
Nel lungo periodo, invece, possono verificarsi effetti negativi deri-vanti dalla intensità, dal livello di persistenza e dalla direzione, il piùdelle volte univoca, del movimento migratorio e soprattutto dalla“qualità” del capitale umano oggetto di trasferimento.
Se a spostarsi dal Sud al Nord del Paese sono sempre ed in modomassiccio i giovani qualificati, a lungo andare i territori di provenienzadegli emigrati potrebbero subire una consistente perdita di capitaleumano, che è ormai riconosciuto tra i principali fattori di crescita e di svi-luppo endogeno.
Tale dinamica potrebbe, dunque, accentuare il gap di sviluppo traregioni settentrionali e meridionali. Un ulteriore livello della problema-tica è rappresentato dagli effetti derivanti dalla desertificazione dellearee di origine, soprattutto i piccoli comuni, sottoposte ad una erosio-ne demografica. Si pensi a territori abbandonati nei quali si riduce dra-sticamente la domanda di alloggi, di servizi pubblici (scuola, sanità), ditrasporto pubblico. Sono aree destinate al sottoutilizzo delle infrastrut-ture ed alla conseguente flessione degli investimenti e, quindi, all’in-cremento del livello di disoccupazione.
Nell’ambito di aree ad economia poco competitiva, dunque, gli effet-ti della mobilità geografica di lungo periodo sono tuttaltro che positividal momento che il tempo di attrazione degli investimenti risulta note-volmente dilatato. Si rischia di inibire quelle condizioni indispensabili perla crescita auto sostenuta (self-sustaining), che trova nella componen-te giovane della forza lavoro uno stimolo determinante.
Se questi sono i risultati la questione si sposta sulle politiche da mette-re in campo, tenendo presente le tipologie di mobilità più rilevanti:
• per l’occupazione, volta a cercare possibilità di lavoro assenti nelterritorio di residenza, che va affrontata migliorando l’asimmetriainformativa nell’incontro domanda/offerta di lavoro;
• per la formazione, diretta a offrire opportunità on e off the job,che va sostenuta con progetti di alternanza scuola/lavoro che in-cludano esperienze in mobilità;
• per lo sviluppo, indirizzata a rafforzare processi di localizzazioneproduttiva, che va supportata con programmi d’integrazione fralavoro e investimenti produttivi mediante partenariati fra imprese.
186
CAPITOLO 3
128 Conferma in G. Viesti, “Nuove migrazioni, il trasferimento di forza lavoro giovane equalificata da Sud a Nord”, 2004.
La mobilità professionale va promossa, ma va promossa con atten-zione soprattutto quando in gioco sono aree in ritardo di sviluppo, per-ché per i giovani di questi territori la scelta di mobilità non si presenta“libera” ma “costretta”.
Dalle ricognizioni effettuate sui dispositivi di accompagnamento del-la mobilità, si evince un quadro che presenta iniziative diversificate, manon ancora del tutto solido, anche in virtù dell’ampiezza del fenomeno.
Dal punto di vista dell’impostazione generica delle politiche sulla mo-bilità si pongono questioni quali l’orientamento professionale geogra-fico, la maggiore efficienza nel recupero del mismatch tra domanda e of-ferta di competenze e nel sistema di riconoscimento delle qualifiche, l’ap-prendimento linguistico, la promozione di un modello assicurativo pre-videnziale che segua il lavoratore nella mobilità sociale e geografica tra-mite un sistema della portabilità delle pensioni, la promozione di poli-tiche per la casa e/o accompagnamento ai trasferimenti, etc..
Dal punto di vista di una impostazione delle politiche tipizzata a se-conda dei territori di provenienza, se si tratta di aree in ritardo di svilup-po, si pongono questioni quali il contenimento delle fuoriuscite median-te politiche di attrattività territoriale (con particolare attenzione ai picco-li comuni sottoposti ad erosione demografica), ma soprattutto la promo-zione di politiche di rientro del capitale umano affinché il pericoloso braindrain (monodirezionale) muti in un virtuoso brain exchange (circolare)come scambio di professionalità, di esperienze e cultura per la crescitaeconomica ed il miglioramento dello sviluppo di una regione.
E’ di fondamentale importanza proseguire nella promozione delsuccesso formativo dei giovani e orientarli a scelte che tengano contodella rapida trasformazione del mondo del lavoro, così da garantire ti-toli di studio coerenti con gli sbocchi professionali e con le esigenze so-ciali globali, ma occorre anche considerare le vocazioni locali e creare quel-le competenze richieste dalle imprese presenti nei territori.
In definitiva, è sempre più necessaria una maggiore connessione tra fi-liera formativa e mercato del lavoro a livello europeo, nazionale, interre-gionale e locale affinché la mobilità sia una scelta libera e non costretta.
187
CONCLUSIONI
APPENDICE STATISTICA
191
INDICE DELLE TABELLE
pag.Tab. 1 - Flussi di laureati del Meridione verso le Università
delle aree Obiettivo 1 195Tab. 2 - Flussi di diplomati universitari del Meridione
verso le Università delle aree Obiettivo 1 196Tab. 3 - Flussi di laureati e diplomati universitari delle Regioni
Obiettivo 1 verso le Università del Centro-Nord (dall’Università di Bologna a Padova) 197
Tab. 4 - Flussi di laureati e diplomati universitari delle Regioni Obiettivo 1 verso le Università del Centro-Nord (dall’Università di Parma a quella di Urbino) 198
Tab. 5 - Flussi di laureati e diplomati universitari stranieri (dall’Albania all’Iran) verso le Università italiane (dall’Università di Bologna a quella di Insubria) 199
Tab. 6 - Flussi di laureati e diplomati universitari stranieri (dall’Albania all’Iran) verso le Università italiane (dall’Università dell’Aquila a quella di Parma) 200
Tab. 7 - Flussi di laureati e diplomati universitari stranieri (da Israele al Venezuela) verso le Università italiane (dall’Università di Bologna a quella di Insubria) 201
Tab. 8 - Flussi di laureati e diplomati universitari stranieri (da Israele al Venezuela) verso le Università italiane (dall’Università dell’Aquila a quella di Parma) 202
Tab. 9 - Flussi di laureati e diplomati universitari stranieri (dall’Albania all’Iran) verso le Università italiane (dall’Università di Pavia a quella di Udine) 203
Tab. 10 - Flussi di laureati e diplomati universitari stranieri (dall’Albania all’Iran) verso le Università italiane (dall’Università di Urbino a quella della Calabria) 204
Tab. 11 - Flussi di laureati e diplomati universitari stranieri (da Israele al Venezuela) verso le Università italiane (dall’Università di Pavia a quella di Udine) 205
pag.Tab. 12 - Flussi di laureati e diplomati universitari stranieri
(da Israele al Venezuela) verso le Università italiane (dall’Università di Urbino a quella della Calabria) 206
Tab. 13 - Flussi di giovani delle Regioni Obiettivo 1 iscritti nelle Università del Centro – Nord (dall’Università di Bologna a quella di Padova) 207
Tab. 14 - Flussi di giovani delle Regioni Obiettivo 1 iscritti nelle Università del Centro – Nord (dall’Università di Parma a quella di Urbino) 208
Tab. 15 - Le 10 province delle Regioni Obiettivo 1 con mobilità più elevata, distinguendo il fenomeno per tipologia di Laurea e Sesso 209
Tab. 16 - Dati per calcolo correlazione lineare e stima della retta di regressione tra la variabile maschile e femminile dei giovani delle Regioni Obiettivo 1 laureati e/o con diploma universitario conseguito nelle Università del Centro – Nord 211
Tab. 17 - Matrice di dati per calcolo correlazione lineare e analisi delle componenti principali del flusso migratorio interno delle Regioni Obiettivo 1 rispetto alle proprie determinanti 213
Tab. 18 - Output completo delle analisi statistiche effettuate sulla correlazione lineare del flusso migratorio interno delle Regioni Obiettivo 1 rispetto alle proprie determinanti 214
Tab. 19 - Output completo dei risultati statistici riguardanti l’analisi in componenti principali del flusso migratorio interno delle Regioni Obiettivo 1 rispetto alle proprie determinanti 215
Tab. 20 - Output completo dei risultati statistici relativi all’analisi della regressione multipla utilizzata per studiare un modello capace di sintetizzare il tasso migratorio delle Regioni italiane rispetto alle proprie determinanti 218
Tab. 21 - Output completo delle risposte dell’indagine CATI con focus sulle Regioni Obiettivo 1 226
192
INDICE
INDICE DELLE FIGURE
pag.Fig. 1 - Tasso di attività 25-34 nelle province italiane. Anno 2005 231Fig. 2 - Tasso di attività 25-34 anni nelle regioni italiane. Anno 2005 232Fig. 3 - Tasso di attività totale nelle province italiane. Anno 2005 233Fig. 4 - Tasso di attività totale nelle regioni italiane. Anno 2005 234Fig. 5 - Forze di lavoro maschile totale nelle province italiane.
Anno 2005 235Fig. 6 - Forze di lavoro maschile totale nelle regioni italiane.
Anno 2005 236Fig. 7 - Forze di lavoro femminile totale nelle province italiane.
Anno 2005 237Fig. 8 - Forze di lavoro femminile totale nelle regioni italiane.
Anno 2005 238Fig. 9 - Incidenza forze di lavoro maschile sul totale forze
di lavoro nelle province italiane. Anno 2005 239Fig. 10 - Incidenza forze di lavoro maschile sul totale forze
di lavoro nelle regioni italiane. Anno 2005 240Fig. 11 - Incidenza forze di lavoro femminile sul totale forze
di lavoro nelle province italiane. Anno 2005 241Fig. 12 - Incidenza forze di lavoro femminile sul totale forze
di lavoro nelle regioni italiane. Anno 2005 242Fig. 13 - Tasso di occupazione totale 25-34 anni nelle province italiane.
Anno 2005 243Fig. 14 - Tasso di occupazione totale 25-34 anni nelle regioni italiane.
Anno 2005 244Fig. 15 - Incidenza occupati in agricoltura sul totale occupati
nelle province italiane. Anno 2005 245Fig. 16 - Incidenza occupati in agricoltura sul totale occupati
nelle province italiane. Anno 2005 246Fig. 17 - Incidenza occupati nell’industria sul totale occupati
nelle province italiane. Anno 2005 247Fig. 18 - Incidenza occupati nell’industria sul totale occupati
nelle regioni italiane. Anno 2005 248
193
pag.Fig. 19 - Incidenza occupati nelle costruzioni sul totale occupati
nelle province italiane. Anno 2005 249Fig. 20 - Incidenza occupati nelle costruzioni sul totale occupati
nelle regioni italiane. Anno 2005 250Fig. 21 - Incidenza occupati nei servizi sul totale occupati
nelle province italiane. Anno 2005 251Fig. 22 - Incidenza occupati nei servizi sul totale occupati
nelle regioni italiane. Anno 2005 252Fig. 23 - Tasso di disoccupazione maschile totale
nelle province italiane. Anno 2005 253Fig. 24 - Tasso di disoccupazione maschile totale
nelle regioni italiane. Anno 2005 254Fig. 25 - Tasso di disoccupazione femminile totale
nelle province italiane. Anno 2005 255Fig. 26 - Tasso di disoccupazione femminile totale
nelle regioni italiane. Anno 2005 256Fig. 27 - Non Forze di lavoro maschile totale nelle province italiane.
Anno 2005 257Fig. 28 - Non Forze di lavoro maschile totale nelle regioni italiane.
Anno 2005 258Fig. 29 - Non Forze di lavoro femminile totale nelle province italiane.
Anno 2005 259Fig. 30 - Non Forze di lavoro femminile totale nelle regioni italiane.
Anno 2005 260Fig. 31 - Non Forze di lavoro totale nelle province italiane.
Anno 2005 261Fig. 32 - Non Forze di lavoro totale nelle regioni italiane.
Anno 2005 262
194
INDICE DELLE FIGURE
195
APPENDICE STATISTICA
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APPENDICE STATISTICA
LAUREATI DI FOGGIA 8,32%% M % F % M % F
ROMA 17,67 16,43 GIURISPRUDENZA 36,64 9,50PSICOLOGIA 2,29 17,36
LETTERE 3,81 15,57
BOLOGNA 17,81 15,35 INGEGNERIA 20,45 5,13ECONOMIA 16,66 17,30
LETTERE 5,30 14,74
CHIETI 13,76 27,36 MEDICINA 21,27 4,16
LAUREATI DI LECCE 8,06%% M % F % M % F
ROMA 17,25 18,77 GIURISPRUDENZA 50,32 15,68PSICOLOGIA 2,61 27,45
BOLOGNA 18,26 18,52 ECONOMIA 25,30 25,16
MILANO 17,58 17,54 MEDICINA 48,07 16,78
LAUREATI DI BARI 7,43%% M % F % M % F
ROMA 20,42 24,34 GIURISPRUDENZA 51,51 5,94PSICOLOGIA 3,63 35,67
CHIETI 18,19 20,66 MEDICINA 48,98 73,24
MILANO 15,47 15,53 ECONOMIA 64,00 56,78
LAUREATI DI NAPOLI 7,30%% M % F % M % F
CHIETI 9,39 14,26 MEDICINA 40,84 28,57SCIENZE SOCIALI 22,53 65,17
ROMA 49,07 65,09 MEDICINA 44,20 79,45
MILANO 8,06 5,22 ECONOMIA 77,05 56,09
LAUREATI DI COSENZA 6,03%% M % F % M % F
ROMA 28,41 37,75 GIURISPRUDENZA 38,15 24,73
BOLOGNA 20,37 11,23 ECONOMIA 32,11 15,62
PERUGIA 10,84 14,20 GIURISPRUDENZA 32,75 34,28
segue
Tabella 15 - Le 10 province delle Regioni Obiettivo 1 con mobilità più elevata, distinguendo ilfenomeno per tipologia di Laurea e Sesso
LAUREATI DI TARANTO 5,50%% M % F % M % F
ROMA 18,34 24,41 GIURISPRUDENZA 47,11 4,13PSICOLOGIA 2,88 23,45
SCIENZE DELLA FORMAZIONE2,88 36,55
BOLOGNA 16,57 13,13 INGEGNERIA 29,78 6,41ECONOMIA 18,08 19,23
MILANO 13,40 11,28 ECONOMIA 48,68 53,73
LAUREATI DI SALERNO 4,65%% M % F % M % F
ROMA 32,50 38,96 MEDICINA 22,43 36,22GIURISPRUDENZA 39,10 12,24
PSICOLOGIA 5,12 21,93
MILANO 10,23 10,93 ECONOMIA 57,14 47,27
CHIETI 6,26 12,72 MEDICINA 50,00 46,87
LAUREATI DI POTENZA 4,36%% M % F % M % F
BOLOGNA 16,08 9,30 GIURISPRUDENZA 23,07 16,66INGEGNERIIA 26,15 0,00ECONOMIA 26,15 27,08
MILANO 15,84 15,89 MEDICINA 37,50 64,63ECONOMIA 31,25 17,07
ROMA 26,73 35,65 PSICOLOGIA 3,70 22,82GIURISPRUDENZA 27,77 15,21
LAUREATI DI CATANZARO 4,24%% M % F % M % F
ROMA 25,30 32,43 GIURISPRUDENZA 28,84 11,46PSICOLOGIA 3,84 17,19
LETTERE 9,61 19,10
BOLOGNA 20,19 11,57 GIURISPRUDENZA 15,66 25,00ECONOMIA 56,62 21,42
PERUGIA 11,43 14,82 ECONOMIA 21,27 4,16GIURISPRUDENZA 19,14 31,94
LAUREATI DI CASERTA 3,96%% M % F % M % F
ROMA 39,54 44,9 GIURISPRUDENZA 45,80 2,51MEDICINA 32,90 69,85
CASSINO 10,7 34,5 INGEGNERIA 38,09 0,00LETTERE 23,80 89,54
MILANO 6,63 3,83 ECONOMIA 80,77 70,58
210
APPENDICE STATISTICA
segue: Tabella 15 - Le 10 province delle Regioni Obiettivo 1 con mobilità più elevata, distinguendoil fenomeno per tipologia di Laurea e Sesso
211
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214
APPENDICE STATISTICA
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Assunzioni previste
Forza lavoro
Spesa delle famiglie
assunzioni previste laureati
Occupati a bassa
scolarizzazione
Occupati laureati e diplomati
Tasso di disoccupazione
Tasso di disoccupazione a medio alta
scolarizzazione
Peso Industria
Tasso lavoro nero
Tasso di disoccupazione
a bassa scolarizzazione
Indice Popolazione di
età 19 - 32 anni
Tasso Occupazione
Reddito disponibile pro
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215
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Indice di stuttura delle popolazone attiva
Tasso di disoccupazione e di lunga durata
Tasso di natalità lordo della
Investimenti Fissi
216
APPENDICE STATISTICA
Matrice di componenti (a)Componente
1 2 3 4Occupati laureati e diplomati ,926 ,291 -,063 ,209Forza lavoro ,926 ,316 ,016 ,206Spesa delle famiglie ,922 ,311 -,074 ,216Tasso di disoccupazione ,921 -,008 -,381 ,015Investimenti Fissi Lordi ,914 ,364 -,074 ,153Tasso Occupazione -,908 ,392 ,021 -,120Assunzioni previste -,905 ,294 ,224 ,033Occupati a bassa scolarizzazione ,890 ,404 ,060 ,199Assunzioni previste laureati ,771 ,249 ,343 -,464Indice di struttura della popolazione attiva -,715 ,444 -,324 -,330Tasso di natalità lorda delle imprese ,705 ,373 ,570 -,105Reddito disponibile pro capite regionale -,685 ,682 ,021 ,107Tasso di disoccupazione a bassa scolarizzazione ,604 ,581 -,520 -,157Tasso di disoccupazione a medio alta scolarizzazione ,424 -,805 ,348 -,156Tasso lavoro nero ,479 -,711 -,288 -,363Tasso di disoccupazione di lunga durata ,611 -,694 -,067 ,345Indice Popolazione di età 19 - 32 anni ,582 ,215 ,711 -,322Peso Industria -,638 -,074 ,397 ,644
Metodo estrazione: analisi componenti principali.(a) 4 componenti estratti
Matrice dei componenti ruotata(a)Componente
1 2 3 4Spesa delle famiglie ,937 ,207 ,258 ,110Investimenti Fissi Lordi ,928 ,153 ,293 ,161Occupati laureati e diplomati ,925 ,227 ,267 ,110Forza lavoro ,916 ,209 ,336 ,070Occupati a bassa scolarizzazione ,915 ,118 ,382 ,047Tasso di disoccupazione ,782 ,448 ,022 ,425Tasso di disoccupazione a bassa scolarizzazione ,775 -,238 ,005 ,584Tasso di disoccupazione di lunga durata ,302 ,924 -,138 -,115Reddito disponibile pro capite regionale -,161 -,921 -,118 -,241Tasso di disoccupazione a medio alta scolarizzazione -,202 ,914 ,311 ,008Tasso lavoro nero -,049 ,808 -,069 ,539Tasso Occupazione -,553 -,801 -,172 -,127Indice di struttura della popolazione attiva -,390 -,784 -,278 ,280Assunzioni previste -,581 -,692 -,095 -,363Indice Popolazione di età 19 - 32 anni ,218 ,126 ,964 ,024Tasso di natalità lorda delle imprese ,508 ,060 ,842 -,036Assunzioni previste laureati ,405 ,160 ,807 ,386Peso Industria -,334 -,187 -,202 -,893
Metodo estrazione: analisi componenti principali. Metodo rotazione: Varimax con normalizzazione di Kaiser.a La rotazione ha raggiunto i criteri di convergenza in 7 iterazioni.
Vari
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217
APPENDICE STATISTICA
Componente
218
APPENDICE STATISTICA
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APPENDICE STATISTICA
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,3
StatisticheTasso migratorio generico regionale N Validi 20
Mancanti 0
Tasso migratorio generico regionaleFrequenza Percentuale Percentuale Percentuale
valida cumulataValidi -4,40 1 5,0 5,0 5,0
-4,30 1 5,0 5,0 10,0-3,30 1 5,0 5,0 15,0-2,60 1 5,0 5,0 20,0-1,90 1 5,0 5,0 25,0-1,20 1 5,0 5,0 30,0-,10 1 5,0 5,0 35,0,60 1 5,0 5,0 40,0,90 1 5,0 5,0 45,01,20 1 5,0 5,0 50,01,30 2 10,0 10,0 60,01,70 1 5,0 5,0 65,01,80 2 10,0 10,0 75,02,30 1 5,0 5,0 80,02,50 1 5,0 5,0 85,02,90 1 5,0 5,0 90,04,30 1 5,0 5,0 95,04,90 1 5,0 5,0 100,0
Totale 20 100,0 100,0
220
APPENDICE STATISTICA
5,002,500,00-2,50-5,00
Tasso migratorio generico regionale
6
5
4
3
2
1
0
Freq
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za
Media =0,485 Dev. stand. =2,65236
N =20
Istogramma
Statistiche descrittive
Media Deviazione std. NTasso migratorio generico regionale ,4850 2,65236 20Assunzioni previste ,0000000 1,00000000 20Forza lavoro ,0000000 1,00000000 20Spesa delle famiglie ,0000000 1,00000000 20Assunzioni previste laureati ,0000000 1,00000000 20Occupati a bassa scolarizzazione ,0000000 1,00000000 20Occupati laureati e diplomati ,0000000 1,00000000 20Peso Industria ,0000000 1,00000000 20Tasso lavoro nero ,0000000 1,00000000 20Tasso di disoccupazione a bassa scolarizzazione ,0000000 1,00000000 20Indice Popolazione di età 19 - 32 anni ,0000000 1,00000000 20Reddito disponibile pro capite regionale ,0000000 1,00000000 20Indice di struttura della popolazione attiva ,0000000 1,00000000 20Tasso di disoccupazione di lunga durata ,0000000 1,00000000 20Tasso di natalità lorda delle imprese ,0000000 1,00000000 20Investimenti Fissi Lordi ,0000000 1,00000000 20
Variabili inserite/rimosse(a)
Modello Variabili inserite Variabili rimosseMetodo1 Tasso di disoccupazione . Per passi (Criteri:
di lunga durata Probabilità di F di inserimento <= ,050, Probabilità di F di rimozione >= ,100).
2 Tasso di natalità . Per passi (Criteri: lorda delle imprese Probabilità di F di
inserimento <= ,050,Probabilità di F di rimozione >= ,100).
(a) Variabile dipendente: Tasso migratorio generico regionale
Riepilogo del modello(c)
Modello R R-quadrato R-quadrato Errore std. Durbin-Watsoncorretto della stima
1 ,820(a) ,672 ,653 1,561362 ,863(b) ,744 ,714 1,41893 1,880(a) Stimatori: (Costante), Tasso di disoccupazione di lunga durata(b) Stimatori: (Costante), Tasso di disoccupazione di lunga durata, Tasso di natalità lorda delle
imprese(c) Variabile dipendente: Tasso migratorio generico regionale
221
APPENDICE STATISTICA
ANOVA(c)
Modello Somma dei df Media dei F Sig.quadrati quadrati
1 Regressione 89,784 1 89,784 36,829 ,000(a)Residuo 43,881 18 2,438Totale 133,666 19
2 Regressione 99,438 2 49,719 24,695 ,000(b)Residuo 34,227 17 2,013Totale 133,666 19
(a) Stimatori: (Costante), Tasso di disoccupazione di lunga durata(b) Stimatori: (Costante), Tasso di disoccupazione di lunga durata, Tasso di natalità lorda delle
imprese(c) Variabile dipendente: Tasso migratorio generico regionale
Coefficienti (a)
Modello Coefficienti Coefficienti t Sig. Statistiche non standardizzati standardizzati t di collinearità
B Errore Beta Tolleranza VIFstd.
1 (Costante) ,485 ,349 1,389 ,182Tasso di disoccupazione -2,174 ,358 -,820 -6,069 ,000 1,000 1,000di lunga durata
2 (Costante) ,485 ,317 1,529 ,145Tasso di disoccupazione -2,030 ,332 -,765 -6,112 ,000 ,961 1,041di lunga durataTasso di natalità ,727 ,332 ,274 2,190 ,043 ,961 1,041lorda delle imprese
(a) Variabile dipendente: Tasso migratorio generico regionale
Diagnostiche di collinearità (a)
Modello Dimensione Autovalore Indice di Variabilità spiegatacollinearità
(Costante) Tasso di Tasso didisoccupazione natalità
di lunga lorda delledurata imprese
1 1 1,000 1,000 ,50 ,502 1,000 1,000 ,50 ,50
2 1 1,198 1,000 ,00 ,40 ,402 1,000 1,095 1,00 ,00 ,003 ,802 1,222 ,00 ,60 ,60
(a) Variabile dipendente: Tasso migratorio generico regionale
222
APPENDICE STATISTICA
Statistiche dei residui(a)
Minimo Massimo Media Deviazione Nstd.
Valore atteso -3,3847 4,0856 ,4850 2,28771 20Valore atteso std. -1,692 1,574 ,000 1,000 20Errore standard dei valori attesi ,337 ,876 ,532 ,141 20Valore atteso corretto -3,8183 4,9842 ,4966 2,33887 20Residuo -2,38461 2,33305 ,00000 1,34217 20Residuo std. -1,681 1,644 ,000 ,946 20Residuo stud. -1,901 1,695 -,004 1,041 20Residuo cancellato -3,18420 2,71925 -,01160 1,63228 20Residuo studentizzato -2,079 1,804 -,004 1,094 20per cancellazioneDistanza di Mahal. ,119 6,294 1,900 1,561 20Distanza di Cook ,000 ,474 ,076 ,122 20Valore d’influenza ,006 ,331 ,100 ,082 20(a) Variabile dipendente: Tasso migratorio generico regionale
223
APPENDICE STATISTICA
20-2
Regressione Valore previsto standardizzato
2
1
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-1
-2
Regre
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Abruzzo
Lazio
Marche
Umbria
Toscana
Emilia Romagna
Friuli Venezia GiuliaVeneto
Trentino Alto Adige
Liguria
Lombardia
Valle d'Aosta
Piemonte
Grafico a dispersione
Variabile dipendente: Tasso migratorio generico regionale
224
APPENDICE STATISTICA
0,400000,200000,00000
Centered Leverage Value
0,40000
0,20000
0,00000
Co
ok
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nce
Sardegna
Sicilia
Calabria
Basilicata
Puglia
Campania
Molise
Abruzzo
Lazio
Marche
Umbria
Toscana Emilia Romagna
Friuli Venezia Giulia
Veneto
Trentino Alto Adige
Liguria
Lombardia
Valle d'Aosta
Piemonte
20-2
Valore osservato
2
0
-2
No
rmale
att
eso
Grafico di normalità Q-Q di Standardized Residual
225
APPENDICE STATISTICA
2,000000,00000-2,00000
Standardized Residual
5
4
3
2
1
0
Freq
uen
za
Media =2,7755576E-17 Dev. stand. =0,9459053
N =20
Istogramma
226
APPENDICE STATISTICA
Risultati indagine CATI
Popolazione di riferimento
Popolazione italiana di età compresa 18-33 anni al 31/12/2005
Campione 1.600 unitàIn Mobilità 158
di cui provenienti:dall'estero 37
Italiani 121(7,56%)
di cui provenienti:
dal Centro - Nord 49
dal Sud ed Isole 72 (59,5%)Maschi Femmine
50,70% 49,30%classi di età
18-22 23-27 28-3317,00% 40,20% 42,80%
area destinazioneCentro
Nord EstNord Ovest Sud Isole
25,70% 12,80% 41,90% 19,60%Ampiezza comune di provenienza (in migliaia)
0 - 20 20 - 50 50 -150 + 150 Nd21,90% 25,30% 12,00% 25,80% 15,00%
Flussi da una Regione Ob.1 ad una Regione del Centro – Nord
dalla alla % Regioni PreferiteCampania Lombardia 8,30 Lombardia 26,50%Sardegna Lombardia 5,60 Lazio 10,80%Sicilia Lombardia 5,60 Piemonte 9,80%Sicilia Molise 4,80 Emilia 8,70%Calabria Piemonte 4,20Campania Liguria 4,20Calabria Lombardia 4,20Campania Lazio 4,10Calabria Lazio 4,00Puglia Emilia 2,90Sardegna Piemonte 2,80Calabria Emilia 2,80Puglia Lombardia 2,80Campania Toscana 2,70Sicilia Veneto 1,60Sicilia Emilia 1,50Campania Emilia 1,50Sardegna Liguria 1,50Calabria Veneto 1,40Calabria Trentino 1,40Campania Piemonte 1,40Puglia Piemonte 1,40Sicilia Lazio 1,40Sardegna Toscana 1,40Puglia Marche 1,40Basilicata Toscana 1,40Sardegna Umbria 1,30Sardegna Marche 1,30Puglia Lazio 1,30Campania Umbria 1,30Campania Marche 1,30Basilicata Marche 1,30
Tabella 21 - Output completo delle risposte dell’indagine CATI con focus sulle Regioni Obiettivo 1
227
APPENDICE STATISTICA
In Mobilità dal Sud ed Isole 72 (59,5%)
%elareneGenoizavitoM
:ocificepsollen03,84irailimafàtisseceN %
01,81.TEDNIOPMET01,53orovaL
06,7.FICEPSAZNES00,11oidutS
01,4.MRETEDOPMET06,5ortlA
03,2.DNEIZAEGATS
05,1.MRETNIOROVAL
05,1.ORP.OC.OC
%opmetotnauqaD
05,4isem6idoneM %enoizafsiddoS
08,63otloM05,6onna1eisem6arT
03,06aznatsabbA04,6inna3e1arT
04,1ocoP01,5inna5e3arT
05,1allunreP05,77inna5idùiP
%ovitinifedotnematsopS%acificepSenoizavitoM
09,05isetnemaruciS01,15irailimafivitoM
08,91isetnemlibaborP06,21evitarovalàtinutroppoiroiggaM
00,42onetnemlibaborP04,11esseretniidoidutsidosrocaznessA
03,5onetnemaruciS00,5ingadaugiroiggaM
00,7areirracevittepsorpiroiggaM
Maggiore specializzazione 0,80 Disponibiltà rientro %
01,61isetnemaruciS01,7atividelitS
03,72isetnemlibaborP06,3ortlA
06,52onetnemlibaborP03,4acidninonasnoN
00,13onetnemaruciS01,5arutlucaL
08,2eroilgimelarenegenoizautiS
04,1ativalledàtilauQ
Assenza Università/corsi di formazione di02,2oigitserp
Motivazione rientro (rispostamultipla)
%
03,52irailimafivitoM04,1asrevidazneirepsE
08,32ecaipehcorucisorovalnueravorT
Titolo di studio % 09,71ovitomnussenreP
09,21enoigeraimalecaip/omaéhcreP01,02iroirefnieideM
04,6otaveleùipongadauG09,35iroirepuseideM
02,7ortlA05,51odnaerual/oiratisrevinU
08,4eroilgimareirracidavittepsorP07,7aeruaL
07,4osnoN04,1acreciridotarottoD
08,4ativalledàtilauqaleraroilgiM04,1retsaM
03,3elarenegenoizautisotnemaibmaC
228
APPENDICE STATISTICA
Maggiori prospettive di cariera 19,30
Apre la strada al lavoro di interesse 22,30
Regione dove si è conseguita lalaurea
%
09,54angamoRailimE01,42oidutsolecaip/arutluC
07,11oizaL05,12eiretamel/àtlocafalavecaiP
06,91aidrabmoL09,01ongadaugidàtilibissopiroiggaM
03,7anacsoT05,01oirassecenèéhcreP
05,51etnomeiP06,01ortlA
Conseguimento della laurea fuori dellaregione
%Si 70,50No 29,50
Motivazione studi universitari fuori dalla regione diorigine (risposta multipla)
%
Come ha trovato lavoro
%
03,75aizicima/irailimafittatnoC06,33àtisrevinu'lledoigitserP
08,8)ilanroig/tenretni(icnunnA07,02enoigeriroufolosàtlocafazneserP
06,6elaniretniorovalideiznegA04,03irailimafivitoM
08,01ogeipmi'lrepirtneC04,51asrevidazneirepse'nueraFMaggiore possibilità di specializzazione nel propriosettore 7,30 Da solo (cv, autoc.) 2,20
01,2cotua-vc.lop.tnI04,7atividelitS
02,2osrocnoC02,21erutturtsarfniiroiggaM01,2airporpàtivittA
09,7ortlA
Professione %
02,82etnedutS
07,52otageipmI
01,7otapuccosiD
04,71oiarepO
03,4atsinoisseforporebiL
04,1agnilasaC
08,2omonotuaerotarovaL/etnatneserppaR
02,8etnaicremmoC
07,2etnangesnI
09,0enoisseforpartlA
03,1onaigitrA
Motivazioni laurea (risposta multipla)
%
229
APPENDICE STATISTICA
%arovalopmetotnauqaD
02,4isem6idoneM
04,4onna1eisem6arT
07,61inna3e1arT
Tra 3 e 5 anni 8,80
Più di 5 anni 65,90
L'attività è coerente con il titolo di studio?%
Molto 35,00
Abbastanza 26,70
Poco 13,10
Per nulla 25,20
Rispecchia desideri e aspettative?
%
Molto 29,90
Abbastanza 46,10
Poco 11,10
Per nulla 12,90
Ripeterebbe percorso formativo?
%
03,93isetnemaruciS
05,53isetnemlibaborP
06,81onetnemlibaborP
06,6onetnemaruciS
Titolo di studio padre %
Nessuno/elementari 05,21
07,42iroirefnieideM
01,54iroirepuseideM
Laurea 8,60
08,0acreciridotarottoD
Non indica 8,30
%erdamoidutsidolotiT
04,91iratnemele/onusseN
04,63iroirefnieideM
06,42iroirepuseideM
Laurea 12,10
Non indica 7,50
230
APPENDICE STATISTICA
%erdapenoisseforP
Pensionato 32,30
Impiegato 19,00
Operaio 14,50
00,7atsinoisseforporebiL
01,9erotidnerpmI/etnegiriD
Commerciante 4,10
Non indica 3,60
Insegnante 1,40
Agricoltore 6,20
Medico 1,40
04,1etnatneserppaR
%erdamenoisseforP
Casalinga 48,40
Impiegato 11,20
Pensionato 14,50
Insegnante 7,70
Operaio 1,40
00,5atsinoisseforporebiL
04,1etnaicremmoC
Non indica 1,40
Agricoltore 7,60
04,1etnatneserppaR
231
APPENDICE STATISTICA
Figura 1 - Tasso di attività 25-34 nelle province italiane. Anno 2005
232
APPENDICE STATISTICA
Figura 2 - Tasso di attività 25-34 anni nelle regioni italiane. Anno 2005
233
APPENDICE STATISTICA
Figura 3 - Tasso di attività totale nelle province italiane. Anno 2005
234
APPENDICE STATISTICA
Figura 4 - Tasso di attività totale nelle regioni italiane. Anno 2005
235
APPENDICE STATISTICA
Figura 5 - Forze di lavoro maschile totale nelle province italiane. Anno 2005
236
APPENDICE STATISTICA
Figura 6 - Forze di lavoro maschile totale nelle regioni italiane. Anno 2005
237
APPENDICE STATISTICA
Figura 7 - Forze di lavoro femminile totale nelle province italiane. Anno 2005
238
APPENDICE STATISTICA
Figura 8 - Forze di lavoro femminile totale nelle regioni italiane. Anno 2005
239
APPENDICE STATISTICA
Figura 9 - Incidenza forze di lavoro maschile sul totale forze di lavoro nelleprovince italiane. Anno 2005
240
APPENDICE STATISTICA
Figura 10 - Incidenza forze di lavoro maschile sul totale forze di lavoro nelleregioni italiane. Anno 2005
241
APPENDICE STATISTICA
Figura 11 - Incidenza forze di lavoro femminile sul totale forze di lavoro nelleprovince italiane. Anno 2005
242
APPENDICE STATISTICA
Figura 12 - Incidenza forze di lavoro femminile sul totale forze di lavoro nelleregioni italiane. Anno 2005
243
APPENDICE STATISTICA
Figura 13 - Tasso di occupazione totale 25-34 anni nelle province italiane. Anno2005
244
APPENDICE STATISTICA
Figura 14 - Tasso di occupazione totale 25-34 anni nelle regioni italiane. Anno2005
245
APPENDICE STATISTICA
Figura 15 - Incidenza occupati in agricoltura sul totale occupati nelle provinceitaliane. Anno 2005
246
APPENDICE STATISTICA
Figura 16 - Incidenza occupati in agricoltura sul totale occupati nelle provinceitaliane. Anno 2005
247
APPENDICE STATISTICA
Figura 17 - Incidenza occupati nell’industria sul totale occupati nelle provinceitaliane. Anno 2005
248
APPENDICE STATISTICA
Figura 18 - Incidenza occupati nell’industria sul totale occupati nelle regioniitaliane. Anno 2005
249
APPENDICE STATISTICA
Figura 19 - Incidenza occupati nelle costruzioni sul totale occupati nelle provinceitaliane. Anno 2005
250
APPENDICE STATISTICA
Figura 20 - Incidenza occupati nelle costruzioni sul totale occupati nelle regioniitaliane. Anno 2005
251
APPENDICE STATISTICA
Figura 21 - Incidenza occupati nei servizi sul totale occupati nelle provinceitaliane. Anno 2005
252
APPENDICE STATISTICA
Figura 22 - Incidenza occupati nei servizi sul totale occupati nelle regioni italiane.Anno 2005
253
APPENDICE STATISTICA
Figura 23 - Tasso di disoccupazione maschile totale nelle province italiane.Anno 2005
254
APPENDICE STATISTICA
Figura 24 - Tasso di disoccupazione maschile totale nelle regioni italiane. Anno2005
Tasso di Disoccupazione Maschile Totale nelle Regioni Italiane
Anno 2005
255
APPENDICE STATISTICA
Figura 25 - Tasso di disoccupazione femminile totale nelle province italiane.Anno 2005
256
APPENDICE STATISTICA
Figura 26 - Tasso di disoccupazione femminile totale nelle regioni italiane. Anno2005
257
APPENDICE STATISTICA
Figura 27 - Non Forze di lavoro maschile totale nelle province italiane. Anno2005
Non Forze di Lavoro Maschile Totalenelle Province Italiane
Anno 2005
258
APPENDICE STATISTICA
Figura 28 - Non Forze di lavoro maschile totale nelle regioni italiane. Anno2005
Figura 29 - Non Forze di lavoro femminile totale nelle province italiane. Anno2005
259
APPENDICE STATISTICA
260
APPENDICE STATISTICA
Figura 30 - Non Forze di lavoro femminile totale nelle regioni italiane. Anno2005
261
APPENDICE STATISTICA
Figura 31 - Non Forze di lavoro totale nelle province italiane. Anno 2005
Non Forze di Lavoro Totale nelle Province Italiane
Anno 2005
262
APPENDICE STATISTICA
Figura 32 - Non Forze di lavoro totale nelle regioni italiane. Anno 2005
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Isfol, Standard delle competenze nell’Istruzione e Formazione TecnicaSuperiore. Percorsi metodologici e di sperimentazione, Roma, Isfol, 2006(Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 19)
Isfol, Esperienze di validazione dell’apprendimento non formale e informale inItalia e in Europa, Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 20)
Isfol, Ricostruire e valorizzare l’esperienza. Approcci e contesti d’intervento, Roma,Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 21)
Isfol, Valutare gli interventi per l’occupabilità: le misure di inserimento al lavo-ro, Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 22)
Isfol, Orientare l’Orientamento, Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Studi e ri-cerche; 23)
Isfol, Dall’analisi della domanda alla valutazione della consulenza di orienta-mento: Val.ori, Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 24)
Isfol, Dialoghi sull’orientamento. Dalle esperienze ai modelli, Roma, Isfol,2006 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 25)
Isfol, Fondo nazionale per il diritto al lavoro dei disabili. Monitoraggio 2004,Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 26)
Isfol, Formazione, istruzione e lavoro. Valutazione delle politiche sostenute dalFondo sociale europeo 2000-2006 nell’Italia del Centro-Nord, Roma, Isfol,2006 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 27)
Isfol, Conciliazione vita/lavoro: un traguardo possibile. L’esperienza di Equal,Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 28)
Isfol, Volontariato e pianificazione sociale di zona: la partecipazione. Indagine pi-lota sul volontariato, Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Studi e ricerche; 29)
Isfol, La mobilità costretta, la mobilità geografica dei giovani italiani: caratte-ristiche e prospettive delle Regioni del Mezzogiorno (Temi&Strumenti. Studie ricerche; 30)
I.G.E.R. srlviale C.T. Odescalchi, 67/A
00147 Roma
Finito di stampare dicembre 2006