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la vita diocesana Messaggio del nostro Vescovo Mons. Mariano Crociata per la giornata del Seminario: CHIAMATI A RAVVIVARE LA SPERANZA Nella sua seconda lettera enciclica Benedetto XVI afferma che «dobbiamo adesso do- mandarci esplicitamente: la fede cristiana è anche per noi oggi una speranza che trasforma e sorregge la nostra vita? È essa per noi… un messaggio che plasma in modo nuovo la vita stes- sa?» (Spe salvi, n. 10) E più oltre ribadisce che «chi non conosce Dio, pur potendo avere molte- plici speranze, in fondo è senza speranza, senza la grande speranza che sorregge tutta la vita (cfr Ef 2,12). La vera, grande speranza dell’uomo, che resiste nonostante tutte le delusioni, può esse- re solo Dio – il Dio che ci ha amati e ci ama tuttora “sino alla fine”, “fino al pieno compimen- to” (cf. Gv 13,1 e 19, 30).» (Spe salvi, n. 27) La Chiesa vive di questa speranza e i suoi membri – tutti i battezzati – ne sono come impregnati e sostenuti. Il compito primario della Chiesa e l’esigenza fondamentale della sua vita consistono allora nel suscitare la speranza, alimentarla e tenerla viva nell’esistenza dei singoli credenti e nelle comunità ecclesiali. Così la chiamata alla speranza raggiunge tutti i credenti in Cristo, caratterizza la loro vita e orienta la loro missione (cf. 1Pt 3,15). Per tenere viva la speranza è costituito il ministero ordinato. Mediante la parola e i sacramenti i presbiteri annunciano e comunicano la speranza della vita eterna, anticipata nella vita di grazia, nella fraternità e nel servizio al prossimo. Questa speranza ci fa guardare con grande attesa e trepidazione al Seminario, dove i chiamati al ministero ordinato vengono accolti e guidati negli anni di preparazione e di forma- zione. Davvero essi sono un motivo di speranza per la nostra Chiesa di Noto; anzi, essi stessi vivono fin da ora intensamente di questa speranza per poterla poi comunicare e testimoniare a tutto il popolo cristiano. A questo scopo i seminaristi hanno bisogno di sentire di essere apprezzati, seguiti e voluti bene da tutti i fedeli della nostra diocesi. Essi hanno bisogno della preghiera, della testi- monianza, del sostegno cordiale di tutta la comunità ecclesiale, come espressione della speranza condivisa e pegno di una dedizione piena a tenerla viva, questa speranza, con la propria vita e con il proprio servizio. Risulta pertanto molto significativo che proprio il giorno di Pasqua ci ricordiamo del seminario e dei seminaristi, poiché il Cristo risorto è il fondamento di tutta la nostra speranza. Da lui invochiamo e attendiamo futuri sacerdoti animati da una speranza viva che sappiano trasfonderla con la loro vita e la loro parola in tutti coloro a cui saranno inviati. Mariano Crociata Vescovo di Noto Giornata del Seminario Giornata del Seminario Giornata del Seminario Giornata del Seminario Giornata del Seminario Giornata del Seminario Giornata del Seminario Giornata del Seminario Giornata del Seminario Giornata del Seminario Giornata del Seminario Giornata del Seminario Giornata del Seminario Giornata del Seminario Giornata del Seminario Giornata del Seminario Invito del Papa Benedetto XVI alla preghiera per le vocazioni Signore Gesù, ai tuoi apostoli, come ri- sorto, hai affidato un prezioso mandato: «Andate ed ammaestrate tutte le nazioni...», rassicurando loro e noi: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo». Hai chiesto ai tuoi discepoli di farsi carico del bisogno delle folle, a cui volevi offrire non solo il cibo per sfamarsi, ma anche rivelare il cibo “che dura per la vita eter- na”. Da questo tuo sguardo di amore sgorga per tutti noi, ancora oggi, il tuo invito: «Pregate dunque il padrone della messe, perché mandi operai nella sua messe». Aiutaci a comprendere, o Signore, che corrispondere alla tua chiamata significa affrontare con prudenza e semplicità ogni situazione di difficoltà e sofferenza nella vita, perché “un discepolo non è da più del suo maestro”. Grazie, o Signore, per le “testimonianze commoventi” che sem- pre ci doni, capaci di ispirare tanti giovani a seguire a loro volta Te, che sei la Vita, trovando così il senso della “vita vera”. Grazie per questi “testimoni della missio- ne”, liberi di lasciare tutto, per annunciare Te con profonda originalità e umanità. Santa Maria, Regina degli apostoli, Madre della speranza, insegnaci a credere, spera- re e amare con te. Stella del mare, brilla su di noi, rendici “missionari della speranza” e guidaci nel nostro cammino! Amen. Dal messaggio per la 45ª Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, 13 Aprile 2008 Pasqua di Risurrezione 23 Marzo 2008 Giornata del Giornata del Giornata del Giornata del Seminario Seminario Seminario Seminario

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la vita diocesana

Messaggio del nostro Vescovo Mons. Mariano Crociata per la

giornata del Seminario:

CHIAMATI A RAVVIVARE LA SPERANZA

Nella sua seconda lettera enciclica Benedetto XVI afferma che «dobbiamo adesso do-mandarci esplicitamente: la fede cristiana è anche per noi oggi una speranza che trasforma e sorregge la nostra vita? È essa per noi… un messaggio che plasma in modo nuovo la vita stes-sa?» (Spe salvi, n. 10) E più oltre ribadisce che «chi non conosce Dio, pur potendo avere molte-plici speranze, in fondo è senza speranza, senza la grande speranza che sorregge tutta la vita (cfr Ef 2,12). La vera, grande speranza dell’uomo, che resiste nonostante tutte le delusioni, può esse-re solo Dio – il Dio che ci ha amati e ci ama tuttora “sino alla fine”, “fino al pieno compimen-to” (cf. Gv 13,1 e 19, 30).» (Spe salvi, n. 27)

La Chiesa vive di questa speranza e i suoi membri – tutti i battezzati – ne sono come impregnati e sostenuti. Il compito primario della Chiesa e l’esigenza fondamentale della sua vita consistono allora nel suscitare la speranza, alimentarla e tenerla viva nell’esistenza dei singoli credenti e nelle comunità ecclesiali. Così la chiamata alla speranza raggiunge tutti i credenti in Cristo, caratterizza la loro vita e orienta la loro missione (cf. 1Pt 3,15).

Per tenere viva la speranza è costituito il ministero ordinato. Mediante la parola e i sacramenti i presbiteri annunciano e comunicano la speranza della vita eterna, anticipata nella vita di grazia, nella fraternità e nel servizio al prossimo.

Questa speranza ci fa guardare con grande attesa e trepidazione al Seminario, dove i chiamati al ministero ordinato vengono accolti e guidati negli anni di preparazione e di forma-zione. Davvero essi sono un motivo di speranza per la nostra Chiesa di Noto; anzi, essi stessi vivono fin da ora intensamente di questa speranza per poterla poi comunicare e testimoniare a tutto il popolo cristiano.

A questo scopo i seminaristi hanno bisogno di sentire di essere apprezzati, seguiti e voluti bene da tutti i fedeli della nostra diocesi. Essi hanno bisogno della preghiera, della testi-monianza, del sostegno cordiale di tutta la comunità ecclesiale, come espressione della speranza condivisa e pegno di una dedizione piena a tenerla viva, questa speranza, con la propria vita e con il proprio servizio. Risulta pertanto molto significativo che proprio il giorno di Pasqua ci ricordiamo del seminario e dei seminaristi, poiché il Cristo risorto è il fondamento di tutta la nostra speranza. Da lui invochiamo e attendiamo futuri sacerdoti animati da una speranza viva che sappiano trasfonderla con la loro vita e la loro parola in tutti coloro a cui saranno inviati.

� Mariano Crociata Vescovo di Noto

Giornata del Seminario Giornata del Seminario Giornata del Seminario Giornata del Seminario

Giornata del Seminario Giornata del Seminario Giornata del Seminario Giornata del Seminario

Giornata del Seminario Giornata del Seminario Giornata del Seminario Giornata del Seminario

Giornata del Seminario Giornata del Seminario Giornata del Seminario Giornata del Seminario

Invito del Papa Benedetto XVI alla preghiera per

le vocazioni

Signore Gesù, ai tuoi apostoli, come ri-sorto, hai affidato un prezioso mandato: «Andate ed ammaestrate tutte le nazioni...», rassicurando loro e noi: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo». Hai chiesto ai tuoi discepoli di farsi carico del bisogno delle folle, a cui volevi offrire non solo il cibo per sfamarsi, ma anche rivelare il cibo “che dura per la vita eter-na”. Da questo tuo sguardo di amore sgorga per tutti noi, ancora oggi, il tuo invito: «Pregate dunque il padrone della messe, perché mandi operai nella sua messe». Aiutaci a comprendere, o Signore, che corrispondere alla tua chiamata significa affrontare con prudenza e semplicità ogni situazione di difficoltà e sofferenza nella vita, perché “un discepolo non è da più del suo maestro”. Grazie, o Signore, per le “testimonianze commoventi” che sem-pre ci doni, capaci di ispirare tanti giovani a seguire a loro volta Te, che sei la Vita, trovando così il senso della “vita vera”. Grazie per questi “testimoni della missio-ne”, liberi di lasciare tutto, per annunciare Te con profonda originalità e umanità. Santa Maria, Regina degli apostoli, Madre della speranza, insegnaci a credere, spera-re e amare con te. Stella del mare, brilla su di noi, rendici “missionari della speranza” e guidaci nel nostro cammino! Amen. Dal messaggio per la 45ª Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, 13 Aprile 2008

Pasqua di Risurrezione

23 Marzo 2008

Giornata del Giornata del Giornata del Giornata del

SeminarioSeminarioSeminarioSeminario

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II ANNO DI LICENZA

IN TEOLOGIA MORALE

Acc. Alessandro SpatolaAcc. Alessandro SpatolaAcc. Alessandro SpatolaAcc. Alessandro Spatola Parrocchia S. Caterina da Siena - Rosolini

II ANNO DI LICENZA

IN CATECHETICA

Acc. Gianluca ManentiAcc. Gianluca ManentiAcc. Gianluca ManentiAcc. Gianluca Manenti Parrocchia Madonna del Carmine - Noto

Lett. Antonio CirinnàLett. Antonio CirinnàLett. Antonio CirinnàLett. Antonio Cirinnà Parrocchia S. Corrado - Pachino

ESPERIENZA PASTORALE

Acc. Christian BaroneAcc. Christian BaroneAcc. Christian BaroneAcc. Christian Barone Parrocchia Chiesa Madre

Madonna del Rosario - Pozzallo

V TEOLOGIA

Amm. Salvatore BellaAmm. Salvatore BellaAmm. Salvatore BellaAmm. Salvatore Bella Parrocchia Chiesa Madre

Madonna del Rosario - Pozzallo

Amm. Roberto GianòAmm. Roberto GianòAmm. Roberto GianòAmm. Roberto Gianò Parrocchia S. Giovanni Battista - Avola

Amm. Michele IaconoAmm. Michele IaconoAmm. Michele IaconoAmm. Michele Iacono Parrocchia Chiesa Madre

Madonna del Rosario - Pozzallo

IV TEOLOGIA

Roberto AvolaRoberto AvolaRoberto AvolaRoberto Avola Parrocchia Madonna delle Lacrime - Modica

III TEOLOGIA

Gabriele Di MartinoGabriele Di MartinoGabriele Di MartinoGabriele Di Martino Parrocchia Chiesa Madre

S. Giuseppe - Rosolini

Armando FidoneArmando FidoneArmando FidoneArmando Fidone Parrocchia SS. Annunziata - Ispica

Antonino GarofaloAntonino GarofaloAntonino GarofaloAntonino Garofalo Parrocchia S. Bartolomeo Apostolo - Scicli

II TEOLOGIA

Salvatore LuciforaSalvatore LuciforaSalvatore LuciforaSalvatore Lucifora Parrocchia Chiesa Madre S. Giorgio - Modica

Davide LutriDavide LutriDavide LutriDavide Lutri Parrocchia S. Caterina da Siena - Donnalucata

Giovanni RoccasalvoGiovanni RoccasalvoGiovanni RoccasalvoGiovanni Roccasalvo Parrocchia S. Paolo - Pozzallo

Manlio SavarinoManlio SavarinoManlio SavarinoManlio Savarino Parrocchia S. Caterina da Siena - Donnalucata

Giovanni VizziniGiovanni VizziniGiovanni VizziniGiovanni Vizzini Parrocchia Chiesa Madre

SS. Crocifisso - Pachino

I TEOLOGIA

Giuseppe Di StefanoGiuseppe Di StefanoGiuseppe Di StefanoGiuseppe Di Stefano Parrocchia Chiesa Madre

S. Giuseppe - Rosolini

Daniele LaurettaDaniele LaurettaDaniele LaurettaDaniele Lauretta Parrocchia Madonna delle Grazie - Ispica

Alessandro PaolinoAlessandro PaolinoAlessandro PaolinoAlessandro Paolino Parrocchia S. Giovanni Battista - Pozzallo

Giornata del Seminario Giornata del Seminario Giornata del Seminario Giornata del Seminario

Giornata del Seminario Giornata del Seminario Giornata del Seminario Giornata del Seminario

Giornata del Seminario Giornata del Seminario Giornata del Seminario Giornata del Seminario

Giornata del Seminario Giornata del Seminario Giornata del Seminario Giornata del Seminario

La nostra comunità nell’anno 2007/2008

45ª Giornata Mondiale

di

Preghiera per le Voca-

zioni

IV Giornata Diocesana

della Gioventù

www.passaParola.vaiwww.passaParola.vaiwww.passaParola.vaiwww.passaParola.vai

Rettore: Sac. Rosario GisanaSac. Rosario GisanaSac. Rosario GisanaSac. Rosario Gisana - Vice Rettore: Sac. Corrado LoreficeSac. Corrado LoreficeSac. Corrado LoreficeSac. Corrado Lorefice

Direttore Spirituale: Sac. Ignazio Petriglieri Sac. Ignazio Petriglieri Sac. Ignazio Petriglieri Sac. Ignazio Petriglieri - Economo: Sac. Maurizio NovelloSac. Maurizio NovelloSac. Maurizio NovelloSac. Maurizio Novello

Invia le tue OFFERTE sul C.C.P. n. 11638962 Seminario Vescovile – Noto

Preghiera dei fedeli Preghiera dei fedeli Preghiera dei fedeli Preghiera dei fedeli nel giorno di Pasqua nel giorno di Pasqua nel giorno di Pasqua nel giorno di Pasqua

per le Vocazioni Sacerdotaliper le Vocazioni Sacerdotaliper le Vocazioni Sacerdotaliper le Vocazioni Sacerdotali

Cel.: In questo giorno santissimo in cui la potenza dello Spirito ci crea uomini nuovi ad immagine del Signore Risorto e fa di tutti noi il suo popolo santo, innalziamo la nostra preghiera unanime, perché la nostra preghiera unanime, perché la gioia della Pasqua si estenda nel mondo intero e la Chiesa abbia sempre sacerdoti secon-do il cuore di Dio, coraggiosi testimoni e annunziatori del Vangelo.

R.: O Pastore eterno, venga il tuo regno.O Pastore eterno, venga il tuo regno.O Pastore eterno, venga il tuo regno.O Pastore eterno, venga il tuo regno.

---- Per il popolo santo popolo santo popolo santo popolo santo di Dio: perché abbia sempre più viva la coscienza di essere la comunità pasquale, generata dal costato di Cristo per testimoniare la sua risurrezio-ne, preghiamo. R.R.R.R.

---- Signore Gesù che hai detto: “Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppres-si”, infondi fiducia e dona forza missiona-ria al nostro Vescovonostro Vescovonostro Vescovonostro Vescovo e all’intera Chiesaintera Chiesaintera Chiesaintera Chiesa netina perché la luce di Cristo Risorto sia annunziata a tutti gli uomini del nostro territorio, preghiamo. R.R.R.R.

---- Per i responsabili delle guerre e delle responsabili delle guerre e delle responsabili delle guerre e delle responsabili delle guerre e delle oppressionioppressionioppressionioppressioni dei deboli specialmente in Iraq, in Terrasanta e nel territorio della Chiesa nostra gemella di Butembo-Beni: perché, accogliendo la luce del Risorto, superino la violenza e si avviino verso la pace, preghiamo. R.R.R.R.

---- Per il nostro Seminarionostro Seminarionostro Seminarionostro Seminario: perché, assieme alla testimonianza viva delle nostre comu-nità, prepari sacerdoti premurosi nel servi-re il popolo di Dio, preghiamo. R.R.R.R.

---- Per i giovanigiovanigiovanigiovani che hanno udito la voce del Signore che li chiama a seguirlo a tempo pieno: perché, superando ogni ostacolo, pronunzino un generoso “eccomi”, pre-ghiamo. R.R.R.R.

Cel.: O Dio, nostro Padre, che in Cristo Risorto hai dato inizio alla creazione nuo-va, fa che i figli della Chiesa, con la grazia dello Spirito Santo, annunzino la perenne novità del Vangelo. Per Cristo nostro Signore. A. AmenA. AmenA. AmenA. Amen

C h i a m a t i a r a v v i v a r e l a S p e r a n z aC h i a m a t i a r a v v i v a r e l a S p e r a n z aC h i a m a t i a r a v v i v a r e l a S p e r a n z aC h i a m a t i a r a v v i v a r e l a S p e r a n z a

Campi vocazionali

Casa del Sorriso Casa del Sorriso Casa del Sorriso Casa del Sorriso ---- Testa dell’acqua Testa dell’acqua Testa dell’acqua Testa dell’acqua ---- Noto Noto Noto Noto Ragazze : 7/11 Luglio 2008Ragazze : 7/11 Luglio 2008Ragazze : 7/11 Luglio 2008Ragazze : 7/11 Luglio 2008

Ragazzi : 14/18 Luglio 2008Ragazzi : 14/18 Luglio 2008Ragazzi : 14/18 Luglio 2008Ragazzi : 14/18 Luglio 2008

Oasi del Vangelo

Casa del Sorriso Casa del Sorriso Casa del Sorriso Casa del Sorriso ---- Testa dell’acqua Testa dell’acqua Testa dell’acqua Testa dell’acqua ---- Noto Noto Noto Noto

Giovani : 21/26 Luglio 2008Giovani : 21/26 Luglio 2008Giovani : 21/26 Luglio 2008Giovani : 21/26 Luglio 2008

Scuola di Preghie-

ra MARZO: Modica 9 - Noto 30

Dacci oggi il nostro paneDacci oggi il nostro paneDacci oggi il nostro paneDacci oggi il nostro pane Monastero Benedettine

ore 16,30 - 18,30

APRILE: Noto 20

Ritiro: rimetti a noirimetti a noirimetti a noirimetti a noi i nostri debitii nostri debitii nostri debitii nostri debiti

MAGGIO:

Modica 18 - Noto 25

Non ci indurre in tentazione, Non ci indurre in tentazione, Non ci indurre in tentazione, Non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal malema liberaci dal malema liberaci dal malema liberaci dal male

Monastero Benedettine

ore 16,30 - 17,00

Centro Diocesano Vocazioni

Via Gioberti, 2—Noto

tel. 0931 835083 / 837156

www.cdvnoto.it

I prossimi appuntamenti

del

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Quale Chiesa desiderare e quale Chiesa costruire?Quale Chiesa desiderare e quale Chiesa costruire?Quale Chiesa desiderare e quale Chiesa costruire?Quale Chiesa desiderare e quale Chiesa costruire?

La formazione di un seminarista ha anzitutto un aspetto ecclesiale come cardine essenziale nel suo evolversi, tale aspetto ecclesiale non può che identificarsi con una ben definita concezione di Chiesa. Che tipo di Chiesa desiderare? Una domanda da porsi in maniera imprescindibile, una domanda che deve essere nel cuore di ogni fedele cristiano e ancor più per chi si prepara al ministero presbiterale. Il desiderio di avere una Chiesa ad hoc viene ad incastonarsi dentro il grande mosaico dell’ecclesiologia scaturita ultimamente dal Concilio Vaticano II, ecclesiologia, a mio parere, ancora da approfondire. Parliamo di una Chiesa definita come “strumento di salvezza” (LG1). Questo è quello che deve desiderare un battezzato anzitutto, che la sua Madre Chie-sa abbia le braccia spalancate per poter accogliere quell’uomo che “ha sete”, una sete che ha dentro di se la vera sete, quella sete di acqua viva che è principio assolu-to e oggettivo di ogni fragilità umana. Vorrei legare appunto questa visione di Chiesa con un’antropologia valida oggetti-vamente, in quanto ha principi che scaturiscono dall’esistenza umana e non da una deduzione filosofica, che è frutto di una finitudine sperimentata da ogni uomo e non da una presuntuosa antropologia filosofica che crede di dischiudere in pieno il miste-ro dell’uomo. A questo punto viene fuori la responsabilità dello stesso battezzato che desidera questa Chiesa, il battezzato partendo dalla propria creaturalità entra in empatia con tutta l’umanità e allo stesso tempo si dispone ad essere egli stesso membro vivo di questa Chiesa che ama l’uomo come Cristo, il quale ha amato noi “mentre eravamo ancora peccatori” (Rm 5,8).

Roberto GianòRoberto GianòRoberto GianòRoberto Gianò Alunno del V anno di TeologiaAlunno del V anno di TeologiaAlunno del V anno di TeologiaAlunno del V anno di Teologia

Non ci indurre in tentazione, Non ci indurre in tentazione, Non ci indurre in tentazione, Non ci indurre in tentazione,

Monastero Benedettine

Centro Diocesano Vocazioni

tel. 0931 835083 / 837156

Giornata del Seminario Giornata del Seminario Giornata del Seminario Giornata del Seminario

Giornata del Seminario Giornata del Seminario Giornata del Seminario Giornata del Seminario

Giornata del Seminario Giornata del Seminario Giornata del Seminario Giornata del Seminario

Giornata del Seminario Giornata del Seminario Giornata del Seminario Giornata del Seminario

C h i a m a t i a r a v v i v a r e l a S p e r a n z aC h i a m a t i a r a v v i v a r e l a S p e r a n z aC h i a m a t i a r a v v i v a r e l a S p e r a n z aC h i a m a t i a r a v v i v a r e l a S p e r a n z a

L’arte della formazione L’arte della formazione L’arte della formazione L’arte della formazione L’approccio educativo è un aspetto essenziale della relazione umana. Esso

scaturisce da un’esigenza sempre più impellente di incontrare l’altro in modo autenti-co, accettando i limiti della sua alterità e soprattutto lasciando che tale raffronto pos-sa generare modalità nuove di relazione. La crescita, fine nobile dell’educazione, rischia l’inceppo se essa tende a dispiegarsi su un piano impositivo e pretenzioso. Soltanto l’incontro, in una dimensione di genuina compromissione, può stimolare la voglia di crescere. Il fine dell’ educazione sta proprio in questa capacità di sollecitare un nuovo adattamento nell’altro che sta di fronte ed è affidato alle proprie cure. Ciò è possibile nella misura in cui chi educa è pronto ad accogliere questa “novità di vita” da costruire assieme, con disponibilità e proficuo abbassamento.

Nel processo di formazione vi sono livelli diversificati e non può non essere così. Risulta infatti che vi è sempre qualcuno più adulto rispetto ad un altro che è chiamato ad esprimere esigenze di responsabilità formative. Vi è inoltre un momento, un kairòs (tempo opportuno) relazionale, un attimo ispirativo in cui chi educa deve cogliere il desiderio di crescita dell’altro, anche se talvolta quest’ultimo lo possa igno-rare. Un momento, dunque, in cui entrambi decidono di mettersi in gioco, al punto che la crescita non riguardi soltanto l’altro, oggetto delle proprie cure, ma anche se stessi nel tentativo di assimilare, come è possibile, la totalità dell’altro. In questa dimensione di reciproco incontro si compie il processo educativo che ruota attorno al principio della compromissione, affinché sia compreso e assimilato il valore del dato oggettivo. La comunicazione deve infatti superare i limiti delle molteplici autodifese, provocate spesso da pregiudizi infondati o da opinioni approssimative. L’effetto educativo è la “crescita”: ad essa si mira con umiltà e paziente accompagnamento. È questa la motivazione che indusse Crisostomo (†407) nell’omelia 59,7 In Matthaeum a parlare dell’educazione come “arte superiore”: «non vi è altra arte più grande dell’educazione. Che cosa c’è infatti che possa discipli-nare l’anima e plasmare la mente di un giovane? Colui che ne fa professione deve comportarsi e procedere in modo assai più attento e vigilante di qualunque pittore e scultore». Compito del formatore è disporre nel suo insegnamento quegli elementi costitutivi che tendono a migliorare la per-sonalità del giovane ancora inesperto. L’espressione «disciplinare l’anima» (ruthmizein psichē) sottintende l’intervento, delicato e rispettoso, dell’e-ducatore, teso a fondare nel giovane un “ordine” interiore che è dominio di sé sui moti irrazionali. Una griglia di virtù essenziali che solleciti la crescita a livelli diversificati. Questo precipuo impegno richiama per riflesso la capacità di trasmettere i criteri per l’atto del discernimento. Crisosto-mo lo enuncia dietro l’immagine della «plasmazione della mente» (diaplassein dianoian). Un principio questo che tocca il cuore della formazione. All’educatore infatti è richiesto un intervento singolare, il cui impegno supera l’acribia del pittore o scultore. Il suo compito, che si cela dietro la modestia di aperture quotidiane, intende realizzare l’opera della con-figurazione, per cui la mente diventa capace, sulla base di un modello assimila-to, di potersi orientare nell’atto percettivo delle realtà esistenti.

Il discernimento appartiene a questa capacità della mente già “figurata”, poiché non può esserci atto di giudizio se la mente appare “sfigurata” ovvero priva della fondazione di questa salutare referenzialità, di un preciso modello, che orienti nella comprensione della storia. La capacità di scelte, quale esemplificazione di una personalità robusta, è frutto della fondazione di questo statuto che il Crisostomo individua nel corredo delle numerose virtù umane e spirituali, trasmesse dalla pratica quotidiana con le Sacre Scritture. Chi esercita questo raffronto con ubbidien-za e sincerità lascia incidere quella sapienza che porta al timore del Signore. Ed è questo principio, scaturigine di ogni virtù, che alimenta l’umano sentire della storia nel contesto sempre esigente di una pronta ricezione della formazione (paideia): tesoro inestimabile di conoscenza (cfr Sir 1,22-29).

d. Rosario Gisanad. Rosario Gisanad. Rosario Gisanad. Rosario Gisana

Rettore del SeminarioRettore del SeminarioRettore del SeminarioRettore del Seminario

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Un prete oggiUn prete oggiUn prete oggiUn prete oggi Traggo la mia riflessione da una buona provocazione che padre Cardarella ha lancia-to a noi seminaristi lo scorso 25 febbraio durante l’incontro tra la comunità educante del seminario e il presbiterio vicariale di Avola; la domanda ci sollecitava a descrive-re quale fosse per noi il tipo di prete a cui oggi noi ci ispiriamo, come deve essere il sacerdote di questi tempi. Nella mia piccola esperienza di cristiano ho avuto modo di “osservare” e conoscere diverse figure di sacerdote e con sincerità non posso afferma-re di averne assunto uno a modello per delineare la figura del prete. Nella annullabi-le diversità di ognuno ho scorto un positivo e un negativo così come lo si può fare per ogni essere umano. Trovo tuttavia elementi che accomunano questi uomini: il coraggio, la fedeltà e la capacità di inventare e costruire quotidianamente un sacerdo-zio nello sforzo di piacere non tanto a questo o a quell’individuo, ma al sacerdote per eccellenza che è Cristo Signore. Ho visto come ci sia tra gli uomini il bisogno non di supereroi ma di accompagnatori nelle vicende terrene, siano esse legate alla soffe-renza, alla gioia, alla necessità, al riconoscimento di una dignità che sollevi da situa-zioni di disagio; non si chiede al prete di salvare la vita altrui da chissà quale catastro-fe, ma solo di “esserci” e di esserci anche compromettendosi … In quest’ottica del dono ho inquadrato l’esistenza sacerdotale di un uomo che può essere “strumento di salvezza per altri uomini”, evitando il rischio permanente di assurgere a “migliore degli altri”; l’equilibrio, anche in questo caso, può salvarci dagli eccessi. Uno speciali-sta del cuore umano e del cuore di Dio deve essere per me il prete, nella consapevo-lezza che la presenza dello Spirito colma quelle che agli occhi degli uomini sono lacu-ne, ma che agli occhi di Dio sono potenzialità.

Roberto AvolaRoberto AvolaRoberto AvolaRoberto Avola Alunno del IV anno di TeologiaAlunno del IV anno di TeologiaAlunno del IV anno di TeologiaAlunno del IV anno di Teologia

Chiamati a ravvivare la Speranza

Chiamati a ravvivare la Speranza

Chiamati a ravvivare la Speranza

Chiamati a ravvivare la Speranza

G i o r n a t a d e l S e m i n a r i o G i o r n a t a d e l S e m i n a r i o G i o r n a t a d e l S e m i n a r i o G i o r n a t a d e l S e m i n a r i o G i o r n a t a d e l S e m i n a r i o G i o r n a t a d e l S e m i n a r i o G i o r n a t a d e l S e m i n a r i o G i o r n a t a d e l S e m i n a r i o G i o r n a t a d e l S e m i n a r i o G i o r n a t a d e l S e m i n a r i o G i o r n a t a d e l S e m i n a r i o G i o r n a t a d e l S e m i n a r i o

Preti dei nostri giorniPreti dei nostri giorniPreti dei nostri giorniPreti dei nostri giorni L’audacia nella tribolazione di don Pino PuglisiL’audacia nella tribolazione di don Pino PuglisiL’audacia nella tribolazione di don Pino PuglisiL’audacia nella tribolazione di don Pino Puglisi

Per don Giuseppe Puglisi «La Chiesa è profetica, una comunità, un popolo profetico». Per questo il suo ministero era volto a costruire una Chiesa più pneumatica in ogni sua manifestazione, attenta alle ai bisogni più vitali degli uomini, più attiva nella sua testimonianza, più audace nella ricerca della giustizia, più radicale nel prendere le distanze da ogni compromesso con il mondo e la sua menzogna. La fede biblica, infatti, non è un insieme di verità astratte ma comporta un discernimento del disegno salvifico di Dio, del suo regnare qui ed ora nella storia. La testimonianza della Chiesa scaturisce da una fede che chiede adesione al mondo e da una carità che esige intrinsecamente un’assunzione di responsabilità nei confronti della storia. Una carità che non può essere dissociata dalla ricerca della giustizia e che quindi include anche l’esser contrastati e perseguitati. La scelta cristiana si snoda sempre tra audacia e tribolazio-

ne: l’audacia della testimonianza dell’inedita logica evangelica e la tribolazione legata allo scontro con il monolitismo tipico dei poteri di questo mondo. Nella fede, quale adesione personale e comunitaria all’Evangelo del Regno, affermava don Puglisi «la logica della scelta diventa una logica d’impegno, ma anche, qualche volta, di sacrificio che, però, dà vera gioia […]: la logica del chicco di frumento, la logica della croce. Gesù ha detto: “Chi vuol essere mio discepolo, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua” (Mc 8, 34-35). Può sembrare una cosa che atterrisce prendere la croce per essere discepolo di Gesù, ma se vogliamo crescere, sarà questa la logica. Se noi vogliamo restare immaturi allora rifiuteremo la logica della cro-ce, la logica del chicco di frumento. Chi vuol crescere deve accogliere la logica del chicco di frumento».

Lì dove l’uomo vive nell’impotenza più abietta le povertà della storia, c’è un appello, una chiamata, una possibilità di E-vangelo, che comporta uno “scendere” fino alla compromissione esistenziale, sulle orme del Cristo umiliato descritto nell’inno cristologico della lettera ai Filippe-si.

La Chiesa nel suo genoma porta la chiamata ad essere segno di una speranza che riguarda gli uomini e a indicare risposte ai tanti loro interrogativi che restano spesso inespressi; ad essere lido di speranza ove i profughi delle intemperie della vita possono liberamente approdare. È questo il motivo per cui don Puglisi volle nella sua parrocchia il Centro sociale Padre Nostro. Nel solco del profetismo biblico, egli sta dalla parte delle vittime, difendendo e promuovendo sempre la dignità umana umiliata. Si impegna con somma dedizione nell’opera educativa delle giovani generazioni per strapparli alla mentalità mafiosa, alla cultura dell’illegalità, alla violenza, alla strumentalizzazione dell’ignoranza, della disoccupazio-ne e della povertà.

Ma la sua delazione, pur avendo una grande adesione storica, si rivela trascendente rispetto ad essa. Egli non è un “politico” o un “moralizzatore”. È un credente dall’occhio lungimirante, capace di prospettiva escatologica, pieno di fiducia, poiché assume le ostilità del mondo unito a Cristo e in suo nome. Affronta le ferite sociali non perdendo di vista (contemplando già!) il non ancora della pienezza del Regno, inaugura-to da Gesù di Nazareth e attivo nelle contraddittorie vicende della storia. Ed è proprio guardando a lui che don Puglisi riesce a conservare, nono-stante la consapevolezza dei rischi e l’umana trepidazione, quell’audacia tipica dei miti e dei poveri di spirito: «I potenti lo osteggiavano, ma nono-stante questo Gesù non cercava di blandirli e neppure faceva loro “un’incensata”».

Di fronte al predominio territoriale mafioso, che mantiene lo status quo per creare dipendenza e sottomissione, il parroco di Brancaccio sollecitava e sosteneva l’impegno di frontiera dell’intera comunità o dei volontari del Centro sociale Padre Nostro: «Dato che non c’è niente, noi vogliamo rimboccarci le maniche e costruire qualche cosa. E se ognuno di noi fa qualcosa, allora si può fare molto. Dovrebbe pensarci lo Stato, è vero. Ma noi cerchiamo di spingere. Il nostro agire diventa protesta».

Un impegno che, nascendo dalla testimonianza evangelica, include la possibilità del martirio, dell’effusione del sangue: «Certo questa testimonianza cristiana è una testimonianza che va incontro a difficoltà. […] Quindi dalla testimonianza al martirio il passo

è breve, anzi è proprio questo che dà valore alla testimonianza». d. Corrado Loreficed. Corrado Loreficed. Corrado Loreficed. Corrado Lorefice

Vice Rettore del SeminarioVice Rettore del SeminarioVice Rettore del SeminarioVice Rettore del Seminario

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Il padre misericordioso: Il padre misericordioso: Il padre misericordioso: Il padre misericordioso:

immagine di una memoria riconciliata.immagine di una memoria riconciliata.immagine di una memoria riconciliata.immagine di una memoria riconciliata. «Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò» (Lc 15, 20). Vorrei in questa mia riflessione poter leggere la figura del padre nella parabola di Luca come l’immagine del padre che ognuno di noi è chiamato a essere nei confronti di se stesso, della propria parte fragile, debole, malata, ferita; quell’immagine di padre che cerca sempre di generare il proprio io attraverso una memoria riconciliata e riconciliante, una memoria guarita dai suoi molti virus, quella memoria che è propria di chi si volge con sguardo benevolo verso il proprio passato e lo scopre pieno di affetto e di amore ricevuto in dono. È quella memoria che lascia nel cuore la consolante certezza di essere stato amato da Dio e da tante mediazioni umane del suo amore. Il padre della parabola rappresenta esattamente questa certez-za, è il segno della fedeltà dell’amore, che aspetta e si commuove, che vede addirittura da lontano il figlio che torna e gli corre incontro, che comprende e non vuol perdere nessuno dei suoi due figli, anche se c’è sempre qualcuno che dubita del suo affetto. Sì, c’è sempre una parte di noi che dubita, che preferi-rebbe concludere che non ha ricevuto abbastanza amore per poter continuare a elemosinare comprensione e non sentirsi tenuta a rispondere all’amore con altrettanto amore ma ciò non permetterà mai di divenire adulti finalmente in pace con se stessi e senza bisogno di cercare fuori di sé, certezze che sono già presenti dentro la propria storia. Occorre, dunque, riconciliarsi in tutti i modi con quel padre che vive dentro ciascuno di noi e che è appello a guardare la propria vita con occhio maturo e adulto, non più infantile e lagnoso, con lo sguardo della memoria riconciliata. Tale memoria è amore capace di rivedere il passato con le sue inevitabili ferite cercando in qualche modo di sanarlo. Le ferite sono presenti nella vita e nel passato di ogni persona, nessuno ne è esen-te, né si può pensare di eliminarle. Ci sono, e spesso non dipendono da una nostra specifica responsabilità, o non completamente ma in ogni caso ognuno è responsabile del comportamento che al presente assume di fronte ad esse: ci si può lamentare, incolpare qualcuno o usare le ferite come alibi oppure servirse-ne come esperienza che consente di comprendere meglio persone con le stesse ferite, viverle di fronte a Dio per sperimentare su di sé la potenza della sua misericordia, imparare ad accettarsi. Dunque il passato con le sue ferite non va buttato via, né cancellato, né dimenticato ma occorre ricordarlo scegliendo di adottare di fronte a esso un atteggiamento nuovo, cercando di dare un signifi-cato a situazioni che ne sembrano prive o che paiono assurde. È quanto fa il padre della parabola, che riscatta peccato e passato del figlio fuggito lontano da lui accogliendolo nuovamente nella propria casa, anzi al suo ritorno manife-sta un amore che è reso ancora più grande proprio dalla sua assenza. Ma l’im-magine del padre è anche l’immagine dell’apertura verso il futuro che siamo chiamati a vivere da persone amate e a sua volta capaci di amare: il figlio che si era allontanato, adesso si ritrova fra le mani la possibilità di iniziare un futuro nuovo, disegnato sul modello del progetto del padre che gli prepara una festa, un banchetto, gli mette addosso un vestito nuovo, l’anello al dito e i calzari ai piedi. La figura del padre è presente in ciascuno di noi, perché in ognuno esiste questo modo di guardare al futuro progettandolo in funzione della capacità attiva di dare affetto, di condividere quel che abbiamo e siamo, di aprirci e uscire dalla gabbia dell’autoreferenzialità.

Alessandro SpatolaAlessandro SpatolaAlessandro SpatolaAlessandro Spatola

Alunno del II anno di LicenzaAlunno del II anno di LicenzaAlunno del II anno di LicenzaAlunno del II anno di Licenza

Maria: Madre, discepola, Maria: Madre, discepola, Maria: Madre, discepola, Maria: Madre, discepola, serva della Parola serva della Parola serva della Parola serva della Parola “«Beato il ventre che ti ha portato e il seno da cui hai preso il lat-te!». Ma egli disse: «Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!»” (Lc 11,27-28). Ho sempre sentito vicina nella mia esperienza di fede, e ora più che mai nel cammino di discernimento vocazionale che ho intrapreso, la figura di Maria, la sua dolce presenza, il suo luminoso esempio di madre di Dio e dell’uomo, di discepola del Signore e serva della parola. Maria ci è vicina perché è madre: madre del Dio fatto uo-mo, madre dell’umanità redenta che il Cristo, morente sulla croce ci ha affidato: “ecco la tua madre!” (Gv 19,26). La maternità di Maria è per il cristiano fonte di consolazione e di speranza, poiché la ma-dre sa sempre ciò di cui il figlio ha bisogno: “non hanno più vi-no” (Gv 2,3) e sempre non manca di ricordarci “fate quello che (Gesù) vi dirà” (Gv 2,5). Maria è madre ed è pure discepola del suo figlio, lo segue con la sua presenza discreta, lo segue con gli occhi e il cuore di una mam-ma, ne condivide, nella fede e nella docilità alla volontà di Dio, la missione salvifica, ai piedi della croce ci dona il suo figlio, addolora-ta, ma non disperata, attendendo la promessa della pasqua. Ella è la serva della parola, beata perché “ha creduto nell’adempi-mento delle parole del Signore” (Lc 1,45); Maria custodisce la paro-la, meditandola nel suo cuore, la accoglie e la riveste di carne nel suo grembo, porta al mondo il verbo di Dio che ha posto la sua tenda in mezzo a noi. La “chiamata” di Maria è in fondo la chiamata di ogni cristiano, che vede irrompere nella propria vita la presenza di Dio; il “si” di Ma-ria, fedele e generoso, possa suscitare il nostro “eccomi” al progetto di amore e di salvezza di Dio.

Alessandro PaolinoAlessandro PaolinoAlessandro PaolinoAlessandro Paolino Alunno del I anno di TeologiaAlunno del I anno di TeologiaAlunno del I anno di TeologiaAlunno del I anno di Teologia

C h i a m a t i a r a v v i v a r e l a S p e r a n z aC h i a m a t i a r a v v i v a r e l a S p e r a n z aC h i a m a t i a r a v v i v a r e l a S p e r a n z aC h i a m a t i a r a v v i v a r e l a S p e r a n z a

Giornata del Seminario Giornata del Seminario Giornata del Seminario Giornata del Seminario

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Compassione amore per…Compassione amore per…Compassione amore per…Compassione amore per…

Rispondere a Dio ci permette di entrare in un rapporto di profonda amici-zia con Cristo, di incontrarlo, rimanendo con lui, abitare dove lui abita, ma ancor di più, fare esperienza di lui. Il tutto è un problema relazionale. Si tratta di un paziente cammino di formazione per far crescere un’intimità mediante la preghiera, la meditazione della Parola ma anche lo sprone dei tanti eventi che ti fanno entrare nella dimensione della grazia. In tale cam-mino non è da sottovalutare i tratti che caratterizzarono il samaritano, quale la compassione e l’accostamento verso quell’uomo malmenato e ferito, riflesso dei tanti volti stanchi e violentati che incontriamo oggi lungo la via. La compassione, il soffrire con gli altri, lo sporcarsi nel fango con loro e condividerne la miseria, in parole più semplici coinvolgersi piena-mente nelle loro vite, sentendosi toccato il cuore dai mille drammi dell’u-manità. Compassione rimane il senso di pietà immensa davanti allo stato d’animo di quanti sono demotivati e delusi, ricaricandosi del desiderio incoercibile di stare accanto a quanti sono torchiati dal dolore, traditi dagli amici, feriti dalla vita. È così che mi piace pensare al ministero presbiterale verso cui cammino alla luce del buon samaritano, ricavando dalla lettura quotidiana della vita, il desiderio di accostarsi ai tanti volti feriti che cam-minano accanto a noi, seguendo con trepidazione la ricerca tormentata e lo smarrimento dei tanti, per accostarci a loro, accogliendoli nella discre-zione e nella completa disponibilità, per essere capaci di sperimentare un’e-sistenza “mangiata”!

Davide LutriDavide LutriDavide LutriDavide Lutri

Alunno del II anno di TeologiaAlunno del II anno di TeologiaAlunno del II anno di TeologiaAlunno del II anno di Teologia

Riflessione sul mio cammino cristianoRiflessione sul mio cammino cristianoRiflessione sul mio cammino cristianoRiflessione sul mio cammino cristiano Circa tre settimane fa, mentre riflettevo sul mio cammino di formazione, mi ponevo alcune domande: che cosa ho fatto in questi anni, da quando ho iniziato la mia esperienza vocazionale? Dove sono arrivato nel mio cammino interiore riguardo alla conoscenza di Gesù? Che cosa ho com-preso in tutto questo tempo? E tante altre domande del genere. Riflettendo su ciò, mi venivano in mente solo due parole, che potrebbe-ro - per cosi dire - rispondere a tutti i miei interrogativi: “Sequela Chri-sti”. Si tratta di un’espressione che mi è venuta in mente perché richiama gli studi a cui attendo e che ho sentito dire ad altri senza, però, averne com-preso mai il significato. Tre settimane fa, riflettendo su ciò, mi sono venute in mente queste due parole, fino allora insignificanti per me e così ho iniziato tutta una rifles-sione. “Sequela Christi” significa “sequela di Cristo”. Mi sono accorto di una cosa sorprendente, cioè la parola “sequela” ha due significati: conformar-si e camminare. Conformarsi, infatti, indica che quando uno mi dice: seguimi, vuol dire andargli dietro, cioè ricalca le mie stesse orme; per far ciò, io devo con-formarmi al suo stesso passo, sia per quanto riguarda la velocità (altrimenti lo perdo), sia la lunghezza (altrimenti rischio di non ricalcare le sue stesse orme). Pensavo anche che conformarsi ad una persona signi-fichi conoscerla o almeno sforzarsi di farlo. Camminare, inoltre, vuol dire: cammina con me, seguimi, tieni il mio passo. Mi dicevo tra me e me: seguire Cristo è un eterno cammino verso la meta, come dice anche San Paolo, ma, come tutti i cammini, ha le sue difficoltà; particolarmente questo, dove ti è richiesto di ricalcare le orme (conformarti) di Colui che è il sommo maestro, l’unica vera guida. Pensa-vo anche che, se Cristo è la via, la verità e la vita, è vero anche che la richiesta della sequela, il soggetto che fa la richiesta e le orme si confor-mano nella stessa persona di Cristo e ci configurano a Lui.

Armando Fidone

Alunno del III anno di Teologia

La perfetta letiziaLa perfetta letiziaLa perfetta letiziaLa perfetta letizia Questo articolo esprime il tentativo di mettere in luce come il cuore del Vangelo di Gesù possa attraversare e pienamente coinvolgere tutta l'esi-stenza dell'uomo. Ciò su cui vorrei esprimere il mio pensiero in queste poche righe è la “perfetta letizia” che San Francesco con la sua semplice ed umile vita ha saputo autenticamente testimoniare. Oggi, la vera letizia, sembra essere un valore sconosciuto e parlandone si rischia di essere equivocati. Il mon-do propone una letizia, che a mio avviso si allontana da quella proposta da Gesù nel discorso sulle beatitudini, la quale è stata incarnata da Fran-cesco nella sua vita, portando frutto nello spirito di carità per la vita del mondo. La perfetta letizia è un dono che viene dal cielo, e come gli altri doni spirituali trova il suo fondamento nella carità. Francesco aveva ricevuto il dono della vera letizia, dell'amore viscerale e sincero che nutriva per Dio e per riflesso verso i fratelli. Aveva imparato a guardare col cuore e ad amare tutto ciò su cui si posava il suo sguardo. Molto edificante e significativo risulta il famoso discorso che nacque tra il santo e il suo tanto amato fratello Leone, sulla perfetta letizia, al ritorno del viaggio da Perugia verso Santa Maria degli Angeli . Francesco parlava, con grande stupore dell'amico, di una letizia che non nasce dalla capacità o dal privilegio di compiere miracoli, o dal dono di far convertire ladri ed atei, e neanche dal dono delle lingue e dal dono della profezia, ma sottolinea il santo frate, che la perfetta letizia, in stretta adesione a quella proposta da Gesù, consiste nell'accettare, accogliere con pazienza e umiltà le sofferenze e le inevitabili tribolazioni e mortificazioni che prendono posto nell'esperienza della nostra vita. Infatti, nella sofferenza e soprattutto nell'ingiusta afflizione, ci possiamo gloriare davanti a Dio. Ci ricorda a tal proposito l'apostolo Paolo “io non mi posso gloriare se non nella croce del nostro Signore” quando infatti pensiamo di essere deboli, in realtà siamo forti, perché opera in noi la potente grazia di Dio.

Giovanni RoccasalvoGiovanni RoccasalvoGiovanni RoccasalvoGiovanni Roccasalvo AlAlAlAlunno del II Anno di Teologiaunno del II Anno di Teologiaunno del II Anno di Teologiaunno del II Anno di Teologia G

iornata del Seminario Giornata del Seminario Giornata del Seminario Giornata del Seminario

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C h i a m a t i a r a v v i v a r e l a S p e r a n z aC h i a m a t i a r a v v i v a r e l a S p e r a n z aC h i a m a t i a r a v v i v a r e l a S p e r a n z aC h i a m a t i a r a v v i v a r e l a S p e r a n z a

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La via del fratelloLa via del fratelloLa via del fratelloLa via del fratello

Frequentando il secondo anno del biennio filosofico, mi sono imbattuto nello studio di materie che presentano un motivo comune che le caratterizza e che rappresenta l’ “essenza” del cristiano, discepolo di Cristo, chiamato a testimoniarlo e ad agire in Suo conto. Questa esperienza esistenziale ha fatto maturare in me l’apprezzamento dell’im-portante presenza dell’altro nella nostra vita , la sua accoglienza, lo scambio di profonde relazioni con lui. Nel nostro ordinario vivere, ci confrontiamo sempre con gli altri che condividono il nostro lavoro, il nostro cammino, il nostro studio, insomma gran parte della nostra gior-nata e quindi dell’intera nostra esistenza. Quindi appare pressoché impossibile pensare la nostra vita lontano da quest’ottica, l’ottica dell’Alterità. La questione si dimostra ancora più incisiva dando un’identità ben precisa ai soggetti chiamati in gioco nelle relazioni: cioè i cristiani. Il cristiano è ben consapevole dell’importanza dell’altro, e della relazione, ciò gli viene rivelato dallo stesso Cristo che parlando ai suoi discepoli pone il comanda-mento dell’amore vicendevole come il più grande e degno di profonda osservazione, che porta all’intera donazione di se e della propria esistenza. Ma la via dell’altro, più propriamente del “fratello”, “svela” anche un’altra importante dimensione: accogliendolo, facendoti accettare, donandogli amore, trovi la strada più diretta per arrivare all’unione con Dio e al colloquio con Lui. E’ proprio vero che il no-stro amore per Dio, passa attraverso il fratello; seguendo questa indispensabile ma, a volte, difficoltosa strada, Dio si manifesta dentro di noi, è così che lo avvertiamo presen-te. Non siamo più soli, noi con noi stessi, ma Lui e noi. Pensare il fratello come fosse un “ostacolo” da sfuggire per crescere nell’unione con Dio può sembrare la migliore scelta da compiere, ma ci sbagliamo. Proprio percorrendo questa via faticosa ma fondamentale, si sono fatte sante innumerevoli persone, assumen-do sulle proprie spalle i pesi dei fratelli, condividendo con loro gioie e innumerevoli sofferenze. La santità è per sua natura perfezione nella carità. Riscopriamo insieme, allora, il primato della comunione e della relazione così da tendere tutti, ad una “santità di comunione” .

Manlio SavarinoManlio SavarinoManlio SavarinoManlio Savarino Alunno del II anno di TeologiaAlunno del II anno di TeologiaAlunno del II anno di TeologiaAlunno del II anno di Teologia

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Anche quest’anno la quaresima è trascorsa, e più o meno velocemente degli altri anni siamo giunti alla Pasqua, il solito rito di uova scartate in giro per casa, di pranzi, abbracci e auguri ..., voglio allora proporvi una riflessione su un opera d’arte, sicuramente conosciutissima a tutti per il famoso particolare delle due dita che stanno per sfiorarsi, ossia la “creazione del primo uomo” di Michelangelo Buonarroti. Quale mai potrà essere il filo conduttore tra la creazione del primo uomo e la resurrezione del Cristo? Osserviamo questo affresco: è impressionante come possiamo leggervi la manifestazione dell’immenso Amore che Dio ha per l’uomo, prima di tutto come un Amore che crea e che chiama alla vita, poi come un Amore che perdona; come non cogliere nella discesa del Padre verso il figlio (Lc 15, 20b), un’eco della parabola della misericordia per eccellenza, ovvero quella del “Figliol Prodigo”, è quest’ultimo, che per la Speranza nel Padre, si leva (Lc 15, 18) come il sole, che sorgendo, si stacca dal fango, e ritrova la sua vera dignità, ossia quella di figlio di Dio. A proposito di Figlio, in questo capolavoro sembra mancare il Risorto (l’Amore che salva), Gesù Cristo come vero Dio e vero uomo è presente in entrambi i personaggi, in Adamo, come colui che viene fatto uscire dalla terra (sepolcro), in Dio Padre, come la Destra che spogliata e abbassata ri-congiunge l’uomo al suo Dio (Liturgia della Veglia Pasquale). Lo Spiri-to Santo, l’Amore che vivifica e santifica, lo avvertiamo nel vento ga-gliardo che gonfia il panneggio color porpora (nel cui contorno rico-nosciamo la sagoma di un cervello, allusione alla mens divina creatri-ce), che anima la veste (corta come quelle degli agricoltori, poiché è Dio il primo che fa germogliare la terra ed è da essa che trae l’uomo), i capelli e la barba fluente (segno di Sapienza) di Dio Padre, e che co-mincia a investire, come brezza leggera, l’uomo appena creato. Nella Pentecoste celebreremo lo Spirito come colui che “infiamma” la Chiesa nascente, che è qui raffigurata nella fanciulla che Dio abbraccia con il braccio sinistro (naturale prolungarsi del braccio destro), essa infatti è la continuazione dell’opera iniziata dal Figlio di Dio. Concludendo, vi lascio con una frase cara a Giovanni Paolo II, “la Bellezza salverà il mondo”: impariamo anche noi a guardare alla bellezza che salva, alla bellezza di Gesù immagi-ne del Dio invisibile (Col 1, 15) , in un’era in cui il mondo ci spaccia per autentica bellezza le uniche immagini che sa offrirci, immagini volgari, vio-lente e scialbe, che pretendono di alimentare, quando invece non fanno altro che estinguere sempre di più, la nostra sete di Libertà, di Pace, di Verità, di Vita, d’Amore … di Resurrezione.

Peppe Di StefanoPeppe Di StefanoPeppe Di StefanoPeppe Di Stefano

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Manifesto

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