LA FORMAZIONE MORALE · 2016-10-27 · Queste incertezze teoriche si traducono nell ... idea...

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LA FORMAZIONE MORALE NELLA CATECHESI DELL’INIZIAZIONE CRISTIANA DEI FANCIULLI E DEI RAGAZZI DON ERNESTO COMBI - BRESCIA 01.02.2001 INTRODUZIONE: la catechesi morale oggi, tra profilo perfettivo e istruttivo 1. I MODELLI DI EDUCAZIONE MORALE 1.1. il modello naturalistico della coscientizzazione 1.2. il modello estrinsecistico della direttività 1.3. il modello umanistico religioso nella catechesi italiana 1.3.1. la prospettiva: l’uomo nuovo in Cristo 1.3.2. l’obiettivo: la personalità morale 2. LINEE DELLA CATECHESI MORALE NEI CATECHISMI DELLA C.E.I. 2.1. l’unitarietà del cammino 2.1.1. l’integrazione fede-vita 2.1.2. la gradualità 2.2. l’integralità della proposta 2.2.1. la trasmissione del sapere morale - l’articolazione dei contenuti - il giudizio morale 2.2.2. la promozione degli atteggiamenti cristiani - gli aspetti qualitativi della moralità - l’organismo delle virtù 2.2.3. la proposta di qualificate esperienze morali - l’esperienza comunitaria - celebrazione liturgica e vita morale CONCLUSIONE: la sfida della formazione morale

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LA FORMAZIONE MORALE NELLA CATECHESI DELL’INIZIAZIONE CRISTIANA DEI FANCIULLI E DEI RAGAZZI DON ERNESTO COMBI - BRESCIA 01.02.2001 INTRODUZIONE: la catechesi morale oggi, tra profilo perfettivo e istruttivo 1. I MODELLI DI EDUCAZIONE MORALE

1.1. il modello naturalistico della coscientizzazione 1.2. il modello estrinsecistico della direttività 1.3. il modello umanistico religioso nella catechesi italiana

1.3.1. la prospettiva: l’uomo nuovo in Cristo 1.3.2. l’obiettivo: la personalità morale

2. LINEE DELLA CATECHESI MORALE NEI CATECHISMI DELLA C.E.I.

2.1. l’unitarietà del cammino 2.1.1. l’integrazione fede-vita 2.1.2. la gradualità

2.2. l’integralità della proposta

2.2.1. la trasmissione del sapere morale - l’articolazione dei contenuti

- il giudizio morale 2.2.2. la promozione degli atteggiamenti cristiani

- gli aspetti qualitativi della moralità - l’organismo delle virtù

2.2.3. la proposta di qualificate esperienze morali - l’esperienza comunitaria - celebrazione liturgica e vita morale CONCLUSIONE: la sfida della formazione morale

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INTRODUZIONE:

la catechesi morale oggi, tra profilo perfettivo e istruttivo

La missione della catechesi riguarda tutta la vita del cristiano: la conoscenza sempre più

profonda della fede, l’appartenenza a Cristo nella Chiesa, il comportamento nella vita quotidiana

(RdC 38). Questo ministero dunque non si limita a trasmettere le verità da credere, ma dispiega il

senso della Rivelazione con riferimento a molteplici situazioni dell'esistenza: sviluppa la

dimensione morale della fede, trasmette l'ethos cristiano relativo ai diversi ambiti di vita, educa

la coscienza del credente a tradurre la fede nella quotidianità.

La necessità di sviluppare il rapporto tra Rivelazione e determinazioni morali è avvertita

nella catechesi contemporanea, ma il compito non è sempre svolto in modo corretto. Infatti il

passaggio dal modello del catechismo ‘dottrinale’ a quello della catechesi ‘formativa’, ha

spostato l’interesse della proposta morale dall’aspetto normativo- comportamentale, all’alveo

storico salvifico, centrato sulla persona che accoglie Cristo nella fede. Si è prodotto così un forte

impegno per la formazione della coscienza individuale, a scapito del profilo oggettivo della

catechesi che non appare in grado di comporre il rapporto tra profilo soggettivo ed oggettivo

dell’esperienza morale.

Queste incertezze teoriche si traducono nell’indeterminatezza della prassi formativa: i

modelli di catechesi morale (CM) si collocano a ventaglio all’interno di due impostazioni legate,

rispettivamente, al naturalismo e all'estrinsecismo morale e sono concretizzate in due opposte

metodologie: una, assai diffusa, fa leva sulla seduzione dell’educando in quanto ne promuove gli

aspetti soggettivamente gratificanti; l’altra, più scarsamente adottata, fa leva sul sequestro del

soggetto, in quanto tende ad imporre valori e norme nella loro consistenza oggettiva.

1. I MODELLI DI EDUCAZIONE MORALE

E’ opportuno tratteggiare questi modelli di CM, non con la pretesa di descrivere

esaustivamente la realtà, ma solo per individuare le polarità entro le quali, oggi, si produce una

mappa poliedrica di proposte che adottano promiscuamente gli elementi dell’una o dell’altra

metodica, oscillando tra il naturalismo che privilegia il profilo perfettivo e l’estrinsecismo che

privilegia il profilo istruttivo.

1.1. Modello naturalistico della coscientizzazione La metodologia di educazione morale (EM) più diffusa nel nostro tempo è quella della

coscientizzazione che si fonda sul naturalismo morale, secondo il quale esiste una continuità

profonda tra il bene morale ed il desiderio umano: la persona è naturalmente capace di conoscere

e volere il bene. Quindi la norma morale scaturisce dall'interno del soggetto senza bisogno di

imposizione esterne. Perciò nell’educazione non si devono imporre leggi e comportamenti, ma

solo promuovere le intuizioni e le capacità del singolo: rendere consapevole la coscienza del

soggetto, assecondarne il desiderio di autorealizzazione, farne sbocciare e fruttificare al massimo

grado le potenzialità intrinseche.

L'educazione deve mirare appunto a coscientizzare la persona: non si tratta di trasmettere

un codice etico strutturato in norme da applicare nella quotidianità, ma di far maturare le

motivazione soggettive fondanti l'agire morale. Educare è aiutare ad interpretare i meccanismi

della scelta consapevole, in vista dell'autonoma assunzione di modelli e criteri di giudizio morale.

Questa metodologia di espansione del desiderio è oggi assai diffusa anche nelle forme di

CM, dove si aggancia ad una interpretazione dell’etica secondo la quale lo specifico cristiano non

consisterebbe direttamente nell’offerta di un ethos definito, ma solo nell’indicazione di un

orientamento esistenziale complessivo, dettato dalla fede.

Significativa, in questo senso, l’idea di CM come integrazione psicologica del ragazzo,

idea suggerita dalla pedagogia non direttiva e dalla psicanalisi che riconosce nella simbolica

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religiosa una singolare capacità in ordine all’integrazione delle pulsioni, altrimenti in conflitto

reciproco. Un’altra interessante espressione di questo orientamento è il metodo della

chiarificazione dei valori centrato sull’educazione ai valori, considerati come realtà

immediatamente disponibili alla coscienza individuale e capaci di costituire il principio della sua

vera identità. La CM deve solo rendere consapevole dei fattori che condizionano il

comportamento nella fase immatura dell’esistenza e condurre il ragazzo con l’aiuto della ragione,

alla conoscenza intuitiva dei valori generalissimi e alla libera decisione di perseguirli.

Tale modello è latente specialmente nella prassi pastorale giovanile, influenzata dalle

istanze antiautoritarie che attraversano la pedagogia moderna e nei modelli di CM che insistono

sull’autoriflessività dei protagonisti, la cui crescita morale è vista come itinerario di

autoformazione del ragazzo nel confronto consapevole con le istanze della realtà.

La coscientizzazione corrisponde alle figure di coscienza morale oggi più diffuse che

enfatizzano le modalità psicologiche di esercizio più che i contenuti. Tale modello ha il pregio di

evidenziare il volto della moralità come consapevolezza soggettiva del bene morale, come

originaria capacità di conoscere il valore e decidere liberamente di aderirvi. Mostrando l'unità

dell’esperienza morale e il suo significato, in rapporto alla realizzazione della persona, si

favorisce lo sviluppo di un’adesione etica interiore e consapevole.

D'altra parte questo metodo ha il grave limite di non educare adeguatamente al confronto

con il bene morale in se stesso e dunque può favorire l’atteggiamento soggettivistico che pone la

percezione della persona come sommo criterio etico e così rafforza l'orientamento della cultura

contemporanea, tendenzialmente lontana dal promuovere la morale dei valore e del bene, e più

sensibile alla morale dell’utile e del significato soggettivo.

1.2. Modello estrinsecistico della direttività La seconda forma di EM, descrivibile come metodologia direttivo-comportamentale, gode

oggi di minore popolarità, anche se per lungo tempo è stata la più diffusa nella nostra tradizione

educativa ed ora riappare come forma di reazione al diffuso soggettivismo etico. Questo modello

scaturisce da un orizzonte morale tendenzialmente dualista che contrappone il valore morale al

desiderio umano: le aspirazioni, le inclinazioni dell’uomo sono altro rispetto all’ordine etico che

è sostanzialmente esterno all’uomo. Le istanze della legge appaiono estrinseche rispetto al mondo

degli individui, si impongono dall’esterno nella loro oggettività e perciò occorre farle conoscere e

farle vivere piegando - ove necessario - il soggetto, affinché‚ si conformi sempre più alle

esigenze della legge morale.

La metodologia educativa risulta così fondata sull'insegnamento di una dottrina morale,

come insieme di norme e sulla direzione della prassi con la disciplina ed i condizionamenti, in

modo che la persona si comporti conformemente alla legge.

L’EM, come coercizione del desiderio è stata ampiamente adottata nella pedagogia

cristiana in passato, e sembra oggi rivitalizzata dai modelli educativi d’ispirazione kerygmatica

che procedono dalla separazione netta tra identità cristiana e ogni forma di identità naturale. La

figura cristiana sarebbe garantita dall’atto di fede che permette di collegare immediatamente il

soggetto alla iniziativa di Dio, manifestata nella sua Parola che viene perciò assunta come

referente decisivo della formazione. Quindi l’identità è frutto di una relazione tra Dio e l’uomo

che non prevede spazio per la mediazione della ragione.

La CM che si ispira a questo modello ha il pregio di sottolineare l'aspetto della moralità

come rapporto impegnativo con il valore, dotato di propria consistenza oggettiva e dunque come

realtà che si impone alla coscienza soggettiva. Così forma al riconoscimento dei valori e delle

norme che si impongono al singolo uomo, come referente assoluto, anteriore rispetto

all'apprezzamento soggettivo. Tale pregio è tuttavia oscurato dall’elusione della questione del

rapporto tra le istanze soggettive e quelle oggettive che restano come secondi mondi separati e

perfino contrapposti. In questo modo si favorisce la divaricazione tra vita morale e vita

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quotidiana, pertanto non si evidenzia il legame che invece esiste tra verità morale e verità

dell’uomo.

1.3. Modello umanistico – religioso nella catechesi italiana

La prassi, oscillante tra le opposte metodologie della coscientizzazione e della direttività,

rivela il limite comune dell’incapacità di correlare in modo adeguato i due profili della realtà

morale e quindi contrapporre l'aspetto oggettivo (valore, norma) a quello soggettivo (coscienza,

libertà), oppure di risolvere un aspetto nell’altro (ridurre il bene al desiderio).

1.3.1. La prospettiva: l’uomo nuovo in Cristo

In questa situazione la CM è chiamata anzitutto a recuperare la corretta prospettiva

educativa che scaturisce dalla visione di uomo offerta dalla Rivelazione cristiana, secondo la

quale gli uomini possono salvarsi solo per mezzo di Cristo: da Lui ricevono il fondamento e la

sintesi di ogni verità, in Lui trovano la chiave, il fine dell’uomo e di tutta la storia umana. L'uomo

è un essere eccentrico, ha il proprio centro in Cristo, nel quale trova la propria realizzazione. Egli,

infatti, non è solo un riferimento ideale: in Cristo ogni battezzato è reso partecipe della vita

divina, è una creatura nuova e dunque tutta la sua esistenza diventa un’espansione di questa

appartenenza a Cristo.

Queste prospettive cristologiche e antropologiche dominano il progetto catechistico

italiano che riconosce come proprio centro vivo la persona di Gesù Cristo: Egli è il nucleo

centrale attorno al quale si articola tutto il messaggio mirante ad annunciare Gesù come uomo

perfetto, nel quale si trova la pienezza di ogni grazia e verità, comunicate anche al discepolo che,

in Cristo, si fa lui pure più uomo.

Gesù rende presente il mistero d’amore di Dio nella storia di tutti i tempi grazie al dono

del Suo Spirito che, attraverso la Chiesa, raggiunge ogni cristiano configurandolo al Signore.

Così l’impegno morale appare come un itinerario che porta a maturazione nell’uomo la nuova

realtà, operata dalla grazia che libera dal male e diffonde nei cuori la carità, riassunto e

adempimento di tutta la legge da vivere nella storia (RdC 57-61.94).

La vita morale appare così costruita attorno a quattro nuclei qualificanti: Cristo, centro

della storia (in opposizione al naturalismo antropocentrico); la persona, chiamata a realizzarsi in

pienezza (in opposizione all’estrinsecismo); la carità teologale come dono di Cristo (morale della

grazia, contro la riduzione legalistica); impegno per il mondo (contro l'autorealizzazione

narcisistica).

La CM persegue quindi l'obiettivo dello sviluppo perfettivo dell'io nell’affidamento a

Cristo che assume e perfeziona le autentiche istanze umane. Si tratta di “educare al pensiero di

Cristo, a vedere la storia come Lui, a giudicare la vita come Lui, a scegliere e ad amare come Lui,

a vivere come Lui la comunione con il Padre e lo Spirito Santo. In una parola, nutrire e guidare a

una mentalità di fede” (RdC 38).

Così la CM non è semplice seduzione che asseconda i desideri del ragazzo, senza offrirgli

una visione della realtà e neppure è una forma di sequestro che impone un progetto di vita

estraneo ai desideri e alle attese più profonde del ragazzo. Essa appare come un’anticipazione di

senso, proposta di vita capace di dar compimento autentico al desiderio umano; la sua

metodologia supera sia la prospettiva della coercizione, sia quella dell’espansione del desiderio,

per assumere l'impegno di educazione del desiderio nell’affidamento al progetto di Cristo,

accolto come patria dell’essere umano.

La prospettiva dell’anticipazione di senso richiama il compito specifico dei genitori per i

quali educare è testimoniare la fiducia nella vita che li ha portati a generare il figlio; educare è un

modo per continuare a generare, in questo è offerta delle ragioni che hanno sostenuto la scelta di

trasmettere la vita e di promuoverla nel figlio. Si può dar contenuto all’educazione solo se prima

si dà significato alla generazione come disponibilità di promuovere con fiducia ed ottimismo la

vita, riconosciuta come promettente mistero.

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La riscoperta di questo rapporto tra generare ed educare costituisce un contributo culturale

prezioso agli uomini del nostro tempo che non riescono a dare un volto preciso all'educazione

appunto perché non hanno un’adeguata concezione della vita. L'incertezza del gruppo umano di

fronte al modo di intendere l'educazione manifesta, infatti, la più profonda crisi sul modo di

concepire l’esistenza: il contenuto essenziale della comunicazione educativa riguarda il modo di

concepire l'esistenza, il mondo dei significati, che non sono imposti, bensì testimoniati, appunto

da un’educazione morale come anticipazione di senso che mostra il valore della vita nella quale

l'educatore crede e per il quale si impegna quotidianamente.

1.3.2. L’obiettivo: la personalità morale Nella visione cristiana l’esperienza morale è una realtà composita ed insieme unitaria: la

persona è chiamata a costruire unitariamente la propria identità nell’affidamento al progetto di

Cristo. Ne consegue che obiettivo specifico della CM non è la cura di "qualche aspetto" della

persona - il sapere, le abitudini, il comportamento, la coscienza -, ma è la promozione

complessiva della personalità morale; è la cura dell'insieme organico delle attitudini biologiche,

pulsionali, volitive e cognitive che connotano l'individualità della persona e le conferiscono una

irripetibile fisionomia morale.

In questa prospettiva ‘olistica’,cioè riguardante l’intero, l'educazione morale deve quindi

tener conto anzitutto delle dotazioni originarie naturali del ragazzo: i condizionamenti biologici

perché esiste una corrispondenza tra le dotazione biologiche della persona e i tratti del carattere

morale (per es. generosità favorita dalla presenza di esuberanza vitale), quindi una certa

educazione fisica contribuisce indirettamente alla EM; nella stessa linea si deve porre attenzione

alle pulsioni istintuali della persona (passioni) che non sono necessariamente immorali, ma

possono diventare costruttive, capaci di orientare la realizzazione del ragazzo, se adeguatamente

rielaborate dal soggetto con la propria intenzionalità.

Accanto a questi elementi “naturali” si pongono quelli educazionali, come la fiducia di

base, ovvero la sicurezza interiore, generata dall'amore accogliente dei genitori, che fonda

l’impegno morale del soggetto e gli permette di aprirsi agli altri. E’ un ottimismo di fondo che

sostiene nelle più gravi difficoltà e va rafforzato perché costituisce il corpo in cui si incarneranno

le doti morali della persona matura.

In questa prospettiva si muove il Catechismo dell’Iniziazione Cristiana (CIC) 3,1 che

attraverso la riscoperta della storia della salvezza vuole aiutare i ragazzi a vedere il progetto di

Dio come gratuita proposta di amicizia per ciascuno di loro e favorire quindi una risposta alla

chiamata con l’atteggiamento di fiducia nella vita. Nella stessa linea l’educatore cercherà di

promuovere la forza dell'Io, cioè la lucidità e il realismo cognitivo nel leggere la realtà ed anche

come capacità di autocontrollo sul mondo pulsionale e coerenza interna del sistema della

personalità. Ad esempio, nei confronti degli adolescenti che stimolati dalla crescita fisica e

spirituale, alternano voglia di vivere a sconcerto e conoscono momenti in cui fanno fatica a

capirsi e accettarsi la proposta del CIC 4,4 è di educare a cogliere la vocazione ad amare che

qualifica tutta l’esistenza e quindi a vivere corporeità e sessualità come dono che la novità

battesimale promuove, al di là del continuo rischio dell’egoismo, facendo maturare

l’autocontrollo sul mondo pulsionale riportato nell’orizzonte del sistema unitario della

personalità.

Un aspetto decisivo nella costituzione della personalità morale è dato dalla cultura, cioè

dal complesso di rappresentazioni (linguaggio, arte, tecnica), credenze (convinzioni relative al

senso e fine della vita, valori) e regole della convivenza, nella quale l’uomo è inserito e attraverso

la quale può rappresentarsi e comunicare con altri. Quindi trasmettere cultura è un modo di fare

EM, concorre a costituire il carattere morale del soggetto.

La costituzione della personalità morale trova il suo vertice in due luoghi tipici: la

coscienza morale e la libertà. La coscienza è luogo del sapere, del giudizio e della decisione

morale: grazie alla coscienza il bene morale viene percepito nella sua imperatività, come un

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dover essere. Quindi occorre promuovere la coscienza trasmettendo il sapere, abilitando al

discernimento morale e maturando le motivazione che sorreggono gli imperativi presenti nella

coscienza. Così la persona può cogliere nella legge morale non un ostacolo, ma il senso ultimo

della sua libertà. In questa prospettiva la formazione morale ha singolare cura per la libertà che

plasma la persona, sia con le decisioni del passato che hanno impresso una certa fisionomia, sia

con quelle presenti attraverso le quali si decide della vita del soggetto e si progetta il futuro.

L'obiettivo è far crescere una libertà progettuale, neutralizzando i condizionamenti negativi e

allargando la libertà a nuove possibilità aperte dall’orientamento al fine ultimo. Il cristianesimo

infatti, fortifica e promuove la libertà della persona come condizione indispensabile alla sua

crescita nella grazia e come vertice di tutti i valori umani che sono ordinati a costruirla (RdC 92).

In definitiva l'obiettivo della CM è formare la personalità morale intesa come l'insieme

organico e complesso nel quale si integrano e compenetrano reciprocamente queste diverse

attitudini biopsicologiche presenti non come un coacervo disorganico, ma come una realtà

composita che trova la sua unità nelle scelte morali del soggetto.

2. LINEE DELLA CATECHESI MORALE NEI CATECHISMI DELLA C.E.I.

2.1. Unitarietà del cammino

Dopo aver tracciato i contorni generalissimi e formali del modello di EM cristiana

cerchiamo di individuare le linee della CM promossa dalla CEI nei CIC.

Il primo aspetto che emerge è l’intenzione di offrire una proposta unitaria finalizzata a

promuovere la ratifica personale del Battesimo, l’accoglienza del perdono nel sacramento della

Penitenza, la celebrazione della Messa di prima Comunione, l’apertura nella Confermazione al

dono dello Spirito Santo, l’abilitazione a vivere la vita cristiana come capacità nuova, verso una

crescita integrale del ragazzo.1 In questo progetto la formazione morale è promossa nell’orizzonte

unificante del cammino di fede, secondo gli orientamenti emergenti da tutto il NT: gli

insegnamenti morali evangelici sono proposti nell’orizzonte dell’annuncio di fede: “Il tempo è

compiuto, il Regno di Dio è vicino: convertitevi e credete al vangelo". La formula evidenzia

chiaramente la stretta connessione tra l'indicativo di salvezza e l'imperativo etico: il Regno di

Dio, presente tra gli uomini (indicativo), può essere conosciuto e accolto solo nella fede e perciò

esige una decisione coerente di conversione (imperativo).

Questa impostazione unitaria rifiuta una catechesi che pensa prima all’educazione alla

fede e poi all’educazione morale, oppure prima all’educazione umana e poi a quella cristiana.

Occorre attivare un itinerario formativo morale, svolto all’interno del cammino di fede che

permette al ragazzo una crescita complessiva nell’adesione a Cristo, principio unificatore e

promotore di tutta la sua esistenza. Di conseguenza la CM deve essere inserita nell’itinerario di

iniziazione cristiana come una proposta necessaria e secondaria, in quanto momento derivato

rispetto all’indicativo soteriologico (della salvezza) e tuttavia aspetto essenziale al cammino del

credente. L'annuncio morale, intenzionalmente collocato nell’itinerario di crescita nella fede, fa sì

che la presentazione delle esigenze etiche avvenga nell’orizzonte del Regno di Dio, permettendo

così di formare alla fede ed, inseparabilmente, educare a pensare ed agire in coerenza ad essa.

2.1.1. L’integrazione fede-vita Questa prospettiva unitaria è tradotta nella catechesi della CEI dall’obiettivo sintetico

della integrazione tra fede e vita (RdC, 52): il cristiano deve essere portato a vivere la fede come

motivo organizzatore della personalità, come centro propulsore del progetto di vita e quindi del 1 Bisogna notare che il complesso cammino di stesura dei quattro catechismi ha portato ad una diversa impostazione di proposte: i

CIC 1-2 sono risultato della sostanziale ripresa del CdF1-2 e dunque ne ripropongono l’unitarietà d’impianto; il CIC 3 è completamente nuovo rispetto al precedente CdF3 ed ha un volto singolare all’interno dell’itinerario. Il CIC 4 riprende sostanzialmente il CdR1, nato in stretta connessione con il CdR2 e si presenta come una tappa aggiunta al progetto dei CIC, originariamente pensati secondo lo schema scoperta, sequela, testimonianza, svolto appunto dai tre volumi del CdF. Queste differenze che vanno considerate per un buon utilizzo dei volumi della CEI, non intaccano la coerenza della metodologia promossa dai catechismi.

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vissuto quotidiano. L'unitarietà di formazione alla fede e formazione morale, implica che la CM

assuma i contorni caratteristici della mediazione ecclesiale finalizzata a creare le condizioni

necessarie alla nascita e allosviluppo della vita cristiana nel credente. In particolare va rispettata

la struttura della fede che scaturisce dall'incontro tra la libertà preveniente di Dio e quella

accogliente dell’uomo. Possono gli adulti programmare la vita di fede dei fanciulli senza mettere

in bilancio i doni della grazia di Dio e la creatività dei fanciulli? (CIC 2,1) La catechesi non può

pretendere d’intervenire direttamente sulla fede e sulla morale, imponendole al soggetto, ma deve

propiziarle, creando le condizioni cognitive, attitudinali, operative necessarie allo sviluppo della

fede e dell’esperienza morale.

Tutto ciò è evidente anzitutto nell’impianto dei catechismi CEI che propongono sempre

l’esperienza morale come conseguenza del dono salvifico accolto nella fede: si veda in questo

senso la struttura di tutti i testi che procedono dall’incontro con il mistero di Dio rivelato in

Cristo, reso presente nella Chiesa e vissuto nella quotidianità dai cristiani, animati costantemente

da tale dono, ricevuto nelle celebrazioni sacramentali. In tal modo i capitoli e le riflessioni morali

appaiono sempre contestualizzati nell’evento salvifico da cui trae origine l’esperienza credente: ci

sono capitoli che sviluppano esplicitamente il tema “etico”, ma non manca in ogni capitolo lo

stimolo per cogliere la dimensione morale conseguente all’annuncio.

In tal senso sono importanti le pagine introduttive a unità didattiche del CIC, miranti a

tracciare le linee della pedagogia catechistica2 che collega esplicitamente la dimensione liturgico-

sacramentale a quella morale sottolineando così il protagonismo educativo dello Spirito Santo,

dal quale proviene il dono della vita nuova in Cristo: come la fede è dono, così anche la vita

morale prima di essere una conquista del credente è frutto della presenza dello Spirito, dal quale è

necessario rispettare tempi e modalità d'azione. Gesù non ha soltanto delle parole di vita, egli

offre se stesso come dono e forza di salvezza. Nel suo Spirito si rinasce a Dio e si costruisce

l’umanità nuova (CIC 3,2).

Il riconoscimento del ruolo della grazia nell’integrazione fede–vita comporta anche la

valorizzazione della dimensione pasquale dell’esistenza morale cristiana: i valori che realizzano

l'uomo nella sua autenticità sono promossi dal dono del Signore risorto, ma insieme sono da

costruire attraverso un morire con Cristo. L'accoglienza del dono salvifico implica l'accettazione

della dimensione autorinnegativa inevitabilmente connessa all'impegno etico cristiano.

Significativo in questo senso il legame che i catechismi evidenziano tra il comandamento

dell’amore e il mistero pasquale di Cristo: il momento della passione e della morte di Gesù rivela

l’amore di Dio verso gli uomini e indica la via ai discepoli: chi mi vuol seguire rinneghi se

stesso. (CIC 2,6) La croce di Cristo è il passaggio obbligato per trovare la vita, Egli ha dato la

vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli. (CIC 4,5)

2.1.2. La gradualità del cammino Proprio perché il cammino formativo coinvolge la persona in modo unitario, l’educatore

sarà attento a promuovere la graduale appropriazione della fede, cioè il progressivo "far

proprie", nelle dimensioni dell’esistenza tutte le implicazioni dell’atto di fede con il quale il

credente aderisce al Signore: in questa prospettiva l'esperienza cristiana è un continuo cammino

di appropriazione e chiede una particolare cura della gradualità del percorso di formazione

morale, correlato alla complessiva crescita della persona. Tale cura esige una vera conoscenza

della situazione del ragazzo ed una proposta formativa capace di articolarsi con l’evoluzione delle

sue strutture morali, proponendo cammini che favoriscono una maturazione progressiva.

2 Nelle pagine introduttive a Unità didattiche o ai capitoli dei catechismi sono proposte riflessioni molto interessanti dal punto di vista

metodologico: dopo l’indicazione sintetica del messaggio e degli obiettivi (conoscitivi, attitudinali e operativi) la guida offre un’articolata presentazione dei contenuti dell’unità didattica e delle dimensioni per un’azione pedagogica rispettosa della dinamica di fede: parte dalle considerazioni sulla vita del ragazzo; richiama le dimensioni biblica e liturgica dell’itinerario; offre indicazioni sulla educazione morale e chiude con una riflessione sulla pastorale catechistica che traccia le linee della proposta di fede nel contesto pastorale complessivo. Pure significative sono le pagine conclusive delle unità didattiche, dedicate a ricordare, pregare e vivere: in esse ritorna la preoccupazione di legare l’impegno morale ai contenuti di fede proposti nel capitolo.

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Questa attenzione alla persona non significa cedimento o adeguamento passivo alla

situazione, ma corrisponde alla pedagogia divina che, nella storia salvifica, ha condotto

progressivamente l'umanità all’incontro con Cristo il quale, a sua volta, ha accostato le persone

con tale attenzione per portarli progressivamente alla fede. I discepoli sono stati condotti

dall’esperienza quotidiana, al messaggio, ai segni, fino al mistero profondo di Cristo rivelato

nella Sua passione e risurrezione. Similmente la catechesi deve raggiungere la libertà del cristiano

là dove realmente si trova, proponendogli obiettivi concretamente possibili: l'appello etico non

dev'essere affermazione astratta di valori, ma proposta corrispondente al livello di maturità

raggiunto e al ritmo di crescita possibile al soggetto, senza che ciò escluda il richiamo leale alle

esigenze morali evangeliche in tutta la loro radicalità.

Nei catechismi CEI l’istanza della gradualità è promossa nelle pagine dedicate al

catechista all’inizio delle unità didattiche dei singoli CIC, sia implicitamente, attraverso il

costante richiamo alle caratteristiche specifiche delle diverse età, da conoscere e rispettare, sia

esplicitamente offrendo indicazioni concrete di attuazione del criterio di gradualità nel cammino

di fede: i comandamenti vanno presentati ai fanciulli in modo graduale, come segni dell’amore

di Dio (CIC 1,9); criteri di opportuna gradualità consigliano di educare alla penitenza con

sapiente rispetto per i sentimenti e i modi di esprimersi propri dell’età dei fanciulli (CIC 1,10);

l’itinerario di fede va programmato con attenzione ai soggetti e alle esigenze di gradualità

pedagogica propri della loro età (CIC 2, 7); l’itinerario catechistico deve favorire una graduale

presa di coscienza del mistero della vita, una progressiva consapevolezza del dono della

corporeità, una graduale conoscenza del volto della Chiesa (CIC 4, 1.4.6).

Dunque non si tratta di cedere o adeguarsi passivamente alla situazione, e neppure di

ridurre il contenuto morale del Vangelo a misura del soggetto, ma di affermare le istanze etiche

come permanente orizzonte di significato e mèta del cammino, tenendo conto delle concrete

condizione di crescita della persona. Il criterio di questa scelta pedagogica è la discrepanza

ottimale tra le esigenze di ordine etico e la situazione soggettiva: si devono proporre obiettivi che

siano concretamente perseguibili ed insieme stimolanti per la vita d ragazzo.

Nella prospettiva dell’unitarietà e gradualità della CM, va richiamato lo strumento della

regola di vita attraverso la quale il cristiano assume l'itinerario formativo in modo responsabile e

mirato sulle caratteristiche della propria persona. La regola è infatti un progetto esistenziale

strutturato e quindi unitario, capace di articolare il cammino concreto del singolo in modo

proporzionato alle diverse fasi della sua crescita. Esso risponde all’esigenza di calibrare la

proposta sulla situazione dei singoli, in vista di un’autentica crescita cristiana ed evidenzia la

necessità di curare esplicitamente la dinamica dell’accompagnamento individuale nell’itinerario

formativo.

2.2. Integralità della proposta formativa

L'obiettivo educativo unitario della catechesi, mirante allo sviluppo perfettivo del ragazzo

nell’affidamento a Cristo, esige che la CM si configuri come proposta integrale: la catechesi

mira all’educazione cristiana integrale, ha come termine il pieno sviluppo della personalità

cristiana dei credenti (RdC188). Proprio perché la scelta di fede coinvolge tutti gli strati della

personalità (il sì al Signore implica il sì dell’intelligenza, del cuore, dell’azione) è necessario un

itinerario integrale, ovvero una proposta che promuova insieme tutte le dimensioni della persona

- conoscenze, atteggiamenti e comportamenti - senza escludere o enfatizzare qualche dimensione,

ma favorendo un rapporto dinamico e sinergetico tra sapere etico, atteggiamenti virtuosi ed

esperienze qualificate.

2.2.1. La trasmissione del sapere morale Nella trasmissione del sapere morale l'obiettivo è condurre ad una conoscenza globale dei

princìpi della morale cristiana e delle norme conseguenti per rendere capaci di elaborare dei

giudizi morali maturi.

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2.2.1.1. L’articolazione dei contenuti

Tale obiettivo non è di facile realizzazione nel nostro tempo a motivo delle incertezze

circa la specificità dell’etica cristiana: essa riguarda solo i grandi orientamenti, oppure è

portatrice di indicazioni puntuali sui diversi aspetti dell’esistenza?

La risposta a questa domanda è spesso influenzata dall'interpretazione dualista

dell'insegnamento morale del NT: il diverso impianto della morale evangelica rispetto a quella

delle lettere apostoliche è letto in termini di contrapposizione. Da una parte ci sarebbe il

radicalismo evangelico, mentre dall'altra la legge elaborata dalla Chiesa primitiva.

Autenticamente evangelica sarebbe l’obbedienza della fede richiesta da Gesù e identificata nei

detti del Discorso della montagna che evidenziano il carattere totalitario della sua morale. L'etica

ecclesiastica sarebbe invece costruita come adattamento delle esigenze del Vangelo per renderle

più compatibili con le normali condizioni di vita dei cristiani.

Alla luce della fede esibita da Gesù questa ermeneutica dualistica risulta infondata, in

quanto la fede si realizza concretamente nella unitaria prospettiva dell'obbedienza al

comandamento di Dio e della sequela del Signore, imitandone la dedizione incondizionata al

Padre grazie alla forza dello Spirito.

Significativa in questo senso l’impostazione degli scritti di san Paolo che adottano

insieme i due linguaggi del radicalismo (la scelta fondamentale per Cristo introduce in condizione

di vita nuova) e dell’esortazione etica relativa al quotidiano (tavole morali ecclesiali, domestiche,

sociali): nelle sezioni parenetiche delle epistole, dopo le affermazione dottrinali, l’apostolo

propone l’insegnamento morale iniziando dal comandamento generale dell’amore e proseguendo

con elenchi di vizi da evitare e virtù da praticare (Gal 5).

In questa prospettiva la CM procederà dall'indicazione delle grandi linee ispiratrici della

morale cristiana, rinvenute esplicitamente dalla Parola rivelata: fondamento e senso ultimo della

moralità nell’ottica dell’edificazione del Regno di Dio, dimensione comunitaria dell’esistenza

cristiana nella sequela Christi, primato della carità, dimensione escatologica (delle “realtà

ultime”). A partire da queste grandi linee si dovrà giungere a loro concretizzazione nella vita

quotidiana, offrendo modelli concreti di atti (precetti), relativi ai vari ambiti dell’esistenza

personale, familiare, ecclesiale, sociale. Nella linea della concretezza sarà sviluppato anche il

tema del peccato come risposta negativa alla storia salvifica, la quale tuttavia rimane storia di

liberazione dal male e dunque mantiene il mistero del peccato nell’orizzonte della conversione

donata dal Signore. Nei quattro volumi del CIC l’educazione al senso del peccato e della

riconciliazione non è un capitolo isolato della CM, ma si colloca nell’orizzonte della storia di

salvezza ed è finalizzata ad approfondire la coscienza della centralità del rapporto con Dio. Infatti

la conoscenza del peccato scaturisce dal confronto con la Parola di Dio che comunica l’amore del

Padre e promuove nel cristiano lo stesso atteggiamento di carità. Le difficoltà e le fragilità non

bloccano il cammino di risposta al dono di Dio, perché la comunità cristiana vive in umile

atteggiamento di conversione e si lascia purificare dal sacramento della Riconciliazione che

rinnova il cuore dei credenti. I testi presentano con diverse sottolineature le dimensioni personale

e comunitaria del peccato-Riconciliazione (CIC 1,10 – 2,10 – 3,1 – 4,5).

Sotto questo profilo i CIC sono certamente interessanti perché sviluppano in modo

coerente il legame tra la fede professata (lex credendi), la fede celebrata nel sacramento (lex

orandi) e la fede vissuta nella quotidianità (lex vivendi), vale a dire la “legge del credere, del

pregare e del vivere”.

In tal modo i testi evitano una presentazione legalistica della vita morale e mettono in

risalto l’importanza della motivazione e dell’atteggiamento coerenti con la fede. In linea con

questa impostazione i testi privilegiano il linguaggio narrativo rispetto a quello imperativo, perciò

il catechista dovrà porre attenzione perché, se non opportunamente precisate, le indicazione

morali solo descrittive ed esortative possono adombrare il carattere obbligatorio e vincolante che

esse hanno per la coscienza.

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Senza tradire la bontà delle impostazioni occorrerà giungere anche a indicazioni di

atteggiamenti vincolanti per il credente, valorizzando in questo senso le figure esemplari offerte

nei catechismi: Beata Vergine Maria; personaggi dell’Antico Testamento, della storia della

Chiesa, da quella primitiva fino ai nostri giorni (apostoli, evangelisti, santi, martiri, missionari)

che si sono fatti discepoli obbedienti della Parola che salva.

In questo orizzonte va richiamata la questione del Decalogo attorno al quale veniva

tradizionalmente strutturato il sapere morale. 3

Tale scelta legittima e per tanti aspetti opportuna,

esige un’esplicita attenzione affinché non resti offuscato l’aspetto propriamente evangelico dei

contenuti morali.

La riscoperta di elementi specifici dell’etica cristiana ha -di fatto- ridimensionato il

riferimento al Decalogo a vantaggio dello schema storico salvifico che colloca la vita morale

nella logica della risposta di fede, ne rimarca la dinamica sacramentale (grazia) e la prospettiva

escatologica, tipiche della morale evangelica.

Le esigenze etiche del Vangelo e in particolare del Discorso della Montagna (DM), sono

proposte come messaggio destinato a tutti i cristiani, non come elemento facoltativo, ne riservato

ad una particolare élite: la sequela del Signore chiede a ogni credente una vita di carità

incondizionata. Perciò la valorizzazione catechistica del DM non sarà un recupero estrinseco che

semplicemente lo affianca al Decalogo, ma avrà la forma di un’interpretazione teologica che, alla

luce della morale evangelica, riscopre la perenne validità del Decalogo e ne recupera la ricchezza

pedagogica.

Si muove in questa direzione il CIC 1,9: in questo capitolo etico il comandamento

dell’amore e l’esperienza eucaristica sono la chiave interpretativa del Decalogo, le cui

prescrizioni sono lette come dieci modi di esprimere l’unico comando dell’amore annunciato da

Gesù. Dopo la Messa torniamo alle nostre case, alla scuola, in parrocchia, dappertutto Dio

Padre ci domanda di amarlo e di vivere come fratelli. Ce lo ricorda Gesù: amerai il Signore Dio

tuo con tutto il tuo cuore e amerai il prossimo tuo come te stesso. Questo comando riassume le

dieci parole che Dio ha dato al suo popolo: Gesù ci invita a comprenderle e viverle con gioia e

generosità. In questo orizzonte Il catechismo ritraduce poi il linguaggio dei singoli precetti del

Decalogo, presentandoli ai fanciulli come concretizzazione del comandamento dell’amore e delle

beatitudini evangeliche (pp. 143-150).

Allo stesso modo il CIC 2,5 presenta la vita morale alla luce della sequela di Gesù che ci

ha amati per primo e ci rende capaci di donare amore agli altri. La legge morale insegnata da

Gesù è quella dell’amore che ha come prospettiva ideale la perfezione e come contenuto i valori

espressi nel comandamento. Perciò il catechismo passa in rassegna il Decalogo mostrando ai

ragazzi come ciascun comandamento sia un modo diverso di vivere la legge dell’amore

sull’esempio di Gesù.

2.2.1.2. Il giudizio morale

L'istruzione morale non si limita a trasmettere un sapere solo pratico (cosa fare o evitare),

ma offre anche gli elementi della teoria morale cristiana, che appella a ragione e motiva quanto

3 Tali orientamenti sono legati ad un’impostazione complessivo del pensiero morale cristiano e precisamente al dualismo radicato

nella riflessione spirituale e morale della tarda antichità, secondo la quale si distingue la vita del "laico" da quella dell ’uomo “spirituale". Esisterebbero due categorie di cristiani: i laici chiamati all’osservanza della legge; i cultori della perfezione chiamati ad abbracciare l'osservanza dei consigli evangelici. I primi sono i "figli della legge" e tendono ad una carità mediocre; i secondi, "figli della grazia", puntano alla carità perfetta. Dal periodo medievale in poi si assiste ad un progressivo oblio del radicamento cristologico della educazione morale: l'annuncio morale, svincolato dal quadro teologico, si configura sempre più come questione giuridica e porta alla frammentazione del cristianesimo in una serie di doveri fondati sulla saggezza etica "comune" a scapito del riferimento alla Rivelazione. La vita morale del laico si identifica con l'osservanza del minimum di precetti sufficienti per salvarsi l'anima. Se la vita morale è una sequenza di "atti" misurati dalla legge, la teologia morale si concentra sulle regole dell’agire, più che sui valori fondanti il comportamento cristiano, a scopo di determinare i precetti nei diversi settori dell’esistenza (casistica). Questa impostazione è consolidata dalle vicende legate all'attuazione dei decreti del concilio Tridentino: la nuova normativa sulla Confessione impone una qualificazione specifica del clero, che deve essere abilitato ad amministrare correttamente il sacramento. Questo orizzonte etico e pastorale favorisce il nascere dei nuovi manuali Institutiones theologiae moralis, che presentano la materia secondo lo schema del Decalogo, rispondente, sia a finalità pratiche di formazione del confessore, sia all’impianto precettistico e minimalistico della riflessione etica.

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afferma. Così si favorisce la maturazione delle capacità di giudizio morale nei diversi ambiti

dell’agire umano, perché il credente non deve possedere solo un sapere morale generale, ma

anche la capacità di discernimento del bene e del male nelle situazioni concrete.

La cura del giudizio morale (GM) deve tener conto che nelle fasi immature, la moralità è

dominata da pulsioni legate al principio del piacere, dagli imperativi pre-razionali inconsciamente

assunti, oppure dalla interiorizzazione degli standards sociali: insomma è moralità emotiva e

irrazionale. Per favorire il superamento di queste forme immature è necessaria sia la trasmissione

del sapere, sia la formazione al discernimento etico ed è proprio la proposta della dottrina morale,

motivata nelle sue articolazioni, a promuovere la capacità di giudizio morale che possiede un

ruolo decisivo nell’esperienza etica, essendo tale giudizio norma prossima dell’agire.

Gli psicologi cognitivisti hanno evidenziato nello sviluppo delle forme di ragionamento

morale un’evoluzione tipica, connessa allo sviluppo generale della persona: stadio premorale-

eteronomo (infanzia e fanciullezza: ragionamento soggettivistico, sue conseguenze); stadio

convenzionale (preadolescenza e adolescenza: ragionamento opportunistico, sullo standar del

gruppo); stadio morale dei princìpi (giovani e adulti: ragionamento oggettivo, percezione del

valore in sé). Al di là della descrizione delle fasi è importante notare che tale sviluppo non può

avvenire per salti improvvisati, ma esige una crescita consequenziale che peraltro è esposta al

pericolo di blocchi in forme inadeguate (negli adulti sono spesso compresenti GM premorali

10%; convenzionali 55%; morali35%).

I nostri catechismi sono attenti alla formazione del GM nel contesto dello sviluppo

complessivo dei ragazzi: a 9-10 anni manifestano atteggiamenti più autonomi e cominciano a

giudicare da sé ciò che è bene e ciò che è male (CIC 2,5); tra 11-12 anni va favorita la vita di

gruppo quale luogo di maturazione nella fede (fase convenzionale); il corpo che cresce, la

propria originale personalità, le relazioni con altri, sono un campo da esplorare per discernere

in se stessi, nelle esperienze di vita un segno di Dio che apre un cammino verso la libertà (CIC

3,1); tra 12-14 anni i ragazzi rivelano incertezze e contraddizioni, rivendicano autonomie e

libertà preoccupanti... gli educatori non devono fronteggiarli con diffidenza, ma riaprire ogni

giorno il dialogo, abilitando gli adolescenti a giudicare in modo maturo le loro esperienze (CIC

4,5).

2.2.2. La promozione degli atteggiamenti cristiani

2.2.2.1. Gli aspetti qualitativi della moralità

Come abbiamo visto a livello di sviluppo del GM, i moderni studi di psicologia evolutiva

convergono nell’individuare l'esistenza di un progressivo sviluppo che riguarda gli aspetti

qualitativi dell’esperienza etica: la crescita morale non è concepita solo in termini quantitativi,

come accumulo di sapere e abitudini buone, ma soprattutto in termini qualitativi, come

passaggio dagli stadi di immaturità a quelli più maturi contrassegnati da un più alto tipo di

motivazione e di consapevolezza, nonché da più corrette forme di ragionamento morale.

L’istanza qualitativa non è estranea all'insegnamento evangelico, infatti la nuova legge

di Cristo porta a compimento la legge antica, la porta nel cuore: il Signore non mira anzitutto a

dare nuovi precetti, ma ad indicare la qualità del volere e dell’agire cristiano; l'esigenza

categorica del Vangelo è che il comportamento del cristiano assuma la stessa qualità dell’agire di

Cristo, ispirato all’obbedienza alla carità del Padre.

Una CM attenta agli aspetti qualitativi deve conoscere gli stadi evolutivi della matura/

morale e individuare le linee formative capaci di promuovere il superamento degli atteggiamenti

tipici dell'immaturità - quali l’eteronomia (il seguire norme estranee a se stessi), l’irrazionalità,

l’opportunismo - per condurre ad acquisire gli atteggiamenti propri di una moralità

qualitativamente matura, contrassegnata da libertà interiore, consapevolezza, altruismo.

In questa cura degli aspetti qualitativi i catechisti dell’Iniziazione cristiana sono aiutati

dalle pagine introduttive alle unità didattiche che offrono sobrie, ma significative indicazioni. Ad

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esempio a partire dalla tendenza conformista del fanciullo portato ad imitare l’adulto, il CIC 1, da

una parte invita a valorizzare gli aspetti positivi del conformismo (favorisce la capacità di

giudizio) e dall’altra chiede di superarlo, facendo crescere la libera adesione e la consapevolezza:

la coscienza anche nel fanciullo chiede risposte sempre più personali, perciò va aiutata a

comprendere che i motivi dei comportamenti sono interni alle leggi della vita. Il catechismo è

esplicito nel richiamare che anche per i fanciulli c’è il pericolo del conformismo, opportunismo e

del rifiuto di ogni norma e dunque è necessaria una appropriata azione educativa (9.10). Nella

stessa linea il CIC 2, 5 invita i catechisti a prendersi cura della qualità dello sviluppo morale del

ragazzo che intorno ai dieci anni manifesta atteggiamenti più autonomi: in questa direzione

quindi va aiutato a superare l’eteronomia caratteristica delle motivazioni infantili e a maturare

una maggiore consapevolezza e capacità di giudicare da sé.

L’attenzione agli aspetti qualitativi porta in primo piano nella CM la cura delle

motivazioni che sostengono l’esperienza morale. L’istanza motivazionale risulta decisiva perché,

nelle fasi iniziali della vita, la moralità è guidata da motivazioni estrinseche rispetto al valore in

gioco: il ragazzo è mosso prevalentemente dalla paura del castigo, oppure dall'interesse

immediato, o dalla pressione sociale: questi elementi lo spingono ad assumere comportamenti

solo apparentemente morali perché l’esecuzione del bene non nasce da un libero apprezzamento

del valore, ma appunto da motivi estrinseci o convenzionali.

La CM dovrà quindi portare il ragazzo ad un’adeguata conoscenza del tipo di motivazioni

che - di fatto - guidano i suoi comportamenti e promuovere in lui la libertà interiore, cioè la

capacità di accogliere il bene per libero apprezzamento del bene stesso superando le motivazioni

estranee al valore. Concretamente si tratta di favorire l’opzione o scelta fondamentale per

Cristo, intesa come decisione che impegna interamente la libertà della persona nell’accettazione

esplicita del disegno di Dio sulla propria esistenza per autonomo apprezzamento dei valori che

qualificano il progetto di Cristo. Non c’è infatti possibilità di crescita morale fuori dall’orizzonte

di un progetto di vita conosciuto ed apprezzato.

2.2.2.2. L’organismo delle virtù

La maturità delle motivazioni nella scelta di fede rende possibile l’assunzione di

atteggiamenti tipici dell’esistenza cristiana: ricerca e attesa continua del Signore; ascolto grato e

accogliente della Sua presenza; fiducia e speranza operosa nel rivivere la carità di Cristo. La

necessità di promuovere l’acquisizione degli atteggiamenti cristiani porta a riscoprire il ruolo

formativo delle virtù che sono appunto disposizioni stabili - radicate nei dinamismi razionali,

volitivi ed emozionali della persona - capaci di orientare con maggior facilità le scelte morali

buone e l’agire conseguentemente. La fede, la speranza e la carità sono le virtù prime e

fondamentali alle quali il catechista deve condurre per far scaturire la vita di preghiera e

l’impegno di ogni altra virtù (RdC188).

Il ruolo formativo delle virtù non è una scoperta nuova: esso infatti è stato riconosciuto fin

dall'antichità, ma oggi si scontra con una cultura che le vede con sospetto, quale fonte di

moralismo artificioso, o perfino con disprezzo, in quanto le virtù sarebbero opposte alla libertà

della persona. Perciò la formazione delle virtù deve oggi curare alcune condizioni previe come la

ricerca della verità, educando il ragazzo a riconoscere l'esistenza di verità e valori anteriori alla

percezione soggettiva eppure capaci di edificare la coscienza. Altra condizione è la coerenza

della vita: il ragazzo va educato a farsi guidare nelle singole scelte quotidiane dai valori che ha

riconosciuto come costitutivi del proprio essere, evitando il pericolo del conformismo e

dell’opportunismo.

Su tali presupposti potranno essere riscoperte in particolare le virtù cardinali nella loro

capacità di promuovere una maturazione della persona non frammentaria: prudenza, come

attitudine al giudizio pratico e alla decisione coerente; giustizia, come attitudine a riconoscere

l'alterità, la presenza degli altri da rispettare, e viverla in modo costruttivo; fortezza, come tenacia

nel perseguire gli impegni presi; temperanza come libertà interiore dal mondo istintuale. Lo

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Spirito perfeziona anche le virtù della prudenza, giustizia, fortezza e temperanza, per rendere il

cresimato creatura nuova in Cristo, a servizio di Dio e degli uomini (CIC 3,6).

La CM mira a formare un organismo virtuoso, un insieme armonico di virtù, unificato

dalla scelta positiva nei confronti della chiamata di Dio. Nel perseguimento di questo obiettivo

l'educatore deve tuttavia tener conto delle concrete disposizioni morali del ragazzo, ovvero

dell'insieme di attitudini e motivazioni che ordinariamente lo guidano a scegliere certi tipi di

comportamenti a preferenza di altri. Questo carattere morale comprende i tratti etici positivi e

quelli negativi che connotano in maniera inconfondibile la fisionomia morale del singolo; è

l'insieme reale delle disposizioni morali positive (virtù) e negative (vizi) che ogni persona porta

con sé, come orma dell’educazione e della storia personale. L’opera educativa sarà quindi

consapevole dei tratti specifici del carattere morale del soggetto; così potrà elaborare una

proposta costruita secondo il criterio della discrepanza ottimale.

L'esito felice della maturazione qualitativa dell’esperienza morale del credente si esprime

nell’altruismo, inteso come un tratto del carattere, una struttura stabile della personalità che ha

interiorizzato elevati standards di giustizia e di ragionamento morale. Infatti la moralità immatura

è segnata dall’opportunismo: l'agire del soggetto è determinato prevalentemente dalla previsione

delle conseguenze soggettive del comportamento e quindi da un esasperato opportunismo, in

ragione del quale il soggetto è incapace di cogliere il prossimo nella sua alterità.

L'educazione degli atteggiamenti cristiani mira a far superare questo egocentrismo ed

approdare all'altruismo tipico della personalità pro-sociale, vale a dire orientata a favore della

convivenza in socirtà. In tale direzione svolge un ruolo decisivo anche la consapevolezza, perché

il superamento dell’opportunismo è legato anche all’acquisizione dell’atteggiamento cognitivo

del role-taking, l’ “assumere il ruolo” che consente di mettersi nella prospettiva mentale

dell'altro. L'efficacia del role- taking è sostenuta dall'empatia, l'atteggiamento emozionale

consente di mettersi nella prospettiva emotiva dell'altro, da condividerne i sentimenti

immedesimandsi in lui.

2.2.3. La proposta di qualificate esperienze morali La vita morale cristiana non può ridursi alla conoscenza del quadro ideale della vita

buona, né all’acquisizione delle virtù fondamentali, ma esige di tradursi in comportamenti

coerenti. Infatti la maturità consiste nella coerenza tra bontà delle conoscenze e atteggiamenti

interiori e bontà dei comportamenti esteriori. Di conseguenza la CM deve prevedere, accanto alla

promozione del sapere e dell’atteggiamento, l'esplicita proposta di esperienze capaci di

promuovere le ricchezze della fede cristiana nella vita quotidiana.

Negli ultimi anni questo aspetto dell’educazione morale è stato sottovalutato perché si è

oscurata la coscienza della specifica azione plasmatrice che possiede l'effettiva esecuzione del

bene morale: l'impegno di pratica coerenza morale, connesso all'esperienza etica, è una forma di

autoeducazione ai valori e a loro accoglienza, perché facendo il bene, la persona modifica le

strutture della sua personalità e realizza se stessa. La CM deve quindi individuare e proporre

qualificate esperienze morali - relative ai diversi ambiti dell’esistenza cristiana - ed articolarle in

relazione alle caratteristiche della fase evolutiva dei credenti.

2.2.3.1 L’esperienza comunitaria

In questa direzione è importante notare che tutti i CIC sottolineano con forza il ruolo

decisivo dell’ambiente comunitario (famiglia, parrocchia, gruppo) come luogo dove i ragazzi

possono meglio maturare i valori e le scelte di vita, attraverso l’esperienza diretta, fatta di

conoscenza, di confronto, di partecipazione alle diverse espressioni della vita della Chiesa (tutto

CIC 3). I fanciulli non possono scoprire da soli il volto di Dio: sono le persone di buona volontà

e il loro impegno di carità a testimoniare la bontà del Padre, (CIC 1). Con il crescere dell’età

questa testimonianza diventa sempre più urgente: i preadolescenti ricercano segni concreti,

testimoni coraggiosi di libertà, verità e giustizia. Non basta fare per loro, bisogna fare con loro,

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favorendo il confronto sui problemi, l’amicizia, l’assunzione di responsabilità. Solo

introducendoli nel mistero della Chiesa i ragazzi possono superare pregiudizi e diffidenze e

conoscere il vero volto della comunità cristiana. Quindi il progetto educativo della parrocchia

deve prevedere le modalità per renderli partecipi gioiosi nelle varie esperienze della loro Chiesa

(tutto CIC 4).

Dunque l’ambito pratico che plasma la personalità è anzitutto l’esperienza comunitaria e

in particolare la famiglia nella quale il fanciullo fa la prima esperienza di Chiesa e d’incontro

con la presenza di Gesù: la testimonianza d’amore dei genitori, lo stile di vita in casa, la

preghiera in famiglia, l’annuncio esplicito, realizzano la catechesi familiare che - in sinergia con

altri profili educativi - appare elemento determinante nella trasmissione della fede e strutturazione

della personalità morale. (CIC 1)

In particolare, l’età dei ragazzi dell’iniziazione cristiana, le attività pratiche consentono

una più libera partecipazione al proprio cammino spirituale e un esercizio armonico di tutte le

risorse personali. Tuttavia non si tratta mai di attivismo fine a se stesso: queste attività pratiche

devono ancorasi sulle fondamentali virtù cristiane e svilupparne la crescita. Occorre stimolare la

libertà e la responsabilità attraverso concrete espressioni di pietà, sia vivendo la liturgia della

comunità, sia nella preghiera familiare e personale. Inoltre va curato l’esercizio di gesti quotidiani

che incarnano e promuovono le virtù della giustizia, coraggio, veracità, dominio di sé, servizio

agli altri, fedeltà, gioia, rispetto della natura.(RdC,188)

2.2.3.2. Celebrazione liturgica e vita morale

I CIC sono particolarmente attenti a mostrare l’interazione tra educazione liturgica e

formazione morale: ad esempio il CIC 1 sottolinea il valore dell’Anno liturgico che, vissuto

seriamente, è un vero itinerario educativo ecclesiale. Esso favorisce la crescita nella conoscenza

del Signore e nella reale partecipazione al suo mistero. Inoltre la liturgia è fonte della vita morale

in quanto il dono di grazia in essa ricevuto, sospinge il cristiano ad esprimerlo nell’esistenza

quotidiana. Perciò il testo invita i catechisti a promuovere il collegamento tra liturgia e impegno

etico: occorre mostrare il Battesimo come vocazione personale da vivere nella Chiesa per la

salvezza del mondo; evidenziare il rapporto tra la Messa e vita, non solo spiegando ai ragazzi il

senso del rito, ma partecipando con loro. Essi infatti capiscono davvero l’Eucaristia quando

vedono i cristiani riunirsi nella fedeltà gioiosa e tradurne nella quotidianità gli atteggiamenti di

lode a Dio, condivisione, ospitalità, servizio (5-9).

Il CIC 2 mostra come la costante pratica dell’itinerario offerto dall’Anno liturgico porti a

maturare i fondamentali atteggiamenti cristiani: l’Avvento promuove la continua attesa del

Signore, fino all’incontro definitivo; il Natale matura la disposizione ad accogliere il Signore e la

sua via alla solidarietà che nasce dal riconoscimento della dignità di ogni persona; il “tempo

ordinario” forma alla costante ricerca della verità di Cristo, alla fedeltà nel lavoro quotidiano con

uno sguardo grato sulle realtà create che Dio ci consegna come dono e compito; la Quaresima

forma in particolare agli atteggiamenti dell’ascolto della Parola, dell’umiltà che invoca salvezza

nella penitenza; il tempo pasquale promuove la speranza gioiosa, la gratitudine stupita per i

magnalia Dei (“le grandi gesta di Dio”); la fiducia in se stessi, perché sostenuti dalla potenza

trasformante dello Spirito del Risorto.

A questo livello va riscoperta la peculiarità del catechista: insieme con i genitori e con i

fedeli della comunità vivendo il mistero che annuncia, anch’egli diventa segno visibile del

messaggio. Ma lo è in modo particolare: la sua caratteristica di qualificato testimone di Cristo gli

consente di offrire ai ragazzi una singolare luce e certezza alimentata dalla sua figura spirituale,

dalla sua competenza teologica, dalla sua sapienza pedagogica e didattica (RdC186).

CONCLUSIONE: La sfida della formazione morale La nostra riflessione mostra che la CM si deve impegnare nel confronto con la

situazione globale della trasmissione della fede nel nostro tempo, non più sostenuta dal

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catecumenato sociale che in qualche modo garantiva la formazione delle coscienze. Oggi infatti i

ragazzi - enfatizzando la condizione del mondo adulto - sono segnati da una coscienza

frammentata, tesa tra soggettivismo e conformismo.

In tale situazione la CM non è solo un ambito dell’azione catechistica per il quale basta

trovare nuove tecniche, nuovi strumenti. Essa richiede itinerari formativi capaci di promuovere la

strutturazione complessiva della personalità cristiana il cui graduale sviluppo è frutto

dell’organico concorso di tutti gli elementi costitutivi dell’uomo: biologici, pulsionali, affettivi,

cognitivi, volitivi. Con questa consapevolezza i catechisti devono accostare i testi del CIC per

elaborare cammini concreti secondo le caratteristiche particolari del loro gruppo -

Questa peraltro è la sfida epocale che interpella la Chiesa nella sua complessità: cadute

le strutture di plausibilità sociale del cristianesimo, è necessario trasmettere la fede con itinerari

capaci di esibirne il significato esistenziale attraverso il rimando alla concreta testimonianza dei

credenti.

Sotto questo profilo tutti volumi del CIC sono preziosi perché mirano esplicitamente e

costantemente a coinvolgere la famiglia, i catechisti, la comunità, considerati come altrettante

espressioni di Vangelo vivo e come credibile testimonianza di un’esistenza piena e feconda:

l’esempio di vita degli adulti è per i fanciulli un annuncio di fede e una vera educazione morale.

Concepito in questo orizzonte il momento morale della formazione catechistica ha

rilievo strategico in quanto qualifica una fede autentica e matura: perciò la CM non è una

semplice dimensione aggiuntiva alla formazione, ma elemento strutturante la figura del fedele:

promovendo la personalità morale si realizza il tratto essenziale della personalità credente che ha

la figura pratica di discepolo di Cristo.

Questa impostazione dissolve il teorema dualistico che separa il profilo di promozione del

sapere della fede da quello della formazione morale, interpretata come semplice sviluppo delle

conseguenze pratiche del momento dottrinale. In realtà formazione morale e formazione del

discepolo sono indisgiungibili a motivo della natura pratica della coscienza umana e della stessa

coscienza di fede che consiste nell’adesione-sequela del Signore. L’acquisizione di una corretta

idea di CM consente infine il recupero della prospettiva unitaria dell’esperienza morale, nella

quale sono superati i limiti dei modelli formativi concentrati sulla coscientizzazione o formazione

della coscienza del soggetto e quelli attenti all’indottrinamento come ‘istruzione’ morale e al

comportamento, come ‘regole’ di condotta. In tal modo questo ministero assume il rilievo di

criterio sintetico della qualità dell’intera opera pastorale.

Senso del peccato e della riconciliazione nei Catechismi dell’Iniziazione cristiana 1,3: presenta questo tema a partire dalla misericordia di Dio che si esprime nel dono di Cristo,

venuto per salvare gli uomini dal peccato: il Padre non ci lascia soli a lottare contro il male, ma

invia il Figlio per liberarci.

1,10: anche per i fanciulli esiste la possibilità di rifiutare l’amore di Dio, quindi la catechesi

procede dalla loro esperienza del limite e del peccato. L’annuncio biblico dell’infinita

misericordia di Dio favorisce il cammino di crescita della fede nonostante questa esperienza

negativa, superata col pentimento e il perdono del Padre.

La penitenza è presentata come atteggiamento costante, come virtù che guida la vita del cristiano.

Essa è sostenuta dal sacramento della Riconciliazione con il quale il Padre offre il perdono e

rinnova la vita dei credenti, rendendoli capaci di perdonare i fratelli. La graduale introduzione ai

momenti più significativi della celebrazione penitenziale sviluppa la consapevolezza della

dimensione comunitaria del peccato e della riconciliazione.

2,4: le guarigioni miracolose operate dal Signore sono il segno della sua vicinanza e della sua

capacità di liberare dal peccato, che è il male più profondo nella vita degli uomini.

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2,10: la catechesi sul sacramento della Riconciliazione, simile a CIC 1,10, sviluppa

maggiormente la dimensione comunitaria. A partire dalla diffusa esperienza dell’infedeltà e

dell’egoismo e della difficoltà a vivere il bene, il testo invita i ragazzi a riscoprire il perdono e la

pace come dono pasquale che lo Spirito Santo rende efficace nella vita della Chiesa; la catechesi

sul peccato presenta quindi le diverse forme con le quali la comunità cristiana vive il pentimento

e la riconciliazione e si impegna a portarle nel mondo.

3,1: peccato e riconciliazione sono trattati nella prospettiva ecclesiologica che domina tutto il

volume: la Chiesa - pur essendo animata dal dono dello Spirito Santo– conosce l’esperienza del

peccato e dunque vive in atteggiamento di costante conversione, celebrando il sacramento della

Penitenza come privilegiata occasione di santificazione.

4,5: il peccato è collocato nell’orizzonte del discepolato del Signore da seguire e imitare come

vero amico, lasciandosi riconciliare dal suo perdono che risana il cuore, lo rende più forte dalle

suggestioni del male e lo porta a riprogettare la vita.