La Farfalla - edizione 24.5.2013
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Agli occhi della
gran maggio-
ranza dei lucani
gli uomini politici della
Regione appaiono pic-
colissimi. Addirittura inu-
tili. Mai così in basso.
Persino la lunga arringa
difensiva del Presidente
De Filippo nell’ultimo
consiglio regionale basta
a far rialzare la testa a
uomini e partiti. Ai fini
della solidità e della coe-
sione della nostra demo-
crazia, il giudizio diffuso
è una sentenza dram-
matica. Come di una
comunità il cui capofami-
glia viene considerato un
incapace, un incestuoso
che si appropria di tutto,
non lascia in pace nem-
meno gli scontrini. E
questo perché nella no-
stra democrazia i partiti
si sono ingoiati tutti i po-
teri, mettono il muso e le
mani dappertutto. Deci-
dono appalti, carriere in-
dividuali, spartiscono
postazioni, posti e ri-
sorse. In una parola
mangiano solo loro e
non danno niente a nes-
suno. E a non dire della
voglia di protagonismo,
di promuovere se stessi.
Come se in Basilicata vi-
vessero da soli, fregan-
dosene di tutto e di tutti.
A loro poco importa se i
giovani vanno via, se i
negozi chiudono, le im-
prese falliscono… recita
bene un proverbio po-
tentino “quann sta buon
monsignor se ne fott’ du
sacrestano” Ora la po-
polazione non vede l’ora
di andare al voto per
dare una spallata con la
speranza che cambi
qualcosa. Tutti i partiti
facciano adesso uno,
due, tre passi indietro.
Ricominciare tutto in
modo umile non è affatto
una vergogna, anzi..!
Antonio Savino
L’EDITORIALE
Come sei bella Terra dei Forti...
Contatti [email protected] - in edicola €uro 0.50.Anno VII - n. 18 - 24 MAGGIO 2013 Periodico di libera informazione -
MAI COSI’IN BASSO
ALZA LA VOCE
L’ospedale San Carlo di Potenza conti-nua ad essere “una croce” per tanti vi-
sitatori e parenti dei malati. Non èpossibile parcheggiare all'interno dellearee circostanti il complesso ospedalierose non si mette mano agli spiccioli che pertutta la degenza si trasformano in soldoni.Obbiettivamente lo spazio c’è, ma è an-cora regolato male. La comodità di so-stare in un prossimo futuro di sicuro esiste,ma a quale prezzo. Possibile che non cisia modo di dare un taglio a questo“pizzo” continuo? E poi tanto per parlaredi tagli perché non viene più distribuita l’ac-
qua ai degenti? Bisogna rifornirsi solo dallemacchinette per fare favori a qualcuno?Insomma il San Carlo di Potenza continuaad essere più croce che delizia quando sitratta di venire incontro agli utenti. Pagareil parcheggio per chi è costretto ad accu-dire i propri cari per ore o addirittura per in-tere giornate e non fornire l’acqua aidegenti sono davvero due cose raccapric-cianti, da farci vergognare, e poi c’è chi sifa rimborsare scontrini e quant’altro con isoldi nostri.
Chi si sente rappresentato dalla classe di-rigente regionale? Questa la domandache vorremmo porre direttamente a tutti
i lettori che, in quanto lucani, avrebbero qualchetimore ad evadere. Vige sempre la regola mon-tanelliana del “turiamoci il naso e votiamo DC”o davvero la rivoluzione, sempre meno grillina,sta montando nelle coscienze assopite del po-polo che di brigante ha solo qualche verso? Sei lucani potessero aderire a questo sondaggioimmaginario, probabilmente confermerebberole impressioni che noi abbiamo raccolto e che,in maniera poco diplomatica ma realistica e nonfiltrata, più o meno recita irripetibili cori da stadioche inneggiano al “tutti a casa”.
CONTINUA A PAGINA 2
ADESSO TUTTI A CASA
INTERVISTA AL LEADER DI “LUCANIA LIBERA”A PAGINA 2
SENZA PROGRAMMAZIONE NON SI CREA OCCUPAZIONE
VINCENZO GIULIANO PAGINA 4
POTENZA - PIGNOLA CASTELSARACENO
LAVELLO CAMPOMAGGIORE -
RIPACANDIDA ATELLA E SASSO
NOTIZIE SPORTIVE LUCANE A PAGINA 12
La parola ai cittadini
Parcheggio a pagamento
e niente acqua
PHOTONEWSPHOTONEWS
LA VOCE DEI COMUNILA VOCE DEI COMUNI
ALLE PAGINE 3-5-6-7-8-9-10-11
I Fuoco Vivo infiammano le piazze lucane
a pagina 15
22 24 Maggio 2013
INTERVISTAINTERVISTA
Nasce in Basilicatal'associazione cul-turale e politica
“Lucania Libera” comenuovo soggetto politico.Al coordinatore regionalepro-tempore, GiuseppePostiglione, gli chiediamose è un nuovo laboratoriodi idee o il solito partitino.«Non parlerei di partito. Ilnostro è un percorso ci-vico lontano da tutti i par-titi e dai vecchi politici,nessuno escluso. Con vivasoddisfazione posso direche siamo presenti, comeLucania Libera, in tutti ipiccoli comuni al voto do-menica e lunedì prossimo(26 e 27 maggio) con no-stri candidati all'internodi liste civiche, mentre neidue comuni più grandi(Lavello e Pignola) ab-
biamo presentato liste ci-viche interamentecostruite da noi, semplicicittadini disgustati dalmalcostume dei "trombonipolitici".E’ quindi un progetto
ampio
Certamente è ambiziosoma partendo dal bassosiamo convinti di aggre-
gare tutti coloro che finoad oggi sono contro i mal-fattori e vogliono rendersiprotagonisti, gente co-mune.Quindi candidati che
non hanno nessun le-
game con il passato
A Pignola siamo presenticon la lista civica “Pi-gnola Libera” che vedecandidato a sindaco Do-nato ROMANO, mentre aLavello la nostra lista ci-vica “Lavello Libera”candida a sindaco Pa-squale MOSCA. Personeimpegnate nel sociale mamai intruppate nei partiti.Cosa vi aspettate da que-
sto movimentismo
Questo "movimentismo ci-vico ed autoctono" hadato inizio all’ associa-zione "Lucania Libera" la
quale sta pro-cedendo alleadesioni, me-diante unac a m p a g n atesseramenti,dei singolicittadini "in-dignati" guar-
dando con attenzione alleprossime scadenze eletto-rali in Basilicata. E' ora diliberare la Lucania dallacappa della mala gestionedegli ultimi anni.Qual è l’obiettivo?
Il nostro intendimento èquello di dare vita alla fe-derazione delle associa-zioni e dei movimenti
civici lucani, solo così po-tremmo provare a cam-biare per davverol'andazzo in regione”.Non c'è più fiducia nei
partiti o i partiti sono su-
perati nella storia? Cosa
cercano i vostri aderenti
all’associazione
“Anche da noi c'è stata lacorsa a riciclarsi sotto labandiera delle liste civi-che che però tutto sono,fuorché lontane dai par-titi, anzi. Al nostro sog-getto politico non hapartecipato e non parteci-perà nessun rappresen-tante del governonazionale o “soloni” dellavecchia politica. Ci sa-remo solo noi, semplicicittadini indignati, prontiad ogni sacrificio per ilbene del nostro territo-rio”.
NOI SEMPLICI CITTADINIUn progetto ambizioso, che tenta di gettarsi alle spalle la vecchia politica
Intervista al coordinatore regionale di “Lucania Libera” Giuseppe Postiglione
E, badate bene, non perché i lucani sianodiventati forcaioli e giustizialisti: non loerano e non lo sono. Hanno interiorizzatoun concetto: non ci fidavamo dellaclasse dirigente prima di oggi ed adessoabbiamo le prove e l’alibi da bar per direche sono tutti indegni di rappresentarci.Non che i lucani che li hanno scelti sianoimmuni da colpe. Del resto di finti mora-listi e di indignati ad orologeria la Basili-cata ne ha conosciuti molti. E’ per questoche la vicenda “scontrini” ha trovato ter-
reno fertile in un popolo che ha bisogno di lavarsi la coscienzadefinendo quegli stessi politici davanti alla stanza dei quali hastazionato per ore, i peggiori rappresentanti della crisi di valori,di progetti e di missioni che gli odierni indagati impersonificanoa pieno. Non si sono amati e come perfetti estranei elettori edeletti si sono ignorati. I primi pensando che l’azione dei secondinon era volta che agli interessi personali. Qualche indizio loavevano a sostegno di questa tesi. Non c’è dubbio: questaclasse dirigente regionale verrà dimenticata presto e pochi sen-tiranno la mancanza di anonimi personaggi, saltimbanchi escialacquatori con soldi pubblici. Niente che somigli alle ostri-che di Fiorito ma confusione di quello che è il compito di unconsiglio regionale con quello di un circolo ricreativo, agenziadi viaggio, catering di casa nostra. I lucani cercavano una lucealla fine di un tunnel, percorso ormai da decenni: sempre allaricerca di un dibattito sulle occasioni perdute e sulle partite an-cora da giocare, convinti che “chi comanda” quelle partite legioca in proprio. Ed allora addio al bene comune, alle chiac-chiere sull’interesse pubblico e largo ai fratelli, cugini, parentidei politici negli enti di sotto governo, nelle segreterie partico-lari, nelle anticamere dei circoli ristretti che scimmiottano il po-tere non riuscendo mai neppure a riconoscerlo. Etica, servizio,tensione morale: roba da reduci al convengo dei nostalgici. Eloro a gestire un potere che non ha portato beneficio a nes-suno, parenti e leccapiedi escluso. A cosa serve ancora il di-battito sulla ricandidabilità di questa classe dirigente? Tutti acasa gli indagati per dare un minimo segnale di dignità. Ultimafermata per la politica per dimostrare che non si è vendutaanche l’anima. Un minimo di qualità la si può produrre e di certonon la si trova in chi ha animato la pagine della peggiore storiadi sciatteria della politica lucana di tutti i tempi. Dentro o fuori.Se si salta questa fermata si scende al capolinea. La corsa nonsarà gratis, fuori i biglietti, anzi gli scontrini!
TUTTI A CASA
U N G R I D O U N A N I M E
E’ noto a tutti che la coscienza dell’identità individuale rappresenta la più profonda natura
di ogni singola persona. L’antropologo Giulio Angioini diceva che “la coscienza fa parte
di entità umane meno vaste – penso alla famiglia al parentado al rione al gruppo coetaneo
al mestiere o professione ai parlanti la stessa lingua a una comunità religiosa e così via fino al
proprio paese”. E del proprio paese spesso non se ne conosce l’origine, nemmeno del nome.
Ripacandida: perché? Le origini del nome stanno in un manoscritto inedito che attesta Riva
Candida fondata nel 268 sulla Rocca della
Riva dai superstiti della distrutta Candida La-
tina: Candida per il suolo bianco, Latino per un
certo Vincenzo Latino, capo dei Musoni. Que-
sta notizia corrisponde al vero o è frutto di fan-
tasia? E in effetti potremmo scorgere un
riferimento al re latino padre di Lavinia di virgi-
liano memoria, oppure è frutto di una tradi-
zione orale. Esaminiamo allora i dati
dell’archeologia. Gli scavi hanno riportato alla
luce numerose tombe, la presenza di un in-
sediamento umano intorno al IX-VIII sec. a.
C., vasi, anfore, brocche, vasellame in cera-
mica…: tutto racconta la vita della gente di
quel periodo e il rango sociale di apparte-
nenza. Vengono alla luce anche le ville e, a
Ripacandida, nei pressi della fiumara in loca-
lità Ponti Rotti, i resti di un acquedotto romano.
In gergo dialettale usiamo dire Rubbacanna,
nome di origine germanica, composto da
Rube e Kanne. Il primo indica una roccia di colore giallo; il secondo è una brocca di forma allun-
gata. Oppure il nome di gergo popolare potrebbe essere composto dalle voci latine rubus, rovo,
e candidus, dunque un’area rocciosa in cui crescevano cespugli di rovi dai fiori candidi, ove
sorge l’attuale cittadina. Il territorio è anche il luogo in cui la storia va oltre la memoria, diventando
oggetto del presente. Percorriamo l’excursus storico del Regno di Napoli : l’avvicendarsi della
dinastia normanna, di amministrazioni feudali, Svevi, Angioini, Aragonesi. Tra le fonti scritte as-
sume particolare risalto il Catalogo dei Baroni Normanni, da cui si evince che Ripacandida di-
pendeva dal feudo di Tricarico, appartenente al principato di Taranto, e forniva dodici militi. Ne
era responsabile Ruggero Marescalco. Ancora, la bolla di papa Eugenio III stabilisce che al ve-
scovo di Rapolla dell’anno 1100 ca. erano soggette le chiese di S. Donato, S. Pietro, s. Zaccaria
e S. Gregorio, tutte scomparse tranne S.Donato. Inoltre, nella zona di Ripacandida, sono atte-
state le prime presenze francescane e virgiliano della regione. Ripacandida – pensate un po’ –
per la sua rilevanza economica e strategica fu elevata a Comune e chiamato Universitas, cioè
aveva diritto alle assemblee cittadine e all’amministrazione della giustizia civile e militare. Nei
secoli XVI e XVII, alcuni personaggi di famiglie di Ripacandida – mi riferisco ai Caracciolo, ai
Baffari, ai Mazzaccara, ai Grimaldi – partecipano in prima persona alle vicende storiche del
feudo. Ed ecco l’unificazione d’Italia e il fascismo e la triste nota della povertà infinita della gente
lucana che è costretta ad emigrare….Sono nomi familiari quelli citati, perché a questi eroi sono
intitolate le nostre strade.Non è da trascurare la presenza di lapidi dedicate a William Philips,
premio Nobel per la fisica, e a Leopoldo Chiari, chirurgo della scuola medica-cerusica napole-
tana. A Ripacandida dominano imponenti le Chiese: Santa Maria del Sepolcro, Santa Maria del
Carmine, San Giuseppe e Santa Teresa, Sant’Antonio, San Donato. E sono proprio gli affreschi
del Santuario di San Donato ad attirare oggi un buon numero di visitatori. Gli affreschi costitui-
scono un poema pittorico che ci richiama l’epopea dantesca delle cantiche e del poema ultra-
terreno. A destra di chi entra c’è l’Inferno. A sinistra, la beatifica visione del Paradiso. Nella volta
e sulle pareti si ammirano affreschi biblici della scuola di Giotto. Quattro anguste figure muliebri
al di sopra delle quattro Sibille vogliono impersonare le quattro Virtù Cardinali: Prudenza, Giu-
stizia, Fortezza, Temperanza. Troneggiano alcune scritte che ci ricordano il poema dantesco.
Adiacente al Santuario la monumentale “villa comunale” oggi intitolata a San Francesco, sfoggia
i meravigliosi viali e una pianta che ricorda i Giardini di Versaille. Si possono ammirare alberi se-
colari, tra cui il famoso eucalipto, rarità per la nostra zona. Cenni storici, per cercare di narrare
una storia e l’identità di un popolo. Ma non
bastano a svelarne l’anima. La storia vera di
Ripacandida è scritta sulle foglie raccolte con
mani screpolate dal gelo per riscaldarne d’in-
verno il focolare. E’ incisa sulle pietre del
fiume su cui le donne con le mani rosse per
i geloni hanno lavato i panni dei loro uomini.
E’ scolpita sulle madie e sui tegami dove
sono stati impastati e cucinati con mani ru-
vide per il lavoro i cibi per la famiglia. E’ nelle
gocce di sudore sui campi arati con mani in-
callite come legno. La storia di Ripacandida
è canto di gioia e d’amore, di odio e di rabbia,
è urlo di lotta e di morte. Sfuggito dalle nostre
labbra quando questo paese, per troppo
tempo, è stato insultato picchiato violentato
ucciso. La sua storia è nei silenzi di desideri
mai espressi, in anni di sottomissione e di
obbedienza. La sua storia è nelle grida sulle
tavole dove è stata uccisa la sua giovinezza.
E’ nel sangue dei suoi figli nati, di quelli eroicamente morti. La vera storia di questo paese è nelle
parole che nessuno ha mai ascoltato. Ma continuano a spuntare la viole…..
tercomunali.vEd in una Pe-nisola rischiarata (si fa perdire!) da crescenti “chiari diluna”, questo allenamentogestionale non poteva, neltempo, che produrre effettieconomici ed etici di note-vole levatura.Purtroppo,nemmeno la Valle di Vi-talba, è stata, dai suoi poli-tici locali avviata ad undiscorso di gestione colle-giale delle sue comunità edelle sue risorse. E pochi sisono, finora, chiesti cosaabbia spinto Giustino For-tunato a studiare con tanto“affetto” una Valle, che icosiddetti studiosi e statisti(se mai, dopo quello, sianonati, vissuti ed abbiano ope-rato) sciupano secolo doposecolo.
Benedetto Carlucci
3324 Maggio 2013
Nell’immaginario col-lettivo, la prima Re-pubblica (quella - per
intenderci – di Tangentopoli)è ricordata come un ammassodi rovine politico-ammini-strative, dalle quali nulla èpossibile salvare decente-mente. Eppure… Eppure, unacosa almeno (in coscienza) sipuò mettere in salvo. A con-dizione che, il suo uso corret-tamente “democratico” siastato l’occasione di un eserci-zio moderno di decentra-mento amministrativo e digestione promozionale dellerisorse municipali. Quelloche, in effetti, nella filosofiaistituzionale ed intercomu-nale di gestione di piccole co-munità “di Valle” o “dimontagna” è l’allenamentoalla gestione corretta e mo-derna del territorio e delle suerisorse.
COMUNICOMUNI
Che, peraltro, nei primi anniSettanta del Novecento, eraanche la filosofia che sotten-deva la nascitaed il buon fun-z i o n a m e n t odelle Comu-nità montane.Oggi ridotte apoco menoche carrozzonipolitico-am-ministrativi,sballottate daCommissar iad una crisi difunzioni e allasistemazionedi politiciext ra-par la-mentari.In Italia l'Unione comunale èun Ente territoriale (e, piùprecisamente) un ente localedi secondo grado, previsto(saggiamente) dalle Leggi n.
Questa ‹‹Unione›› fa davvero la forza?142 del 1990 e n. 265 del 3agosto 1999 e disciplinato, inparticolare, dai cinque commi
dell'articolo 32 del Decretolegislativo del 18 agosto2000, dal titolo, appunto:“Unione di Comuni”.vSe sifosse o no trattato di un enne-
simo carrozzone, si sarebbe -tra l’altro – constatato dalloscarso numero di “Unioni”
costituite nelleventi Regionidella Penisola.Ed, invece, inmoltissime Re-gioni setten-t r i o n a l i ,centrali, meri-dionali ed in-s u l a r i( B a s i l i c a t a ,s o l t a n t o ,esclusa) leUnioni sonofiorite con en-tusiasmo efunzionano am e r a v i g l i o .
Anche perché esse Organiz-zazioni territoriali , tra i pro-pri compiti precipui, avevano,in prima fila, la gestione deiservizi civili collettivi ed in-
VALLE DI VITALBA – Cadono le Province e le Comunità montane, ma…
Soltanto la distrazione giustifica l’assenza lucana di un Ente efficacedella prima Repubblica, che ‹‹funziona›› in tutte le altre Regioni
RIPACANDIDA TRA STORIA E IDENTITA'
44 24 Maggio 2013
REGIONEREGIONE
E’ a tutti evidente qualegravità ha raggiuntonella nostra Regione, i
posti di lavoro che vanno infumo, la nuova occupazionesempre più difficile da creare. Lasoglia della disperazione si è in-nalzata a livelli insostenibili spe-cie nei giovani, che riprendonoad emigrare (2000 all’anno), enelle famiglie chiuse nella lorotragica condizione di impotenza.E la cosa più preoccupante èche la speranza di poter crearenuova occupazione va sce-mando non solo nella societàma addirittura nella politica. Èquindi improrogabile ed urgenteche la questione del lavoro edell’ occupazione siano poste alcentro delle preoccupazioni diuna società come la nostra, chenon vuole rinunciare a procla-marsi civile, solidale, giusta epacifica; e che sia obiettivo pri-mario ed irrinunciabile di ogniazione politica, realmente orien-tata ad individuare soluzioni ef-ficaci e condivise. La nostra regione primeggianella spesa, soprattutto per ifondi europei, ma non riesce aporre rimedio al continuo au-mento dei disoccupati e degli in-digenti, ai posti di lavoro chevanno in fumo e alla mancanzadi nuove opportunità.Sono anni che il problema della
disoccupazione, nelle politicheregionali, viene consideratocome un qualsiasi capitolo dellaprogrammazione. E non ilprimo obiettivo concreto di unapolitica che voglia riaffermare lasua funzione essenziale che èquella di dare il diritto al lavoroa tutti i cittadini.Non vi è famiglia da noi chenon abbia in casa un disoccu-pato! E quel che èpeggio è l’assue-fazione a tale con-dizione che ci staportando tutti allarassegnazione,alla convinzionedi impotenzanella costruzionedi un futuro mi-gliore. Ecco ilmotivo delle mierichieste pres-santi, anche se inascoltate inquesti anni, di porre il problemadel lavoro come elemento cen-trale, unificante e qualificante ditutta la politica regionale, met-tendo in gioco tutte le risorseumane, materiali ed istituzionaliche la Regione dispone. Bisognamettere in campo politiche con-crete e durature con la predispo-sizione , non più procrastinabile,di un piano regionale sull’occu-pazione; un piano strategico concui costruire una mappa delle
occasioni che il nostro territoriooffre. Un piano che finalizzi aquesto obiettivo le risorse finan-ziarie disponibili sui vari tavolidella programmazione, dal li-vello locale a quello nazionale ecomunitario ( in sintonia o con-dizionante il Piano Nazionale). Un Piano per lo sviluppo localeche deve orientarsi verso il po-tenziamento dell’imprenditoria
locale, la rivalutazione dellamicro e della piccola impresa, ilrecupero dell’artigianato, del-l’agricoltura, lo sviluppo dellacooperazione, e insieme devemirare ad utilizzare le opportu-nità materiali ed umane esistentisul territorio, privilegiando inogni caso e in tutti i suoi inter-venti, le attività ad alta intensitàdi manodopera. Dovrà esserel’occupazione che si crea, amedio e lungo termine, il metrodi valutazione dei progetti e non
la corsa alla spesa. Bisogna scar-tare quei progetti che non la-sciano traccia di occupazionealla chiusura dei cantieri. Unpiano che sappia per quali fini unterritorio è vocato e su quale svi-luppo bisogna investire, evi-tando che nel giro di pochi annilo stesso territorio venga benefi-ciato per fini diversi con dispen-dio di risorse pubbliche. Di
esempi a riguardo cene sono tanti, unoper tutti: in alcunicomuni, su terreniresi irrigui, con fi-nanziamenti pub-blici, per finiortofrutticoli, si èpermesso l’installa-zione di pannelli fo-tovoltaici pure concontributi pubblici.La politica lucana
non può sottrarsi al compito dichiedersi come mai a fronte ditante risorse che si continuano aspendere, i risultati siano ancoracosì deludenti? Perché non cre-dere sul tanto proclamato, inpassato, sviluppo autopropulsivodei nostri territori? Perché dob-biamo dipendere sempre daqualcuno quando le condizionifavorevoli le teniamo in casa enon le sfruttiamo? Nella mialunga esperienza di Sindaco diun piccolo Comune lucano ho
seguito sempre questa strada eposso dirvi che è stata la stradapiù idonea, la più praticabile perconseguire risultati positivi siasul piano occupazionale chesulla qualità della vita. Non acaso Venerdì di Repubblica nel2000 ci posizionava tra i primitrenta Comuni dove si vivevameglio in Italia. La stessa emer-genza occupazionale non puòessere affrontata con strumentiuna tantum, che per quanto me-ritevoli sul piano dell’intuizionee dell’ impatto sociale, hannodato scarsi risultati, attestandosiesclusivamente assistenziali,proprio perché non incanalati inun progetto organico di sviluppooccupazionale. Una politica so-ciale che se non finalizza i pro-pri interventi al rientro deidisoccupati nel mondo del la-voro e alla loro valorizzazionecome risorse umane rischia didiventare autoreferenziale e ad-dirittura offensiva della dignitàdella persona. Non è più tolle-rabile che la disoccupazione ri-manga solo drammaindividuale e familiare, e noncome dovrebbe essere un pro-blema sociale a cui la politica daquella nazionale, regionale e lo-cale deve dare risposte.
Vincenzo Giuliano
SENZA PROGRAMMAZIONE NON SI CREA OCCUPAZIONELa pol i t ica deve r iaf fermare la sua funzione essenziale: dare i l d i r i t to al lavoro a tut t i i c i t tadini
Vincenzo GiulianoPresidente regionale dei Liberi e Forti di Basilicata
Bisogna mettere in campo politiche concrete e durature con la predisposizione e non più procrastinabile, di un piano regionale sull’occupazione
Guardiamoci intorno. Infrastrutture zero. Lavoro affondato. Agricolturafuori gioco. Edilizia nelle mani di pochi oligarchi che, nel fare il bello e
cattivo tempo, sono finiti sotto il temporale della crisi Artigianato nel dimen-ticatoio. Il turismo esiste nella fantasia di ipocriti propagandisti dell’Apt. Di-soccupati in crescita esponenziale. Cassa integrati in salita verticale.Giovani senza speranza. Insomma, la Basilicata è col culo per terra. E’colpa della crisi? No, basta. E’ colpa del sistema mediocre costruito in de-cenni di mal governo. Senza fare di tutta l’erba un fascio dobbiamo am-mettere che i mediocri sono ovunque. Nella politica, nei partiti, nellapubblica amministrazione, negli enti sub regionali, nei Comuni, nella ma-gistratura e nella cosiddetta società civile. Siamo circondati. E nelleaziende? Una realtà imprenditoriale inquinata da un sistema deviato. Im-prese col cappello in mano, o con le buste bianche, pronte ad accordarsicon certi settori della politica e della pubblica amministrazione. In questobel panorama c’è anche il politico che “ruba” il caciocavallo e l’orsacchiotto.Una Regione così ridotta è conseguenza di un sistema di mediocrità dif-fuso. Oppure è figlia del malaffare. Dopo tutto quanto è successo l’unicaalternativa è costruire una Basilicata 2.0. Un’evoluzione necessaria, senzala quale crollerebbe ogni speranza. Quale evoluzione? Un’evoluzione la
più moderna possibile. E cioè senza vecchi schemi feudali. Vale a direcentinaia di migliaia di cittadini che smettono di camminare sulle quattrozampe e imparano a mantenere l’equilibrio su due gambe. Un’evoluzioneverso il futuro. E cioè sviluppo. Vale a dire svolte radicali nella program-mazione della spesa e degli investimenti. Basilicata 2.0 non può esserel’evoluzione della specie politica che ha governato questo territorio per de-cenni. Non può essere il passaggio dalla mediocrità alla sufficienza. Sa-rebbe l’ultimo, fatale, fallimento. La Basilicata di domani si costruiscelontano dagli appetiti personali e dalle pretese di carriera di chi oggi ritienedi salire sul piedistallo per causa delle disgrazie dei propri “commilitoni”.La Basilicata 2.0 neanche si costruisce con le cosiddette “novità”. A voltesi tratta di avventurieri che credono di avere le soluzioni in tasca, ma nonhanno neanche le tasche. Personaggi di secondo piano con la cresta al-tezzosa, improvvisati esperti di sviluppo e di politica. Vissuti nell’ombra,aspirano al piedistallo. Tanti galli che vogliono il dominio del pollaio. QuestaBasilicata, vecchia e nuova, fa paura. Bisogna ripartire dall’umiltà, dallacoscienza del limite, dalla saggezza e dalla concretezza. Soprattutto, bi-sogna sconfiggere tutte le mediocrità. Anche quelle travestite da “Masa-niello”.
Michele Finizioda basilicata24.it
BASILICATA 2.0 ADESSO O MAI PIU’ MA A CERTE CONDIZIONIAppropriazione
indebita
5524 Maggio 2013
CITTACITTA’’
Certo che a parlare di conte-
stazione a Potenza, ci vuole
coraggio. Raramente, se
non quasi mai, si sono verificate
aperte disapprovazioni all'agire am-
ministrativo e, soprattutto, politico.
Un popolo, quello lucano, abituato
a sopportare, e usiamo questo verbo
per non andare su uno un po’ più
pesante: subire. Cittadini abituati
non solo a piegare la testa ai gover-
nanti, ma, anche di fronte a palesi
storture , delle quali l'urbanistica
rappresenta solo una parte, strin-
gersi nelle spalle e tentare perfino di
giustificare tutto ciò che viene ca-
lato dall'alto, manco fosse la Prov-
videnza stessa a decidere.
E così, quando un Comitato spon-
taneo di liberi cittadini decise, il po-
meriggio del 13 ottobre 2012, di
organizzare dapprima una confe-
renza stampa e poi addirittura una
protesta vera e propria all'inaugura-
zione della nuova Piazza Mario Pa-
gano, la sorpresa prima, e poi quasi
lo sgomento, la fecero da padrone
nelle fila dell'Amministrazione co-
munale..
La quale, assolutamente non abi-
tuata ad essere contestata nel suo
agire, organizzò una serie di misure
di sicurezza quasi che la contesta-
zione dovesse arrivare da un mani-
polo di Hulligans inglesi o, peggio,
da terroristi di mestiere.
Addirittura le telecamere della più
importante televisione regionale de-
cisero di dare spazio a questo ma-
nipolo di folli che aveva deciso di
sfidare apertamente la decisione di
riqualificare (questo il termine
usato) la piazza della storia della
città. E così contestazione fu. Non
clamorosa, non necessariamente di-
struttiva nè feroce, ma pacifica, dai
toni contenuti, civili e democratici.
Insomma una normalissima mani-
festazione di dissenso. La cui
espressione più evidente fu uno stri-
scione con una scritta semplice
quanto diretta che recitava la frase:
"Ladri di Storia", poiché a noi tali
sembravano coloro che, in barba ai
sanpietrini e ai basamenti, ai lam-
pioni classici e, soprattutto, alla me-
ravigliosa Croce di Winspeare che
era ben visibile a terra attraverso un
gioco di sistemazione della pavi-
mentazione, che dava l'effetto "a
croce", si erano arrogati il diritto di
cancellare le tracce della tradizione
e portare la piazza verso una conce-
zione di modernità che molti citta-
dini non hanno gradito. Sulla
riqualificazione della piazza, ad
esempio, ricordo che i primi pareri
di tantissime persone furono estre-
mamente contrari. Non controversi,
contrari e basta. Noi, come Comi-
tato spontaneo che si era contraddi-
stinto per aver portato alla luce altre
battaglie civiche, tra le quali una
netta contrapposizione al provvedi-
mento della ZTL nel centro citta-
dino (che oggi è stata drasticamente
ridimensionata dopo aver contri-
buito ad una drastica riduzione delle
economie del commercio citta-
dino), pensammo che anche l'ope-
razione di rinnovamento della
piazza non era una idea opportuna,
per una serie di ragioni.
Prima di tutto contestammo i lavori
della piazza, non in quanto tale, ma
perchè, contrariamente alle verità
che ci erano state vendute, la piazza
una Storia ce l'aveva. E se la piazza
aveva una Storia noi cittadini poten-
tini e lucani avevamo ritenuto di
dover esplicitare un diritto, alla Sto-
ria direttamente commisurato:
quello di doverla difendere.
Non avevamo la forza di un eser-
cito, nè le braccia di mille soldati,
ma la fierezza di dire: "Non ci
stiamo". E non era soltanto la piazza
a non piacerci, ma l'insieme farra-
ginoso e scomposto di una politica
altrettanto confusionaria e improv-
visata.
Di cui la piazza era simbolo, rias-
sunto, nella sua schizofrenia proget-
tuale e realizzativa, visti i continui
stravolgimenti che il progetto origi-
nario della compianta Gae Aulenti
aveva poi subìto nel corso degli
anni, sino ad arrivare ad una realiz-
zazione che rappresentava non già
quanto previsto dal progetto origi-
nario, ma una sintesi delle sue più
articolate e – ci si consenta di dire –
improvvisate, variazioni sul tema.
Prima il pavimento doveva essere
nero, poi è uscito bianco, prima i
pali dovevano essere sistemati su
due lati (lungo Via Pretoria e da-
vanti al Palazzo della Prefettura),
poi li hanno realizzati su tutti e 4 i
lati, all'inizio ne erano previsti 16,
invece ne hanno acquistati 41, ma
sistemati 24, poi l'opinione del mo-
mento era che li avevano messi a
mò di prova, della serie: "vediamo
come stanno", e ancora oggi nes-
suno può escludere che ne possano
anche togliere qualcuno. Come si
chiama questa? Noi la chiamiamo
schizofrenia, confusione, improvvi-
sazione. E se permettete, la piazza
centrale della città non merita im-
provvisazione. Se siete indecisi, non
toccate nulla.
Ultima considerazione sulla piazza.
Piace, non piace, è bella, è brutta, i
pali la arricchiscono, la rendono
meno piazza, ecc. ecc.
Non entriamo nel merito se la
piazza può piacere oppure no. la-
sciamo questo giudizio ai cittadini
e, soprattutto a chi dovrà giudicare
questa ed altre scelte della pubblica
amministrazione, che sono i posteri
di manzoniana memoria. Quello
che è veramente bello è il nuovo si-
stema di illuminazione che ha esal-
tato la storicità dei palazzi intorno,
in particolar modo il teatro Stabile
e la Prefettura, tornati a splendere
come non mai. Ma facciamo atten-
zione: non è la nuova piazza ad
esaltarli, sono dei sistemi verticali di
illuminazione che li pongono final-
mente in bella evidenza. Bastavano
allora 20, 30 mila euro ed un accu-
rato studio di illuminotecnica per ri-
solvere i problemi della
riqualificazione della piazza (non
oltre 2 milioni) e il resto destinarli a
sistemare una parte del centro sto-
rico circostante che appare vera-
mente degradato, oppure dedicarli
ad altre, ben più gravose, emer-
genze che la città lamenta. Questa
è, alla fine, la considerazione più
importante dalla quale questo Co-
mitato è sempre partito fin dal suo
primo vagìto di contestazione: ma
Potenza, con tutte le emergenze so-
ciali, urbanistiche, ambientali, di
scadente vivibilità, eccetera, doveva
proprio mettere la riqualificazione
della piazza centrale cittadina al
primo posto della sua agenda?
Dino De Angelis
STORIA DI UNA CONTESTAZIONEPiazza Prefettura Potenza
Cittadini abituati a piegare la testa ai governanti ma anche a palesi storture
Iquartieri di Potenza sono definiti sostanzialmente dalle costruzioni,solo per alcuni di essi è anche possibile individuare un'area geo-
grafica con specifici caratteri topografici o la presenza di particolaritratti storici e architettonici. Con la ricostruzione post terremoto, lacittà si "arricchisce" di edifici caratterizzati da un'imponente vertica-lità, con costruzioni che spesso superano i 10 piani e che, per coloroche arrivano dalla Basentana, danno l'impressione di enormi murisovrapposti: una gradinata di palazzi con finestre che aprono sualtre finestre. Ciò che colpisce lo sguardo del visitatore è questamassiccia concentrazione di palazzi in alcune aree, costruiti senzatenere in alcuna considerazione il fatto che la città dispone di un ter-ritorio assai vasto (174 chilometri quadrati). La sensazione che siavverte circolando nei quartieri di più recente costruzione è quelladi trovarsi di fronte ad ambienti urbani che non assolvono alcunafunzione identitaria, se non quella dormitorio. "Forse non esiste inItalia altra città in cui l'antico volto sia stato sopraffatto e cancellatocosì prepotentemente, e le cui ragioni urbanistiche o anche soltantodel buon senso, siano state così completamente ignorate" (Fabbri,1982). Lo stesso Giorgio Bocca in un suo articolo del 1969, par-
lando di Potenza, riferisce di "grattacieli zoppi".
La crescita urbanistica potentina sembra essere avvenuta senzanessuna reale programmazione; anche quando i piani urbanisticisono presenti, l'iter di approvazione è così lungo che essi risultanoobsoleti ancor prima di essere attuati. Ecco così nascere e svilup-parsi, attorno al centro della città, la presenza sempre più massicciadi quartieri caratterizzati, di norma, da una scadente qualità dellavita. Infatti, al di là di alcune associazioni culturali operanti sul terri-torio, l'offerta complessiva di vivibilità è piuttosto scadente, e questocolpisce le categorie più deboli in quanto non autosufficienti: anzianie bambini. Il problema della marginalità riguarda in maniera trasver-sale tutti i quartieri, con piccole e significative eccezioni che sonocostituite per lo più dalla capacità posta in essere da parte degli abi-tanti del singolo rione che, in casi sporadici, sono riusciti a creare alloro interno delle condizioni per migliorare il grado di aggregazione.In generale mancano strutture dedicate alla ricreazione, piccoli spaziurbani attrezzati, parchi pubblici o luoghi al chiuso per accogliereanziani e giovani. Tra le priorità di intervento, viene privilegiata dal-l'alto la possibilità di rendere utilizzabili - facendone a volte dei puntidi forza - le opere che nessuno ha mai chiesto ma che sono lì a farbella mostra di sé, rappresentando, a volte, una sorta di ricerca del-
l’effimero.È proprio verso una razionalizzazione di intervento che,insieme ai rappresentanti di quartiere, a singoli cittadini e associa-zioni sensibili al problema, il Comitato 13 Ottobre ha cercato di ana-lizzare alcune questioni scottanti che riguardano la periferiapotentina, inquadrando delle soluzioni senza alcuna pretesa di as-solutezza, ma individuando risposte concrete alle esigenze di unacittadinanza non tenuta in alcuna considerazione. Potenza, pur-troppo, è piena di interventi privi di ricadute positive sulla collettivitàe che non hanno apportato alcuna utilità lì dove allocati. Il progettoQUARTIER GENERALE del Comitato 13 Ottobre ha fortementevoluto la partecipazione diretta da parte dei residenti per elaborareproposte sensate e misurate sulle reali necessità, invertendo la mo-dalità degli interventi calati dall’alto.Si è così tentato di far emergerela consapevolezza che solo chi vive quotidianamente il proprio rionericonosce le vere necessità che lo riguardano ed è, pertanto, ingrado di suggerire modalità di intervento socialmente apprezzateed economicamente sostenibili.
Comitato 13 Ottobre
POTENZA "QUARTIER GENERALE"Breve analisi socio-urbanistica della città capoluogo .
66 24 Maggio 2013
CITTACITTA’’
Per trattare del Capoluogo
di Regione, eccoci a par-
lare di Centro Storico,
tanto per non farci mancare
anche una piccola dose di ricordi.
Per coloro che, come me, sono
nati e cresciuti nella parte più
vecchia di Potenza, quella com-
presa tra la Torre dei Guevara e il
borgo di Santa Lucia, non è facile
digerire, seppur inevitabile farlo,
l’evoluzione dei luoghi e degli
standard di vivibilità di quello
che fu il cuore pulsante della po-
tentinità. Il dibattito sulle condi-
zioni in cui oggi esso versa si fa
giorno per giorno più acceso. Da
un lato coloro che lo popolano, i
quali desidererebbero il ritorno di
tutti quei servizi che, per esigenze
logistiche, sono stati spostati in
altri rioni, lasciando però il Cen-
tro orfano finanche di una dele-
gazione, e cito a titolo di esempio
il servizio anagrafico municipale,
di recente rimosso dai locali di
Via 4 Novembre senza essere
reimpiantato in altra sede. Dal-
l’altro lato il resto della cittadi-
nanza e, doctum doces, certa
Amministrazione, a trascurarlo a
tutto favore dei nuovi e meglio
carrabili rioni. Eh, già, perché si
è sempre detto dei potentini che
gradirebbero arrivare anche a ta-
vola servendosi dell’automobile.
L’utilizzo del trasporto privato
che in Centro Storico facilmente
congestiona il traffico, però, an-
drebbe disincentivato non già
con discutibili chiusure al traf-
fico, leggasi ZTL, ma renden-
dolo meno conveniente nei tempi
di percorrenza, come dal punto di
vista del costo, il che oggi non
guasterebbe. Sarebbe auspicabile
l’organizzazione del trasporto ur-
bano in maniera integrata, com-
prendendo il
servizio di auto-
bus, di metropoli-
tana e di scale
mobili riuniti in un
unico biglietto
orario e senza li-
mitazione di uti-
lizzo, ma
soprattutto fa-
cendo in modo
che i tempi d’at-
tesa siano ridotti
ad un limite accettabile. Non è
questa la sede opportuna per ap-
profondire quanto già abbondan-
temente ma mai sufficientemente
discusso al riguardo, ma nell’ot-
tica del recupero della storica
funzione di “salotto buono” da
parte del Centro, non si possono
tralasciare certi interventi che ap-
paiono necessari per ridare vita al
rione che, per le sue caratteristi-
che, bene si presta ad assumere il
ruolo di un grande ed acconcio
Centro Commerciale, sede di
contenitori culturali e ganglio
amministrativo, a patto di resti-
tuirgli certi angoli che rimandano
la memoria a ciò che è stato negli
anni trascorsi. Chi ha oltrepassato
la mezza età ricorda con rim-
pianto come fossero popolati al-
cuni angoli del Centro Storico
che, a onor del vero, dopo reite-
rati quanto inopportuni interventi
“di riqualificazione”, oggi di sto-
rico conserva poco o nulla. Come
dimenticare il mercatino di
Piazza Duca della Verdura, con
la pensilina ed i banchi in pietra
che la sera della vigilia di Natale
brulicavano di pescivendoli che
imbonivano a voce alta la propria
mercanzia, e durante tutto l’anno
ospitava i banchetti dei contadini
venuti in città a vendere i prodotti
della propria terra. Chi può di-
menticare il colorato e chiassoso
Mercatino dei Poveri, quello in
Via Beato Bonaventura, oggi
luogo silente, anonimo, trascu-
rato e adibito a parcheggio in una
strada molto importante ma da
anni chiusa al traffico per la rea-
lizzazione di garage privati… E
che dire della bella piazzetta di
Largo S.Giovanni, inspiegabil-
mente eliminata per fare posto ad
un muretto a zigzag e ad un paio
di tristi e deserte ter-
razzette intitolate, dal
19 marzo 2009,
Largo Tommaso
Pedio, orrendo bi-
glietto da visita per
chi accede al Centro
attraverso l’antica
Porta San Giovanni.
La ricordo bene, la
piazzetta di San Gio-
vanni, popolata dalle
baracchette verdi in
cui si vendevano le cose più di-
sparate, dai giocattoli di Mimì ai
generi alimentari dei Padula, dai
filati, merletti e bottoni dei Rug-
gieri a finire all’ultimo vero arti-
giano stagnino, il Sig.Vito, che
ricordo come un vecchietto mi-
nuto, taciturno ma sempre di
buon umore. Oggi, per recupe-
rare almeno un pizzico dell’an-
tico e caratteristico motivo del
Centro Storico, oltre alle lodevoli
iniziative quali… quali… beh, ce
ne sarà almeno qualcuna, ma non
mi sovviene, gli Amministratori
potrebbero richiamare i cittadini
per le vie del centro distribuendo,
ad esempio, i banchi del Merca-
tino delle cose usate e d’altri
tempi tra i vari siti che già furono
di scambio. Potrebbero anche ri-
pristinare l’antica piazzetta San
Giovanni e dotarla nuovamente
di prefabbricati lignei, magari
come quelli usati per i Mercatini
di Natale, concedendoli in loca-
zione anche a giovani, possibil-
mente autoctoni, che vogliano
intraprendere piccole attività
commerciali e a quegli ambulanti
che ancora tentano di vendere lì
frutta e verdura, tristemente ap-
poggiando la mercanzia sui mu-
retti. Ridare vita al Centro
popolando le sue piazzette e i
suoi vicoli sarebbe un gradevole
modo di restituire il caratteristico,
antico, e pur sempre gradevole
modo di essere un naturale centro
commerciale all’aperto che sicu-
ramente i potentini mostrano di
gradire, a giudicare dagli accessi
e dalla frequentazione che co-
munque nessun divieto ammini-
strativo o Zona a Traffico
Limitato che sia, riuscirà a de-
viare verso altre e più moderne
zone della città.
S.G.
L’EVOLUZIONE DEL CENTRO STORICO DI POTENZATra passato, presente e futuro
A c c e s o d i b a t t i t o s u l l e c o n d i z i o n i i n c u i v e r s a
Entro il prossimo anno saranno mobilitati 135 milioni di euro
per la città di Potenza. Questa cifra scaturisce dal pro-
gramma plurifondo con risorse derivanti dal PO FESR per 20
milioni di euro, dal piano di sviluppo e coesione per 41 milioni
di euro, da fondi del Ministero delle Infrastrutture per 23 milioni
di euro scaturenti questi ultimi da bandi nazionali che l’Ammi-
nistrazione comunale di Potenza si è aggiudicati, da un milione
di euro derivanti direttamente dalla Regione Basilicata e 50 mi-
lioni di euro di partnership privata di cui 14 provenienti da fondi
Statali e regionali. Le risorse sono tutte disponibili grazie ad
accordi di programma, intese interistituzionali ed atti ammini-
strativi già definiti.
“Si tratta di una boccata d’ossigeno –ha spiegato il Sindaco
Santarsiero- che certamente non risolverà la grave crisi che
attanaglia tutte le forze produttive ed economiche della città,
ma che certamente aiuterà a respirare. Il piano di investimento
–ha detto- nasce con un punto di partenza chiaro e preciso.
Quando si è dovuto pensare a cosa proporre per l’utilizzo dei
fondi europei, ciclo di programmazione 2007-2013, l’Ammini-
strazione comunale di Potenza ha fatto una scelta di fondo ri-
nunciando all’idea di una banale elencazione di opere che
nella loro sommatoria non avrebbero fatto un progetto. Di qui
la definizione di una strategia più ampia, proiettata nel futuro,
denominata Potenza 2020 fatta di obiettivi generali, obiettivi
strategici e linee di azione e progetti che, dopo essere stata
definita e valutata in una serie di incontri con mondi produttivi,
associativi, sindacali, professionali ecc. è stata successiva-
mente approvata dal Consiglio Comunale.” Il documento, oltre
a recepire le sollecitazioni maturate sia all’interno degli uffici sia
in tutti gli incontri fatti, fa sintesi di una serie di strumenti di cui
l’Amministrazione si era dotata come il Piano Urbano della Mo-
bilità, il preliminare del Piano strutturale metropolitano, il rego-
lamento urbanistico, il piano di trasporto pubblico locale, il piano
di protezione civile e quello per i servizi sociali. “E’ così – ha ag-
giunto Santarsiero- che il nostro Piano di investimenti si è po-
tuto arricchire di risorse messe a disposizione dall’Europa, dallo
Stato, dalla Regione e dai privati.” “Entro un anno –ha detto il
sindaco- tutte le risorse dovrebbero essere mobilitate. Da su-
bito si dovrebbe procedere all’impegno di 9 milioni e 300 mila
euro di aiuti alle imprese. Di questi 5,2 MLN euro saranno im-
pegnati da subito a favore delle Piccole e Medie imprese ope-
ranti nella città di Potenza attraverso lo scorrimento delle
graduatorie dei bandi, Startup e Spinoff (2,5 milioni di euro) e
click day (2,7 milioni di euro). Successivamente entro 60
giorni saranno emanati sempre per le PMI operanti nella città
di Potenza due bandi, il primo per 2,1 MLN euro nel settore ri-
cerca e sviluppo e l’altro di 2 milioni euro nel settore sociale.”
Per il resto del programma da sottolineare il bando in corso di
pubblicazione con scadenza il 29 luglio 2013 da parte delle
FAL (individuato soggetto attuatore dal Comune) per 9,85 mi-
lioni di euro destinato al primo lotto della metropolitana. Il resto
degli interventi vanno dalla attuazione dei 360 alloggi di edilizia
sociale del piano nazionale città, ai 18 interventi di riqualifica-
zione urbana già presentati del fondo di Sviluppo e
coesione,alla Casa dello studente per 15 milioni di euro con
soggetto attuatore l’Università di Basilicata, al secondo lotto
della metropolitana per 11 milioni di euro il cui bando dovrebbe
essere emesso entro i prossimi 30 giorni. “Il programma –ha
detto il Sindaco - rappresenta il punto di arrivo di una azione
amministrativa sviluppata negli ultimi anni nell’ambito di una vi-
sione globale di sviluppo della città.” Il Sindaco ha garantito che
ci saranno ulteriori incontri sia per monitorare e seguire lo stato
di avanzamento dell’intero programma sia per avviare la fase
di definizione del piano di interventi da candidare per il prossimo
ciclo di programmazione 2014-2020 che porterà inevitabil-
mente ad una implementazione della strategia Potenza 2020.
Santarsiero ha anche detto che presterà attenzione ai bandi
per opere al di sotto di un milione di euro, in modo da poter
meglio sostenere le realtà imprenditive locali.
UN ALTRO LIBRO DEI SOGNI?
NUOVI INVESTIMENTI PER IL CAPOLUOGO
orecchie del Papa , che ce-dendo alle suppliche di alcunifrati minori di un conventoPalestinese fece realizzare dalmaestro Olita una Campanadi pregevole fattura . Questisono piccoli tesori nascostidei Lucani che portano lucenel mondo. Ma quando i lu-cani illumineranno loro terra?
Bettino Minici
7724 Maggio 2013
Un illustre emigrante lu-cano ( Orazio Flacco daVenosa ) affermava : Un
popolo che dimentica il propriopassato è un popolo senza fu-turo. E’ da questa affermazioneche voglio partire per raccontarestorie di uomini che hannoesportato fuori dai confini regio-nali (nessuno è profeta in patria)la cultura, il genio e l’inventivalucana in tutto il mondo. Laprima tappa del nostro giro parteda Pignola e dalle sue fonderie.Pignola è a pochi chilometri daPotenza.Cittadina sempre attiva
COMUNICOMUNI
che promuove numerosi eventi: culturali, teatrali e spettacolimusicali. E’ come si suol dire,un paese che ha l’arte nel san-gue e non riesce a starefermo.Perché i fonditori di cam-pane ? Pignola è conosciutacome la cittadina dei mestieri,infatti dagli anni 50 nella cittàdi Potenza e non solo hannofatto scuola artigiani Pignolesi ePantanesi. Il capoluogo era riccodi: Barbieri, marmisti, fale-gnami, carrozzieri, pasticcieri,meccanici e scalpellini tutti ori-ginari di Pignola e che hanno in-segnato i mestieri ai ragazzi dibottega quasi tutti potentini. Inpochi sanno che Pignola è statanon solo la patria di valenti scal-pellini (noti sono i suoi portali)ma anche di maestri fonditori dicampane e, due casati si sonodistinti in questa non facile arte,gli Olita e i Bruno . Tutte e duele famiglie come è naturale cer-carono di primeggiare in questaarte , ma come si dice :(
PIGNOLA IL PAESE DEI MASTRI
L’unione fa la forza ) si fuseroanche loro grazie al matrimoniotra Nicola Bruno e GiuseppaOlita. Girolamo Olita, nato a Pi-gnola nel 1786 da Luigi e Or-sola Amorelli apprende l’’artedal nonno e lo fa così bene chele campane realizzate dall’Olitasono di una così alta qualità chel’opera del maestro viene richie-sta non solo in regione (realizzala campana di San Canio per la
chiesa madre di Acerenza) maanche in Puglia dove diversesono le sue realizzazioni; Trani,Foggia, Mesagne, per la chiesadi San Michele Arcangelo,(questa campana nonostante isecoli passati è ancora attiva edai mesagnesi viene detta vec-chio campanone ) in Calabriafuse una campana per la chiesamadre di santa Maria vergine diPolistena in provincia di Reg-gio Calabria. E ritornando daReggio ne fuse una per la chiesamadre diV i b oL’arte deim a e s t r ifonditorivarcò ic o n f i n inazionalifino allaterra diPalestina .la lorob r a v u r agiunse alle
Giro stor ico-cul turale del la BasiLucania
U n a c o m u n i t à c h e h a l ’ a r t e n e l s a n g u e e n o n r i e s c e a s t a r e f e r m a
Il Monte Alpi offre agli occhi del viandante che risale
dalla provinciale dell’Armizzone un panorama moz-
zafiato. Il sito ambientalistico, che fa parte del Parco
Nazionale del Pollino, è di interesse naturalistico, tanto
è vero che la parete ovest del massiccio, è popolata
da numerose specie di pino loricato, una varietà raris-
sima di conifere, che cresce solo a tratti sul Pollino,
mentre qui ve ne sono numerosi esemplari. In più oc-
casioni il Circolo Regionale Culturale e Politico dei “Li-
beri e Forti” ha denunciato la forzata convivenza
dell’industria petrolifera con la produzione DOC, IGP:
ad esempio, canestrato di Moliterno, Fagiolo di Sar-
coni, Mele della Val d’Agri, Grottino di Roccanova ed
altri. Adesso dobbiamo convivere non solo coi pozzi
petroliferi, i parchi nazionali e regionali attigui agli im-
pianti di estrazione, quand’anche con l’insediamento di
nuovi impianti di energia alternativa a macchia diffusa
in tutto il territorio regionale. Questi, oltre a deturpare il
paesaggio, rendendolo simile alla Mancia, dove
c’erano i mulini a vento contro i quali Don Chisciotte
sferrava i suoi attacchi invano, non portano abbastanza
utile alle comunità, nei comuni dove sono stati istallati.
E ti trovi campi di pannelli solari, invece che di grano,
ovunque e pale eoliche invece di mulini che sarebbero
più utili alla macina del grano. La responsabilità natu-
ralmente non si deve attribuire alle fonti energetiche in
sé quanto alla politica regionale, dispersiva e servilista.
Il caso di Castelsaraceno ha suscitato tanto scalpore
tra la popolazione locale, tanto è vero che è stato già
denunciato dal Dottor Fontana Angelo sulla stampa e
dal Dottor Pasquale Gallo su di un noto social network.
La politica ambientale del comune di Castelsaraceno,
basata su “ponti tibetani”, sulla valorizzazione ambien-
tale, sui prodotti tipici, di cui tanto si parla, non può con-
ciliarsi, con la devastazione selvaggia del territorio. Con
il proposito di sviluppare un’area a vocazione turistico-
ambientale, quale quella dell’Armizzone e del Monte
Alpi, noi proponiamo innanzitutto che la pala sussi-
stente venga subito rimossa e che non vengano istal-
late altre pale in quel sito e poi di cercare altre fonti di
produzione e di sviluppo che siano più compatibili e
consone al territorio e che mirino piuttosto a potenziare
il turismo, magari portando a regime la rete viaria che
è fatiscente, sperando che in questa campagna elet-
torale si metta mano anche alla Racanello dopo tren-
t’anni. Concludendo cosa vogliamo fare affinché il
nostro territorio si sviluppi e venga messo nelle stesse
condizioni di alcune aree della Basilicata? Vogliamo le
pale eoliche? Magari estese in tutto il territorio comu-
nale? Vogliamo che il turista goda dei nostri paesaggi,
magari con la costruzione del ponte tibetano e della
Racanello, nella speranza a breve termine. Le ammi-
nistrazioni devono rispondere a questo interrogativo
profondo che riveli la vera identità della nostra terra.
Prossimamente a questo proposito, sarà tenuto, pro-
prio a Castelsaraceno, un convegno con Fare Am-
biente Basilicata e con tutti coloro i quali hanno a cuore
le sorti del nostro TERRITORIO.
CASTELSARACENO LE PALE EOLICHE AL POSTO DEL PINO LORICATO
MONTE ALPI
88 24 Maggio 2013
COMUNICOMUNI
Non stupisce affatto il fa-scino che riescono tuttoraa trasmettere tanti piccoli
borghi della nostra terra, a voltecosì immersi in un'atmosfera dialtri tempi da sembrare davverousciti dalla penna di Carlo Levi.Quel che stupisce invece è lamancanza di spirito imprendito-riale turistico che di certo altriscenari avrebbero valutato. Ep-pure c'è qualche eccezione checonferma che tutto si può fareanche in Basilicata: Campomag-
giore è un esempio di come unpaese sconvolto da una catastrofenaturale abbia saputo trarne espe-rienze culturali ed economichenuove da farne emergere una vi-vacità diversa, e per certi versisorprendente. Sì, perché ciò chedistingue ruderi abbandonati di unvecchio paese da rovine che an-cora sanno parlare di se è nella ca-pacità di trarne sempreun’emozione, come quando siascoltano vecchi racconti di unpassato lontano dalle parole di an-ziani sull’uscio delle loro abita-zioni immerse nei vicoli dei nostricentri. Ecco perche i sogni di una
città utopica sono i sogni della no-stra gente. É davvero un paesefantasma? Lo chiediamo a Giu-seppe Damone, un giovane stu-dioso lucano particolarmentelegato al centro di Campomag-giore perché oggetto della sua tesidi laurea, e di ulteriori approfon-dimenti storico-architettonicianche successivi. L’intervistato citiene a precisare che una volta ini-ziate le sue ricerche e i suoi studinon “ha potuto più smetterne” diricercare e approfondire aspetti
storici ed architettonici viste leemozioni che questo piccolo cen-tro riesce a suscitare. “Campo-maggiore ha una storia profondafatta di uomini e sogni, dove unafamiglia di feudatari, i Rendina,hanno saputo perseguire il benes-sere comune, di una comunità chenasce e cresce con loro. Bastipensare, per dare dei riferimentistorici, che da soli ottanta abi-tanti del 1741 si giunge ai mille-cinquecentoventicinque nel 1885,una crescita notevole della popo-lazione legata alla politica so-ciale perseguita dai contiRendina. A tutti gli abitanti erano
riconosciuti gli stessi diritti e glistessi doveri: è questa la vera uto-pia sociale. E di questa storia sipuò leggere in antichi documentie nelle pietre del vecchio centroabbandonato dopo la frana del1885; Campomaggiore è unaghost town tutta lucana. Visitare iruderi è come fare un viaggio inuna realtà incantata, dove iltempo sembra essersi fermato edove la natura lentamente ricon-quista i suoi spazi. Un sito checonsiglio di visitare anche aimeno appassionati di storia edarchitettura per le forti emozioniche riesce comunque a suscitare.Sarà anche una città fantasma,ma il cuore dei ruderi ancorabatte ed emoziona”. Ma il nostrointervistato ci tiene anche a preci-sare che il fascino di Campomag-giore non è solo circoscritto alparco dei ruderi del paese fanta-sma, ma anche al nuovo centroabitato. “ Se il vecchio centro èaffascinante per le sue peculiaritàstoriche ed architettoniche, certonon è meno il nuovo paese co-struito a partire dal 1886 e com-pletato, per quanto attiene laparte storica, nel 1938. Loschema urbano, alcuni monu-menti e tutto l’excursus ricostrut-tivo dopo la frana lo rendono unesempio vincente di ricostruzione.Basti pensare che il paese è riedi-ficato secondo un preciso volereprogettuale di cui ci è pervenutoun Piano Regolatore Generaledel 1886. È quanto emerso anchenel corso dell’ultima Biennaledello Spazio Pubblico tenutasi aRoma la scorsa settimana dove hoavuto il piacere di presentare unintervento proprio sul tema dellaricostruzione di Campomag-
giore”. E aggiunge “Credo chetanto si sia già fatto, ma moltoaltro si può ancora fare per il re-cupero e la tutela di questo cen-tro. E se la sua storia e la suabellezza architettonica hanno sa-puto catturare me che non sononato e non vivo a Campomag-giore, ritengo cheper tutti i Campo-maggioresi che vi-vono quella realtàil desiderio di ri-scoperta a fini tu-ristici del loroterritorio sia untema che hannomolto a cuore”.Crediamo davveroche l’entusiasmo ela voglia che tra-smettono giovanicosi meritino diessere apprezzati eche gli sforzi diuna comunità cosìattenta nel valoriz-zare il proprio ter-ritorio conm a n i f e s t a z i o n iteatrali, comequella dedicata
alla città dell’utopia, debbano es-sere ricompensati per non far di-ventare anche queste realtàpiccoli fantasmi in un territorioarido .
Carolina Barone
CAMPOMAGGIORE UN PAESE FANTASMA?Nei piccoli centri lucani manca lo spirito imprenditoriale turistico
Giuseppe Damone, un giovane studioso lucano, rivaluta invece le potenzialità storiche del luogo
E' stata inaugurata a Lavello la se-zione Regionale delle Guardie
Ambientali presieduta da PasqualeMosca. In una platea numerosa e at-tenta il presidente Mosca ha illustrato,con dovizia di particolari e profonde ri-flessioni, il programma e gli intenti diquesta neonata associazione regio-nale illustrando i temi su numerosi e certamente, non esaustive problematiche della Re-gione e del proprio comune Numerosi gli ospiti intervenuti. Tutti di elevato spessoreculturale e professionale. Per l' Associazione FARE AMBIENTE è intervenuto: la Presi-dente Dr.ssa BACCARI Patrizia , che ha disegnato una terra ricca e accogliente ma connumerose problematiche su cui l'associazione sta intervenendo, seppur con gravi difficolta'ed ostacoli; il Responsabile del Comitato scientifico, dott. Donato Fabbrizio, che ha illu-strato come la scienza e, in particolare, la ricerca scientifica puo' essere determinante per
la salvaguardia del nostro pianeta anziusando in modo intelligente le risorseche madre natura mette GRATUITA-MENTE a disposizione; il dott: Drago-netti Stefano delle GUARDIEECOOZOOFILE di FARE AMBIENTEche si è soffermato su alcuni doveri ine-renti il proprio corpo di vigilanza. Vi-brante , profonda e piena di
sentimento, sicuramente anche dovuta alla sua appartenenza partenopea, la relazionedel Dott. BISCARDO Francesco, responsabile regionale Campania delle GUARDIE AM-BIENTALI ECOLOGICHE che ha sostenuto fortemente l'iniziativa del Presidente Moscae ha parlato delle criticita' nell'affron-tare questo impegno specialmente inuna zona ,fortemente infiltrata da ma-lavita ambientale, quale la Campania.Intervento ed auguri anche da partedel rappresentante delle Guardie eco-logiche della provincia di FoggiaFrancesco Volpicelli. Saluti ed augurianche se non presente per precedentied inderogabili impegni assunti dalPresidente dell'associazione regio-nale LIBERI E FORTI , presieduta dalProf. Vincenzo Giuliano e dal Presi-dente di LUCANIA LIBERA, dott. Giu-seppe Postiglione. Al termine dellaserata, con un commosso ma deter-minato discorso, il ringraziamento delPresidente Mosca che ha stretto in unabbraccio virtuale ma sincero i pre-senti e gli abitanti di Lavello.
D.F.
GUARDIE AMBIENTALI ECOLOGICHE di LAVELLO
da sinistra: Fabbrizio, Baccari e Mosca
d'acciaio, unita ad una volontà eduna perseveranza in grado di cam-biare le proprie sorti. Il metodo concui si vuole studiare ed introdurrele più innovative tecniche agrono-miche è quello di affiancare ad unaparcella coltivata secondo le re-gole di agricoltura convenzionale, una tesi in cui si coltiva la stessaspecie ma con tecnica differenteper raffrontare le produzioni. Ci sipropone di lavorare su colturecome asparago, radicchio, melone,pomodoro, peperone e melanzanae specie affini.
Felice Lapertosa
9924 Maggio 2013
In un territorio come la Basilicatadove prevale l'assenza di tutte leendemicità in ambito agricolo e
zootecnico si colloca un paesino cheoggi rischia lo spopolamento. Sa-triano di Lucania, una ridente vallatanel cuore del Melandro dove, grazieall’impianto d’irrigazione costruitonegli anni 90, si pratica un'agricol-tura per l'autosostentamento. Da ciònasce l'iniziativa di alcuni giovanivolenterosi e tenaci, di rilanciare unsettore come l'agricoltura a partire daun'Associazione di produttori agri-coli, scevra da ogni interesse politicoe fuori dalle banali questioni ammi-
COMUNICOMUNI
nistrative, che prende il nome di "Or-toMelandro" e che promuove le col-tivazioni in ambito orticolo. Ungruppo di produttori, che respingonoe disapprovano ogni forma di meroassistenzialismo, si propongono diistruire dei campi dimostrativi inloco, sicuri che l'agricoltura possa ri-pagare l'uomo e il territorio. Oggipurtroppo, l'invaso di Pietra delCorvo non è opportunamente valo-rizzato e nemmeno manutentato lacondotta idrica che allaccia ettari col-tivabili e che può essere fonte di ric-chezza per quanti ne fruiscono,costruita grazie alla lungimiranza di
un Amministratore che ha sa-puto guardare avanti. Vale lapena ricordare i progressi chesono stati fatti in passato conpochi mezzi ma con grandevolontà e che la nuova genera-zione di Satriano vuole eredi-tare per prendere in mano ilproprio presente e la propriaterra. Affinché non si rischiquesto malaugurato spopola-mento. Non dimentichiamoinoltre che il lavoro in campa-gna è un lavoro che più degli
SATRIANO RILANCIA L’ORTOMELANDRO
altri nobilita l'animo, affina l'ingegnoe fa trascorrere delle giornate nelsegno del buon umore. L'attenzionedella cittadinanza e l'interesse è tuttorivolto verso questa iniziativa, cheprevede anche la possibilità di creareun marchio d'area come da decenniimmaginato dalla Regione Basili-cata, ma che mai per i fini pretta-mente assistenzialistici di una certapolitica e di una certa imprenditoriahanno fatto sì che si creasse. Se laRegione Basilicata vuole effettiva-mente rilanciare l’agricoltura deveper prima cosa sostenere i Campisperimentali o dimostrativi in loco enon soltanto nei centri di sperimen-tazione regionale. Oggi quest'inizia-tiva si prefigge l'arduo compito didare orientamento produttivo di col-ture da praticare al fine di creare eco-nomie e possibilità di reddito anumerose famiglie che ormai fati-cano a trovare lavoro in altri settori.Investire in agricoltura e nei campidimostrativi può essere il segreto edinsieme la mossa vincente per darefiato ad un'economia e quindi ridareil sorriso ad una intera comunità. Gliobiettivi che si intendono perseguire
in tale progetto sono quellidi costituire campi princi-palmente di colture orticole(all’interno di aziende pri-vate presenti nello stesso ter-ritorio) aventi lo scopo dimostrare e divulgare nuovetecniche agricole innovativebasate sull’uso di appro-priate tecniche agronomicheassociate all’utilizzo di bio-stimolanti di natura vegetaleche permettono di ridurre gliapporti di concimi chimici e di pro-dotti fitosanitari, con un vantaggionon solo ambientale, ma soprattuttoeconomico attraverso il migliora-mento degli aspetti quanti-qualitatividella produzione Certamente Sa-triano saprà cogliere questa opportu-nità giacché si intende valorizzare ipropri terreni incontaminati e il pro-prio microclima attraverso un'agri-coltura integrata e sostenibile,lasciando come buona normal'agroecosistema nelle stesse condi-zioni in cui è stato loro trasmesso. Perdare ossigeno ad un'agricoltura con-tadina, sempre bistrattata, ma chepossiede un carattere ed una tempra
La r idente val lata nel cuore del Melandro per una r ipresa del l ’agr icol tura
Un gruppo di produttor i s i propongono di is t ru i re dei campi dimostrat iv i in loco
Per chi dovesse scendere in macchina da Potenza e dal nord attraversare la Val
d’Agri, antichissima valle abitata fin dai primordi della storia, citiamo solo a mo’
d’esempio Grumentum, vi scorgerebbe uno spettacolo straordinario. Siamo in piena,
non diciamo seconda, poiché è troppo, ma terza rivoluzione industriale. Ve ne po-
trete accorgere non solo dai pozzi fumanti del petrolio, ma dalle immani pale eoliche
che svettano seguendo le antiche serre e gli ancestrali tratturi. Sono i nuovi mulini
a vento sopra Corleto, contro cui invano si scagliano i don Chisciotte in questa Man-
cia sperduta. Ogni tanto, ove prima i campi di
grano riflettevano i raggi dorati, vi trovate
campi di pannelli solari argentati, che per poco
non ti accecano al passaggio. I piccoli centri
sono diventati grandi città di passaggio, come
Villa d’Agri, frazione di Marsicovetere, come
Viggiano ed altri. Sotto Viggiano, ad esempio,
e sotto la protezione della Madonna Nera, è
sorto un poderoso centro oli e lì vicino un
pozzo fiammante caccia sempre fumo. Il pe-
trolio della Val d’Agri è molo acido. Le condut-
ture rapide portano l’oro nero di uno dei
giacimenti più grandi d’Europa verso Taranto,
ove la raffineria pensa al resto della lavora-
zione della roccia preziosa. Nelle eterne tuba-
ture scorre da sempre questo liquido tanto
delicato e dolce, che fa camminare tutte le no-
stre macchine. State attenti se piove, poiché
le strade si ammantano di una patina oleosa
e grassa che facilita la circolazione stradale. Gli incidenti sono solo un bluff: chi è
che ha dato la patente a chi non sa guidare su una bolla? E quando sparisce l’attrito
succede un miracolo: siamo alla fusione a freddo! Ultimamente sopra Villa d’Agri è
stato costruito un nuovo pozzo, a pochi metri dell’ospedale. I cittadini gaudenti ce-
lebrano questo nuovo monumento del progresso, come se fosse una Tour Eiffel.
Accanto a tutta questa nuova industria che va sostituendo man mano l’agricoltura
e l’altra grande industria, quella armentizia, che da secoli ha dominato nella fertile
valle degli orti, sorgono gli immensi parchi, come quello del Lagonegrese-Val d’Agri,
che dovrebbe collegare idealmente il parco del Pollino a quello del Cilento. In pratica
tutta l’area sud della Basilicata dovrebbe inserirsi in una macro-area, che diventerà
una riserva indiana per i pochi abitanti superstiti che vi resteranno, per il resto servirà
ad accogliere le sacre reliquie del progresso industriale. Diventerà una zona ar-
cheo-industriale, per i milioni di anni che serviranno a far sbraitare i raggi fecondi
che dagli atomi accarezzano ogni cosa. Tutto è fatto di atomi e vuoto, diceva De-
mocrito: questa è proprio la Basilicata, terra antica e bella, che significa terra dei re,
come i Bizantini l’avevano denominata. Eppure l’industria del lupo Fenrir che caccia
vampe di fuoco dà da lavorare e da mangiare a migliaia di famiglie, tanto che non
bastando i locali molti vengono da fuori, perché sono più specializzati, mentre i nostri
vengono abilmente addestrati con corsi di zappettatura e di filatura. Ma è giusto
così, infatti, d’ora in poi, per il sopraggiungere della crisi del nuovo 1929, i grandi
economisti hanno ritenuto più opportuno reinvestire sull’aratro, in modo che la gente
si prepari di nuovo ad andare a zappare. In questo futuristico e nello stesso tempo
primitivistico paesaggio si incastona la grandiosa diga del Pertusillo, ove potrete am-
mirare nuove specie di pesci, che galleggiano a
pancia all’aria. Un tempo il “paese dei pancia al-
l’aria” si addiceva ai cimiteri, ed è proprio quello
che sta diventando questa grande area depressa
del sud, ove la disoccupazione cresce a macchia
d’olio e la miseria dilaga. E ti trovi i prodotti doc e
dop, come i fagioli di Sarconi che vengono irrigati
e coltivati col salubre e pingue odore fumante della
terra ricca e gremita. La gente emigra come le
poche rondini che ancora ritornano e sono in via
di estinzione. Chi resta muore, o per vecchiaia, o
per sconosciute malattie, come il tumore, e che
cos’è? Uno strano essere che aumenta a vista
d’occhio, e che colpisce come una peste nera del
Trecento, ma è sempre al di sotto della media na-
zionale. Anticamente la peste si aggirava attorno
ai pozzi di acqua stagnante. Quest’angolo di Ara-
bia Saudita, con l’unica differenza che non c’è il
deserto, ma anche quello sta avanzando dai ca-
lanchi africani poco distanti dal posto, è ricchissimo: c’è tutto, acqua, petrolio, eppure
paradossalmente la gente è poverissima. Vive ancora di espedienti. Ha avuto in
dono dal lupo Fenrir che sputa fuoco una grande mancia, un bonus con cui può ac-
quistare gratis l’olio per illuminare le lampade per un anno. E nelle moschee si può
celebrare per i secoli dei secoli futuri. E che volete di più dalla vita? Un lucano!
L’amaro lucano, amaro come questa terra dimenticata ed abbandonata. Una cosa
in comune con l’Arabia Felix, sono gli emiri ed i sultani, che anche qui non mancano
mai, e guidano con saggezza i nuovi greggi, che pascolano e galleggiano sopra il
mare di greggio che scorre sotto. Solo che questi nuovi greggi, che prima erano di
pecore, capre e mandrie di vacche, ora sono di uomini belanti.
Vincenzo Capodiferro
LA VAL D’AGRI SAUDITASviluppo e sottosviluppo dell’entroterra lucano
1010 24 Maggio 2013
COMUNICOMUNI
Ormai non c’è più
posto per loro. Il
lupo, l’orso, la
lince, antichi abitanti dei
nostri boschi, sono consi-
derati soggetti poco desi-
derabili, anzi pericolosi e
per questo, di riffa o di
raffa, legge o non legge,
vanno abbattuti, vanno
sterminati per l’ennesima
volta. Per raggiungere lo
scopo vanno bene anche le
balle che ci raccontavano
da bambini:“Adesso
chiamo il lupo cattivo” o
l’orso nero che, con una
zampata, abbatte la porta
della camera, durante la
notte, e commette le sue
atrocità più efferate. Forse
ci si dimentica che oggi le
azioni più efferate sui
bambini sembra siano
commesse proprio da chi
ha il dovere di difenderli.
E si tratta di organismi con
due arti e senza coda, a
parte quella del diavolo
per chi ci crede. E allora
tutti addosso all’orso cat-
tivo che, se viene a con-
tatto con qualche
villeggiante che sta fa-
cendo il picnic può diven-
tare un pericolo mortale.
Infatti i morti per l’attacco
di orsi inferociti sono al-
l’ordine del giorno. Basta
mettere giù la tovaglietta
sull’erba vicino al bosco,
tirar fuori i piatti di carta e
i panini al formaggio che,
sul limitare del bosco,
compare un “Grizzly” in-
cazzato per non essere
stato invitato a tavola. E
sono morti e feriti, come
riportano quotidianamente
giornali e TV. Figuratevi
che ci sono dei cretini, che
passano settimane intere
appostati con macchine
fotografiche e telecamere
e, quando va bene, rie-
scono a osservarne le
tracce. Forse non avevano
i panini col formaggio
buono. I lupi poi… veri
esseri sanguinari. Pensate
che branchi di questi car-
nivori selvaggi e temerari,
hanno osato fare polpette
di oltre 50 pecore. Sì,
d’accordo, diranno i soliti
a n i m a l i s t i
estremisti,“Anche i lupi
hanno diritto a mangiare e
a far sopravvivere la
prole”, ma che se ne va-
dano a predare cervi e ca-
prioli, marmotte e volpi e
lascino stare le greggi al
pascolo. I vari assessori al-
l’agricoltura succedutosi
alla nostra regione dicono
che “ci vuole buonsenso”,
nel senso che è ora di ab-
battere i lupi perché “lo
chiede la montagna esa-
sperata da agguati e ag-
gressioni”. E’ ora di finirla
con questo eccesso di pro-
tezioni internazionali.E
qui ,forse, casca l’asses-
sore e i vari organismi bu-
rocratici. Piu’ sensibili ai
problemi ed interessi eco-
nomici di pastori e alleva-
tori che dell’ambiente .
Per carita’ non voglio es-
sere inutilmente animali-
sta e contro gli allevatori a
cui va tutto il mio soste-
gno e ammirazione per i
grandi sacrifici che fanno
ma credo fermamente che
un equilibrio vada e si
possa trovare Non voglio
una societa’ “Chissene-
frega di lupi e orsi”, l’im-
portante è produrre latte,
sempre più latte, agnelli,
sempre più agnelli. L’im-
portante è spremere mam-
melle sempre più gonfie,
sempre più tronfie, in
montagna come in pia-
nura, in onore all’intensi-
vità di allevamenti che
hanno perso, nello spre-
mere gli animali fino al-
l’osso, la dignità stessa del
termine. Ma come face-
vano i nostri vecchi pa-
stori, quando lupi e orsi
c’erano davvero? Mandrie
guardate a vista, notte e
giorno, conoscenza milli-
metrica del territorio, cani
che controllavano le
greggi come l’unico loro
osso da mangiare e ri-
spetto del lupo, non san-
guinario selvaggio, ma
leale combattente, cui tal-
volta si doveva sacrificare
una pecora zoppa o ma-
lata. Ora è più semplice
eliminare i lupi. Le mam-
melle sono gonfie e atten-
dono di essere munte e se
arriverà la multa qualcuno
provvederà. Intanto si
provveda al massacro dei
lupi.
FABBRIZIO Dr DonatoMedico VeterinarioPresidente Scientifico diFARE AMBIENTEGià docente di Patologia Generale ed Ispezione delle carni
I l lupo, l ’ o r so e la l inceVia libera al massacro degli antichi abitanti dei nostri boschi
L’essere umano elimina senza rispetto l’operato del creatore
A sinistra il dottor Fabbrizio Donato
Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono. Poi vinci. E’ il com-
mento della presidente del comitato civico "Perlacqua" di Sasso di Castalda,
Maddalena Langone, che usa le parole di Gandhi per comunicare tutta
la propria soddisfazione per l’esito positivo nella controversia tra i cittadini di
Sasso e l’Acquedotto Lucano. Infatti, il giudice di pace di Marsico Nuovo, Gaetana
Rossi, ha dato ragione al comitato civico di Sasso di Castalda nella causa civile
contro Al (Acquedotto Lucano), circa il pagamento di somme che l’ente ha fattu-
rato senza che fossero dovute. Una battaglia cominciata ben quattro anni fa su
fatture che comprendono un arco temporale di 10 anni, dal 2003 al 2010. Nella
sentenza si legge che: «Secondo una ormai consolidata giurisprudenza di legitti-
mità, il corrispettivo per la fornitura del servizio deve essere commisurato all'ef-
fettivo consumo e non può essere fissato su criteri meramente presuntivi che
prescindano totalmente dalla simulazione reale e si appalesino, pertanto, illegittimi.
Pertanto Acquedotto Lucano S.p.A, non potendo comprovare il consumo effettivo,
va condannata alla restituzione degli importi indebitamente incassati». E’ il giusto
premio, conclude la presidente Langone, per aver creduto nelle nostre ragioni e
non aver ceduto alla protervia di un ente che nel tempo ha addirittura usato modi
che non esito a definire intimidatori. Un solo rammarico, per quegli utenti che si
sono fatti intimidire accettando accordi che oggi si sono rivelati a perdere.
PUNITA LA PROTERVIA DI ACQUEDOTTO LUCANO
Sasso di Castalda, la vittoria del comitato "Perlacqua" nei riguardi dell’ente gestore
mento costante e ali-
mentazione rigida e
tanto amore e passione
per questo sport. De An-
gelis deve molto alla
BCC ( banca di credito
cooperativo di Lauren-
zana e Nova Siri) spon-
sor ufficiale della sua
scalata al titolo.
111124 Maggio 2013
SPORTSPORT
La gara di Santa
Susanna che si è
svolta dal 1 mag-
gio 2013 al 6 maggio
2013 ha coronato un
culturista lucano,
Carlo De Angelis con
un quarto posto di pre-
stigio tra atleti giunti da
tutta Europa.
Il culturismo o cultura
fisica (in inglese body-
building), è lo sport che
tramite l'allenamento
con pesi e sovraccarichi
(resistance training) e
un'alimentazione speci-
fica si pone come fine
ultimo il cambiamento
della composizione cor-
porea, quindi con l'au-
mento della massa mu-
scolare e la riduzione
del grasso corporeo,
dove le finalità sono
estetiche piuttosto che
competitive.
In questo sport, se in-
teso ad alti livelli, non si
tratta semplicemente di
"andare in palestra" per
coltivare benessere e sa-
lute fisici, e nemmeno
di competere per solle-
vare il peso maggiore
come nelle discipline
del sollevamento pesi e
powerlifting: il gusto
estetico dei culturisti e
degli amanti della disci-
plina li spinge ad alle-
narsi per aumentare il
più possibile la massa e
la definizione musco-
lare (mantenendo armo-
nia e proporzioni, intese
secondo i canoni del bo-
dybuilding, ispirati al
modello delle sculture
classiche greche e ro-
mane come formula per
un "corpo perfetto").
Questo non toglie però
che gli esercizi e i bene-
fici dell'allenamento
con i pesi, anche molto
intenso, non possano es-
sere di beneficio anche
per il benessere e per la
preparazione ad altri
sport dove sia richiesto
un potenziamento mu-
scolare.
Carlo De Angelis poten-
tino doc rientra nella
sua città dopo 21 anni
vissuti nella città eterna.
Campione Italiano
I.F.B.B 2012 entra a far
parte dell Nazionale ita-
liana di Body Bulding
dove viene convocato
per il campionato Euro-
UN LUCANO TRA I CAMPIONI D’EUROPA DI BODYBUILDINGLa gara di Santa Susanna che si è svolta in Spagna ha coronato un culturista potentino
Grande soddisfazione visto che erano 8 anni che nessun italiano riusciva a qualificarsi in finale
peo svoltosi in Spagna "
Barcellona" conse-
guendo un ottimo risul-
tato nella sua categoria (
over 40, 90 Kg.) piaz-
zandosi al 4° posto con
avversari ed atleti di
alto livello. Grande sod-
disfazione visto che
erano 8 anni che nessun
italiano riusciva a quali-
ficarsi in finale.
Personal Trainer qualifi-
cato che ha come obiet-
tivi altre
importantissime compe-
tizioni:
Giochi del mediterraneo
in Corsica ad Ottobre
2013, Arnold Classic a
Madrid e il Mondiale in
Mongolia a Novembre
2013.
Tutto questo seguito da
sacrifici enormi, allena-
1212 24 Maggio 2013
SPORTSPORT
Il calcio è afflitto
dalla crisi europea
che sta stritolando
tutti: dagli Stati alle
famiglie. Ed in una re-
gione povera come la
Basilicata più che
progredire non puo'
fare altro che regredire
non solo da un punto
di vista tecnico ma so-
prattutto ge-
stionale e
finanziario.
Il calcio di
E c c e l l e n z a
lucano è fi-
glio di questa
situazione. E'
il frutto del
nulla ed
anche della
pessima idea
di non fare
disputare i
play off ed in play out
da parte della Figc lu-
cana. Ciò ha portanto
il maggiore campio-
nato dilettantistico
della Basilicata a re-
trocedere come qualità
ed emozioni. Addirit-
tura, statistiche alla
mano, anche dietro
quello molisano.
Poche squadre si
stanno muovendo ed
organizzando per il
prossimo anno anche
perché di fatto è relati-
vamente presto.
Solo il Picerno del duo
Mitro-Scuotto è uno di
quei club che mira a
fare bene nel
2013/2014.I rosso-blù
sognano i fratelli Di
Senso e De Pascale ma
non si escludono colpi
ad effetto da regalare
al confermato tecnico
Catalano.
In casa Roso-blù Po-
tenza si pensa a
(ri)vincere il campio-
nato e sarà proprio
questa la squadra da
battere. Saranno ricon-
fermati i vari Di
Nella, Foscolo, Vukce-
vic, Pietrafesa con Ca-
melia di certo alla
guida tecnica.
A Viggiano e Pietra-
galla, invece, non vi è
certezza sul futuro
mentre il Miglionico
spera in un non impos-
sibile ripescaggio.
Il Tolve ed il Pignola
punteranno ad essere
le mine vaganti del
prossimo torneo di Ec-
cellenza per questo,
per gli allenatori De
Nora e Lauria, sarà
fondamentale tratte-
nere i loro bomber Ar-
paia e Brindisi.Proprio
su super Arpaia ci sa-
rebbe l'interesse di
vari club di serie serie
D ed Eccellenza non
lucani.
L'Oppido non cam-
bierà di molto la sua
ossatura già valida per
la categoria con il trio
Vaccaro,Campisano e
Volturno pronti ad es-
sere sempre protagoni-
sti.
Il futuro del GR Val-
diano al momento è un
rebus mentre si atten-
dono buone novelle da
Murese e Rionero dal
momento che piazze
come quelle bianco-
nera non possono con-
tinuare a soffrire e fare
male in campionati
che non gli apparten-
gono
SONO POCHE LE SQUADRE LUCANE ATTIVE SUL MERCATOLa crisi europea sta stritolando tutti anche il calcio
Ed in una regione povera come la Basilicata più che progredire non puo' fare altro che regredire non solo da un punto di vista tecnico ma soprattutto gestionale e finanziario
Scegliere i giusti allenatori per pro-grammare il futuro e scaldare i mo-tori della serie D, prima del calcio
mercato. E' questo il clima che si respiranel meridione calcistico dove c'è grandefermento malgrado la crisi e i presidentiqualche soldo vogliono spenderlo ancora.A Taranto Maiuri sembra favorito a Ciulloche pare però già promesso al Brindisi delnuovo presidente Flora. Il più ricercato èsenza dubbio mister Squillante che dopo ilmiracolo Gladiator pare essere pronto a ri-partire forse alla volta dalla provincia diCaserta in quel di Marcianise che farebbecarte d'oro per averlo. La Battipagliese hagià scelto Ciaramella per il dopo Longo,mentre dal Città Di Potenza mister La Cavasi è già spostato a Bojano in Molise. EnzoPotenza pare invece essere uno dei papa-bili allenatori del Ctl Campania che a brevesi trasferirà ad Afragola. Enzo Carannanteex Bacoli invece dopo la parentesi San-t'Antonio Abate potrebbe ripartire da Poz-zuoli con l'Internapoli, ma in questi casi ilcondizionale è d'obbligo. Il Pomiglianoandrà avanti anche il prossimo anno conSeno, promosso da direttore generale adallenatore grazie ai risultati ottenuti sulcampo. Discorso chiuso anche a SantaMaria Capua a Vetere dove si è aperto ilnuovo ciclo Feola-Simonetti per cercare diportare sempre più in alto il Gladiator. Iltrainer lucano di adozione Giacomarrodopo l'ottimo campionato di Termoli èpronto anche ad allenare in Lega Pro, il ve-nosino Palumbo invece potrebbe ripartireda Noto o addirittura Siracusa in caso di ri-pescaggio degli aretusei. Per il resto sonoin rampa di lancio Bruno Mandragora eMario Di Nola, mentre Massimo Agovino èdato per partente per la Lombardia, versoSesto San Giovanni sponda Pro Sesto.
CALCIO SERIE D TRA ENTUSIASMO E POCHI SOLDI
Malgrado la crisi c'è grande fermento, tra partenze e conferme
131324 Maggio 2013
SOCIALESOCIALE
Il mondo di oggi ap-
pare molto più pic-
colo rispetto a quello
di qualche decina di
anni fa; vuoi per le
grandi migrazioni del
XX secolo, causate da
conflitti, dal coloniali-
smo, dalla ricerca del
benessere da parte delle
popolazioni dei paesi più
poveri, vuoi per il rapido
avanzamento del pro-
gresso, che ha reso più
facili gli spostamenti. In
questo modo l’incontro
tra i popoli ha reso ne-
cessaria una pacifica
convivenza tra religioni,
cosa impensabile fino a
qualche decennio fa.
Nella nostra quotidia-
nità, attraverso l’incon-
tro con persone di altri
credi e confessioni, sco-
priamo che tra tante dif-
ferenze culturali e
tradizionali, le religioni
hanno in comune la ri-
cerca di risposte alle
stesse domande: Chi
siamo? Da dove ve-
niamo? Perché siamo
qui? Perché esiste il do-
lore? Perché perdiamo le
persone care? Prima di
noi, molti filosofi e teo-
logi hanno speso mi-
gliaia di parole su questo
argomento e non sembra
che abbiano trovato un
accordo o una risposta
che ponesse fine alle dif-
ferenze tra questa o
quella fede, o spesso
anche tra questo e quel
gruppo all’interno della
stessa religione! Per
questo ritengo che
ognuno di noi è chia-
mato a trovare le rispo-
ste dentro di sé; a
differenza delle reli-
gioni che sono chiamate
a mantenere il difficile
ruolo di conservare la
pace e di vigilare affin-
ché le società siano co-
struite su strutture degne
dell’uomo.
Per fare ciò tutte le reli-
gioni possono proporre
di perseguire la verità ed
offrire alle persone gli
strumenti per decidere
autonomamente su ciò
che è bene e ciò che
male. Ed è proprio rico-
noscendo il persegui-
mento di questi obiettivi
comuni, è possibile de-
durre che tutte le strade
religiose non si esclu-
dano a vicenda, indivi-
duando l’una nell’altra
un complice per l’abbat-
timento delle ingiustizie,
per il riscatto degli
emarginati e dei deboli.
In questo modo tutte le
pratiche religiose
avranno come obiettivo
il bene dell’umanità in-
tera, mentre a ognuno di
noi personalmente è
chiesto di impegnarsi nel
suo piccolo a ricercare la
felicità, il senso della
vita, di ciò che riteniamo
più importante.
E cosa accomuna tutti
noi in questa millenaria
ricerca, se non l’amore?
Rita Toma
L’UNICO ANTIDOTO ALL’INGIUSTIZIA E’ L’AMOREL’incontro tra i popoli ha reso necessaria una pacifica convivenza tra le religioni
Ognuno di noi è chiamato a trovare le risposte dentro di sé
C’erano una volta, in un tempo non molto lontano, iNonni; lavoratori ancora utili per la famiglia e perla società. Venivano da un passato rurale e da una
concezione patriarcale della famiglia che costituiva l’es-senza del loro vivere. Non smettevano mai d’insegnare at-traverso la loro esperienza di vita e non erano mai lasciatisoli perché era piacevole apprendere ciò di cui possede-vano: dai lavori artigianali e manuali ai racconti di vita vis-suta. Erano sempre al centro delle nostre attenzioni epremure al contrario di quanto avviene oggi con la cosid-detta famiglia nucleare. Infatti sono lasciati soli con la lorosolitudine, acciacchi, ansie e paure senza il conforto deipropri cari. Li vediamo rannicchiati ad un angolo della casacome se fossero degli estranei. Vivono dei loro ricordisenza poterli raccontare ad alcuno. Il loro sguardo èspento, impaurito, con un sorriso un po’ forzato. Spettaalle badanti cercare di renderli vivi, di interagire con lorocon serenità, per liberarli dai loro malesseri causati dallamancanza degli affetti dei propri cari. Ed è così che le ba-
danti diventano assistenti, cuoche, infermiere, psicologie compagne di un cammino fatto di solitudine. Quante cosebelle si condividono con la saggezza di queste persone!Peccato che non riusciamo a trascriverle per poterle tra-smettere alle future generazioni. R.T.
C’ERANO UNA VOLTA I NONNI
lanti dottrine perniciose quiesposte e lo ha fatto sponso-rizzando letteralmente deiteologi o dei filosofi innova-tori che in realtà scrivono edivulgano testi non per ilbene delle anime ma per ladannazione delle stesse; pos-siamo dunque dire che le no-stre certezze dottrinali sonoben rintracciabili in testi im-portanti come il Catechismodel cardinal Sarti, comune-mente detto Catechismo diSan Pio X, ed in altri testi dipari levatura e di spessore ec-clesiologico insuperabile. Peri più avvezzi agli apprendi-menti di filosofia e teologiaio consiglio sempre lo studioattento della scolastica equindi della Summa Th. delDoctor Angelicus, San Tom-maso d’Aquino, definito ap-punto “dottore angelico”proprio per la sua esemplaree vasta cultura e per le sueanalisi inconfutabili.
Carlo Di Pietro
1414 24 Maggio 2013
SOCIALESOCIALE
GLI ANGELI I NOSTRI CUSTODI L’angelologia è lo studio delle dottrine riguardanti le entità definite angeli
La parola angelo derivadal greco e significa“messaggero”. Essi
sono esseri intelligenti, supe-riori all’uomo, ma inferiori aDio perché da Lui creati. Sidicono “spiriti” e, secondo laterminologia teologica an-tica, “sostanze separate”,ossia immateriali, aventi unapersonalità concreta (nonsono figure mitiche, simboliastratti), una vita propria,compiti ben definiti, subordi-nati al volere di Dio che se neserve per il governo delmondo. Trattandosi di “esseriimmateriali”, nessunascienza sperimentale potràmai provarne o confermarnel’esistenza; la filosofia dalcanto suo può solo proporredelle ipotesi, non disponendodi alcun dato positivo per di-mostrarne rigorosamente larealtà, difatti “conviene” cheil vuoto immenso che inter-corre tra Dio ed il mondo fi-sico sia in qualche modocolmato da creature immate-riali. Fu proprio tale intui-
Ci si abusa del termine angelo ma il culto a questi Spiriti celesti è in decadenza
zione che in qualche modopotrebbe spiegare la credenzanegli angeli di Assiri, Babilo-nesi, pensatori greci del pe-riodo classico e neoplatonici,da Porfirio a Proclo. La Bib-bia dei cattolici straripa di te-stimonianze, come laTradizione patristica, i docu-menti del Magistero sia uni-versale che ordinario.Particolarmente dal Magi-stero si apprende la loro sto-ria scandita dai seguentimomenti: creazione, eleva-zione a livello soprannatu-rale, prova e conseguentedivisione fra angeli fedeli aDio e quelli che a Lui si ribel-larono (demoni). Contro teo-rie diffuse dalla filosofiaanche a Colossi, San Paoloha sempre rivendicato il pri-mato di Cristo, Capo nonsolo degli uomini ma anchedegli angeli, i quali sono par-tecipi del suo trionfo di re-dentore universale (cf. ColII,8-19) [op. Dizionario delc r i s t i a n e s i m o ,Sinopsis].Sempre più spesso
si abusa del termine angelo e,conseguentemente, si osservail decadimento del culto aquesti Spiriti celesti che in-vece nella Tradizione catto-lica hanno ricoperto un ruolofondamentale e sono di basi-lare importanza poiché ac-compagnano noi uomini,città, regioni ed intere nazioninel giusto cammino verso laGerusalemme celeste. Edecco che ci ritroviamo le li-brerie invase da testi dipseudo angelologia, soventenew age, nei quali la figuradegli angeli ci viene descrittanon solo arbitrariamente main maniera assolutamentecontrastante con ciò che lateologia dei Padri dellaChiesa ha fatto per quasi2.000 anni; ecco, anche, checi imbattiamo in persone cheamano descrivere i propri de-funti come degli “angeli” delSignore, finanche personenon battezzate o aderenti asette ed altre culture religiose,tutto ciò incuranti del fattoche c’è una sostanziale esempiterna differenza fra gliangeli buoni, gli angeli cattivi(diavoli), le anime dei defuntibeate e le anime dei defuntidannate. Ci tengo a precisareche il defunto morto in statodi beatitudine (senza peccatomortale) comunque non saràmai un angelo, sebbene dopola morte ne acquisirà alcunecaratteristiche come l’agilitàe la scienza, nondimeno è ne-
cessario precisare che un de-funto non va mai ritenuto ar-bitrariamente un beato o un“angelo” come si usa dire,poiché così facendo si riterràl’anima già salva, donde sa-ranno sacrificate se non eli-minate del tutto le Messe insuffragio o le preghiere diespiazione che giovano in-vece alle anime dette pur-ganti, ovverosia dei defuntiche permangono tempora-neamente in Purgatorio. E’gravissimo, quindi, abusaredel termine angelo e, comedetto, equiparare l’anima diun deceduto alle entità ange-liche, come è grave crederein creature, come nel caso delnew age e della Cabalà rab-binica, che di angelico nonhanno nulla ma che come ciinsegna la Tradizione aposto-lica sono in realtà diavoli ocreature dannate. Il moderni-smo, che è causa di tutti imali e delle eresie del nostrotempo, ha sempre più spessoavallato alcune delle mirabo-
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151524 Maggio 2013
CULTURACULTURA
La band, formata da mu-
sicisti di origini lucane,
si ispira al christian
rock di marca statunitense e
alla sfida lanciata da Bono e
dagli U2 agli esordi: "I nostri
occhi sono aperti a un altro
mondo, che esiste oltre i limiti
monocromi e unidimensionali
di quello che ci circonda". Il
nome del gruppo deriva da un
passo del libro biblico di Gere-
mia. E diversi sono i riferi-
menti alle scritture sacre anche
nell’ultimo loro album Dimen-
sione verticale. Ma i protago-
nisti delle canzoni rimangono
quelli che i Fuoco Vivo consi-
derano i "veri eroi" del nostro
tempo. Come Chiara Ami-
rante, fondatrice di Nuovi
Orizzonti, da anni impegnata
sul fronte del disagio giovanile
e della lotta alle dipendenze. O
personaggi come Oscar Elias
Biscet, il più noto dissidente
cubano rilasciato solo nel
marzo del 2011 dopo 11 anni
difficili nelle prigioni del re-
gime comunista.
Medico cattolico nato a
L’Avana nel 1961, Biscet è fi-
nito nelle mire del regime co-
munista per la sua battaglia in
favore della libertà del popolo
cubano e della difesa della vita.
Biscet, infatti, in prima linea
contro l’aborto, nel 1997 ha
istituito la fondazione Lawton
per i diritti umani sfidando le
pratiche di uno Stato in cui è
ammessa la clonazione umana
ed esiste l’aborto forzato per
motivi di ricerca medica. A
Cuba il turismo sessuale (pure
quello pedofilo) causa un tasso
elevatissimo di aborti tra le gio-
vanissime. Ma Biscet si è bat-
tuto anche contro l’eutanasia,
praticata su malati poveri
ormai ritenuti soltanto un peso
economico e si è opposto con
fermezza alla pena di morte e
alla tortura per i dissidenti.
Ecco perché la sua liberazione
non poteva passare inosservata
per i Fuoco Vivo che a Biscet
hanno dedicato un pezzo del
nuovo album “Radio libertà”
da cui è stato tratto anche il vi-
d e o c l i p :
http://www.youtube.com/watc
h?v=IgLNgljE_u0.
Il brano fa riferimento proprio
al momento del suo rilascio
(«Oscar libero») ma evoca
anche i duri anni della prigio-
nia: «Parlare con la notte e
stringere i pugni e piangere».
La canzone vuole esaltare il
coraggio e la speranza di un
uomo pronto a «sfidare a mani
nude chi calpesta senza scru-
poli» e che ancora oggi conti-
nua a lottare. Da Cuba alla
Cina. I Fuoco Vivo hanno
scritto anche una canzone
“Macchine umane” per de-
nunciare i laogai, i campi di
concentramento cinesi creati
nella seconda metà del secolo
scorso da Mao Zedong e an-
cora attivi. «Non è
fantasia» ripete la
canzone ma «stupida
follia». Diritti umani e
libertà religiosa, di-
fesa della vita, dal
concepimento alla
fine naturale, e testi
che parlano delle
questioni più sentite
dai giovani: gli affetti
e il lavoro. Da sempre
i Fuoco Vivo coniu-
gano impegno e mu-
sica, per questo in
questi anni hanno
collaborato con i cen-
tri di aiuto alla vita e
si sono esibiti nelle
carceri e nelle comu-
nità di recupero. Con l’ausilio
di coreografie d’impatto si
presentano nelle piazze e nei
teatri per cantare una speranza
che non avrà fine, consapevoli
del monito di santa Caterina da
Siena con il quale chiudono i
loro concerti: «Se sarete quello
che dovete essere metterete
fuoco in tutto il mondo»
Il rock dei Fuoco Vivo infiammano le piazze lucaneDa Lauria a Grassano, da Castelgrande a San Mauro Forte la musica la fa da padrone
Il nome del gruppo deriva da un passo del libro biblico di Geremia
Nei primi anni ’50 del secoloscorso ero a Potenza per
iscrivermi alla prima classe delLiceo Classico Quinto OrazioFlacco, dopo aver frequentato IV eV ginnasio a Montalbano Jonico.Ero poco più di un ragazzino e ini-zialmente mi trovai un po’ a disagioprima di integrarmi a pieno nell’am-biente cittadino. Avevo tanto da im-parare e da vedere e ricordo cherestai affascinato dalla Via Pretoriae dai giardini di Montereale, cheproprio in quell’epoca si stavanotracciando,con i primi alberi e via-letti e panchine. In classe conobbi imiei compagni di corso,destinati adessere amici e sodali fino al sospi-rato ESAME DI STATO,che si pro-filava come un vero e propriospauracchio. Erano anni densi diavvenimenti,di sogni in vista di un
futuro luminoso,di nuove scoperte
musicali e artistiche e,per la primavolta,ci sentimmo tutti coinvolti dauna ventata di patriottismo e diamor di patria quando scendevamoin piazza per sollecitare la solu-zione del problema di Trieste cheall’epoca era sotto una specie diprotettorato britannico. Via Pretoria
era il salotto della città ed era ilpunto di ritrovo di tutta la cittadi-nanza,giovani e meno giovani,stu-denti e professionisti e la sera eradedicata allo”struscio”…. Nasce-vano i primi amori e i primi legamiaffettivi coltivati nelle feste da balloalle quali,a turno,eravamo tutti invi-
tati o,addirittura,ci autoinvita-vamo. All’avvicinarsi dell’estate eraormai consuetudine fare “filone” perandare a sguazzare nell’acquafreddissima del fiume,senza in ve-rità mai prenderci raffreddori o in-freddature…..il sangue era bollentenelle nostre vene!!!!!Avevo avuto la fortuna di trovare in-segnanti bravi e preparati che se-guivo con autentico piacere e chemi trasmettevano idee enozioni,senza che poi dovessi stu-diare sui libri. Vorrei fare i nomi deimiei amici e dei miei insegnanti,manel timore di dimenticarne qual-cuno,non lo faccio e la foto d’epocadella III classe liceale che accom-pagna queste mie chiacchiere allabuona servirà senz’altro come me-mento per chi vi si riconosce.
Francesco Troyli
SOGNI DI UN FUTURO LUMINOSO
I FUOCO VIVO in concerto - POTENZA 02-01-2013 TEATRO STABILE
I FUOCO VIVO in concerto - ROMA - 27-02- 2013
TEATRO SANTA CHIARA