La costruzione della pace tra ordine e caos marco braghero ok

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La Costruzione della Pace fra ordine e caos: ci sono alternative! Marco Braghero Mantova, 07 maggio 2011 La nascita del mondo, Teogonia di Esiodo Regno del Caos Gaia, Urano, Cronos Zeus…

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La Costruzione della Pace fra ordine e caos: ci sono alternative!Marco Braghero

Mantova, 07 maggio 2011

La nascita del mondo, Teogonia di Esiodo Regno del Caos Gaia, Urano, Cronos Zeus…

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Teogonia nascita di GAIA

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Cronos evira Urano

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Cronos mangia i suoi figli - Goya

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Grotta Dikteo Andro a Creta luogo di nascita di Zeus

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Rea consegna a Cronos una pietra al posto di Zeus

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Statua di Zeus ad Olimpia

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Che ci faccio qui?Che cosa vi aspettate voi?

Quale è la vostra idea di PaceQuale è la vostra idea di OrdineQuale è la vostra idea di Caos

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Sommario

Pace, Ordine, Caos: significati Paradigmi di riferimento L’effetto farfalla L’organizzazione frattale Introduzione: l’indice di creatività La guerra: sua evoluzione Donne e Uomini:pace e sicurezza Comunità internazionale: sfide

politiche Non Violenza e soluzione dei conflitti Conclusioni

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IL CAOS olio e gesso su tela cm 50 x 50 Irene SalvatoriDal disordine primigenio all'ordine della natura, che ha equilibri perfetti, equilibri che esistono e persistono, nonostante e al di là delle continue e inopportune intrusioni degli uomini, i quali, in nome di un sedicente "progresso", alterano e violentano l'ambiente in cui vivono.

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“Aveva visto che non discendiamo l’uno dall’altro, che solo in apparenza è così. Aveva visto come stanno le cose, oltre il numero quattro, fino a tutto ciò che non si può contare. L’ordine è minimo. Aveva creduto che per la maggior parte fosse ordine e che solo una piccola parte fosse disordine. Aveva capito a rovescio.” (Philip Roth – Pastorale americana)

“Aveva visto che non discendiamo l’uno dall’altro, che solo in apparenza è così. Aveva visto come stanno le cose, oltre il numero quattro, fino a tutto ciò che non si può contare. L’ordine è minimo. Aveva creduto che per la maggior parte fosse ordine e che solo una piccola parte fosse disordine. Aveva capito a rovescio.” (Philip Roth – Pastorale americana)

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L’albero casa: abitare la pace

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L’albero delle anime

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Una nuova coscienza biosfericaverso la civiltà dell’empatia

nelle civiltà primitive: governata dal mito

nelle civiltà agricole: governata dalla fede

nelle civiltà industriali: governata dalla ragione

nella globalizzazione e nella transizione all’era dell’informazione la coscienza si fonderà sull’Empatia, ovvero sulla capacità di immedesimarsi nello stato d’animo o nella situazione di un’altra persona

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Abitare la Pace! “Pace non è assenza di guerra: Pace è l’assenza

o la riduzione della violenza di qualunque genere (diretta, strutturale, culturale), è la trasformazione, gestione e risoluzione creativa e non violenta dei conflitti” J. Galtung

Uno dei maggiori contributi di Galtung è la distinzione tra  pace negativa, intesa come semplice assenza di violenza diretta e personale e pace positiva, nel senso più profondo di assenza di violenza strutturale, cioè di repressione politica, sfruttamento economico e oppressione culturale.

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Abitare la Pace!La Pace è il mondo come interazione tra leMacroculture.La verifica della Pace sta nel gestire ilconflitto, la sua dinamica. La Pace è unprocesso.Processo interminabile, così come la suatrasformazioneIl pensare per opposti, logica Eraclitea

(polemos), Aristotelica (terzium non datur)Enantiodromia: ‘corsa nell’opposto’, perEraclito il gioco degli opposti nel divenire, lecose diventano il loro opposto

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Abitare la Pace!

per Galtung “la chiave della pace si trova nella struttura delle relazioni e nella cultura”, nel senso che ogni volta che queste si irrigidiscono e tendono ad assolutizzarsi, la pace è minacciata. Si tratta dunque di contrastare l’affermazione di una cultura o di una religione che si affermano attraverso il potere economico e militare, e di vigilare nei confronti del pericolo costituito da ideologie e religioni che si autodefiniscono “unica”, “vera”, “universale”

Concretezza, Creatività, Costruttività!

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PACE

Galtung utilizza una metafora per spiegare la sua concezione di pace,  sostenendo che “la pace ha a che fare con l’entropia” . A partire da questa  affermazione egli costruisce una sorta di formula generale per far crescere la  pace: aumentare l’entropia sociale mondiale per esempio aumentando il disordine , la confusione, la casualità, l’imprevedibilità e evitando i tagli netti,  le schematizzazioni semplicistiche, l’altamente prevedibile, l’ordine eccessivo.

Il concetto di entropia viene utilizzato da Galtung nel suo significato  puramente statistico di disordine legato ad una condizione di massima  diversità del sistema. Nei sistemi ecologici esistenti in natura si osserva che la  massima diversità comporta anche una maggiore stabilità del sistema e una  maggiore capacità di resistere a calamità esterne.

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PACE

Questa affermazione si  giustifica considerando che molti studiosi di peace research fanno uso di  modelli sistemici per descrivere i fenomeni legati alla pace. La pace è un  oggetto concettuale altamente complesso; la sua interpretazione e  comprensione può avvenire solo mettendo in relazione i molteplici punti di vista legati ai molteplici sistemi di interpretazione della realtà. Questa rete  teorica rappresenta una complessità disorganizzata che permette lo studio di  un fenomeno complesso come quello sociale.

«Molte cose sono necessarie se il compito dell’operatore di pace è ridurre la sofferenza (dukkha) e migliorare la vita (sukkha), tutta la vita. (…) Come per la pace negativa, com-patire è solo una parte della storia; c’è anche il bisogno di con-gioire per la felicità degli altri» (Pace con mezzi pacifici, J. Galtung)

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PACE

La più grave e profonda tra le violenze, la meno riconosciuta come tale e persino onorata, non solo accettata, è la violenza culturale, insediata nelle tradizioni, nelle visioni del mondo collettive, nelle menti. Procedendo dalla prima alla terza specie di violenza, decresce la visibilità, cresce la gravità, perché la violenza si fa più interna ai sistemi sociali e culturali e alle menti delle persone. La violenza culturale è la causa più profonda, che agisce sulle altre occultandole con la disinformazione, legittimandole e giustificandole con l’ideologia. Una battuta di Galtung dice che la violenza diretta è del dilettante, quella strutturale è del professionista.

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PACE Ciascuna cultura è esaminata sotto quei sette profili: 5

dimensioni della realtà (natura, persona, società, mondo, tempo) e 2 dimensioni della cultura (cultura transpersonale, cioè quale religiosità; cultura epistemologica, cioè quale tipo di scienza nel conoscere, descrivere e comprendere la realtà)

Esempi di violenza culturale sono rintracciati, con ampia analisi, negli ambiti: religione, diritto e ideologia, lingua, arte, scienza,

cosmologia o cultura profonda. Cercando nelle diverse culture umane la loro maggiore o minore disponibilità (incorporata nella cultura profonda) a fare violenza o pace, Galtung propone il concetto di cultura profonda, o cosmologia (nel senso di Weltanschauung): quel substrato di presupposti profondi, di idee collettive sulla realtà, che definiscono cosa è normale e naturale. La cosmologia è inconscia, a differenza dall’ideologia, che è cosciente.

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PACE Questa terna “Elezione, Miti, Traumi” può sintetizzare l’analisi delle

macroculture sotto i sette profili visti prima

la famosa affermazione di Hans Küng, ripetuta nei suoi studi sulle religioni, che sono un aspetto profondo delle culture, determinante per la pace: «Non c’è pace tra le nazioni senza pace tra le religioni. Non c’è pace tra le religioni senza dialogo tra le religioni. Non c’è dialogo tra le religioni senza una ricerca sui fondamenti delle religioni».

È interessante che, a differenza della semplicistica affermazione che associa monoteismo e violenza, Galtung scrive: «Il problema della minaccia alla pace delle religioni abramitiche sembra non essere il monoteismo ma l’idea di possedere l’unica fede valida per l’intero universo, in altre parole l’esclusivismo cum universalismo del Cristianesimo e dell’Islàm, e l’esclusivismo cum particolarismo, la particolare Terra Promessa, dell’Ebraismo»

 

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PACE 

«Perché le persone uccidono? In parte perché sono educate a farlo: non educate direttamente a uccidere, ma a considerare legittimo uccidere in determinate circostanze» «Negli studi sulla pace (…) i valori giocano un ruolo speciale se non unico. Senza i valori, gli studi sulla pace diventano studi sociali in generale e studi mondiali in particolare» A parere di Galtung, la cultura profonda è «la più importante zona di confine della ricerca sulla pace». È molto chiara la seguente affermazione: «La tesi generale è quella della supremazia della cultura, o della civiltà, non l’assunto marxista della supremazia dell’economia, né l’assunto “realista” della supremazia militare, né quello liberale della supremazia delle istituzioni politiche (concettualizzato, ad esempio, nella dicotomia democrazia/dittatura)»

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PACE 

«Scrivere la storia di questo secolo violento e analizzarne la politica senza prendere in considerazione la nonviolenza significherebbe denigrarlo più di quanto meriti. Una tale negligenza è sintomo di pregiudizi ideologici e di incompetenza intellettuale» J. Galtung

Ogni cultura guarda, conosce, pratica solo un ‘frammento’ di Pace, compito degli operatori di Pace, degli educatori è mettere insieme questi frammentiIndia: Shanti (interiore), Ahimsa (pace con la natura) fondamento del Satyagraha, lotta non violentaCina: ho p’ing/p’ing ho e Giapponese heiwa/wahej: armonia interiore, sociale, mndiale;pace interna e esterna.

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PACE 

tre tesi sullo sviluppo: «Lo sviluppo è lo svolgimento di una cultura,

l’attuazione del codice o cosmologia di quella cultura»;

«Lo sviluppo è il progressivo soddisfacimento dei bisogni della natura umana e non umana, a partire dai più bisognosi»

«Lo sviluppo è crescita economica, ma a spese di nessuno»

Le teorie della decrescita, o della crescita senza sviluppo

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PACE 

Paradigma Intrasistemico:Pace Bellica: deterrenza es. guerra freddaPace Penale: legge emanata dal più forte contro il più

debole violenta e vendicativaPace Ricercata: commissioni di verità America Latina, Sud Africa, attraverso il dialogo, il perdono e la

giustizia

La Pace è complessa, come la salute. Più complesso ilconflitto, più numerose le aperture per la sua

trasformazionenon violenta e creativa. Il semplicismo bipolare

danneggia la ricerca della trasformazione. La violenza è unasemplificazione astratta e irreale, una forzatura

contro la vita.

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PACE

“Per Pace si intende l’assenza della violenza in qualsiasi società, sia all’interno che all’esterno di essa, in forma diretta e indiretta. Inoltre si intende il risultato non violento dell’eguaglianza dei diritti, per mezzo dei quali ogni membro di quella data società partecipa in maniera egualitaria, attraverso mezzi non violenti, al potere decisionale che regola la società stessa e alla distribuzione delle risorse che la sostengono” B. Brock - Utne

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PACE Ira Chermus osservando come la  natura sia un caos stabile,

suggerisce di parlare di pace come imitazione della  natura. La pace si configura come un flusso ininterrotto di processi sociali, o  della stessa natura umana. Questa, aggiunge l’autrice, è un’ idea molto antica,  ma la teoria del caos permette di tradurla in termini scientifici e può anche consentire di andare oltre questa concezione, vedendo la natura e la società inerentemente pacifiche non perché ordinate, ma perché cariche di disordine.

Si può parlare di pace come di un flusso ininterrotto di strutture casualmente  ordinate che si replicano ad ogni livello dell’interazione umana, dalla famiglia nucleare alla famiglia delle nazioni. Come osserva a conclusione del suo saggio Ira Chermus, il contributo teorico  di Ghandi ben si lega alla concezione di pace intesa come disordine.

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PACE Il metodo del satyagraha da lui sviluppato e

praticato si presenta infatti come una  modalità per permettere il dispiegarsi della verità. La verità di cui parla Ghandi non è altro che la realtà continuamente mutevole che si realizza indipendentemente dal controllo dell’uomo. Ghandi non parla di un modello di pace sociale da perseguire; l’uomo di pace è in continua ricerca di un oggetto che di per sé non è conoscibile, per questo è caratterizzato da uno spirito di  apertura radicale verso l’imprevedibile. L’ordine ideale implicito nella nonviolenza di Ghandi è quindi non una stasi prevedibile ma un processo di cambiamento senza fine, una fusione di centramento e di decentramento, e una costante crescita verso un ordine di verità che cambia continuamente.

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:DISORDINE Alighiero Boetti Ordine e

Disordine Museo “MADRE” Arte contemporanea Donna Regina Napoli

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CAOS

La  teoria  del  caosUna goccia d'acqua che si spande nell'acqua, le fluttuazioni delle popolazioni animali, la linea frastagliata di una costa, I ritmi della fibrillazione cardiaca, l'evoluzione delle condizioni meteorologiche, la forma delle nubi, la grande macchia rossa di Giove, gli errori dei computer, le oscillazioni dei prezzi Sono fenomeni apparentemente assai diversi, che possono suscitare la curiosità di un bambino o impegnare per anni uno studioso, con un solo tratto in comune: per la scienza tradizionale, appartengono al regno dell'informe, dell'imprevedibile dell'irregolare. In una parola al caos. Ma da due decenni, scienziati di diverse discipline stanno scoprendo che dietro il caos c'è in realtà un ordine nascosto, che dà origine a fenomeni estremamente complessi a partire da regole molto semplici.“

(J.Gleick, pioniere di una nuova scienza, Chaos)

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CAOS

i sistemi caotici, alla luce delle nuove scoperte della teoria del caos, sono sistemi dinamici sempre prevedibili a breve termine e, quindi, riconducibili ad una logica nuova più o meno complessa. Si può, dunque, paradossalmente affermare, in base a precise scoperte scientifiche, che nel caos c'è ordine. La nozione di "organizzazione" evidenzia un processo che si dimostra innanzi tutto imprevedibile, non deterministico, partecipe al tempo stesso di ORDINE e DISORDINE, di condizioni di equilibrio e di non equilibrio. Alla luce di questo la natura ci si presenta sempre più come una realtà difficilmente definibile determinabile. Infatti venuta attualmente meno la pretesa di un suo completo dominio, ci sembra vada meglio avvicinata l’interno di una ricerca aperta che tenga conto di tutti gli elementi che intervengono

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CAOS

George Santayana "Chaos is a name for any order that produces confusion in our minds", si conferma che il caos non può più essere visto come casualità e totale mancanza di ordine, ma unicamente, come un ordine così complesso da sfuggire alla percezione e alla comprensione umana; un ordine con una logica stocastica e inestricabile dove le regole dell'antica idea di armonia platonica non siano più riscontrabili.

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CAOS

La Caotica, scienza che studia il Caos, si occupa di tutti i fenomeni che, almeno in apparenza, non sono riconducibili a un'unica Legge, e cerca se tale legge esista e quale sia: se ci sia, cioè e comunque, un Ordine anche dove non sembrerebbe esserci (Caos). Un esempio tipico sono i cristalli dei fiocchi di neve: perché non ne esistono due uguali? La Caotica studia anche questo fenomeno.

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CAOS E’ doveroso precisare che il Caos non può semplicemente essere

visto come casualità e totale mancanza di ordine, ma unicamente, come un ordine così complesso da sfuggire alla percezione e alla comprensione umana; un ordine dove le regole dell'antica idea di armonia platonica non sono più riscontrabili.

La realtà umana, biologica, culturale, sociale, e la realtà naturale non sono, quindi, circoscrivibili nella loro complessità e si presentano come un insieme caotico di elementi costantemente in fieri e sottoposto a continue trasformazioni nel tempo.

Nello studio  dei fenomeni caotici si possono trovare dapprima strutture ordinate, dalle quali  sorgono fenomeni casuali, e poco dopo saranno questi stessi fenomeni casuali ad evolvere mettendo in evidenza la presenza di strutture sottostanti di tipo ordinato.

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CAOS

Già il filosofo Eraclito, nel lontano 500 a.C., concepiva il mondo come un flusso perenne, in cui “tutto scorre” ( panta rei), analogamente alla corrente di un fiume le cui acque non sono mai le stesse: “Non è possibile discendere due volte nello stesso fiume, né toccare una sostanza mortale nello stesso stato; per velocità del movimento, tutto si disperde e si ricompone di nuovo, tutto viene e va”.

La forma dell’ essere è il divenire, poiché ogni cosa è soggetta

al tempo e alla trasformazione, ed anche ciò che sembra statico e fermo in realtà è dinamico e, di conseguenza, possiamo affermare che nulla si ripete mai e tutto influenza il risultato.

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CAOS

Ai giorni nostri, David Bohm, un fisico teorico, ha sviluppato una teoria che ci sollecita a concepire l’universo come un flusso unitario e ininterrotto. Al pari di Eraclito, Bohm considera il processo, il flusso ed il cambiamento come caratteristiche fondamentali di ogni sistema.

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CAOS per Nietzsche il tema della guerra è riconducibile principalmente

a due prospettive di indagine: la realtà come caos dionisiaco e la "volontà di potenza".

Dionisiaco ed Apollineo sono i due impulsi dell’anima greca; ma mentre il dionisiaco è una sorta di forza vitale, di divenire caotico, che permea la nostra stessa realtà, l’apollineo è il principio della forma che cerca di razionalizzare e dare ordine al divenire. Il mondo è pervaso dall’alternanza di questi opposti Apollo e Dioniso e conseguentemente caos-forma, divenire – stasi e guerra e pace. Dove con guerra si intende distruzione di ordine, impulso incontrollato e per pace contrariamente creazione di ordine, sistematicità ecc …

Anche nel pensiero di Eraclito ritroviamo questo concetto degli opposti: egli parlava infatti di "unità e identità degli opposti tra loro" pertanto guerra e pace si trovano insieme in una situazione di armonia.

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IL SENSO DI UNA RESPONSABILITA’ COLLETTIVA

“Sono forse io il custode di mio fratello ….” che lo ammetta o no io sono …. ho scelto di essere ….il custode di mio fratello in quanto il benessere di mio fratello dipende da quello che io faccio o mi astengo

dal fare. Il bisogno dell’altro e la responsabilità di soddisfare tale bisogno, fanno nell’uomo moderno, la pietra

angolare della moralità sociale e nell’accettazione di tale responsabilità l’atto di nascita dell’individuo

adulto … Z. Bauman

Le responsabilità civile e umana è soprattutto di chi riveste un ruolo

educativo …….

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Paradigma ecologico della complessità

Il concetto di paradigma, utilizzato già da Platone nell’accezione di modello e da Aristotele nell’accezione di esempio, è stato re-introdotto ed utilizzato nella accezione a cui oggi ci rifacciamo, da Thomas Khun nel 1962 nel saggio “La struttura delle rivoluzioni scientifiche” in cui egli rifiuta la concezione tradizionale della scienza come accumulazione progressiva di nuove scoperte, affermando invece che in certi momenti (detti rivoluzionari) si interrompe il rapporto di continuità con il passato e si inizia un nuovo corso, in modo non completamente razionale e consapevole.

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Paradigma ecologico della complessità

Gli scienziati, per Khun, non sono esploratori dell’ignoto bensì svolgono essenzialmente un lavoro di consolidamento e rifinitura dei principi del paradigma. Il cambio di paradigma passa attraverso una rivoluzione scientifica che è la conseguenza di una crisi, quest’ultima determinata dalla falsificazione del paradigma fino ad allora accettato. Nel periodo della scienza rivoluzionaria, si creeranno paradigmi diversi, e si aprirà una discussione nella comunità scientifica su quali di questi accettare. I nuovi paradigmi non nasceranno quindi dai risultati della teoria precedente (abbandono del concetto del “naturale progresso scientifico”) ma, piuttosto dall’abbandono degli schemi precostituiti del paradigma dominante.

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Paradigma ecologico della complessità

Il nuovo paradigma dovrà consentire di spiegare tutti quei fenomeni che i paradigmi precedenti spiegavano, e altri; quasi mai incorporerà i paradigmi precedenti. Il paradigma che si imporrà, spesso, non sarà il più vero o il più efficiente, bensì quello che catturerà l’interesse di un numero sufficiente di scienziati e saprà guadagnarsi la fiducia della comunità scientifica.

Per Khun ci sono sei fasi della scienza: fase 0 periodo pre-paradigmatico, fase 1 accettazione del paradigma, fase 2 scienza normale, fase 3 nascita delle anomalie, fase 4 crisi del paradigma, fase 5 rivoluzione scientifica. Il paradigma, insomma è una guida che fornisce agli scienziati un modello e le indicazioni per costruirlo. Con il paradigma lo scienziato acquisisce contemporaneamente teorie, metodi e criteri.

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Paradigma ecologico della complessità Morin dice che un paradigma può essere definito con: la

promozione/selezione dei concetti dominanti dell’intelligibilità, e la determinazione delle operazioni logiche dominanti. Per quanto riguarda la selezione dei concetti, ad esempio, l’ordine nelle concezioni deterministe, la materia nelle concezioni materialiste, lo spirito nelle concezioni spiritualiste, la struttura nelle concezioni strutturaliste sono i concetti dominanti che escludono o subordinano i concetti che sono loro antinomici (il disordine, lo spirito, la materia, l’evento). Il principio paradigmatico è quello del principio di selezione delle idee che sono integrate o escluse dalla teoria. Nella determinazione delle operazioni logiche dominanti il paradigma è nascosto sotto la logica e seleziona le operazioni logiche che diventano nel contempo preponderanti, pertinenti ed evidenti sotto il suo dominio (esclusione-inclusione, disgiunzione-congiunzione, implicazione-negazione). Il paradigma prescrive e proscrive.

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Paradigma ecologico della complessità Ora si è affacciato il paradigma ecologico della complessità, che

combatte un altro formidabile paradigma: quello della semplificazione che prescrive riduzione e disgiunzione. Il paradigma della complessità concepisce l’unidualità (natura- cultura …) e prevede implicazione/distinzione/congiunzione ed altresì la riunificazione delle culture umanistica e scientifica. Per affermarlo bisognerà che si inscriva nella cultura scientifica. Ci vorrà tempo, pazienza e tanto lavoro soprattutto dalle università, dalle scuole che per una volta non dovranno subire o reagire ad un paradigma dominante bensì dovranno essere proattivi. La scuola non potrà che essere protagonista di queste sfide. Se riuscirà a riformare i suoi processi di insegnamento-apprendimento educativo potrà contribuire a riformare il pensiero ed il pensiero contribuirà a riformare l'insegnamento-apprendimento educativo.

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Paradigma ecologico della complessità

Cambiamenti dei paradigmi ricorrono – secondo Khun – attraverso discontinue e rivoluzionarie fratture, chiamate “mutamenti di paradigma”. Oggi, a distanza di oltre quarant’anni, come dice Fritjof Capra:”… identifichiamo nel mutamento di paradigma della fisica una parte integrante di una trasformazione culturale molto più vasta. … Di conseguenza, ciò a cui stiamo assistendo è un mutamento di paradigmi non soltanto all’interno della scienza, ma anche del più vasto contesto sociale. Per analizzare questa trasformazione culturale, ho applicato la definizione di Khun di paradigma scientifico al paradigma sociale: una costellazione di concetti, valori, percezioni e comportamenti condivisi da una comunità, che dà forma a una visione particolare della realtà come base del modo in cui la comunità si organizza.”

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Paradigma ecologico della complessità L’ecologia dal greco oikos (dimora, casa), come tutti sappiamo, è

lo studio della “Casa Terra”. Più specificatamente è lo studio delle relazioni che legano fra loro tutti gli “abitanti della terra”. Il termine fu coniato nel 1866 dal biologo tedesco Ernst Haeckel, che la definì come “la scienza delle relazioni fra l’organismo e il mondo circostante”

Nei primi anni settanta il paradigma ecologico ha iniziato ha produrre una trasformazione culturale grazie anche al pensiero del filosofo norvegese Arne Naess che ha distinto tra “ecologia superficiale” ed “ecologia profonda”

L’ecologia superficiale è antropocentrica, cioè incentrata sull’uomo.

Essa considera gli esseri umani al di sopra o al di fuori della Natura, come fonte di tutti i valori, e assegna alla Natura solo un valore strumentale, o di “utilizzo”.

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Paradigma ecologico della complessità “L’ecologia profonda” non separa gli esseri umani – né ogni altra

cosa – dall’ambiente naturale. Essa non vede il mondo come una serie di oggetti separati, ma come una rete di fenomeni che sono fondamentalmente interconnessi e interdipendenti. “L’ecologia profonda” riconosce il valore intrinseco di tutti gli esseri viventi e considera gli esseri umani “semplicemente” come un filo particolare della trama della vita. Filo attraverso il quale noi possiamo interpretare l’esistenza, che non mi sembra cosa di poco conto. Arnes ha definito “l’ecologia profonda” anche in un altro modo:”L’essenza dell’ecologia profonda” afferma “sta nel porsi domande più radicali”. Questa è anche l’essenza del mutamento del paradigma.

Nasce nel 1979 “l’ipotesi Gaia” teoria formulata da James Lovelock.

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Paradigma ecologico della complessità

Indispsensabile è un riferimento al pensiero sistemico che ha fatto della struttura vivente e della “complessità organizzata” il suo oggetto di studio. Il significato originario della parola sistema, che deriva dal verbo greco synestanai (“porre insieme”)definisce la comprensione di un fenomeno nel contesto di un sistema più ampio. Capire le cose in maniera sistemica significa letteralmente porle in un contesto, stabilire la natura delle loro relazioni.

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Paradigma ecologico della complessità

La comparsa del pensiero sistemico portò a una profonda rivoluzione scientifica del pensiero occidentale e quindi del paradigma cartesiano fino allora dominante. Infatti, il pensiero secondo cui in ogni sistema complesso il comportamento del tutto possa venir compreso dallo studio delle sue parti, è il centro del paradigma a cui fa riferimento il noto metodo analitico riduzionistico di Cartesio. Il paradigma sistemico chiarisce che non è possibile comprendere i sistemi per mezzo dell’analisi. Le proprietà delle parti non sono proprietà intrinseche, ma possono essere comprese solo nel contesto dell’insieme più ampio. In questo modo il rapporto fra le parti e il tutto è stato rovesciato. Nell’approccio sistemico, le proprietà delle parti possono essere comprese solo studiando l’organizzazione del tutto. Il pensiero sistemico si concentra sui principi organizzativi fondamentali. Il pensiero sistemico è contestuale, l’opposto del pensiero analitico. Anche la fisica quantistica, ancor più della biologia, subì lo “schock” dovuto alla acquisita consapevolezza del fatto che i sistemi sono insiemi integrati e non possono essere compresi attraverso l’analisi.

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Paradigma ecologico della complessità Il concetto di trama della vita” ci porta direttamente ad esplorare

il concetto di complessità così come inteso da Morin. Una trama è tessuta insieme ed è proprio questa la definizione del termine latino com-plexus da cui complesso. Si ha complessità, dice Morin, quando sono inseparabili i differenti elementi che la costituiscono in un tutto (come l’economico, il politico, il sociologico, lo psicologico, l’affettivo, il mitologico)e quando vi è tessuto interdipendente, interattivo e inter-retroattivo tra l’oggetto di conoscenza e il suo contesto, le parti e il tutto, il tutto e la parti, la parti tra loro. La complessità è, perciò, il legame tra l’unità e la molteplicità. Gli sviluppi propri della nostra era planetaria ci mettono a confronto sempre più ineluttabilmente con le sfide della complessità. Di conseguenza, l’educazione deve promuovere una “intelligenza generale” capace di riferirsi al complesso, al contesto in modo multidimensionale e globale.

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Paradigma ecologico della complessità “Il pensiero complesso è consapevole in partenza

dell’impossibilità della conoscenza completa: uno degli assiomi della complessità è l’impossibilità, anche teorica, dell’onniscienza. Riconoscimento di un principio di incompletezza e di incertezza. Il pensiero complesso è animato da una tensione permanente tra l’aspirazione a un sapere non parcellizzato, non settoriale, non riduttivo, e il riconoscimento dell’incompiutezza e della incompletezza di ogni conoscenza. Questa tensione ha animato tutta la mia vita … Per tutta la vita … ho sempre aspirato ad un pensiero multidimensionale. … Ho sempre sentito che alcune verità profonde, antagoniste tra loro, erano per me complementari, senza smettere di essere antagoniste” E. Morin

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Paradigma ecologico della complessità E’ assurdo separare il concetto di uomo in essere talvolta

individuale, talvolta sociale e talvolta biologico, è necessario integrare i termini considerandolo “quale concetto trinitario individuo società specie in cui non si può ridurre né subordinare un termine a un altro.” 

Per fare ciò bisogna riorganizzare il modo della conoscenza approdando ad un principio di spiegazione complesso, ad una teoria della riorganizzazione che tenga presente innanzitutto il legame, mostrato già all’inizio del Novecento dalle scienze fisiche, tra oggetto osservato e soggetto. “L’osservatore che osserva e la mente che pensa e forma concetti sono essi stessi indissociabili da una cultura, dunque da una società hic et nunc.

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Paradigma ecologico della complessità […] Immediatamente, la realtà antropo-sociale si proietta e si

inscrive nel nucleo stesso della scienza fisica.” Si tratta di riunire ciò che abbiamo separato e reso diverso/altro, assimilando/integrando l’oscuro e l’incerto. “In partenza, siamo privi del metodo; ma almeno possiamo disporre di un anti-metodo, in cui l’ignoranza, l’incertezza, la confusione diventano virtù.”

Dobbiamo costruire un metodo nella ricerca, imparare ad apprendere apprendendo, rifiutando la semplificazione, l’idealizzazione e ogni sistema “razionalizzatore/ordinatore” partendo invece da un principio di complessità iniziando un cammino che sia di pensiero e di azione.

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Paradigma ecologico della complessità Non più solo l’Ordine, ma anche il Disordine: l’uno e l’altro –

emersi nell’ambito degli studi di microfisica, di genetica, di teoria dell’informazione - sono indispensabili per spiegare il processo attraverso il quale il cosmo disintegrandosi si organizza. L’organizzazione, meglio l’autorganizzazione, nasce da un gioco di interazione tra ordini e disordini che portano all’evento dell’organizzazione.

Ma capire la relazione tra Ordine e Disordine (e tra Uno e Molteplice, etc. come vedremo tra breve) implica comprenderne la natura unitaria, complementare, concorrenziale, antagonista.

L’uomo è dunque una realtà bioantropologica totale, ma anche psico-socio-culturale. “Così, l’umanità porta al più alto grado il paradosso dell’uno e del molteplice.

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Paradigma ecologico della complessità La descrizione del sistema non può avvenire isolando le parti ma

nemmeno con un “riduzionismo olistico” che tenga conto solo del Tutto. Il Tutto è più della somma parti, soprattutto per le nuove, indeducibili prima, qualità o proprietà che emergono dall’organizzazione dell’insieme , ma il Tutto è anche meno della somma delle parti: perché alcune qualità delle parti considerate isolatamente scompaiono nel sistema.Bisogna comprendere le unità complesse organizzate che, a vari livelli, sono il cosmo, la physis, l’uomo, etc.

Bisogna intendere l’unitas multiplex, l’unità nella diversità senza privilegiare l’uno o l’altro aspetto.

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CreativitàTecnologia/

Organizzazione

Apprendimento

Innovazione

Prestazione/Crescita

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L’indice di creatività Sono state proposte

diverse “misure” dellivello creativo di unaorganizzazione o di unsistema socio-economico.

Molto successo ha avuto“l’indice di creatività”proposto da R. Florida dellaCarnegie Mellon University.

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Questa diapositiva e le tre seguenti sono tratte da: “Europe in the Creative Age”

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Caratteristiche trasversali Discontinuità Non prevedibilità Metodo Determinazione e

impegno Ordine Valore

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CHINDOGU

(STRANO OGGETTO)

……non preoccupatevi che qualcuno vi rubi l’idea;se vale la pena di essere rubata, non è un “chindogu”.

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1907 Il giovane Pablo Picasso dipinge “Les Demoiselles d’Avignon”

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1907, a 25 anni, Picasso dipinge Les Demoiselles d’Avignon. La selvaggia distorsione delle facce e dei corpi delle donne non hanno precedenti nella storia dell’arte, e neanche nelle opere precedenti del giovane pittore (la distorsione non è nuova, ma non è mai stata portata a questo livello). Il concetto, il messaggio, è più importante della percezione.

Non è rintracciabile alcuna evoluzione dalle opere precedenti di Picasso: è un salto totale. Da esso (ed altri) inizia un’epoca nuova per le arti figurative.Nonostante costituisca una discontinuità completa, si possono rintracciare gli elementi che l’hanno generata. Innanzi tutto l’esposizione all’arte primitiva iberica; inoltre, elementi possono essere rintracciati nei lavori di Paul Cézanne e naturalmente del grande contemporaneo di Picasso, Henri Matisse.

Oltre alla discontinuità, che è il fatto più importante, possiamo notare il ripetersi di motivi comuni, un fenomeno di autosomiglianza all’interno della rappresentazione.Cogli di sorpresa (non prevedibilità), ma segna la nascita del cubismo, come se fosse un segnale che la comunità artistica attendeva: con questo quadro Picasso ha dato forma a tendenze, sperimentazioni, segnali già presenti da tempo.

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1953 James D. Watson e Francis Crickformulano il modello del DNA

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1990 Tim Berners-Lee inventa il “World Wide Web”

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1961 Edward Lorenz scopre l’effetto farfalla

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1961 Edward Lorenz scopre l’effetto farfalla

Il problema non è fermare l’uragano ma è trovare la farfalla

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Il 29 dicembre 1979, il fisico Edward Lorenz presentò alla Conferenza annuale della American Association for the Advancement of Science, una relazione in cui ipotizzava come il battito delle ali di una farfalla in Brasile, a seguito di una catena di eventi, potesse provocare una tromba d’aria nel Texas. L’insolita quanto suggestiva relazione, diede il nome al cosiddetto butterfly effect, effetto farfalla, denominato, scientificamente, dipendenza sensibile dalle condizioni iniziali.

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Il concetto che sta alla base di tale effetto è, in sostanza, il seguente: fenomeni modesti che si generano su piccola scala, come il battito d'ali di una farfalla, possono indurre trasformazioni di immensa portata e notevole intensità su larga scala, come lo sviluppo di un tornado.

Piccole turbolenze microscopiche possono, infatti, determinare grossi mutamenti macroscopici, mentre semplici eventi dinamici circoscritti possono originare processi straordinariamente complessi ed imponenti .

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Queste osservazioni hanno portato allo sviluppo della Teoria del Caos (anni ’70) che pone limiti definiti alla prevedibilità dell'evoluzione di sistemi complessi non lineari. Nei sistemi lineari, una piccola variazione nello stato iniziale di un sistema (fisico, chimico, biologico, economico) provoca una variazione corrispondentemente piccola nel suo stato finale. Al contrario, sono non lineari le situazioni di un sistema in cui piccole differenze nelle condizioni iniziali producono differenze non prevedibili nel comportamento successivo.

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Ordine e Caos La migliore descrizione del

“comportamento caotico” èfornita dalla “matematicadei frattali”

Un frattale è un insieme di equazioni, spesso molto semplici, in grado di descrivere forme complesse, frastagliate e irregolari.

Caratteristiche fondamentali: Autosomiglianza Dimensione frazionaria

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L’attrattore di Lorenz Rappresenta il moto di una ruota

idraulica Descritto da equazioni

deterministiche, ma completamente imprevedibile.

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1975 Benoit B. Mandelbrot formalizzala geometria frattale

Partiamo da un punto P0 nel piano complessoe applichiamo successivamente le seguenti iterazioni:

....................0

223

02

12

0201

00

PZZ

PZZ

PZZ

PZ

Ovviamente ad ogni numero Z corrisponde un diverso punto,che ha una determinata distanza dall'origine.

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Disordine apparente ordine nascosto

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L’organizzazionefrattale

Comportamento “caotico”

Presenza di “attrattori strani”

Autosomiglianza

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Il caos e gli attrattori nelcomportamento Organizzativo

Le organizzazioni eccellenti sono in

grado di far coesistere attributi contrastanti.

La coesione è ottenuta con gli strumenti

della leadership.

L’organizzazione oscilla tra comportamenti

diversi.

Le traiettorie nello “spazio dei

comportamenti” sono uniche e

caratterizzanti, ma senza “vie di fuga”.

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Verso decentramentoe differenziazione

Verso espansionee adattamento

Verso posizionecompetitiva di

sistema

Verso massimizzazionedegli outputVerso centralizzazione

e integrazione

Verso consolidamentoe continuità

Verso mantenimentoe stabilità

Verso valorizzazionerisorse umane

Flessib

il it àC

ontrol lo

Focus interno Focus esterno

Formazionee incentivi

Morale e coesione

Information Managemente comunicazione

Stabilitàe controllo

Adattativitàe velocità

Produttivitàe efficienza

Crescitae acquisizionedi risorse

Obiettivie pianificazione

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Autosomiglianza

Leadership diffusa.

Simmetria di scala.

Il sistema si riflette nel singolo

componente.

L’autosomiglianza genera

l’attrattore della organizzazione.

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La GUERRA: sue evoluzioni Delle profonde ambiguità che innervano il rapporto originario e

dialettico tra violenza e politica/diritto, il fenomeno della guerra,

intesa come violenza 'qualificata' e atto pubblico (grozianamente:

'solenne') compiuto da uno Stato sovrano verso altri Stati sovrani, è la

rappresentazione più evidente, anche e soprattutto a partire dalla sue

trasformazioni, che riguardano sia il quadro di riferimento (il sistema

internazionale composto da entità sovrane, trasformatosi già dalla fine

della seconda guerra mondiale, e da lì, attraverso tappe successive, con

il 1989 e il Nine-Eleven 2001 come vere e proprie 'date assiali' (1),

ulteriormente modificatosi), sia le relazioni con la pace e il diritto, sia

la percezione stessa del fenomeno bellico (2).

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La GUERRA: sue evoluzioni Le mutazioni del concetto di 'guerra' non sono il segno di

una sua progressiva neutralizzazione e limitazione. Al

contrario, se non da un punto di vista quantitativo,

senz'altro da un punto di vista qualitativo i nostri tempi

vedono non solo un'intensificazione della violenza su scala

planetaria, ma anche un parallelo indebolimento di alcuni

principi giuridici fondamentali e la preoccupante

riemersione dell'idea etica (e premoderna) di 'guerra

giusta'.

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La GUERRA: sue evoluzioni L'evoluzione del diritto internazionale nel ventesimo secolo è stata

caratterizzata dal tentativo di recidere il nesso tra sovranità e jus ad bellum. A partire dalla fine della seconda guerra mondiale (ma con il notevole precedente del Patto Briand-Kellogg), la proibizione dell'utilizzo della forza per la risoluzione delle controversie internazionali è divenuto vero e proprio jus cogens, valore supremo essenziale e inderogabile (l'uso della forza è legittimo, oltre che per autodifesa, solo ed esclusivamente previa autorizzazione del Consiglio di Sicurezza, e unicamente per il ristabilimento della pace) (5). Oggi, tuttavia, la guerra, il 'fatto' della guerra (non le sue denominazioni politicamente corrette) è stato rilegittimato dopo un lungo periodo in cui esso è stato considerato al di fuori «da ogni criterio di legittimazione e di legalizzazione»

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La GUERRA: sue evoluzioni Così, il diritto internazionale vede quasi

contemporaneamente entrare in crisi due suoi elementi fondativi e solo apparentemente concorrenti, il principio «statista» e il principio cosmopolitico (7), in favore di un paradigma ibrido che va modellandosi con elementi tradizionali confusamente rimescolati in forme nuove e che può essere condensato nell'efficace espressione «legittimazione dello 'stato di natura' internazionale»

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La GUERRA: sue evoluzioni In termini meno netti, si potrebbe dire che entra in palese

contraddizione l'universalità dei principi e la parzialità della salvaguardia, che immediatamente erode la prima: nemo judex in sua causa. Si tratta in ogni caso di una vera e propria 'normalizzazione' dell'eccezione, o di un'eccezione permanente, emergenziale, non avente alcuna destinazione ordinativa e neutralizzatrice, e dichiaratamente ostile a qualunque 'messa in forma'-limitazione giuridica. A dimostrazione di questa tendenza involutiva ed eversiva, una molteplicità di fenomeni: la dissoluzione - assiologica anzitutto - dell'equazione guerra=crimine, una volta nominalmente sublimatosi il fenomeno bellico in 'operazione di polizia internazionale' (specialmente in assenza di legittimazione e di garanzie giurisdizionali internazionali rispetto ai crimini di violazione del diritto internazionale);

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La GUERRA: sue evoluzioni la trasfigurazione della guerra di autodifesa rispetto ad

un'aggressione esterna in 'guerra preventiva' e unilaterale, anche in assenza di minacce dirette; l'introduzione della figura fortemente ideologica e unilateralistica di 'Stato canaglia' (rogue State); lo scavalcamento, sul piano della condotta degli affari internazionali, dell'etica della responsabilità da parte di un'etica della convinzione che spesso è soltanto mera, paretiana 'derivazione' coprente interessi materiali (economici, strategici, ecc.) specifici e localizzati. Il risultato più catastrofico è quello, ancipite, che non solo la guerra non è più il 'tabù' dell'odierno diritto internazionale, ma che «si sta verificando la tendenza a considerare quello militare come l'unico strumento concepibile e disponibile per ogni azione di politica internazionale: compreso il negoziato»

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La GUERRA: sue evoluzioni Oggi si parla di 'guerra' in due sensi diversi eppure

complementari, quasi come se non ci fosse alcuna soluzione di continuità tra l''interventismo umanitario' dei primi anni '90 e i recenti, e già falliti sul piano della realtà effettuale, tentativi di mobilitazione reattiva della cosiddetta War on Terror: o come 'guerra' umanitaria e «virtuosa», ossimoro che tenterebbe di legittimare il fenomeno bellico imbellettandolo come strumento di tutela e affermazione dei diritti umani (con la parallela crisi del principio di non-ingerenza, rifiutato in nome di argomenti moralistici) (12), oppure, e ciò a partire dal settembre 2001, come 'guerra al terrorismo': guerra cioè ad un soggetto criminale, il terrorismo internazionale, organizzato e armato, reticolare e non localizzabile territorialmente, che paradossalmente si traduce in interventi militari contro Stati accusati di fiancheggiare le organizzazioni terroristiche.

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La GUERRA: sue evoluzioni Quindi da un lato si utilizza un concetto, quello di

'guerra', che ha sicuramente un notevole impatto retorico, ma che pone la concreta minaccia terroristica, soggettivizzandola, su un piano differente da quello della criminalità, anche politica; dall'altro si criminalizzano Stati sovrani accusati (nel caso dell'Iraq sulla base di prove false, in quello dell’Afghanistan per essere base di Bin Laden e al Qaida) di fiancheggiare il terrorismo e di preparare l'uso di armi di distruzione di massa. Il criminale diventa 'nemico' (nel senso classico-politico del termine), il 'nemico' diventa criminale (13). Un cortocircuito concettuale e politico che, vedendo il 'nemico' dappertutto (ma giudicandolo come l'assolutamente 'altro'), lo smarrisce, lo favorisce, indirettamente lo sostiene. Un ulteriore effetto del trascolorimento della valenza semantica di 'guerra' è la crisi di quel faticoso, instabile, relativo, precario, ma pur storicamente esperito tentativo di limitazione dell'assolutezza, intesa sia come intensità, sia come estensione temporale, della 'guerra' stessa.

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La GUERRA: sue evoluzioni Ciò che viene meno, nella 'guerra infinita', è esattamente quella

conservazione della «possibilità della pace» che per Hegel è resa possibile, assieme al riconoscimento reciproco dei contendenti sul piano agonale, dal nesso costitutivo tra diritto e politica; nesso che viene brutalmente spezzato dalla 'moralizzazione' del discorso bellico, che viene completamente distratto dal 'politico' e assolutizzato

In più, come è stato lucidamente notato, la guerra globale azzera le distinzioni classiche: «L'erosione delle distinzioni tra pubblico e privato, militare e civile, interno ed esterno rende in ultima analisi problematica la stessa distinzione tra guerra e pace»

La categoria di 'Stato canaglia' segna una vera e propria svolta 'discriminatoria' e una dissimetria del diritto internazionale. Svolta che in realtà era già in atto con la teorizzazione e l'attuazione dell'interventismo bellico-umanitario: in entrambi i casi è dichiarata unilateralmente, e per di più su un piano 'egemonico', una intrinseca dissimmetria, anzitutto morale, dei contendenti.

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La GUERRA: sue evoluzioni Di fronte a un mondo in rapida trasformazione, di fronte

al proliferare dei conflitti, c'è chi sostiene che è tempo ormai di abbandonare l'utopia del diritto internazionale e della giustizia, e di imparare a navigare sugli eventi con abilità e realismo. Questa posizione ha il sottile fascino di un cinismo capace, in apparenza, di andare contro la retorica del moralismo. Eppure essa nasconde una forte preferenza ideologica: quella a favore della sovranità assoluta degli Stati-nazione. Per introdurre un senso e una capacità di gestione nelle relazioni internazionali contemporanee, Roberto Toscano (Il volto del nemico, Guerini editore) suggerisce una strada più difficile: prendere le distanze dagli aspetti tecnici della diplomazia, affrontando alcune questioni fondamentali di natura etica.

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La GUERRA: sue evoluzioni già nel 1995 Habermas definiva - paventando una (puntualmente verificatasi) negativa eterogenesi dei fini - 'Menschenrechts-fundamentalismus': vale a dire una «legittimazione morale, ammanta[ta] con una pseudolegittimazione giuridica, a un intervento armato che di fatto fosse soltanto la lotta di una parte contro un'altra»

Per Kant l'impossibilità di una guerra giusta è dimostrata dal fatto che «la guerra è (...) solo il triste mezzo necessario allo stato di natura (dove non esiste tribunale che possa giudicare secondo diritto) per affermare con la forza il proprio diritto, non potendo in tale stato esser considerata nemico ingiusto nessuna delle due parti (perché ciò presuppone una sentenza giudiziaria) e decidendo solo l'esito del combattimento (come nel cosiddetto giudizio di Dio) da quale parte stia il diritto: ma tra i due non è concepibile una guerra punitiva (bellum punitivum) poiché tra essi non sussiste rapporto di superiore ad inferiore».

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La GUERRA: sue evoluzioni già nel 1995 Habermas definiva - paventando una (puntualmente verificatasi) negativa eterogenesi dei fini - 'Menschenrechts-fundamentalismus': vale a dire una «legittimazione morale, ammanta[ta] con una pseudolegittimazione giuridica, a un intervento armato che di fatto fosse soltanto la lotta di una parte contro un'altra»

Per Kant l'impossibilità di una guerra giusta è dimostrata dal fatto che «la guerra è (...) solo il triste mezzo necessario allo stato di natura (dove non esiste tribunale che possa giudicare secondo diritto) per affermare con la forza il proprio diritto, non potendo in tale stato esser considerata nemico ingiusto nessuna delle due parti (perché ciò presuppone una sentenza giudiziaria) e decidendo solo l'esito del combattimento (come nel cosiddetto giudizio di Dio) da quale parte stia il diritto: ma tra i due non è concepibile una guerra punitiva (bellum punitivum) poiché tra essi non sussiste rapporto di superiore ad inferiore».

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Donne e Uomini:pace e sicurezza

Olismo vs. specificità. Le donne tendono a essere più olistiche e contestuali, prendono in considerazione più fattori; gli uomini più specifici, passando da uno all’altro dei fattori da loro scelti. Essi apprezzano molto i dati, e si nutrono di numeri laddove le donne si nutrono di visioni d’insieme. Gli uomini tendono a disporre i propri fattori in sequenza lineare e puntano ad agende lineari in pensiero, parole e azioni; le donne procedono più per agende a spirale, ritornando sui singoli punti in paesaggi molto complessi. Le donne considerano meccanicisti gli uomini; gli uomini considerano le donne superficiali e dedite a bla-bla.

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Donne e Uomini:pace e sicurezza

Dialettica vs. stato finale. Le donne sono aduse a

contraddizioni e tensioni, con un lattante che poppa, un bambino che tira la gonna per avere attenzione, tre casseruole che bollono troppo, il fuoco che sta per spegnersi, qualcuno che bussa alla porta, un marito egocentrico e assillante, attenzione da un corteggiatore non voluto – e a gestire tutto quanto. Disordine, caos, entropia come normale stato di cose, navigare in acque sferzate da bufere da ogni dove. Gli uomini hanno desiderio di ordine, cosmo ed energia che emerga, e protegga, da uno stato di legge e ordine, come una burocrazia ben oliata con chiare procedure operative standard per tutti, e per tutte le situazioni. Una tregua ha un aspetto ordinato e quindi è facilmente accettata come la fine della crisi, lo stato finale.

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Donne e Uomini:pace e sicurezza

Empatia umana vs. metallo, cose. Osservando le forze norvegesi di peacekeeping in Serbia-Belgrado, al 30% donne, queste erano chiaramente più interessate a parlare con i serbi, i croati e altri per capirli meglio, e gli uomini più interessati a osservarli, intenti ai propri binocoli, schermi radar, autoblindo, armi; metallo, cose. Prossimità vs. distanza. Alta empatia vs. bassa empatia. Cruciale.

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Donne e Uomini:pace e sicurezza

Compassione vs. deduzione. Questa è una dimensione di Gilligan(1), qui una fra molte: le donne derivano conclusioni politiche dalla compassione per altri, dall’essere aiutati, compresi i conflitti transfrontalieri; gli uomini più da deduzioni da principi astratti, generali, come democrazia, diritti umani, auto-determinazione, da sorvegliare. Questa compassione può estendersi particolarmente ad altre donne in guerre con violenza sessualizzata come parte della conquista, e più particolarmente tra madri e madri e la loro prole, conoscendo la situazione impossibile per una adeguata cura dei bambini durante una guerra. Gli uomini si fanno più intrappolare nel loro vs. noialtri.

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Donne e Uomini:pace e sicurezza

Nonviolenza vs. violenza. Oltre il 90% della violenza criminale e bellica è commessa da uomini, rendendo il genere un fattore primario di guerra/pace. Oltre alla divisione socio-culturale del lavoro le donne hanno più mono-aminoossidase, MAO, che blocca gli ormoni di innesco per l’aggressione violenta; gli uomini meno. Ma le donne hanno anche più corpus callosum, che connette le emozioni e la capacità verbale fra i due emisferi cerebrali e le rende migliori nel verbalizzare le emozioni. Mentre la MAO rende gli uomini più fisicamente violenti, può predisporre le donne a una maggiore violenza verbale, per frecce avvelenate che fanno molto male emotivamente. La superiorità verbale femminile rende il “sediamoci e parliamone” l’equivalente di “facciamoci una bella scazzottata”, data la superiorità fisica maschile. Molti uomini non sanno pareggiare la loquacità femminile, e temono che porterà via molto tempo al lavoro. I matrimoni possono diventare arene per la dialettica delle due violenze.

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Donne e Uomini:pace e sicurezza

Dialogo vs. dibattito. Un dialogo è una mutua ricerca di qualcosa di nuovo, un dibattito ha a che fare col vincere, continuare una guerra con mezzi verbali; un dialogo è interrogare, un dibattito è dettare. Di nuovo donne vs. uomini.Trattare i conflitti vs. gestire le crisi. Le donne vedono fini e mezzi inaccettabili in tutti, mentre gli uomini giudicano la propria parte dalle buone intenzioni e gli altri dai cattivi mezzi. Per le donne, la violenza vuol dire che qualcosa dev’essere trattato a un livello più profondo, per gli uomini è una crisi da gestire essendo forti. Le donne considerano la propria parte come un aspetto del problema, non solo la soluzione (alcune possono esagerare con l’auto-recriminazione). Gli uomini considerano la propria parte infallibile, mossi dal timore di sembrare vulnerabili, deboli addirittura.

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Donne e Uomini:pace e sicurezza

Pace vs. Sicurezza. Le due parole non si riferiscono alla stessa realtà. “Pace” è una situazione in cui i conflitti vengono equamente trasformati e si costruiscono progetti di equa cooperazione; la sicurezza è una situazione di bassa probabilità di violenza verso se stessi, spesso mossa da paranoia. La pace è una relazione fra parti. La sicurezza è qualcosa che ha una parte; e la somma di due o più “sicurezze” non è pace. Ne consegue che le donne siano più inclini alla prima, come occuparsi di tutta la famiglia, e gli uomini più verso la seconda, occupandosi primariamente di una esistenza egocentrica, soddisfatta, indisturbata, sicura.

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Donne e Uomini:pace e sicurezza

Diligenza vs. creatività. Le donne più diligenti, gli uomini più creativi? Così pare, forse perché le donne si sentono più insicure.

Salvo che per quest’ultimo fattore, questa visione d’insieme spiega bene quant’era così chiaro durante la guerra fredda: gli uomini intenti alle armi e al loro numero (peraltro di solito fasullo), le donne alle marce e ai contatti e alle relazioni umane; gli uomini intenti a quanto è sbagliato in quegli altri, le donne anche in noi stessi.

Gli uomini da soli intorno ad un tavolo di negoziazione spesso combinano guai, ci vogliono le donne!

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Comunità Internazionali: sfide politiche e dimensione globale

3 sfide principali: Problema strutturale: nata a S. Francisco nel 1945 con 51 Stati oggi ne ha 192, la maggioranza dei quali sono Africani, Asiatici e Paesi dell’ex Unione Sovietica. Il Consiglio di Sicurezza composto da USA, GB, Francia, Russia (Unione Sovietica) , CINA non è più rappresentativo della realtà … Problema autorità e Potere: sede legittima di ogni intervento

internazionale ma condizionata dal Consiglio di Sicurezza: potere di veto e altro …

La prevenzione genocidi, crimini di guerra e crimini contro l’umanità, nonostante dichiarazione Diritti Umani del 1948. Casi: Rwanda, Sebrenica, Darfur, Somalia…

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Comunità Internazionali: sfide politiche e dimensione globale

La prima missione a Suez 1956. Ad oggi sono attive 16 missioni delle Nazioni Unite con lo spiegamento di oltre 210.000 uomini tra militari (caschi Blu), polizia, personale civile internazionale. Le più importanti sono: Sudan denominata UNAMID, Repubblica del Congo MONUC, Libano UNIFIL, The International Security Assistance Force (ISAF) (NATO + UN)

Gennaio 1992 Agenda per la Pace Boutros Ghali: Prevention Peace Making Peace Keeping Peace Enforcement Peace Building

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Comunità Internazionali: sfide politiche e dimensione globale

1999 Interventi Umanitari 54^ assemblea Generale dell’ONU Kofe Annan;

Due novità: Missioni Integrate con diversi dipartimenti e agenzie delle

Nazioni Unite, più enfasi sui Diritti Umani e protezione della donna; forze ibride con in Sudan con Unione Africana e U.N.

Summit Mondiale 2005 Peace Building Commission: nuova struttura post conflitto, ora in 4 Paesi Africani per strategie di recupero e fornire risorse per ricostruzione economica e buon governo al fine di prevenire il riemergere del conflitto.

2001 International Commission on Intervention and State Sovereignty ICSS

2009 Assemblea Generale U.N. per prevenire genocidi responsabilità di proteggere: Prevenire-Reagire-Ricostruire

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Comunità Internazionali: sfide politiche e dimensione globale

Nuovo orizzonte riformare le operazioni di Pace Implementare la “Capacity Bulding” interventi in autonimia Sviluppare partnership con organizzazioni Multilaterali (UE,

Unione Africana …) Rivedere il ruolo e la governance della Banca Mondiale e del

Fondo Monetario Internazionale Accordo con i nuovi scenari: BRICS: Brasile, Russia, India,

Cina, Sud Africa, nuovo polo economia mondiale Coinvolgimento della società civile attraverso le

organizzazioni non governative Trasformazione ed emancipazione delle politiche di

cooperazione Lavorare per realizzare gli Obiettivi del millennio

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Comunità Internazionali: sfide politiche e dimensione globale

La Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo (in inglese International Bank for Reconstruction and Development IBRD) o BIRS è un organismo internazionale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, che ha lo scopo di aiutare paesi in via di sviluppo tramite il finanziamento di progetti mirati al raggiungimento di obiettivi precisi.

Istituita il 27 dicembre 1945, insieme con il Fondo Monetario Internazionale, a seguito dell'entrata in vigore degli accordi della conferenza di Bretton Woods (tenutasi tra il 1º ed il 22 luglio del 1944) con sede a Washington (USA), aveva come scopo originario quello di finanziare la ricostruzione e lo sviluppo nei paesi coinvolti nella seconda guerra mondiale. Successivamente lo scopo è stato allargato al finanziamento dei paesi in via di sviluppo tra gli stati membri, solitamente in cambio dell'adozione di politiche liberiste.

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Comunità Internazionali: sfide politiche e dimensione globale

In base all'atto istitutivo, la Banca Mondiale favorisce la ricostruzione e lo sviluppo dei territori dei paesi membri facilitando l'investimento di capitale a scopi produttivi; promuove l'investimento privato estero, fornendo garanzie o partecipando a prestiti; integra l'investimento privato, erogando, a condizioni più favorevoli di quelle di mercato, risorse finanziarie da destinare a scopi produttivi.

Il funzionamento operativo della banca è assicurato dai versamenti delle quote a carico dei paesi membri.

Attualmente le attività della Banca Mondiale sono focalizzate sul finanziamento dei paesi in via di sviluppo in campi quali l'educazione, l'agricoltura e l'industria; la BIRS chiede in contropartita, ai paesi beneficiari, l'attuazione di misure politiche tese, oltre che alla limitazione della corruzione ed al consolidamento della democrazia, alla crescita economica in termini di PIL ed all'apertura di canali commerciali stabili con l'estero.

Il Presidente è nominato dal Governo degli Stati Uniti

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Comunità Internazionali: sfide politiche e dimensione globale Il Fondo Monetario Internazionale (International

Monetary Fund, di solito abbreviato in F.M.I. in italiano e in I.M.F. in inglese) è un'organizzazione composta dai governi di 186 Paesi e insieme al Gruppo della Banca Mondiale fa parte delle organizzazioni internazionali dette di Bretton Woods, dalla sede della Conferenza che ne sancì la creazione. L'Accordo Istitutivo acquisì efficacia nel 1945 e l'organizzazione nacque nel maggio del 1946. Attualmente gli Stati membri sono 186. Il F.M.I. si configura anche come un Istituto specializzato delleNazioni Unite.

Gli organi principali del F.M.I sono il Consiglio dei Governatori ('Board of Governors') a composizione plenaria, il Consiglio Esecutivo('Executive Board'), composto dai 24 Direttori Esecutivi (Executive Directors) e il Direttore Operativo ('Managing Director').Il Consiglio dei Governatori si riunisce di norma una volta l'anno e le sue funzioni sono in gran parte delegate al Consiglio Esecutivo, che siede permanentemente.

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Dei membri del Consiglio Esecutivo 5 sono permanenti e appartengono ai 5 Stati che detengono la quota maggiore (Stati Uniti, Giappone,Germania, Francia e Regno Unito) mentre gli altri sono eletti dal Consiglio dei Governatori sulla base di un sistema di raggruppamenti di nazioni (non necessariamente su base regionale).Il Direttore Operativo viene eletto dal Consiglio Esecutivo e lo presiede.

Il FMI dispone di un capitale messo a disposizione dai suoi membri e il voto all'interno dei suoi organi è ponderato a seconda della quota detenuta. Questo fa sì che, considerato che per prendere le decisioni più importanti sono necessarie maggioranze molto alte (i 2/3 o i 3/4 dei voti) gli Stati Uniti e il gruppo dei principali Paesi dell'Unione Europea si trovano ad avere un potere di veto di fatto, presi singolarmente (nel caso della maggioranza dei 3/4) o insieme (maggioranza dei 2/3).

Il Direttore Operativo è sempre Europeo

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Nell'articolo 1 dell'Accordo Istitutivo gli scopi del F.M.I. sono così definiti: promuovere la cooperazione monetaria internazionale; facilitare l'espansione del commercio internazionale; promuovere la stabilità e l'ordine dei rapporti di cambio evitando svalutazioni

 competitive; dare fiducia agli Stati membri rendendo disponibili con adeguate garanzie le

risorse del Fondo per affrontare difficoltà della bilancia dei pagamenti; in relazione con i fini di cui sopra abbreviare la durata e ridurre la misura degli

squilibri delle bilance dei pagamenti degli Stati membri. In particolare il F.M.I. dovrebbe regolare la convivenza economica e favorire

lo sviluppo del Sud del mondo (per Sud si intendono i P.V.S.: Paesi in via di sviluppo).

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Millenium Devolepment Goals No Excuse 2015: We Can End Poverty

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“Democrazia: dittatura = pace: guerra?”

«Dopo la seconda guerra mondiale i paesi più frequentemente impegnati in guerra sono stati gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, la Francia e Israele, tutti democratici». «La democrazia è di fatto compatibile con pratiche di violenza su larga scala – bellicista, non solo belligerante». (Il bellicismo è l’inclinazione alla belligeranza). Le principali tesi di Galtung su questo problema dicono: «Più la cultura è individualista e competitiva, più è probabile che il paese sia democratico e più è probabile che il paese, data la possibilità, sia belligerante». «Più alta la posizione nella piramide economica mondiale dei paesi, più probabile è che il paese sia democratico e belligerante»

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Il fatto è che «il sistema degli stati è

fondamentalmente incompatibile con la pace» per queste ragioni: il patriarcato statale, l’arroganza e la segretezza, l’idea di essere causa di se stessi, l’avere il monopolio sui supremi strumenti di violenza ed essere inclini ad usarli; tutti mali più accentuati negli stati grandi e più che mai nei superstati. Ora, il sistema mondiale è quasi solo un sistema di stati, che vi sono rappresentati da ristrette élites, le quali hanno il monopolio sulla definizione degli interessi del loro stato; la somma degli interessi statali adattati tra loro viene creduta essere l’interesse mondiale.

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Durante la Guerra Fredda, la ricerca sulla pace

adottò come descrittivo, non certo come normativo, il paradigma intersistemico “equilibrio di potere”. La pace ottenuta dalla deterrenza era una pace bellica. Oggi abbiamo una pace penale, stabilita dal paradigma intrasistemico dell’autorità della legge emanata e sanzionata dalla parte più forte contro le più deboli. Questo paradigma «violento e vendicativo» non è un’alternativa pacifica al primo. Galtung, indica la direzione delle Commissioni di Verità, tentate in America Latina e Sudafrica. La più riuscita è quest’ultima, la quale, attraverso un difficile coraggioso dialogo tra responsabili e vittime è riuscita a configurare una pace migliore e più profonda della pace penale

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Casi Saddam Hussein e Osama bin Laden: Corte Penale Internazionale affiancata dalla Conferenza

Islamica che conta 56 stati membri. ABOLIRE IL DIRITTO DI VETO. Si deve inoltre espandere

il numero dei paesi membri del Consiglio di sicurezza a 54, cioè il numero degli stati presenti nel Consiglio economico e sociale, l’organo che dirige con buoni risultati le agenziespeciali. Infine occorre abolire l’articolo 12/A della carta delle Nazioni Unite, che afferma che sui temi di competenza del Consiglio di sicurezza, l’Assemblea generale non ha il diritto di promuovere risoluzioni. Più in generale si può affermare che la presenza di cinque membri permanenti, quattro cristiani e uno confuciano, con diritto di veto all’interno del Consiglio di  sicurezza, sia un’assurdità clamorosa agli occhi dei 56 stati musulmani.

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Le sanzioni economiche contro l’Iraq, per es. hanno causato

oltre 500 mila morti su decisione del Consiglio di sicurezza... È necessario creare un Parlamento che preveda un

rappresentante per ogni milione di cittadini. In questo modo avremmo un Assemblea con 1.250 cinesi, 1.000 indiani, 275 americani, 190 russi, 9 svedesi, forse un pò troppi!, 4 norvegesi e via dicendo. La presenza degli occidentali in un Parlamento siffatto si ridurrebbe al 22%: un buon test per verificare la disposizione ai valori democratici che diciamo di sostenere! La precondizione che sta dietro a questa soluzione prevede che tutti i rappresentanti non siano scelti e designati, bensì vengano eletti in elezioni democratiche, regolari, libere e segrete. Questo elemento fondante consentirebbe, ad esempio, l’avanzamento del processo di democratizzazione in Cina. Se l’intervento militare in Iraq fosse stato discusso in questo Parlamento mondiale, e non al Congresso americano, certamente non sarebbe stato avallato.

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Comunità Internazionali: sfide politiche e dimensione globale

La pace è complessa, come la salute. «Più complesso il conflitto, più numerose le aperture per la sua trasformazione nonviolenta e creativa». Il semplicismo bipolare danneggia la ricerca della trasformazione. La violenza è una semplificazione astratta e irreale, una forzatura contro la vita.

 «La pace è un’idea rivoluzionaria; “la pace con mezzi pacifici” la definisce come una rivoluzione nonviolenta».

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Conclusioni

Turbolenza strutturale.

La creatività si accende soprattutto al

confine con il caos.

Convergenza tra saperi.

Nuovi modelli di apprendimento.

Dalla “squadra” all’ “hot group”.

Pensare in grande, organizzare in

piccolo.

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Conclusioni Molte organizzazioni, anche grandi, di fronte alle

difficoltà, confermare le proprie routines in attesa che

passi la tempesta; anzi, rafforzano i controlli e scoraggiano

la divergenza dagli schemi correnti, che magari hanno ben

funzionato in passato. E intanto si perdono. E’ un errore.

La turbolenza ormai non è un fatto congiunturale, come

succedeva in alcuni periodi alcuni decenni fa, ma è un

fenomeno strutturale, destinato ad accentuarsi.

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Conclusioni Come succede nei frattali, in cui le parti più belle sono quelle ai

confini con il caos, così succede anche nelle organizzazioni: la

creatività si accende soprattutto ai confini con il caos, cioè ai margini

dell’attrattore di impresa, sullo stretto confine che separa ordine e

disordine. La creatività non deve sconfinare nel caos, ovvero sfuggire

all’attrattore, perché altrimenti si genera solo nuovo disordine.

Rimanere ai confini significa che la creatività deve venire

metodicamente sfruttata per produrre nuove conoscenze e nuove

opportunità di perseguire ciò che crea valore dell’impresa. Ciò

richiede la sintesi delle diverse esperienze ed intuizioni, e, anche,

nuovi modelli e strumenti di apprendimento per diffondere la

conoscenza che si genera.

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Conclusioni Queste considerazioni hanno anche portato ad una revisioni dei diversi

concetti legati al comportamento di squadra. Attenzione alle dinamiche di gruppo! Negli ultimi anni sono stati molto enfatizzati i concetti di squadra e di lavoro di gruppo. Però ci siamo accorti che anche squadre molto affiatate tendono a cadere nella routine. Il prof. Irving Janis, dell’Università di Yale, ha coniato nel 1998 il termine groupthink per indicare “il modo di pensare adottato dalle persone profondamente coinvolte in un gruppo coeso quando lo sforzo dei membri per raggiungere l’unanimità supera la loro motivazione a valutare realisticamente azioni alternative”. Gli esempi di Janis vengono da alcuni disastri della politica estera americana. Uno tra tanti: come mai i presidenti Johnson e Bush I e II e i loro affiatatissimi gruppi di consiglieri hanno commesso errori tanto grossolani nel valutare la situazione del Vietnam, in Iraq e in Afghanistan, tanto da determinare l’escalation?

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Conclusioni La nuova tendenza nello studio dei comportamenti organizzativi: le

squadre devono divenire “hot groups”. Il concetto di squadra è stato fortemente influenzato dalla cultura organizzativa giapponese. Hot group è un concetto interamente americano. E’ una squadra in cui i membri sono certo fortemente legati da un profondo senso di appartenenza e di missione condivisa, ma per converso godono del dibattito, del disaccordo interno, del gusto della provocazione. La stessa missione è vissuta da ciascuno in modo fortemente individuale: indipendente dal tipo di lavoro, ogni membro del gruppo ha il senso di una missione personale significativa e nobilitante, in cui si sente interamente coinvolto. E’ una squadra che vive sull’orlo della dissoluzione: ai bordi del caos. Sono molto dedicati e finalizzati e normalmente hanno una vita breve, ma una loro caratteristica è che i partecipanti ricordano con nostalgia l’esperienza.

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Conclusioni Bill Gates e Steve Jobs descrivono come hot

groups le squadre con cui hanno iniziato rispettivamente le avventure di Microsft e della Apple.

Ultimo punto: le grandi organizzazioni stanno con sempre maggiore convinzione cercando di mantenere le caratteristiche di comportamento delle piccole. Man mano che crescono esse tentano di agire come se fossero piccole. Per questo gli hot groups stanno rapidamente divenendo i building block delle organizzazioni eccellenti.

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“Dio ha inserito un'arte segreta nelle forze di natura

in modo da consentire a quest'ultima di modellarsi

passando dal caos a un perfetto sistema del mondo”

Immanuel Kant

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C’è chi insegnaguidando gli altri come cavalli

passo per passo;forse c’è chi si sente soddisfatto

così guidato.C’è chi insegna lodando

Quanto trova di buono e divertendo:c’è pure chi si sente soddisfatto

essendo incoraggiato.C’è pure chi educa, senza nascondere

l’assurdo ch’è nel mondo, aperto ad ognisviluppo ma cercando

d’essere franco all’altro come a sé,sognando gli altri come ora non sono:

ciascuno cresce solo se sognato. (Danilo Dolci)

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Meno Cronos più Kairos