La Corte dei Giusti - La Cordata OnLine · La principessa cominciò ad ... cipessa segreta, divenne...

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PAGINA 6 GENNAIO 2017 Notizie idee e opinioni dall’Oratorio La Corte dei Giusti Piccole storie per riflettere: racconti per ragazzi Mille anni fa, nel cuore di una rigoglio- sa pianura attraversata da maestosi fiu- mi navigabili, s’innalzava una città tutta d’oro, così splendente che brillava di luce propria e i pellegrini si rivolgevano ad essa fino a leghe di distanza per orientarsi nelle steppe desolate. Si trattava di Criso- poli, capitale di una civiltà avanzata, che aveva dato i natali a filosofi, dottori, can- tori e menestrelli di talento insuperabile. Vantava mura massicce di diamante, cu- pole a forma di cipolla rivestite di squame d’argento, smalti colorati e cristalli fiam- meggianti. Anche le strade erano lastricate di mar- mi blu, rosa e bianchi. Tutti gli uccelli del cielo facevano a gara per poter sistemare i loro nidi tra quei cucuzzoli d’alabastro, elaborati come pizzo. Il merito di una simile prosperità si doveva alla dinastia reale che governava quella terra da secoli: la dinastia dei Giu- sti, così chiamata perché i sovrani che si erano succeduti sul trono avevano sempre fatto il bene del loro popolo. In quel tempo Crisopoli aveva sei re, tutti fratelli, che amministravano e face- vano rispettare le leggi insieme. Destino volle che i sei re fossero molto litigiosi e non andassero mai d’accordo. Spesso combattevano l’uno contro l’altro e face- vano cadere regolarmente la città nel di- sordine assoluto. I sudditi non ne potevano più. Circo- lavano voci di palazzo riguardo ad una settima sorella, bellissima oltre ogni dire, ma molto più saggia e con un’intelligenza spiccata: il suo nome era Sarai. Sapendo che la sorella sarebbe stata una sovrana migliore di quanto loro avrebbero mai potuto essere, i sei re costrinsero la giovane Sarai a vivere confinata in cima ad un’antica reggia, insieme alle frivole dame di compagnia. Così la ragazza creb- be nella preghiera e nel silenzio delle sue letture. Per assicurarsi che non fuggisse dalla sua gabbia dorata, i fratelli misero un dragone dalle ali di farfalla a guardia della balconata, da cui la principessa se- greta si affacciava. Le lotte di potere fra i re terminarono un giorno, quando un popolo di guerrieri barbari assediò Crisopoli e sfondò le sue porte gigantesche sul dorso di elefanti. I barbari avevano un capo, un uomo va- loroso ma assennato, chiamato Magnus. Quest’ultimo disse ai sei re:- Se mi dimo- strerete di essere all’altezza di governare questo magnifico Paese, lascerò la vostra città. Ditemi: qual è la vera nobiltà?-. Il primo re rispose alla domanda di Ma- gnus, portando al suo cospetto scrigni tra- boccanti di gemme, diademi e medaglioni che appartenevano al tesoro dei Giusti. Magnus diede un calcio ai gioielli e fece prigioniero il primo re:- Non è questa la nobiltà che cerco-, spiegò il capo barbaro; allora il secondo re offrì un banchetto che avrebbe sfamato un esercito, dalle prelibatezze esagerate, come fontane di vino, cigni alle prugne e pasticci di balena. – Neanche questa si può chiamare nobiltà.- assicurò Magnus, senza toccare cibo. Allo stesso modo del primo, anche il secondo re fu fatto prigio- niero. Il terzo e il quarto fratello tentaro- no di accontentare Magnus proponendo- gli una flotta imponente e una biblioteca tappezzata di papiri, ma fallirono misera- mente. Allora gli ultimi due re composero per lui una ballata e fecero scolpire in suo onore una statua di bronzo che lo rappre- sentava in tutta la sua imponenza. Con rammarico dei re, Magnus non riconobbe la nobiltà nei loro doni e li rese suoi pri- gionieri. La bella Sarai, suo malgrado, aveva vi- sto ogni cosa dall’alto della balconata e aveva deciso che non avrebbe permesso ai barbari di distruggere Crisopoli. Medi- tò un piano. La principessa cominciò ad urlare ed implorare aiuto contro il suo cu- stode, il dragone. I guerrieri barbari cor- sero in suo aiuto e uccisero il mostro. Nel momento in cui Sarai si rivelò ai conquistatori per ringraziarli, questi uo- mini persero ogni aggressività dinanzi alla sua abbagliante bellezza: s’inginoc- chiarono davanti agli occhi di un blu in- tenso, al mantello di capelli ramati, che catturava la calda luce del giorno, ed alla sua pelle di bruno velluto. Ovviamente i guerrieri parlarono a Ma- gnus della settima principessa. Il capo barbaro la invitò con una lettera a presen- tarsi davanti a lui. Sarai sapeva che avreb- be avuto una sola occasione per salvare il suo popolo e quindi, in quanto donna devota, chiese al proprio angelo custo- de, lo spirito di sua madre, di aiutarla in quell’impresa. La notte prima dell’incontro, Sarai ebbe una visione e capì che sua madre stava comunicando con lei: “Se scalza andrai, la corona tu avrai”, le suggerì una voce, leggera come un soffio di vento. Il mat- tino successivo Sarai comprese quel che doveva fare. Fiera e decisa, la donna indossò degli stracci, si tolse ogni ornamento e si sfilò i calzari. Sarai andò da Magnus e s’inchi- nò: - Mio signore, se lascerai libera la mia gente, io dedicherò la mia vita a servir- ti come tua schiava e farai di me ciò che vorrai...ma ti supplico, non fare del male al mio popolo!-. Il barbaro prese le mani della principessa nelle sue e le spiegò:- La vera nobiltà si può trovare solo nell’umil- tà. Tu ti sei dimostrata all’altezza di go- vernare la terra che ami-. Fu in questo modo che Sarai, la prin- cipessa segreta, divenne la nuova regina, degna di operare il bene per gli innocenti che vivevano nei suoi domini alla stessa maniera degli antenati. Magnus s’inna- morò di lei ed insieme, come marito e moglie, diedero vita ad un’altra dinastia di sovrani buoni...e, soprattutto, giusti. Alice Busnelli Come scrive Giovanni nel prologo, trattando del Natale di Cristo, usa la metafora della luce, “Veniva nel mondo la luce vera, quella che illu- mina ogni uomo” (Gv 1,9), così anche il Beato Paolo VI scriveva in un suo appunto: Il Natale è un’apparizione di Dio. Non finiremo mai di guardare il quadro universale dell’esse- re, della storia, dell’umanità, alla luce apparsa a Betlemme. Come quando in una notte buia s’ac- cende un lume le cose d’intorno e gli spazi pren- dono forma e misura, così all’apparire di Cristo, ogni cosa acquista un senso, un valore. Non è an- cora luce piena, ma già basta per istruirci e per ri- empirci di meraviglia e d’ansia di nuovo sapere. Senso, cioè direzione e significato; valore, cioè virtù e consistenza. Ecco cosa chiedo al Signo- re per il nuovo anno che il nostro Oratorio do- vrà vivere. Che la luce di Cristo, apparsa nel suo Natale, possa illuminare anche le situazioni più difficili, le discordie, le divergenze e ci renda sempre più tutti fratelli e sorelle, figlio di quel Padre che con tanto affetto, senza dimenticarsi di nessuno, si china sulle nostre ferite per sanar- le. Che sia per tutti noi un anno nella vera luce un “Anno Illuminoso”. don Mario Un Anno davvero “Illuminoso” Alla ricerca della vera luce di Dio sulle cose Letture davanti al caminetto Titolo: L’arte di essere fragili Autore: Alessandro D’Avenia Casa Editrice: Mondadori “Esiste un metodo per la felicità duratura? Si può imparare il faticoso mestiere di vivere giorno per giorno in modo da farne addirittura un’arte del- la gioia quotidiana?” Sono domande comuni, ognuno se le sarà poste de- cine di volte, senza trovare risposte. Eppure la soluzione può raggiungerci, improvvisa, grazie a qualcosa che ci accade, grazie a qualcuno. In queste pagine Alessandro D’Ave- nia racconta il suo metodo per la feli- cità e l’incontro decisivo che glielo ha rivelato: quello con Giacomo Leopar- di. Leopardi è spesso frettolosamente liquidato come pessimista e sfortunato. Fu invece un giovane uomo affamato di vita e di infinito, capace di restare fedele alla propria vocazione poetica e di lottare per affermarla, nonostante l’indifferenza e perfino la derisione dei contemporanei. Nella sua vita e nei suoi versi, D’Ave- nia trova folgorazioni e provocazioni, nostalgia ed energia vitale. E ne trae lo spunto per rispondere ai tanti e cruciali interrogativi che da molti anni si sente rivolgere da ragazzi di ogni parte d’Ita- lia, tutti alla ricerca di se stessi e di un senso profondo del vivere. Domande che sono poi le stesse dei personaggi leopardiani: Saffo e il pastore errante, Nerina e Silvia, Cristoforo Colombo e l’Islandese... Domande che non hanno risposte semplici, ma che, come una bussola, se non le tacitiamo possono orientare la nostra esistenza. La sfida è lanciata, e ci riguarda tutti: Leopardi ha trovato nella poesia la sua ragione di vita, e noi? Qual è la pas- sione in grado di farci sentire vivi in ogni fase della nostra esistenza? Qua- le bellezza vogliamo manifestare nel mondo, per poter dire alla fine: nulla è andato sprecato? In un dialogo intimo e travolgente con il nostro più grande poeta moderno, Alessandro D’Avenia porta a magnifico compimento l’espe- rienza di professore, la passione di lettore e la sensibilità di scrittore per accompagnarci in un viaggio esisten- ziale sorprendente. Dalle inquietudini dell’adolescenza – l’età della speranza e dell’intensità, nei picchi di entusiasmo come negli abissi di tristezza – passiamo attraver- so le prove della maturità – il momento in cui le aspirazioni si scontrano con la realtà –, per approdare alla conquista della fedeltà a noi stessi, accettando debolezze e fragilità e imparando l’ar- te della riparazione della vita. Forse, è qui che si nasconde il segreto della felicità.

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Pagina 6 gennaio 2017

Notizie idee e opinionidall’Oratorio

La Corte dei GiustiPiccole storie per riflettere: racconti per ragazzi

Mille anni fa, nel cuore di una rigoglio-sa pianura attraversata da maestosi fiu-mi navigabili, s’innalzava una città tutta d’oro, così splendente che brillava di luce propria e i pellegrini si rivolgevano ad essa fino a leghe di distanza per orientarsi nelle steppe desolate. Si trattava di Criso-poli, capitale di una civiltà avanzata, che aveva dato i natali a filosofi, dottori, can-tori e menestrelli di talento insuperabile.

Vantava mura massicce di diamante, cu-pole a forma di cipolla rivestite di squame d’argento, smalti colorati e cristalli fiam-meggianti.

Anche le strade erano lastricate di mar-mi blu, rosa e bianchi. Tutti gli uccelli del cielo facevano a gara per poter sistemare i loro nidi tra quei cucuzzoli d’alabastro, elaborati come pizzo.

Il merito di una simile prosperità si doveva alla dinastia reale che governava quella terra da secoli: la dinastia dei Giu-sti, così chiamata perché i sovrani che si erano succeduti sul trono avevano sempre fatto il bene del loro popolo.

In quel tempo Crisopoli aveva sei re, tutti fratelli, che amministravano e face-vano rispettare le leggi insieme. Destino volle che i sei re fossero molto litigiosi e non andassero mai d’accordo. Spesso combattevano l’uno contro l’altro e face-vano cadere regolarmente la città nel di-sordine assoluto.

I sudditi non ne potevano più. Circo-lavano voci di palazzo riguardo ad una settima sorella, bellissima oltre ogni dire, ma molto più saggia e con un’intelligenza spiccata: il suo nome era Sarai.

Sapendo che la sorella sarebbe stata una sovrana migliore di quanto loro avrebbero mai potuto essere, i sei re costrinsero la giovane Sarai a vivere confinata in cima ad un’antica reggia, insieme alle frivole dame di compagnia. Così la ragazza creb-be nella preghiera e nel silenzio delle sue letture. Per assicurarsi che non fuggisse dalla sua gabbia dorata, i fratelli misero un dragone dalle ali di farfalla a guardia della balconata, da cui la principessa se-greta si affacciava.

Le lotte di potere fra i re terminarono un giorno, quando un popolo di guerrieri

barbari assediò Crisopoli e sfondò le sue porte gigantesche sul dorso di elefanti.

I barbari avevano un capo, un uomo va-loroso ma assennato, chiamato Magnus. Quest’ultimo disse ai sei re:- Se mi dimo-strerete di essere all’altezza di governare questo magnifico Paese, lascerò la vostra città. Ditemi: qual è la vera nobiltà?-.

Il primo re rispose alla domanda di Ma-gnus, portando al suo cospetto scrigni tra-boccanti di gemme, diademi e medaglioni che appartenevano al tesoro dei Giusti. Magnus diede un calcio ai gioielli e fece prigioniero il primo re:-

Non è questa la nobiltà che cerco-, spiegò il capo barbaro; allora il secondo re offrì un banchetto che avrebbe sfamato un esercito, dalle prelibatezze esagerate, come fontane di vino, cigni alle prugne e pasticci di balena. – Neanche questa si può chiamare nobiltà.- assicurò Magnus, senza toccare cibo. Allo stesso modo del primo, anche il secondo re fu fatto prigio-niero. Il terzo e il quarto fratello tentaro-no di accontentare Magnus proponendo-gli una flotta imponente e una biblioteca tappezzata di papiri, ma fallirono misera-mente.

Allora gli ultimi due re composero per lui una ballata e fecero scolpire in suo onore una statua di bronzo che lo rappre-sentava in tutta la sua imponenza. Con rammarico dei re, Magnus non riconobbe la nobiltà nei loro doni e li rese suoi pri-gionieri.

La bella Sarai, suo malgrado, aveva vi-sto ogni cosa dall’alto della balconata e aveva deciso che non avrebbe permesso ai barbari di distruggere Crisopoli. Medi-tò un piano. La principessa cominciò ad urlare ed implorare aiuto contro il suo cu-stode, il dragone. I guerrieri barbari cor-sero in suo aiuto e uccisero il mostro.

Nel momento in cui Sarai si rivelò ai conquistatori per ringraziarli, questi uo-mini persero ogni aggressività dinanzi alla sua abbagliante bellezza: s’inginoc-chiarono davanti agli occhi di un blu in-tenso, al mantello di capelli ramati, che catturava la calda luce del giorno, ed alla sua pelle di bruno velluto.

Ovviamente i guerrieri parlarono a Ma-gnus della settima principessa. Il capo barbaro la invitò con una lettera a presen-tarsi davanti a lui. Sarai sapeva che avreb-be avuto una sola occasione per salvare il suo popolo e quindi, in quanto donna devota, chiese al proprio angelo custo-de, lo spirito di sua madre, di aiutarla in quell’impresa.

La notte prima dell’incontro, Sarai ebbe una visione e capì che sua madre stava comunicando con lei: “Se scalza andrai, la corona tu avrai”, le suggerì una voce, leggera come un soffio di vento. Il mat-tino successivo Sarai comprese quel che doveva fare.

Fiera e decisa, la donna indossò degli stracci, si tolse ogni ornamento e si sfilò i calzari. Sarai andò da Magnus e s’inchi-nò: - Mio signore, se lascerai libera la mia gente, io dedicherò la mia vita a servir-ti come tua schiava e farai di me ciò che vorrai...ma ti supplico, non fare del male al mio popolo!-. Il barbaro prese le mani della principessa nelle sue e le spiegò:- La vera nobiltà si può trovare solo nell’umil-tà. Tu ti sei dimostrata all’altezza di go-vernare la terra che ami-.

Fu in questo modo che Sarai, la prin-cipessa segreta, divenne la nuova regina, degna di operare il bene per gli innocenti che vivevano nei suoi domini alla stessa maniera degli antenati. Magnus s’inna-morò di lei ed insieme, come marito e moglie, diedero vita ad un’altra dinastia di sovrani buoni...e, soprattutto, giusti.

Alice Busnelli

Come scrive Giovanni nel prologo, trattando del Natale di Cristo, usa la metafora della luce, “Veniva nel mondo la luce vera, quella che illu-mina ogni uomo” (Gv 1,9), così anche il Beato Paolo VI scriveva in un suo appunto:

Il Natale è un’apparizione di Dio. Non finiremo mai di guardare il quadro universale dell’esse-re, della storia, dell’umanità, alla luce apparsa a Betlemme. Come quando in una notte buia s’ac-cende un lume le cose d’intorno e gli spazi pren-dono forma e misura, così all’apparire di Cristo, ogni cosa acquista un senso, un valore. Non è an-cora luce piena, ma già basta per istruirci e per ri-empirci di meraviglia e d’ansia di nuovo sapere.

Senso, cioè direzione e significato; valore, cioè virtù e consistenza. Ecco cosa chiedo al Signo-re per il nuovo anno che il nostro Oratorio do-vrà vivere. Che la luce di Cristo, apparsa nel suo Natale, possa illuminare anche le situazioni più difficili, le discordie, le divergenze e ci renda sempre più tutti fratelli e sorelle, figlio di quel Padre che con tanto affetto, senza dimenticarsi di nessuno, si china sulle nostre ferite per sanar-le. Che sia per tutti noi un anno nella vera luce un “Anno Illuminoso”.

don Mario

Un Anno davvero “Illuminoso”

Alla ricerca della vera luce di Dio sulle cose

Letturedavanti alcaminettoTitolo: L’arte di essere fragiliAutore: Alessandro D’AveniaCasa Editrice: Mondadori

“Esiste un metodo per la felicità duratura? Si può imparare il faticoso mestiere di vivere giorno per giorno in modo da farne addirittura un’arte del-la gioia quotidiana?” Sono domande comuni, ognuno se le sarà poste de-cine di volte, senza trovare risposte. Eppure la soluzione può raggiungerci, improvvisa, grazie a qualcosa che ci accade, grazie a qualcuno.

In queste pagine Alessandro D’Ave-nia racconta il suo metodo per la feli-cità e l’incontro decisivo che glielo ha rivelato: quello con Giacomo Leopar-di. Leopardi è spesso frettolosamente liquidato come pessimista e sfortunato. Fu invece un giovane uomo affamato di vita e di infinito, capace di restare fedele alla propria vocazione poetica e di lottare per affermarla, nonostante l’indifferenza e perfino la derisione dei contemporanei.

Nella sua vita e nei suoi versi, D’Ave-nia trova folgorazioni e provocazioni, nostalgia ed energia vitale. E ne trae lo spunto per rispondere ai tanti e cruciali interrogativi che da molti anni si sente rivolgere da ragazzi di ogni parte d’Ita-lia, tutti alla ricerca di se stessi e di un senso profondo del vivere. Domande che sono poi le stesse dei personaggi leopardiani: Saffo e il pastore errante, Nerina e Silvia, Cristoforo Colombo e l’Islandese... Domande che non hanno risposte semplici, ma che, come una bussola, se non le tacitiamo possono orientare la nostra esistenza.

La sfida è lanciata, e ci riguarda tutti: Leopardi ha trovato nella poesia la sua ragione di vita, e noi? Qual è la pas-sione in grado di farci sentire vivi in ogni fase della nostra esistenza? Qua-le bellezza vogliamo manifestare nel mondo, per poter dire alla fine: nulla è andato sprecato? In un dialogo intimo e travolgente con il nostro più grande poeta moderno, Alessandro D’Avenia porta a magnifico compimento l’espe-rienza di professore, la passione di lettore e la sensibilità di scrittore per accompagnarci in un viaggio esisten-ziale sorprendente.

Dalle inquietudini dell’adolescenza – l’età della speranza e dell’intensità, nei picchi di entusiasmo come negli abissi di tristezza – passiamo attraver-so le prove della maturità – il momento in cui le aspirazioni si scontrano con la realtà –, per approdare alla conquista della fedeltà a noi stessi, accettando debolezze e fragilità e imparando l’ar-te della riparazione della vita. Forse, è qui che si nasconde il segreto della felicità.