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24 Il Sole24Ore Spa - Via Carlo Pisacane, 1 - 20016 Pero (Milano) Gennaio / Febbraio 2012 - Anno 5 - Numero 42 Desertec: l’energia verde del Sahara è al nastro di partenza Il biogas in Italia vale 350 MW di potenza e può crescere ancora Le potenzialità dell’efficienza in edilizia secondo l’Energy Efficiency Report pag. 20 pag. 26 pag. 34 La cogenerazione cerca un ruolo da protagonista La produzione contemporanea di energia e calore apporta vantaggi economici e ambientali, eppure stenta a imporsi come pratica diffusa. Gli operatori si aspettano un contributo positivo dagli incentivi sui sistemi ad alto rendimento pag. 7

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Gennaio / Febbraio 2012 - Anno 5 - Numero 42

Desertec: l’energia verde del Sahara è al nastro di partenza

Il biogas in Italia vale 350 MW di potenza e può crescere ancora

Le potenzialità dell’efficienza in edilizia secondo l’Energy Efficiency Reportpag. 20 pag. 26 pag. 34

La cogenerazione cerca un ruolo da protagonista La produzione contemporanea di energia e calore apporta vantaggi economici e ambientali, eppure stenta a imporsi come pratica diffusa. Gli operatori si aspettano un contributo positivo dagli incentivi sui sistemi ad alto rendimento

pag. 7

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energia tradizionale

energia alternativa

Storia di copertina:

7 La cogenerazione italiana prova a ripartire dopo un triennio di crisi e incertezze normative

9 Cogena: nessuna rivalità con le rinnovabili, ma la ripartizione degli incentivi è squilibrata

11 Incentivi più sicuri, ma l’Agenzia delle dogane penalizza i piccoli impianti del settore civile

12 Cofely Italia: i benefici di cogenerazione e teleriscaldamento si possono sfruttare senza esborso

Focus

14 All’Italia l’energia costerà sempre più cara. Spenderemo oltre 65 miliardi di euro nel 2012

Tecnologie&Soluzioni

16 Un “esperanto” farà dialogare tra loro gli elettrodomestici della Smart home

Esperienze&Carriere

18 Optima cresce velocemente integrando telefonia, gas ed energia elettrica

Storia di copertina

20 Il sole del Sahara illuminerà l’Europa. Per Desertec il 2012 è l’anno della verità

22 Tre tecnologie si spartiranno la scena, tra punti di forza e debolezze

24 Per unire le due sponde del Mediterraneo ci saranno le autostrade dell’energia

25 Brevi da Energia24.com

Focus

26 Il biogas è in ascesa e la filiera ben organizzata. Il conflitto con il “food” non preoccupa più

27 In Lombardia un progetto punta allo sviluppo della filiera agroenergetica

Tecnologie&Soluzioni

29 Alla ricerca di efficienza e durata, il fotovoltaico organico gioca sulla flessibilità

Esperienze&Carriere

32 Il quarto Conto energia spinge Sedna Power a puntare sui giovani mercati esteri

3 Sommario 5 Energy map

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-to dei dati personali, presso il coordinamento

Economia&Finanza

45 Per tutelare gli investimenti è bene diversificare, anche geograficamente

Normativa

46

Formazione

48 Le nuove figure professionali che servono a imprese e Pa per sviluppare la sostenibilità

Agenda

49

ambiente sostenibile

Storia di copertina34 Il Piano d’azione sull’efficienza è troppo timido. Negli edifici italiani

35 Dove può arrivare il fotovoltaico sui tetti d’Italia

36 Produzione termica da rinnovabili, tutto dipenderà dagli incentivi

Focus38 La lotta al cambiamento climatico è entrata nell’agenda dei big dell’economia italiana

39 Tra pochi anni la sostenibilità d’impresa diventerà importante quanto il marketing

41 Conai: più leggeri e riciclati, così gli imballaggi fanno risparmiare energia e acqua

42 Le iniziative della Gdo in Lombardia

Esperienze&Carriere43 La regione francese di Nord-Pas de Calais attira investimenti per nuove ecoimprese

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MOBILITÀ ELETTRICALuogo: RomaTecnologia: progetto pilota di mobilità elettrica della durata di 18 mesiPotenziale: fornitura di un primo lotto di 40 veicoli modello Fiorino Cargo a trazione elettrica e successivi lotti a integrazione del parco veicoli commerciali di AceaStato progetto: in corso (primi 40 veicoli già operativi)Progetto sviluppato da Fiat e AceaNote: il memorandum d’intesa è stato firmato nel mese di gennaio e illustrato al sindaco della capitale, Gianni Alemanno, e al ministro dell’Ambiente, Corrado Clini

GASDOTTOLuogo: da Porto Botte (Ci) a Olbia fino a Piombino (Li)Tecnologia: tratto italiano del metanodotto che collegherà l’Algeria all’ItaliaPotenziale produttivo: l’opera avrà una capacità di 8 miliardi di metri cubi di gas l’anno. Il tratto Algeria-Sardegna sarà lungo 285 km; attraverserà poi l’Isola per 272 km, arrivando fino in Toscana con una condotta di 280 km Stato progetto: è stata ottenuta l’approvazione da parte della Conferenza dei serviziProgetto sviluppato da Galsi, società di studio composta da Sonatrach, Edison, Enel, Gruppo Hera e Regione Sardegna, attraverso la finanziaria SfrirsNote: una volta acquisite le intese Stato-Regioni, il ministero dello Sviluppo economico potrà rilasciare l’autorizzazione unica alla costruzione e all’esercizio

IMPIANTO A BIOMASSELuogo: Casei Gerola (Pv)Tecnologia: riconversione di ex zuccherificio in centrale a biomassePotenziale produttivo: con una potenza installata di circa 50 MW, l’impianto potrà utilizzare a fini energetici fino a 90.000 tonnellate di biomasse vegetali ogni annoStato progetto: accordo firmatoProgetto sviluppato da Regione Lombardia, Provincia di Pavia, Comune di Casei Gerola, Finbieticola, Confagricoltura, Cia e altre associazioniNote: la sostanza secca da utilizzare nella centrale proverrà dalle coltivazioni di sorgo del territorio circostante, con l’obiettivo di salvaguardare i posti di lavoro della zona e creare una filiera agroenergetica

IMPIANTO FOTOVOLTAICOLuogo: Trezzano sul Naviglio (Mi) e PiacenzaTecnologia: solare fotovoltaica e film sottile su coperture di stabilimenti produttiviPotenziale produttivo: un totale di 550 kW è stato installato sui tetti di cinque edifici industriali. L’energia elettrica prodotta è utilizzata dagli stabilimenti e l’eccesso venduto alla reteStato progetto: realizzatoProgetto sviluppato da Aba Impianti per FugasNote: in relazione alle differenti tipologie di tetto, sono state studiate coperture ad hoc: per esempio per l’edificio di Trezzano sul Naviglio è stato pensato un impianto da 51,84 kW con fissaggio moduli non vincolato alla forma del tetto, composto da shed contrapposti e arcate

IMPIANTO FOTOVOLTAICOLuogo: Nepi (Vt)Tecnologia: solare fotovoltaicaPotenziale produttivo: l’impianto, di potenza pari a 4,4 MW, fornirà energia elettrica sufficiente al fabbisogno di circa 1.800 famiglieStato progetto: realizzatoProgetto sviluppato da Siemens Italia per l’azienda committente Energia Spa. I pannelli solari sono stati forniti da TrinaNote: l’investimento complessivo è di circa 9 milioni di euro

Impianti e siti regione per regione Le novità segnalate da Energia24

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energia tradizionale

Tra l’Italia e la cogenerazione l’idillio

non è mai pienamente sbocciato,

causa problemi burocratici, carenze e

ritardi normativi e per una diffusa sotto-

valutazione delle potenzialità di questa

tecnologia. Oggi gli operatori del setto-

re sono alle prese con sentimenti con-

trastanti: da una parte la soddisfazione

per il varo delle norme sull’incentivazio-

ne della cogenerazione ad alto rendi-

mento e il rinnovo delle detrazioni fisca-

li del 55% e del 36%. Dall’altra la gene-

rale preoccupazione per la situazione di

un settore reduce da un triennio non

felice e che potrebbe pagare ulterior-

mente la nuova recessione ormai in at-

to. Di questi temi si è parlato nel corso

di un recente convegno organizzato da

Cogena, l’associazione italiana per la

promozione della cogenerazione. Il

comparto, ha spiegato il presidente di

Cogena, Sergio Dotti, ha vissuto una

fase positiva nel periodo 2002-2007,

uscendo dalla condizione di nicchia di

mercato. In questa fase gli operatori del

settore erano arrivati a vendere circa

250 impianti l’anno in ambito naziona-

le. Ma con il 2008 e l’inizio della crisi

economica mondiale, gli investimenti

COMPARTI

La cogenerazione italiana prova a ripartire dopo un triennio di crisi e incertezze normative Il settore, in termini di macchine vendute, è lontano dai livelli toccati nel 2007. Secondo gli operatori i vantaggi di questa tecnologia non sono ancora percepiti

delle industrie nel Chp (Combined heat

and power) sono praticamente crollati,

tanto che ormai - per effetto di una fles-

sione più contenuta - le macchine sono

soprattutto vendute nel settore civile.

«I dati finali del 2011 non faranno che

confermare lo stato di crisi - ha spiegato

Dotti -. Siamo in pratica tornati indietro

di dieci anni in termini di macchine ven-

dute: appena 150 l’anno». Ma soprat-

tutto, a differenza di quanto accaduto

per le fonti rinnovabili, la cogenerazio-

ne fatica a imporsi nell’immaginario

collettivo come soluzione capace di as-

sicurare vantaggi per la collettività. «Si

parla di questa tecnologia in convegni

ed eventi ormai da una vita - ha sintetiz-

zato il vice presidente di Cogena, Ro-

berto Loschi -. Eppure ancora oggi mol-

ti si chiedono se convenga o meno

adottarla». La risposta dell’associazione

di categoria, in realtà, non è così scon-

tata come si potrebbe pensare. Ossia: la

cogenerazione conviene ma soltanto se

sussistono certe condizioni. Dal mo-

mento che stiamo parlando di un siste-

ma ad alta efficienza nella conversione

di energia primaria in elettricità ed ener-

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storia di copertina

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1-2/201224

gia termica, è evidente che deve esserci

un fabbisogno di entrambe queste

componenti. Alla domanda di elettricità

deve insomma accompagnarsi una ri-

chiesta di energia termica, ovvero calo-

re o freddo. In particolare, secondo Lo-

schi, perché ci sia una reale convenienza

deve esserci una domanda di energia

termica per almeno 3.500 ore l’anno.

Se questa precondizione è rispettata - e

dopo un’accurata analisi della situazio-

ne della singola azienda - i tempi di ri-

torno dall’investimento possono aggi-

rarsi intorno ai quattro anni (tenendo

conto anche degli incentivi vigenti). In

caso contrario, il periodo di payback è

inevitabilmente destinato ad allungarsi.

Accanto ai vantaggi di tipo economico

ce ne sono altri a livello sociale: oltre,

naturalmente, al risparmio energetico,

la cogenerazione è in grado di assicura-

re la massima riduzione specifica di CO2

in relazione all’investimento. Per ogni

mille euro investiti, i sistemi Chp posso-

no evitare l’emissione di 600-1000 kg di

anidride carbonica l’anno, decisamente

più del solare termico (180-360 kg), ma

anche del fotovoltaico (200-580 kg).

Per il futuro, inoltre, non va sottovaluta-

to il contributo che la cogenerazione

potrebbe fornire alla stabilizzazione del-

la rete elettrica e allo sviluppo delle mo-

derne Smart grid. Innanzitutto, rispetto

alle fonti rinnovabili intermittenti (eoli-

co, solare), la generazione fornita dalle

soluzioni Chp può essere programmata.

Questo significa che un opportuno im-

piego delle macchine cogenerative in

una moderna rete elettrica integrata

può ridurre la necessità della costruzio-

ne di nuove centrali per compensare i

momenti di picco e, soprattutto, il ricor-

so a complessi e onerosi sistemi storage

(che a loro volta dovrebbero sopperire

ai momenti di bassa produzione delle

energie non programmabili).

Per il futuro, la speranza degli operato-

ri è che i nuovi incentivi sulla cogenera-

zione ad alto rendimento sortiscano

effetti positivi soprattutto sulla doman-

da del comparto industriale. Cogena,

comunque, ha salutato con soddisfa-

zione la proroga degli sgravi fiscali

sull’efficienza energetica e la riqualifi-

cazione edilizia, che potrebbero acce-

lerare gli investimenti nel settore civile:

«Con la proroga del 55% e soprattutto

con la nuova misura del 36% - ha os-

servato Carlo Belvedere, segretario ge-

nerale di Ascomac - assistiamo final-

mente a un’inversione di rotta a favore

della sostenibilità dell’edilizia urbana,

basata su alcuni pilastri fondanti: edifi-

ci antisismici ed energeticamente effi-

cienti e, con essa, alla valorizzazione

del ruolo anticongiunturale che da

sempre caratterizza l’edilizia, ruolo al

quale da oggi si ricomincia a fare ricor-

so. Nel superare la logica degli inter-

venti sul singolo componente sostituito

o installato, previsti dalla misura del

55% prorogata fino a tutto il 2012, il

Governo indica al Paese il futuro soste-

nibile, richiamando quanto previsto

dalle direttive europee, rinnovando e

potenziando a favore dell’edilizia la mi-

sura del 36%, stabilizzandola nel tem-

po ed estendendola anche a interventi

di ristrutturazione e a quelli conse-

guenti a calamità naturali».

G.T.

Numero di impianti cogenerativi venduti in Italia

Fonte: Cogena

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storia di copertina1-2/2012 24

Alla cogenerazione manca so-

prattutto un chiaro sostegno

normativo per compiere il definitivo

salto di qualità nel nostro Paese. Ne

è convinto Sergio Dotti, presidente

di Cogena.

Qual è la situazione della cogene-

razione nel nostro Paese in questo

momento?

In Italia soffriamo sicuramente di un

ritardo normativo, di recepimento

delle direttive europee. Paghiamo an-

che una situazione che vede ancora la

presenza di Enel come operatore do-

minate del mercato, che si mette di

traverso su tante scelte che potrebbe-

ro favorire la cogenerazione. D’altra

parte questo è un momento di grandi

novità: finalmente sono state appro-

vate - anche se era un atto dovuto -

le nuove normative sui sistemi Chp

ad alto rendimento. Il momento di

picco della cogenerazione si è però

raggiunto nel 2007, quando si è arri-

vati a un record di circa 250 macchine

installate, ma il trend degli anni suc-

cessivi è stato di discesa, perché l’in-

dustria nazionale ha completamente

fermato gli investimenti in questo

settore. Le ragioni principali di questo

declino sono costituite dalla mancan-

INTERVISTA

Cogena: nessuna rivalità con le rinnovabili ma la ripartizione degli incentivi è squilibrata Secondo il presidente dell’associazione di categoria, Sergio Dotti, gli investimenti in efficienza energetica del settore civile possono favorire la crescita della cogenerazione

za di credito da parte degli istituti

bancari ma, soprattutto, dall’incer-

tezza di prospettiva: la cogenerazio-

ne è un investimento che comporta

un payback medio di tre anni, un pe-

riodo temporale che attualmente è

giudicato dalla grande maggioranza

degli imprenditori come troppo lun-

go e dunque poco interessante.

Eppure, in questi ultimi anni, le

rinnovabili, fotovoltaico in parti-

colare, hanno conosciuto un vero

e proprio boom di investimenti.

Queste fonti sono in concorrenza

con la cogenerazione?

Io eviterei di parlare di concorrenza,

perché di fatto è un problema che

non esiste. In un sistema ben gover-

nato, a nostro modo di vedere, c’è

spazio per tutti, perché lo scopo, alla

fine, è quello di arrivare agli obiettivi

fissati dall’Unione europea. È vero,

però, che negli ultimi anni le rinnova-

bili hanno ottenuto una pioggia di

incentivi che probabilmente poteva-

no essere distribuiti meglio, anche se

è chiaro che il Legislatore aveva la ne-

cessità di far progredire queste tec-

nologie. Il problema è che oggi circa

il 60% degli incentivi cade sul 3%

della produzione elettrica. Si tratta di

una grande incongruenza, ma secon-

do me col tempo sarà in qualche mo-

do sanata.

Com’è il giudizio complessivo su-

gli incentivi per la cogenerazione

ad alto rendimento?

Io ritengo che il giudizio possa essere

tutto sommato positivo. Noi, comun-

que, abbiamo sempre sostenuto che

la cogenerazione, se ben studiata, in

realtà non ha necessità di incentivi

particolari, perché è capace di soste-

nersi da sola. Con questo nuovo de-

creto e con i Certificati bianchi c’è

ora un buon aiuto all’investimento e

Sergio Dotti, Cogena

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storia di copertina

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Gianluigi Torchiani

alla sua gestione. È vero però che, a

contorno di questo provvedimento,

mancano ancora diverse regolamen-

tazioni e semplificazioni che permet-

terebbero agli operatori di lavorare

senza la continua spada di Damocle

dell’incertezza normativa e degli iter

autorizzativi.

È dunque molto complicato instal-

lare un impianto cogenerativo?

In realtà no. Il vero problema è che in

Italia ogni provincia, ogni comune, ha

un suo modo di approcciare questo

tema. In buona sostanza, la velocità

del processo autorizzativo dipende

dalla competenza o meno dei funzio-

nari con cui si ha a che fare. Di fatto è

questa la vera complicazione. L’iter in

sé, per gli impianti di media e grande

taglia, è relativamente semplice. Di-

verso è invece il discorso per la micro-

cogenerazione, dove i tempi di attesa

rischiano di far diventare insostenibile

e poco interessante l’investimento.

Oltre all’industria, il settore civile

può rappresentare un’opportunità

per la cogenerazione?

Il dato di partenza su cui bisogna con-

centrarsi è che circa il 50% dell’ener-

gia viene consumato nel settore civile,

ovvero nel residenziale e nel terziario,

che è anche molto poco efficientato.

Mentre l’industria, infatti, per mante-

nere la sua competitività nei mercati

internazionali, ormai da molti anni ha

adottato numerose soluzioni per dimi-

nuire i propri consumi energetici e co-

sì i propri costi, il settore civile sta sco-

prendo soltanto adesso l’efficienza

energetica. E qui, purtroppo, oggi la

cogenerazione è penalizzata dal siste-

ma normativo che impedisce di distri-

buire l’energia elettrica all’interno, per

esempio, di un condominio (a diffe-

renza di quanto succede con il calore).

Il possibile sviluppo dei sistemi Chp nel

settore civile rischia di essere ulterior-

mente frenato da una recente nota del

ministero delle Finanze seguita al de-

creto sulla cogenerazione ad alto ren-

dimento (vedi box nella pagina a fian-

co): questa disposizione stabilisce che

in assetto cogenerativo la defiscalizza-

zione del combustile debba essere mi-

nore rispetto alla sola produzione di

energia elettrica. Si tratta di un prov-

vedimento che va contro ogni possibi-

le logica di efficienza energetica e che

andrà a incidere soprattutto sul setto-

re civile, dove il peso percentuale delle

accise è sicuramente superiore.

La cogenerazione italiana è dun-

que indietro rispetto alla media

europea?

Non vorrei fare la classica figura

dell’operatore che si lamenta sempre,

però è un dato di fatto che per tanti

motivi il mercato della cogenerazione

è ancora visto oggi soprattutto come

un fastidio, basti pensare alla questio-

ne delle Smart grid che, come noto,

devono essere realizzate soprattutto a

causa del tumultuoso sviluppo delle

fonti rinnovabili intermittenti, in pri-

mis del fotovoltaico. In questo senso

la cogenerazione, che è invece una

energia del tutto programmabile, per-

ché si può accendere e spegnere

quando si vuole, potrebbe sicuramen-

te giocare un ruolo decisivo nel fun-

zionamento delle reti di nuova gene-

razione. In Francia, per esempio, è in-

centivata la diffusione di impianti Chp

in autoproduzione perché, nel mo-

mento in cui il nucleare - che non è

modulabile - si trova in difficoltà di

produzione, il sistema energetico fa

entrare in servizio le centrali di coge-

nerazione, anche se la loro produzio-

ne non è necessaria per l’autoconsu-

mo. Tutto questo si potrebbe gestire

ancora meglio con le Smart grid ma, in

realtà, siamo ancora lontani dal varare

delle norme in tal senso in Italia.

Un recente studio di Amici della

terra ha messo in luce la scarsa ef-

ficienza della cogenerazione italia-

na. C’è del vero?

Si può ammettere che in alcuni casi, in

passato, non tutte le centrali cogene-

rative siano state pensate con la mas-

sima efficienza possibile, soprattutto

rispetto ai parametri attualmente in

vigore. In ogni caso, è evidente che se

non c’è risparmio energetico non ha

senso fare cogenerazione. Ma con il

nuovo decreto, che prevede un’effi-

cienza almeno del 75%, questo aspet-

to dovrebbe essere definitivamente

superato.

Temete che la nuova recessione in

atto possa influire sul settore?

Spero che in questa situazione di conti-

nua precarietà economica si capisca co-

me l’efficienza energetica sia una leva

fondamentale per aumentare la compe-

titività del Paese, perché capace di ridurre

le importazioni da fonti fossili. È evidente,

però, che ci vuole una politica chiara e

uniforme a sostegno del settore.

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storia di copertina1-2/2012 24

La cogenerazione italiana è stata interessata recente-

mente da tre provvedimenti normativi che sono desti-

nati a incidere significativamente sul funzionamento del

comparto. Si tratta del decreto ministeriale del 4 agosto

2011, che stabilisce le modalità di riconoscimento della

Cogenerazione ad alto rendimento (Car), del Dm del 5

settembre 2011 (nuovo regime di incentivazione della co-

generazione) e della nota delle Agenzie delle dogane n.

75649 del 6 settembre 2011, che ha modificato il regime

fiscale sul gas naturale impiegato per la cogenerazione.

Più nel dettaglio, come spiega un’analisi del Fire (Federa-

zione italiana per l’uso razionale dell’energia) i nuovi cri-

teri sulla Car risultano più restrittivi rispetto a quelli prece-

dentemente in vigore, in quanto privilegiano gli impianti

con rendimento di primo principio (rapporto fra energia

elettrica e termica prodotte e energia del combustibile)

elevato, superiore all’80% per gli impianti a ciclo combi-

nato e a condensazione e spillamento e al 75% per gli

altri tipi di cogeneratori. Nel caso in cui questa condizione

non sia raggiunta (segno di un recupero del calore insuf-

ficiente), solo una parte dell’energia elettrica prodotta è

considerata cogenerativa e partecipa alla valutazione del

risparmio di energia primaria e, dunque, agli incentivi. Per

quanto riguarda il vero e proprio regime incentivante, lo

scorso 5 settembre il ministero dello Sviluppo economico

ha stabilito come le nuove tariffe si basino sul sistema dei

Certificati bianchi, che vengono riconosciuti per un perio-

do di 10 anni per gli impianti di produzione e di 15 anni

per le installazioni abbinate al teleriscaldamento. Al valore

base del Certificato bianco è inoltre applicato un coeffi-

ciente, differenziato per cinque scaglioni di potenza, così

da tenere conto dei diversi rendimenti medi e delle poten-

zialità di sviluppo della piccola e media cogenerazione. La

gestione della misura è affidata al Gse, a cui gli operatori

si dovranno rivolgere per richiedere la qualificazione come

Car; successivamente - e questa è la vera novità rispetto al

passato - il Gestore riconoscerà annualmente un incenti-

vo corrispondente agli effettivi risparmi di energia prima-

ria conseguiti e misurati. Ma se questi primi due provvedi-

menti sembrano congegnati per favorire gli investimenti

nei sistemi Chp, il terzo, ovvero la nota dell’Agenzia delle

dogane in materia di fiscalità del combustibile, rischia di

comprometterne le potenzialità, soprattutto nel settore

civile. Il regolamento, sottolinea il Fire, modifica comple-

tamente le modalità di calcolo dell’accisa del gas impiega-

te da un ventennio a questa parte. La nuova procedura -

quella utilizzata in passato era basata sui consumi specifi-

ci (per il gas naturale il coefficiente era pari a 0,25 m3/

kWh) - calcola la percentuale di combustibile al quale vie-

ne riconosciuta l’accisa per uso di generazione elettrica

come il rapporto tra l’elettricità (misurata dal contatore

fiscale) e la somma dell’energia elettrica e termica prodot-

te dal cogeneratore (desunta da un misuratore di energia

termica che rispetti la direttiva Mid 2004/22/Ce, di cui si

richiede l’installazione). La restante parte di combustibile

è sottoposta all’accisa per usi civili o industriali in base al

settore di applicazione. Il risultato in termini economici,

non considerando il costo del misuratore (che per piccoli

impianti può anche essere significativo) è che per un co-

generatore alimentato a gas naturale possono esserci ex-

tra oneri nell’ordine dei 20-30 euro per MWh per gli usi

civili e dei 2-3 euro MWh per quelli industriali. Secondo il

Fire, gli impianti sottoposti ad accisa usi civili sul gas natu-

rale risultano pesantemente danneggiati dalle nuove re-

gole, che peraltro impattano su tutti i cogeneratori, com-

presi quelli già in funzione. G.T.

NORMATIVE

Incentivi più sicuri, ma l’Agenzia delle dogane penalizza i piccoli impianti del settore civile

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storia di copertina

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1-2/201224

Chi è Cofely

Cofely è una società di servizi che fa parte del “gigante” dell’energia Gdf Suez e che opera in vari settori (ambiente, comprendente tutti gli asset dei rifiuti e delle acque

industriali, prodotti petroliferi, produzione di energia). Nella veste di grande Esco (Energy service company) Cofely opera con il ramo Energy Services. La divisione da sola genera a livello globale 13,5 miliardi di euro di fatturato (2010) e occupa 76.000 dipendenti. Cofe-ly è presente in oltre 20 Paesi in tutto il mondo, in particolare in Europa, e in Italia dà lavo-ro a 2.400 dipendenti per un fatturato nel 2010 di oltre un miliardo di euro. Il filone di attività più tradizionale di Cofely è legato al settore definito come “gestione calore” (ser-vizi di riscaldamento e di climatizzazione, per clienti pubblici, industrie, Pmi e residenziali), cui si affianca l’attività di facility management e quella, più “a tema”, del Polo energia che, diversamente dalle altre, è centralizzata per via delle competenze necessarie, di tipo più specializzato. All’interno del Polo Energia Cofely si occupa di cogenerazione in ambito in-dustriale, avendo tra i clienti realtà di peso come Fiat, Michelin, Pirelli, Solvay e di teleri-scaldamento, con una decina di progetti operativi prevalentemente nel Nord Italia.

L’efficienza energetica è un tema estre-

mamente caldo, soprattutto in tempi,

come questi, che impongono una riduzio-

ne dei consumi per ragioni economiche

ancora prima che ambientali. Eppure il

temperamento delle imprese italiane su

questo fronte sembra tiepido. Perché? Al-

la base, secondo Agostino Albertazzi, di-

rettore aggiunto Polo Energia di Cofely

Italia, c’è soprattutto un problema cultura-

le: «L’investimento nell’efficienza energe-

tica - pensa il manager - non è ancora

percepito come un asset durevole sul qua-

le si può generare quella redditività che,

invece, si pensa possa derivare, per esem-

pio, da un impianto fotovoltaico. L’effi-

cienza energetica, inoltre, richiede compe-

tenze specifiche perché bisogna interveni-

re in genere con innovazioni tecnologiche

SUL CAMPO

I benefici di cogenerazione e teleriscaldamento si possono sfruttare senza esborsoIl freno delle industrie sugli investimenti non “core” e la mancanza di una corretta informazione rappresentano un ostacolo. Il quadro del settore tracciato da Cofely Italia

non banali. Il gap culturale alza una sorta

di barriera che impedisce un approccio

pratico, come invece è avvenuto in altri

contesti». Il mercato dell’efficienza ener-

getica in Europa (dai trasporti all’edilizia

all’industria), nell’anno 2010, è stato valu-

tato in circa 40 miliardi di euro, cifra che

potrebbe sfiorare i 70 miliardi l’anno nel

2020. Con quello che c’è ancora da fare,

e considerando queste cifre, si deducono

le enormi potenzialità di sviluppo che han-

no di fronte gli operatori e le opportunità,

ancora non sfruttate, da parte dei settori

energivori. In realtà, l’atteggiamento delle

nostre imprese, dell’industria in particola-

re, verso il tema dell’efficienza è a doppia

faccia. «Nelle grandi realtà come le multi-

nazionali la sensibilità è già presente e l’ap-

proccio è più facile - precisa Albertazzi -:

esiste il referente dell’energy manager ed

esistono i direttori di stabilimento, che nor-

malmente sono figure professionali di un

certo livello. Si ha di fronte un grado di

competenza elevato e si innesca in genere

un confronto dialettico positivo. Ma se

esiste la consapevolezza del “tema effi-

cienza”, c’è però il problema legato agli

investimenti: le industrie sono restie a in-

vestire nell’efficienza perché questa non

rappresenta il core business e può disto-

gliere risorse da dedicare a esso. È per que-

sto motivo che c’è propensione verso un

modello contrattuale come il nostro che

non prevede l’esborso diretto, consente

un miglioramento delle economie, grazie

al risparmio, e comporta il rinnovamento

di un parco impiantistico che, per quanto

riguarda la generazione di energia, nelle

nostre industrie è spesso obsoleto».

Agostino Albertazzi, Cofely

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storia di copertina1-2/2012 24

Maria Andreetta

Nel vasto puzzle di cui si compone l’effi-

cienza energetica, la cogenerazione in

ambito industriale è un tassello impor-

tante. Si tratta di un mercato dove la

concorrenza è abbastanza ridotta, quan-

to a numero di operatori, perché sono

questi ultimi che generalmente si fanno

carico degli ingenti investimenti necessa-

ri e, per poterlo fare, bisogna avere le

“spalle larghe”. «L’investimento che ab-

biamo effettuato per Michelin nel 2004,

con l’impianto entrato in funzione nel

2008, è costato circa 40 milioni di euro.

Si tratta di cifre accessibili se si fa parte di

un grande gruppo». Tramite opportune

macchine come le turbine a gas, la coge-

nerazione produce energia elettrica con

le caratteristiche qualitative (tensione e

corrente) richieste dal cliente ed energia

termica sotto forma di vapore o acqua

calda, che sono erogati all’utente in fun-

zione delle sue esigenze. Le forme con-

trattuali proposte da Cofely prevedono,

oltre alla realizzazione degli impianti e

all’accollo degli investimenti, la loro ge-

stione che normalmente dura una quin-

dicina d’anni. Un’applicazione particola-

re della cogenerazione è rappresentata

dal teleriscaldamento, che permette di

unire l’utilizzo dell’energia termica per le

reti di teleriscaldamento con l’energia

elettrica, che può essere consumata sul

posto oppure commercializzata sul mer-

cato elettrico. Esistono incentivi specifici,

come i Certificati bianchi, se gli impianti

sono riconosciuti come Car (Cogenera-

zione ad alto rendimento). Cofely opera

sul territorio italiano con impianti di tele-

riscaldamento in diverse città, prevalen-

temente al Nord, e su questo settore c’è

una forte intenzione di investire ulterior-

mente. Perché, anche in questo caso, c’è

ancora molto da fare. «Abbiamo casi

d’eccellenza come Brescia o Torino - ha

ricordato Albertazzi -, ma in generale

non c’è una grande diffusione. Eppure

sotto il profilo economico e ambientale il

teleriscaldamento comporta vantaggi

innegabili. Intanto perché dove arriva

vengono eliminate centrali obsolete ali-

mentate da oli combustibili. Il teleriscal-

damento spegne i punti locali di produ-

zione di energia, trasportando solo l’ac-

qua calda: si centralizzano la produzione

e utilizzando equipaggiamenti termodi-

namici più moderni ed efficienti, le emis-

sioni si abbassano e, tra l’altro, sono

molto più facilmente monitorabili rispet-

to alla presenza di una pletora di impian-

ti distribuiti». Inoltre, né ai cittadini, né ai

Comuni viene richiesto un esborso finan-

ziario: il Comune, spiega Albertazzi, si

limita ad autorizzare l’impianto e sotto-

scrive con il fornitore una convenzione

con una serie di condizioni relative, per

esempio, al rifacimento di manti stradali.

In genere i Comuni richiedeno che gli

stabili di proprietà abbiano un allaccia-

mento agevolato alla rete, mentre per i

cittadini “l’adesione” al collegamento è

libera come per un qualsiasi servizio sul

mercato. «Ci prendiamo il rischio im-

prenditoriale e, con un approccio demo-

cratico, forniamo alla popolazione

un’opportunità in più: economica e am-

bientalmente sostenibile». Ma allora per-

ché il teleriscadamento non si è già diffu-

so capillarmente? Manca, secondo il

manager, una corretta sensibilizzazione

che evidenzi i vantaggi riscontrati dove

esso già esiste. Uno degli ostacoli alla sua

diffusione, non a caso, è la sindrome

Nimby (Not in my back yard) che grava

sulle centrali, fatto che rende titubanti le

amministrazioni locali. Poi, c’è il proble-

ma dell’individuazione dell’area su cui

allocare la centrale, che deve avere deter-

minati requisiti. Infine vi sono alcune cri-

ticità tecniche relative alla tipologia

dell’edificio: la presenza di caldaie auto-

nome, per esempio, impedisce di sfrutta-

re la presenza di un collettore comune.

A Fossano 23.000 abitanti usano il teleriscaldamento

Cofely gestisce 160 reti di teleriscaldamento in Europa e ha realizzato una decina di centrali in Italia, ali-mentate a gas naturale, con motori endotermici o turbine a gas (Biella, Fossano, in provincia di Cuneo,

Crema, Saluzzo, Racconigi e Torino i luoghi più importanti), cui se ne aggiungono alcune alimentate a biomas-se (a Sellero e Collio di Val Trompia, in provincia di Brescia, e a Sedrina, in provincia di Bergamo). In partico-lare, a Fossano l’impianto di teleriscaldamento in cogenerazione (realizzato da Cofely in collaborazione con Egea, Ente gestione energia e ambiente) è operativo dal dicembre del 2007. La centrale (nella foto) produce energia elettrica e termica utilizzate nel ciclo produttivo dello stabilimento Michelin (con taglio dichiarato delle emissioni di CO2 del 56%), ed energia termica che alimenta un impianto di teleriscaldamento al servizio del Comune. L’impianto fornisce calore a 23.000 abitanti - in pratica l’intera popolazione - ha una potenza di 45 MW termici e di 5,3 MW elettrici e la rete di teleriscaldamento è lunga 19 km. È stato quantificato un risparmio di oltre il 10% in bolletta per le famiglie coinvolte e una riduzione complessiva di emissioni di CO2 di 7.000 tonnellate l’anno. Nel 2011 il Comune di Fossano ha otte-nuto il Premio Cofely per l’Efficienza energetica e ambientale dedicato alla Pubblica amministrazione.

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focus

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1-2/201224

La bolletta energetica italiana sarà

sempre più salata. L’ultimo precon-

suntivo dell’Unione petrolifera (relativo al

2011) è stato chiaro in proposito. Nel

2012, infatti, il nostro Paese dovrà sbor-

sare dai 33 ai 43 miliardi di euro per la sua

bolletta petrolifera, supponendo che il

prezzo del greggio rimanga intorno ai

110 dollari al barile. La fattura energetica

complessiva, invece, dovrebbe oltrepas-

sare i 65 miliardi di euro. Già i numeri del

2011 hanno segnato un’impennata:

l’esborso per i prodotti petroliferi è stato

il più cospicuo che si ricordi in epoca re-

cente, con quasi 35 miliardi di euro (6,5

miliardi in più del 2010), superiore anche

al picco del 2008 quando il greggio era

balzato a 140 dollari al barile. Discorso

analogo per la fattura energetica: 61,9

miliardi, quasi nove in più in confronto

all’anno precedente, nonostante il calo

della domanda interna. Questa cifra equi-

vale al 3,9% del Pil nazionale, il valore più

elevato dell’ultimo ventennio.

Il preconsuntivo ha stimato in poco più di

178 milioni di Tep (tonnellate equivalenti

di petrolio) i consumi energetici italiani del

2011, con un calo dell’1,7% rispetto al

2010 e tornando, così, sui livelli della fine

degli anni 90. La domanda di gas è dimi-

nuita del 5%, mentre quella di petrolio

ha visto una riduzione più contenuta

(-1,8%), con 1,3 milioni di tonnellate in

meno in confronto all’anno precedente;

la sua quota nel mix energetico comples-

sivo era del 39,8%, in discesa di oltre die-

ci punti percentuali dal 2000 a oggi.

Per quanto riguarda i carburanti per au-

totrazione, la domanda totale di benzina

e gasolio ha registrato una flessione ab-

bastanza contenuta (-1,4%) nel raffronto

con l’anno precedente. I consumi di ben-

zina, però, sono crollati per la prima volta

dal 1995 sotto i dieci milioni di tonnellate,

(-6% sul 2010), mentre quelli di gasolio

sono rimasti a galla con un modesto

+0,4% a circa 25 milioni di tonnellate.

DATI

All’Italia l’energia costerà sempre più cara Spenderemo oltre 65 miliardi di euro nel 2012Questa la stima del preconsuntivo 2011 dell’Unione petrolifera. Lo scorso anno il Paese ha sborsato quasi nove miliardi in più del 2010 nonostante i minori consumi

L’Unione petrolifera ha puntato il dito

contro il continuo aggravarsi della pres-

sione fiscale (Iva e accise) nel 2011, arri-

vata a pesare per il 59% sulla benzina e il

53% sul gasolio. Ecco perché i prezzi alla

pompa sono cresciuti più dei prezzi indu-

striali. L’aumento complessivo della tas-

sazione è stato di 18,2 centesimi di euro

al litro per la benzina e 21,8 per il gasolio.

E il 2012 è iniziato nel peggiore dei modi,

con aumenti fino a otto centesimi di euro

al litro in tantissime zone della Penisola,

determinati dalle nuove addizionali regio-

nali. Il 2011 ha visto anche un consistente

aumento del costo del greggio importa-

La stima della fattura energetica italiana nel 2011

Fonte: preconsuntivo 2011 Unione petrolifera

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focus1-2/2012 24

Luca Re

to: +39% rispetto allo scorso anno, atte-

standosi sui 110 dollari al barile. La rivalu-

tazione dell’euro sul dollaro (+5,2%) ha

compensato solo parzialmente tale incre-

mento. Secondo l’Unione petrolifera, le

quotazioni internazionali del greggio so-

no cresciute costantemente, nonostante

il rallentamento dell’economia mondiale,

a causa soprattutto della crisi nordafrica-

na che ha colpito il mercato, creando de-

gli scompensi tra domanda e offerta.

Così, rispetto a un’oscillazione di 65-85

dollari al barile nel 2010, i prezzi si sono

rincorsi nella finestra dei 100-120 dollari

al barile nel 2011, con picchi di 130.

L’analisi dell’Unione petrolifera, infine, si

è concentrata sulla crisi della raffinazione

europea. Il calo dei consumi petroliferi nei

Paesi occidentali a vantaggio di quelli

emergenti e la costruzione di nuove raffi-

nerie in Asia, prive di vincoli ambientali e

quindi più competitive di quelle europee,

sono le cause di una “crisi sistemica mol-

to grave”. C’è un eccesso di capacità pro-

duttiva per le raffinerie del Vecchio conti-

nente. Nel biennio 2009-2010, ricorda

l’Up, l’Europa ha chiuso impianti per 29

milioni di tonnellate di capacità, mentre

l’Asia ne ha realizzati di nuovi per oltre 69

milioni di tonnellate. Per l’Italia si stima un

eccesso pari a venti milioni di tonnellate,

che dovrebbe portare alla chiusura di

quattro o cinque stabilimenti.

Gli ultimi aumenti sulla tassazione dei carburanti

* Fondo unico per lo spettacolo

Le nuove addizionali regionali

Fonte: preconsuntivo 2011 Unione petrolifera

Aumenti nella tassazione (accisa + Iva) della BENZINA nel 2011 (ecent/litro)

Nuova accisa 0,7042

Nuova accisa 0,5932

6 dicSALVA ITALIA

> IVA +4,2> IVA +4,8

> ACCISE +14

18,2 21,8> ACCISE +17

6 dicSALVA ITALIA

1 novEMERGENZA ALLUVIONE

1 novEMERGENZA ALLUVIONE

17 setAUMENTO IVA AL 21%

17 setAUMENTO IVA AL 21%

1 lugFINANZIAMENTO FUS* 2°

1 lugFINANZIAMENTO FUS* 2°

28 giuEMERGENZA IMMIGRATI

28 giuEMERGENZA IMMIGRATI

6 aprFINANZIAMENTO FUS* 1°

6 aprFINANZIAMENTO FUS* 1°

Accisa fino al 5 aprile 0,5640

Accisa fino al 5 aprile 0,4230

Aumenti nella tassazione (accisa + Iva) del GASOLIO nel 2011 (ecent/litro)

9,9 13,6

1,11,1

1,3 1,20,2 0,2

4,8 4,8

0,9 0,9

Fonte: preconsuntivo 2011 Unione petrolifera

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tecnologie&soluzioni

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1-2/201224

Anche le abitazioni vogliono diven-

tare più Smart per consumare

meno energia, in particolare elettricità,

che è quella che offre le maggiori pos-

sibilità di risparmio. Ma un’abitazione

Smart può significare anche nuovi ser-

vizi all’utente: controllo remoto degli

apparecchi oppure servizi innovativi

come la telemedicina.

Quattro aziende (Electrolux, Enel, Inde-

sit e Telecom Italia) hanno fiutato l’af-

fare e hanno lanciato un progetto,

battezzato Energy@home. A esse si è

affiancata Freescale come partner tec-

nologico. «Nel progetto Energy@home

abbiamo cominciato a lavorare per di-

segnare una infrastruttura domestica,

chiamata Home Automation Network

o Han, che permetterà la connessione

e il controllo di sensori, attuatori ed

elettrodomestici con l’obiettivo di ri-

durre i consumi energetici - ci ha spie-

gato Claudio Borean, responsabile per

Telecom Italia delle attività di ricerca

del progetto Smart grid at home -. In

pratica, abbiamo messo a punto un

protocollo di comunicazione che ga-

rantisce un linguaggio comune, e quin-

di l’interoperabilità, tra gli elettrodo-

mestici che potranno scambiare infor-

mazioni con il contatore intelligente di

Enel per decidere quando mettersi in

moto, secondo la volontà dell’utente.

L’esistenza di uno standard garantisce

l’interoperabilità non solo tra gli elet-

trodomestici di Indesit ed Electrolux,

ma anche tra quelli di tutti gli altri pro-

duttori che vorranno conformarsi».

INFRASTRUTTURE

Un “esperanto” farà dialogare tra loro gli elettrodomestici della Smart homeLa riduzione dei consumi domestici passa dal controllo di tutto ciò che utilizza energia. Electrolux, Enel, Indesit e Telecom stanno pensando a una rete dedicata

Il passo successivo, ha aggiunto Bore-

an, è stato decidere la tecnologia con

cui realizzare la rete. La scelta è caduta

su ZigBee, un protocollo che permette-

rà a Freescale di progettare transceiver

semplici ed economici che Indesit ed

Electrolux installeranno su tutti i loro

elettrodomestici di prossima genera-

zione, e su un gateway che Telecom

inserirà nei propri modem Adsl e che

sarà il cuore delle reti Han. Il gateway,

oltre a ZigBee, supporterà anche Wifi e

Ethernet per permettere il collegamen-

to a Internet. Gli apparecchi preesi-

stenti, non “Smart”, o quelli molto

semplici (ventilatori, piccoli elettrodo-

mestici, scaldabagno elettrici) verreb-

bero collegati a prese intelligenti in

grado di rilevare il consumo istantaneo

Dopo Wifi e Bluetooth nelle nostre case sta per arrivare ZigBee

Per realizzare il cuore del progetto Energy@home, la Home Auto-mation Network, i quattro partner Electrolux, Enel, Indesit e

Telecom Italia hanno scelto il protocollo ZigBee. Vista la diffusione di protocolli alternativi come Wifi o Bluetooth, c’era proprio bisogno di utilizzarne uno nuovo? Lo abbiamo chiesto a Gianfranco Carda-mone, industrial technical sales manager Emea di Freescale, la so-cietà che dovrà fornire l’hardware necessario. «Tutti noi abbiamo familiarità con Wifi e con Bluetooth - ammette Cardamone -. Ma la componente hardware, ossia i transceiver necessari, è piuttosto co-stosa. ZigBee, invece, è ideale per la sensoristica, perché la sua banda, anche se più stretta, è più che sufficiente per trasmettere

questo tipo di segnali. Inoltre i transceiver costano uno o due dolla-ri, perciò possono essere installati anche sugli apparecchi più eco-nomici senza incidere sul loro prezzo di vendita. Un’altra caratteri-stica importante è che ZigBee utilizza la frequenza di 2,4 GHz che è liberalizzata in tutto il mondo e permette trasmissioni a grandi di-stanze. Il potenziale difetto di non superare gli ostacoli è stato ov-viato con la creazione di un sistema di comunicazione non punto a punto ma a rete: utilizzando tutti i transceiver della rete domestica come nodi si può estendere la copertura a un intero palazzo. Ultimo vantaggio il consumo molto basso, che comporta una durata fino a tre anni e mezzo delle pile dei device non alimentati». L.B.

IT

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tecnologie&soluzioni1-2/2012 24

Luciano Barelli

e di comunicarlo al controllore centra-

le. Con tutti gli apparecchi in rete che

comunicano i loro consumi istantanei,

si realizza il primo livello di controllo,

ossia si mette l’utente in grado di ren-

dersi conto di cosa sta consumando e

perciò di scegliere un programma di

lavaggio invece che un altro, o una da-

ta fascia oraria piuttosto che un’altra.

Per realizzare la seconda fase, quella di

automazione delle operazioni, ci dovrà

essere un ulteriore coinvolgimento dei

produttori di elettrodomestici, che do-

vranno modificare i controllori per ren-

dere accessibili le varie fasi elementari

dei cicli, in modo da farle partire o ar-

restare secondo la logica di controllo

stabilita in funzione anche delle infor-

mazioni provenienti dalla rete domesti-

ca. «Quando ci sono più elettrodome-

stici in funzione e la potenza assorbita

supera quella di contratto bisogna spe-

gnere qualche apparecchio. Ma per far

ciò - ha spiegato Borean - bisogna sa-

pere quali sono i cicli che si possono

interrompere senza danno e su quali di

questi è più opportuno agire. In altre

parole, la logica di funzionamento di

un elettrodomestico Smart è molto più

complicata di quelle tradizionali».

Avere tutti gli elettrodomestici in rete

locale, a sua volta collegata a Internet,

apre la porta a nuovi servizi come il mo-

nitoraggio del funzionamento degli

apparecchi da parte di un centro di ma-

nutenzione, per intervenire immediata-

mente in caso di guasti e con tutte le

informazioni e i pezzi di ricambio ne-

cessari, o addirittura per cercare di pre-

venirli rilevando periodicamente lo sta-

to di usura dei componenti critici.

Questo è un esempio di quei servizi a

valore aggiunto che potrebbero essere

offerti agli utenti, ed è proprio questa

prospettiva che interessa Telecom: «In

una Smart house ci potranno essere

moltissimi servizi a valore aggiunto e si

potrebbe perciò creare un nuovo mer-

cato a cui Telecom Italia è molto inte-

ressata - ha commentato Borean -. Tra

i più promettenti c’è la telemedicina,

un servizio che è piuttosto costoso e

complicato da realizzare partendo da

zero. Se però nell’abitazione esiste già

una Han, allora tutto si semplifica e si

fa più economico».

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esperienze&carriere

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1-2/201224

Chiara Scalco

Optima Italia nasce a Napoli nel 1999

grazie all’idea, partorita in uno

scantinato, dei due cugini Alessio Matro-

ne e Danilo Caruso: «Abbiamo studiato i

vari mercati, soprattutto quelli Oltreocea-

no - spiega Alessio Matrone, attuale am-

ministratore delegato -, iniziando come

Utility nelle telecomunicazioni per cresce-

re velocemente poiché il mercato era già

liberalizzato». In pochi anni Optima è di-

ventata una multiutility nazionale per te-

lefonia, elettricità e gas. Fin dall’inizio

strutturata per offrire servizi alle aziende,

dal 2012 si aprirà anche verso il mercato

consumer. La compagnia segue da vicino

i clienti, pianificando fin da subito i con-

sumi per tagliare le spese in bolletta e

definire un piano ad hoc. L’offerta, infatti,

è un pacchetto integrato studiato di volta

in volta. Il successo è arrivato in poco tem-

po con fatturato in continua crescita: nel

2010 Optima è passata da 29 a 59 milioni

di euro, nel 2011 ha raggiunto circa 83

milioni di euro e prevede per il 2012 la

cifra di 120 milioni. Uno sviluppo repenti-

no, anche dal punto di vista occupaziona-

le: i dipendenti sono, infatti, circa 250,

con un’età media di 25-26 anni. La rete di

vendita è tutta interna e riceve corsi di

formazione e aggiornamento continui:

sono 150 i commerciali sul territorio na-

zionale e 25 sono dedicati ai top client.

«La percentuale di performance su ap-

puntamento supera il 30%: ben oltre la

media del settore, attestata intorno al

15%» precisa Alessio Matrone. In un

mercato libero a volte molto confuso,

l’operatore ha deciso di favorire la ridu-

zione dei costi per i propri clienti: «Unen-

do tre commodity fondamentali in un

unico servizio - spiega Alessio Matrone -

puntiamo al massimo risparmio. In questo

momento in Italia non esiste sul mercato

nessuna Utility che copra tutti e tre i beni,

mentre noi siamo riusciti a integrarli, faci-

litando la lettura da parte del cliente delle

proprie spese». La difficoltà maggiore del

consumatore, infatti, secondo Matrone,

è capire tutte le voci contenute nella bol-

letta. «Per quanto riguarda la componen-

te “energia” la fattura indica una spesa

del 50-60%, mentre il resto è relativo ad

accise e tasse spesso incomprensibili - af-

ferma Matrone -: anche se l’Autorità per

l’energia chiede chiarezza e parametri

dettagliati, spesso e volentieri in bolletta

si trovano alcune voci di lettura immedia-

ta e tanti altri dettagli sconosciuti. Il con-

sumatore, poi, desidera approfittare del

mercato libero senza riuscire a sintetizza-

re i costi effettivi: questo causa un fre-

quente passaggio verso operatori più cari.

C’è poca tutela del cliente, insomma, e

noi proviamo a colmare questa distanza».

L’approccio “friendly” si può toccare con

mano anche all’interno dell’azienda, do-

ve è stato creato un ambiente in cui il la-

voratore è messo nelle condizioni di pro-

durre meglio. «Abbiamo cercato di creare

un’azienda in cui si sta bene, perseguen-

do il benessere per tutti - spiega Alessio

Matrone -: nella nostra sede sono presen-

ti aree relax con chaise longue e musica

new age, una palestra con sauna, una

piccola biblioteca, una sala in cui si può

giocare a calcio balilla, un bar diverso dal-

le fredde mense aziendali che riscuote

successo anche per aperitivi e ritrovi tra

colleghi». Optima ha acquisito per queste

ragioni la nomea di “Google del Meridio-

ne”, in cui il miglioramento della produt-

tività passa attraverso le relazioni umane

e il benessere delle persone.

Danilo Caruso e Alessio Matrone (presidente e Ad di Optima Italia)

MULTIUTILITY

Optima cresce velocemente integrando telefonia, gas ed energia elettricaCome Google, ha impostato un modello aziendale per il benessere dei lavoratori: piscina, palestra, biblioteca e aree relax aumentano la produttività

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energia alternativaSTORIA DI COPERTINA

Il sole del Sahara illuminerà l’Europa Per Desertec il 2012 è l’anno della veritàL’iniziativa industriale nata in Germania nel 2009 è già operativa. La prima centrale solare da 150 MW sarà costruita in Marocco con 600 milioni di euro

Il 2012 è l’anno di Desertec. L’anno

in cui saranno create le principali

condizioni politiche, giuridiche, eco-

nomiche, normative e tecnologiche

per la realizzazione del grande piano

energetico in grado di sfruttare le po-

tenzialità delle aree desertiche.

Fondato nel 2009 a Monaco di Bavie-

ra, Dii, acronimo di Desertec Indu-

strial Initiative, è un consorzio inter-

nazionale composto da circa 60

aziende e organizzazioni che hanno

sede in 16 Paesi. Tra le principali ci

sono la fondazione non profit Deser-

tec Foundation, l’Istituto di ricerca

Fraunhofer e il Max Planck. Per l’Italia

si sono unite al consorzio Enel Green

Power, Terna e Unicredit. Questa

grande organizzazione si sta occu-

pando di portare avanti la visione De-

sertec, secondo la quale è possibile

un approvvigionamento energetico

sostenibile di elettricità per tutte le

aree del mondo che abbiano accesso

al potenziale dei deserti. In particola-

re, la Dii vuole realizzare progetti le-

gati a Desertec nella regione Eumena

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che copre l’Europa, il Medio Oriente

e il Nord Africa. L’iniziativa mira a

sfruttare l’energia solare ed eolica dei

deserti su grandi superfici, generan-

do elettricità in grado di sostituire

pienamente i combustibili fossili e il

nucleare.

Sono tre gli obiettivi principali che Dii

si è posta per preparare l’avvio dei

progetti: prima di tutto creare un cli-

ma attrattivo per gli investimenti, co-

minciare alcuni progetti selezionati di

riferimento per dimostrare la fattibili-

tà e ridurre i costi e, a lungo termine,

sviluppare un piano di attuazione che

copra il periodo di tempo fino al

2050. Per tale data, Dii si è posta un

traguardo davvero ambizioso: coprire

una parte considerevole, con obiettivi

che raggiungono il 100%, del fabbi-

sogno di energia dei Paesi Mena (Me-

dio Oriente e Nord Africa) e soddisfa-

re fino al 15% della domanda di ener-

gia degli Stati europei attraverso la

produzione elettrica dai deserti. Per

giungere a tale visione, la Desertec

Foundation ha presentato un piano

basato su studi del Centro di ricerca

aeronautica e spaziale tedesco (Dlr):

sarebbero 400 i miliardi di euro ne-

cessari per raggiungere l’obiettivo. La

cifra corrisponde alla stima grezza to-

tale degli investimenti per le centrali

e le linee di trasmissione ad alta ten-

sione a corrente continua indispensa-

bili nel 2050 per coprire il 15% del

fabbisogno di energia europeo dai

deserti. Ovviamente è uno scenario

che non può essere trasferito intera-

mente nella realtà, poiché i progetti

saranno portati avanti in molte fasi e

in Paesi differenti in collaborazione

con Governi, gestori di reti e attori

diversi a seconda delle esigenze del

mercato.

Il primo progetto in Marocco

Intanto il primo passo è definito: nel

2012 sorgerà infatti in Marocco la pri-

ma centrale solare del programma.

L’impianto avrà una potenza di 150

MW e si baserà sulla tecnologia solare

termodinamica che utilizza specchi

parabolici in grado di concentrare i

raggi luminosi su un fluido termovet-

tore. L’investimento di questo primo

impianto è pari a circa 600 milioni di

Il potenziale di energia solare ed eolica nei deserti del Nord Africa e Medio Oriente

Posizione ideale delle centrali solari (Csp, Pv)

Posizione ideale delle centrali eoliche

Posizione ideale delle reti di trasmissione ai mercati locali ed europei

Fonte: Dii-Eumena

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euro. Le ragioni per cui è stato scelto

proprio il Marocco per il primo im-

pianto di Desertec sono principalmen-

te legate alle reti: questo Stato, infat-

ti, possiede già un buon collegamento

con l’Europa attraverso due cavi sot-

tomarini con capacità complessiva di

1.400 MW. Il Governo marocchino,

inoltre, ha annunciato un piano sola-

re di grande portata: l’obiettivo è rag-

giungere una potenza installata di

2.000 MW entro in 2020. A tal pro-

posito è stato istituito il Masen, l’ente

statale per l’energia solare che ha ap-

punto indetto la gara d’appalto per la

costruzione della prima centrale sola-

re che sarà situata, secondo le prime

analisi, nella zona di Ourzazate.

Benefici per gli Stati Mena

Entro il 2050 la popolazione dei terri-

tori a Sud del Mediterraneo aumente-

rà considerevolmente, arrivando se-

condo le stime a superare quella Eu-

ropea. La Desertec initiative ha anche

lo scopo di coprire il fabbisogno di

energia di questi Paesi, contribuendo

alla loro stabilità politica ed economi-

ca. Molti di essi, infatti, dispongono

di combustibili fossili, mentre altri di-

pendono dall’importazione di ener-

gia. L’idea di Desertec è quella di con-

ferire maggiore sicurezza agli approv-

vigionamenti attraverso la produzione

di energia sostenibile, sviluppare in-

dustrie locali, creando posti di lavoro

e trasferendo il know how necessario

per il replicarsi di tali azioni. Di prima-

ria importanza sarà lo sviluppo di

un’infrastruttura per l’energia dura-

tura e innovativa, ma soprattutto so-

stenibile e capace di garantire auto-

sufficienza in vista dell’esaurimento

delle fonti fossili. I Paesi Mena espor-

teranno l’energia prodotta verso l’Eu-

Tre tecnologie si spartiranno la scena, tra punti di forza e debolezze

Le aree desertiche sono fonti inesauribili di risorse. Il sole e il vento non mancano mai. Ma la generazione di energia deve anche affrontare alcune problematiche come le tempeste di sabbia, la scarsità di acqua e le alte temperature. Dii ha deciso di concen-trare le proprie forze sulla produzione elet-trica attraverso tre tecnologie: Csp (solare a concentrazione), fotovoltaica ed eolica. Mentre la Csp è ancora una tecnologia gio-vane e deve affrontare le problematiche relative ai costi tuttora elevati, la produzio-ne eolica ha raggiunto già oggi costi com-petitivi insieme a quella fotovoltaica, la quale ha trovato stabilità senza bisogno di incentivi in aree del mondo particolarmente soleggiate. Durante l’ultima Dii Desert Ener-gy Conference, tenutasi a Il Cairo lo scorso novembre, sono stati illustrati i vantaggi e

le problematiche da superare per ognuna di queste tre tecnologie. Le turbine eoliche sono in funzione nei deserti da oltre 25 anni e sono ormai costruite per far fronte a pro-blemi legati a sabbia, cal do, insetti e abra-sioni. Come esempio si possono prendere i 2 GW di turbine eoliche Siemens operanti nei deserti della California a temperature che raggiungono i 50°; anche se la produ-zione eolica è fluttuante, è altamente pre-vedibile, a differenza per esempio dell’irra-diazione solare che è più stabile, ma dipen-dente dal movimento delle nuvole difficile da pronosticare. In altri deserti del mondo ci sono impianti fotovoltaici e la scala dei pro-getti è in continuo aumento, fino a 500 MW. Per ragionare sulle applicazioni nella regione Mena è stato preso come esempio un impianto da 10 MW installato a Masdar

City. Con inverter Sma funzionanti fino a temperature di 50°, l’impianto può gestire senza problemi venti forti, sabbia o polvere. La tecnologia Csp può contare molto sulle risorse delle aree Mena, avendo acquisito 25 anni di esperienza operativa nel deserto californiano. A Kuraymat, in Egitto, è già in funzione un impianto con grandi potenzia-lità. Il passaggio dalla fase di raffreddamen-to a umido a quella di raffreddamento a secco sarà il punto cruciale per lo sviluppo pieno di questa tecnologia nella regione. Lo sporco inoltre è da tenere maggiormente sotto controllo rispetto al Pv, dunque gli impianti Csp comportano lavaggi più rego-lari. La scarsità d’acqua nei territori Mena può essere affrontata attraverso un approc-cio integrato di Csp in combinazione con la desalinizzazione. C.S.

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Chiara Scalco

ropa e la collaborazione tra queste

due aree del mondo migliorerà, por-

tando crescita economica grazie alla

diversificazione degli investimenti.

Non ultimo l’obiettivo di riduzione

delle emissioni di CO2.

Sistema e interessi condivisi

Quello che colpisce del progetto Deser-

tec, oltre alle sue ambizioni, è la pre-

senza all’interno del consorzio di attori

diversi e di competitor che sono riusciti

a fare sistema e trovare interessi condi-

visi da perseguire con serietà. «Fondata

da 12 tra le compagnie più importanti

della Germania e dalla Desertec

Foundation, l’iniziativa sta crescendo

ed è diventata un’imponente aggrega-

zione di realtà eterogenee provenienti

da Paesi con economie anche diverse

- spiega Cornelius Matthes, director

business alliances di Dii -. La reputazio-

ne, il peso e la credibilità che tutti i

partner combinano rendono Dii un’ini-

ziativa industriale unica e molto poten-

te. Tutte le compagnie condividono

l’obiettivo comune di realizzare la visio-

ne Desertec sviluppando i progetti su

larga scala e creando una situazione

vantaggiosa per tutti i soggetti coinvol-

ti». In qualità di iniziativa industriale,

Dii assume dunque un ruolo di apripi-

sta, cercando di introdurre nel sistema

processi di sviluppo. Si deve ricordare

che Dii non effettuerà investimenti pro-

pri, né farà da committente o gestore

delle centrali: concentrerà, invece, l’at-

tenzione sulla creazione delle condizio-

ni ideali per favorire investitori pubblici

e privati nei parchi solari ed eolici, non-

ché nelle reti interconnesse.

I Paesi nordafricani, tuttavia, stanno

attraversando cambiamenti di gover-

no e rivoluzioni importanti (il caso

della Libia è il più eclatante). Il consor-

zio Dii si è detto più volte convinto

che tali processi di democratizzazione

faranno crescere nella popolazione

voglia di indipendenza, anche ener-

getica: gli impianti per la produzione

elettrica rinnovabile conferiranno più

sicurezza negli approvvigionamenti,

offrendo opportunità di lavoro e au-

mento del know how locale, ma so-

prattutto stabilità almeno dal punto

di vista energetico.

Incremento delle energie rinnovabili nell’area Mena Roadmap verso un mercato autosufficiente

Capacità installata di energie rinnovabili in Mena (GW)

Fasi

Esportazione verso l’Europa

Prelievo locale

0OGGI

100

Primi progetti di riferimento

Incremento Crescita di mercato guidata

2011-2020

2020 – 2035

Dal 2035

Forte attenzione per i progetti di riferimento

nel mix energetico di Eu e Mena

Fonte: elaborazione Energia24 su dati Dii-Eumena

Fonte: elaborazione Energia24 su dati Dii-Eumena

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Pensare alle fonti rinnovabili sen-

za una rete elettrica di nuova ge-

nerazione è come costruire un moto-

re senza le ruote: la potenza sarà

tanta, ma impossibile da sfruttare.

Così anche Desertec dovrà fare i con-

ti con le infrastrutture. Come tra-

sportare in Europa l’energia prodotta

con il fotovoltaico e l’eolico nei de-

serti africani?

Bisognerà collegare le sponde oppo-

ste del Mediterraneo con linee elet-

triche abbastanza capienti da assor-

bire e distribuire tutti i GWh genera-

ti dai futuri impianti alimentati dal

sole e dal vento. È lo stesso problema

che affligge altri maxi progetti nel

campo delle fonti alternative. Basti

ricordare i parchi eolici offshore nel

Mare del Nord, che dovranno unirsi

in una “Smart grid” (rete intelligen-

te) capace di convogliare l’elettricità

verso la terraferma, nelle città e nelle

industrie.

Che arrivi dal deserto o dal mare,

quindi, l’energia rinnovabile rischia

d’intopparsi nel collo di bottiglia del-

le reti. Rispetto all’eolico offshore in

Europa, Desertec avrà maggiori diffi-

coltà da affrontare. Ci sono più Paesi

da coinvolgere in un piano unitario:

INFRASTRUTTURE

Per unire le due sponde del Mediterraneo ci saranno le autostrade dell’energiaCostituita Metso, la nuova associazione tra gli operatori elettrici di dodici Paesi europei, africani e del Medio Oriente, per collegare i deserti al Vecchio continente

non solo quelli del Vecchio continen-

te, ma anche quelli dell’Africa set-

tentrionale e del Medio Oriente. Si

sta iniziando a discutere di “auto-

strade dell’energia” attraverso il Me-

diterraneo, delle linee sottomarine

che permetteranno all’Europa d’im-

portare l’elettricità verde provenien-

te da aree geografiche molto distan-

ti. È nata su questi presupposti la

nuova associazione che riunisce i ge-

stori delle reti elettriche di dodici Na-

zioni: Italia, Francia, Spagna, Maroc-

co, Grecia, Albania, Bosnia-Erzegovi-

na, Giordania, Portogallo, Slovenia,

Tunisia e Algeria.

Sarà l’operatore italiano Terna a gui-

dare l’iniziativa battezzata con l’acro-

nimo Metso (Mediterranean tran-

smission system operators), insieme

Il Piano solare mediterraneo

Che la produzione e la distribuzione dell’energia rinnovabile siano due facce della stes-sa medaglia, è evidente anche nell’altro progetto, oltre a Desertec, che interessa

l’Europa e l’area Mena (l’acronimo che identifica i Paesi del Medio Oriente e dell’Africa settentrionale). È il Piano solare mediterraneo, lanciato nel novembre 2008 dall’Unione per il Mediterraneo che si era creata in precedenza a Parigi su iniziativa francese. L’obiet-tivo è installare 20 GW di potenza nelle tecnologie alternative entro il 2020, di cui cinque GW destinati alla generazione di elettricità per il mercato europeo. Ma per unire il Nord e il Sud del bacino, occorre investire almeno sei miliardi di euro (su 38-46 in totale) nelle infrastrutture di trasporto, stando alle stime del consorzio Medgrid. Ora esiste un solo “ponte” elettrico tra Europa e Africa, con una capacità pari a 1,4 GW, che passa nello stretto di Gibilterra. Troppo poco per i futuri scambi energetici. Recentemente, Medgrid ha siglato un’intesa con Desertec, con il beneplacito dell’Unione europea, per rafforzare la cooperazione tra questi due programmi industriali privati. Dal 2010, Medgrid raggruppa venti partner e punta sulla realizzazione di nuovi elettrodotti sottomarini tra le due sponde del Mediterraneo. È la prima pietra di un’alleanza tra Germania e Francia sulle rinnovabili nei deserti africani? Secondo un comunicato di Medgrid, i due consorzi si completano l’uno con l’altro. Produzione, trasporto e vendita dell’energia eolica e solare saranno i terreni di questa collaborazione, studiando la fattibilità tecnica, economica e politica dei vari impian-ti. La Smart grid del Mediterraneo è uno dei sei progetti prioritari nella strategia energetica di Bruxelles, che intende variare il mix degli approvvigionamenti, non solo nel campo delle rinnovabili, ma anche in quello delle fonti tradizionali come il gas.

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Luca Re

alla tunisina Steg e l’algerina Sonel-

gaz. Terna e i suoi partner vorrebbe-

ro accogliere nel progetto anche

Croazia, Cipro, Egitto, Israele, Liba-

no, Libia, Malta, Montenegro, Siria e

Turchia, allargando il più possibile le

maglie della futura smart grid del

Mediterraneo. Si cercherà di creare

un quadro omogeneo di norme e re-

gole tecniche tra i diversi operatori,

facilitando così gli investimenti e la

concorrenza nel settore energetico.

Metso, inoltre, dovrà collaborare con

l’associazione delle autorità che re-

golano i mercati elettrici e del gas nel

Mediterraneo (Medreg, cui aderisce

anche l’Italia con l’Aeeg).

Allargando ancora l’orizzonte, sarà

necessario un coordinamento con

l’Entso-E, l’associazione degli opera-

tori elettrici su scala europea. La po-

sta in gioco è enorme, perché si trat-

ta di realizzare delle reti sempre più

integrate, in grado di dialogare tra

loro scambiando energia e informa-

zioni. Si torna così al concetto di

“smart”. Nessun gestore dovrà viag-

giare per conto proprio. Servirà

un’interdipendenza totale: i pannelli

solari del Marocco, per esempio, pro-

durranno elettricità per il mercato

interno marocchino e per l’esporta-

zione in Europa sulle autostrade

energetiche, con tariffe e servizi di-

versi, ma con la stessa base tecnolo-

gica di partenza.

È un traguardo ambizioso. Da un

punto di vista finanziario, innanzitut-

to. Per investire nelle rinnovabili e

nelle infrastrutture ci vogliono stabi-

lità politica e chiarezza di norme,

messe a dura prova dalle turbolenze

economiche e sociali che hanno scos-

so diverse zone dell’Africa e del Me-

dio Oriente. Poi c’è il nodo tecnolo-

gico. Già l’Ewea (European wind

energy association, la lobby europea

dell’eolico offshore) ha evidenziato

che lo sviluppo del suo settore è in-

certo, perché nei prossimi anni la

produzione di cavi sottomarini, per

collegare gli impianti, sarà inferiore

alla domanda. Anche l’industria, al-

lora, deve scommettere con più deci-

sione sul futuro delle reti.

Gli elettrodotti da realizzare tra Europa e Nord Africa

impianti di produzione locale

linee di trasporto

Fonte: Medgrid

Vestas in crisi annuncia tagli

Vestas Wind Systems, il maggiore produttore globale di turbine, ha annunciato il licenziamen-to di 2.335 dipendenti, pari a circa il 10% della forza lavoro, nell’ambito del piano di ristruttu-razione che comprenderà anche un rimpasto manageriale e l’esternalizzazione di alcune at-tività del Gruppo. Se i legislatori americani non prolungheranno le sovvenzioni sulla produzio-ne, potrebbe licenziare altre 1.600 persone negli Usa. Vestas ha corretto al ribasso i target iniziali sui risultati 2011 ben due volte, abban-donando gli ambiziosi obiettivi previsti per il 2015. Nel terzo trimestre 2011 il Gruppo ha accusato perdite nette per 60 milioni di euro.

Enea: ricerca sulle celle a combustibile

L’Enea guiderà il programma di ricerca euro-peo sulle celle a combustibile. L’agenzia nazio-nale specializzata nell’energia, inoltre, avrà un ruolo di primo piano anche nei progetti sullo stoccaggio di elettricità, sul solare a concen-trazione e sulle “Smart cities” (città intelligen-ti grazie a nuove tecnologie per l’efficienza energetica). Queste attività sono state affidate all’Enea nelle scorse settimane dall’European energy research alliance (Eera), il gruppo che riunisce oltre duemila ricercatori di 150 orga-nizzazioni europee. Lo scopo è concentrare e coordinare le risorse nel settore di ricerca e sviluppo, puntando al mix di tecnologie fissato dal Set Plan della Commissione europea.

Eolico da 99 MW per Enel in Cile

Enel Green Power, attraverso la controllata Enel Chile, ha ottenuto il permesso di costruire un parco eolico di 33 turbine, per una potenza totale installata pari a 99 MW. La società ave-va partecipato a una gara pubblica per una concessione di circa 2.600 ettari nel distretto di Taltal. L’impianto potrà generare 329 milio-ni di kWh l’anno di energia elettrica, equiva-lenti ai consumi di circa 170.000 famiglie. Secondo Cristian Herrera, direttore generale di Egp in Cile, la concessione «è volta a consoli-dare la crescita della società nel Paese». Il Governo sudamericano sta promuovendo una strategia energetica sempre più fondata sulle fonti alternative.

In breve.com

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focus

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Ci sono grandi aspettative tra gli

attori della filiera del biogas

italiano: i decreti attuativi del decre-

to legislativo n.28 del 3 marzo 2011,

capo II, in materia di “Regimi di so-

stegno per la produzione di energia

elettrica da fonti rinnovabili” porte-

ranno forse alcuni cambiamenti nel

metodo di incentivazione.

L’art.24 comma h del decreto 28, a

tal proposito recita: “Per il biogas

l’incentivo è finalizzato a promuove-

re: l’uso efficiente di rifiuti e sotto-

prodotti, di biogas da reflui zootec-

nici o da sottoprodotti delle attività

agricole, agroalimentari, agroindu-

striali; la realizzazione di impianti

AGROENERGIA

Il biogas è in ascesa e la filiera ben organizzata Il conflitto con il “food” non preoccupa piùIl punto del Consorzio italiano biogas e gassificazione sul contesto italiano ed europeo. 350 MW di potenza installata nel nostro territorio a fine 2011

operanti in cogenerazione; la realiz-

zazione e l’esercizio, da parte di im-

prenditori agricoli, di impianti ali-

mentati da biomasse e biogas asser-

viti alle attività agricole, in particola-

re di micro e minicogenerazione

(...)”.

Negli ultimi anni sono aumentati in

modo considerevole gli impianti a

biogas sul territorio italiano, con

una forte prevalenza nelle regioni

settentrionali. Sulla base dei dati

forniti dal Cib (Consorzio italiano

biogas e gassificazione) nel 2011 si

è arrivati a circa 350 MW di poten-

za installata, per un numero di oltre

520 impianti.

Secondo un’analisi del Crpa (Centro

ricerche produzioni animali) condotta

sul 64% degli impianti censiti e relati-

va alla tipologia di alimentazione, il

57,9% di essi utilizza effluenti zootec-

Potenza elettrica da biogas installata (MW)

Fonte: Cib

L’impianto realizzato da Fri-El Biogas a Torviscosa (Ud), di potenza elettrica pari a 1 MW

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focus 241-2/2012

L’agroenergia in Lombardia è una filiera molto attiva. Gabriele

Boccasile della direzione generale Agricoltura della Regione Lombar-dia, in occasione di Enersolar 2011 ha riportato alcuni dati relativi al contesto regionale: a fine 2011 gli impianti attivi a biogas agricolo era-no 140, nei prossimi mesi ne entre-ranno in funzione altri 130 e un centinaio sono quelli in fase di au-torizzazione. La taglia degli impian-ti in proporzione relativa è in calo: si stanno sviluppando via via sempre più i piccoli impianti con potenza compresa tra 250 e 100 kW. «In Lombardia dobbiamo cercare di go-vernare il grande problema della produzione di effluenti agro zoo-tecnici - afferma Boccasile -. Con-cretamente i numeri parlano da soli: abbiamo circa quattro milioni e mezzo di suini e oltre un milione di bovini. Una soluzione ottimale è proprio quella di utilizzare i reflui per produrre energia. La caratteri-stica forse più importante dell’agro-energia è quella di poter produrre elettricità e calore in modo conti-nuativo, arrivando fino a 8.600 ore l’anno. La Regione Lombardia ha

deciso di sfruttare tale potenzialità e diverse aziende agricole del terri-torio si stanno impegnando anche per ridurre l’impatto ambientale: recuperano fertilizzante sotto for-ma di solfato di ammonio, riducono i volumi e riutilizzano le acque». Anche Legambiente si dimostra d’accordo con lo sviluppo sostenibi-le della filiera. «Ci sono le basi con-crete, le tecnologie e le aziende pronte per passare dalla pratica del biogas a quella del biometano - ha confermato Teresa Borgonovo dell’associazione ambientalista -: speriamo che si possa immettere il biometano nella rete come già suc-cede in diversi Paesi. Un primo tra-guardo sarà quello di avere almeno un impianto di biometano in Italia per erogare calore a servizio dell’area fieristica dell’Expo 2015».Molto importante per il futuro della filiera lombarda è il programma re-gionale di ricerca in campo agricolo iniziato il 1 aprile 2011 (fine stimata 31 marzo 2013), proposto dall’Uni-versità degli studi di Milano (sezione Chimica-agraria), in collaborazione con il dipartimento di Economia e Politica agraria, Confagricoltura

Lombardia e Federazione regionale Coldiretti di Lombardia.L’obiettivo del progetto è quello di formulare scenari economici ed eco-nomico-ambientali sull’impatto della diffusione della filiera per la produ-zione di biogas alimentati a biomasse di origine agricola, attraverso un’ana-lisi costi-benefici orientata a indivi-duare strategie sostenibili per la pro-grammazione politica regionale. Il fine ultimo è riuscire a favorire l’inte-grazione dell’attività agroenergetica in un contesto di conservazione delle peculiarità agricole della Regione. «Il progetto vede la stretta collaborazio-ne dei partner e di Regione Lombar-dia Dgr Agricoltura nel reperimento dei dati di “pieno campo” - spiega Fabrizio Adani, responsabile scienti-fico del progetto -. Infatti solo l’accu-rata raccolta di informazioni come il numero di impianti di biogas, la tipo-logia, l’ubicazione e il tipo di alimen-tazione consentirà la creazione di una banca dati aderente alla realtà, permettendo poi di sviluppare mo-delli economici ed economico-am-bientali, base per riflessioni future e punto di partenza per politiche agro-energetiche regionali».

In Lombardia un progetto punta allo sviluppo della filiera agroenergetica

nici più sottoprodotti e colture, il 29%

si basa solo su effluenti zootecnici e il

13,1% esclusivamente su colture e

sottoprodotti. «Per produrre cibo ab-

biamo di fatto molta più superficie di

qualche anno fa - afferma Viller Boi-

celli, direttore del Cib -: non c’è più,

dunque, quella conflittualità tra attivi-

tà food e fuel che preoccupava l’opi-

nione pubblica. Il potenziale del bio-

gas è da valorizzare molto più di quan-

to è stato ipotizzato nei Nreap (Natio-

nal renewable energy action plan). I

piani nazionali per le rinnovabili, infat-

ti, sottostimano il reale sviluppo di

questa fonte energetica, soprattutto

alla luce del fatto che le potenzialità

del biogas nei trasporti non sono an-

cora state “scoperte”. Inoltre, utiliz-

ziamo ancora troppo poco il calore dei

processi, mentre dovremmo recupe-

rarlo proficuamente».

I ragionamenti del Consorzio italiano

biogas si basano su alcuni aspetti fon-

damentali: quella del biogas è l’unica

filiera che utilizza prevalentemente

biomasse (sottoprodotti e colture de-

dicate) prodotte dalle aziende agrico-

le italiane e che vede anche una forte

presenza dell’industria italiana nelle

tecnologie; la forte ricaduta in termini

occupazionali, poi, è uno dei punti più

importanti a sostegno della filiera

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focus

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1-2/201224

Chiara Scalco

agroenergetica. Secondo il Cib tale

filiera è efficiente nell’uso del suolo

agricolo ed è in grado di utilizzare non

solo biomasse vegetali, ma anche ef-

fluenti zootecnici, sottoprodotti agri-

coli e agroindustriali. Inoltre è possibi-

le riutilizzare il digestato, diminuendo

in modo drastico l’uso di concimi di

sintesi per i campi agricoli italiani. Dal

punto di vista dell’energia prodotta, il

biogas è flessibile nell’uso finale e può

essere utilizzato nei luoghi di produ-

zione grazie a motori cogenerativi in

grado di generare energia elettrica e

termica; il biometano raffinato può

essere immesso nella rete del gas e

utilizzato in luoghi e momenti diversi

sia attraverso sistemi cogenerativi ad

alto rendimento per scuole, ospedali,

centri sportivi per esempio, sia con

l’ausilio di pompe di calore in utenze

domestiche, sia nel settore dell’auto-

trazione alimentando veicoli a gas

metano. Anche estendendo il discor-

so dal contesto italiano al territorio

europeo, si nota un trend positivo. La

produzione di biogas in Europa nel

2009 è stata di 8.346 kTep, equiva-

Numero degli impianti a biogas presenti in Italia

Il confronto tra biocarburanti per distanza percorsa con un ettaro di superficie coltivata

Fonte: Cib

Fonte: Cib

lenti a circa 98 TWh (fonte Eba, Euro-

pean biogas association, della quale

fa parte come socio fondatore anche

il Cib). Entrando nel dettaglio, l’esem-

pio forse più virtuoso è rappresentato

dalla Germania che a fine 2011 ha

raggiunto la cifra di 6.800 impianti

distribuiti sul territorio (stima dell’As-

sociazione Biogas tedesca): «Attraver-

so il biogas proveniente da matrici

agricole, la Germania produce ener-

gia pari a due centrali nucleari» affer-

ma Boicelli. Per quanto riguarda alcu-

ni Paesi classici del biogas, secondo i

dati Eba (relativi agli anni 2009 e

2010), l’Austria conta un totale di cir-

ca 600 impianti per 1.870 GWh annui

di energia prodotta; la Danimarca 167

impianti per una produzione annua di

1.165 GWh e 12 impianti in fase di

costruzione; la Svezia 227 impianti

per un totale di 1.359.000 MWh an-

nui. In altri Paesi, poi, si è verificato un

vero e proprio boom del biogas: in

Repubblica Ceca, per esempio, si è

arrivati in poco tempo a un totale di

circa 264 impianti per 1.510 GWh an-

nui. L’Ungheria, il Regno Unito e la

Francia sono infine pronti a partire

per uno sviluppo importante. Per la

realizzazione degli impianti e di una

solida filiera, però, soprattutto in Pa-

esi con alto potenziale, serve l’elimi-

nazione degli ostacoli amministrativi,

l’accesso più facile e meno caro alle

finanze e una tariffa adeguata con

una valorizzazione migliore del calo-

re. Queste le necessità secondo l’Eba,

che si sta già impegnando portando

avanti i lavori nell’ambito del progetto

Fp7 BiogasIn.

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29

tecnologie&soluzioni1-2/2012 24

Proviamo ad approfondire un nuo-

vo tipo di tecnologia, in grado di

convertire i raggi del sole in energia

elettrica: si tratta del fotovoltaico or-

ganico, detto anche di terza genera-

zione, che si basa su materiali appun-

to organici a base di carbonio. Non si

utilizza più il silicio, dunque, e ciò ha

diverse implicazioni importanti: «Pri-

ma di tutto si abbassano i costi sui

materiali - afferma Michele Muccini,

responsabile del Cnr-Ismn Bologna -:

tali soluzioni, infatti, sono di origine

sintetica, quindi si possono costruire

in laboratorio. Dal punto di vista del-

la manifattura, inoltre, le tecniche

per realizzarli sono a basso costo. In

pratica, per capire meglio la loro co-

struzione, potremmo immaginare un

rullo che deposita gli strati generan-

do il dispositivo. I moduli ottenuti

sono flessibili, adattabili e modifica-

bili nella forma». Alcune caratteristi-

che del fotovoltaico di terza genera-

zione potrebbero essere considerate

simili a quelle della tecnologia a film

sottile, ma le soluzioni organiche so-

no semitrasparenti, colorate e inte-

grabili in edifici ma soprattutto in

vetri: «Questa caratteristica - com-

menta Muccini - apre una prospetti-

va diversa rispetto alle nostre abitu-

dini attuali e potrebbe generare nuo-

vi mercati che ancora oggi non ci

sono, proprio per la struttura leggera

e portatile, essenziale nelle situazioni

in cui il peso della soluzione è deter-

minante per la sicurezza e buona ri-

uscita dell’opera».

La tecnologia attualmente è in fase

di test, ma si sta spostando dal labo-

ratorio alla prova in impianti pilota.

Negli ultimi due anni sono stati fatti

passi da gigante e si possono trovare

SPERIMENTAZIONI

Alla ricerca di efficienza e durata il fotovoltaico organico gioca sulla flessibilitàI costi di realizzazione sono contenuti perché il processo è semplice e non utilizza silicio, ma materiali di origine sintetica creati in laboratorio

già in commercio alcuni prodotti

contenenti fotovoltaico organico:

«Sono un esempio le borse, i tessuti

o i materiali elettronici in cui sono

foto-integrate le celle solari» spiega

Muccini.

I risultati di efficienza certificati si ag-

girano su numeri bassi, compresi tra

l’8,5 e il 10%, c’è chi parla anche di

percentuali vicine al 12%, ma questo

non è l’unico parametro da conside-

rare. Il tempo di vita dei moduli orga-

nici è altresì fondamentale: «Attual-

mente non abbiamo ancora raggiun-

to grandi cifre - conferma Muccini -:

il fotovoltaico di terza generazione

dura in media tre-cinque anni ed è

per questo che le applicazioni già in

commercio non sono quelle classi-

che, ma accessori o elettronica por-

tatile per cui cinque anni di vita sono

più che sufficienti per godere del

prodotto. Dobbiamo comunque pun-

tare a tempi di vita più lunghi, intor-

no ai 20-25 anni. Le soluzioni già ci

sono, ma i costi aumentano. E d’altra

parte si rischia di perdere la caratte-

ristica che forse distingue maggior-

mente questa tecnologia, ovvero la

flessibilità. Le problematiche princi-

pali, dunque, sono legate all’aumen-

to dell’efficienza e della durata, ma

Energia con argilla e mirtilli

Cyanine, start up dell’Università degli studi di Torino, ha creato una tecnologia fotovoltaica che utilizza i mirtilli e l’argilla al posto del silicio per generare energia elettrica. Si basa su una pasta di biossido di titanio nanometrico impregnata con un colorante organico sigillato tra due vetri colorati. I pannelli prodotti possono presentare tre colori: azzurro e verde chiaro se il materiale è ottenuto dai mirtilli, oppure giallo se viene utilizzata l’argilla. Il rendimento stimato è di circa 40 watt/mq con luce solare e 25 watt/mq con luce diffusa.

i studi di Torino, ha creato una tecnologigggggg a gilla al popopopopopop sststststoo dedeell l sisisiililililili icicicicicioo oo pepepepepepepp r r generaree ee eee eeeeeeennneeneeneeneneeergrggrgrgrgrggrgrgrr iiiaiaiaai sido o oo ooo o dddididddddididi ttt t tititititanananioio nnanannoommo etetriricococoo ii immpmmmpmmmm reereereerregngngngngngnggnnnaatatatataatatattattaaaaatta aaaaa coc n e eeeee vevevveevevvveetrtrttriii cococololooooooraraaararrarrattitittittit . IIII I papapapapapannelllililli p p pprroroorrororoooooodododododododoodoododd tttttttttttttttttttttttiiiiii popopoossssssonnno oooo oochiaro ssesesesese i iilll l mamamamammateteteteteteriririala e èèè è è ototttteteeeteteetet nnnuunuttotto dddddd d dddddaiaiaiaaiaaiaaii mmmiririrtititit llllii, la. Il reeeeeendndnddddimimmiiimennnenntotototoo s timammamaaattototto èèè è è dd dd ddiiii i ccicicccircrcrca 4440000 wwww atataaa tt/ucecececeee dd d difffufuf saaa.

continua a pagina 31

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tecnologie&soluzioni

30

1-2/201224

La tecnologia vista da vicino

Entriamo nel dettaglio e cerchiamo di comprendere

meglio le caratteristiche e le potenzialità del fotovoltaico

di terza generazione.

Il fotovoltaico organico e ibrido di terza generazione: di cosa si trattaDi questa classificazione fanno parte le celle organiche

polimeriche, le celle organiche di tipo small molecules,

le celle sensibilizzate a colorante a giunzione liquida e

le celle sensibilizzate a colorante a giunzione solida.

Le celle sensibilizzate a colorante (Dssc, dye-sensitised

solar cells) sono celle fotoelettrochimiche e vengono

definite celle a giunzione liquida (o ibrida). Esse

rappresentano un’alternativa interessante e promettente

rispetto alle celle tradizionali sia per il campo di

applicazione, sia per i bassi costi promessi. Infatti i costi

di produzione sono generalmente bassi (si mira a 0.3 €/

Wp circa) e così l’energy payback time (vicino ai sei

mesi). Inoltre è possibile ottenere celle trasparenti e con

colorazioni diverse, o utilizzarle anche in condizioni di

luce diffusa e in ambienti chiusi (per esempio in casa e

negli uffici). L’angolo di incidenza della luce ha minore

importanza rispetto a quella che ha per le classiche celle

al silicio e questo permette di utilizzarle anche in pareti

verticali e come finestre fotovoltaiche. Infine possono

essere realizzate su supporti rigidi o flessibili con una

riduzione sensibile del peso del pannello.

In cosa consiste la tecnologia di GraetzelLa prima cella sensibilizzata a colorante fu messa a

punto nel 1991 e dal suo inventore prende il nome di

cella di Graetzel. Il funzionamento alla base di questa

cella richiama la fotosintesi clorofilliana e si parla quindi

(anche se un po’ impropriamente) di “fotosintesi

artificiale”. Infatti il cuore della cella è costituito da un

monostrato di sensibilizzatore (il dye) che ha il compito

di raccogliere la luce e di trasmettere l’elettrone al

semiconduttore (in natura il compito di raccogliere la

luce è affidato a un pigmento come la clorofilla).

Il dispositivo è sostanzialmente un sandwich di due

elettrodi trasparenti di vetro conduttivo (TCO),

peresempio ITO (Indium Tin Oxide, SnO2 drogato con

In) o FTO (Fluoro Tin Oxide, SnO2 drogato con F),

cortocircuitati tra loro. Sull’elettrodo principale è

depositato uno strato mesoporoso (6-20 μm di spessore)

di TiO2 nanostrutturato (10-30 nm) in forma anatasio,

a elevata area superficiale, sul quale è adsorbito il

monostrato di sensibilizzatore colorato. A chiudere la

cella foto elettrochimica ci pensa una opportuna coppia

redox (iodio/ioduro) sciolta in un elettrolita. La novità

apportata da questi dispositivi nel campo del fotovoltaico

risiede nella separazione del processo di assorbimento

della luce dalla funzione di separazione delle cariche. Il

processo di assorbimento della radiazione luminosa è

svolto da un monostrato di colorante sensibilizzatore

chemisorbito alla superficie di un ossido semiconduttore

ad ampio band-gap, principalmente la titania (TiO2) in

forma anatase. In pratica, l’uso combinato della titania

e del colorante, al posto di un unico materiale come il

silicio, permette di suddividere i ruoli di assorbimento

della radiazione e trasporto elettronico.

Lo stadio di sviluppoA livello di ricerca di laboratorio, le efficienze si attestano

intorno al 12% utilizzando come sensibilizzatori

complessi di rutenio oppure zinco porfirine o ancora

miscele di coloranti completamente organici. Molti

sensibilizzatori presentano inoltre stabilità in cella

superiori ai vent’anni.

Varie società (Solaronix, Dyesol, Sony, Sharp, Fujikura,

l’Istituto Fraunhofer di Freiburg eccetera) hanno inizia-

to un percorso di industrializzazione della tecnologia

Dsc (nel 2010 si è svolta la quarta conferenza interna-

Coloranti sensibilizzatori e celle realizzate in laboratorio di ricerca

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31

tecnologie&soluzioni1-2/2012 24

dobbiamo essere coerenti con costi

controllati e contenuti euro/watt».

È da considerare, però, che l’energy

payback time (il tempo di ritorno

dell’energia utilizzata per fabbricare

una tecnologia) per il fotovoltaico di

terza generazione è più breve, dun-

que il bilancio energetico del pro-

dotto risulta positivo. Quando, infi-

ne, i moduli sono a fine vita, le alter-

native sono due: o si dismette o si

riutilizza. Il riciclo può essere fatto

per tutta la struttura costruita, il

supporto, tutto ciò che sta intorno,

compresi i contatti metallici. Attra-

verso un processo termico a media

temperatura, poi, si può facilmente

eliminare la componente organica

senza generare nessuna emissione in

atmosfera. I componenti utilizzati

non sono nocivi, a differenza per

esempio del cadmio presente nella

tecnologia a film sottile.

Chiara Scalco

zionale sull’industrializzazione). Ovviamente, quando si

passa dalle celle su scala di laboratorio ai moduli e ai

pannelli le problematiche ingegneristiche diventano

particolarmente rilevanti (interconnessioni, sigillamento

delle celle eccetera) e proprio a questo livello si sta gio-

cando la partita più importante; chi per primo riuscirà a

risolvere queste problematiche (che sono pochissimo

dibattute nella letteratura scientifica) sarà in grado di

portare finalmente sul mercato un prodotto che attual-

mente non esiste.

Potenzialità e svantaggiQueste celle, seppur fino a oggi abbiano mostrato

efficienze di conversione inferiori ai tradizionali sistemi

basati sulle celle al silicio policristallino (ma sicuramente

competitive rispetto al silicio amorfo), hanno il vantaggio

di presentare costi di produzione decisamente inferiori

a quelli dei dispositivi tradizionali. Le caratteristiche di

trasparenza, controllo dei colori e adattamento

architettonico, rendono le celle e i moduli Dsc ideali per

l’utilizzo nelle facciate di vetro, attività che rientra

nell’ambito dell’integrazione architettonica del

fotovoltaico (Bipv). Inoltre, le Dsc si comportano bene

in condizioni di scarsa intensità luminosa e in presenza

di illuminazione diffusa. Per questo motivo alcune

società, tra cui Sony e Sharp, ipotizzano un prevalente

utilizzo “indoor” di questa tecnologia.

Gli esempi in fase di test o di commercializzazioneNegli ultimi anni, lo studio e la costruzione di Dsc non

si sono limitati alla ricerca universitaria, ma hanno

portato alla nascita di aziende come la Dyesol in

Austrialia, la Solaronix in Svizzera o la gallese G24i

(Cardiff) che progettano, realizzano e commercializzano

sistemi fotovoltaici basati su Dsc.

Anche in Italia ci sono realtà molto promettenti, basta

pensare al consorzio Dyepower, che nasce dalla

collaborazione fra realtà industriali di

primaria importanza quali Erg e Permasteelisa

e tre centri di ricerca universitari (Roma Tor

Vergata, Ferrara e Torino). Il Consorzio si

propone di sviluppare metodologie per

l’implementazione su larga scala di pannelli

solari tipo Dssc su supporto rigido per

l’integrazione negli edifici (Bipv) e prevede,

entro la fine del 2012, la realizzazione della

primo impianto pilota di produzione.

Claudia Barolo Università degli studi di Torino

(facoltà di Matematica, fisica

e scienze naturali)Fonte: Dyesol

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esperienze&carriere

32

1-2/201224

Gianluigi Torchiani

Il mercato nazionale non deve essere

l’unico riferimento per un’azienda delle

rinnovabili, specie dopo i cambiamenti

intercorsi a seguito dell’emanazione del

quarto Conto energia. È questa la strate-

gia del Gruppo Sedna Power Plants, spe-

cializzato nella realizzazione di impianti

fotovoltaici “chiavi in mano”. Come rac-

conta Alessandro Broi, marketing and

communication specialist di Sedna, «il

mercato italiano delle rinnovabili, in parti-

colare il fotovoltaico, sta subendo delle

mutazioni considerevoli che coinvolgono

tutti gli operatori e, dunque, anche noi di

Sedna Power Plants. A seguito dell’uscita

del quarto Conto energia e dei tanti cam-

biamenti che questo sistema ha compor-

tato sul fronte delle tariffe incentivanti, il

settore sta prendendo sempre di più la

strada degli impianti a tetto, sia presso le

industrie che negli edifici residenziali».

Questo comporta per tutte le imprese che

operano nel settore un grande sforzo di

adeguamento del proprio business model,

oltre che della struttura operativa. «È evi-

dente - spiega Broi - che per percorrere la

strada degli impianti residenziali un’azien-

da ha bisogno di un’organizzazione molto

più ampia rispetto a prima, così da gestire

simultaneamente una grande quantità di

piccoli progetti. In questa fase, dunque,

stiamo attrezzando una rete vendita sem-

pre più capillare e distribuita su tutto il

territorio italiano. In futuro cercheremo di

raggiungere anche il mercato consumer

con una comunicazione di massa». La ri-

voluzione del quarto Conto energia non

ha però colto di sorpresa l’Epc contractor

di Cernusco sul Naviglio: «Per noi si tratta

di uno sforzo in termini di ampliamento

della struttura, ma questi cambiamenti

erano prima o poi attesi, anche se, sicura-

mente, i tempi sono un po’ accelerati ri-

spetto a quanto avevamo prefigurato»

puntualizza il marketing specialist. Consi-

derato che difficilmente il mercato italiano

in futuro vivrà un altro biennio d’oro come

quello del 2009-2010, Sedna ha deciso di

puntare con forza anche sull’internazio-

nalizzazione: nel marzo 2011 è stata fon-

data a Sofia Sedna Power Plants Bulgaria,

che attualmente ha in progettazione di-

versi parchi solari per un totale di 28 MW.

Nell’ottobre 2011 è stata la volta di Sedna

Power Plants Usa, di stanza a Philadelphia.

Gli Stati Uniti sono ritenuti, infatti, un mer-

cato emergente e di grande interesse. Nel

2° trimestre 2011 il fotovoltaico Usa è cre-

sciuto del 69% rispetto allo stesso periodo

del 2010; eppure, ad oggi, in tutti gli Stati

Uniti si contano appena 3,1 GW installati.

La Seia, Solar energy industries associa-

tion, ha previsto il raggiungimento dei 15

GW entro il 2015. «Noi crediamo ancora

AZIENDE

Il quarto Conto energia spinge Sedna Power a puntare sui giovani mercati esteri Dopo l’apertura di una sede in Bulgaria, l’Epc contractor lombardo ha inaugurato una filiale anche negli Usa. In Italia il focus si sposta sui piccoli impianti integrati

nel mercato italiano - spiega Broi -, siamo

sempre interessati a investirci, però voglia-

mo valutare anche altri Paesi che possano

offrire delle opportunità. È il caso del mer-

cato bulgaro e ancora di più di quello sta-

tunitense che, con appena 3 GW installa-

ti, non può che essere promettente. L’in-

centivazione è molto differente dalla no-

stra e si basa sul credito d’imposta che,

non andando a gravare sul sistema tribu-

tario, può avere una longevità superiore

rispetto ai regimi feed-in. Già in questa

fase stiamo operando concretamente,

trattando un certo numero di impianti sul-

la East Coast, sia a terra che su tetto. La

nostra idea è quella di trovare in tempi

brevi un partner locale per gestire al me-

glio il business». Sedna sta inoltre valutan-

do la possibilità di entrare nei mercati del

Canada e dell’America Latina.

Alessandro Broi, Sedna Power

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STIME

Il Piano d’azione sull’efficienza è troppo timido Negli edifici italiani si può ottenere il 34% in piùL’ipotesi è nella prima edizione dell’Energy Efficiency Report del Politecnico di Milano, che considera realizzabile un risparmio di 21,5 milioni di Tep nel 2016

Il 36% dei consumi energetici del no-

stro Paese è generato dai 13,7 milioni

di edifici esistenti tra residenziali e non

residenziali come scuole, ospedali, al-

berghi e, naturalmente, uffici e capan-

noni. Una quota consistente, che asse-

gna a questa categoria la maggioranza

relativa dei consumi totali: questo dato

di fatto ha convinto la School of Mana-

gement del Politecnico di Milano a dedi-

care al tema la prima edizione dell’Ener-

gy Efficiency Report, presentata lo scor-

so novembre, realizzato dall’Energy&

Strategy Group.

Il rapporto evidenzia le strategie e le

opzioni in campo per quanto riguarda

l’efficientamento energetico degli edi-

fici italiani per raggiungere gli obiettivi

del Pacchetto clima energia 20-20-20

approvato nel dicembre del 2008 dal

Parlamento europeo. Per allinearsi con

l’orientamento comunitario, nel luglio

del 2011, con il Piano di azione nazio-

nale sull’efficienza energetica, l’obiet-

tivo italiano di risparmio è stato aggior-

nato in modo ambizioso, arrivando a

stabilire 16 milioni di Tep (tonnellate

equivalenti di petrolio) in meno di con-

sumi di energia primaria nel 2020. Lo

studio del Politecnico delinea un qua-

dro sull’efficacia delle soluzioni di effi-

cienza energetica adottate negli edifici,

valutando dapprima il contributo po-

tenziale teorico di ciascuna tecnologia

e, successivamente, stimando i risultati

realistici che possono essere ottenuti

con interventi da realizzarsi da oggi al

2016. E qui arriva subito la prima inte-

ressante sorpresa.

Il potenziale teorico derivante dall’ado-

zione di soluzioni di efficientamento

energetico negli edifici italiani, dalla fine

del 2011 al 2016, si attesterebbe in una

riduzione complessiva di 44 milioni di

Tep. Ma questo è un risultato irrealistico,

poiché non è ragionevolmente pensabi-

le che tutte le tecnologie di risparmio

energetico siano adottate nel complesso

dell’intero parco edilizio esistente e in

tutti gli edifici che saranno realizzati nei

prossimi cinque anni. Ciò detto, però, lo

studio individua una possibile penetra-

zione reale delle tecnologie per l’effi-

cienza energetica che, tenendo conto

anche della base installata al 2011, po-

trebbero assicurare un risparmio com-

plessivo per il 2016 di 21,5 milioni di

Tep, ovvero ben il 34% in più rispetto al

ambiente sostenibile

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35

storia di copertina 241-2/2012

valore fissato dal Piano di azione nazio-

nale per il 2020.

Tecnologie di illuminazione

Il consumo annuale di energia elettrica

generato dall’illuminazione degli edifici

presenti in Italia è di circa 27 TWh, ovve-

ro quasi il 10% dell’intero fabbisogno

elettrico italiano.

Questo settore risente ancora della dif-

fusione massiccia di soluzioni poco effi-

cienti, come le lampade a incandescen-

za, che lo studio stima essere utilizzate

nel 70% degli edifici residenziali. Se fos-

sero adottate in tutti gli stabili, residen-

ziali e non, soluzioni più efficienti come

le lampade fluorescenti, si calcola un

risparmio annuo potenziale di 15,3

TWh, che comporterebbe la sostituzio-

ne di circa 300 milioni di lampade per

un giro d’affari pari a due miliardi di eu-

ro. Non è però verosimile che questo

potenziale si riesca a concretizzare nei

prossimi cinque anni. Considerando il

livello di convenienza economica delle

tecnologie efficienti, gli obblighi nor-

mativi sull’abbandono delle tecnologie

poco efficienti e le opinioni raccolte da-

gli operatori, lo studio stima che in que-

sto periodo il potenziale teorico possa

essere realizzato al 40-60%, che corri-

sponderebbe a un risparmio annuo

compreso tra 6,1 e 9,1 TWh.

Chiusure vetrate

Le chiusure vetrate altamente efficienti,

quelle in grado di garantire una trasmit-

Dove può arrivare il fotovoltaico sui tetti d’Italia

Installando pannelli fotovoltaici su tutte le coperture degli edifici esistenti si raggiungereb-be una potenza nominale pari a 58,5 GW, per una produzione annuale di circa 67 TWh. Il

potenziale teorico negli edifici nuovi è invece pari a 5 TWh. L’Energy Efficiency Report del Politecnico di Milano avverte però che la concreta realizzabilità di questo potenziale è di difficile valutazione, per problemi legati principalmente all’integrabilità dei pannelli sugli edifici esistenti e alle incognite sul futuro dell’attuale sistema incentivante. Considerati i di-versi elementi in campo, lo studio stima una penetrazione negli edifici esistenti tra il 5 e il 15%, mentre è molto più elevata la stima per le nuove costruzioni: dal 20 al 35%.Per quanto riguarda l’eolico, invece, il potenziale teorico di diffusione è stato calcolato ipo-tizzando di installare un impianto di taglia inferiore o uguale a 200 kW per ogni edificio presente in quelle aree del Paese dove la velocità media del vento è almeno pari a una media di 4 metri al secondo. Fatte salve queste condizioni, il potenziale elaborato è risultato pari a 29,8 TWh per gli edifici esistenti e di 2,3 TWh per gli edifici nuovi. La traducibilità in realtà è però stimata come molto bassa: tra il 3 e l’8% del potenziale per gli edifici esistenti e tra il 10 e il 15% per quelli nuovi.

Quanto potremmo risparmiare con l’efficienza energetica negli edifici da qui al 2016

Fonte: Energy Efficiency Report, Politecnico di Milano

RESIDENZIALE NON RESIDENZIALE

Soluzione tecnologica Tipologia energia Potenziale risparmio teorico

annuo (TWh)

Potenziale risparmio effettivo

a regime (TWh)

Potenziale risparmio teorico

annuo (TWh)

Potenziale risparmio effettivo

a regime (TWh)

Tecnologie di illuminazione elettrica 12 6,2 4 2,1

Elettrodomestici elettrica 6,9 2 0,5 0,1

Caldaie a condensazione termica 33,7 11,5 19,9 7,1

Pompe di calore termica 87,9 22,4 34,7 9,3

Sistemi di building automation elettrica+termica 13,9 + 96,7 0,8 + 5,2 7,1 + 13,7 0,4 + 0,7

Chiusure vetrate termica 20,3 4,6 3,5 0,5

Pareti termica 32,4 9,1 3,1 0,6

Coperture/suolo termica 66,1 18,2 2,2 0,4

Fotovoltaico elettrica 50,7 5,8 21,6 2,3

Eolico elettrica 24,5 0,8 7,3 1,1

Solare termico termica 49,9 5,1 2,4 0,3

Caldaie a biomassa termica 187 23 n.d. n.d.

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storia di copertina

36

1-2/201224

tanza termica pari a 2 W/mq per grado

kelvin di differenza tra esterno e interno,

sono utilizzate attualmente in una per-

centuale marginale degli edifici italiani

esistenti: tra il 6 e l’8%, stima lo studio

del Politecnico.

Ipotizzando di dotare di queste soluzio-

ni tutti gli stabili che ne sono attualmen-

te sprovvisti, si otterrebbe un risparmio

potenziale di 22,7 TWh termici su base

annua e si genererebbe un volume d’af-

fari totale di 170 miliardi di euro. Inter-

venendo inoltre sugli immobili di nuova

costruzione, nei prossimi cinque anni si

aggiungerebbe un altro TWh risparmia-

to, oltre ad altri 1,5 miliardi di euro di

giro d’affari.

Il rapporto tra risparmio ottenibile e vo-

lume d’affari corrispondente risulta par-

ticolarmente sfavorevole, il che indica

come siano necessari ingenti investimen-

ti privati per procedere nell’adozione di

queste soluzioni. Gli incentivi, dunque,

hanno un peso rilevante e una politica di

revisione dei sussidi deve sempre tenerne

conto. Lo studio stima che mantenendo

il regime attuale (detrazione del 55%,

prorogata fino al 31 dicembre 2012 con

il decreto “Salva Italia”), nei prossimi cin-

que anni il grado di copertura del rispar-

mio potenziale ottenuto da interventi

sugli edifici esistenti dovrebbe risultare

pari al 35%, tasso che scende al 10% in

assenza di incentivazione. Sulle nuove

costruzioni si raggiungerebbe il 30% del

potenziale in caso di assenza di incentivi

e il 50% mantenendo per tutto il periodo

le agevolazioni attuali.

Superfici opache

Nel caso delle strutture opache, con

l’adozione di materiali isolanti sulle pare-

ti degli edifici che non raggiungono una

trasmittanza termica di 3 W/mq K, è pos-

sibile raggiungere potenzialmente un ri-

sparmio annuo quantificabile in circa

35,5 TWh termici, per un giro d’affari di

72,9 miliardi di euro. L’applicazione di

materiali isolanti su coperture e suolo

registra un potenziale teorico ancora

maggiore: 68,3 TWh per 116,5 miliardi

di euro di giro d’affari. Complessivamen-

te, quindi, il risparmio potenziale in que-

sto settore supera i 100 TWh, un valore

significativo se si tiene in conto il fatto

che il consumo di energia termica in Italia

è compreso complessivamente tra 350 e

400 TWh. Anche in questo caso, la reale

adozione di materiali isolanti dipende dal

meccanismo di incentivazione. Lo studio

stima che, in mancanza di incentivi, il

grado di copertura del risparmio poten-

ziale potrebbe variare tra il 10 e il 15%,

mentre con l’attuale detrazione del 55%,

si sale a una percentuale compresa tra il

30 e il 40%. Per la copertura delle pareti,

dunque, si ipotizza un risparmio variabile

tra 3,5 e 14 TWh. Nel caso, invece, della

protezione delle coperture e del suolo il

risparmio può variare da 6,8 a 27 TWh.

Sistemi di building automation

Se si applicassero le soluzioni di building

automation più sofisticate (i sistemi Bac,

Building automation and control e

Tbm,Technical building management) in

tutti gli edifici esistenti sprovvisti di queste

tecnologie, si otterrebbero risparmi po-

tenziali di 19,8 TWh di energia elettrica e

di 106,1 TWh di energia termica, per un

giro d’affari di 21,5 miliardi di euro. Il ri-

sparmio potenziale per gli immobili nuovi

è stimato invece in 0,8 TWh elettrici e 4,3

TWh termici, per un giro d’affari di ben

Produzione termica da rinnovabili, tutto dipenderà dagli incentivi

Solare termico e caldaie a biomasse sono le soluzioni che possono essere messe in campo per produrre energia termica per gli edifici. Il poten-ziale teorico del solare termico è stato calcolato ipotizzando l’utilizzo di tale tecnologia sia in tutti gli edifici esistenti sia in quelli nuovi

esclusivamente per la produzione di acqua calda sanitaria. In questo senso la produzione termica potenziale teorica è risultata pari a 50,2 Twh, per un volume d’affari di circa 110 miliardi di euro per gli edifici esistenti, mentre è di circa 2 TWh (900 milioni di euro di giro d’affari) per quel-li che verranno costruiti da oggi al 2016.La penetrazione effettiva di tale soluzione nel periodo considerato, come in altri casi, dipenderà dal futuro della detrazione fiscale del 55%. Sugli edifici esistenti la penetrazione stimata sul potenziale teorico è compresa tra il 5% e il 15%, a seconda della conferma dell’attuale mecca-nismo di agevolazione, mentre per gli immobili di nuova costruzione il livello di penetrazione stimato è tra il 10% e il 25%.Il potenziale teorico delle caldaie a biomassa è stato invece calcolato ipotizzando un loro utilizzo sia per il riscaldamento sia per la produzione di acqua calda sanitaria. Un’adozione globale di questi sistemi in tutti gli edifici che ne sono privi porterebbe a un risparmio potenziale teorico pari a 175 TWh, con 190 miliardi di euro di giro d’affari, e di 12 TWh in quelli nuovi, con un volume d’affari di 360 milioni di euro. La penetra-zione attesa di questa tecnologia, invece, è stata stimata tra il 10% e il 15% negli edifici esistenti e tra il 10% e il 25% per quelli che verranno costruiti nei prossimi cinque anni.

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storia di copertina 241-2/2012

Ruggero Vota

200 milioni di euro. Lo studio sottolinea

però come la realizzabilità di questo po-

tenziale teorico sia decisamente limitata.

Secondo gli operatori del settore, da oggi

al 2016 solo una quota molto ridotta de-

gli edifici esistenti attiverà queste soluzio-

ni. La stima realistica del risparmio otteni-

bile varia quindi dal 3 al 7% del potenzia-

le, ovvero tra 0,6 e 1,4 TWh elettrici e tra

3,2 e 7,4 TWh termici.

Diverso è il caso degli edifici di nuova co-

struzione, per i quali il Politecnico stima

una penetrazione delle soluzioni di buil-

ding automation rispetto al potenziale

compresa tra il 10% e il 20%, equivalen-

te a un risparmio tra 100 e 200 GWh di

energia elettrica e tra 500 GWh e un

TWh di energia termica.

Produzione di energia termica

Riguardo agli interventi di efficientamen-

to sulla produzione di energia, per quan-

to riguarda il fronte termico, lo studio ha

preso in considerazione due tecnologie

volte all’efficienza energetica: le caldaie

a condensazione e le pompe di calore.

Ipotizzando di utilizzare le prime per esi-

genze di riscaldamento e per la produ-

zione di acqua calda sanitaria in tutti gli

edifici esistenti, si otterrebbe un rispar-

mio annuo di 48,5 TWh termici e si ali-

menterebbe un giro d’affari di oltre 45

miliardi di euro. Il potenziale derivante

dagli stabili di nuova costruzione è invece

quantificabile in 5 TWh per un giro d’af-

fari di 900 milioni di euro. La stima di

copertura del potenziale teorico in que-

sto caso è ipotizzato tra il 25 e il 40% nel

caso degli edifici esistenti, mentre per i

nuovi, grazie anche alla maggiore sem-

plicità di installazione, la stima sale tra il

40 e il 60%.

Quanto alle pompe di calore, il risparmio

complessivo teorico che permetterebbe-

ro di realizzare nel nostro Paese è consi-

stente. L’installazione di queste soluzioni

in tutti gli edifici esistenti porterebbe in-

fatti a un risparmio di 111,6 TWh termici,

oltre agli 11 TWh termici negli immobili

costruiti dal 2011 al 2016. Il tutto com-

plessivamente porterebbe a un giro d’af-

fari pari a 122,6 miliardi di euro.

Per quanto riguarda la possibilità con cui

questo potenziale si potrà realizzare, lo

studio stima una penetrazione del 20-

30% negli edifici esistenti e del 30-40%

nelle nuove costruzioni.

Elettrodomestici

Una voce sicuramente non trascurabile

della bolletta elettrica nazionale è rap-

presentata dagli elettrodomestici, il cui

consumo annuale è di circa 37,5 TWh.

Nel caso in cui si adottassero le soluzioni

più efficienti dal punto di vista energeti-

co, cioè gli elettrodomestici della classe

superiore per ogni categoria, si potrebbe

contare su un risparmio teorico pari a 7,4

TWh, per un giro d’affari complessivo

pari a 64,55 miliardi di euro. La stima ela-

borata relativa alla reale possibilità di

adozione dei nuovi elettrodomestici si

attesta tuttavia tra il 20 e il 35% del po-

tenziale teorico identificato.

In questo comparto, i ricercatori

dell’Energy&Strategy Group sottolinea-

no come, pur raggiungendo elevati livel-

li di penetrazione degli elettrodomestici

più efficienti, il contributo al risparmio

energetico italiano nel complesso risulte-

rebbe relativamente modesto.

Potenziale risparmio energetico derivante dall’utilizzo delle pompe di calore

Fonte: Energy Efficiency Report

esistente

nuovo

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focus

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1-2/201224

SOSTENIBILITÀ

La lotta al cambiamento climatico è entrata nell’agenda dei big dell’economia italianaSecondo il report di Carbon disclosure project e Accenture, Fiat ed Enel sono le aziende nazionali che si impegnano maggiormente per contenere le emissioni

Le principali società italiane quotate in

Borsa prestano sempre più attenzione

nelle loro strategie di business ai temi del

cambiamento climatico e della sostenibi-

lità: è quanto evidenzia il Cdp Italy 100

Report 2011 di Carbon disclosure project

e Accenture, redatto in collaborazione

con Banca Monte dei Paschi di Siena. Lo

studio, condotto anche a livello interna-

zionale su oltre 3.000 aziende, ha cercato

di valutare l’atteggiamento verso la ridu-

zione dei gas serra da parte delle prime

100 imprese per capitalizzazione di mer-

cato quotate alla Borsa italiana. Soltanto

35 di queste, però, hanno accettato di ri-

spondere alle domande della ricerca, una

percentuale inferiore rispetto alla media

europea. Più nel dettaglio, le aziende so-

no state valutate sulla base della qualità

delle informazioni utilizzate per divulgare

in modo trasparente le politiche relative

alle emissioni (disclosure) e sulla bontà

delle iniziative finalizzate alla gestione del

cambiamento climatico (performance). In

entrambi i casi le due società che hanno

ottenuto i risultati migliori sono state Fiat

ed Enel. La casa automobilistica è stata

premiata per l’introduzione di sistemi ad

alta efficienza (come i Led) nei suoi stabi-

limenti produttivi, nonché per l’obiettivo

di riduzione delle emissioni. La compagnia

energetica, invece, ha ottenuto un pun-

teggio elevato per il suo impegno a utiliz-

zare la migliore tecnologia disponibile

nella generazione energetica tradizionale

(Ccs compresa) e per gli investimenti nelle

rinnovabili. Ma l’attenzione verso la soste-

nibilità sembra essere alta anche nelle al-

tre società: l’82% delle aziende parteci-

panti, infatti, ha dichiarato di aver incor-

porato il cambiamento climatico nella

propria strategia. Il 91% ha riferito inoltre

di avere intrapreso programmi per la ridu-

zione delle emissioni, un dato in crescita

rispetto all’86% del 2010 e al 50% del

2009. Tuttavia, solo la metà di queste ini-

ziative è sostenuta da un’analisi finanzia-

ria rigorosa, fattore che rende difficile va-

lutarne l’impatto economico complessivo.

Inoltre, tra le società della Penisola prevale

la logica dei target di riduzione assoluti

piuttosto che relativi. Sono numerosi, co-

munque, i progetti avviati: in tutto le 35

società quotate hanno messo in atto 186

iniziative di riduzione delle emissioni, pre-

valentemente correlate all’efficienza ener-

getica, al trasporto e all’energia a basso

contenuto di carbonio. Infine, secondo le

aziende interpellate, il cambiamento cli-

matico presenta al momento più rischi

che opportunità ma, in positivo, la ten-

denza è sempre più quella di investire nel-

Aziende che hanno intrapreso iniziative di riduzione delle emissioni

Fonte: Cdp Project 2011

Base: rispondenti all’indagine Cdp Italy 100

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focus 241-2/2012

G.T.

INTERVISTA

Tra pochi anni la sostenibilità d’impresa diventerà importante quanto il marketing Secondo Diana Guzman, responsabile del Cdp, e Danilo Troncarelli, partner di Accenture, molte aziende non sono ancora pronte alla trasparenza ambientale

Le grandi imprese italiane si stanno im-

pegnando di più rispetto al passato nel

contrasto al cambiamento climatico, ma

non sono ancora del tutto attrezzate per

misurare puntualmente le proprie emissio-

ni. Diana Guzman, direttore Southern Eu-

rope del Carbon disclosure project, e Dani-

lo Troncarelli, partner di Accenture mana-

gement consulting, hanno raccontato a

Energia24 le peculiarità dell’edizione na-

zionale del report.

Perché non tutte le aziende hanno de-

ciso di rispondere alle domande?

Guzman Esistono due ragioni che spiega-

no le mancate risposte al questionario.

Quella principale è rappresentata dal fatto

che le aziende spesso non hanno una strut-

tura interna che permetta loro di raccoglie-

re le informazioni necessarie per risponde-

re adeguatamente, d’altronde il questiona-

rio che proponiamo è molto complesso.

Dunque, anche se molte società vorrebbe-

Diana Guzman, Cdp Danilo Troncarelli, Accenture

la sostenibilità per ottenere dei risvolti fa-

vorevoli per il proprio business. Come ha

spiegato nel corso della presentazione del

report Simone Mori, direttore regolamen-

tazione e ambiente di Enel, «quello che

siamo riusciti a fare in questi anni è rende-

re la componente di produzione a basso

contenuto di carbonio uno degli asset

fondamentali del business di Enel, ossia

una parte integrante del nostro modello

di sviluppo. Abbiamo anche ridotto le no-

stre emissioni specifiche per unità di pro-

dotto energetico del 40%. Io sono con-

vinto che gli investitori siano consapevoli

del fatto che il settore energetico sta af-

frontando un cambio di paradigma; pre-

sidiare tutto il campo delle soluzioni e

tecnologie low carbon è un elemento fon-

damentale per attirarli, per far capire loro

in che direzione ci stiamo muovendo per

il prossimo futuro».

ro partecipare, non possono proprio a cau-

sa di questa carenza. Proprio per questo

motivo, alcune stanno pensando di creare

dei team ad hoc così da essere in grado di

rispondere l’anno prossimo almeno ai temi

più importanti. La seconda ragione delle

mancate risposte è che molte aziende ap-

partenenti a settori non “carbon intensive”

ritengono di non avere un impatto rilevan-

te nel cambiamento climatico. Questo,

occorre ribadirlo, non è vero, perché - indi-

pendentemente dai rami di attività di ap-

partenenza - tutte le imprese hanno una

catena di fornitura o consumi energetici

importanti che incidono sui cambiamenti

climatici.

Enel e Fiat possono vantare il primato

in entrambe le classifiche dell’edizione

italiana del report. Quali sono le ragio-

ni di questa leadership?

Guzman Possiamo dire innanzitutto che

queste due aziende hanno fornito le rispo-

ste più chiare e complete alle domande del

Cdp. Infatti, entrambe le società sono state

le uniche italiane a essere ricomprese nel

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focus

40

1-2/201224

Gianluigi Torchiani

Carbon performance leadership index; uno

dei prerequisiti per l’inserimento in questa

classifica è l’avvio di iniziative concrete di

riduzione dell’inquinamento, in misura per-

centuale tale da contribuire al contenimen-

to del cambiamento climatico. In questo

senso sia Fiat che Enel hanno dichiarato di

aver intrapreso dei progetti capaci di ridurre

le emissioni in misura superiore alla soglia

stabilita. Dunque esiste un impegno chiaro

da parte di Enel e Fiat nel contrasto al cam-

biamento climatico.

Quanto influiscono le normative vi-

genti sull’impegno delle imprese nella

lotta al climate change?

Guzman È evidente che quando un’azien-

da è inserita nel sistema Ets (Emission tra-

ding system) si trova all’interno di una nor-

mativa che la obbliga alla riduzione delle

emissioni e, dunque, inevitabilmente, deve

fare qualcosa. Quello su cui stiamo insisten-

do è che, anche in settori dove non esistono

delle normative vincolanti, le imprese devo-

no lavorare e andare avanti su questa strada

così da ridurre i costi, aumentare l’efficienza

e diventare sempre più competitive.

Troncarelli A livello generale occorre con-

siderare che i principali organismi interna-

zionali stanno insistendo perché gli Stati

prendano delle misure ancora più impe-

gnative per contrastare il cambiamento

climatico, gli obiettivi al 2020 stabiliti

dell’Unione europea non sono infatti più

sufficienti. Nello specifico Enel, Eni, Italce-

menti e Edison stanno adottando le inizia-

tive più importanti e all’avanguardia nella

riduzione dell’impatto ambientale. Le loro

azioni sono particolarmente importanti vi-

sto che indirizzano il 90% delle emissioni

monitorate dal report. Le importanti sfide

che stanno affrontando i nostri big nazio-

nali sono evidentemente collegate alla na-

tura stessa del loro business e al processo di

internazionalizzazione che hanno affronta-

to negli ultimi anni. Più in generale, è da

valutare positivamente il fatto che le impre-

se italiane stiano iniziando a considerare

questi temi non soltanto in termini di Cor-

porate social responsibility, ma anche come

una vera e propria opportunità, incorporan-

do l’ambiente e la riduzione delle emissioni

nell’ambito delle strategie di business e nei

propri prodotti e servizi.

Le migliaia di Pmi italiane sono poi in-

fluenzate da questi comportamenti adot-

tati dai big dell’economia nazionale?

Troncarelli Assolutamente sì, esiste un ef-

fetto di propagazione molto positivo. Le

grandi corporate, nella gestione della supply

chain, sono sempre più attente a richiedere

certi requisiti di sostenibilità, in particolare in

termini di emissioni e consumi energetici.

Questo sensibilizza inevitabilmente l’indot-

to, ovvero tutta la catena di produzione. Per

esempio Unilever, uno dei maggiori player

mondiali della distribuzione, si è recente-

mente posto l’obiettivo di raddoppiare il

fatturato e ridurre del 50% la CO2. Questo

comporterà uno stravolgimento radicale

delle modalità di produzione e trasporto

adottate da tutti gli attori della catena.

È possibile quantificare gli investimenti

effettuati dalle aziende italiane per adot-

tare questi comportamenti virtuosi?

Troncarelli In realtà, come spiegato nel re-

port, non tutte le società fanno delle analisi

costi-benefici in termini quantitativi, in modo

puntuale e preciso. Si può dire che in questa

fase, un po’ come capitato per il marketing

vent’anni fa, è partito un percorso graduale

che comporterà nel tempo l’adozione di

strutture e strumenti di misurazione della

lotta al cambiamento climatico. A questo

proposito è necessario che molte iniziative

nell’ambito della sostenibilità siano censite e

presentate anche come azioni di riduzione

della CO2. Eni e Enel, per esempio, stanno

investendo nei progetti per la Carbon captu-

re storage (Ccs), che potrebbero essere asso-

lutamente visti come una best practice nella

lotta al climate change, considerato anche

che si tratta di programmi molto onerosi e

sfidanti, su cui sarebbe importante fornire

maggiore trasparenza e visibilità.

Quali sono le principali differenze tra il

rapporto globale e quello italiano?

Guzman Innanzitutto nelle percentuali di

risposta: a livello globale ci attestiamo intor-

no all’81%, in Italia siamo soltanto al 35%,

nonostante l’aumento riscontrato nell’ulti-

mo anno. Un’altra differenza è che ancora

poche aziende italiane hanno assegnato

degli incentivi al management per raggiun-

gere determinati obiettivi nella lotta al cam-

biamento climatico. Secondo noi si tratta,

invece, di una modalità fondamentale per

ridurre le emissioni. Nella Penisola, inoltre,

sono state segnalate 186 iniziative virtuose,

ma soltanto la metà di queste ha alle spalle

un’analisi finanziaria seria e rigorosa.

Troncarelli Le grandi imprese straniere

combattono il cambiamento climatico con

approcci sistematici e consapevoli. Le no-

stre aziende lo fanno, ma in maniera meno

strutturata e spesso non ne sono perfetta-

mente coscienti. Un secondo aspetto di

differenza è che nelle società estere si stan-

no introducendo delle metriche di climate

change mitigation nei key performance in-

dicator.

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focus 241-2/2012

INTERVISTA

Più leggeri e riciclati, così gli imballaggi fanno risparmiare energia e acquaCome snellire il packaging, riducendo l’impiego di materie prime e la produzione di rifiuti? Lo spiega Roberto Magnaghi, responsabile dell’area tecnica del Conai

Ridurre gli imballaggi dei prodotti sta

diventando uno strumento di effi-

cienza energetica. Confezioni più snelle,

in parte riciclate o che si possono riutiliz-

zare: così le aziende esplorano le frontie-

re dell’eco design. È vero che impiegan-

do meno materiali si generano meno ri-

fiuti, tuttavia ci sono dei limiti, dettati

dalla necessità di trasportare e conserva-

re il contenuto senza il rischio di rotture

o manomissioni. Nei casi migliori, i rispar-

mi di energia e acqua sono evidenti. Se-

condo i dati del Conai (Consorzio nazio-

nale imballaggi) relativi al dossier preven-

zione 2010, le aziende presenti nel setto-

re degli alimentari liquidi hanno ridotto

del 37% i consumi di energia e del 32%

quelli idrici per imballare i prodotti esami-

nati. Per quanto riguarda gli alimentari

solidi il dossier ha registrato riduzioni del

17% per entrambi i consumi. Roberto

Magnaghi, responsabile dell’area tecnica

del Conai, ha spiegato a Energia24 qua-

li sono le caratteristiche e le prospettive

del packaging sostenibile.

Partiamo dal concetto di “sostenibili-

tà”: che cosa significa esattamente?

Il concetto di sostenibilità è legato alla

ricerca del miglior compromesso tra le

molteplici funzioni dell’imballaggio e

l’impatto ambientale che genera. Una

delle azioni per aumentare la sostenibi-

lità di una confezione è ridurre il suo

peso. L’esempio classico è la bottiglia

d’acqua minerale da un litro e mezzo,

che da 40 grammi scende a 35. Così

consumo meno materia prima e produ-

co meno rifiuti. Naturalmente ci sono

dei limiti: la fruibilità del prodotto, la

trasportabilità della merce, garantendo

la conservazione degli alimenti. Quindi

dobbiamo parlare di sostenibilità “dalla

culla alla culla”, considerando tutte le

fasi della vita di un imballaggio, da

quando è progettato a quando è pro-

dotto e poi distribuito e venduto, finché

diventa una “materia prima seconda”

grazie al riciclo.

Come si riesce, nel concreto, a valu-

tare l’intero ciclo di vita di un imbal-

laggio?

Con l’analisi Lca (Life cycle assessment).

Abbiamo scelto tre parametri: uno è il

risparmio energetico, per vedere i consu-

mi prima e dopo la “cura”. I benefici

maggiori si possono ottenere attraverso

l’innovazione dei processi produttivi. Gli

altri parametri sono la riduzione della

CO2 e il risparmio d’acqua. I risultati, pe-

rò, variano molto secondo i settori, per-

ché cambia il modo di produrre, imballa-

re e distribuire le merci.

Che piega stanno prendendo le nor-

me che regolano il settore?

Le norme punteranno sempre di più

verso la prevenzione dei rifiuti da imbal-

laggio e la raccolta differenziata. Nel

2015 e soprattutto nel 2020 ci sarà un

cambio di scenario voluto dall’Unione

europea: il concetto “dalla culla alla

culla” dovrà riguardare non solo gli im-

ballaggi, ma qualsiasi prodotto immes-

so al consumo in tutti gli Stati membri.

Bisognerà pensare al corretto smalti-

mento, alla facilità di raccolta e riciclo.

Il settore degli imballaggi è stato un

apripista di questo mondo. Ci sarà un

passaggio intermedio al 2015 per tara-

re i singoli Stati sugli obiettivi del 2020.

Roberto Magnaghi, Conai

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focus

42

1-2/201224

Luca Re

Lo sguardo sarà trasversale: tutti i pro-

dotti dovranno avere una nuova vita

senza finire nelle discariche.

Quali sono, quindi, le regole per

progettare delle confezioni eco

compatibili?

Innanzitutto si deve pensare a un imbal-

laggio con il minor materiale possibile.

Poi si può ragionare sul suo riutilizzo,

quando è conveniente dal punto di vi-

sta ambientale anche rispetto al riciclo.

Far viaggiare dei camion da Milano a

Palermo per riutilizzare degli imballaggi

può essere una scelta controproducen-

te. La terza leva fondamentale è l’im-

piego di materiale riciclato: più è pre-

sente nella confezione, più rendo vir-

tuoso tutto il circuito di raccolta e recu-

pero. Per esempio, gli scatoloni di car-

tone sono riciclati al 90%, come anche

le bottiglie di vetro per l’acqua minera-

le. Infine bisogna semplificare al massi-

mo la logistica delle merci.

Però ci sono degli sprechi che sem-

brano macroscopici, come i carton-

cini che contengono i tubetti di den-

tifricio. Perché è così difficile elimi-

nare il packaging superfluo?

Se un prodotto è stato imballato in un

certo modo che sembra ridondante,

spesso un motivo c’è. Difficilmente

un’azienda spreca dei soldi per realizza-

re qualcosa che non serve. Se è stata

progettata quella custodia, quella con-

fezione, è perché probabilmente è es-

senziale per commercializzare il prodot-

to, preservandone le caratteristiche.

Dove si può operare? Togliendo alcuni

strati degli imballaggi e modificando il

ciclo di produzione e distribuzione. Per

rinunciare a uno strato secondario, do-

vrò magari appesantire l’involucro pri-

mario, rendendolo più sicuro. Eliminare

un cartoncino superfluo, per esempio

quello del tubetto di dentifricio, signifi-

ca modificare il tappo del tubetto per

evitare manomissioni e garantire la si-

curezza della confezione sugli scaffali

dei negozi. Tutto ciò comporta uno

sforzo d’innovazione e quindi un inve-

stimento.

Allora bisogna chiedersi se alle

aziende conviene investire in que-

sta direzione. Che cosa ne pensa?

Molte aziende fanno leva sugli aspetti

ambientali per acquisire clienti e vende-

re i loro prodotti. Se penso anche solo

a tre anni fa, l’uso di materiale riciclato

era tenuto sotto traccia, perché si con-

siderava di serie B. Molte campagne

pubblicitarie puntano sull’ambiente e

sugli imballaggi. Me ne vengono in

mente due: l’inclusione di plastica rici-

clata nei flaconi per la detergenza Hen-

kel e nella bottiglia LaLitro di Levissima.

Quest’ultima sarebbe stata impensabile

pochi anni fa, perché né le aziende né i

consumatori erano abbastanza maturi

per un cambiamento del genere. Anche

la legge non permetteva il contatto di

plastica riciclata con gli alimenti. Il pa-

norama è cambiato: prevenzione e rac-

colta differenziata sono diventati temi

quasi quotidiani.

Che ruolo ha, nei cambiamenti in

atto, la grande distribuzione orga-

nizzata?

Il ruolo della grande distribuzione è

fondamentale, perché è il primo anello

a contatto con i clienti. I prodotti si pre-

sentano sugli scaffali. In Italia ci sono

varie iniziative rivolte soprattutto ai

consumatori con un’ottica a 360 gradi:

non solo confezioni ecologiche per i

prodotti a marchio privato, ma anche

diffusione delle sporte riutilizzabili, pre-

venzione e riciclo.

Le iniziative della Gdo in Lombardia

La Regione Lombardia ha lanciato in questi mesi una campagna di sostenibilità ambien-tale, in collaborazione con sette aziende della grande distribuzione (Auchan, Coop, Es-

selunga, Iper, Pam, Simply, Unes). L’obiettivo è aiutare i clienti della Gdo a modificare le proprie abitudini di consumo. «Se pensiamo che un negozio al dettaglio produce circa una tonnellata di rifiuti l’anno - ha spiegato il governatore della Lombardia, Roberto Formigoni - mentre un ipermercato da 2.500 mq ne produce nello stesso periodo 15 tonnellate, capia-mo perché la prevenzione dei rifiuti da imballaggio assuma una grande rilevanza». La campagna promuoverà le buone pratiche contenute nel Piano d’azione per la riduzione dei rifiuti (Parr). Per esempio la vendita di prodotti alla spina, il recupero dell’invenduto da destinare a mense sociali, l’introduzione delle collette alimentari e dei gruppi di volontaria-to. I punti vendita aderenti comunicheranno queste iniziative con manifesti e cartelloni in-formativi e cercheranno di ridurre i rifiuti con diversi interventi, come la riduzione della pubblicità commerciale, la devoluzione dell’invenduto e la promozione dei prodotti poco imballati sugli scaffali. La campagna prevede, infine, la sottoscrizione di un protocollo tra Regione Lombardia e le singole aziende, che include l’impegno a fornire i dati relativi ai “rifiuti evitati”.

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esperienze&carriere1-2/2012 24

Cd2e (acronimo francese di “Crea-

zione e sviluppo di ecoimprese”)

opera come un’associazione non profit

nella regione di Nord-Pas de Calais nella

Francia settentrionale. Si occupa di sti-

molare l’innovazione e creare connessio-

ni tra territori, imprese e laboratori con

lo scopo di far nascere attività ambienta-

li competitive. Con oltre 500 realtà indu-

striali e 60 laboratori come partners,

Cd2e ha un budget annuale di circa 2,4

milioni di euro, ricevendo fondi da Go-

verno francese, Consigli regionali, azien-

de e Unione europea.

Attraverso la mobilitazione e l’aiuto di

esperti nel campo ambientale, con attivi-

tà di R&S, Cd2e si distingue per impor-

tanti azioni di trasferimento tecnologico,

sviluppo internazionale e training per gli

addetti ai lavori. Questa organizzazione

aiuta concretamente a far crescere nuo-

PROGETTI EUROPEI

La regione francese di Nord-Pas de Calais attira investimenti per nuove ecoimpreseGrazie al lavoro di associazioni come Cd2e, nel distretto transalpino nascono attività e poli di ricerca per l’ambiente e le energie rinnovabili

ve industrie capaci di innovare, creare

posti di lavoro e incrementare competen-

ze di carattere internazionale, gestendo

anche la loro visibilità e il riconoscimento

in Francia e all’estero. Cd2e ha già istitu-

ito e sta avviando vantaggiose collabora-

zioni con organizzazioni situate in Euro-

pa nord occidentale, Nord Africa, Sud

America, Nord America e Asia.

Energia24 ha visitato il distretto nei pres-

si della città di Lille, toccando con mano

lo sviluppo di alcune realtà sostenibili

nate di recente.

Il riciclo dei Raee

Envie2e Nord è un’impresa che si occupa

di raccolta, trattamento e valorizzazione

di rifiuti derivanti da apparecchiature

elettriche ed elettroniche (Raee). Nel suo

stabilimento vengono trattate ogni anno

più di 15.000 tonnellate di Raee (suddi-

La Francia settentrionale in numeri

Il territorio di Nord-Pas de Calais si trova nel cuore dell’Europa, con cinque importanti capitali (Londra, Amsterdam, Bruxelles, Lussemburgo e Parigi) e 100 milioni di consumatori nel raggio di 300 km. Attira il 15% degli investi-menti ambientali francesi e nel suo territorio si sono sviluppate negli ultimi anni circa 600 ecoimprese, specializzate in gestione dei rifiuti e riciclaggio, energie rinnovabili ed efficienza energetica, ecocostruzioni, prevenzione e trattamento dell’inquinamento di aria, acqua e suolo. Sono due milioni le tonnellate di rifiuti domestici prodotte in quest’area, mentre quelli industria-li arrivano a tre milioni di tonnellate. 60 centri di ricerca lavorano su temi ambientali con circa 400 ricercatori impegnati.

Il ritiro e il riciclo Raee di Envie2e Nord

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esperienze&carriere

44

1-2/201224

Chiara Scalco

vise in televisori e monitor, refrigeratori e

congelatori, lavatrici, lavastoviglie e ap-

parecchi da cucina, piccoli elettrodome-

stici): in tale modo la piattaforma Envie2e

Nord garantisce ai suoi partner una capa-

cità di recupero rifiuti tra le più importan-

ti di tutta la Francia, senza limiti di volu-

me, contando che la produzione totale

del Paese è di circa 1,7 milioni di tonnel-

late ogni anno, equivalenti a più di 14 kg

per persona. Envie2e Nord è situata su

un sito di 14.000 metri quadri, totalmen-

te dedicato al trattamento e possiede

una flotta di 15 mezzi al fine di assicurare

il trasporto dei Raee.

La raccolta avviene attraverso i camion

presso i distributori di apparecchi elettro-

nici, le discariche e i punti di raccolta, ma

anche direttamente presso le imprese.

La suddivisione dei materiali raccolti è

una tappa importante della filiera: in ef-

fetti le direttive europee favoriscono il

riutilizzo piuttosto che la distruzione dei

rifiuti. Una fase precisa di diagnosi, quin-

di, permette di selezionare gli apparecchi

che possono essere riparati e quelli che

invece devono essere trasportati verso le

linee di pulizia per essere valorizzati. Al-

cuni rifiuti necessitano di attenzione par-

ticolare poiché contengono materiali

tossici: per esempio gli apparecchi “fred-

di” (frigoriferi e congelatori) funzionano

grazie a fluidi refrigeranti, oli e schiume

contenenti Cfc o altri fluorocarburi. La

fase di smantellamento permette dun-

que di estrarre i materiali inquinanti e

isolare i diversi componenti per valoriz-

zarli come materie prime secondarie.

Quello che non è riciclabile viene elimina-

to, mentre tutto il resto è rivenduto alle

aziende per il suo riutilizzo: acciaio, allu-

minio, rame, plastica, vetro e schiume

poliuretane. Envie2e Nord è giunta a rici-

clare circa l’85% dei componenti, fino al

95% nel caso di un frigorifero.

Test sui pannelli solari

Si chiama Lumiwatt ed è un centro di

test e formazione sull’energia solare fo-

tovoltaica: si tratta di una grande centra-

le solare i cui scopi sono lo sviluppo e la

promozione delle tecnologie per la pro-

duzione di energia fotovoltaica su terri-

torio regionale e nazionale, con l’intento

finale di favorire nuove attività economi-

che e ricerca e sviluppo. Tra i fondatori

di Lumiwatt vi è anche Edf, che apporta

sostegno finanziario e personale esperto

per la realizzazione e lo sfruttamento

della centrale. Attualmente la piattafor-

ma è composta da 22 installazioni da 3

kW ciascuna, equipaggiata con una

strumentazione per lo studio del com-

portamento dei moduli in funzione delle

condizioni meteorologiche. In particola-

re, sono presenti dieci strutture fisse,

dieci tracker monoassiali e due insegui-

tori biassiali.

Edifici ecocompatibili

Villavenir è un progetto di edilizia soste-

nibile situato a Loos-en-Gohelle. Nel

2006 un gruppo di architetti si è riunito

per progettare sei concetti differenti di

case con strutture di legno, cemento e

acciaio e realizzate con tecniche innova-

tive. Il sito di Villavenir è costituito dun-

que da un primo gruppo di edifici a bas-

si consumi energetici costruiti con tre

metodi: struttura in metallo, telaio in le-

gno ed ecomateriali. Le costruzioni sa-

ranno abitate e monitorate nel tempo

per verificarne l’efficienza energetica,

con stime di consumo di circa 50 kWh

per metro quadro ogni anno. Il costo di

costruzione si aggira intorno ai 150.000

euro per edificio.

Questo sito sarà utilizzato a scopo di test

per dimostrare le capacità di performan-

ce delle tecniche di costruzione utilizzate

e dei materiali, ma anche come luogo di

formazione.

Tecnologie fotovoltaiche diverse sono testate nel centro Lumiwatt

Edifici sostenibili nel sito Villavenir

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1-2/2012 24

Per il risparmiatore è una magra conso-

lazione. E tuttavia la grande crisi alme-

no un merito lo ha: serve come test, quanto

mai efficace, per valutare la capacità di “re-

silienza” di titoli, settori e asset class, dal

momento che le performance degli indici

generali di Borsa e di quelli settoriali foto-

grafano fedelmente le capacità di tenuta e

di reazione alle avverse condizioni. In que-

sto senso, le sorprese sono numerose an-

che nel comparto dell’energia.

In linea generale, il primo risultato del test è

rappresentato dalla conferma dell’impor-

tanza della diversificazione. Sulla distanza

dei 12 mesi, come su quelle dei 3 e 5 anni,

l’indice borsistico mondiale (Msci World) ha

infatti ottenuto risultati nettamente miglio-

ri di quelli dell’energia alternativa (indice

Datastream Alternative Energy) e dell’ener-

gia rinnovabile (indice Datastream Renewa-

ble Energy). I numeri sono chiarissimi: men-

tre a un anno l’Msci World ha perso il 4,3%,

l’indice delle energie rinnovabili è arretrato

del 47,3% e quello delle alternative del

46,5 per cento. Nella valutazione di questi

dati occorre tenere conto anche dell’effetto

cambio, che modifica in parte i risultati, ma

non altera il senso delle indicazioni.

Una seconda riflessione riguarda il peso ri-

levante delle differenziazioni a livello geo-

grafico. Se esaminiamo il caso Italia e con-

sideriamo dunque gli indici Ftse Mib e Msci

Energy Italy, troviamo una situazione spe-

cularmente opposta a quella mondiale. A

12 mesi il benchmark generale di Piazza

Affari presenta infatti un segno decisamen-

te negativo (-26,2%), mentre il settoriale

Msci Energy Italy perde soltanto il 4,8 per

cento. Indicazioni analoghe si ricevono

quando si allunga il periodo temporale in

esame. A tre anni l’indice generale perde il

28,5%, mentre il settoriale è addirittura in

territorio positivo (+2,9%) e a 5 anni il bilan-

cio chiude rispettivamente a -61,5 e a

-26,1% (tutte le valutazioni sono aggiorna-

te a metà dello scorso novembre. L’esito del

test non viene modificato dagli andamenti

successivi). Come si vede, non si tratta di

semplici sfumature, ma di differenze di so-

stanza. Queste sono dovute a un insieme di

fattori “locali”: dal tipo di aziende che ope-

rano nel settore alla presenza o meno di

incentivi, dalla normativa fiscale applicata

alla struttura della tariffazione.

Sempre a proposito di caratteristiche locali,

proprio la situazione del settore energie

rinnovabili in Italia, con la sua notevole

frammentazione, suggerisce all’investitore

interessato l’opportunità di utilizzare stru-

menti diversi dall’acquisto diretto di singoli

titoli, specialmente se non si conoscono a

fondo le caratteristiche delle imprese e dei

mercati nei quali operano. Per ridurre il livel-

lo di rischio e accrescere l’efficacia dell’inve-

stimento, gli operatori finanziari suggeri-

scono l’utilizzo di strumenti come fondi, Etf

e certificati. Anche in questo caso l’effetto-

test esprime un verdetto piuttosto negati-

vo, ma occorre buttare il cuore oltre l’osta-

colo e guardare avanti. Per i coraggiosi e i

lungimiranti l’abbandono del nucleare do-

po l’ultima crisi in Giappone apre infatti

scenari progressivi.

TITOLI ENERGETICI

Per tutelare gli investimenti è bene diversificare, anche geograficamente L’indice Msci Energy Italy è sceso in anno del 4,8%, contro una perdita generale per Piazza Affari del 26%. Un andamento capovolto rispetto a quello mondiale

di Guido Plutino

Aumenta l’offerta di certificati, ma il controvalore crolla

Negli ultimi mesi l’offerta dei certificati “energetici” si è notevolmente arricchi-ta, sia come numero di prodotti, sia come tipologie. È il caso, per fare solo un esempio, dei certificati con equity protection (proteggono il valore del capitale investito), oppure di quelli legati a un paniere di società “verdi” o alternative. Ma se il numero di prodotti a disposizione dell’investitore continua a lievitare, la crisi e la crescente avversione al rischio hanno compresso i volumi di scambio in Piazza Affari. Considerando per esempio i leverage certificate su azioni ita-liane, il controvalore si è quasi dimezzato in un mese: dai 137,4 milioni di euro dello scorso agosto è sceso infatti agli 86,1 milioni di fine settembre.

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46

1-2/201224 normativa

Una delle questioni più dibattute

dagli operatori del settore del

fotovoltaico riguarda la cumulabilità

delle tariffe incentivanti previste

dall’articolo 5 del Dm del maggio del

2011 (il quarto Conto energia) e la

detassazione prevista dall’art. 6 com-

mi 13-19 della legge n. 388/2000 (co-

siddetta Tremonti Ambientale).

L’art. 6 della legge n. 388/2000 pre-

vede sostanzialmente che “la quota

di reddito delle piccole e medie im-

prese destinata a investimenti am-

bientali non concorre a formare il

reddito imponibile ai fini delle impo-

ste sui redditi“. In pratica, si tratta di

una detassazione, ossia di una varia-

zione in diminuzione da operare in

sede di dichiarazione dei redditi. Cir-

ca il calcolo dell’agevolazione, il com-

ma 19 dell’art. 6 della stessa legge n.

388/2000 prevede che la parte di red-

dito esclusa da imposizione “corri-

sponde all’eccedenza rispetto alla

media degli investimenti ambientali

realizzati nei due periodi di imposta

precedenti”.

La norma è rivolta alle piccole e medie

imprese, operanti in tutti i settori pro-

duttivi, che determinano il reddito in

regime di contabilità ordinaria. A tale

proposito, come chiarito dalla circola-

re dell’Agenzia delle entrate n. 1/E del

3 gennaio 2001, per la nozione di Pmi

occorre far riferimento ai parametri

dimensionali definiti a livello comuni-

tario. Più in particolare, secondo le

indicazioni della Comunità europea,

le Pmi sono costituite da imprese che

hanno meno di 250 occupati e hanno

un fatturato annuo non superiore a

50 milioni di euro, oppure un totale di

bilancio annuo non superiore a 43 mi-

lioni di euro.

Cosa sono gli investimenti

ambientali

Come precisato dall’art. 6, comma 15

della legge 388/2000, “per investi-

mento ambientale si intende il costo

di acquisto delle immobilizzazioni

materiali di cui all’art. 2424 primo

comma, lettera B), n. II del c.c. neces-

sarie per prevenire, ridurre e riparare

danni causati all’ambiente”.

Gli investimenti ambientali devono

presentare alcune peculiari caratteri-

stiche per essere considerati tali e, in

particolare, devono riguardare: le im-

mobilizzazioni materiali aventi utilità

pluriennale e materiale (per esempio,

PICCOLE E MEDIE IMPRESE

Detassazione degli investimenti ambientali e incentivi al fotovoltaico cumulabili dal 2013L’opportunità è però da valutare attentamente: dai costi ammissibili andrebbero infatti detratti i benefici economici derivanti dalla tariffa incentivante

Chi è Rödl & Partner

Rödl & Partner è uno studio professionale multidisciplinare che opera a livel-lo mondiale. Con 3.000 collaboratori, 85 uffici in 44 Paesi, la società offre consulenza legale, fiscale e servizi di revisione e outsourcing. In Italia dispone di quattro sedi a Milano (aperta nel 1998), Roma, Padova e Bolzano che annoverano oggi oltre 150 professionisti tra avvocati, commercialisti, reviso-ri legali e consulenti del lavoro.

Marco Pane, Rödl & Partner

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1-2/2012 24normativaterreni e fabbricati, impianti e mac-

chinari, attrezzature industriali e com-

merciali, immobilizzazioni in corso e

acconti); beni acquistati con il leasing

finanziario, come chiarito dalla risolu-

zione n. 95 della Agenzia delle entra-

te del 25 luglio 2005.

Pertanto, nell’ambito della categoria

delle immobilizzazioni materiali pos-

sono essere ricompresi anche gli inve-

stimenti associati agli impianti foto-

voltaici, a prescindere che questi siano

considerati beni mobili o beni immo-

bili. Dal punto di vista contabile, gli

investimenti ambientali devono esse-

re valutati al costo di acquisto, ri-

comprendendo in detto costo anche

gli oneri accessori di diretta imputa-

zione (come i costi di collaudo e di

trasporto).

Sulla nozione di investimento am-

bientale, è possibile richiamare alcu-

ne indicazioni fornite dall’Agenzia

delle entrate. Secondo l’amministra-

zione finanziaria, infatti, l’investi-

mento ambientale riguarderebbe

tutti i danni causati all’ambiente

“dall’attività di impresa”, quindi gli

investimenti sarebbero funzionali

all’eliminazione o alla riduzione

dell’inquinamento, nonché alla pre-

venzione dei fenomeni di degrado

qualitativo e ambientale. A tal propo-

sito, il comma 15 dell’art. 6 della leg-

ge 388/2000 specifica che non rien-

trano nell’agevolazione tutte quelle

forme di investimento realizzate per

obbligo di legge.

Infine, giova ricordare che ai fini con-

tabili, gli investimenti ambientali de-

vono essere separatamente indicati

nel bilancio di esercizio e devono es-

sere calcolati utilizzando un approccio

incrementale. Ciò significa che i bene-

fici collegati agli investimenti di carat-

tere ambientale sono limitati ai costi

di investimento supplementare (so-

vraccosti) necessari per conseguire

obiettivi di tutela ambientale. Ai fini

del computo dell’esatto ammontare

di tale ammontare, i costi ammissibili

devono essere calcolati al netto dei

vantaggi di spesa e delle produzioni

accessorie realizzate in un periodo di

cinque anni.

Tale approccio incrementale di misu-

razione dei costi, in altri termini, indi-

vidua la quota parte dell’investimento

realizzato al fine di ottenere migliorie

ambientali rispetto all’investimento

complessivo.

Quando sussiste il diritto

alla cumulabilità

Il quarto Conto energia e, in partico-

lare, l’art. 5 del decreto del ministero

dello Sviluppo economico del 5 mag-

gio 2011 prevedono una particolare

disposizione che disciplina la questio-

ne della cumulabilità degli incentivi.

Sulla base di questa norma, alle “tarif-

fe incentivanti… sono cumulabili solo

alcuni benefici e contributi pubblici

finalizzati alla realizzazione dell’im-

pianto” ricomprendendo nella nozio-

ne di contributi cumulabili, i contribu-

ti in conto capitale, il finanziamento a

tasso agevolato e i benefici conse-

guenti all’accesso a un fondo di ga-

ranzia. Nella nozione di contributi

cumulabili, come chiarito dal Ministe-

ro, non rientrerebbe la detassazione in

esame. Il ministero dello Sviluppo eco-

nomico ha invece specificato che, ai

fini del possibile cumulo, si deve appli-

care il comma 4 dell’art. 5 del decreto

ministeriale del 5 maggio. Tale comma

stabilisce che “a partire dal 2013 si

applicano le condizioni di cumulabilità

degli incentivi secondo le modalità di

cui all’art. 26 del decreto legislativo

n.28/2011”.

Sulla base di tale previsione, allora,

solo dal primo gennaio 2013 si po-

tranno cumulare gli incentivi al foto-

voltaico con la detassazione dal red-

dito di impresa per acquisto di appa-

recchiature e macchinari, tra cui rien-

tra anche la detassazione degli inve-

stimenti ambientali di cui alla legge

388/2000.

Infine, il ministero dello Sviluppo eco-

nomico ha osservato che gli operatori

dovrebbero attentamente valutare la

possibilità di usufruire del cumulo sul-

la base dell’approccio incrementale

che caratterizza il calcolo della quota

ammissibile di aiuto nel caso di inve-

stimento ambientale, come sopra ri-

chiamato. Di fatto, il vantaggio effet-

tivo derivante dal cumulo sarebbe

annullato in considerazione della cir-

costanza che il beneficio costituito

dalla tariffa fotovoltaica dovrebbe es-

sere detratto dai costi ammissibili alla

detassazione.

Più in particolare, come chiarito dal

ministero dello Sviluppo economico,

“i costi ammissibili devono essere, fra

l’altro, calcolati al netto dei vantaggi

e dei profitti operativi nei quali rien-

trerebbe (almeno in parte) la tariffa

incentivante del fotovoltaico”.

Marco Paneresponsabile Tax - Rödl & Partner

Roma

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1-2/201224

Sono otto le figure professionali, nuo-

ve o da riqualificare, di rilevanza stra-

tegica per l’attuazione di sistemi energe-

tici sostenibili e per l’attivazione di pro-

cessi a basso impatto ambientale. A indi-

viduarle è un’indagine dell’Isfol, l’Istituto

per lo sviluppo della formazione profes-

sionale dei lavoratori, che ha analizzato i

fabbisogni professionali di un campione

rappresentativo di imprese, enti pubblici

e consorzi. La ricerca si focalizza su tre

specifici settori: sistemi energetici ecoso-

stenibili, efficienza energetica (riferita

all’edilizia sostenibile), agro-alimentare di

qualità a filiera corta.

A emergere è la necessità di agire nel mo-

do più opportuno rispetto al contesto

territoriale, valorizzando le caratteristiche

fisiche, economiche e sociali. Di qui l’im-

portanza di un “Esperto di interventi

energetici sostenibili a livello territoriale”,

un consulente per le imprese e le ammi-

nistrazioni nell’ideazione e pianificazione

dei progetti e nel loro coordinamento in

fase realizzativa. Tra i suoi compiti c’è l’at-

tenzione agli aspetti legislativi e tecnico-

economici delle iniziative con particolare

riguardo ai processi autorizzativi.

Altrettanto importante è la funzione

dell’“Esperto economico finanziario di

interventi in campo energetico e ambien-

tale”, che deve individuare strategie, pro-

cedure e strumenti (sgravi fiscali e incen-

tivi) per rendere praticabile la sostenibilità

economica e finanziaria degli interventi.

È un professionista che può operare sia

nell’ambito dei sistemi energetici, sia in

quello della riqualificazione ambientale in

edilizia. Per quest’ultimo settore, l’Isfol ha

tracciato l’identikit di altre tre figure, due

nuove e una da riqualificare. Al “Promo-

tore consulente di materiali edili a basso

impatto ambientale” viene attribuito il

compito di supportare progettisti e im-

prese nella scelta dei prodotti da utilizza-

re. L’“Esperto per la qualificazione in

campo energetico ambientale delle im-

prese edili” aiuterà le aziende ad adottare

tecniche di costruzione a basso impatto

ambientale allo scopo di agevolare l’ac-

cesso a processi di riqualificazione, la par-

tecipazione ad appalti verdi e consentire

la certificazione dei prodotti. Infine, c’è

OCCUPAZIONE

Le nuove figure professionali che servono a imprese e Pa per sviluppare la sostenibilitàUn’indagine Isfol individua otto profili che rispondono ai fabbisogni attuali e futuri. Si va dall’esperto di interventi energetici all’amministratore di condominio

Per i laureati in materie ambientali il lavoro non manca

C’è poca crisi per i laureati in materie ambientali: entro un anno dalla fine del percorso accademico breve il 43,5% degli studenti trova lavoro, e dopo tre anni la percentuale sale al 53,4%. Positiva anche la tipologia contrattuale che i neolaureati riescono a ottenere: più della metà degli occupati, infatti, è inserito con un rapporto di lavoro dipendente. È quanto emerge dalla ricerca Isfol sulle “Lauree triennali ambientali” realizzata in occasione dei 25 anni del Progetto Ambiente-Ifolamb. L’indagine, che ha coinvolto nel 2007 e nel 2010 più di 550 laureati di 48 università italiane, mette in evidenza che il lavoro viene trovato soprattutto ricorrendo alla propria rete relazionale (20, 9%) e vincendo un concorso pubblico (17,7%). F.P.

Flavio Padovan

l’”Amministratore di condominio”, le cui

mansioni vengono estese affinché possa

svolgere un ruolo propositivo nell’orien-

tare le scelte dei proprietari degli appar-

tamenti. Nel settore agro-alimentare a

filiera corta, l’indagine Isfol individua tre

figure ad hoc: l’“Esperto in programma-

zione dei processi produttivi agricoli”,

che aiuta nelle scelte di coltivazione e

commercializzazione sulla base delle ca-

ratteristiche della zona; il “Responsabile

della gestione ambientale e qualità nella

produzione agricola”, che controlla che

siano rispettate tutte le strategie azienda-

li relative alla qualità del processo produt-

tivo e dei prodotti in un’ottica di sosteni-

bilità ambientale; infine, il “Tecnico dei

processi produttivi agricoli”, ovvero colui

che presidia l’intero ciclo produttivo, dal-

la pianificazione fino alla commercializza-

zione dei prodotti.

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1-2/2012 24

Chiara Scalco

È stata presentata ufficialmente la

38esima edizione della mostra con-

vegno Expocomfort, che avrà luogo a

Milano dal 27 al 30 marzo 2012.

Massimiliano Pierini, business unit direc-

tor di Reed Exibitions Italia, ha parlato di

numeri in ascesa per l’imminente edizio-

ne: «Rispetto al 2009 ci saranno 70

aziende in più all’interno dello spazio

fieristico, con una percentuale del +14%

di espositori stranieri».

Interessante il percorso “Efficienza Inno-

vazione”, nato, secondo Pierini, per aiu-

tare il visitatore più attento e mettere in

evidenza i prodotti migliori e le soluzioni

più performanti che hanno come obiet-

tivo l’utilizzo razionale dell’energia.

«Si tratta del meglio della produzione

mondiale a oggi presente sul mercato -

conferma Pierini -: al percorso sarà dedi-

cata una segnaletica speciale e materia-

le stampato specifico. L’anno scorso

abbiamo valorizzato ben 107 prodotti.

A conclusione del percorso si troverà

un’area chiamata “Verso la classe A”,

presieduta dal personale del Politecnico

di Milano, che aiuterà a capire i diversi

prodotti esposti».

Saranno inoltre disponibili due aree

workshop che le aziende potranno sfrut-

tare per brevi presentazioni dei loro pro-

dotti efficienti.

Expocomfort, però, non è solo esposi-

zione fieristica, ma anche punto di in-

contro e aggiornamento per addetti ai

lavori: a tal proposito è stato sviluppato

un variegato ciclo di convegni e confe-

renze. Giuliano Dall’O’, presidente del

Comitato scientifico Next Energy, spie-

ga: «Abbiamo dato un tema alla prossi-

ma edizione, chiamandolo “Zero Energy

2020: verso l’integrazione”. Siamo riu-

sciti a definire alcune linee guida per

aiutare il visitatore nella scelta del conve-

gno o dell’iniziativa che soddisfi le sue

esigenze. Queste sono: recepire le nuo-

ve regole della progettazione, valorizza-

re competenze e professionalità, garan-

tire le prestazioni, rinnovare l’esistente e

finanziare l’innovazione.

Parliamo di edifici a prestazioni sempre

più alte, al 2020 dobbiamo arrivare a

costruire edifici a energia “quasi zero”.

Ma la grossa sfida ce la giochiamo sul

parco edilizio esistente che merita di es-

sere riqualificato dal punto di vista ener-

getico. Con i nuovi edifici, invece, non

riusciamo totalmente a risolvere i pro-

blemi».

Il programma istituzionale di Next Ener-

gy verte su tre temi fondamentali e si

suddivide in tre eventi: il forum naziona-

le sulla certificazione energetica degli

edifici (27 marzo), impianti e sostenibili-

tà ambientale nelle grandi architetture

internazionali (28 marzo) e fotovoltaico

e termico: parte di un sistema energetico

integrato (29 marzo).

Altre iniziative saranno sviluppate dai

partner Aicarr, Assistal e Sacert.

MANIFESTAZIONI

Expocomfort 2012: torna la 38esima edizione con novità espositive e tanti convegniIn scena nel capoluogo lombardo dal 27 al 30 marzo, la mostra convegno registra un boom di partecipazioni da parte di aziende italiane e straniere

La passata edizione della mostra convegno Expocomfort

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50

A Aba Impianti - 5

Accenture - 38, 39

Acea - 5

Aicarr - 49

Ascomac - 8

Assistal - 49

Auchan - 42

Autorità per l’energia

elettrica e il gas - 18, 25

C Carbon disclosure project - 38

Cd2e - 43

Cdp - 39

Centro di ricerca aeronautica

e spaziale tedesco - 21

Cia - 5

Cnr-Ismn Bologna - 29

Cofely - 12

Cogena - 7, 9

Conai - 41

Confagricoltura - 5, 27

Consorzio italiano biogas - 26

Coop - 42

Crpa - 26

Cyanine - 29

D Desertec Foundation - 20

Desertec Industrial

Initiative - 20

Dyepower - 31

Dyesol - 29

E Eba - 28

Edf - 44

Edison - 5, 40

Egea - 13

Electrolux - 16

Enel - 5, 9, 16, 38, 40

Enel Green Power - 20

Energia spa - 5

Energy&Strategy Group - 34

Eni - 40

Entso-E - 25

Envie2eNord - 43

Erg - 31

Esselunga - 42

Ewea - 25

F Federazione regionale

Coldiretti di Lombardia - 27

Fiat - 5, 12, 38, 40

Finbieticola - 5

Fire - 11

Freescale - 16

Fugas - 5

Fujikura - 30

G G24i - 31

Galsi - 5

Gdf Suez - 12

Gruppo Hera - 5

Gse - 11

I Indesit - 16

Iper - 42

Isfol - 48

Istituto Fraunhofer - 20, 31

Italcementi - 40

L Leagambiente - 27

Lumiwatt - 44

M Masen - 22

Max Planck - 20

Medgrid - 24

Medreg - 25

Metso - 24

Michelin - 12

Monte dei Paschi di Siena - 38

O Optima Italia - 18

P Pam - 42

Permasteelisa - 31

Pirelli - 12

Politecnico di Milano - 34, 49

R Reed Exibitions Italia - 49

Rödl & Partner - 46

S Sacert - 49

Sedna Power Plants - 32

Seia - 32

Sfrirs - 5

Sharp - 30

Siemens - 5, 22

Simply - 42

Solaronix - 30

Solvay - 12

Sonatrach - 5

Sonelgaz - 25

Sony - 30

Steg - 25

T Telecom Italia - 16

Terna - 20, 24

Trina - 5

U Unes - 42

Unicredit - 20

Unilever - 40

Unione per il

Mediterraneo - 24

Unione petrolifera - 14

Università degli studi

di Milano - 27

Università degli studi

di Torino - 29

Ne abbiamo parlato a pagina:

anno V - n. 42 - gennaio / febbraio 2012

DIRETTORE RESPONSABILE: Mattia Losi

REDAZIONE: Maria Andreetta (Caposervizio)

SEGRETERIA DI REDAZIONE: Laura Marinoni Marabelli

COLLABORATORI: Luciano Barelli, Flavio Padovan, Guido Plutino,

Luca Re, Chiara Scalco, Gianluigi Torchiani, Ruggero Vota

PROGETTO GRAFICO: Claudio Codazzi

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PROPRIETARIO ED EDITORE: Il Sole 24 ORE S.p.A.

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PRESIDENTE: Giancarlo Cerutti

AMMINISTRATORE DELEGATO: Donatella Treu

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Associato a:

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Ab Energy - II di cop.

Deutsche Messe -17

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