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Gennaio / Febbraio 2012 - Anno 5 - Numero 42
Desertec: l’energia verde del Sahara è al nastro di partenza
Il biogas in Italia vale 350 MW di potenza e può crescere ancora
Le potenzialità dell’efficienza in edilizia secondo l’Energy Efficiency Reportpag. 20 pag. 26 pag. 34
La cogenerazione cerca un ruolo da protagonista La produzione contemporanea di energia e calore apporta vantaggi economici e ambientali, eppure stenta a imporsi come pratica diffusa. Gli operatori si aspettano un contributo positivo dagli incentivi sui sistemi ad alto rendimento
pag. 7
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energia tradizionale
energia alternativa
Storia di copertina:
7 La cogenerazione italiana prova a ripartire dopo un triennio di crisi e incertezze normative
9 Cogena: nessuna rivalità con le rinnovabili, ma la ripartizione degli incentivi è squilibrata
11 Incentivi più sicuri, ma l’Agenzia delle dogane penalizza i piccoli impianti del settore civile
12 Cofely Italia: i benefici di cogenerazione e teleriscaldamento si possono sfruttare senza esborso
Focus
14 All’Italia l’energia costerà sempre più cara. Spenderemo oltre 65 miliardi di euro nel 2012
Tecnologie&Soluzioni
16 Un “esperanto” farà dialogare tra loro gli elettrodomestici della Smart home
Esperienze&Carriere
18 Optima cresce velocemente integrando telefonia, gas ed energia elettrica
Storia di copertina
20 Il sole del Sahara illuminerà l’Europa. Per Desertec il 2012 è l’anno della verità
22 Tre tecnologie si spartiranno la scena, tra punti di forza e debolezze
24 Per unire le due sponde del Mediterraneo ci saranno le autostrade dell’energia
25 Brevi da Energia24.com
Focus
26 Il biogas è in ascesa e la filiera ben organizzata. Il conflitto con il “food” non preoccupa più
27 In Lombardia un progetto punta allo sviluppo della filiera agroenergetica
Tecnologie&Soluzioni
29 Alla ricerca di efficienza e durata, il fotovoltaico organico gioca sulla flessibilità
Esperienze&Carriere
32 Il quarto Conto energia spinge Sedna Power a puntare sui giovani mercati esteri
3 Sommario 5 Energy map
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-to dei dati personali, presso il coordinamento
Economia&Finanza
45 Per tutelare gli investimenti è bene diversificare, anche geograficamente
Normativa
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Formazione
48 Le nuove figure professionali che servono a imprese e Pa per sviluppare la sostenibilità
Agenda
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ambiente sostenibile
Storia di copertina34 Il Piano d’azione sull’efficienza è troppo timido. Negli edifici italiani
35 Dove può arrivare il fotovoltaico sui tetti d’Italia
36 Produzione termica da rinnovabili, tutto dipenderà dagli incentivi
Focus38 La lotta al cambiamento climatico è entrata nell’agenda dei big dell’economia italiana
39 Tra pochi anni la sostenibilità d’impresa diventerà importante quanto il marketing
41 Conai: più leggeri e riciclati, così gli imballaggi fanno risparmiare energia e acqua
42 Le iniziative della Gdo in Lombardia
Esperienze&Carriere43 La regione francese di Nord-Pas de Calais attira investimenti per nuove ecoimprese
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MOBILITÀ ELETTRICALuogo: RomaTecnologia: progetto pilota di mobilità elettrica della durata di 18 mesiPotenziale: fornitura di un primo lotto di 40 veicoli modello Fiorino Cargo a trazione elettrica e successivi lotti a integrazione del parco veicoli commerciali di AceaStato progetto: in corso (primi 40 veicoli già operativi)Progetto sviluppato da Fiat e AceaNote: il memorandum d’intesa è stato firmato nel mese di gennaio e illustrato al sindaco della capitale, Gianni Alemanno, e al ministro dell’Ambiente, Corrado Clini
GASDOTTOLuogo: da Porto Botte (Ci) a Olbia fino a Piombino (Li)Tecnologia: tratto italiano del metanodotto che collegherà l’Algeria all’ItaliaPotenziale produttivo: l’opera avrà una capacità di 8 miliardi di metri cubi di gas l’anno. Il tratto Algeria-Sardegna sarà lungo 285 km; attraverserà poi l’Isola per 272 km, arrivando fino in Toscana con una condotta di 280 km Stato progetto: è stata ottenuta l’approvazione da parte della Conferenza dei serviziProgetto sviluppato da Galsi, società di studio composta da Sonatrach, Edison, Enel, Gruppo Hera e Regione Sardegna, attraverso la finanziaria SfrirsNote: una volta acquisite le intese Stato-Regioni, il ministero dello Sviluppo economico potrà rilasciare l’autorizzazione unica alla costruzione e all’esercizio
IMPIANTO A BIOMASSELuogo: Casei Gerola (Pv)Tecnologia: riconversione di ex zuccherificio in centrale a biomassePotenziale produttivo: con una potenza installata di circa 50 MW, l’impianto potrà utilizzare a fini energetici fino a 90.000 tonnellate di biomasse vegetali ogni annoStato progetto: accordo firmatoProgetto sviluppato da Regione Lombardia, Provincia di Pavia, Comune di Casei Gerola, Finbieticola, Confagricoltura, Cia e altre associazioniNote: la sostanza secca da utilizzare nella centrale proverrà dalle coltivazioni di sorgo del territorio circostante, con l’obiettivo di salvaguardare i posti di lavoro della zona e creare una filiera agroenergetica
IMPIANTO FOTOVOLTAICOLuogo: Trezzano sul Naviglio (Mi) e PiacenzaTecnologia: solare fotovoltaica e film sottile su coperture di stabilimenti produttiviPotenziale produttivo: un totale di 550 kW è stato installato sui tetti di cinque edifici industriali. L’energia elettrica prodotta è utilizzata dagli stabilimenti e l’eccesso venduto alla reteStato progetto: realizzatoProgetto sviluppato da Aba Impianti per FugasNote: in relazione alle differenti tipologie di tetto, sono state studiate coperture ad hoc: per esempio per l’edificio di Trezzano sul Naviglio è stato pensato un impianto da 51,84 kW con fissaggio moduli non vincolato alla forma del tetto, composto da shed contrapposti e arcate
IMPIANTO FOTOVOLTAICOLuogo: Nepi (Vt)Tecnologia: solare fotovoltaicaPotenziale produttivo: l’impianto, di potenza pari a 4,4 MW, fornirà energia elettrica sufficiente al fabbisogno di circa 1.800 famiglieStato progetto: realizzatoProgetto sviluppato da Siemens Italia per l’azienda committente Energia Spa. I pannelli solari sono stati forniti da TrinaNote: l’investimento complessivo è di circa 9 milioni di euro
Impianti e siti regione per regione Le novità segnalate da Energia24
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energia tradizionale
Tra l’Italia e la cogenerazione l’idillio
non è mai pienamente sbocciato,
causa problemi burocratici, carenze e
ritardi normativi e per una diffusa sotto-
valutazione delle potenzialità di questa
tecnologia. Oggi gli operatori del setto-
re sono alle prese con sentimenti con-
trastanti: da una parte la soddisfazione
per il varo delle norme sull’incentivazio-
ne della cogenerazione ad alto rendi-
mento e il rinnovo delle detrazioni fisca-
li del 55% e del 36%. Dall’altra la gene-
rale preoccupazione per la situazione di
un settore reduce da un triennio non
felice e che potrebbe pagare ulterior-
mente la nuova recessione ormai in at-
to. Di questi temi si è parlato nel corso
di un recente convegno organizzato da
Cogena, l’associazione italiana per la
promozione della cogenerazione. Il
comparto, ha spiegato il presidente di
Cogena, Sergio Dotti, ha vissuto una
fase positiva nel periodo 2002-2007,
uscendo dalla condizione di nicchia di
mercato. In questa fase gli operatori del
settore erano arrivati a vendere circa
250 impianti l’anno in ambito naziona-
le. Ma con il 2008 e l’inizio della crisi
economica mondiale, gli investimenti
COMPARTI
La cogenerazione italiana prova a ripartire dopo un triennio di crisi e incertezze normative Il settore, in termini di macchine vendute, è lontano dai livelli toccati nel 2007. Secondo gli operatori i vantaggi di questa tecnologia non sono ancora percepiti
delle industrie nel Chp (Combined heat
and power) sono praticamente crollati,
tanto che ormai - per effetto di una fles-
sione più contenuta - le macchine sono
soprattutto vendute nel settore civile.
«I dati finali del 2011 non faranno che
confermare lo stato di crisi - ha spiegato
Dotti -. Siamo in pratica tornati indietro
di dieci anni in termini di macchine ven-
dute: appena 150 l’anno». Ma soprat-
tutto, a differenza di quanto accaduto
per le fonti rinnovabili, la cogenerazio-
ne fatica a imporsi nell’immaginario
collettivo come soluzione capace di as-
sicurare vantaggi per la collettività. «Si
parla di questa tecnologia in convegni
ed eventi ormai da una vita - ha sintetiz-
zato il vice presidente di Cogena, Ro-
berto Loschi -. Eppure ancora oggi mol-
ti si chiedono se convenga o meno
adottarla». La risposta dell’associazione
di categoria, in realtà, non è così scon-
tata come si potrebbe pensare. Ossia: la
cogenerazione conviene ma soltanto se
sussistono certe condizioni. Dal mo-
mento che stiamo parlando di un siste-
ma ad alta efficienza nella conversione
di energia primaria in elettricità ed ener-
storia di copertina
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gia termica, è evidente che deve esserci
un fabbisogno di entrambe queste
componenti. Alla domanda di elettricità
deve insomma accompagnarsi una ri-
chiesta di energia termica, ovvero calo-
re o freddo. In particolare, secondo Lo-
schi, perché ci sia una reale convenienza
deve esserci una domanda di energia
termica per almeno 3.500 ore l’anno.
Se questa precondizione è rispettata - e
dopo un’accurata analisi della situazio-
ne della singola azienda - i tempi di ri-
torno dall’investimento possono aggi-
rarsi intorno ai quattro anni (tenendo
conto anche degli incentivi vigenti). In
caso contrario, il periodo di payback è
inevitabilmente destinato ad allungarsi.
Accanto ai vantaggi di tipo economico
ce ne sono altri a livello sociale: oltre,
naturalmente, al risparmio energetico,
la cogenerazione è in grado di assicura-
re la massima riduzione specifica di CO2
in relazione all’investimento. Per ogni
mille euro investiti, i sistemi Chp posso-
no evitare l’emissione di 600-1000 kg di
anidride carbonica l’anno, decisamente
più del solare termico (180-360 kg), ma
anche del fotovoltaico (200-580 kg).
Per il futuro, inoltre, non va sottovaluta-
to il contributo che la cogenerazione
potrebbe fornire alla stabilizzazione del-
la rete elettrica e allo sviluppo delle mo-
derne Smart grid. Innanzitutto, rispetto
alle fonti rinnovabili intermittenti (eoli-
co, solare), la generazione fornita dalle
soluzioni Chp può essere programmata.
Questo significa che un opportuno im-
piego delle macchine cogenerative in
una moderna rete elettrica integrata
può ridurre la necessità della costruzio-
ne di nuove centrali per compensare i
momenti di picco e, soprattutto, il ricor-
so a complessi e onerosi sistemi storage
(che a loro volta dovrebbero sopperire
ai momenti di bassa produzione delle
energie non programmabili).
Per il futuro, la speranza degli operato-
ri è che i nuovi incentivi sulla cogenera-
zione ad alto rendimento sortiscano
effetti positivi soprattutto sulla doman-
da del comparto industriale. Cogena,
comunque, ha salutato con soddisfa-
zione la proroga degli sgravi fiscali
sull’efficienza energetica e la riqualifi-
cazione edilizia, che potrebbero acce-
lerare gli investimenti nel settore civile:
«Con la proroga del 55% e soprattutto
con la nuova misura del 36% - ha os-
servato Carlo Belvedere, segretario ge-
nerale di Ascomac - assistiamo final-
mente a un’inversione di rotta a favore
della sostenibilità dell’edilizia urbana,
basata su alcuni pilastri fondanti: edifi-
ci antisismici ed energeticamente effi-
cienti e, con essa, alla valorizzazione
del ruolo anticongiunturale che da
sempre caratterizza l’edilizia, ruolo al
quale da oggi si ricomincia a fare ricor-
so. Nel superare la logica degli inter-
venti sul singolo componente sostituito
o installato, previsti dalla misura del
55% prorogata fino a tutto il 2012, il
Governo indica al Paese il futuro soste-
nibile, richiamando quanto previsto
dalle direttive europee, rinnovando e
potenziando a favore dell’edilizia la mi-
sura del 36%, stabilizzandola nel tem-
po ed estendendola anche a interventi
di ristrutturazione e a quelli conse-
guenti a calamità naturali».
G.T.
Numero di impianti cogenerativi venduti in Italia
Fonte: Cogena
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storia di copertina1-2/2012 24
Alla cogenerazione manca so-
prattutto un chiaro sostegno
normativo per compiere il definitivo
salto di qualità nel nostro Paese. Ne
è convinto Sergio Dotti, presidente
di Cogena.
Qual è la situazione della cogene-
razione nel nostro Paese in questo
momento?
In Italia soffriamo sicuramente di un
ritardo normativo, di recepimento
delle direttive europee. Paghiamo an-
che una situazione che vede ancora la
presenza di Enel come operatore do-
minate del mercato, che si mette di
traverso su tante scelte che potrebbe-
ro favorire la cogenerazione. D’altra
parte questo è un momento di grandi
novità: finalmente sono state appro-
vate - anche se era un atto dovuto -
le nuove normative sui sistemi Chp
ad alto rendimento. Il momento di
picco della cogenerazione si è però
raggiunto nel 2007, quando si è arri-
vati a un record di circa 250 macchine
installate, ma il trend degli anni suc-
cessivi è stato di discesa, perché l’in-
dustria nazionale ha completamente
fermato gli investimenti in questo
settore. Le ragioni principali di questo
declino sono costituite dalla mancan-
INTERVISTA
Cogena: nessuna rivalità con le rinnovabili ma la ripartizione degli incentivi è squilibrata Secondo il presidente dell’associazione di categoria, Sergio Dotti, gli investimenti in efficienza energetica del settore civile possono favorire la crescita della cogenerazione
za di credito da parte degli istituti
bancari ma, soprattutto, dall’incer-
tezza di prospettiva: la cogenerazio-
ne è un investimento che comporta
un payback medio di tre anni, un pe-
riodo temporale che attualmente è
giudicato dalla grande maggioranza
degli imprenditori come troppo lun-
go e dunque poco interessante.
Eppure, in questi ultimi anni, le
rinnovabili, fotovoltaico in parti-
colare, hanno conosciuto un vero
e proprio boom di investimenti.
Queste fonti sono in concorrenza
con la cogenerazione?
Io eviterei di parlare di concorrenza,
perché di fatto è un problema che
non esiste. In un sistema ben gover-
nato, a nostro modo di vedere, c’è
spazio per tutti, perché lo scopo, alla
fine, è quello di arrivare agli obiettivi
fissati dall’Unione europea. È vero,
però, che negli ultimi anni le rinnova-
bili hanno ottenuto una pioggia di
incentivi che probabilmente poteva-
no essere distribuiti meglio, anche se
è chiaro che il Legislatore aveva la ne-
cessità di far progredire queste tec-
nologie. Il problema è che oggi circa
il 60% degli incentivi cade sul 3%
della produzione elettrica. Si tratta di
una grande incongruenza, ma secon-
do me col tempo sarà in qualche mo-
do sanata.
Com’è il giudizio complessivo su-
gli incentivi per la cogenerazione
ad alto rendimento?
Io ritengo che il giudizio possa essere
tutto sommato positivo. Noi, comun-
que, abbiamo sempre sostenuto che
la cogenerazione, se ben studiata, in
realtà non ha necessità di incentivi
particolari, perché è capace di soste-
nersi da sola. Con questo nuovo de-
creto e con i Certificati bianchi c’è
ora un buon aiuto all’investimento e
Sergio Dotti, Cogena
storia di copertina
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Gianluigi Torchiani
alla sua gestione. È vero però che, a
contorno di questo provvedimento,
mancano ancora diverse regolamen-
tazioni e semplificazioni che permet-
terebbero agli operatori di lavorare
senza la continua spada di Damocle
dell’incertezza normativa e degli iter
autorizzativi.
È dunque molto complicato instal-
lare un impianto cogenerativo?
In realtà no. Il vero problema è che in
Italia ogni provincia, ogni comune, ha
un suo modo di approcciare questo
tema. In buona sostanza, la velocità
del processo autorizzativo dipende
dalla competenza o meno dei funzio-
nari con cui si ha a che fare. Di fatto è
questa la vera complicazione. L’iter in
sé, per gli impianti di media e grande
taglia, è relativamente semplice. Di-
verso è invece il discorso per la micro-
cogenerazione, dove i tempi di attesa
rischiano di far diventare insostenibile
e poco interessante l’investimento.
Oltre all’industria, il settore civile
può rappresentare un’opportunità
per la cogenerazione?
Il dato di partenza su cui bisogna con-
centrarsi è che circa il 50% dell’ener-
gia viene consumato nel settore civile,
ovvero nel residenziale e nel terziario,
che è anche molto poco efficientato.
Mentre l’industria, infatti, per mante-
nere la sua competitività nei mercati
internazionali, ormai da molti anni ha
adottato numerose soluzioni per dimi-
nuire i propri consumi energetici e co-
sì i propri costi, il settore civile sta sco-
prendo soltanto adesso l’efficienza
energetica. E qui, purtroppo, oggi la
cogenerazione è penalizzata dal siste-
ma normativo che impedisce di distri-
buire l’energia elettrica all’interno, per
esempio, di un condominio (a diffe-
renza di quanto succede con il calore).
Il possibile sviluppo dei sistemi Chp nel
settore civile rischia di essere ulterior-
mente frenato da una recente nota del
ministero delle Finanze seguita al de-
creto sulla cogenerazione ad alto ren-
dimento (vedi box nella pagina a fian-
co): questa disposizione stabilisce che
in assetto cogenerativo la defiscalizza-
zione del combustile debba essere mi-
nore rispetto alla sola produzione di
energia elettrica. Si tratta di un prov-
vedimento che va contro ogni possibi-
le logica di efficienza energetica e che
andrà a incidere soprattutto sul setto-
re civile, dove il peso percentuale delle
accise è sicuramente superiore.
La cogenerazione italiana è dun-
que indietro rispetto alla media
europea?
Non vorrei fare la classica figura
dell’operatore che si lamenta sempre,
però è un dato di fatto che per tanti
motivi il mercato della cogenerazione
è ancora visto oggi soprattutto come
un fastidio, basti pensare alla questio-
ne delle Smart grid che, come noto,
devono essere realizzate soprattutto a
causa del tumultuoso sviluppo delle
fonti rinnovabili intermittenti, in pri-
mis del fotovoltaico. In questo senso
la cogenerazione, che è invece una
energia del tutto programmabile, per-
ché si può accendere e spegnere
quando si vuole, potrebbe sicuramen-
te giocare un ruolo decisivo nel fun-
zionamento delle reti di nuova gene-
razione. In Francia, per esempio, è in-
centivata la diffusione di impianti Chp
in autoproduzione perché, nel mo-
mento in cui il nucleare - che non è
modulabile - si trova in difficoltà di
produzione, il sistema energetico fa
entrare in servizio le centrali di coge-
nerazione, anche se la loro produzio-
ne non è necessaria per l’autoconsu-
mo. Tutto questo si potrebbe gestire
ancora meglio con le Smart grid ma, in
realtà, siamo ancora lontani dal varare
delle norme in tal senso in Italia.
Un recente studio di Amici della
terra ha messo in luce la scarsa ef-
ficienza della cogenerazione italia-
na. C’è del vero?
Si può ammettere che in alcuni casi, in
passato, non tutte le centrali cogene-
rative siano state pensate con la mas-
sima efficienza possibile, soprattutto
rispetto ai parametri attualmente in
vigore. In ogni caso, è evidente che se
non c’è risparmio energetico non ha
senso fare cogenerazione. Ma con il
nuovo decreto, che prevede un’effi-
cienza almeno del 75%, questo aspet-
to dovrebbe essere definitivamente
superato.
Temete che la nuova recessione in
atto possa influire sul settore?
Spero che in questa situazione di conti-
nua precarietà economica si capisca co-
me l’efficienza energetica sia una leva
fondamentale per aumentare la compe-
titività del Paese, perché capace di ridurre
le importazioni da fonti fossili. È evidente,
però, che ci vuole una politica chiara e
uniforme a sostegno del settore.
11
storia di copertina1-2/2012 24
La cogenerazione italiana è stata interessata recente-
mente da tre provvedimenti normativi che sono desti-
nati a incidere significativamente sul funzionamento del
comparto. Si tratta del decreto ministeriale del 4 agosto
2011, che stabilisce le modalità di riconoscimento della
Cogenerazione ad alto rendimento (Car), del Dm del 5
settembre 2011 (nuovo regime di incentivazione della co-
generazione) e della nota delle Agenzie delle dogane n.
75649 del 6 settembre 2011, che ha modificato il regime
fiscale sul gas naturale impiegato per la cogenerazione.
Più nel dettaglio, come spiega un’analisi del Fire (Federa-
zione italiana per l’uso razionale dell’energia) i nuovi cri-
teri sulla Car risultano più restrittivi rispetto a quelli prece-
dentemente in vigore, in quanto privilegiano gli impianti
con rendimento di primo principio (rapporto fra energia
elettrica e termica prodotte e energia del combustibile)
elevato, superiore all’80% per gli impianti a ciclo combi-
nato e a condensazione e spillamento e al 75% per gli
altri tipi di cogeneratori. Nel caso in cui questa condizione
non sia raggiunta (segno di un recupero del calore insuf-
ficiente), solo una parte dell’energia elettrica prodotta è
considerata cogenerativa e partecipa alla valutazione del
risparmio di energia primaria e, dunque, agli incentivi. Per
quanto riguarda il vero e proprio regime incentivante, lo
scorso 5 settembre il ministero dello Sviluppo economico
ha stabilito come le nuove tariffe si basino sul sistema dei
Certificati bianchi, che vengono riconosciuti per un perio-
do di 10 anni per gli impianti di produzione e di 15 anni
per le installazioni abbinate al teleriscaldamento. Al valore
base del Certificato bianco è inoltre applicato un coeffi-
ciente, differenziato per cinque scaglioni di potenza, così
da tenere conto dei diversi rendimenti medi e delle poten-
zialità di sviluppo della piccola e media cogenerazione. La
gestione della misura è affidata al Gse, a cui gli operatori
si dovranno rivolgere per richiedere la qualificazione come
Car; successivamente - e questa è la vera novità rispetto al
passato - il Gestore riconoscerà annualmente un incenti-
vo corrispondente agli effettivi risparmi di energia prima-
ria conseguiti e misurati. Ma se questi primi due provvedi-
menti sembrano congegnati per favorire gli investimenti
nei sistemi Chp, il terzo, ovvero la nota dell’Agenzia delle
dogane in materia di fiscalità del combustibile, rischia di
comprometterne le potenzialità, soprattutto nel settore
civile. Il regolamento, sottolinea il Fire, modifica comple-
tamente le modalità di calcolo dell’accisa del gas impiega-
te da un ventennio a questa parte. La nuova procedura -
quella utilizzata in passato era basata sui consumi specifi-
ci (per il gas naturale il coefficiente era pari a 0,25 m3/
kWh) - calcola la percentuale di combustibile al quale vie-
ne riconosciuta l’accisa per uso di generazione elettrica
come il rapporto tra l’elettricità (misurata dal contatore
fiscale) e la somma dell’energia elettrica e termica prodot-
te dal cogeneratore (desunta da un misuratore di energia
termica che rispetti la direttiva Mid 2004/22/Ce, di cui si
richiede l’installazione). La restante parte di combustibile
è sottoposta all’accisa per usi civili o industriali in base al
settore di applicazione. Il risultato in termini economici,
non considerando il costo del misuratore (che per piccoli
impianti può anche essere significativo) è che per un co-
generatore alimentato a gas naturale possono esserci ex-
tra oneri nell’ordine dei 20-30 euro per MWh per gli usi
civili e dei 2-3 euro MWh per quelli industriali. Secondo il
Fire, gli impianti sottoposti ad accisa usi civili sul gas natu-
rale risultano pesantemente danneggiati dalle nuove re-
gole, che peraltro impattano su tutti i cogeneratori, com-
presi quelli già in funzione. G.T.
NORMATIVE
Incentivi più sicuri, ma l’Agenzia delle dogane penalizza i piccoli impianti del settore civile
storia di copertina
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Chi è Cofely
Cofely è una società di servizi che fa parte del “gigante” dell’energia Gdf Suez e che opera in vari settori (ambiente, comprendente tutti gli asset dei rifiuti e delle acque
industriali, prodotti petroliferi, produzione di energia). Nella veste di grande Esco (Energy service company) Cofely opera con il ramo Energy Services. La divisione da sola genera a livello globale 13,5 miliardi di euro di fatturato (2010) e occupa 76.000 dipendenti. Cofe-ly è presente in oltre 20 Paesi in tutto il mondo, in particolare in Europa, e in Italia dà lavo-ro a 2.400 dipendenti per un fatturato nel 2010 di oltre un miliardo di euro. Il filone di attività più tradizionale di Cofely è legato al settore definito come “gestione calore” (ser-vizi di riscaldamento e di climatizzazione, per clienti pubblici, industrie, Pmi e residenziali), cui si affianca l’attività di facility management e quella, più “a tema”, del Polo energia che, diversamente dalle altre, è centralizzata per via delle competenze necessarie, di tipo più specializzato. All’interno del Polo Energia Cofely si occupa di cogenerazione in ambito in-dustriale, avendo tra i clienti realtà di peso come Fiat, Michelin, Pirelli, Solvay e di teleri-scaldamento, con una decina di progetti operativi prevalentemente nel Nord Italia.
L’efficienza energetica è un tema estre-
mamente caldo, soprattutto in tempi,
come questi, che impongono una riduzio-
ne dei consumi per ragioni economiche
ancora prima che ambientali. Eppure il
temperamento delle imprese italiane su
questo fronte sembra tiepido. Perché? Al-
la base, secondo Agostino Albertazzi, di-
rettore aggiunto Polo Energia di Cofely
Italia, c’è soprattutto un problema cultura-
le: «L’investimento nell’efficienza energe-
tica - pensa il manager - non è ancora
percepito come un asset durevole sul qua-
le si può generare quella redditività che,
invece, si pensa possa derivare, per esem-
pio, da un impianto fotovoltaico. L’effi-
cienza energetica, inoltre, richiede compe-
tenze specifiche perché bisogna interveni-
re in genere con innovazioni tecnologiche
SUL CAMPO
I benefici di cogenerazione e teleriscaldamento si possono sfruttare senza esborsoIl freno delle industrie sugli investimenti non “core” e la mancanza di una corretta informazione rappresentano un ostacolo. Il quadro del settore tracciato da Cofely Italia
non banali. Il gap culturale alza una sorta
di barriera che impedisce un approccio
pratico, come invece è avvenuto in altri
contesti». Il mercato dell’efficienza ener-
getica in Europa (dai trasporti all’edilizia
all’industria), nell’anno 2010, è stato valu-
tato in circa 40 miliardi di euro, cifra che
potrebbe sfiorare i 70 miliardi l’anno nel
2020. Con quello che c’è ancora da fare,
e considerando queste cifre, si deducono
le enormi potenzialità di sviluppo che han-
no di fronte gli operatori e le opportunità,
ancora non sfruttate, da parte dei settori
energivori. In realtà, l’atteggiamento delle
nostre imprese, dell’industria in particola-
re, verso il tema dell’efficienza è a doppia
faccia. «Nelle grandi realtà come le multi-
nazionali la sensibilità è già presente e l’ap-
proccio è più facile - precisa Albertazzi -:
esiste il referente dell’energy manager ed
esistono i direttori di stabilimento, che nor-
malmente sono figure professionali di un
certo livello. Si ha di fronte un grado di
competenza elevato e si innesca in genere
un confronto dialettico positivo. Ma se
esiste la consapevolezza del “tema effi-
cienza”, c’è però il problema legato agli
investimenti: le industrie sono restie a in-
vestire nell’efficienza perché questa non
rappresenta il core business e può disto-
gliere risorse da dedicare a esso. È per que-
sto motivo che c’è propensione verso un
modello contrattuale come il nostro che
non prevede l’esborso diretto, consente
un miglioramento delle economie, grazie
al risparmio, e comporta il rinnovamento
di un parco impiantistico che, per quanto
riguarda la generazione di energia, nelle
nostre industrie è spesso obsoleto».
Agostino Albertazzi, Cofely
13
storia di copertina1-2/2012 24
Maria Andreetta
Nel vasto puzzle di cui si compone l’effi-
cienza energetica, la cogenerazione in
ambito industriale è un tassello impor-
tante. Si tratta di un mercato dove la
concorrenza è abbastanza ridotta, quan-
to a numero di operatori, perché sono
questi ultimi che generalmente si fanno
carico degli ingenti investimenti necessa-
ri e, per poterlo fare, bisogna avere le
“spalle larghe”. «L’investimento che ab-
biamo effettuato per Michelin nel 2004,
con l’impianto entrato in funzione nel
2008, è costato circa 40 milioni di euro.
Si tratta di cifre accessibili se si fa parte di
un grande gruppo». Tramite opportune
macchine come le turbine a gas, la coge-
nerazione produce energia elettrica con
le caratteristiche qualitative (tensione e
corrente) richieste dal cliente ed energia
termica sotto forma di vapore o acqua
calda, che sono erogati all’utente in fun-
zione delle sue esigenze. Le forme con-
trattuali proposte da Cofely prevedono,
oltre alla realizzazione degli impianti e
all’accollo degli investimenti, la loro ge-
stione che normalmente dura una quin-
dicina d’anni. Un’applicazione particola-
re della cogenerazione è rappresentata
dal teleriscaldamento, che permette di
unire l’utilizzo dell’energia termica per le
reti di teleriscaldamento con l’energia
elettrica, che può essere consumata sul
posto oppure commercializzata sul mer-
cato elettrico. Esistono incentivi specifici,
come i Certificati bianchi, se gli impianti
sono riconosciuti come Car (Cogenera-
zione ad alto rendimento). Cofely opera
sul territorio italiano con impianti di tele-
riscaldamento in diverse città, prevalen-
temente al Nord, e su questo settore c’è
una forte intenzione di investire ulterior-
mente. Perché, anche in questo caso, c’è
ancora molto da fare. «Abbiamo casi
d’eccellenza come Brescia o Torino - ha
ricordato Albertazzi -, ma in generale
non c’è una grande diffusione. Eppure
sotto il profilo economico e ambientale il
teleriscaldamento comporta vantaggi
innegabili. Intanto perché dove arriva
vengono eliminate centrali obsolete ali-
mentate da oli combustibili. Il teleriscal-
damento spegne i punti locali di produ-
zione di energia, trasportando solo l’ac-
qua calda: si centralizzano la produzione
e utilizzando equipaggiamenti termodi-
namici più moderni ed efficienti, le emis-
sioni si abbassano e, tra l’altro, sono
molto più facilmente monitorabili rispet-
to alla presenza di una pletora di impian-
ti distribuiti». Inoltre, né ai cittadini, né ai
Comuni viene richiesto un esborso finan-
ziario: il Comune, spiega Albertazzi, si
limita ad autorizzare l’impianto e sotto-
scrive con il fornitore una convenzione
con una serie di condizioni relative, per
esempio, al rifacimento di manti stradali.
In genere i Comuni richiedeno che gli
stabili di proprietà abbiano un allaccia-
mento agevolato alla rete, mentre per i
cittadini “l’adesione” al collegamento è
libera come per un qualsiasi servizio sul
mercato. «Ci prendiamo il rischio im-
prenditoriale e, con un approccio demo-
cratico, forniamo alla popolazione
un’opportunità in più: economica e am-
bientalmente sostenibile». Ma allora per-
ché il teleriscadamento non si è già diffu-
so capillarmente? Manca, secondo il
manager, una corretta sensibilizzazione
che evidenzi i vantaggi riscontrati dove
esso già esiste. Uno degli ostacoli alla sua
diffusione, non a caso, è la sindrome
Nimby (Not in my back yard) che grava
sulle centrali, fatto che rende titubanti le
amministrazioni locali. Poi, c’è il proble-
ma dell’individuazione dell’area su cui
allocare la centrale, che deve avere deter-
minati requisiti. Infine vi sono alcune cri-
ticità tecniche relative alla tipologia
dell’edificio: la presenza di caldaie auto-
nome, per esempio, impedisce di sfrutta-
re la presenza di un collettore comune.
A Fossano 23.000 abitanti usano il teleriscaldamento
Cofely gestisce 160 reti di teleriscaldamento in Europa e ha realizzato una decina di centrali in Italia, ali-mentate a gas naturale, con motori endotermici o turbine a gas (Biella, Fossano, in provincia di Cuneo,
Crema, Saluzzo, Racconigi e Torino i luoghi più importanti), cui se ne aggiungono alcune alimentate a biomas-se (a Sellero e Collio di Val Trompia, in provincia di Brescia, e a Sedrina, in provincia di Bergamo). In partico-lare, a Fossano l’impianto di teleriscaldamento in cogenerazione (realizzato da Cofely in collaborazione con Egea, Ente gestione energia e ambiente) è operativo dal dicembre del 2007. La centrale (nella foto) produce energia elettrica e termica utilizzate nel ciclo produttivo dello stabilimento Michelin (con taglio dichiarato delle emissioni di CO2 del 56%), ed energia termica che alimenta un impianto di teleriscaldamento al servizio del Comune. L’impianto fornisce calore a 23.000 abitanti - in pratica l’intera popolazione - ha una potenza di 45 MW termici e di 5,3 MW elettrici e la rete di teleriscaldamento è lunga 19 km. È stato quantificato un risparmio di oltre il 10% in bolletta per le famiglie coinvolte e una riduzione complessiva di emissioni di CO2 di 7.000 tonnellate l’anno. Nel 2011 il Comune di Fossano ha otte-nuto il Premio Cofely per l’Efficienza energetica e ambientale dedicato alla Pubblica amministrazione.
focus
14
1-2/201224
La bolletta energetica italiana sarà
sempre più salata. L’ultimo precon-
suntivo dell’Unione petrolifera (relativo al
2011) è stato chiaro in proposito. Nel
2012, infatti, il nostro Paese dovrà sbor-
sare dai 33 ai 43 miliardi di euro per la sua
bolletta petrolifera, supponendo che il
prezzo del greggio rimanga intorno ai
110 dollari al barile. La fattura energetica
complessiva, invece, dovrebbe oltrepas-
sare i 65 miliardi di euro. Già i numeri del
2011 hanno segnato un’impennata:
l’esborso per i prodotti petroliferi è stato
il più cospicuo che si ricordi in epoca re-
cente, con quasi 35 miliardi di euro (6,5
miliardi in più del 2010), superiore anche
al picco del 2008 quando il greggio era
balzato a 140 dollari al barile. Discorso
analogo per la fattura energetica: 61,9
miliardi, quasi nove in più in confronto
all’anno precedente, nonostante il calo
della domanda interna. Questa cifra equi-
vale al 3,9% del Pil nazionale, il valore più
elevato dell’ultimo ventennio.
Il preconsuntivo ha stimato in poco più di
178 milioni di Tep (tonnellate equivalenti
di petrolio) i consumi energetici italiani del
2011, con un calo dell’1,7% rispetto al
2010 e tornando, così, sui livelli della fine
degli anni 90. La domanda di gas è dimi-
nuita del 5%, mentre quella di petrolio
ha visto una riduzione più contenuta
(-1,8%), con 1,3 milioni di tonnellate in
meno in confronto all’anno precedente;
la sua quota nel mix energetico comples-
sivo era del 39,8%, in discesa di oltre die-
ci punti percentuali dal 2000 a oggi.
Per quanto riguarda i carburanti per au-
totrazione, la domanda totale di benzina
e gasolio ha registrato una flessione ab-
bastanza contenuta (-1,4%) nel raffronto
con l’anno precedente. I consumi di ben-
zina, però, sono crollati per la prima volta
dal 1995 sotto i dieci milioni di tonnellate,
(-6% sul 2010), mentre quelli di gasolio
sono rimasti a galla con un modesto
+0,4% a circa 25 milioni di tonnellate.
DATI
All’Italia l’energia costerà sempre più cara Spenderemo oltre 65 miliardi di euro nel 2012Questa la stima del preconsuntivo 2011 dell’Unione petrolifera. Lo scorso anno il Paese ha sborsato quasi nove miliardi in più del 2010 nonostante i minori consumi
L’Unione petrolifera ha puntato il dito
contro il continuo aggravarsi della pres-
sione fiscale (Iva e accise) nel 2011, arri-
vata a pesare per il 59% sulla benzina e il
53% sul gasolio. Ecco perché i prezzi alla
pompa sono cresciuti più dei prezzi indu-
striali. L’aumento complessivo della tas-
sazione è stato di 18,2 centesimi di euro
al litro per la benzina e 21,8 per il gasolio.
E il 2012 è iniziato nel peggiore dei modi,
con aumenti fino a otto centesimi di euro
al litro in tantissime zone della Penisola,
determinati dalle nuove addizionali regio-
nali. Il 2011 ha visto anche un consistente
aumento del costo del greggio importa-
La stima della fattura energetica italiana nel 2011
Fonte: preconsuntivo 2011 Unione petrolifera
15
focus1-2/2012 24
Luca Re
to: +39% rispetto allo scorso anno, atte-
standosi sui 110 dollari al barile. La rivalu-
tazione dell’euro sul dollaro (+5,2%) ha
compensato solo parzialmente tale incre-
mento. Secondo l’Unione petrolifera, le
quotazioni internazionali del greggio so-
no cresciute costantemente, nonostante
il rallentamento dell’economia mondiale,
a causa soprattutto della crisi nordafrica-
na che ha colpito il mercato, creando de-
gli scompensi tra domanda e offerta.
Così, rispetto a un’oscillazione di 65-85
dollari al barile nel 2010, i prezzi si sono
rincorsi nella finestra dei 100-120 dollari
al barile nel 2011, con picchi di 130.
L’analisi dell’Unione petrolifera, infine, si
è concentrata sulla crisi della raffinazione
europea. Il calo dei consumi petroliferi nei
Paesi occidentali a vantaggio di quelli
emergenti e la costruzione di nuove raffi-
nerie in Asia, prive di vincoli ambientali e
quindi più competitive di quelle europee,
sono le cause di una “crisi sistemica mol-
to grave”. C’è un eccesso di capacità pro-
duttiva per le raffinerie del Vecchio conti-
nente. Nel biennio 2009-2010, ricorda
l’Up, l’Europa ha chiuso impianti per 29
milioni di tonnellate di capacità, mentre
l’Asia ne ha realizzati di nuovi per oltre 69
milioni di tonnellate. Per l’Italia si stima un
eccesso pari a venti milioni di tonnellate,
che dovrebbe portare alla chiusura di
quattro o cinque stabilimenti.
Gli ultimi aumenti sulla tassazione dei carburanti
* Fondo unico per lo spettacolo
Le nuove addizionali regionali
Fonte: preconsuntivo 2011 Unione petrolifera
Aumenti nella tassazione (accisa + Iva) della BENZINA nel 2011 (ecent/litro)
Nuova accisa 0,7042
Nuova accisa 0,5932
6 dicSALVA ITALIA
> IVA +4,2> IVA +4,8
> ACCISE +14
18,2 21,8> ACCISE +17
6 dicSALVA ITALIA
1 novEMERGENZA ALLUVIONE
1 novEMERGENZA ALLUVIONE
17 setAUMENTO IVA AL 21%
17 setAUMENTO IVA AL 21%
1 lugFINANZIAMENTO FUS* 2°
1 lugFINANZIAMENTO FUS* 2°
28 giuEMERGENZA IMMIGRATI
28 giuEMERGENZA IMMIGRATI
6 aprFINANZIAMENTO FUS* 1°
6 aprFINANZIAMENTO FUS* 1°
Accisa fino al 5 aprile 0,5640
Accisa fino al 5 aprile 0,4230
Aumenti nella tassazione (accisa + Iva) del GASOLIO nel 2011 (ecent/litro)
9,9 13,6
1,11,1
1,3 1,20,2 0,2
4,8 4,8
0,9 0,9
Fonte: preconsuntivo 2011 Unione petrolifera
tecnologie&soluzioni
16
1-2/201224
Anche le abitazioni vogliono diven-
tare più Smart per consumare
meno energia, in particolare elettricità,
che è quella che offre le maggiori pos-
sibilità di risparmio. Ma un’abitazione
Smart può significare anche nuovi ser-
vizi all’utente: controllo remoto degli
apparecchi oppure servizi innovativi
come la telemedicina.
Quattro aziende (Electrolux, Enel, Inde-
sit e Telecom Italia) hanno fiutato l’af-
fare e hanno lanciato un progetto,
battezzato Energy@home. A esse si è
affiancata Freescale come partner tec-
nologico. «Nel progetto Energy@home
abbiamo cominciato a lavorare per di-
segnare una infrastruttura domestica,
chiamata Home Automation Network
o Han, che permetterà la connessione
e il controllo di sensori, attuatori ed
elettrodomestici con l’obiettivo di ri-
durre i consumi energetici - ci ha spie-
gato Claudio Borean, responsabile per
Telecom Italia delle attività di ricerca
del progetto Smart grid at home -. In
pratica, abbiamo messo a punto un
protocollo di comunicazione che ga-
rantisce un linguaggio comune, e quin-
di l’interoperabilità, tra gli elettrodo-
mestici che potranno scambiare infor-
mazioni con il contatore intelligente di
Enel per decidere quando mettersi in
moto, secondo la volontà dell’utente.
L’esistenza di uno standard garantisce
l’interoperabilità non solo tra gli elet-
trodomestici di Indesit ed Electrolux,
ma anche tra quelli di tutti gli altri pro-
duttori che vorranno conformarsi».
INFRASTRUTTURE
Un “esperanto” farà dialogare tra loro gli elettrodomestici della Smart homeLa riduzione dei consumi domestici passa dal controllo di tutto ciò che utilizza energia. Electrolux, Enel, Indesit e Telecom stanno pensando a una rete dedicata
Il passo successivo, ha aggiunto Bore-
an, è stato decidere la tecnologia con
cui realizzare la rete. La scelta è caduta
su ZigBee, un protocollo che permette-
rà a Freescale di progettare transceiver
semplici ed economici che Indesit ed
Electrolux installeranno su tutti i loro
elettrodomestici di prossima genera-
zione, e su un gateway che Telecom
inserirà nei propri modem Adsl e che
sarà il cuore delle reti Han. Il gateway,
oltre a ZigBee, supporterà anche Wifi e
Ethernet per permettere il collegamen-
to a Internet. Gli apparecchi preesi-
stenti, non “Smart”, o quelli molto
semplici (ventilatori, piccoli elettrodo-
mestici, scaldabagno elettrici) verreb-
bero collegati a prese intelligenti in
grado di rilevare il consumo istantaneo
Dopo Wifi e Bluetooth nelle nostre case sta per arrivare ZigBee
Per realizzare il cuore del progetto Energy@home, la Home Auto-mation Network, i quattro partner Electrolux, Enel, Indesit e
Telecom Italia hanno scelto il protocollo ZigBee. Vista la diffusione di protocolli alternativi come Wifi o Bluetooth, c’era proprio bisogno di utilizzarne uno nuovo? Lo abbiamo chiesto a Gianfranco Carda-mone, industrial technical sales manager Emea di Freescale, la so-cietà che dovrà fornire l’hardware necessario. «Tutti noi abbiamo familiarità con Wifi e con Bluetooth - ammette Cardamone -. Ma la componente hardware, ossia i transceiver necessari, è piuttosto co-stosa. ZigBee, invece, è ideale per la sensoristica, perché la sua banda, anche se più stretta, è più che sufficiente per trasmettere
questo tipo di segnali. Inoltre i transceiver costano uno o due dolla-ri, perciò possono essere installati anche sugli apparecchi più eco-nomici senza incidere sul loro prezzo di vendita. Un’altra caratteri-stica importante è che ZigBee utilizza la frequenza di 2,4 GHz che è liberalizzata in tutto il mondo e permette trasmissioni a grandi di-stanze. Il potenziale difetto di non superare gli ostacoli è stato ov-viato con la creazione di un sistema di comunicazione non punto a punto ma a rete: utilizzando tutti i transceiver della rete domestica come nodi si può estendere la copertura a un intero palazzo. Ultimo vantaggio il consumo molto basso, che comporta una durata fino a tre anni e mezzo delle pile dei device non alimentati». L.B.
IT
tecnologie&soluzioni1-2/2012 24
Luciano Barelli
e di comunicarlo al controllore centra-
le. Con tutti gli apparecchi in rete che
comunicano i loro consumi istantanei,
si realizza il primo livello di controllo,
ossia si mette l’utente in grado di ren-
dersi conto di cosa sta consumando e
perciò di scegliere un programma di
lavaggio invece che un altro, o una da-
ta fascia oraria piuttosto che un’altra.
Per realizzare la seconda fase, quella di
automazione delle operazioni, ci dovrà
essere un ulteriore coinvolgimento dei
produttori di elettrodomestici, che do-
vranno modificare i controllori per ren-
dere accessibili le varie fasi elementari
dei cicli, in modo da farle partire o ar-
restare secondo la logica di controllo
stabilita in funzione anche delle infor-
mazioni provenienti dalla rete domesti-
ca. «Quando ci sono più elettrodome-
stici in funzione e la potenza assorbita
supera quella di contratto bisogna spe-
gnere qualche apparecchio. Ma per far
ciò - ha spiegato Borean - bisogna sa-
pere quali sono i cicli che si possono
interrompere senza danno e su quali di
questi è più opportuno agire. In altre
parole, la logica di funzionamento di
un elettrodomestico Smart è molto più
complicata di quelle tradizionali».
Avere tutti gli elettrodomestici in rete
locale, a sua volta collegata a Internet,
apre la porta a nuovi servizi come il mo-
nitoraggio del funzionamento degli
apparecchi da parte di un centro di ma-
nutenzione, per intervenire immediata-
mente in caso di guasti e con tutte le
informazioni e i pezzi di ricambio ne-
cessari, o addirittura per cercare di pre-
venirli rilevando periodicamente lo sta-
to di usura dei componenti critici.
Questo è un esempio di quei servizi a
valore aggiunto che potrebbero essere
offerti agli utenti, ed è proprio questa
prospettiva che interessa Telecom: «In
una Smart house ci potranno essere
moltissimi servizi a valore aggiunto e si
potrebbe perciò creare un nuovo mer-
cato a cui Telecom Italia è molto inte-
ressata - ha commentato Borean -. Tra
i più promettenti c’è la telemedicina,
un servizio che è piuttosto costoso e
complicato da realizzare partendo da
zero. Se però nell’abitazione esiste già
una Han, allora tutto si semplifica e si
fa più economico».
IT IT h E 200 125 5555 i dd 1 01 12 11 12 10
esperienze&carriere
18
1-2/201224
Chiara Scalco
Optima Italia nasce a Napoli nel 1999
grazie all’idea, partorita in uno
scantinato, dei due cugini Alessio Matro-
ne e Danilo Caruso: «Abbiamo studiato i
vari mercati, soprattutto quelli Oltreocea-
no - spiega Alessio Matrone, attuale am-
ministratore delegato -, iniziando come
Utility nelle telecomunicazioni per cresce-
re velocemente poiché il mercato era già
liberalizzato». In pochi anni Optima è di-
ventata una multiutility nazionale per te-
lefonia, elettricità e gas. Fin dall’inizio
strutturata per offrire servizi alle aziende,
dal 2012 si aprirà anche verso il mercato
consumer. La compagnia segue da vicino
i clienti, pianificando fin da subito i con-
sumi per tagliare le spese in bolletta e
definire un piano ad hoc. L’offerta, infatti,
è un pacchetto integrato studiato di volta
in volta. Il successo è arrivato in poco tem-
po con fatturato in continua crescita: nel
2010 Optima è passata da 29 a 59 milioni
di euro, nel 2011 ha raggiunto circa 83
milioni di euro e prevede per il 2012 la
cifra di 120 milioni. Uno sviluppo repenti-
no, anche dal punto di vista occupaziona-
le: i dipendenti sono, infatti, circa 250,
con un’età media di 25-26 anni. La rete di
vendita è tutta interna e riceve corsi di
formazione e aggiornamento continui:
sono 150 i commerciali sul territorio na-
zionale e 25 sono dedicati ai top client.
«La percentuale di performance su ap-
puntamento supera il 30%: ben oltre la
media del settore, attestata intorno al
15%» precisa Alessio Matrone. In un
mercato libero a volte molto confuso,
l’operatore ha deciso di favorire la ridu-
zione dei costi per i propri clienti: «Unen-
do tre commodity fondamentali in un
unico servizio - spiega Alessio Matrone -
puntiamo al massimo risparmio. In questo
momento in Italia non esiste sul mercato
nessuna Utility che copra tutti e tre i beni,
mentre noi siamo riusciti a integrarli, faci-
litando la lettura da parte del cliente delle
proprie spese». La difficoltà maggiore del
consumatore, infatti, secondo Matrone,
è capire tutte le voci contenute nella bol-
letta. «Per quanto riguarda la componen-
te “energia” la fattura indica una spesa
del 50-60%, mentre il resto è relativo ad
accise e tasse spesso incomprensibili - af-
ferma Matrone -: anche se l’Autorità per
l’energia chiede chiarezza e parametri
dettagliati, spesso e volentieri in bolletta
si trovano alcune voci di lettura immedia-
ta e tanti altri dettagli sconosciuti. Il con-
sumatore, poi, desidera approfittare del
mercato libero senza riuscire a sintetizza-
re i costi effettivi: questo causa un fre-
quente passaggio verso operatori più cari.
C’è poca tutela del cliente, insomma, e
noi proviamo a colmare questa distanza».
L’approccio “friendly” si può toccare con
mano anche all’interno dell’azienda, do-
ve è stato creato un ambiente in cui il la-
voratore è messo nelle condizioni di pro-
durre meglio. «Abbiamo cercato di creare
un’azienda in cui si sta bene, perseguen-
do il benessere per tutti - spiega Alessio
Matrone -: nella nostra sede sono presen-
ti aree relax con chaise longue e musica
new age, una palestra con sauna, una
piccola biblioteca, una sala in cui si può
giocare a calcio balilla, un bar diverso dal-
le fredde mense aziendali che riscuote
successo anche per aperitivi e ritrovi tra
colleghi». Optima ha acquisito per queste
ragioni la nomea di “Google del Meridio-
ne”, in cui il miglioramento della produt-
tività passa attraverso le relazioni umane
e il benessere delle persone.
Danilo Caruso e Alessio Matrone (presidente e Ad di Optima Italia)
MULTIUTILITY
Optima cresce velocemente integrando telefonia, gas ed energia elettricaCome Google, ha impostato un modello aziendale per il benessere dei lavoratori: piscina, palestra, biblioteca e aree relax aumentano la produttività
C
M
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CM
MY
CY
CMY
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20
energia alternativaSTORIA DI COPERTINA
Il sole del Sahara illuminerà l’Europa Per Desertec il 2012 è l’anno della veritàL’iniziativa industriale nata in Germania nel 2009 è già operativa. La prima centrale solare da 150 MW sarà costruita in Marocco con 600 milioni di euro
Il 2012 è l’anno di Desertec. L’anno
in cui saranno create le principali
condizioni politiche, giuridiche, eco-
nomiche, normative e tecnologiche
per la realizzazione del grande piano
energetico in grado di sfruttare le po-
tenzialità delle aree desertiche.
Fondato nel 2009 a Monaco di Bavie-
ra, Dii, acronimo di Desertec Indu-
strial Initiative, è un consorzio inter-
nazionale composto da circa 60
aziende e organizzazioni che hanno
sede in 16 Paesi. Tra le principali ci
sono la fondazione non profit Deser-
tec Foundation, l’Istituto di ricerca
Fraunhofer e il Max Planck. Per l’Italia
si sono unite al consorzio Enel Green
Power, Terna e Unicredit. Questa
grande organizzazione si sta occu-
pando di portare avanti la visione De-
sertec, secondo la quale è possibile
un approvvigionamento energetico
sostenibile di elettricità per tutte le
aree del mondo che abbiano accesso
al potenziale dei deserti. In particola-
re, la Dii vuole realizzare progetti le-
gati a Desertec nella regione Eumena
21
storia di copertina1-2/2012 24
che copre l’Europa, il Medio Oriente
e il Nord Africa. L’iniziativa mira a
sfruttare l’energia solare ed eolica dei
deserti su grandi superfici, generan-
do elettricità in grado di sostituire
pienamente i combustibili fossili e il
nucleare.
Sono tre gli obiettivi principali che Dii
si è posta per preparare l’avvio dei
progetti: prima di tutto creare un cli-
ma attrattivo per gli investimenti, co-
minciare alcuni progetti selezionati di
riferimento per dimostrare la fattibili-
tà e ridurre i costi e, a lungo termine,
sviluppare un piano di attuazione che
copra il periodo di tempo fino al
2050. Per tale data, Dii si è posta un
traguardo davvero ambizioso: coprire
una parte considerevole, con obiettivi
che raggiungono il 100%, del fabbi-
sogno di energia dei Paesi Mena (Me-
dio Oriente e Nord Africa) e soddisfa-
re fino al 15% della domanda di ener-
gia degli Stati europei attraverso la
produzione elettrica dai deserti. Per
giungere a tale visione, la Desertec
Foundation ha presentato un piano
basato su studi del Centro di ricerca
aeronautica e spaziale tedesco (Dlr):
sarebbero 400 i miliardi di euro ne-
cessari per raggiungere l’obiettivo. La
cifra corrisponde alla stima grezza to-
tale degli investimenti per le centrali
e le linee di trasmissione ad alta ten-
sione a corrente continua indispensa-
bili nel 2050 per coprire il 15% del
fabbisogno di energia europeo dai
deserti. Ovviamente è uno scenario
che non può essere trasferito intera-
mente nella realtà, poiché i progetti
saranno portati avanti in molte fasi e
in Paesi differenti in collaborazione
con Governi, gestori di reti e attori
diversi a seconda delle esigenze del
mercato.
Il primo progetto in Marocco
Intanto il primo passo è definito: nel
2012 sorgerà infatti in Marocco la pri-
ma centrale solare del programma.
L’impianto avrà una potenza di 150
MW e si baserà sulla tecnologia solare
termodinamica che utilizza specchi
parabolici in grado di concentrare i
raggi luminosi su un fluido termovet-
tore. L’investimento di questo primo
impianto è pari a circa 600 milioni di
Il potenziale di energia solare ed eolica nei deserti del Nord Africa e Medio Oriente
Posizione ideale delle centrali solari (Csp, Pv)
Posizione ideale delle centrali eoliche
Posizione ideale delle reti di trasmissione ai mercati locali ed europei
Fonte: Dii-Eumena
storia di copertina
22
1-2/201224
euro. Le ragioni per cui è stato scelto
proprio il Marocco per il primo im-
pianto di Desertec sono principalmen-
te legate alle reti: questo Stato, infat-
ti, possiede già un buon collegamento
con l’Europa attraverso due cavi sot-
tomarini con capacità complessiva di
1.400 MW. Il Governo marocchino,
inoltre, ha annunciato un piano sola-
re di grande portata: l’obiettivo è rag-
giungere una potenza installata di
2.000 MW entro in 2020. A tal pro-
posito è stato istituito il Masen, l’ente
statale per l’energia solare che ha ap-
punto indetto la gara d’appalto per la
costruzione della prima centrale sola-
re che sarà situata, secondo le prime
analisi, nella zona di Ourzazate.
Benefici per gli Stati Mena
Entro il 2050 la popolazione dei terri-
tori a Sud del Mediterraneo aumente-
rà considerevolmente, arrivando se-
condo le stime a superare quella Eu-
ropea. La Desertec initiative ha anche
lo scopo di coprire il fabbisogno di
energia di questi Paesi, contribuendo
alla loro stabilità politica ed economi-
ca. Molti di essi, infatti, dispongono
di combustibili fossili, mentre altri di-
pendono dall’importazione di ener-
gia. L’idea di Desertec è quella di con-
ferire maggiore sicurezza agli approv-
vigionamenti attraverso la produzione
di energia sostenibile, sviluppare in-
dustrie locali, creando posti di lavoro
e trasferendo il know how necessario
per il replicarsi di tali azioni. Di prima-
ria importanza sarà lo sviluppo di
un’infrastruttura per l’energia dura-
tura e innovativa, ma soprattutto so-
stenibile e capace di garantire auto-
sufficienza in vista dell’esaurimento
delle fonti fossili. I Paesi Mena espor-
teranno l’energia prodotta verso l’Eu-
Tre tecnologie si spartiranno la scena, tra punti di forza e debolezze
Le aree desertiche sono fonti inesauribili di risorse. Il sole e il vento non mancano mai. Ma la generazione di energia deve anche affrontare alcune problematiche come le tempeste di sabbia, la scarsità di acqua e le alte temperature. Dii ha deciso di concen-trare le proprie forze sulla produzione elet-trica attraverso tre tecnologie: Csp (solare a concentrazione), fotovoltaica ed eolica. Mentre la Csp è ancora una tecnologia gio-vane e deve affrontare le problematiche relative ai costi tuttora elevati, la produzio-ne eolica ha raggiunto già oggi costi com-petitivi insieme a quella fotovoltaica, la quale ha trovato stabilità senza bisogno di incentivi in aree del mondo particolarmente soleggiate. Durante l’ultima Dii Desert Ener-gy Conference, tenutasi a Il Cairo lo scorso novembre, sono stati illustrati i vantaggi e
le problematiche da superare per ognuna di queste tre tecnologie. Le turbine eoliche sono in funzione nei deserti da oltre 25 anni e sono ormai costruite per far fronte a pro-blemi legati a sabbia, cal do, insetti e abra-sioni. Come esempio si possono prendere i 2 GW di turbine eoliche Siemens operanti nei deserti della California a temperature che raggiungono i 50°; anche se la produ-zione eolica è fluttuante, è altamente pre-vedibile, a differenza per esempio dell’irra-diazione solare che è più stabile, ma dipen-dente dal movimento delle nuvole difficile da pronosticare. In altri deserti del mondo ci sono impianti fotovoltaici e la scala dei pro-getti è in continuo aumento, fino a 500 MW. Per ragionare sulle applicazioni nella regione Mena è stato preso come esempio un impianto da 10 MW installato a Masdar
City. Con inverter Sma funzionanti fino a temperature di 50°, l’impianto può gestire senza problemi venti forti, sabbia o polvere. La tecnologia Csp può contare molto sulle risorse delle aree Mena, avendo acquisito 25 anni di esperienza operativa nel deserto californiano. A Kuraymat, in Egitto, è già in funzione un impianto con grandi potenzia-lità. Il passaggio dalla fase di raffreddamen-to a umido a quella di raffreddamento a secco sarà il punto cruciale per lo sviluppo pieno di questa tecnologia nella regione. Lo sporco inoltre è da tenere maggiormente sotto controllo rispetto al Pv, dunque gli impianti Csp comportano lavaggi più rego-lari. La scarsità d’acqua nei territori Mena può essere affrontata attraverso un approc-cio integrato di Csp in combinazione con la desalinizzazione. C.S.
23
storia di copertina1-2/2012 24
Chiara Scalco
ropa e la collaborazione tra queste
due aree del mondo migliorerà, por-
tando crescita economica grazie alla
diversificazione degli investimenti.
Non ultimo l’obiettivo di riduzione
delle emissioni di CO2.
Sistema e interessi condivisi
Quello che colpisce del progetto Deser-
tec, oltre alle sue ambizioni, è la pre-
senza all’interno del consorzio di attori
diversi e di competitor che sono riusciti
a fare sistema e trovare interessi condi-
visi da perseguire con serietà. «Fondata
da 12 tra le compagnie più importanti
della Germania e dalla Desertec
Foundation, l’iniziativa sta crescendo
ed è diventata un’imponente aggrega-
zione di realtà eterogenee provenienti
da Paesi con economie anche diverse
- spiega Cornelius Matthes, director
business alliances di Dii -. La reputazio-
ne, il peso e la credibilità che tutti i
partner combinano rendono Dii un’ini-
ziativa industriale unica e molto poten-
te. Tutte le compagnie condividono
l’obiettivo comune di realizzare la visio-
ne Desertec sviluppando i progetti su
larga scala e creando una situazione
vantaggiosa per tutti i soggetti coinvol-
ti». In qualità di iniziativa industriale,
Dii assume dunque un ruolo di apripi-
sta, cercando di introdurre nel sistema
processi di sviluppo. Si deve ricordare
che Dii non effettuerà investimenti pro-
pri, né farà da committente o gestore
delle centrali: concentrerà, invece, l’at-
tenzione sulla creazione delle condizio-
ni ideali per favorire investitori pubblici
e privati nei parchi solari ed eolici, non-
ché nelle reti interconnesse.
I Paesi nordafricani, tuttavia, stanno
attraversando cambiamenti di gover-
no e rivoluzioni importanti (il caso
della Libia è il più eclatante). Il consor-
zio Dii si è detto più volte convinto
che tali processi di democratizzazione
faranno crescere nella popolazione
voglia di indipendenza, anche ener-
getica: gli impianti per la produzione
elettrica rinnovabile conferiranno più
sicurezza negli approvvigionamenti,
offrendo opportunità di lavoro e au-
mento del know how locale, ma so-
prattutto stabilità almeno dal punto
di vista energetico.
Incremento delle energie rinnovabili nell’area Mena Roadmap verso un mercato autosufficiente
Capacità installata di energie rinnovabili in Mena (GW)
Fasi
Esportazione verso l’Europa
Prelievo locale
0OGGI
100
Primi progetti di riferimento
Incremento Crescita di mercato guidata
2011-2020
2020 – 2035
Dal 2035
Forte attenzione per i progetti di riferimento
nel mix energetico di Eu e Mena
Fonte: elaborazione Energia24 su dati Dii-Eumena
Fonte: elaborazione Energia24 su dati Dii-Eumena
storia di copertina
24
1-2/201224
Pensare alle fonti rinnovabili sen-
za una rete elettrica di nuova ge-
nerazione è come costruire un moto-
re senza le ruote: la potenza sarà
tanta, ma impossibile da sfruttare.
Così anche Desertec dovrà fare i con-
ti con le infrastrutture. Come tra-
sportare in Europa l’energia prodotta
con il fotovoltaico e l’eolico nei de-
serti africani?
Bisognerà collegare le sponde oppo-
ste del Mediterraneo con linee elet-
triche abbastanza capienti da assor-
bire e distribuire tutti i GWh genera-
ti dai futuri impianti alimentati dal
sole e dal vento. È lo stesso problema
che affligge altri maxi progetti nel
campo delle fonti alternative. Basti
ricordare i parchi eolici offshore nel
Mare del Nord, che dovranno unirsi
in una “Smart grid” (rete intelligen-
te) capace di convogliare l’elettricità
verso la terraferma, nelle città e nelle
industrie.
Che arrivi dal deserto o dal mare,
quindi, l’energia rinnovabile rischia
d’intopparsi nel collo di bottiglia del-
le reti. Rispetto all’eolico offshore in
Europa, Desertec avrà maggiori diffi-
coltà da affrontare. Ci sono più Paesi
da coinvolgere in un piano unitario:
INFRASTRUTTURE
Per unire le due sponde del Mediterraneo ci saranno le autostrade dell’energiaCostituita Metso, la nuova associazione tra gli operatori elettrici di dodici Paesi europei, africani e del Medio Oriente, per collegare i deserti al Vecchio continente
non solo quelli del Vecchio continen-
te, ma anche quelli dell’Africa set-
tentrionale e del Medio Oriente. Si
sta iniziando a discutere di “auto-
strade dell’energia” attraverso il Me-
diterraneo, delle linee sottomarine
che permetteranno all’Europa d’im-
portare l’elettricità verde provenien-
te da aree geografiche molto distan-
ti. È nata su questi presupposti la
nuova associazione che riunisce i ge-
stori delle reti elettriche di dodici Na-
zioni: Italia, Francia, Spagna, Maroc-
co, Grecia, Albania, Bosnia-Erzegovi-
na, Giordania, Portogallo, Slovenia,
Tunisia e Algeria.
Sarà l’operatore italiano Terna a gui-
dare l’iniziativa battezzata con l’acro-
nimo Metso (Mediterranean tran-
smission system operators), insieme
Il Piano solare mediterraneo
Che la produzione e la distribuzione dell’energia rinnovabile siano due facce della stes-sa medaglia, è evidente anche nell’altro progetto, oltre a Desertec, che interessa
l’Europa e l’area Mena (l’acronimo che identifica i Paesi del Medio Oriente e dell’Africa settentrionale). È il Piano solare mediterraneo, lanciato nel novembre 2008 dall’Unione per il Mediterraneo che si era creata in precedenza a Parigi su iniziativa francese. L’obiet-tivo è installare 20 GW di potenza nelle tecnologie alternative entro il 2020, di cui cinque GW destinati alla generazione di elettricità per il mercato europeo. Ma per unire il Nord e il Sud del bacino, occorre investire almeno sei miliardi di euro (su 38-46 in totale) nelle infrastrutture di trasporto, stando alle stime del consorzio Medgrid. Ora esiste un solo “ponte” elettrico tra Europa e Africa, con una capacità pari a 1,4 GW, che passa nello stretto di Gibilterra. Troppo poco per i futuri scambi energetici. Recentemente, Medgrid ha siglato un’intesa con Desertec, con il beneplacito dell’Unione europea, per rafforzare la cooperazione tra questi due programmi industriali privati. Dal 2010, Medgrid raggruppa venti partner e punta sulla realizzazione di nuovi elettrodotti sottomarini tra le due sponde del Mediterraneo. È la prima pietra di un’alleanza tra Germania e Francia sulle rinnovabili nei deserti africani? Secondo un comunicato di Medgrid, i due consorzi si completano l’uno con l’altro. Produzione, trasporto e vendita dell’energia eolica e solare saranno i terreni di questa collaborazione, studiando la fattibilità tecnica, economica e politica dei vari impian-ti. La Smart grid del Mediterraneo è uno dei sei progetti prioritari nella strategia energetica di Bruxelles, che intende variare il mix degli approvvigionamenti, non solo nel campo delle rinnovabili, ma anche in quello delle fonti tradizionali come il gas.
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storia di copertina1-2/2012 24
Luca Re
alla tunisina Steg e l’algerina Sonel-
gaz. Terna e i suoi partner vorrebbe-
ro accogliere nel progetto anche
Croazia, Cipro, Egitto, Israele, Liba-
no, Libia, Malta, Montenegro, Siria e
Turchia, allargando il più possibile le
maglie della futura smart grid del
Mediterraneo. Si cercherà di creare
un quadro omogeneo di norme e re-
gole tecniche tra i diversi operatori,
facilitando così gli investimenti e la
concorrenza nel settore energetico.
Metso, inoltre, dovrà collaborare con
l’associazione delle autorità che re-
golano i mercati elettrici e del gas nel
Mediterraneo (Medreg, cui aderisce
anche l’Italia con l’Aeeg).
Allargando ancora l’orizzonte, sarà
necessario un coordinamento con
l’Entso-E, l’associazione degli opera-
tori elettrici su scala europea. La po-
sta in gioco è enorme, perché si trat-
ta di realizzare delle reti sempre più
integrate, in grado di dialogare tra
loro scambiando energia e informa-
zioni. Si torna così al concetto di
“smart”. Nessun gestore dovrà viag-
giare per conto proprio. Servirà
un’interdipendenza totale: i pannelli
solari del Marocco, per esempio, pro-
durranno elettricità per il mercato
interno marocchino e per l’esporta-
zione in Europa sulle autostrade
energetiche, con tariffe e servizi di-
versi, ma con la stessa base tecnolo-
gica di partenza.
È un traguardo ambizioso. Da un
punto di vista finanziario, innanzitut-
to. Per investire nelle rinnovabili e
nelle infrastrutture ci vogliono stabi-
lità politica e chiarezza di norme,
messe a dura prova dalle turbolenze
economiche e sociali che hanno scos-
so diverse zone dell’Africa e del Me-
dio Oriente. Poi c’è il nodo tecnolo-
gico. Già l’Ewea (European wind
energy association, la lobby europea
dell’eolico offshore) ha evidenziato
che lo sviluppo del suo settore è in-
certo, perché nei prossimi anni la
produzione di cavi sottomarini, per
collegare gli impianti, sarà inferiore
alla domanda. Anche l’industria, al-
lora, deve scommettere con più deci-
sione sul futuro delle reti.
Gli elettrodotti da realizzare tra Europa e Nord Africa
impianti di produzione locale
linee di trasporto
Fonte: Medgrid
Vestas in crisi annuncia tagli
Vestas Wind Systems, il maggiore produttore globale di turbine, ha annunciato il licenziamen-to di 2.335 dipendenti, pari a circa il 10% della forza lavoro, nell’ambito del piano di ristruttu-razione che comprenderà anche un rimpasto manageriale e l’esternalizzazione di alcune at-tività del Gruppo. Se i legislatori americani non prolungheranno le sovvenzioni sulla produzio-ne, potrebbe licenziare altre 1.600 persone negli Usa. Vestas ha corretto al ribasso i target iniziali sui risultati 2011 ben due volte, abban-donando gli ambiziosi obiettivi previsti per il 2015. Nel terzo trimestre 2011 il Gruppo ha accusato perdite nette per 60 milioni di euro.
Enea: ricerca sulle celle a combustibile
L’Enea guiderà il programma di ricerca euro-peo sulle celle a combustibile. L’agenzia nazio-nale specializzata nell’energia, inoltre, avrà un ruolo di primo piano anche nei progetti sullo stoccaggio di elettricità, sul solare a concen-trazione e sulle “Smart cities” (città intelligen-ti grazie a nuove tecnologie per l’efficienza energetica). Queste attività sono state affidate all’Enea nelle scorse settimane dall’European energy research alliance (Eera), il gruppo che riunisce oltre duemila ricercatori di 150 orga-nizzazioni europee. Lo scopo è concentrare e coordinare le risorse nel settore di ricerca e sviluppo, puntando al mix di tecnologie fissato dal Set Plan della Commissione europea.
Eolico da 99 MW per Enel in Cile
Enel Green Power, attraverso la controllata Enel Chile, ha ottenuto il permesso di costruire un parco eolico di 33 turbine, per una potenza totale installata pari a 99 MW. La società ave-va partecipato a una gara pubblica per una concessione di circa 2.600 ettari nel distretto di Taltal. L’impianto potrà generare 329 milio-ni di kWh l’anno di energia elettrica, equiva-lenti ai consumi di circa 170.000 famiglie. Secondo Cristian Herrera, direttore generale di Egp in Cile, la concessione «è volta a consoli-dare la crescita della società nel Paese». Il Governo sudamericano sta promuovendo una strategia energetica sempre più fondata sulle fonti alternative.
In breve.com
focus
26
1-2/201224
Ci sono grandi aspettative tra gli
attori della filiera del biogas
italiano: i decreti attuativi del decre-
to legislativo n.28 del 3 marzo 2011,
capo II, in materia di “Regimi di so-
stegno per la produzione di energia
elettrica da fonti rinnovabili” porte-
ranno forse alcuni cambiamenti nel
metodo di incentivazione.
L’art.24 comma h del decreto 28, a
tal proposito recita: “Per il biogas
l’incentivo è finalizzato a promuove-
re: l’uso efficiente di rifiuti e sotto-
prodotti, di biogas da reflui zootec-
nici o da sottoprodotti delle attività
agricole, agroalimentari, agroindu-
striali; la realizzazione di impianti
AGROENERGIA
Il biogas è in ascesa e la filiera ben organizzata Il conflitto con il “food” non preoccupa piùIl punto del Consorzio italiano biogas e gassificazione sul contesto italiano ed europeo. 350 MW di potenza installata nel nostro territorio a fine 2011
operanti in cogenerazione; la realiz-
zazione e l’esercizio, da parte di im-
prenditori agricoli, di impianti ali-
mentati da biomasse e biogas asser-
viti alle attività agricole, in particola-
re di micro e minicogenerazione
(...)”.
Negli ultimi anni sono aumentati in
modo considerevole gli impianti a
biogas sul territorio italiano, con
una forte prevalenza nelle regioni
settentrionali. Sulla base dei dati
forniti dal Cib (Consorzio italiano
biogas e gassificazione) nel 2011 si
è arrivati a circa 350 MW di poten-
za installata, per un numero di oltre
520 impianti.
Secondo un’analisi del Crpa (Centro
ricerche produzioni animali) condotta
sul 64% degli impianti censiti e relati-
va alla tipologia di alimentazione, il
57,9% di essi utilizza effluenti zootec-
Potenza elettrica da biogas installata (MW)
Fonte: Cib
L’impianto realizzato da Fri-El Biogas a Torviscosa (Ud), di potenza elettrica pari a 1 MW
27
focus 241-2/2012
L’agroenergia in Lombardia è una filiera molto attiva. Gabriele
Boccasile della direzione generale Agricoltura della Regione Lombar-dia, in occasione di Enersolar 2011 ha riportato alcuni dati relativi al contesto regionale: a fine 2011 gli impianti attivi a biogas agricolo era-no 140, nei prossimi mesi ne entre-ranno in funzione altri 130 e un centinaio sono quelli in fase di au-torizzazione. La taglia degli impian-ti in proporzione relativa è in calo: si stanno sviluppando via via sempre più i piccoli impianti con potenza compresa tra 250 e 100 kW. «In Lombardia dobbiamo cercare di go-vernare il grande problema della produzione di effluenti agro zoo-tecnici - afferma Boccasile -. Con-cretamente i numeri parlano da soli: abbiamo circa quattro milioni e mezzo di suini e oltre un milione di bovini. Una soluzione ottimale è proprio quella di utilizzare i reflui per produrre energia. La caratteri-stica forse più importante dell’agro-energia è quella di poter produrre elettricità e calore in modo conti-nuativo, arrivando fino a 8.600 ore l’anno. La Regione Lombardia ha
deciso di sfruttare tale potenzialità e diverse aziende agricole del terri-torio si stanno impegnando anche per ridurre l’impatto ambientale: recuperano fertilizzante sotto for-ma di solfato di ammonio, riducono i volumi e riutilizzano le acque». Anche Legambiente si dimostra d’accordo con lo sviluppo sostenibi-le della filiera. «Ci sono le basi con-crete, le tecnologie e le aziende pronte per passare dalla pratica del biogas a quella del biometano - ha confermato Teresa Borgonovo dell’associazione ambientalista -: speriamo che si possa immettere il biometano nella rete come già suc-cede in diversi Paesi. Un primo tra-guardo sarà quello di avere almeno un impianto di biometano in Italia per erogare calore a servizio dell’area fieristica dell’Expo 2015».Molto importante per il futuro della filiera lombarda è il programma re-gionale di ricerca in campo agricolo iniziato il 1 aprile 2011 (fine stimata 31 marzo 2013), proposto dall’Uni-versità degli studi di Milano (sezione Chimica-agraria), in collaborazione con il dipartimento di Economia e Politica agraria, Confagricoltura
Lombardia e Federazione regionale Coldiretti di Lombardia.L’obiettivo del progetto è quello di formulare scenari economici ed eco-nomico-ambientali sull’impatto della diffusione della filiera per la produ-zione di biogas alimentati a biomasse di origine agricola, attraverso un’ana-lisi costi-benefici orientata a indivi-duare strategie sostenibili per la pro-grammazione politica regionale. Il fine ultimo è riuscire a favorire l’inte-grazione dell’attività agroenergetica in un contesto di conservazione delle peculiarità agricole della Regione. «Il progetto vede la stretta collaborazio-ne dei partner e di Regione Lombar-dia Dgr Agricoltura nel reperimento dei dati di “pieno campo” - spiega Fabrizio Adani, responsabile scienti-fico del progetto -. Infatti solo l’accu-rata raccolta di informazioni come il numero di impianti di biogas, la tipo-logia, l’ubicazione e il tipo di alimen-tazione consentirà la creazione di una banca dati aderente alla realtà, permettendo poi di sviluppare mo-delli economici ed economico-am-bientali, base per riflessioni future e punto di partenza per politiche agro-energetiche regionali».
In Lombardia un progetto punta allo sviluppo della filiera agroenergetica
nici più sottoprodotti e colture, il 29%
si basa solo su effluenti zootecnici e il
13,1% esclusivamente su colture e
sottoprodotti. «Per produrre cibo ab-
biamo di fatto molta più superficie di
qualche anno fa - afferma Viller Boi-
celli, direttore del Cib -: non c’è più,
dunque, quella conflittualità tra attivi-
tà food e fuel che preoccupava l’opi-
nione pubblica. Il potenziale del bio-
gas è da valorizzare molto più di quan-
to è stato ipotizzato nei Nreap (Natio-
nal renewable energy action plan). I
piani nazionali per le rinnovabili, infat-
ti, sottostimano il reale sviluppo di
questa fonte energetica, soprattutto
alla luce del fatto che le potenzialità
del biogas nei trasporti non sono an-
cora state “scoperte”. Inoltre, utiliz-
ziamo ancora troppo poco il calore dei
processi, mentre dovremmo recupe-
rarlo proficuamente».
I ragionamenti del Consorzio italiano
biogas si basano su alcuni aspetti fon-
damentali: quella del biogas è l’unica
filiera che utilizza prevalentemente
biomasse (sottoprodotti e colture de-
dicate) prodotte dalle aziende agrico-
le italiane e che vede anche una forte
presenza dell’industria italiana nelle
tecnologie; la forte ricaduta in termini
occupazionali, poi, è uno dei punti più
importanti a sostegno della filiera
focus
28
1-2/201224
Chiara Scalco
agroenergetica. Secondo il Cib tale
filiera è efficiente nell’uso del suolo
agricolo ed è in grado di utilizzare non
solo biomasse vegetali, ma anche ef-
fluenti zootecnici, sottoprodotti agri-
coli e agroindustriali. Inoltre è possibi-
le riutilizzare il digestato, diminuendo
in modo drastico l’uso di concimi di
sintesi per i campi agricoli italiani. Dal
punto di vista dell’energia prodotta, il
biogas è flessibile nell’uso finale e può
essere utilizzato nei luoghi di produ-
zione grazie a motori cogenerativi in
grado di generare energia elettrica e
termica; il biometano raffinato può
essere immesso nella rete del gas e
utilizzato in luoghi e momenti diversi
sia attraverso sistemi cogenerativi ad
alto rendimento per scuole, ospedali,
centri sportivi per esempio, sia con
l’ausilio di pompe di calore in utenze
domestiche, sia nel settore dell’auto-
trazione alimentando veicoli a gas
metano. Anche estendendo il discor-
so dal contesto italiano al territorio
europeo, si nota un trend positivo. La
produzione di biogas in Europa nel
2009 è stata di 8.346 kTep, equiva-
Numero degli impianti a biogas presenti in Italia
Il confronto tra biocarburanti per distanza percorsa con un ettaro di superficie coltivata
Fonte: Cib
Fonte: Cib
lenti a circa 98 TWh (fonte Eba, Euro-
pean biogas association, della quale
fa parte come socio fondatore anche
il Cib). Entrando nel dettaglio, l’esem-
pio forse più virtuoso è rappresentato
dalla Germania che a fine 2011 ha
raggiunto la cifra di 6.800 impianti
distribuiti sul territorio (stima dell’As-
sociazione Biogas tedesca): «Attraver-
so il biogas proveniente da matrici
agricole, la Germania produce ener-
gia pari a due centrali nucleari» affer-
ma Boicelli. Per quanto riguarda alcu-
ni Paesi classici del biogas, secondo i
dati Eba (relativi agli anni 2009 e
2010), l’Austria conta un totale di cir-
ca 600 impianti per 1.870 GWh annui
di energia prodotta; la Danimarca 167
impianti per una produzione annua di
1.165 GWh e 12 impianti in fase di
costruzione; la Svezia 227 impianti
per un totale di 1.359.000 MWh an-
nui. In altri Paesi, poi, si è verificato un
vero e proprio boom del biogas: in
Repubblica Ceca, per esempio, si è
arrivati in poco tempo a un totale di
circa 264 impianti per 1.510 GWh an-
nui. L’Ungheria, il Regno Unito e la
Francia sono infine pronti a partire
per uno sviluppo importante. Per la
realizzazione degli impianti e di una
solida filiera, però, soprattutto in Pa-
esi con alto potenziale, serve l’elimi-
nazione degli ostacoli amministrativi,
l’accesso più facile e meno caro alle
finanze e una tariffa adeguata con
una valorizzazione migliore del calo-
re. Queste le necessità secondo l’Eba,
che si sta già impegnando portando
avanti i lavori nell’ambito del progetto
Fp7 BiogasIn.
29
tecnologie&soluzioni1-2/2012 24
Proviamo ad approfondire un nuo-
vo tipo di tecnologia, in grado di
convertire i raggi del sole in energia
elettrica: si tratta del fotovoltaico or-
ganico, detto anche di terza genera-
zione, che si basa su materiali appun-
to organici a base di carbonio. Non si
utilizza più il silicio, dunque, e ciò ha
diverse implicazioni importanti: «Pri-
ma di tutto si abbassano i costi sui
materiali - afferma Michele Muccini,
responsabile del Cnr-Ismn Bologna -:
tali soluzioni, infatti, sono di origine
sintetica, quindi si possono costruire
in laboratorio. Dal punto di vista del-
la manifattura, inoltre, le tecniche
per realizzarli sono a basso costo. In
pratica, per capire meglio la loro co-
struzione, potremmo immaginare un
rullo che deposita gli strati generan-
do il dispositivo. I moduli ottenuti
sono flessibili, adattabili e modifica-
bili nella forma». Alcune caratteristi-
che del fotovoltaico di terza genera-
zione potrebbero essere considerate
simili a quelle della tecnologia a film
sottile, ma le soluzioni organiche so-
no semitrasparenti, colorate e inte-
grabili in edifici ma soprattutto in
vetri: «Questa caratteristica - com-
menta Muccini - apre una prospetti-
va diversa rispetto alle nostre abitu-
dini attuali e potrebbe generare nuo-
vi mercati che ancora oggi non ci
sono, proprio per la struttura leggera
e portatile, essenziale nelle situazioni
in cui il peso della soluzione è deter-
minante per la sicurezza e buona ri-
uscita dell’opera».
La tecnologia attualmente è in fase
di test, ma si sta spostando dal labo-
ratorio alla prova in impianti pilota.
Negli ultimi due anni sono stati fatti
passi da gigante e si possono trovare
SPERIMENTAZIONI
Alla ricerca di efficienza e durata il fotovoltaico organico gioca sulla flessibilitàI costi di realizzazione sono contenuti perché il processo è semplice e non utilizza silicio, ma materiali di origine sintetica creati in laboratorio
già in commercio alcuni prodotti
contenenti fotovoltaico organico:
«Sono un esempio le borse, i tessuti
o i materiali elettronici in cui sono
foto-integrate le celle solari» spiega
Muccini.
I risultati di efficienza certificati si ag-
girano su numeri bassi, compresi tra
l’8,5 e il 10%, c’è chi parla anche di
percentuali vicine al 12%, ma questo
non è l’unico parametro da conside-
rare. Il tempo di vita dei moduli orga-
nici è altresì fondamentale: «Attual-
mente non abbiamo ancora raggiun-
to grandi cifre - conferma Muccini -:
il fotovoltaico di terza generazione
dura in media tre-cinque anni ed è
per questo che le applicazioni già in
commercio non sono quelle classi-
che, ma accessori o elettronica por-
tatile per cui cinque anni di vita sono
più che sufficienti per godere del
prodotto. Dobbiamo comunque pun-
tare a tempi di vita più lunghi, intor-
no ai 20-25 anni. Le soluzioni già ci
sono, ma i costi aumentano. E d’altra
parte si rischia di perdere la caratte-
ristica che forse distingue maggior-
mente questa tecnologia, ovvero la
flessibilità. Le problematiche princi-
pali, dunque, sono legate all’aumen-
to dell’efficienza e della durata, ma
Energia con argilla e mirtilli
Cyanine, start up dell’Università degli studi di Torino, ha creato una tecnologia fotovoltaica che utilizza i mirtilli e l’argilla al posto del silicio per generare energia elettrica. Si basa su una pasta di biossido di titanio nanometrico impregnata con un colorante organico sigillato tra due vetri colorati. I pannelli prodotti possono presentare tre colori: azzurro e verde chiaro se il materiale è ottenuto dai mirtilli, oppure giallo se viene utilizzata l’argilla. Il rendimento stimato è di circa 40 watt/mq con luce solare e 25 watt/mq con luce diffusa.
i studi di Torino, ha creato una tecnologigggggg a gilla al popopopopopop sststststoo dedeell l sisisiililililili icicicicicioo oo pepepepepepepp r r generaree ee eee eeeeeeennneeneeneeneneeergrggrgrgrgrggrgrgrr iiiaiaiaai sido o oo ooo o dddididddddididi ttt t tititititanananioio nnanannoommo etetriricococoo ii immpmmmpmmmm reereereerregngngngngngnggnnnaatatatataatatattattaaaaatta aaaaa coc n e eeeee vevevveevevvveetrtrttriii cococololooooooraraaararrarrattitittittit . IIII I papapapapapannelllililli p p pprroroorrororoooooodododododododoodoododd tttttttttttttttttttttttiiiiii popopoossssssonnno oooo oochiaro ssesesesese i iilll l mamamamammateteteteteteriririala e èèè è è ototttteteeeteteetet nnnuunuttotto dddddd d dddddaiaiaiaaiaaiaaii mmmiririrtititit llllii, la. Il reeeeeendndnddddimimmiiimennnenntotototoo s timammamaaattototto èèè è è dd dd ddiiii i ccicicccircrcrca 4440000 wwww atataaa tt/ucecececeee dd d difffufuf saaa.
continua a pagina 31
tecnologie&soluzioni
30
1-2/201224
La tecnologia vista da vicino
Entriamo nel dettaglio e cerchiamo di comprendere
meglio le caratteristiche e le potenzialità del fotovoltaico
di terza generazione.
Il fotovoltaico organico e ibrido di terza generazione: di cosa si trattaDi questa classificazione fanno parte le celle organiche
polimeriche, le celle organiche di tipo small molecules,
le celle sensibilizzate a colorante a giunzione liquida e
le celle sensibilizzate a colorante a giunzione solida.
Le celle sensibilizzate a colorante (Dssc, dye-sensitised
solar cells) sono celle fotoelettrochimiche e vengono
definite celle a giunzione liquida (o ibrida). Esse
rappresentano un’alternativa interessante e promettente
rispetto alle celle tradizionali sia per il campo di
applicazione, sia per i bassi costi promessi. Infatti i costi
di produzione sono generalmente bassi (si mira a 0.3 €/
Wp circa) e così l’energy payback time (vicino ai sei
mesi). Inoltre è possibile ottenere celle trasparenti e con
colorazioni diverse, o utilizzarle anche in condizioni di
luce diffusa e in ambienti chiusi (per esempio in casa e
negli uffici). L’angolo di incidenza della luce ha minore
importanza rispetto a quella che ha per le classiche celle
al silicio e questo permette di utilizzarle anche in pareti
verticali e come finestre fotovoltaiche. Infine possono
essere realizzate su supporti rigidi o flessibili con una
riduzione sensibile del peso del pannello.
In cosa consiste la tecnologia di GraetzelLa prima cella sensibilizzata a colorante fu messa a
punto nel 1991 e dal suo inventore prende il nome di
cella di Graetzel. Il funzionamento alla base di questa
cella richiama la fotosintesi clorofilliana e si parla quindi
(anche se un po’ impropriamente) di “fotosintesi
artificiale”. Infatti il cuore della cella è costituito da un
monostrato di sensibilizzatore (il dye) che ha il compito
di raccogliere la luce e di trasmettere l’elettrone al
semiconduttore (in natura il compito di raccogliere la
luce è affidato a un pigmento come la clorofilla).
Il dispositivo è sostanzialmente un sandwich di due
elettrodi trasparenti di vetro conduttivo (TCO),
peresempio ITO (Indium Tin Oxide, SnO2 drogato con
In) o FTO (Fluoro Tin Oxide, SnO2 drogato con F),
cortocircuitati tra loro. Sull’elettrodo principale è
depositato uno strato mesoporoso (6-20 μm di spessore)
di TiO2 nanostrutturato (10-30 nm) in forma anatasio,
a elevata area superficiale, sul quale è adsorbito il
monostrato di sensibilizzatore colorato. A chiudere la
cella foto elettrochimica ci pensa una opportuna coppia
redox (iodio/ioduro) sciolta in un elettrolita. La novità
apportata da questi dispositivi nel campo del fotovoltaico
risiede nella separazione del processo di assorbimento
della luce dalla funzione di separazione delle cariche. Il
processo di assorbimento della radiazione luminosa è
svolto da un monostrato di colorante sensibilizzatore
chemisorbito alla superficie di un ossido semiconduttore
ad ampio band-gap, principalmente la titania (TiO2) in
forma anatase. In pratica, l’uso combinato della titania
e del colorante, al posto di un unico materiale come il
silicio, permette di suddividere i ruoli di assorbimento
della radiazione e trasporto elettronico.
Lo stadio di sviluppoA livello di ricerca di laboratorio, le efficienze si attestano
intorno al 12% utilizzando come sensibilizzatori
complessi di rutenio oppure zinco porfirine o ancora
miscele di coloranti completamente organici. Molti
sensibilizzatori presentano inoltre stabilità in cella
superiori ai vent’anni.
Varie società (Solaronix, Dyesol, Sony, Sharp, Fujikura,
l’Istituto Fraunhofer di Freiburg eccetera) hanno inizia-
to un percorso di industrializzazione della tecnologia
Dsc (nel 2010 si è svolta la quarta conferenza interna-
Coloranti sensibilizzatori e celle realizzate in laboratorio di ricerca
31
tecnologie&soluzioni1-2/2012 24
dobbiamo essere coerenti con costi
controllati e contenuti euro/watt».
È da considerare, però, che l’energy
payback time (il tempo di ritorno
dell’energia utilizzata per fabbricare
una tecnologia) per il fotovoltaico di
terza generazione è più breve, dun-
que il bilancio energetico del pro-
dotto risulta positivo. Quando, infi-
ne, i moduli sono a fine vita, le alter-
native sono due: o si dismette o si
riutilizza. Il riciclo può essere fatto
per tutta la struttura costruita, il
supporto, tutto ciò che sta intorno,
compresi i contatti metallici. Attra-
verso un processo termico a media
temperatura, poi, si può facilmente
eliminare la componente organica
senza generare nessuna emissione in
atmosfera. I componenti utilizzati
non sono nocivi, a differenza per
esempio del cadmio presente nella
tecnologia a film sottile.
Chiara Scalco
zionale sull’industrializzazione). Ovviamente, quando si
passa dalle celle su scala di laboratorio ai moduli e ai
pannelli le problematiche ingegneristiche diventano
particolarmente rilevanti (interconnessioni, sigillamento
delle celle eccetera) e proprio a questo livello si sta gio-
cando la partita più importante; chi per primo riuscirà a
risolvere queste problematiche (che sono pochissimo
dibattute nella letteratura scientifica) sarà in grado di
portare finalmente sul mercato un prodotto che attual-
mente non esiste.
Potenzialità e svantaggiQueste celle, seppur fino a oggi abbiano mostrato
efficienze di conversione inferiori ai tradizionali sistemi
basati sulle celle al silicio policristallino (ma sicuramente
competitive rispetto al silicio amorfo), hanno il vantaggio
di presentare costi di produzione decisamente inferiori
a quelli dei dispositivi tradizionali. Le caratteristiche di
trasparenza, controllo dei colori e adattamento
architettonico, rendono le celle e i moduli Dsc ideali per
l’utilizzo nelle facciate di vetro, attività che rientra
nell’ambito dell’integrazione architettonica del
fotovoltaico (Bipv). Inoltre, le Dsc si comportano bene
in condizioni di scarsa intensità luminosa e in presenza
di illuminazione diffusa. Per questo motivo alcune
società, tra cui Sony e Sharp, ipotizzano un prevalente
utilizzo “indoor” di questa tecnologia.
Gli esempi in fase di test o di commercializzazioneNegli ultimi anni, lo studio e la costruzione di Dsc non
si sono limitati alla ricerca universitaria, ma hanno
portato alla nascita di aziende come la Dyesol in
Austrialia, la Solaronix in Svizzera o la gallese G24i
(Cardiff) che progettano, realizzano e commercializzano
sistemi fotovoltaici basati su Dsc.
Anche in Italia ci sono realtà molto promettenti, basta
pensare al consorzio Dyepower, che nasce dalla
collaborazione fra realtà industriali di
primaria importanza quali Erg e Permasteelisa
e tre centri di ricerca universitari (Roma Tor
Vergata, Ferrara e Torino). Il Consorzio si
propone di sviluppare metodologie per
l’implementazione su larga scala di pannelli
solari tipo Dssc su supporto rigido per
l’integrazione negli edifici (Bipv) e prevede,
entro la fine del 2012, la realizzazione della
primo impianto pilota di produzione.
Claudia Barolo Università degli studi di Torino
(facoltà di Matematica, fisica
e scienze naturali)Fonte: Dyesol
esperienze&carriere
32
1-2/201224
Gianluigi Torchiani
Il mercato nazionale non deve essere
l’unico riferimento per un’azienda delle
rinnovabili, specie dopo i cambiamenti
intercorsi a seguito dell’emanazione del
quarto Conto energia. È questa la strate-
gia del Gruppo Sedna Power Plants, spe-
cializzato nella realizzazione di impianti
fotovoltaici “chiavi in mano”. Come rac-
conta Alessandro Broi, marketing and
communication specialist di Sedna, «il
mercato italiano delle rinnovabili, in parti-
colare il fotovoltaico, sta subendo delle
mutazioni considerevoli che coinvolgono
tutti gli operatori e, dunque, anche noi di
Sedna Power Plants. A seguito dell’uscita
del quarto Conto energia e dei tanti cam-
biamenti che questo sistema ha compor-
tato sul fronte delle tariffe incentivanti, il
settore sta prendendo sempre di più la
strada degli impianti a tetto, sia presso le
industrie che negli edifici residenziali».
Questo comporta per tutte le imprese che
operano nel settore un grande sforzo di
adeguamento del proprio business model,
oltre che della struttura operativa. «È evi-
dente - spiega Broi - che per percorrere la
strada degli impianti residenziali un’azien-
da ha bisogno di un’organizzazione molto
più ampia rispetto a prima, così da gestire
simultaneamente una grande quantità di
piccoli progetti. In questa fase, dunque,
stiamo attrezzando una rete vendita sem-
pre più capillare e distribuita su tutto il
territorio italiano. In futuro cercheremo di
raggiungere anche il mercato consumer
con una comunicazione di massa». La ri-
voluzione del quarto Conto energia non
ha però colto di sorpresa l’Epc contractor
di Cernusco sul Naviglio: «Per noi si tratta
di uno sforzo in termini di ampliamento
della struttura, ma questi cambiamenti
erano prima o poi attesi, anche se, sicura-
mente, i tempi sono un po’ accelerati ri-
spetto a quanto avevamo prefigurato»
puntualizza il marketing specialist. Consi-
derato che difficilmente il mercato italiano
in futuro vivrà un altro biennio d’oro come
quello del 2009-2010, Sedna ha deciso di
puntare con forza anche sull’internazio-
nalizzazione: nel marzo 2011 è stata fon-
data a Sofia Sedna Power Plants Bulgaria,
che attualmente ha in progettazione di-
versi parchi solari per un totale di 28 MW.
Nell’ottobre 2011 è stata la volta di Sedna
Power Plants Usa, di stanza a Philadelphia.
Gli Stati Uniti sono ritenuti, infatti, un mer-
cato emergente e di grande interesse. Nel
2° trimestre 2011 il fotovoltaico Usa è cre-
sciuto del 69% rispetto allo stesso periodo
del 2010; eppure, ad oggi, in tutti gli Stati
Uniti si contano appena 3,1 GW installati.
La Seia, Solar energy industries associa-
tion, ha previsto il raggiungimento dei 15
GW entro il 2015. «Noi crediamo ancora
AZIENDE
Il quarto Conto energia spinge Sedna Power a puntare sui giovani mercati esteri Dopo l’apertura di una sede in Bulgaria, l’Epc contractor lombardo ha inaugurato una filiale anche negli Usa. In Italia il focus si sposta sui piccoli impianti integrati
nel mercato italiano - spiega Broi -, siamo
sempre interessati a investirci, però voglia-
mo valutare anche altri Paesi che possano
offrire delle opportunità. È il caso del mer-
cato bulgaro e ancora di più di quello sta-
tunitense che, con appena 3 GW installa-
ti, non può che essere promettente. L’in-
centivazione è molto differente dalla no-
stra e si basa sul credito d’imposta che,
non andando a gravare sul sistema tribu-
tario, può avere una longevità superiore
rispetto ai regimi feed-in. Già in questa
fase stiamo operando concretamente,
trattando un certo numero di impianti sul-
la East Coast, sia a terra che su tetto. La
nostra idea è quella di trovare in tempi
brevi un partner locale per gestire al me-
glio il business». Sedna sta inoltre valutan-
do la possibilità di entrare nei mercati del
Canada e dell’America Latina.
Alessandro Broi, Sedna Power
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34
STIME
Il Piano d’azione sull’efficienza è troppo timido Negli edifici italiani si può ottenere il 34% in piùL’ipotesi è nella prima edizione dell’Energy Efficiency Report del Politecnico di Milano, che considera realizzabile un risparmio di 21,5 milioni di Tep nel 2016
Il 36% dei consumi energetici del no-
stro Paese è generato dai 13,7 milioni
di edifici esistenti tra residenziali e non
residenziali come scuole, ospedali, al-
berghi e, naturalmente, uffici e capan-
noni. Una quota consistente, che asse-
gna a questa categoria la maggioranza
relativa dei consumi totali: questo dato
di fatto ha convinto la School of Mana-
gement del Politecnico di Milano a dedi-
care al tema la prima edizione dell’Ener-
gy Efficiency Report, presentata lo scor-
so novembre, realizzato dall’Energy&
Strategy Group.
Il rapporto evidenzia le strategie e le
opzioni in campo per quanto riguarda
l’efficientamento energetico degli edi-
fici italiani per raggiungere gli obiettivi
del Pacchetto clima energia 20-20-20
approvato nel dicembre del 2008 dal
Parlamento europeo. Per allinearsi con
l’orientamento comunitario, nel luglio
del 2011, con il Piano di azione nazio-
nale sull’efficienza energetica, l’obiet-
tivo italiano di risparmio è stato aggior-
nato in modo ambizioso, arrivando a
stabilire 16 milioni di Tep (tonnellate
equivalenti di petrolio) in meno di con-
sumi di energia primaria nel 2020. Lo
studio del Politecnico delinea un qua-
dro sull’efficacia delle soluzioni di effi-
cienza energetica adottate negli edifici,
valutando dapprima il contributo po-
tenziale teorico di ciascuna tecnologia
e, successivamente, stimando i risultati
realistici che possono essere ottenuti
con interventi da realizzarsi da oggi al
2016. E qui arriva subito la prima inte-
ressante sorpresa.
Il potenziale teorico derivante dall’ado-
zione di soluzioni di efficientamento
energetico negli edifici italiani, dalla fine
del 2011 al 2016, si attesterebbe in una
riduzione complessiva di 44 milioni di
Tep. Ma questo è un risultato irrealistico,
poiché non è ragionevolmente pensabi-
le che tutte le tecnologie di risparmio
energetico siano adottate nel complesso
dell’intero parco edilizio esistente e in
tutti gli edifici che saranno realizzati nei
prossimi cinque anni. Ciò detto, però, lo
studio individua una possibile penetra-
zione reale delle tecnologie per l’effi-
cienza energetica che, tenendo conto
anche della base installata al 2011, po-
trebbero assicurare un risparmio com-
plessivo per il 2016 di 21,5 milioni di
Tep, ovvero ben il 34% in più rispetto al
ambiente sostenibile
35
storia di copertina 241-2/2012
valore fissato dal Piano di azione nazio-
nale per il 2020.
Tecnologie di illuminazione
Il consumo annuale di energia elettrica
generato dall’illuminazione degli edifici
presenti in Italia è di circa 27 TWh, ovve-
ro quasi il 10% dell’intero fabbisogno
elettrico italiano.
Questo settore risente ancora della dif-
fusione massiccia di soluzioni poco effi-
cienti, come le lampade a incandescen-
za, che lo studio stima essere utilizzate
nel 70% degli edifici residenziali. Se fos-
sero adottate in tutti gli stabili, residen-
ziali e non, soluzioni più efficienti come
le lampade fluorescenti, si calcola un
risparmio annuo potenziale di 15,3
TWh, che comporterebbe la sostituzio-
ne di circa 300 milioni di lampade per
un giro d’affari pari a due miliardi di eu-
ro. Non è però verosimile che questo
potenziale si riesca a concretizzare nei
prossimi cinque anni. Considerando il
livello di convenienza economica delle
tecnologie efficienti, gli obblighi nor-
mativi sull’abbandono delle tecnologie
poco efficienti e le opinioni raccolte da-
gli operatori, lo studio stima che in que-
sto periodo il potenziale teorico possa
essere realizzato al 40-60%, che corri-
sponderebbe a un risparmio annuo
compreso tra 6,1 e 9,1 TWh.
Chiusure vetrate
Le chiusure vetrate altamente efficienti,
quelle in grado di garantire una trasmit-
Dove può arrivare il fotovoltaico sui tetti d’Italia
Installando pannelli fotovoltaici su tutte le coperture degli edifici esistenti si raggiungereb-be una potenza nominale pari a 58,5 GW, per una produzione annuale di circa 67 TWh. Il
potenziale teorico negli edifici nuovi è invece pari a 5 TWh. L’Energy Efficiency Report del Politecnico di Milano avverte però che la concreta realizzabilità di questo potenziale è di difficile valutazione, per problemi legati principalmente all’integrabilità dei pannelli sugli edifici esistenti e alle incognite sul futuro dell’attuale sistema incentivante. Considerati i di-versi elementi in campo, lo studio stima una penetrazione negli edifici esistenti tra il 5 e il 15%, mentre è molto più elevata la stima per le nuove costruzioni: dal 20 al 35%.Per quanto riguarda l’eolico, invece, il potenziale teorico di diffusione è stato calcolato ipo-tizzando di installare un impianto di taglia inferiore o uguale a 200 kW per ogni edificio presente in quelle aree del Paese dove la velocità media del vento è almeno pari a una media di 4 metri al secondo. Fatte salve queste condizioni, il potenziale elaborato è risultato pari a 29,8 TWh per gli edifici esistenti e di 2,3 TWh per gli edifici nuovi. La traducibilità in realtà è però stimata come molto bassa: tra il 3 e l’8% del potenziale per gli edifici esistenti e tra il 10 e il 15% per quelli nuovi.
Quanto potremmo risparmiare con l’efficienza energetica negli edifici da qui al 2016
Fonte: Energy Efficiency Report, Politecnico di Milano
RESIDENZIALE NON RESIDENZIALE
Soluzione tecnologica Tipologia energia Potenziale risparmio teorico
annuo (TWh)
Potenziale risparmio effettivo
a regime (TWh)
Potenziale risparmio teorico
annuo (TWh)
Potenziale risparmio effettivo
a regime (TWh)
Tecnologie di illuminazione elettrica 12 6,2 4 2,1
Elettrodomestici elettrica 6,9 2 0,5 0,1
Caldaie a condensazione termica 33,7 11,5 19,9 7,1
Pompe di calore termica 87,9 22,4 34,7 9,3
Sistemi di building automation elettrica+termica 13,9 + 96,7 0,8 + 5,2 7,1 + 13,7 0,4 + 0,7
Chiusure vetrate termica 20,3 4,6 3,5 0,5
Pareti termica 32,4 9,1 3,1 0,6
Coperture/suolo termica 66,1 18,2 2,2 0,4
Fotovoltaico elettrica 50,7 5,8 21,6 2,3
Eolico elettrica 24,5 0,8 7,3 1,1
Solare termico termica 49,9 5,1 2,4 0,3
Caldaie a biomassa termica 187 23 n.d. n.d.
storia di copertina
36
1-2/201224
tanza termica pari a 2 W/mq per grado
kelvin di differenza tra esterno e interno,
sono utilizzate attualmente in una per-
centuale marginale degli edifici italiani
esistenti: tra il 6 e l’8%, stima lo studio
del Politecnico.
Ipotizzando di dotare di queste soluzio-
ni tutti gli stabili che ne sono attualmen-
te sprovvisti, si otterrebbe un risparmio
potenziale di 22,7 TWh termici su base
annua e si genererebbe un volume d’af-
fari totale di 170 miliardi di euro. Inter-
venendo inoltre sugli immobili di nuova
costruzione, nei prossimi cinque anni si
aggiungerebbe un altro TWh risparmia-
to, oltre ad altri 1,5 miliardi di euro di
giro d’affari.
Il rapporto tra risparmio ottenibile e vo-
lume d’affari corrispondente risulta par-
ticolarmente sfavorevole, il che indica
come siano necessari ingenti investimen-
ti privati per procedere nell’adozione di
queste soluzioni. Gli incentivi, dunque,
hanno un peso rilevante e una politica di
revisione dei sussidi deve sempre tenerne
conto. Lo studio stima che mantenendo
il regime attuale (detrazione del 55%,
prorogata fino al 31 dicembre 2012 con
il decreto “Salva Italia”), nei prossimi cin-
que anni il grado di copertura del rispar-
mio potenziale ottenuto da interventi
sugli edifici esistenti dovrebbe risultare
pari al 35%, tasso che scende al 10% in
assenza di incentivazione. Sulle nuove
costruzioni si raggiungerebbe il 30% del
potenziale in caso di assenza di incentivi
e il 50% mantenendo per tutto il periodo
le agevolazioni attuali.
Superfici opache
Nel caso delle strutture opache, con
l’adozione di materiali isolanti sulle pare-
ti degli edifici che non raggiungono una
trasmittanza termica di 3 W/mq K, è pos-
sibile raggiungere potenzialmente un ri-
sparmio annuo quantificabile in circa
35,5 TWh termici, per un giro d’affari di
72,9 miliardi di euro. L’applicazione di
materiali isolanti su coperture e suolo
registra un potenziale teorico ancora
maggiore: 68,3 TWh per 116,5 miliardi
di euro di giro d’affari. Complessivamen-
te, quindi, il risparmio potenziale in que-
sto settore supera i 100 TWh, un valore
significativo se si tiene in conto il fatto
che il consumo di energia termica in Italia
è compreso complessivamente tra 350 e
400 TWh. Anche in questo caso, la reale
adozione di materiali isolanti dipende dal
meccanismo di incentivazione. Lo studio
stima che, in mancanza di incentivi, il
grado di copertura del risparmio poten-
ziale potrebbe variare tra il 10 e il 15%,
mentre con l’attuale detrazione del 55%,
si sale a una percentuale compresa tra il
30 e il 40%. Per la copertura delle pareti,
dunque, si ipotizza un risparmio variabile
tra 3,5 e 14 TWh. Nel caso, invece, della
protezione delle coperture e del suolo il
risparmio può variare da 6,8 a 27 TWh.
Sistemi di building automation
Se si applicassero le soluzioni di building
automation più sofisticate (i sistemi Bac,
Building automation and control e
Tbm,Technical building management) in
tutti gli edifici esistenti sprovvisti di queste
tecnologie, si otterrebbero risparmi po-
tenziali di 19,8 TWh di energia elettrica e
di 106,1 TWh di energia termica, per un
giro d’affari di 21,5 miliardi di euro. Il ri-
sparmio potenziale per gli immobili nuovi
è stimato invece in 0,8 TWh elettrici e 4,3
TWh termici, per un giro d’affari di ben
Produzione termica da rinnovabili, tutto dipenderà dagli incentivi
Solare termico e caldaie a biomasse sono le soluzioni che possono essere messe in campo per produrre energia termica per gli edifici. Il poten-ziale teorico del solare termico è stato calcolato ipotizzando l’utilizzo di tale tecnologia sia in tutti gli edifici esistenti sia in quelli nuovi
esclusivamente per la produzione di acqua calda sanitaria. In questo senso la produzione termica potenziale teorica è risultata pari a 50,2 Twh, per un volume d’affari di circa 110 miliardi di euro per gli edifici esistenti, mentre è di circa 2 TWh (900 milioni di euro di giro d’affari) per quel-li che verranno costruiti da oggi al 2016.La penetrazione effettiva di tale soluzione nel periodo considerato, come in altri casi, dipenderà dal futuro della detrazione fiscale del 55%. Sugli edifici esistenti la penetrazione stimata sul potenziale teorico è compresa tra il 5% e il 15%, a seconda della conferma dell’attuale mecca-nismo di agevolazione, mentre per gli immobili di nuova costruzione il livello di penetrazione stimato è tra il 10% e il 25%.Il potenziale teorico delle caldaie a biomassa è stato invece calcolato ipotizzando un loro utilizzo sia per il riscaldamento sia per la produzione di acqua calda sanitaria. Un’adozione globale di questi sistemi in tutti gli edifici che ne sono privi porterebbe a un risparmio potenziale teorico pari a 175 TWh, con 190 miliardi di euro di giro d’affari, e di 12 TWh in quelli nuovi, con un volume d’affari di 360 milioni di euro. La penetra-zione attesa di questa tecnologia, invece, è stata stimata tra il 10% e il 15% negli edifici esistenti e tra il 10% e il 25% per quelli che verranno costruiti nei prossimi cinque anni.
37
storia di copertina 241-2/2012
Ruggero Vota
200 milioni di euro. Lo studio sottolinea
però come la realizzabilità di questo po-
tenziale teorico sia decisamente limitata.
Secondo gli operatori del settore, da oggi
al 2016 solo una quota molto ridotta de-
gli edifici esistenti attiverà queste soluzio-
ni. La stima realistica del risparmio otteni-
bile varia quindi dal 3 al 7% del potenzia-
le, ovvero tra 0,6 e 1,4 TWh elettrici e tra
3,2 e 7,4 TWh termici.
Diverso è il caso degli edifici di nuova co-
struzione, per i quali il Politecnico stima
una penetrazione delle soluzioni di buil-
ding automation rispetto al potenziale
compresa tra il 10% e il 20%, equivalen-
te a un risparmio tra 100 e 200 GWh di
energia elettrica e tra 500 GWh e un
TWh di energia termica.
Produzione di energia termica
Riguardo agli interventi di efficientamen-
to sulla produzione di energia, per quan-
to riguarda il fronte termico, lo studio ha
preso in considerazione due tecnologie
volte all’efficienza energetica: le caldaie
a condensazione e le pompe di calore.
Ipotizzando di utilizzare le prime per esi-
genze di riscaldamento e per la produ-
zione di acqua calda sanitaria in tutti gli
edifici esistenti, si otterrebbe un rispar-
mio annuo di 48,5 TWh termici e si ali-
menterebbe un giro d’affari di oltre 45
miliardi di euro. Il potenziale derivante
dagli stabili di nuova costruzione è invece
quantificabile in 5 TWh per un giro d’af-
fari di 900 milioni di euro. La stima di
copertura del potenziale teorico in que-
sto caso è ipotizzato tra il 25 e il 40% nel
caso degli edifici esistenti, mentre per i
nuovi, grazie anche alla maggiore sem-
plicità di installazione, la stima sale tra il
40 e il 60%.
Quanto alle pompe di calore, il risparmio
complessivo teorico che permetterebbe-
ro di realizzare nel nostro Paese è consi-
stente. L’installazione di queste soluzioni
in tutti gli edifici esistenti porterebbe in-
fatti a un risparmio di 111,6 TWh termici,
oltre agli 11 TWh termici negli immobili
costruiti dal 2011 al 2016. Il tutto com-
plessivamente porterebbe a un giro d’af-
fari pari a 122,6 miliardi di euro.
Per quanto riguarda la possibilità con cui
questo potenziale si potrà realizzare, lo
studio stima una penetrazione del 20-
30% negli edifici esistenti e del 30-40%
nelle nuove costruzioni.
Elettrodomestici
Una voce sicuramente non trascurabile
della bolletta elettrica nazionale è rap-
presentata dagli elettrodomestici, il cui
consumo annuale è di circa 37,5 TWh.
Nel caso in cui si adottassero le soluzioni
più efficienti dal punto di vista energeti-
co, cioè gli elettrodomestici della classe
superiore per ogni categoria, si potrebbe
contare su un risparmio teorico pari a 7,4
TWh, per un giro d’affari complessivo
pari a 64,55 miliardi di euro. La stima ela-
borata relativa alla reale possibilità di
adozione dei nuovi elettrodomestici si
attesta tuttavia tra il 20 e il 35% del po-
tenziale teorico identificato.
In questo comparto, i ricercatori
dell’Energy&Strategy Group sottolinea-
no come, pur raggiungendo elevati livel-
li di penetrazione degli elettrodomestici
più efficienti, il contributo al risparmio
energetico italiano nel complesso risulte-
rebbe relativamente modesto.
Potenziale risparmio energetico derivante dall’utilizzo delle pompe di calore
Fonte: Energy Efficiency Report
esistente
nuovo
focus
38
1-2/201224
SOSTENIBILITÀ
La lotta al cambiamento climatico è entrata nell’agenda dei big dell’economia italianaSecondo il report di Carbon disclosure project e Accenture, Fiat ed Enel sono le aziende nazionali che si impegnano maggiormente per contenere le emissioni
Le principali società italiane quotate in
Borsa prestano sempre più attenzione
nelle loro strategie di business ai temi del
cambiamento climatico e della sostenibi-
lità: è quanto evidenzia il Cdp Italy 100
Report 2011 di Carbon disclosure project
e Accenture, redatto in collaborazione
con Banca Monte dei Paschi di Siena. Lo
studio, condotto anche a livello interna-
zionale su oltre 3.000 aziende, ha cercato
di valutare l’atteggiamento verso la ridu-
zione dei gas serra da parte delle prime
100 imprese per capitalizzazione di mer-
cato quotate alla Borsa italiana. Soltanto
35 di queste, però, hanno accettato di ri-
spondere alle domande della ricerca, una
percentuale inferiore rispetto alla media
europea. Più nel dettaglio, le aziende so-
no state valutate sulla base della qualità
delle informazioni utilizzate per divulgare
in modo trasparente le politiche relative
alle emissioni (disclosure) e sulla bontà
delle iniziative finalizzate alla gestione del
cambiamento climatico (performance). In
entrambi i casi le due società che hanno
ottenuto i risultati migliori sono state Fiat
ed Enel. La casa automobilistica è stata
premiata per l’introduzione di sistemi ad
alta efficienza (come i Led) nei suoi stabi-
limenti produttivi, nonché per l’obiettivo
di riduzione delle emissioni. La compagnia
energetica, invece, ha ottenuto un pun-
teggio elevato per il suo impegno a utiliz-
zare la migliore tecnologia disponibile
nella generazione energetica tradizionale
(Ccs compresa) e per gli investimenti nelle
rinnovabili. Ma l’attenzione verso la soste-
nibilità sembra essere alta anche nelle al-
tre società: l’82% delle aziende parteci-
panti, infatti, ha dichiarato di aver incor-
porato il cambiamento climatico nella
propria strategia. Il 91% ha riferito inoltre
di avere intrapreso programmi per la ridu-
zione delle emissioni, un dato in crescita
rispetto all’86% del 2010 e al 50% del
2009. Tuttavia, solo la metà di queste ini-
ziative è sostenuta da un’analisi finanzia-
ria rigorosa, fattore che rende difficile va-
lutarne l’impatto economico complessivo.
Inoltre, tra le società della Penisola prevale
la logica dei target di riduzione assoluti
piuttosto che relativi. Sono numerosi, co-
munque, i progetti avviati: in tutto le 35
società quotate hanno messo in atto 186
iniziative di riduzione delle emissioni, pre-
valentemente correlate all’efficienza ener-
getica, al trasporto e all’energia a basso
contenuto di carbonio. Infine, secondo le
aziende interpellate, il cambiamento cli-
matico presenta al momento più rischi
che opportunità ma, in positivo, la ten-
denza è sempre più quella di investire nel-
Aziende che hanno intrapreso iniziative di riduzione delle emissioni
Fonte: Cdp Project 2011
Base: rispondenti all’indagine Cdp Italy 100
39
focus 241-2/2012
G.T.
INTERVISTA
Tra pochi anni la sostenibilità d’impresa diventerà importante quanto il marketing Secondo Diana Guzman, responsabile del Cdp, e Danilo Troncarelli, partner di Accenture, molte aziende non sono ancora pronte alla trasparenza ambientale
Le grandi imprese italiane si stanno im-
pegnando di più rispetto al passato nel
contrasto al cambiamento climatico, ma
non sono ancora del tutto attrezzate per
misurare puntualmente le proprie emissio-
ni. Diana Guzman, direttore Southern Eu-
rope del Carbon disclosure project, e Dani-
lo Troncarelli, partner di Accenture mana-
gement consulting, hanno raccontato a
Energia24 le peculiarità dell’edizione na-
zionale del report.
Perché non tutte le aziende hanno de-
ciso di rispondere alle domande?
Guzman Esistono due ragioni che spiega-
no le mancate risposte al questionario.
Quella principale è rappresentata dal fatto
che le aziende spesso non hanno una strut-
tura interna che permetta loro di raccoglie-
re le informazioni necessarie per risponde-
re adeguatamente, d’altronde il questiona-
rio che proponiamo è molto complesso.
Dunque, anche se molte società vorrebbe-
Diana Guzman, Cdp Danilo Troncarelli, Accenture
la sostenibilità per ottenere dei risvolti fa-
vorevoli per il proprio business. Come ha
spiegato nel corso della presentazione del
report Simone Mori, direttore regolamen-
tazione e ambiente di Enel, «quello che
siamo riusciti a fare in questi anni è rende-
re la componente di produzione a basso
contenuto di carbonio uno degli asset
fondamentali del business di Enel, ossia
una parte integrante del nostro modello
di sviluppo. Abbiamo anche ridotto le no-
stre emissioni specifiche per unità di pro-
dotto energetico del 40%. Io sono con-
vinto che gli investitori siano consapevoli
del fatto che il settore energetico sta af-
frontando un cambio di paradigma; pre-
sidiare tutto il campo delle soluzioni e
tecnologie low carbon è un elemento fon-
damentale per attirarli, per far capire loro
in che direzione ci stiamo muovendo per
il prossimo futuro».
ro partecipare, non possono proprio a cau-
sa di questa carenza. Proprio per questo
motivo, alcune stanno pensando di creare
dei team ad hoc così da essere in grado di
rispondere l’anno prossimo almeno ai temi
più importanti. La seconda ragione delle
mancate risposte è che molte aziende ap-
partenenti a settori non “carbon intensive”
ritengono di non avere un impatto rilevan-
te nel cambiamento climatico. Questo,
occorre ribadirlo, non è vero, perché - indi-
pendentemente dai rami di attività di ap-
partenenza - tutte le imprese hanno una
catena di fornitura o consumi energetici
importanti che incidono sui cambiamenti
climatici.
Enel e Fiat possono vantare il primato
in entrambe le classifiche dell’edizione
italiana del report. Quali sono le ragio-
ni di questa leadership?
Guzman Possiamo dire innanzitutto che
queste due aziende hanno fornito le rispo-
ste più chiare e complete alle domande del
Cdp. Infatti, entrambe le società sono state
le uniche italiane a essere ricomprese nel
focus
40
1-2/201224
Gianluigi Torchiani
Carbon performance leadership index; uno
dei prerequisiti per l’inserimento in questa
classifica è l’avvio di iniziative concrete di
riduzione dell’inquinamento, in misura per-
centuale tale da contribuire al contenimen-
to del cambiamento climatico. In questo
senso sia Fiat che Enel hanno dichiarato di
aver intrapreso dei progetti capaci di ridurre
le emissioni in misura superiore alla soglia
stabilita. Dunque esiste un impegno chiaro
da parte di Enel e Fiat nel contrasto al cam-
biamento climatico.
Quanto influiscono le normative vi-
genti sull’impegno delle imprese nella
lotta al climate change?
Guzman È evidente che quando un’azien-
da è inserita nel sistema Ets (Emission tra-
ding system) si trova all’interno di una nor-
mativa che la obbliga alla riduzione delle
emissioni e, dunque, inevitabilmente, deve
fare qualcosa. Quello su cui stiamo insisten-
do è che, anche in settori dove non esistono
delle normative vincolanti, le imprese devo-
no lavorare e andare avanti su questa strada
così da ridurre i costi, aumentare l’efficienza
e diventare sempre più competitive.
Troncarelli A livello generale occorre con-
siderare che i principali organismi interna-
zionali stanno insistendo perché gli Stati
prendano delle misure ancora più impe-
gnative per contrastare il cambiamento
climatico, gli obiettivi al 2020 stabiliti
dell’Unione europea non sono infatti più
sufficienti. Nello specifico Enel, Eni, Italce-
menti e Edison stanno adottando le inizia-
tive più importanti e all’avanguardia nella
riduzione dell’impatto ambientale. Le loro
azioni sono particolarmente importanti vi-
sto che indirizzano il 90% delle emissioni
monitorate dal report. Le importanti sfide
che stanno affrontando i nostri big nazio-
nali sono evidentemente collegate alla na-
tura stessa del loro business e al processo di
internazionalizzazione che hanno affronta-
to negli ultimi anni. Più in generale, è da
valutare positivamente il fatto che le impre-
se italiane stiano iniziando a considerare
questi temi non soltanto in termini di Cor-
porate social responsibility, ma anche come
una vera e propria opportunità, incorporan-
do l’ambiente e la riduzione delle emissioni
nell’ambito delle strategie di business e nei
propri prodotti e servizi.
Le migliaia di Pmi italiane sono poi in-
fluenzate da questi comportamenti adot-
tati dai big dell’economia nazionale?
Troncarelli Assolutamente sì, esiste un ef-
fetto di propagazione molto positivo. Le
grandi corporate, nella gestione della supply
chain, sono sempre più attente a richiedere
certi requisiti di sostenibilità, in particolare in
termini di emissioni e consumi energetici.
Questo sensibilizza inevitabilmente l’indot-
to, ovvero tutta la catena di produzione. Per
esempio Unilever, uno dei maggiori player
mondiali della distribuzione, si è recente-
mente posto l’obiettivo di raddoppiare il
fatturato e ridurre del 50% la CO2. Questo
comporterà uno stravolgimento radicale
delle modalità di produzione e trasporto
adottate da tutti gli attori della catena.
È possibile quantificare gli investimenti
effettuati dalle aziende italiane per adot-
tare questi comportamenti virtuosi?
Troncarelli In realtà, come spiegato nel re-
port, non tutte le società fanno delle analisi
costi-benefici in termini quantitativi, in modo
puntuale e preciso. Si può dire che in questa
fase, un po’ come capitato per il marketing
vent’anni fa, è partito un percorso graduale
che comporterà nel tempo l’adozione di
strutture e strumenti di misurazione della
lotta al cambiamento climatico. A questo
proposito è necessario che molte iniziative
nell’ambito della sostenibilità siano censite e
presentate anche come azioni di riduzione
della CO2. Eni e Enel, per esempio, stanno
investendo nei progetti per la Carbon captu-
re storage (Ccs), che potrebbero essere asso-
lutamente visti come una best practice nella
lotta al climate change, considerato anche
che si tratta di programmi molto onerosi e
sfidanti, su cui sarebbe importante fornire
maggiore trasparenza e visibilità.
Quali sono le principali differenze tra il
rapporto globale e quello italiano?
Guzman Innanzitutto nelle percentuali di
risposta: a livello globale ci attestiamo intor-
no all’81%, in Italia siamo soltanto al 35%,
nonostante l’aumento riscontrato nell’ulti-
mo anno. Un’altra differenza è che ancora
poche aziende italiane hanno assegnato
degli incentivi al management per raggiun-
gere determinati obiettivi nella lotta al cam-
biamento climatico. Secondo noi si tratta,
invece, di una modalità fondamentale per
ridurre le emissioni. Nella Penisola, inoltre,
sono state segnalate 186 iniziative virtuose,
ma soltanto la metà di queste ha alle spalle
un’analisi finanziaria seria e rigorosa.
Troncarelli Le grandi imprese straniere
combattono il cambiamento climatico con
approcci sistematici e consapevoli. Le no-
stre aziende lo fanno, ma in maniera meno
strutturata e spesso non ne sono perfetta-
mente coscienti. Un secondo aspetto di
differenza è che nelle società estere si stan-
no introducendo delle metriche di climate
change mitigation nei key performance in-
dicator.
41
focus 241-2/2012
INTERVISTA
Più leggeri e riciclati, così gli imballaggi fanno risparmiare energia e acquaCome snellire il packaging, riducendo l’impiego di materie prime e la produzione di rifiuti? Lo spiega Roberto Magnaghi, responsabile dell’area tecnica del Conai
Ridurre gli imballaggi dei prodotti sta
diventando uno strumento di effi-
cienza energetica. Confezioni più snelle,
in parte riciclate o che si possono riutiliz-
zare: così le aziende esplorano le frontie-
re dell’eco design. È vero che impiegan-
do meno materiali si generano meno ri-
fiuti, tuttavia ci sono dei limiti, dettati
dalla necessità di trasportare e conserva-
re il contenuto senza il rischio di rotture
o manomissioni. Nei casi migliori, i rispar-
mi di energia e acqua sono evidenti. Se-
condo i dati del Conai (Consorzio nazio-
nale imballaggi) relativi al dossier preven-
zione 2010, le aziende presenti nel setto-
re degli alimentari liquidi hanno ridotto
del 37% i consumi di energia e del 32%
quelli idrici per imballare i prodotti esami-
nati. Per quanto riguarda gli alimentari
solidi il dossier ha registrato riduzioni del
17% per entrambi i consumi. Roberto
Magnaghi, responsabile dell’area tecnica
del Conai, ha spiegato a Energia24 qua-
li sono le caratteristiche e le prospettive
del packaging sostenibile.
Partiamo dal concetto di “sostenibili-
tà”: che cosa significa esattamente?
Il concetto di sostenibilità è legato alla
ricerca del miglior compromesso tra le
molteplici funzioni dell’imballaggio e
l’impatto ambientale che genera. Una
delle azioni per aumentare la sostenibi-
lità di una confezione è ridurre il suo
peso. L’esempio classico è la bottiglia
d’acqua minerale da un litro e mezzo,
che da 40 grammi scende a 35. Così
consumo meno materia prima e produ-
co meno rifiuti. Naturalmente ci sono
dei limiti: la fruibilità del prodotto, la
trasportabilità della merce, garantendo
la conservazione degli alimenti. Quindi
dobbiamo parlare di sostenibilità “dalla
culla alla culla”, considerando tutte le
fasi della vita di un imballaggio, da
quando è progettato a quando è pro-
dotto e poi distribuito e venduto, finché
diventa una “materia prima seconda”
grazie al riciclo.
Come si riesce, nel concreto, a valu-
tare l’intero ciclo di vita di un imbal-
laggio?
Con l’analisi Lca (Life cycle assessment).
Abbiamo scelto tre parametri: uno è il
risparmio energetico, per vedere i consu-
mi prima e dopo la “cura”. I benefici
maggiori si possono ottenere attraverso
l’innovazione dei processi produttivi. Gli
altri parametri sono la riduzione della
CO2 e il risparmio d’acqua. I risultati, pe-
rò, variano molto secondo i settori, per-
ché cambia il modo di produrre, imballa-
re e distribuire le merci.
Che piega stanno prendendo le nor-
me che regolano il settore?
Le norme punteranno sempre di più
verso la prevenzione dei rifiuti da imbal-
laggio e la raccolta differenziata. Nel
2015 e soprattutto nel 2020 ci sarà un
cambio di scenario voluto dall’Unione
europea: il concetto “dalla culla alla
culla” dovrà riguardare non solo gli im-
ballaggi, ma qualsiasi prodotto immes-
so al consumo in tutti gli Stati membri.
Bisognerà pensare al corretto smalti-
mento, alla facilità di raccolta e riciclo.
Il settore degli imballaggi è stato un
apripista di questo mondo. Ci sarà un
passaggio intermedio al 2015 per tara-
re i singoli Stati sugli obiettivi del 2020.
Roberto Magnaghi, Conai
focus
42
1-2/201224
Luca Re
Lo sguardo sarà trasversale: tutti i pro-
dotti dovranno avere una nuova vita
senza finire nelle discariche.
Quali sono, quindi, le regole per
progettare delle confezioni eco
compatibili?
Innanzitutto si deve pensare a un imbal-
laggio con il minor materiale possibile.
Poi si può ragionare sul suo riutilizzo,
quando è conveniente dal punto di vi-
sta ambientale anche rispetto al riciclo.
Far viaggiare dei camion da Milano a
Palermo per riutilizzare degli imballaggi
può essere una scelta controproducen-
te. La terza leva fondamentale è l’im-
piego di materiale riciclato: più è pre-
sente nella confezione, più rendo vir-
tuoso tutto il circuito di raccolta e recu-
pero. Per esempio, gli scatoloni di car-
tone sono riciclati al 90%, come anche
le bottiglie di vetro per l’acqua minera-
le. Infine bisogna semplificare al massi-
mo la logistica delle merci.
Però ci sono degli sprechi che sem-
brano macroscopici, come i carton-
cini che contengono i tubetti di den-
tifricio. Perché è così difficile elimi-
nare il packaging superfluo?
Se un prodotto è stato imballato in un
certo modo che sembra ridondante,
spesso un motivo c’è. Difficilmente
un’azienda spreca dei soldi per realizza-
re qualcosa che non serve. Se è stata
progettata quella custodia, quella con-
fezione, è perché probabilmente è es-
senziale per commercializzare il prodot-
to, preservandone le caratteristiche.
Dove si può operare? Togliendo alcuni
strati degli imballaggi e modificando il
ciclo di produzione e distribuzione. Per
rinunciare a uno strato secondario, do-
vrò magari appesantire l’involucro pri-
mario, rendendolo più sicuro. Eliminare
un cartoncino superfluo, per esempio
quello del tubetto di dentifricio, signifi-
ca modificare il tappo del tubetto per
evitare manomissioni e garantire la si-
curezza della confezione sugli scaffali
dei negozi. Tutto ciò comporta uno
sforzo d’innovazione e quindi un inve-
stimento.
Allora bisogna chiedersi se alle
aziende conviene investire in que-
sta direzione. Che cosa ne pensa?
Molte aziende fanno leva sugli aspetti
ambientali per acquisire clienti e vende-
re i loro prodotti. Se penso anche solo
a tre anni fa, l’uso di materiale riciclato
era tenuto sotto traccia, perché si con-
siderava di serie B. Molte campagne
pubblicitarie puntano sull’ambiente e
sugli imballaggi. Me ne vengono in
mente due: l’inclusione di plastica rici-
clata nei flaconi per la detergenza Hen-
kel e nella bottiglia LaLitro di Levissima.
Quest’ultima sarebbe stata impensabile
pochi anni fa, perché né le aziende né i
consumatori erano abbastanza maturi
per un cambiamento del genere. Anche
la legge non permetteva il contatto di
plastica riciclata con gli alimenti. Il pa-
norama è cambiato: prevenzione e rac-
colta differenziata sono diventati temi
quasi quotidiani.
Che ruolo ha, nei cambiamenti in
atto, la grande distribuzione orga-
nizzata?
Il ruolo della grande distribuzione è
fondamentale, perché è il primo anello
a contatto con i clienti. I prodotti si pre-
sentano sugli scaffali. In Italia ci sono
varie iniziative rivolte soprattutto ai
consumatori con un’ottica a 360 gradi:
non solo confezioni ecologiche per i
prodotti a marchio privato, ma anche
diffusione delle sporte riutilizzabili, pre-
venzione e riciclo.
Le iniziative della Gdo in Lombardia
La Regione Lombardia ha lanciato in questi mesi una campagna di sostenibilità ambien-tale, in collaborazione con sette aziende della grande distribuzione (Auchan, Coop, Es-
selunga, Iper, Pam, Simply, Unes). L’obiettivo è aiutare i clienti della Gdo a modificare le proprie abitudini di consumo. «Se pensiamo che un negozio al dettaglio produce circa una tonnellata di rifiuti l’anno - ha spiegato il governatore della Lombardia, Roberto Formigoni - mentre un ipermercato da 2.500 mq ne produce nello stesso periodo 15 tonnellate, capia-mo perché la prevenzione dei rifiuti da imballaggio assuma una grande rilevanza». La campagna promuoverà le buone pratiche contenute nel Piano d’azione per la riduzione dei rifiuti (Parr). Per esempio la vendita di prodotti alla spina, il recupero dell’invenduto da destinare a mense sociali, l’introduzione delle collette alimentari e dei gruppi di volontaria-to. I punti vendita aderenti comunicheranno queste iniziative con manifesti e cartelloni in-formativi e cercheranno di ridurre i rifiuti con diversi interventi, come la riduzione della pubblicità commerciale, la devoluzione dell’invenduto e la promozione dei prodotti poco imballati sugli scaffali. La campagna prevede, infine, la sottoscrizione di un protocollo tra Regione Lombardia e le singole aziende, che include l’impegno a fornire i dati relativi ai “rifiuti evitati”.
43
esperienze&carriere1-2/2012 24
Cd2e (acronimo francese di “Crea-
zione e sviluppo di ecoimprese”)
opera come un’associazione non profit
nella regione di Nord-Pas de Calais nella
Francia settentrionale. Si occupa di sti-
molare l’innovazione e creare connessio-
ni tra territori, imprese e laboratori con
lo scopo di far nascere attività ambienta-
li competitive. Con oltre 500 realtà indu-
striali e 60 laboratori come partners,
Cd2e ha un budget annuale di circa 2,4
milioni di euro, ricevendo fondi da Go-
verno francese, Consigli regionali, azien-
de e Unione europea.
Attraverso la mobilitazione e l’aiuto di
esperti nel campo ambientale, con attivi-
tà di R&S, Cd2e si distingue per impor-
tanti azioni di trasferimento tecnologico,
sviluppo internazionale e training per gli
addetti ai lavori. Questa organizzazione
aiuta concretamente a far crescere nuo-
PROGETTI EUROPEI
La regione francese di Nord-Pas de Calais attira investimenti per nuove ecoimpreseGrazie al lavoro di associazioni come Cd2e, nel distretto transalpino nascono attività e poli di ricerca per l’ambiente e le energie rinnovabili
ve industrie capaci di innovare, creare
posti di lavoro e incrementare competen-
ze di carattere internazionale, gestendo
anche la loro visibilità e il riconoscimento
in Francia e all’estero. Cd2e ha già istitu-
ito e sta avviando vantaggiose collabora-
zioni con organizzazioni situate in Euro-
pa nord occidentale, Nord Africa, Sud
America, Nord America e Asia.
Energia24 ha visitato il distretto nei pres-
si della città di Lille, toccando con mano
lo sviluppo di alcune realtà sostenibili
nate di recente.
Il riciclo dei Raee
Envie2e Nord è un’impresa che si occupa
di raccolta, trattamento e valorizzazione
di rifiuti derivanti da apparecchiature
elettriche ed elettroniche (Raee). Nel suo
stabilimento vengono trattate ogni anno
più di 15.000 tonnellate di Raee (suddi-
La Francia settentrionale in numeri
Il territorio di Nord-Pas de Calais si trova nel cuore dell’Europa, con cinque importanti capitali (Londra, Amsterdam, Bruxelles, Lussemburgo e Parigi) e 100 milioni di consumatori nel raggio di 300 km. Attira il 15% degli investi-menti ambientali francesi e nel suo territorio si sono sviluppate negli ultimi anni circa 600 ecoimprese, specializzate in gestione dei rifiuti e riciclaggio, energie rinnovabili ed efficienza energetica, ecocostruzioni, prevenzione e trattamento dell’inquinamento di aria, acqua e suolo. Sono due milioni le tonnellate di rifiuti domestici prodotte in quest’area, mentre quelli industria-li arrivano a tre milioni di tonnellate. 60 centri di ricerca lavorano su temi ambientali con circa 400 ricercatori impegnati.
Il ritiro e il riciclo Raee di Envie2e Nord
esperienze&carriere
44
1-2/201224
Chiara Scalco
vise in televisori e monitor, refrigeratori e
congelatori, lavatrici, lavastoviglie e ap-
parecchi da cucina, piccoli elettrodome-
stici): in tale modo la piattaforma Envie2e
Nord garantisce ai suoi partner una capa-
cità di recupero rifiuti tra le più importan-
ti di tutta la Francia, senza limiti di volu-
me, contando che la produzione totale
del Paese è di circa 1,7 milioni di tonnel-
late ogni anno, equivalenti a più di 14 kg
per persona. Envie2e Nord è situata su
un sito di 14.000 metri quadri, totalmen-
te dedicato al trattamento e possiede
una flotta di 15 mezzi al fine di assicurare
il trasporto dei Raee.
La raccolta avviene attraverso i camion
presso i distributori di apparecchi elettro-
nici, le discariche e i punti di raccolta, ma
anche direttamente presso le imprese.
La suddivisione dei materiali raccolti è
una tappa importante della filiera: in ef-
fetti le direttive europee favoriscono il
riutilizzo piuttosto che la distruzione dei
rifiuti. Una fase precisa di diagnosi, quin-
di, permette di selezionare gli apparecchi
che possono essere riparati e quelli che
invece devono essere trasportati verso le
linee di pulizia per essere valorizzati. Al-
cuni rifiuti necessitano di attenzione par-
ticolare poiché contengono materiali
tossici: per esempio gli apparecchi “fred-
di” (frigoriferi e congelatori) funzionano
grazie a fluidi refrigeranti, oli e schiume
contenenti Cfc o altri fluorocarburi. La
fase di smantellamento permette dun-
que di estrarre i materiali inquinanti e
isolare i diversi componenti per valoriz-
zarli come materie prime secondarie.
Quello che non è riciclabile viene elimina-
to, mentre tutto il resto è rivenduto alle
aziende per il suo riutilizzo: acciaio, allu-
minio, rame, plastica, vetro e schiume
poliuretane. Envie2e Nord è giunta a rici-
clare circa l’85% dei componenti, fino al
95% nel caso di un frigorifero.
Test sui pannelli solari
Si chiama Lumiwatt ed è un centro di
test e formazione sull’energia solare fo-
tovoltaica: si tratta di una grande centra-
le solare i cui scopi sono lo sviluppo e la
promozione delle tecnologie per la pro-
duzione di energia fotovoltaica su terri-
torio regionale e nazionale, con l’intento
finale di favorire nuove attività economi-
che e ricerca e sviluppo. Tra i fondatori
di Lumiwatt vi è anche Edf, che apporta
sostegno finanziario e personale esperto
per la realizzazione e lo sfruttamento
della centrale. Attualmente la piattafor-
ma è composta da 22 installazioni da 3
kW ciascuna, equipaggiata con una
strumentazione per lo studio del com-
portamento dei moduli in funzione delle
condizioni meteorologiche. In particola-
re, sono presenti dieci strutture fisse,
dieci tracker monoassiali e due insegui-
tori biassiali.
Edifici ecocompatibili
Villavenir è un progetto di edilizia soste-
nibile situato a Loos-en-Gohelle. Nel
2006 un gruppo di architetti si è riunito
per progettare sei concetti differenti di
case con strutture di legno, cemento e
acciaio e realizzate con tecniche innova-
tive. Il sito di Villavenir è costituito dun-
que da un primo gruppo di edifici a bas-
si consumi energetici costruiti con tre
metodi: struttura in metallo, telaio in le-
gno ed ecomateriali. Le costruzioni sa-
ranno abitate e monitorate nel tempo
per verificarne l’efficienza energetica,
con stime di consumo di circa 50 kWh
per metro quadro ogni anno. Il costo di
costruzione si aggira intorno ai 150.000
euro per edificio.
Questo sito sarà utilizzato a scopo di test
per dimostrare le capacità di performan-
ce delle tecniche di costruzione utilizzate
e dei materiali, ma anche come luogo di
formazione.
Tecnologie fotovoltaiche diverse sono testate nel centro Lumiwatt
Edifici sostenibili nel sito Villavenir
45
1-2/2012 24
Per il risparmiatore è una magra conso-
lazione. E tuttavia la grande crisi alme-
no un merito lo ha: serve come test, quanto
mai efficace, per valutare la capacità di “re-
silienza” di titoli, settori e asset class, dal
momento che le performance degli indici
generali di Borsa e di quelli settoriali foto-
grafano fedelmente le capacità di tenuta e
di reazione alle avverse condizioni. In que-
sto senso, le sorprese sono numerose an-
che nel comparto dell’energia.
In linea generale, il primo risultato del test è
rappresentato dalla conferma dell’impor-
tanza della diversificazione. Sulla distanza
dei 12 mesi, come su quelle dei 3 e 5 anni,
l’indice borsistico mondiale (Msci World) ha
infatti ottenuto risultati nettamente miglio-
ri di quelli dell’energia alternativa (indice
Datastream Alternative Energy) e dell’ener-
gia rinnovabile (indice Datastream Renewa-
ble Energy). I numeri sono chiarissimi: men-
tre a un anno l’Msci World ha perso il 4,3%,
l’indice delle energie rinnovabili è arretrato
del 47,3% e quello delle alternative del
46,5 per cento. Nella valutazione di questi
dati occorre tenere conto anche dell’effetto
cambio, che modifica in parte i risultati, ma
non altera il senso delle indicazioni.
Una seconda riflessione riguarda il peso ri-
levante delle differenziazioni a livello geo-
grafico. Se esaminiamo il caso Italia e con-
sideriamo dunque gli indici Ftse Mib e Msci
Energy Italy, troviamo una situazione spe-
cularmente opposta a quella mondiale. A
12 mesi il benchmark generale di Piazza
Affari presenta infatti un segno decisamen-
te negativo (-26,2%), mentre il settoriale
Msci Energy Italy perde soltanto il 4,8 per
cento. Indicazioni analoghe si ricevono
quando si allunga il periodo temporale in
esame. A tre anni l’indice generale perde il
28,5%, mentre il settoriale è addirittura in
territorio positivo (+2,9%) e a 5 anni il bilan-
cio chiude rispettivamente a -61,5 e a
-26,1% (tutte le valutazioni sono aggiorna-
te a metà dello scorso novembre. L’esito del
test non viene modificato dagli andamenti
successivi). Come si vede, non si tratta di
semplici sfumature, ma di differenze di so-
stanza. Queste sono dovute a un insieme di
fattori “locali”: dal tipo di aziende che ope-
rano nel settore alla presenza o meno di
incentivi, dalla normativa fiscale applicata
alla struttura della tariffazione.
Sempre a proposito di caratteristiche locali,
proprio la situazione del settore energie
rinnovabili in Italia, con la sua notevole
frammentazione, suggerisce all’investitore
interessato l’opportunità di utilizzare stru-
menti diversi dall’acquisto diretto di singoli
titoli, specialmente se non si conoscono a
fondo le caratteristiche delle imprese e dei
mercati nei quali operano. Per ridurre il livel-
lo di rischio e accrescere l’efficacia dell’inve-
stimento, gli operatori finanziari suggeri-
scono l’utilizzo di strumenti come fondi, Etf
e certificati. Anche in questo caso l’effetto-
test esprime un verdetto piuttosto negati-
vo, ma occorre buttare il cuore oltre l’osta-
colo e guardare avanti. Per i coraggiosi e i
lungimiranti l’abbandono del nucleare do-
po l’ultima crisi in Giappone apre infatti
scenari progressivi.
TITOLI ENERGETICI
Per tutelare gli investimenti è bene diversificare, anche geograficamente L’indice Msci Energy Italy è sceso in anno del 4,8%, contro una perdita generale per Piazza Affari del 26%. Un andamento capovolto rispetto a quello mondiale
di Guido Plutino
Aumenta l’offerta di certificati, ma il controvalore crolla
Negli ultimi mesi l’offerta dei certificati “energetici” si è notevolmente arricchi-ta, sia come numero di prodotti, sia come tipologie. È il caso, per fare solo un esempio, dei certificati con equity protection (proteggono il valore del capitale investito), oppure di quelli legati a un paniere di società “verdi” o alternative. Ma se il numero di prodotti a disposizione dell’investitore continua a lievitare, la crisi e la crescente avversione al rischio hanno compresso i volumi di scambio in Piazza Affari. Considerando per esempio i leverage certificate su azioni ita-liane, il controvalore si è quasi dimezzato in un mese: dai 137,4 milioni di euro dello scorso agosto è sceso infatti agli 86,1 milioni di fine settembre.
46
1-2/201224 normativa
Una delle questioni più dibattute
dagli operatori del settore del
fotovoltaico riguarda la cumulabilità
delle tariffe incentivanti previste
dall’articolo 5 del Dm del maggio del
2011 (il quarto Conto energia) e la
detassazione prevista dall’art. 6 com-
mi 13-19 della legge n. 388/2000 (co-
siddetta Tremonti Ambientale).
L’art. 6 della legge n. 388/2000 pre-
vede sostanzialmente che “la quota
di reddito delle piccole e medie im-
prese destinata a investimenti am-
bientali non concorre a formare il
reddito imponibile ai fini delle impo-
ste sui redditi“. In pratica, si tratta di
una detassazione, ossia di una varia-
zione in diminuzione da operare in
sede di dichiarazione dei redditi. Cir-
ca il calcolo dell’agevolazione, il com-
ma 19 dell’art. 6 della stessa legge n.
388/2000 prevede che la parte di red-
dito esclusa da imposizione “corri-
sponde all’eccedenza rispetto alla
media degli investimenti ambientali
realizzati nei due periodi di imposta
precedenti”.
La norma è rivolta alle piccole e medie
imprese, operanti in tutti i settori pro-
duttivi, che determinano il reddito in
regime di contabilità ordinaria. A tale
proposito, come chiarito dalla circola-
re dell’Agenzia delle entrate n. 1/E del
3 gennaio 2001, per la nozione di Pmi
occorre far riferimento ai parametri
dimensionali definiti a livello comuni-
tario. Più in particolare, secondo le
indicazioni della Comunità europea,
le Pmi sono costituite da imprese che
hanno meno di 250 occupati e hanno
un fatturato annuo non superiore a
50 milioni di euro, oppure un totale di
bilancio annuo non superiore a 43 mi-
lioni di euro.
Cosa sono gli investimenti
ambientali
Come precisato dall’art. 6, comma 15
della legge 388/2000, “per investi-
mento ambientale si intende il costo
di acquisto delle immobilizzazioni
materiali di cui all’art. 2424 primo
comma, lettera B), n. II del c.c. neces-
sarie per prevenire, ridurre e riparare
danni causati all’ambiente”.
Gli investimenti ambientali devono
presentare alcune peculiari caratteri-
stiche per essere considerati tali e, in
particolare, devono riguardare: le im-
mobilizzazioni materiali aventi utilità
pluriennale e materiale (per esempio,
PICCOLE E MEDIE IMPRESE
Detassazione degli investimenti ambientali e incentivi al fotovoltaico cumulabili dal 2013L’opportunità è però da valutare attentamente: dai costi ammissibili andrebbero infatti detratti i benefici economici derivanti dalla tariffa incentivante
Chi è Rödl & Partner
Rödl & Partner è uno studio professionale multidisciplinare che opera a livel-lo mondiale. Con 3.000 collaboratori, 85 uffici in 44 Paesi, la società offre consulenza legale, fiscale e servizi di revisione e outsourcing. In Italia dispone di quattro sedi a Milano (aperta nel 1998), Roma, Padova e Bolzano che annoverano oggi oltre 150 professionisti tra avvocati, commercialisti, reviso-ri legali e consulenti del lavoro.
Marco Pane, Rödl & Partner
47
1-2/2012 24normativaterreni e fabbricati, impianti e mac-
chinari, attrezzature industriali e com-
merciali, immobilizzazioni in corso e
acconti); beni acquistati con il leasing
finanziario, come chiarito dalla risolu-
zione n. 95 della Agenzia delle entra-
te del 25 luglio 2005.
Pertanto, nell’ambito della categoria
delle immobilizzazioni materiali pos-
sono essere ricompresi anche gli inve-
stimenti associati agli impianti foto-
voltaici, a prescindere che questi siano
considerati beni mobili o beni immo-
bili. Dal punto di vista contabile, gli
investimenti ambientali devono esse-
re valutati al costo di acquisto, ri-
comprendendo in detto costo anche
gli oneri accessori di diretta imputa-
zione (come i costi di collaudo e di
trasporto).
Sulla nozione di investimento am-
bientale, è possibile richiamare alcu-
ne indicazioni fornite dall’Agenzia
delle entrate. Secondo l’amministra-
zione finanziaria, infatti, l’investi-
mento ambientale riguarderebbe
tutti i danni causati all’ambiente
“dall’attività di impresa”, quindi gli
investimenti sarebbero funzionali
all’eliminazione o alla riduzione
dell’inquinamento, nonché alla pre-
venzione dei fenomeni di degrado
qualitativo e ambientale. A tal propo-
sito, il comma 15 dell’art. 6 della leg-
ge 388/2000 specifica che non rien-
trano nell’agevolazione tutte quelle
forme di investimento realizzate per
obbligo di legge.
Infine, giova ricordare che ai fini con-
tabili, gli investimenti ambientali de-
vono essere separatamente indicati
nel bilancio di esercizio e devono es-
sere calcolati utilizzando un approccio
incrementale. Ciò significa che i bene-
fici collegati agli investimenti di carat-
tere ambientale sono limitati ai costi
di investimento supplementare (so-
vraccosti) necessari per conseguire
obiettivi di tutela ambientale. Ai fini
del computo dell’esatto ammontare
di tale ammontare, i costi ammissibili
devono essere calcolati al netto dei
vantaggi di spesa e delle produzioni
accessorie realizzate in un periodo di
cinque anni.
Tale approccio incrementale di misu-
razione dei costi, in altri termini, indi-
vidua la quota parte dell’investimento
realizzato al fine di ottenere migliorie
ambientali rispetto all’investimento
complessivo.
Quando sussiste il diritto
alla cumulabilità
Il quarto Conto energia e, in partico-
lare, l’art. 5 del decreto del ministero
dello Sviluppo economico del 5 mag-
gio 2011 prevedono una particolare
disposizione che disciplina la questio-
ne della cumulabilità degli incentivi.
Sulla base di questa norma, alle “tarif-
fe incentivanti… sono cumulabili solo
alcuni benefici e contributi pubblici
finalizzati alla realizzazione dell’im-
pianto” ricomprendendo nella nozio-
ne di contributi cumulabili, i contribu-
ti in conto capitale, il finanziamento a
tasso agevolato e i benefici conse-
guenti all’accesso a un fondo di ga-
ranzia. Nella nozione di contributi
cumulabili, come chiarito dal Ministe-
ro, non rientrerebbe la detassazione in
esame. Il ministero dello Sviluppo eco-
nomico ha invece specificato che, ai
fini del possibile cumulo, si deve appli-
care il comma 4 dell’art. 5 del decreto
ministeriale del 5 maggio. Tale comma
stabilisce che “a partire dal 2013 si
applicano le condizioni di cumulabilità
degli incentivi secondo le modalità di
cui all’art. 26 del decreto legislativo
n.28/2011”.
Sulla base di tale previsione, allora,
solo dal primo gennaio 2013 si po-
tranno cumulare gli incentivi al foto-
voltaico con la detassazione dal red-
dito di impresa per acquisto di appa-
recchiature e macchinari, tra cui rien-
tra anche la detassazione degli inve-
stimenti ambientali di cui alla legge
388/2000.
Infine, il ministero dello Sviluppo eco-
nomico ha osservato che gli operatori
dovrebbero attentamente valutare la
possibilità di usufruire del cumulo sul-
la base dell’approccio incrementale
che caratterizza il calcolo della quota
ammissibile di aiuto nel caso di inve-
stimento ambientale, come sopra ri-
chiamato. Di fatto, il vantaggio effet-
tivo derivante dal cumulo sarebbe
annullato in considerazione della cir-
costanza che il beneficio costituito
dalla tariffa fotovoltaica dovrebbe es-
sere detratto dai costi ammissibili alla
detassazione.
Più in particolare, come chiarito dal
ministero dello Sviluppo economico,
“i costi ammissibili devono essere, fra
l’altro, calcolati al netto dei vantaggi
e dei profitti operativi nei quali rien-
trerebbe (almeno in parte) la tariffa
incentivante del fotovoltaico”.
Marco Paneresponsabile Tax - Rödl & Partner
Roma
48
1-2/201224
Sono otto le figure professionali, nuo-
ve o da riqualificare, di rilevanza stra-
tegica per l’attuazione di sistemi energe-
tici sostenibili e per l’attivazione di pro-
cessi a basso impatto ambientale. A indi-
viduarle è un’indagine dell’Isfol, l’Istituto
per lo sviluppo della formazione profes-
sionale dei lavoratori, che ha analizzato i
fabbisogni professionali di un campione
rappresentativo di imprese, enti pubblici
e consorzi. La ricerca si focalizza su tre
specifici settori: sistemi energetici ecoso-
stenibili, efficienza energetica (riferita
all’edilizia sostenibile), agro-alimentare di
qualità a filiera corta.
A emergere è la necessità di agire nel mo-
do più opportuno rispetto al contesto
territoriale, valorizzando le caratteristiche
fisiche, economiche e sociali. Di qui l’im-
portanza di un “Esperto di interventi
energetici sostenibili a livello territoriale”,
un consulente per le imprese e le ammi-
nistrazioni nell’ideazione e pianificazione
dei progetti e nel loro coordinamento in
fase realizzativa. Tra i suoi compiti c’è l’at-
tenzione agli aspetti legislativi e tecnico-
economici delle iniziative con particolare
riguardo ai processi autorizzativi.
Altrettanto importante è la funzione
dell’“Esperto economico finanziario di
interventi in campo energetico e ambien-
tale”, che deve individuare strategie, pro-
cedure e strumenti (sgravi fiscali e incen-
tivi) per rendere praticabile la sostenibilità
economica e finanziaria degli interventi.
È un professionista che può operare sia
nell’ambito dei sistemi energetici, sia in
quello della riqualificazione ambientale in
edilizia. Per quest’ultimo settore, l’Isfol ha
tracciato l’identikit di altre tre figure, due
nuove e una da riqualificare. Al “Promo-
tore consulente di materiali edili a basso
impatto ambientale” viene attribuito il
compito di supportare progettisti e im-
prese nella scelta dei prodotti da utilizza-
re. L’“Esperto per la qualificazione in
campo energetico ambientale delle im-
prese edili” aiuterà le aziende ad adottare
tecniche di costruzione a basso impatto
ambientale allo scopo di agevolare l’ac-
cesso a processi di riqualificazione, la par-
tecipazione ad appalti verdi e consentire
la certificazione dei prodotti. Infine, c’è
OCCUPAZIONE
Le nuove figure professionali che servono a imprese e Pa per sviluppare la sostenibilitàUn’indagine Isfol individua otto profili che rispondono ai fabbisogni attuali e futuri. Si va dall’esperto di interventi energetici all’amministratore di condominio
Per i laureati in materie ambientali il lavoro non manca
C’è poca crisi per i laureati in materie ambientali: entro un anno dalla fine del percorso accademico breve il 43,5% degli studenti trova lavoro, e dopo tre anni la percentuale sale al 53,4%. Positiva anche la tipologia contrattuale che i neolaureati riescono a ottenere: più della metà degli occupati, infatti, è inserito con un rapporto di lavoro dipendente. È quanto emerge dalla ricerca Isfol sulle “Lauree triennali ambientali” realizzata in occasione dei 25 anni del Progetto Ambiente-Ifolamb. L’indagine, che ha coinvolto nel 2007 e nel 2010 più di 550 laureati di 48 università italiane, mette in evidenza che il lavoro viene trovato soprattutto ricorrendo alla propria rete relazionale (20, 9%) e vincendo un concorso pubblico (17,7%). F.P.
Flavio Padovan
l’”Amministratore di condominio”, le cui
mansioni vengono estese affinché possa
svolgere un ruolo propositivo nell’orien-
tare le scelte dei proprietari degli appar-
tamenti. Nel settore agro-alimentare a
filiera corta, l’indagine Isfol individua tre
figure ad hoc: l’“Esperto in programma-
zione dei processi produttivi agricoli”,
che aiuta nelle scelte di coltivazione e
commercializzazione sulla base delle ca-
ratteristiche della zona; il “Responsabile
della gestione ambientale e qualità nella
produzione agricola”, che controlla che
siano rispettate tutte le strategie azienda-
li relative alla qualità del processo produt-
tivo e dei prodotti in un’ottica di sosteni-
bilità ambientale; infine, il “Tecnico dei
processi produttivi agricoli”, ovvero colui
che presidia l’intero ciclo produttivo, dal-
la pianificazione fino alla commercializza-
zione dei prodotti.
49
1-2/2012 24
Chiara Scalco
È stata presentata ufficialmente la
38esima edizione della mostra con-
vegno Expocomfort, che avrà luogo a
Milano dal 27 al 30 marzo 2012.
Massimiliano Pierini, business unit direc-
tor di Reed Exibitions Italia, ha parlato di
numeri in ascesa per l’imminente edizio-
ne: «Rispetto al 2009 ci saranno 70
aziende in più all’interno dello spazio
fieristico, con una percentuale del +14%
di espositori stranieri».
Interessante il percorso “Efficienza Inno-
vazione”, nato, secondo Pierini, per aiu-
tare il visitatore più attento e mettere in
evidenza i prodotti migliori e le soluzioni
più performanti che hanno come obiet-
tivo l’utilizzo razionale dell’energia.
«Si tratta del meglio della produzione
mondiale a oggi presente sul mercato -
conferma Pierini -: al percorso sarà dedi-
cata una segnaletica speciale e materia-
le stampato specifico. L’anno scorso
abbiamo valorizzato ben 107 prodotti.
A conclusione del percorso si troverà
un’area chiamata “Verso la classe A”,
presieduta dal personale del Politecnico
di Milano, che aiuterà a capire i diversi
prodotti esposti».
Saranno inoltre disponibili due aree
workshop che le aziende potranno sfrut-
tare per brevi presentazioni dei loro pro-
dotti efficienti.
Expocomfort, però, non è solo esposi-
zione fieristica, ma anche punto di in-
contro e aggiornamento per addetti ai
lavori: a tal proposito è stato sviluppato
un variegato ciclo di convegni e confe-
renze. Giuliano Dall’O’, presidente del
Comitato scientifico Next Energy, spie-
ga: «Abbiamo dato un tema alla prossi-
ma edizione, chiamandolo “Zero Energy
2020: verso l’integrazione”. Siamo riu-
sciti a definire alcune linee guida per
aiutare il visitatore nella scelta del conve-
gno o dell’iniziativa che soddisfi le sue
esigenze. Queste sono: recepire le nuo-
ve regole della progettazione, valorizza-
re competenze e professionalità, garan-
tire le prestazioni, rinnovare l’esistente e
finanziare l’innovazione.
Parliamo di edifici a prestazioni sempre
più alte, al 2020 dobbiamo arrivare a
costruire edifici a energia “quasi zero”.
Ma la grossa sfida ce la giochiamo sul
parco edilizio esistente che merita di es-
sere riqualificato dal punto di vista ener-
getico. Con i nuovi edifici, invece, non
riusciamo totalmente a risolvere i pro-
blemi».
Il programma istituzionale di Next Ener-
gy verte su tre temi fondamentali e si
suddivide in tre eventi: il forum naziona-
le sulla certificazione energetica degli
edifici (27 marzo), impianti e sostenibili-
tà ambientale nelle grandi architetture
internazionali (28 marzo) e fotovoltaico
e termico: parte di un sistema energetico
integrato (29 marzo).
Altre iniziative saranno sviluppate dai
partner Aicarr, Assistal e Sacert.
MANIFESTAZIONI
Expocomfort 2012: torna la 38esima edizione con novità espositive e tanti convegniIn scena nel capoluogo lombardo dal 27 al 30 marzo, la mostra convegno registra un boom di partecipazioni da parte di aziende italiane e straniere
La passata edizione della mostra convegno Expocomfort
50
A Aba Impianti - 5
Accenture - 38, 39
Acea - 5
Aicarr - 49
Ascomac - 8
Assistal - 49
Auchan - 42
Autorità per l’energia
elettrica e il gas - 18, 25
C Carbon disclosure project - 38
Cd2e - 43
Cdp - 39
Centro di ricerca aeronautica
e spaziale tedesco - 21
Cia - 5
Cnr-Ismn Bologna - 29
Cofely - 12
Cogena - 7, 9
Conai - 41
Confagricoltura - 5, 27
Consorzio italiano biogas - 26
Coop - 42
Crpa - 26
Cyanine - 29
D Desertec Foundation - 20
Desertec Industrial
Initiative - 20
Dyepower - 31
Dyesol - 29
E Eba - 28
Edf - 44
Edison - 5, 40
Egea - 13
Electrolux - 16
Enel - 5, 9, 16, 38, 40
Enel Green Power - 20
Energia spa - 5
Energy&Strategy Group - 34
Eni - 40
Entso-E - 25
Envie2eNord - 43
Erg - 31
Esselunga - 42
Ewea - 25
F Federazione regionale
Coldiretti di Lombardia - 27
Fiat - 5, 12, 38, 40
Finbieticola - 5
Fire - 11
Freescale - 16
Fugas - 5
Fujikura - 30
G G24i - 31
Galsi - 5
Gdf Suez - 12
Gruppo Hera - 5
Gse - 11
I Indesit - 16
Iper - 42
Isfol - 48
Istituto Fraunhofer - 20, 31
Italcementi - 40
L Leagambiente - 27
Lumiwatt - 44
M Masen - 22
Max Planck - 20
Medgrid - 24
Medreg - 25
Metso - 24
Michelin - 12
Monte dei Paschi di Siena - 38
O Optima Italia - 18
P Pam - 42
Permasteelisa - 31
Pirelli - 12
Politecnico di Milano - 34, 49
R Reed Exibitions Italia - 49
Rödl & Partner - 46
S Sacert - 49
Sedna Power Plants - 32
Seia - 32
Sfrirs - 5
Sharp - 30
Siemens - 5, 22
Simply - 42
Solaronix - 30
Solvay - 12
Sonatrach - 5
Sonelgaz - 25
Sony - 30
Steg - 25
T Telecom Italia - 16
Terna - 20, 24
Trina - 5
U Unes - 42
Unicredit - 20
Unilever - 40
Unione per il
Mediterraneo - 24
Unione petrolifera - 14
Università degli studi
di Milano - 27
Università degli studi
di Torino - 29
Ne abbiamo parlato a pagina:
anno V - n. 42 - gennaio / febbraio 2012
DIRETTORE RESPONSABILE: Mattia Losi
REDAZIONE: Maria Andreetta (Caposervizio)
SEGRETERIA DI REDAZIONE: Laura Marinoni Marabelli
COLLABORATORI: Luciano Barelli, Flavio Padovan, Guido Plutino,
Luca Re, Chiara Scalco, Gianluigi Torchiani, Ruggero Vota
PROGETTO GRAFICO: Claudio Codazzi
DIRETTORE EDITORIALE BUSINESS MEDIA: Mattia Losi
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