Katarzyna Budnik viola - Società del Quartetto di Milano · 2019. 9. 27. · Krystian Zimerman...
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155A STAGIONE 2019 | 20 SALA VERDI DEL CONSERVATORIO via Conservatorio 12, Milano
Brahms Quartetto con pianoforte n. 2 in la maggiore op. 26
Mahler Quartetto con pianoforte in la minore
Brahms Quartetto con pianoforte n. 3 in do minore op. 60
martedì 1 ottobre ore 20:30
Krystian Zimerman pianoforteMarysia Nowak violinoKatarzyna Budnik violaYuka Okamoto violoncello
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È vietato, senza il consenso dell’artista, fare fotografie e registrazioni, audio o video, anche con il cellulare.Iniziato il concerto, si può entrare in sala solo alla fine di ogni composizione. Si raccomanda di:• disattivare le suonerie dei telefoni e ogni altro apparecchio con dispositivi acustici• evitare colpi di tosse e fruscii del programma• non lasciare la sala fino al congedo dell’artistaIl programma è pubblicato sul nostro sito web il venerdi precedente il concerto.
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CONSIGLIERI DI TURNO
Ilaria Borletti Buitoni Francesca Moncada di Paternò
DIRETTORE ARTISTICO
Paolo Arcà
CONSIGLIO DIRETTIVO
Ilaria Borletti Buitoni presidente, Francesca Moncada di Paternò vice presidente, Filippo Annunziata, Marco Bisceglia, Liliana Konigsman comitato esecutivoLodovico Barassi, Mario Bassani, Anna Calabro, Gianluigi Chiodaroli, Marco Magnifico Fracaro, Maria Majno, consiglieri
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Johannes Brahms (Amburgo 1833 - Vienna 1897)
Quartetto con pianoforte n. 2 in la maggiore op. 26 (ca. 50’)
I. Allegro non troppo II. Poco adagio III. Scherzo. Poco allegro IV. Allegro, alla breve
Gustav Mahler (Kaliště 1860 - Vienna 1911)
Quartetto con pianoforte in la minore “Quartettensatz” (ca. 10’)
I. Nicht zu schnell
I N T E R V A L L O
Johannes Brahms Quartetto con pianoforte n. 3 in do minore op. 60 (ca. 35’)
I. Allegro non troppo II. Scherzo. Allegro III. Andante IV. Allegro comodo
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Il quartetto con pianoforte
Uno strumento a tastiera e tre archi: un organico che costituisce una
piccola nicchia sonora nel panorama della musica strumentale a partire
dal XVIII secolo.
Nel Barocco, la “Sonata a tre”: il cembalo - neanche espressamente
indicato nel novero dei tre strumenti (due violini e violoncello) - si
limitava al riempimento armonico, necessario alla realizzazione del
basso continuo. Qualche tempo dopo, nel Settecento di Mozart, la
prospettiva era ribaltata: il Quartetto per il clavicembalo o forte piano
con l’accompagnamento d’un violino, viola e violoncello K 493 poteva
considerarsi quasi la riduzione cameristica di una forma concertante,
in cui l’impegno tecnico era tutto concentrato sulla tastiera, con
parti semplici di accompagnamento agli archi, adatte alle capacità
amatoriali di mani aristocratiche. Infatti, se il quartetto d’archi classico
rimaneva baluardo del professionismo tecnico, il quartetto con
strumento a tastiera e archi ben rispondeva alle ambizioni artistiche di
nobili mecenati dilettanti. Sarebbe stato, invece, nell’Ottocento che il
pianoforte romantico - prima di Schumann e poi di Brahms - avrebbe
rinunciato nel genere cameristico al protagonismo virtuosistico per
integrarsi alla pari con gli altri strumenti. A cambiare non erano solo i
Nell’Ottocento il pianoforte romantico - prima di Schumann e poi di Brahms - rinuncia nel genere cameristico al protagonismo virtuosistico per integrarsi alla pari con gli altri strumenti
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ruoli nel tessuto musicale, ma anche le funzioni e le atmosfere sonore.
La musica da camera, da sinonimo di musica profana originariamente
contrapposta per uso e contesto alla musica sacra, era divenuta
nel tempo un genere di intrattenimento dotto, luogo di ricercatezza
compositiva e di intimità esecutiva. L’evoluzione tecnica degli strumenti
rispondeva e allo stesso tempo sollecitava la sensibilità timbrica, sicché
da una musica quasi ‘astratta’ nel Barocco, indifferente all’organico
con cui era eseguita, si approdava a una musica concepita per le
caratteristiche idiomatiche di ogni strumento. Tecnica, arte e società
si trasformavano in parallelo e di conseguenza: dal clavicembalo al
pianoforte, dal musicista di corte al mito del genio romantico, dalla
musica su commissione al travaglio creativo dell’ispirazione.
“Precisamente una testa con una pistola puntata. Questo darà idea della
musica. Manderò una mia foto a tal proposito”. Con queste parole, amare
e ironiche, Johannes Brahms (1833-1897) proponeva al suo editore
un’immagine di copertina adatta al Quartetto con pianoforte op. 60. Certi
che non si attaglino a opere del Settecento galante, rappresentano
una prova del nuovo modo di intendere la musica da camera in pieno
Ottocento, anche da parte del più “classico” dei romantici. Infatti, mentre
Berlioz fecondava di intenti programmatici letterari la musica della sua
sfavillante orchestra e Wagner lavorava alla sua idea di teatro musicale
come Gesamtkunstwerk (Opera d’arte totale), Brahms procedeva con
cautela e gradualità attraverso le forme puramente sonore della
tradizione – la cosiddetta “musica assoluta” – raccogliendo l’eredità che
legava Bach a Beethoven. La musica da camera, nelle sue molteplici
combinazioni, costituiva in questa prospettiva l’anello di collegamento
tra la scrittura pianistica, padroneggiata sin da giovane con estrema
familiarità, e quella orchestrale, approdo ultimo della sua maturità
compositiva. Curioso notare come il numero d’opera dei tre quartetti
con pianoforte di Brahms, che nel catalogo corrisponde ovviamente
alla conclusione della composizione, sia esattamente inverso a quello
di avvio della composizione stessa, con differenze di conseguenza
sostanziali nei tempi complessivi di elaborazione: il n. 1 (op. 25) composto
alla fine del 1861, il n. 2 (op. 26) tra il 1860-61 e il n. 3 (op. 60) tra il 1855-75,
primo ad essere iniziato e ultimo ad essere completato.
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Se il primo, nella tonalità di sol minore, ha carattere deciso e irruento, il
Quartetto con pianoforte n. 2 in la maggiore op. 26 si distende liricamente
su circa cinquanta minuti, rappresentando il pezzo da camera più
lungo del compositore, dalle proporzioni quasi sinfoniche. L’incessante
lavorio di variazione ed elaborazione del materiale tematico finisce
per travalicare i confini della forma tradizionale, saturando anche le
sezioni di passaggio. Invece delle “celestiali lunghezze” riconosciute
alle melodie schubertiane, Brahms ha la capacità di sviluppare
l’interesse tematico a partire da gesti e materiali semplicissimi, come
un’oscillazione di tono o una piccola scala che, trasposti ed elaborati
incessantemente, diventano disegni e profili melodici. Ne risulta una
musica complessa, non facilmente cantabile nel senso letterale del
termine. Nel primo movimento in forma-sonata (Allegro non troppo),
ad esempio, è l’identità ritmica e intervallare a rendere riconoscibili i
temi nelle loro continue trasformazioni: le terzine del pianoforte su due
note all’inizio e la tranquilla passeggiata melodica del violoncello in
risposta, la tensione dei ripetuti salti di ottava, gli slanci puntati verso il
registro acuto e i dolci movimenti scalari discendenti che li richiudono,
il ritmo di marcia del violino e della viola alla fine dell’esposizione.
Spunti essenziali che passano da uno strumento all’altro con una trama
intricata, talvolta anche contrappuntistica. Il Poco adagio che segue è
una sorta di rondò di chiaro-scuri, costruito in sezioni separate che si
susseguono secondo una logica apparentemente rapsodica: la luce
distesa, quasi classica, del tema iniziale; le ombre gettate dai movimenti
convulsi del pianoforte al grave; slanci appassionati subito ricomposti.
In realtà, il gesto articolatorio ricorrente della legatura a due ricuce i
vari momenti in un tutto unitario e coerente. Gli strumenti si scambiano
i ruoli, ma fino alla fine luce e ombra si contendono l’ultima parola.
Nel terzo movimento, sia lo Scherzo che il Trio relativo sono costruiti in
forma-sonata, sviluppando i due temi talvolta anche con procedimenti
Per Brahms la musica da camera, nelle sue molteplici combinazioni, costituiva l’anello di collegamento tra la scrittura pianistica e quella orchestrale
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polifonici. La conclusione è travolta dall’energia ritmica dell’Allegro, alla
breve, anch’esso una forma-sonata ma dallo spirito popolareggiante,
fatto di sincopi, acciaccature e accenti marcati.
Drammatico è invece il carattere del Quartetto con pianoforte n. 3
op. 60 nella tonalità significativa di do minore. Detto anche “Werther” per
le esplicite allusioni di Brahms all’eroe goethiano, il quartetto nasceva
negli anni travagliati a casa Schumann, in quel triangolo di affetto e
stima che legava Robert, Clara e Johannes, tormentato già allora come
Werther nella passione per Lotte. Lavoro interrotto, meditato e rivisto per
il perfezionismo incontentabile di Brahms dopo quasi vent’anni, coniuga
l’impeto giovanile e lo stile più maturo del compositore. La forma è
rigenerata dall’interno, rivestita e celata da una musica densa e saturata
dall’elaborazione motivica di piccoli elementi. Delle ottave spoglie del
pianoforte aprono l’Allegro non troppo e vi rispondono le appoggiature
lamentose degli archi, che citano trasposto il tema schumanniano
legato a Clara. In una siffatta e misteriosa introduzione è già dichiarato
il carattere tanto disperato quanto eroico del movimento. Il primo tema
riprende staccando con rabbia la figura del lamento, mentre il secondo
lirico e solenne viene sviluppato come tema e variazioni. In entrambi i
casi è il pianoforte a fare da ‘apripista’ tematico. Lo Scherzo, posto alla
maniera beethoveniana al secondo movimento, è un Allegro impetuoso
e cromatico, in cui anche il contrasto è frutto di sviluppo e trasformazioni
sotterranee, nell’esplorazione sistematica dell’energia contenuta anche
in un singolo intervallo. Nell’Andante a farsi tema è una concatenazione
di terze discendenti del violoncello, accompagnato dal solo pianoforte
in un’atmosfera sognante. È invece il violino - su una sorta di moto
perpetuo della tastiera - ad aprire l’ultimo movimento, Allegro comodo.
Costruito con la solita rigorosa coerenza, questa conclusione è una
stratificazione di richiami musicali, interni ed esterni. Per chi volesse,
Gustav Mahler fu dedito per l’intera vita alla produzione orchestrale e liederistica: questo quartetto rappresenta l’unico suo lavoro cameristico, composto a sedici anni
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anche un ammiccamento alla Quinta Sinfonia è riconoscibile nell’incisivo
levare (con i tre ribattuti d’abbrivio al salto) con cui prende avvio il
disegno pianistico e che più volte echeggia durante tutto il movimento.
Si contrappone, come secondo momento tematico, un corale degli
archi, commentato dagli arpeggi del pianoforte. Due accordi risoluti
concludono il movimento e il quartetto: ultima parola senza possibilità
di revoca.
Nel 1876, un anno dopo la pubblicazione dell’ultimo dei tre
quartetti di Brahms, un altro compositore si cimentava nel genere: il
sedicenne Gustav Mahler (1860-1911), allora studente al primo anno
di Conservatorio a Vienna, componeva il cosiddetto Quartettensatz
(Movimento di Quartetto), unico movimento sopravvissuto non solo
dell’opera completa, ma dell’intera produzione di quegli anni di affanno
creativo, dopo la severa censura che lo stesso compositore si era
imposto. Dedito per l’intera vita e carriera alla produzione orchestrale e
liederistica, il quartetto rappresenta l’unico lavoro cameristico.
Sullo sfondo di terzine del pianoforte, una piccola cellula motivica
affiora sui quattro strumenti con imprevedibili sviluppi. Nicht zu schnell
(“non troppo veloce”) indica l’agogica. Un primo tema inquieto si slancia
dolorosamente verso l’alto; il secondo, segnato dal cambio di tempo,
ricorda un soggetto bachiano ma con una passione tutta romantica. Il
modello rimane quello della forma-sonata. Nello sviluppo la scrittura
si addensa: la cellula viene compressa ritmicamente, la sonorità
aumenta, la musica diventa concitata. Poi lo spazio sonoro si svuota
progressivamente fino a lasciare il violino solo che, con una sorta di
cadenza, conduce alla conclusione. La complessità di elaborazione e la
densità di scrittura richiamano all’orecchio le conquiste brahmsiane nel
genere.
Maria Grazia Campisi
Laureata in Discipline storiche,
critiche e analitiche della musica
al Conservatorio “G. Verdi” di Milano
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Krystian Zimerman pianoforte
Krystian Zimerman ha fatto i primi passi sotto la supervisione del padre.
A sette anni ha cominciato a lavorare con il celebre didatta Andrzej
Jasinski al Conservatorio di Katowice dove si è diplomato.
Premiato dall’Accademia Chigiana di Siena quale miglior giovane
musicista dell’anno (1985) e dalla Fondazione Leonie-Sonning a
Copenhagen, nel 2005 ha ricevuto dal Ministro della cultura Renaud
Donnedieu de Vabres la Legione d’Onore francese. L’Università di
Katowice gli ha conferito il Dottorato Honoris Causa e il Presidente della
Polonia gli ha consegnato la “Croce al merito con stella”, la più alta
onorificenza riservata a personaggi non legati al corpo militare.
La vittoria del “Grand Prix” al Concorso Chopin del 1975 gli ha aperto le
porte di una brillante carriera internazionale che lo vede protagonista
sui palcoscenici di tutto il mondo con i più celebri direttori d’orchestra.
Molto importanti sono stati gli incontri con i più grandi artisti nel campo
della musica da camera. Ha avuto anche l’opportunità di conoscere i
maestri della generazione precedente: Claudio Arrau, Arturo Benedetti
Michelangeli, Arthur Rubinstein, Sviatoslav Richter, che hanno
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influenzato grandemente la sua formazione musicale.
Tra le esecuzioni storiche ricordiamo quella con i Wiener Philharmoniker
nel 1985 (Concerto n. 2 di Brahms), la sua interpretazione del Concerto di
Schumann con Herbert von Karajan, e i Concerti n. 3, 4 e 5 di Beethoven
nel 1989 con Leonard Bernstein. Nel 2013, in occasione del 100°
anniversario della nascita di Lutoslavski, ha suonato il Concerto per
pianoforte, a lui dedicato, con le più importanti orchestre internazionali,
che poi ha inciso con i Berliner Philharmoniker e Sir Simon Rattle.
Zimerman si è posto il limite di 50 concerti all’anno e ha un’aderenza
totale alla sua professione: organizza personalmente la gestione della
sua carriera, studia l’acustica delle sale da concerto, le ultimissime
tecnologie di registrazione e della costruzione degli strumenti. È inoltre
appassionato di psicologia e computer.
Le sue incisioni hanno meritato numerosi riconoscimenti. Nel 2017 ha
registrato un CD dedicato alle Sonate D 959 e D 960 di Schubert.
Ha debuttato in recital a Milano per la nostra Società nel 1977, ed è
tornato ospite nel 1985, 1990, 1996, 1999, 2001, 2004, 2014 e 2016.
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Marysia Nowak violino
Marysia Nowak ha iniziato a suonare il violino a sette anni. Nel 1997 si
è diplomata all’Accademia di Musica Paderewski di Poznań dove ha
studiato con Wojciech Maliński; si è poi perfezionata con Koji Toyoda
all’Accademia di Berlino, terminando il corso con il massimo dei voti
in soli tre anni.
Sin da piccola ha partecipato a concorsi internazionali, meritando il
premio del pubblico e altri premi speciali all’XI Concorso internazionale
Wieniawski di Poznań. Nel 2006 ha rappresentato con successo la
Polonia all’Eurovision Classical Contest. Alla carriera da concertista
affianca quella di insegnante continuando il suo percorso di
perfezionamento con musicisti quali Ruggiero Ricci, Michel Schwalbe,
Viktor Liberman, Herman Krebbers e Anne-Sophie Mutter. Per il suo
percorso di studi ha meritato borse di studio dall’Amadeus Music
Foundation e dal Ministero della Cultura polacco.
Come solista e in ensemble da camera ha suonato in molti paesi
europei e in Sud America. Ha registrato per emittenti radiofoniche e
televisive in Polonia, Germania, Olanda e Giappone.
È stata primo violino dell’Orchestra del festival polacco fondata da
Krystian Zimerman, con la quale ha tenuto oltre quaranta concerti
in Europa e America, e ha registrato un CD con i due Concerti per
pianoforte di Chopin.
È per la prima volta ospite della nostra Società.
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Katarzyna Budnik viola
Katarzyna Budnik ha studiato violino e viola all’Università Fryderyk
Chopin di Varsavia dove ora è docente di viola. Premiata in numerosi
concorsi internazionali, nel 2009 ha vinto il secondo premio alla Max
Rostal Competition di Berlino e, nel 2013, il terzo premio all’International
ARD Music Competition di Monaco.
In qualità di solista ha suonato in ensemble e orchestre in Polonia e
in altri paesi europei e asiatici. Nel 2010 ha preso parte al progetto
“Chamber Music Connects the World” organizzato dalla Kronberg
Academy suonando con Gidon Kremer, Tatiana Grindenko, Yuri Bashmet
e Frans Helmerson. È stata ospite di numerosi festival quali “Chopin
and his Europe” di Varsavia, “Musica on the Heights” di Zakopane e il
Kammermusikfest Lockenhaus.
Nel 2013 ha registrato con il chitarrista Krzysztof Meisinger per l’etichetta
Dux il CD Viola recital con musiche di Max Reger, Aran Khachaturian,
Pierre Rhode, Niccolò Paganini e Cadenza di Penderecki, che ha
meritato nel 2014 il premio Fryderyk per la categoria “Album dell’anno,
solo recital”.
Il Ministero della Cultura polacco le ha assegnato una borsa di studio
per il suo contributo al settore culturale; la sua attività è stata inoltre
sostenuta dal programma “Young Poland”.
Dal 2014 è prima viola dell’Orchestra Sinfonica di Varsavia.
È per la prima volta ospite della nostra Società.
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Yuya Okamoto violoncello
Nato a Tokyo nel 1994, Yuya Okamoto ha iniziato a suonare all’età di sei
anni. Nel 2008 ha vinto il Concorso Gaspar Cassado di Hachioji e nel 2011
è stato premiato all’80° Japan Music Competition.
Dal 2010 al 2013 ha studiato musica con Naohiro Yamazaki all’Università
di Tokyo. Si è poi perfezionato a Monaco con Wen-Sinn Yang e Julian
Steckel. Ha inoltre partecipato a master class con Wolfgang Boettcher,
Miklós Perényi, Gustav Rivinius, Natalia Gutman, Jens Peter Maintz,
Antonio Meneses e Tsuyoshi Tsusumi.
In qualità di solista si è esibito con la Tokyo Philharmonic, Tokyo
Metropolitan Symphony Orchestra, Japan Philharmonic, Brussels
Philharmonic, Antwerp Symphony Orchestra, Wallonie Royal Chamber
Orchestra e Bad Reichenhaller Philharmonie.
Nel 2015 ha ricevuto lo Shin-Nittetsu Sumkin Music Prize, nel 2017
il 16° Hideo Saito Memorial Fund Award e il 28° Idemitsu Music Award.
È stato beneficiario delle borse di studio della Ezoe Memorial
Foundation e della Rohm Music Foundation.
È per la prima volta ospite della nostra Società.
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Grazie ai musicisti che hanno dato prestigio al Quartetto
e ai soci che l’hanno sostenuto e lo sostengono!
Vogliamo esprimere gratitudine ai Soci d’Onore, e prima di tutto ai grandi musicisti che hanno contribuito al successo del Quartetto nei suoi 153 anni di attività (da Richard Strauss e Anton Rubinstein nei lontani anni dell’800 a Rudolf Serkin, Mieczyslav Horszowski e Ton Koopman in tempi più vicini), ai Soci Vitalizi, ai Soci Benemeriti, fra i quali i “fedelissimi” con oltre 50 anni di associazione, ai Sostenitori, che col loro contributo annuale esprimono il loro apprezzamento per il Quartetto, e vorremmo crescessero sempre più.
Soci d’Onore
Johann Becker (1888), Franco Faccio (1888), Charles Gounod (1888), Joseph Joachim (1888), Joachim Raff (1888), Anton Rubinstein (1888), Pablo de Sarasate (1888), Richard Strauss (1888), August Wilhelmj (1888), Antonio Bazzini (1892), Felix Mottl (1892), Mieczyslav Horszowski (1985), Rudolf Serkin (1985), Ton Koopman (2003), Francesco Cesarini (2006), Harry Richter (2006), Giancarlo Rusconi (2017)
Soci VitaliziFilippo Annunziata, Cesare Bacchini, Marco Bisceglia, Ilaria Borletti Buitoni, Gerardo Broggini, Paolo Dardanelli, Tomaso Davico di Quittengo, Carla Giambelli, Liliana Konigsman, Francesco Maino, Maria Majno, Francesca Moncada di Paternò, Carlo Vittore Navone, Gian Battista Origoni della Croce, Franca Sacchi, Luca Sega,Società del Giardino, Beatrice Svetlich, Pietro Svetlich, Paolo Terranova, Paolo Villa
Soci BenemeritiDomenico Arena, Sandro Boccardi, Salvatore Carrubba, Francesco Cesarini, Philippe Daverio, Francesca del Torre Astaldi, Fondazione Sergio Dragoni, Anna Maria Holland, Antonio Magnocavallo, Carlo Musu, Quirino Principe, Sua Eminenza Gianfranco Ravasi, Harry Richter, Carlo Sini
I fedelissimi (soci da oltre 50 anni)
Francesco Adami, Ladislao Aloisi in memoriam, Ester Ascarelli, Margherita Balossi Barbiano di Belgiojoso, Maria Piera Barassi Livini, Carlo Barassi, Cecilia Bicchi, Giuliano Boella, Maria Lavinia Boella Ricci, Maria Luisa Bonicalzi, Alessandra Carbone, Marta Casagrande, Paolo Carbone, Paolo Carniti, Nicoletta Cipriani, Claudio Citrini, Dino Danovi, Mathias Deichmann, Maria Cristina Delitala, Antonio Delitala, Nora del Torre, Roberto Fedi, Renzo Ferrante, Anna Ferrante, Salvatore Fiorenza, Maria Teresa Fontana, Franca Gaiani, Anna Genoviè, Emma Guagnellini, Fiammetta Lang, Riccardo Luzzatto,Federico Magnifico, Rosalia Manenti, Claudio Longo, Giovanna Marziani Longo, Giovanni Miserocchi, Jacqueline Molho, Davy Molho, Giuseppe Mottola, Anna Mottola, Luciano Patetta, Luisella Patetta Deiana, Maria Carla Peduzzi, Alberto Piergrossi, Laura Poli, Roberto Poli, Giancarlo Rusconi, Pietro Saibene, Giuliana Saibene, Maria Vittoria Saibene, Giovanni Scalori, Luigi Scalori in memoriam, Maria Grazia Scarabelli, Luciano Scavia, Francesco Sironi, Angelo Mario Sozzani, Ilaria Stendardi Antonini, Luca Trevisan, Giovanni Weisz
Soci Sostenitori
Mario Bassani, Mario Broggi, Anna Broggi De Lellis, Alberto Conti, Maria Elisabetta De Ferrari Magnifico Fracaro, Nora del Torre, Marco Magnifico Fracaro,Maria Candida Morosini, Ruth Pavese Westen, Serenella Pinto Rordorf, Renato Rordorf, Giorgio Sacerdoti, Enrico Saraval, Rosella Saraval Milesi, Lorenzo Stucchi
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