JUNE BELLAMY SPEZIESPEZIE - giunti.it · risulta dai suggestivi racconti sulla loro creazione che...
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TestiJune Bellamy
Referenze iconograficheArchivio Giunti/Lorenzo Mennonna pp. 2, 110, 113, 117, 126, 131, 138, 144, 150, 154, 161, 165, 170, 174, 180, 185, 188, 191StockFood: © Jurate Buiviene pp. 23, 24; © Artush p. 29
Dove non altrimenti indicato, le immagini appartengono all’Archivio Giunti.
Si ringrazia Giovanna Gentile per il set styling delle fotografie di Lorenzo Mennonna.
Progetto grafico, copertina e impaginazioneLorenzo Pacini
EditorMicaela Vissani
RedazioneCamilla Gensini
Revisione tecnica delle immaginiStefano Regi
Responsabile editorialeMarco Bolasco
www.piattoforte.itwww.giunti.it
© 2017 Giunti Editore S.p.A.Via Bolognese 165 - 50139 Firenze - ItaliaPiazza Virgilio 4 - 20123 Milano - ItaliaPrima edizione: marzo 2017
Stampato presso Lito Terrazzi srl - Stabilimento di Iolo
Sommario
VIAGGIO NEL MONDO
SPEZIATOpag.8
STORIE DI VIE ANTICHE
pag.13
CONOSCERE LE SPEZIE
pag.18
L’incensopag.22
il cinnamomo o cannella pag.26
il sesamopag.31
l’anicepag.34
l’anice stellatopag.36
l’ajwainpag.38
l’assafetidapag.40
il cardamomopag.42
i chiodi di garofanopag.44
il coriandolo pag.46
la famiglia del cumino
il cumino pag.49
il cumino neropag.51
il carvipag.53
la curcumapag.55
il fieno greco o trigonellapag.57
il ginger o zenzeropag.59
la noce moscatapag.62
il pepepag.64
il pepe di Sichuanpag.67
il peperoncinopag.69
la senape gialla
e la senape nerapag.72
LO ZAFFERANOpag.74
DUE STORIE PRIMA DI CUCINARE
pag.78
LE MIE RICETTEpag.82
LE SPEZIE E L’EQUILIBRIO
DEI SAPORIpag.84
ingredienti e preparazioni di basepag.86
SPEZIE INTERE E MACINATE - le miscelepag.96
RICETTE Di condimentipag.100
RICETTE Di piccoli piatti pag.107
ricette di riso e piatti unici pag.114
ricette di pasta e minestre pag.132
ricette di curry pag.146
ricette di insalate pag.156
ricette di carne e pesce pag.166
ricette di dolci pag.177
per concludere pag.186
biografia pag.188
indice delle ricette pag.189
Introduzione
viaggio nel mondo speziato
Quando si narrano avvenimenti lontani nel tempo, i raccon-
ti sono spesso fantasiosi e ampliati dall’immaginazione della
mente umana.
Nella storia delle spezie, però, la verità va ben oltre e sorpassa la
fantasia più accesa. Preziose e ambite non solo per la loro prove-
nienza da terre lontane e misteriose, passando attraverso deser-
ti, montagne e oceani per arrivare in Europa, ma anche per la
loro sacralità, cantata nelle leggende antiche, le spezie assumono
attributi esoterici. Attraverso i millenni, le più grandi religioni e
culture hanno sempre in qualche modo fatto uso di spezie, come
risulta dai suggestivi racconti sulla loro creazione che affiorano
dalla mitologia. In India, prima della nascita della scrittura, la
conoscenza, racchiusa in strofe e inni, si tramandava per via
orale. Già allora era stata elaborata la concezione filosofica per
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cui nel grande disegno dell’Universo tutti gli elementi dell’esi-
stenza facevano capo a un’unica sostanza primordiale. Questo
sapere per millenni è stato alla base della vita, e dunque anche
del cibo e delle spezie.
Esiste però un altro potere delle spezie: il loro profumo, essenziale
da sempre per la creazione dei balsami adoperati in riti religiosi.
Profumi e oli essenziali estratti dalle spezie si bruciavano o ungeva-
no gli oggetti sacri. Mentre alcune spezie erano conosciute e adope-
rate per le loro funzioni esoteriche, altre erano considerate afrodi-
siache e i loro oli essenziali erano usati per creare la base di profumi
esotici destinati a uomini illustri. Da studi storici e antropologici
risulta che questi uomini avvolgevano ciò che era ritenuto sacro e
importante, ma anche se stessi, in speciali ed esclusivi profumi. Nel
mondo antico esisteva un legame conclamato, intrigante ed esoteri-
co tra potere e profumo. Secondo alcune scuole di pensiero, l’inizio
di questo connubio si trova dapprima nelle leggende su Alessandro
Magno e raggiunge il culmine con il racconto dei tre Magi che por-
tano oro, incenso e mirra al Bambino Gesù, come riconoscimento
del suo ruolo di Re dei Giudei.
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Bacche e spezie preziose crescevano in zone particolarmente lon-
tane dall’Europa, in piccole isole tropicali del Sudest asiatico: la
loro fragranza nasceva da un insieme di luce, calore e umidità.
Si dovranno aspettare molti secoli prima di avere una vera docu-
mentazione di come le spezie siano approdate in Occidente. Sem-
bra che la prima sia di Plinio, il quale descrive con ammirazione
come la cannella arrivasse in Africa dall’Indonesia e la cassia della
Cina: “Trasportate oltre i grandi mari, su zattere senza timone da
uomini coraggiosi che salpavano nel mezzo dell’inverno quando i
venti da est soffiavano più fortemente…”.
Molto prima della scoperta dei mercati verso l’Occidente, però,
esisteva già il commercio di spezie fra i Paesi orientali. La cassia
o la scorza di cinnamomo, per esempio, venivano imbarcate in
Cina per raggiungere l’Indonesia, dove venivano scambiate con i
chiodi di garofano. Nelle corti imperiali cinesi questi ultimi erano
infatti considerati indispensabili.
Le isole del Sudest asiatico hanno avuto una storia sociale e culi-
naria tanto antica e varia quanto la storia dei grandi imperi. Per i
mercanti potenti quelle acque erano un crocevia d’obbligo: i mae-
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stosi brigantini da carico e le splendide giunche dei vari ambascia-
tori ed emissari hanno per millenni solcato le acque che portano
dal Sol Levante fino al Medio Oriente, attraverso l’India, navigan-
do lungo la costa meravigliosa del Malabar, la “Terra del pepe”.
Anche i mercanti di spezie indiani e arabi, con i loro veloci ve-
lieri, approdarono nei porti di quelle isole, diffondendo le usanze
e le tradizioni di queste grandi culture in tutto il Sudest asiatico.
La descrizione di un esploratore gallese, Alfred Russel Wallace, au-
tore del libro L’arcipelago malese, ci fa capire quanto potesse apparire
meraviglioso l’Oriente agli occhi di un occidentale:
“[…] l’eterno verde smeraldo delle sue foreste, i colori brillanti
dei fiori e della frutta tropicale – ma soprattutto i suoi profumi e
le sue fragranze. Fragranze di intere isole coperte dagli alberi di
chiodi di garofano, cannella, noce moscata e baccelli di vaniglia.
In quel caldo umido tutto è intenso, tutto è vitale. I grandi scrosci
d’acqua delle piogge torrenziali – che danno vita a fiumi, risaie
e laghetti ricchi di ogni tipo di pesce e creature anfibie – donano
alla sua gente una vita di abbondanza.”
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ti presso scavi archeo-logici in India fanno supporre un suo uti-lizzo qui, già intor-no al 3000 a.C. Coltivata, verrà successivamen-te esportata in tutto l’Occi-dente come spezia pregia-ta. Come mol-te spezie antiche, anche la senape, con il suo sapore forte e pungente come il peperoncino e il cumino, era considerata “scaccia mali”. Per questo in India si usava cucirne i semi nell’orlo delle vesti dei neona-ti. Entrambe le varietà contengono un enzima speciale e una sostanza chimica, il glucoside, che si attiva
Trovati sia su palafitte in un lago della Svizzera sia su imbarcazioni preisto-riche cinesi, i semi della Brassica nigra, o senape nera, hanno fatto il giro del mondo. Gli Egizi, ad esempio, ne trituravano i
semi per condire i cibi, e anche i Roma-
ni ne facevano largo uso. In epoca moderna, la senape fu usata come condimento in Francia già a partire dal XIV secolo: famo-sa è la senape di Dijon. Mentre la senape scura è originaria del bacino del Mediterraneo, la senape bianca (Brassica alba), in realtà gialla, è in-vece una pianta originaria dell’Asia, dove cresce spontanea. Ritrovamen-
LA SENAPE GIALLAE LA SENAPE NERA
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Per prima cosa sbucciate, levate i torsoli e ta-gliate a pezzi le mele cotogne, le mele e le pere.Pesate la pentola per la cottura, poi metteteci dentro le mele cotogne e cucinatele, ben coper-te di vino bianco. Quando iniziano a diventare tenere, unite anche le pere e le mele e conti-nuate a cucinare finché la frutta non sarà com-pletamente disfatta e ben asciutta. Pesate di nuovo la pentola e aggiungete una quantità di
zucchero pari al peso della frutta; unite anche il cedro e la scorza d’arancio canditi e tritati, quindi cuocete ancora per una decina di minuti mesco-lando spesso. Togliete la pentola dal fuoco e lasciate intiepidire appena il composto, poi aromatizzatelo a piacere con senape in polvere o con alcune gocce di estratto di senape. Versate la mostarda in vasetti e conservatela.
MOSTARDA VENETAuna ricetta
400 g di mele cotogne400 g di pere200 g di mele
Vino biancoZucchero
100 g di cedro e scorza d’arancia canditi
Senape in polvere o gocce di estratto di senape
quando il seme è pestato, liberando gli oli essenziali, ed entra in con-tatto con l’acqua. Infatti, la senape in polvere emana un tipico odore pungente e acquista il caratteristico sapore, aspro e irritante, solo quan-do è mescolata con l’acqua. È im-portante ricordare che più a lungo starà a contatto con l’acqua, più for-ti diventeranno l’odore e il sapore. Le preparazioni a base di senape sono anch’esse dette senape o, più
propriamente, mostarda. In Italia, nella più comune accezione, è un condimento piccante di frutta candi-ta in uno sciroppo in cui è mescolata della senape bianca. La mostarda di Cremona lascia la frutta intera, ma ci sono tante altre versioni artigiana-li e casalinghe che assomigliano alle marmellate, solo che sono piccanti. Con il termine senape si dovrebbero comunque indicare solo la farina di senape o i semi stessi.
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è questa: Crocos, un gio-vane uomo, si innamora appassionatamente della ninfa Smilace. Ma questo amore è inesorabilmente destinato a una triste fine per le nature diverse degli innamorati. Erano giova-ni, belli e disperati. Gli dèi,
commossi e impietositi, vol-lero rendere entrambi immor-
tali e li trasformarono in piante ‒ il croco e la salsapariglia (Smilax), che da quel giorno portano i loro nomi. Da allora, la storia dello zafferano, quello prezioso, quello puro, quello estratto dai tre stami del fiore di cro-co, è lunga quasi quanto la lista dei suoi usi. Se per la sua purezza e im-mutabilità l’oro è considerato il me-tallo per eccellenza, allo stesso modo
Nel suo diario Alessan-dro Magno racconta che, arrivato nel Kashmir in autunno, rimase strabiliato nel vedere la vallata coper-ta da un immenso tappeto lilla. Insieme alla sua ar-mata, fu sopraffatto dallo spettacolo, dal profumo e dall’inattesa sorpresa di trovarsi di fronte a un fiore a lui sconosciuto.Quale pianta colpì così Alessandro? La storia racconta che fosse una di-stesa di fiori di croco. E da dove veni-va quel fiore? La storia, di nuovo, lo dice originario di Creta, ma l’origi-ne di un fiore così antico e venerato non può che declinarsi in molteplici versioni; nella mitologia greca stessa ve ne sono diverse. La mia preferita
LO ZAFFERANO
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lo zafferano può essere considerato l’oro delle spezie. Già nell’antichità la sua colorazione gialla rappresen-tava il massimo grado di perfezione cromatica e il suo aroma era parago-nato all’ambrosia.Non ci sono notizie precise del pas-saggio del croco da fiore selvatico a fiore coltivato. Sappiamo però che il termine botanico dello zafferano è Crocus sativus e che ha avuto nume-rose incarnazioni, quale il termine ebraico karkom, modificato dai feni-ci in krakhom; il nome sardo zaffanau, come l’italiano zafferano, prende-rebbe invece origine dal termine arabo jafaran, originato dal persiano sahafaran, derivante a sua volta dal-la parola asfar, che significa giallo. Un punto sul quale sono tutti d’ac-cordo è che ci vogliono circa 400.000 stami per fare 400 grammi di Shahi-zaffron, zafferano puro. Per essere considerato puro e di prima qualità ci sono delle regole ben precise. La potenza dell’aroma è valutata in re-lazione a molteplici fattori, fra cui la percentuale di stilo. Aumentandone la percentuale in rapporto alla quan-
tità di stimma si riduce l’aroma, poi-ché il colore e il sapore provengono dallo stimma. La gradazione dello zafferano, che provenga dall’Italia, dall’Iran, dalla Spagna o dal Kash-mir, è sempre effettuata in base alla concentrazione di stimma e stilo. Oggi esiste una DOP per lo zafferano in molti Paesi di produzione, fra cui l’Italia (famose le coltivazioni dell’A-quila e della Sardegna). In tutto il mondo, lo zafferano riveste un’impor-tanza che va ben oltre i suoi impieghi gastronomici e officinali. In India, in particolare, è un ingrediente presen-te in tutti i rituali, le offerte religiose e le cerimonie sociali, ed è sempre stato avvolto da un alone di sacralità. I guerrieri Rajput dell’India antica non partivano mai in battaglia senza prima farsi ungere dalle loro donne con olio di zafferano: questo antico rituale sopravvive ancora oggi nella cerimonia induista del tiluk, in cui la sorella traccia sulla fronte del fratello un segno con farina di riso impastata con olio di zafferano, per rinnovare il voto di proteggerla e prendersi sem-pre cura di lei. I Greci ne apprezzava-
Scaldate l’olio in un tegame e, quando inizia a fumare, abbas-sate il fuoco e aggiungete cumi-no, cardamomo, foglie d’alloro e tutte le spezie. Girate una volta e subito dopo aggiungete l’aglio tagliato per il lungo e i peperon-cini verdi, tagliati per il lungo e privati dei semi. Girate veloce-mente e aggiungete anche i po-modori tagliati a pezzi.
Alzate il fuoco e portate a ebollizione continuando a girare. Aggiungete il sale e lo zucchero, abbassate il fuoco e lasciate cuocere affinché l’olio viene in superficie.
1 kg di pomodori maturi 1 tazza di olio di senape
10 spicchi d’aglio6 chiodi di garofano
1 cucchiaino da tè di cumino1 o 2 cucchiaini da tè di zucchero
2 foglie di alloro7 bacche di cardamomo
Peperoncini verdi (meglio provare prima con uno!)
Sale
CHUTNEY DI POMODOROINDIA DEL NORD
Condimenti
ricette di
Nella cucina indiana il chutney di pomodoro è come da noi una salsa di pomodoro: ogni casa, ogni regione, ogni persona ha la sua versione, che naturalmente è unica. Questa ricetta in particolare
l’ho mangiata nell’ultimo viaggio a Nainital nella Kashipur House. Si tratta di un chutney fresco, perché non si può conservare più di 3 o 4 giorni. Due sono gli ingredienti un po’ particolari: l’olio di senape, che è forte e pizzichino, e il tejpata, che noi sostituiamo con la foglia di alloro, ma che in realtà è la foglia di cannella.
In mancanza dell’olio di senape, l’olio extravergine d’oliva va benissimo.
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… le spezie, ingredienti divenuti poi fondamentali, oltre che in tutte le cucine del mondo, anche nel campo della profumeria, in medicina, e i piccoli piatti, usanza culturale gastronomica di origine tipicamente mediorientale giunta in India, dove si usava servire le pietanze in piccole quantità per intrattenere gli ospiti. Si narra che il dim sum (“piccolo piatto”, in cinese) sia nato nelle case di salute, veri e propri ristoranti in cui si andavano a mangiare piccoli piatti per miglio-rare il proprio stato di salute. In questi locali non c’era il menù, ma il cliente raccontava ai servitori ‒ i quali erano grandi esperti delle proprietà dei cibi ‒ quello che si sentiva: sarebbero stati loro a scegliere il cibo più appropriato ai suoi bisogni.C’è poi un’altra versione della storia, secondo la quale il dim sum era il cibo popolare della strada che, con il benessere dei primi imperi, si era elevato a cibo per i signori, da gustare in luoghi ricercati ed esclusivi.In qualunque modo, si tratta di deliziosi bocconcini consumati nel caos delle strade o nei bar affollati, oppure in ristoranti raffinati ed eleganti, gustati in casa con gli amici e la famiglia, come aperitivo o sostituto di un pasto vero e proprio: piccoli piaceri che simboleggiano uno stile di vita.
Molti elementi contribuiscono a segnare una cultura complessa. In campo gastronomico sono due le cose
che più di tutte hanno dato il via alla “globalizzazione”…
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Piccoli piatti
Macinate tutte le spezie del primo gruppo di ingredienti: cominciate dalla prima e aggiungete le altre, una alla volta, sempre nell’ordine dato. Quando avete finito di ma-cinarle, lasciatele nel frullatore.Scaldate il ghee in una padella e friggete una cipolla finemen-te affettata finché sarà dorata e croccante, quindi scolatela bene dal ghee e mettetela nel frulla-tore insieme al ginger, alla farina di ceci e a mezza tazza d’acqua e frullate bene il tutto.Ora mettete la carne macinata in un contenitore, unite la cipolla rimasta tritata, il composto del frullatore e lavorate l’impasto con
le mani finché sarà ben amalgamato. Mezz’ora prima di servire, preparate i kabab nel seguente modo: bagnatevi le mani, prendete 2 cucchiai da minestra d’impasto, stendetelo bene sul tavolo, appoggiatevi sopra lo spiedino facendo una leggera pressione e avvolgetelo con questo impasto. Ripetete l’operazio-ne finché avrete finito tutta la carne e cuocete gli spiedini in forno al grill o, se ne avete la possibilità, sul barbecue. Servite decorandoli con il coriandolo e gli spicchi di limone. Questa carne è ottima anche per fare polpette schiacciate che vanno cotte prima in padella, per formare una crosticina, poi nel forno, con uno spruzzo di limone sopra. Si possono anche cuocere in padella fino a cottura completa e sono fantastiche se da ultimo vengono fatte “flambé” con il vino bianco!
7 chiodi di garofano2 bastoncini di cannella
2 foglie di alloro1 cucchiaino da tè di bacche di cardamomo
1 cucchiaino da tè di semi di cumino nero4 cucchiaini e ½ da tè di semi di papavero
¼ di cucchiaino da tè di noce moscataUn pizzico di macis
½ cucchiaino da tè di peperoncino in polvere1 cucchiaino da tè di chicchi di pepe
1 cucchiaio da minestra di sale
2 cipolle medie½ tazza di ghee
2 cucchiai da minestra di ginger 1 cucchiaio e ½ da minestra di farina di ceci tostata
½ tazza di coriandolo fresco1 kg di carne di agnello macinata
Spicchi di limone
KABAB DI LUCKNOW - LUCKNOW KABABINDIA
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Piccoli piatti
Amalgamate bene tutti gli in-gredienti per la pastella e tenete da parte. Nel frattempo affetta-te finemente e tagliate a lista-relle la patata e spargeteci sopra il macis; tagliate i cipollotti in quarti per la lunghezza e poi in pezzi di circa 3 cm. Mettete gli ingredienti, aggiungendo anche i germogli di soia, in un’ampia insalatiera e mescolateli molto delicatamente. Pulite i gamberi e, se usate quelli grandi, dividete ognuno in 3 parti. Scaldate l’olio nel wok. Mettete su un piattino da tè precedente-mente unto una piccola quantità di verdura, tanto per riempire il
piattino, appoggiateci sopra qualche gamberetto e poi versate un bel cuc-chiaio di pastella sul tutto, ricordando sempre di mescolarla prima di fare questa operazione. Fate scivolare la frittata nell’olio caldissimo e friggetela girando solo un paio di volte. Vanno servite calde, con il dip di aceto e aglio, o con qualsiasi altra salsina piccante.
100 g di germogli di soia50 g di patata
½ cucchiaino da tè di macis in polvere 3 cipollotti
8 gamberoni o 100 g di gamberetti piccoli
Olio per friggere
Per la pastella:1 tazza di farina bianca
1 tazza di maizena1 cucchiaino e ½ da tè di lievito
in polvere1 cucchiaino e ½ da tè di sale
1 uovo grande leggermente sbattuto
Per la dip di aceto e aglio:mescolate insieme aceto, sale, aglio
pestato e un po’ di zucchero
FRITTELLE DI GAMBERETTI E VERDURE - UKOYFILIPPINE
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