Julia - Peter Straub

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PETER STRAUB JULIA (Julia, 1975) A Thomas e Alice Tessier Ecco come inizia una guerra. In un periodo di pace, arriva un avviso, una minaccia. Da qualche parte cade una bomba, i potenziali traditori vengono imprigionati senza troppo rumore. Per un certo tempo, giorni, mesi, un anno forse, la vita continua a scorrere in modo apparentemente tranquillo, come nei periodi di pace. Ma se la guerra dura da molto tempo, tutta la realt diviene guerra, tutti gli avvenimenti vengono in qualche modo collegati alla guerra e della pace non rimane pi nulla. Gli avvenimenti e la realt in cui essi accadono sono strettamente dipendenti gli uni dall'altra. Non possibile che i fatti della realt siano distaccati dal loro contesto vitale ed quindi impossibile che una bomba esploda senza coinvolgere tutto quanto le sta intorno. Se questo accade, ci significa che non si capito, non si visto. Doris Leasing, The Four-Gated City PARTE PRIMA La persecuzione: Julia 1 La bambina bionda - sui nove, dieci anni, l'et di Kate, e abbastanza somigliante a Kate da turbare Julia - comparve come dal nulla correndo lungo Ilchester Place e, roteando le braccia all'angolo della strada, si gett per il sentiero di Holland Park. Julia, ferma sui gradini della casa con l'impiegato dell'Agenzia Markham & Reeves, prov l'ormai familiare dolore lacerante che immancabilmente l'assaliva ogni volta che ricordava il tragico episodio. La sensazione fu tanto violenta che temette di sbigottire l'agente immobiliare svenendo sui tulipani appassiti, ma quello, convinto di avere a che fare con una cliente nevrotica ed eccentrica fino alla pazzia, si sarebbe forse limitato a mormorare un'osservazione sul caldo, fingendo che non fosse accaduto nulla di strano. Il fatto che Julia avesse gi perso due volte le chiavi del numero 25, che avesse versato un assegno di ventimila sterli-

ne di caparra la prima volta che aveva visto la casa (ed era anche la prima casa che le mostrava), che intendesse rilevare l'arredamento dei precedenti proprietari - un fabbricante di tappeti e la moglie, che si erano ritirati alle Barbados - che volesse abitare tutta sola in una villa di otto stanze - ma a questo proposito lui sapeva cosa pensare - l'aveva preparato ad aspettarsi di tutto da quella cliente. Pur consapevole della propria fretta e della propria bizzarria, e anche un pochino timorosa del sottile disprezzo che il funzionario le dimostrava, Julia sperava che attribuisse almeno in parte quel comportamento al suo essere niente pi che una delle solite, ridicole "ricche americane"; sicch, all'improvviso insofferente, non ebbe che una lieve esitazione nell'obbedire all'altra reazione suscitata in lei dalla vista della bambina che correva: doveva seguirla. L'impulso era fortissimo. L'uomo di Markham & Reeves, tenendola delicatamente per il gomito, stava estraendo dal taschino del gil la terza chiave, al cui foro aveva legato un nastrino giallo vivo. "Il giallo per ricordare," disse in tono condiscendente. "Confesso di aver rubato l'idea a un motivo pop. Pu..." "Mi scusi." Julia scese in fretta la scala. Non voleva correre prima di essere uscita dal campo visivo dell'uomo e cos aspett di aver voltato l'angolo sul parco. La bambina assomigliava molto a Kate. Naturalmente non poteva essere lei: Kate era morta. A volte per sembra di intravedere degli amici tra la folla o da un autobus, pur sapendo che questi amici sono in realt lontani migliaia di chilometri, non significa forse che quegli amici sono in pericolo o sul punto di morire? Julia, gi ansimante, riprese a camminare. Era circondata da bambini: alcuni giocavano nei recinti di sabbia, altri correvano sull'erba a chiazze, altri ancora si arrampicavano sugli alberi che lei vedeva dalla finestra della camera da letto. Ormai la piccola doveva essersi addentrata nel parco: forse si era confusa tra la gente, sul grande prato a destra, oppure aveva imboccato uno di quei sentieri poco avanti, o era andata verso l'Aranceto. Magari non era neppure passata per il campo giochi ed era corsa direttamente lungo il viottolo che portava a Holland House. Ma era da quella parte, Holland House? L, oltre il recinto dei pavoni? Non conosceva la geografia del parco abbastanza bene da seguire il fantasma... una bambina come tante altre che andava a raggiungere i suoi amichetti a Holland Park. Julia, che stava ancora vagando soprappensiero tra i recinti della sabbia, si ferm. Seguire la bambina bionda era stato un atto assurdo e irragionevole, forse isterico: tipico suo, insomma. Sto perdendo la testa, pens, e a voce alta si lasci sfuggire un'imprecazione che

le guadagn uno sguardo di rimprovero da un passante con un paio di baffoni fulvi. Imbarazzata, Julia si volt e alz lo sguardo oltre il muro di cinta dei giardini, verso le finestre al primo piano della sua nuova casa. Le era costata un capitale: Magnus non doveva assolutamente venire a sapere che l'aveva acquistata e aveva gi firmato tutte le carte. Per un terribile istante l'immagine di Magnus in collera le ottenebr il cervello. Magari era stata irragionevole, addirittura scriteriata, come avrebbe subito sottolineato lui, ma ragionare con Magnus era impossibile. Le severe linee allungate della villetta, di cui si era innamorata a prima vista, contribuirono a rasserenarla. Una mano sul petto, Julia ripercorse il sentiero fino all'angolo di Ilchester Place. Si ricord dell'agente immobiliare solo quando lo vide appoggiato alla porta d'ingresso con un'espressione a met tra la perplessit e la noia. Era la stessa che doveva aver fatto quando, telefonando dal proprio ufficio alla banca di lei, aveva conosciuto il saldo del suo conto corrente. Si aspettava che l'uomo dicesse qualcosa ma, a quanto pareva, non era un tipo di molte parole. Non fece che staccarsi dallo stipite e porgerle la chiave, tenendola per il vistoso nastro giallo. Adesso sembrava pi stanco che annoiato. E in ogni caso che cosa avrebbe potuto dire Julia? Poteva spiegargli che era scappata per rincorrere una bambina che le ricordava la figlia morta? Lui non sapeva nulla di Kate n di lei. Invent qualcosa di pi plausibile. "Mi deve scusare," gli disse, fissando il suo viso affilato e grigiastro. "Volevo controllare una cosa sul retro prima che lei se ne andasse." Il funzionario le gett uno sguardo strano: se voleva esaminare il retro della casa, perch non l'aveva attraversata, anzich girarci intorno? "In questa via non abitano molti bambini, signora Lofting," le assicur. "Naturalmente vanno a giocare nel parco, ma si accorger che Ilchester Place la zona tranquilla che le ho detto." Altro sarcasmo? No: aveva notato la bambina e ora voleva solo essere gentile: non aveva creduto neppure per un attimo alla scusa improvvisata da Julia. "Grazie." Julia prese la chiave e l'infil in una tasca dell'abito. " stato molto cortese." "Si figuri." Lo sguardo dell'uomo corse all'orologio, poi alla propria auto e infine alla Rover, il cui sedile posteriore era carico di valigie, piante in vaso, due bracciate di libri legati con lo spago e una scatola con le bambole di panno di Julia da piccola. Erano gli unici oggetti che aveva preso con s, oltre ai vestiti, e venivano tutti dalla stanza dove aveva alloggiato dopo a-

ver lasciato l'ospedale. I libri erano un di pi, ma appartenevano a lei, non a Magnus. Perch regalarglieli? "Per carit, non il caso!" si affrett a toglierlo d'imbarazzo. "Non mi sognerei mai di chiederglielo, dopo... tutto questo." "Allora..." L'agente, visibilmente sollevato, cominci a scendere gli scalini. "Avrei qualcosa da sbrigare in ufficio, quindi, se mi vuole scusare, la lascio alla sua nuova casa." Alz lo sguardo sulla facciata di mattoni. "E davvero bella. Ci si trover benissimo. In caso di bisogno pu telefonarci. Sbaglio o non molto pratica di Kensington?" Julia annu. "Sar per lei una piacevole scoperta, vedr. Dove abitava prima? Ad Hampstead?" "S." "Questa parte di Kensington non molto diversa." Raggiunse l'auto e, dopo aver aperto lo sportello, si volt ancora. "Ci chiami senz'altro se si presentano dei problemi, signora Lofting. A proposito, le suggerirei di farsi fare qualche chiave di scorta in uno dei negozi di High Street. Bene, buona giornata, signora Lofting." "Arrivederci." Julia salut con la mano. Quando l'auto si fu allontanata, si avvi alla sua Rover e guard verso la casa, adesso veramente sua. Era una solida costruzione di mattoni in stile neogeorgiano, simile in tutto e per tutto alle altre su quel breve, elegante tratto di Ilchester Place. L sarebbe stata al sicuro da Magnus. Appena l'aveva vista, la villa le era sembrata un luogo di pace e serenit e in lei era come scoccata una scintilla. Aveva dovuto acquistarla come aveva dovuto seguire la bambina bionda che somigliava a Kate. In quella casa finalmente avrebbe vissuto al sicuro da Magnus; in seguito, quando si fosse abituato all'idea della sua fuga, gli avrebbe telefonato o scritto un biglietto. Aveva trascorso la notte precedente in un albergo di Knightsbridge, tremando a ogni passo che poteva annunciare Magnus con il viso atteggiato a una falsa cordialit e arrossato nello sforzo di trattenere la violenza. Magnus sapeva essere terrificante: quella smisurata autorit di maschio era l'altra faccia della sua impotenza. S, l'avrebbe lasciato per un po'. Nel suo biglietto aveva spiegato tutto quello che c'era da spiegare. L'aspettava l'ingrato compito di portare in casa le valigie e il resto delle sue cose. Julia tent di aprire la portiera, ma era scattata la chiusura. Trasse di tasca la chiave ma era quella di casa, con lo sfacciato nastrino giallo. Si chin a guardare dal finestrino e vide tutto il mazzo di chiavi che penzola-

va dal cruscotto. Niente da fare. Sent le lacrime salirle agli occhi. E per sua immensa fortuna Magnus non era presente. "Julia, sei totalmente incapace". "A volte mi chiedo se fai mai una cosa giusta," oppure la condanna recisa, brutale: "Tipico". Essendo avvocato, Magnus disponeva di una gamma svariata di tecniche per insinuare che gli altri, e in particolare sua moglie, mancavano di cervello. "Oh, Dio sia ringraziato," disse forte: si era accorta che il finestrino di sinistra era abbassato, bench anche quella portiera fosse bloccata. Per "tipico" che potesse essere, Julia lo prese come un buon auspicio per il primo giorno nella nuova casa. Forse sarebbe davvero riuscita a tenere alla larga Magnus... almeno per un paio di settimane. Quasi che tra i due corresse un legame, il pensiero di Magnus le ramment la bambina; infilando il braccio nel finestrino e abbassando la maniglia per aprire la portiera, immagin di cercarla in Holland Park. Scacci l'immagine di se stessa e della piccola sedute a chiacchierare su una panchina. Dietro quella visione ce n'era un'altra, di orrore e disperazione, e Julia, sentendola affiorare alla coscienza, com'era accaduto durante le settimane in ospedale, fece deliberatamente il vuoto nella propria mente. Si sarebbe occupata del bagaglio e delle piante: un vaso si era scheggiato e, all'interno, si vedeva la terra nera e granulosa percorsa da sottili radici bianche. Aveva comperato la casa in Ilchester Place, riflette, cos come si era presa Magnus per marito: d'impulso. Tuttavia aveva speso il proprio denaro per la propria casa: era il primo atto totalmente autonomo che avesse compiuto da quando aveva sposato Magnus, undici anni prima. A quell'epoca, era una ragazza di venticinque anni, graziosa, con vistosi capelli fulvi e un viso morbido, liscio, sereno: "il viso di una ragazza a un picnic impressionista", lo aveva definito suo padre. Guardando indietro nel tempo, le pareva di aver frequentato scuola privata e Smith College in una specie di trance, senza una vera partecipazione. Al di fuori dei corsi e di qualche professore, poche cose l'avevano stimolata o interessata a fondo. Aveva perso la verginit con un ragazzo ebreo studente di inglese alla Columbia University, alto e sensibile. L'aveva corteggiata con aneddoti su Lionel Trilling e sulla vita sessuale di poeti famosi, e l'aveva portata a vedere un gran numero di film francesi. Dopo c'erano stati altri ragazzi, ma nessuno l'aveva conosciuta a fondo quanto lo studente della Columbia: con loro non era andata neppure a letto. Dopo la laurea era entrata a Time-Life, nell'ufficio selezione stampa di Sports Illustrated, ma se n'era andata un anno dopo, quando aveva sentito

per caso un'altra ragazza, che riteneva amica, parlare di lei come dell"ereditiera stronza". Licenziarsi era stato un sollievo: sapeva di non avere la competenza necessaria e di essere durata un anno perch il caposervizio, un certo Robert Tillinghast, sposato, si era preso una sbandata per lei. Julia lo trovava simpatico, ma non al punto di spogliarsi davanti a lui, cosa alla quale lui evidentemente mirava. Dopo era vissuta sei mesi in casa dei suoi, leggendo romanzi e guardando la televisione, terrorizzata dal mondo che aveva scoperto fuori del campus dello Smith. Un giorno poi aveva incontrato al ristorante una compagna d'universit ed era venuta a sapere che la casa editrice per la quale l'amica lavorava cercava un'impiegata di redazione. La settimana dopo il posto era suo. Aveva il compito di curare la redazione dei testi nella sezione universitaria della societ e ne provava un piacere quasi meccanico, superficiale: amava ripetere che imparava qualcosa da ogni nuovo libro. Aveva preso in affitto un appartamento nella Settantesima Strada Ovest. La sua vita aveva assunto un ritmo offuscato, serrato, senza pause di riflessione. Spesso, andando in ufficio con l'autobus (prendeva il taxi raramente, per principio), sbrigando la corrispondenza, lavorando sui manoscritti, pranzando con l'uno o con l'altro, aveva l'impressione di guardare dall'esterno se stessa agire come se la sua vita non fosse ancora realmente incominciata. Finch una mattina si era svegliata nel suo letto accanto a Robert Tillinghast e, in preda al panico, aveva deciso di lasciare gli Stati Uniti e di andare in Inghilterra. "Mi muover orizzontalmente, visto che non sono capace di muovermi verticalmente," aveva spiegato ai suoi amici. Robert Tillinghast l'aveva accompagnata all'aeroporto. "Che cosa ne sar di te?" le aveva detto. " quello che mi chiedo anch'io." A Londra aveva affittato una stanza in Drury Llane e sei mesi dopo, trovato un impiego presso un editore di libri d'arte, si era trasferita in due locali in Camden Town. "Ma questo un canile!" aveva esclamato suo padre, venuto a controllare la situazione dagli Stati Uniti. "Dove sono le offerte d'immobili?" Le aveva trovato un appartamentino indipendente, con grandi finestre e due camere da letto ("Ti serve una stanza per lavorare") ad Hampstead, tre volte pi caro di quello a Camden Town. Una sera, alcuni mesi dopo, a una festa data da due coniugi che lavoravano per l'editore d'arte, aveva conosciuto Magnus Lofting. Hugh e Sonia Mitchell-Mitchie erano coetanei di Julia. Lui, che circolava in jeans e maglietta e sfoggiava un orecchino d'oro a spirale, era diretto-

re artistico. Sorda, come Julia, lavorava in redazione. Erano una coppia brillante e disinibita; Julia, alla quale i due piacevano bench la sconcertasse la loro abitudine di passare un'incredibile quantit di tempo a discutere sulle loro questioni amorose, non sospettava che la loro idea di "festa" contemplasse due ore passate bevendo il pi possibile e giochi di societ per il resto della serata. Quando gli altri avevano cominciato a giocare, Julia si era ritirata in un angolo del salotto, sperando di passare inosservata. I divertimenti di gruppo le davano un senso di insicurezza. Sonia aveva preso a punzecchiarla e in un attimo Julia si era trovata puntati addosso gli occhi di una ventina di persone. Si era sentita crudelmente presa di mira. "Non essere antipatica, Sonia," aveva detto un uomo. "Far quattro chiacchiere con la tua amica." Voltandosi in direzione di quella voce imperiosa, Julia aveva scorto un uomo alto, robusto, dai tratti marcati, in completo gessato. Era parecchio pi vecchio degli altri ospiti: i capelli sopra le orecchie gli si stavano gi brizzolando. "Si sieda vicino a me," le aveva ordinato. "Mi ha salvato la vita," aveva detto Julia. "Lasci perdere" aveva minimizzato Magnus. Lei gli si era seduta accanto con gratitudine. Dieci anni dopo non ricordava gli argomenti di quella conversazione, ma allora aveva avvertito immediatamente la forza che emanava da lui: era maschio al cento per cento e ogni suo gesto faceva pensare che prenderla gli sarebbe stato facile come accendere una sigaretta. Con l'istinto tipico dei benestanti, Julia aveva intuito che Magnus, qualsiasi attivit svolgesse, doveva essere un uomo di successo. Sembrava capirla perfettamente, o essere del tutto indifferente a tutto ci che non capiva. Affascinava, ma come un serpente. Avevano trascorso il resto della serata parlando tra loro e, mentre Hugh, Sonia e gli altri attaccavano un altro gioco, nel quale l'"assassino" uccideva le sue "vittime" strizzandogli l'occhio, Magnus le aveva sussurrato: "Credo che me ne andr. Vuole un passaggio? Com' arrivata fin qui?" "In autobus," aveva confessato lei. " troppo tardi per prendere un autobus, ormai." Si era alzato. La superava di tutta la testa ed era troppo imponente per definirlo semplicemente corpulento. Aveva sollevato una mano, e Julia era indietreggiata istintivamente, ma Magnus l'aveva portata alla nuca per lisciarsi i capelli. "L'accompagner a casa, a meno che non abiti in qualche posto impossibile.

Blackheath o Guildford, per esempio." "Sto ad Hampstead." "Questa s che fortuna! Anch'io." Si erano avviati alla sua auto, una Mercedes nera, parcheggiata in Fulham Road. Julia era venuta a sapere che faceva l'avvocato e che un tempo era stato vicino di casa di Sonia Mitchell-Mitchie, la quale era diventata una specie di sua nipote adottiva. Magnus non le aveva chiesto nulla, tuttavia Julia si era messa a parlare a ruota libera. Per un motivo che avrebbe capito solo molti anni dopo, raccontando la sua fuga da New York aveva nominato persino Robert Tillinghast. Soltanto quando aveva capito che avrebbe lasciato Magnus si era resa conto di averlo sposato, di essersi innamorata di lui, principalmente perch le ricordava il padre. Ed erano entrambi occasionali e generosissimi adulteri. Julia si era accorta molto presto che Magnus aveva altre donne: a questo proposito, era brutalmente disinvolto. Nel tragitto verso Hampstead le aveva proposto di bere qualcosa insieme e si era fermato a un club dietro Shepherd's Market, dove aveva scritto il nome di Julia nel libro degli ospiti e l'aveva condotta in un locale semibuio non molto affollato di un'eleganza quasi pacchiana. Le cameriere indossavano abiti lunghi dai colori pastello che rivelavano seni prorompenti e ben separati. Per un terzo, gli uomini presenti erano ubriachi; oltre a Julia e alle entraineuses c'erano soltanto altre due donne nella sala. Un uomo alticcio, appena entrati, le aveva messo un braccio intorno ai fianchi, e Magnus lo aveva spinto via senza neppure osservarlo. Aveva ordinato da bere e si era guardato intorno con aria aggressiva, come sfidando qualcun altro a importunarli. Le due donne, aveva notato Julia, non gli staccavano gli occhi di dosso. Aveva sorseggiato un po' di liquore, provando una piacevole eccitazione. "Gioca d'azzardo?" le aveva chiesto Magnus. Lei aveva scosso la testa. "Le spiace se gioco io?" "No. Tutt'a un tratto non ho pi sonno." Julia lo aveva seguito oltre una porta in fondo alla sala, fino a uno sportello protetto da sbarre, dove Magnus aveva comprato dei gettoni. Gli aveva visto posare davanti al cassiere cinque biglietti da cinquanta sterline e, dopo una breve esitazione, aggiungerne un sesto. In cambio aveva ritirato un mucchio di gettoni sorprendentemente piccolo. Erano passati insieme accanto a diversi tavoli fino alla roulette. Magnus aveva puntato quattro gettoni sul rosso. Il fiato sospeso, Julia aveva segui-

to con gli occhi la pallina girare e fermarsi con un rumore secco sul rosso. Magnus aveva lasciato i gettoni dov'erano e la pallina si era fermata nuovamente sul rosso. Poi Magnus aveva spostato tutta la vincita sul nero e aveva vinto di nuovo. Quanto valevano quei gettoni? Cinquecento sterline? Di pi? Nello sbirciare Magnus che fissava accigliato la montagnola di gettoni, Julia si era sentita vagamente disorientata: la festa doveva aver annoiato a morte Magnus. Al giro successivo lui aveva perso qualche gettone, ma era rimasto impassibile. " il suo turno, bellissima," aveva ordinato. Poi aveva spinto verso di lei alcuni gettoni. Julia si era resa conto con smarrimento che valevano almeno duecento sterline. "Non posso. Perderei e il denaro suo." "Non sia codarda. Punti come vuole." Aveva puntato sul rosso, dato che con quello Magnus aveva vinto la prima volta. La pallina era finita sul nero. Lo aveva guardato costernata. "Niente paura. Punti ancora." Le aveva messo davanti altri gettoni. Lei aveva eseguito e aveva perso di nuovo. Si era allontanata dal tavolo. Magnus aveva continuato a giocare, dando l'impressione di ignorarla. Julia gli era tornata accanto e aveva guardato la pila di gettoni crescere. Pareva che vincere lasciasse Magnus del tutto indifferente. Rimaneva inchiodato al suo posto, seguendo il gioco con aria cupa e collocando qua e l pile di gettoni bianchi e rossi. Alcuni giocatori gli avevano rivolto la parola, ma lui aveva risposto in tono reciso, scoraggiandoli. Dopo circa mezz'ora una donna snella e con i capelli neri, che Julia ricordava di aver visto nell'altra sala, si era avvicinata a Magnus e lo aveva baciato. "Sono secoli che non ti fai vedere. Rischi di perdere tutti i tuoi vecchi amici." Cos dicendo aveva lanciato uno sguardo penetrante a Julia, che si era sentita come nuda. Magnus le aveva mormorato qualcosa, poi si era concentrato nuovamente sul gioco. Quando aveva cambiato i gettoni, Julia aveva calcolato che doveva aver vinto quasi mille sterline. "Quella donna la sua amante?" gli aveva chiesto una volta risaliti in macchina. Per la prima volta lui era scoppiato a ridere. Lasciandola sulla porta di casa le aveva chiesto il numero di telefono, quindi aveva tirato fuori della tasca della giacca due banconote da cinquanta sterline e gliele aveva messe in mano. "La chiamo mercoled," aveva detto, e se n'era andato prima che Julia potesse protestare. Lei aveva messo

il denaro in un cassetto, ripromettendosi di ridarglielo quando l'avesse rivisto; due mesi dopo, aprendo quello stesso cassetto, lo aveva ritrovato, ma era troppo tardi per restituirlo. Alla fine aveva donato cinquanta sterline a un'organizzazione benefica e le altre cinquanta ad Amnesty International. Il luned successivo, in ufficio, aveva appreso due cose sul conto di Magnus: era stato il primo amore di Sonia Mitchell-Mitchie e tutti pensavano che Julia fosse andata a letto con lui. "Fa sempre cos: abborda le ragazze a una festa, poi se le porta a letto. Con te non lo ha fatto?" "Mi ha s e no sfiorata." "Forse non stava bene!" aveva dedotto Sonia. Nelle settimane seguenti, Magnus aveva occupato sempre pi il tempo di Julia, ma avevano fatto l'amore soltanto quando lei aveva cominciato a domandarsi se si sarebbe mai deciso. Era indubbiamente l'uomo pi enorme col quale fosse andata a letto. A quell'epoca, due mesi dopo la festa dai Mitchell-Mitchie, Magnus era diventato un punto di riferimento nella sua vita. Julia tendeva a giudicare gli altri uomini secondo gli standard di Magnus, cercando di immaginare se a lui sarebbero piaciuti. Certo nessuno era eccitante quanto Magnus Lofting: aveva quella assoluta sicurezza di s che i pi giovani, ancora intenti ad affermare la propria maturit e la propria carriera, non possono vantare. Eppure era stato solo dopo che le aveva descritto la sua infanzia che Julia, gi innamorata, aveva capito di doverlo sposare. Lui e la sorella, la "povera Lily", maggiore di un anno, erano stati cresciuti da genitori eccessivamente distratti. Preoccupati solo di se stessi, totalmente disinteressati alle opinioni e ai sentimenti altrui, i Lofting avevano viaggiato molto, lasciando i bambini a casa con una serie di istitutrici. Julia non aveva mai sospettato che dei genitori potessero essere tanto poco amorevoli, per non dire crudeli, con i propri figli. A parte le istitutrici e la "povera Lily", Magnus era cresciuto nel pi assoluto silenzio, abbandonato nel gelido mausoleo che era la loro casa nell'Hampshire. I suoi ricordi d'infanzia colpirono profondamente Julia che da parte sua, a differenza di Magnus, aveva avuto un padre invadente, verboso e autoritario. I primi anni della sua vita e il forzato isolamento bastavano a giustificare certe tendenze di Magnus da adulto: all'inizio non aveva conosciuto scrupoli nella vita professionale e anche adesso vi profondeva tante energie psichiche da far funzionare una macchina a vapore. L'infanzia di Magnus non solo aveva aiutato Julia a meglio comprenderlo, rendendoglielo pi accessibile, ma aveva contribuito anche a umanizzarlo. Da

principio, le era parso incredibile che Magnus avesse avuto davvero dei genitori; che avesse avuto la "povera Lily" e Mark, un fratello adottivo molto pi giovane, le era sembrato addirittura sconvolgente. L'aveva ulteriormente sorpresa la profondit del suo attaccamento alla "povera Lily", ma anche qui entrava in gioco la loro fanciullezza. Erano cresciuti in un sodalizio a due, legati da un affetto tenace, l'uno unica compagnia dell'altro. Avevano inventato un linguaggio di fantasia che usavano ancora adesso quando scherzavano, e nel quale si chiamavano "Magnim" e "Lilim". Si erano organizzati giochi complicati per i quali utilizzavano ogni angolo della casa e del giardino, giochi nei quali, fin dall'et di cinque o sei anni, lui aveva rivestito ruoli di comando: re, generale, primo ministro, Coriolano, Priamo, Ulisse. Tutto era proseguito cos finch Magnus era entrato a Cambridge. Lily non si era mai sposata, e Julia aveva saputo che il fratello passava con lei almeno un pomeriggio o una serata la settimana. In realt Julia pensava che l'immancabile uso dell'aggettivo "povera" nel riferirsi a Lily fosse stato adottato non tanto per un'intrinseca stranezza della stessa Lily, quanto per il desiderio di parare l'eventuale gelosia della stessa Julia. Malgrado le sue eccentricit, il suo spiritualismo, la sua aria di signorile abbandono, Lily non meritava quell'epiteto. Quando finalmente Julia l'aveva conosciuta, l'aveva trovata una donna indubbiamente deliziosa, con i capelli grigi e un viso cos delicato che, sotto la pelle, si distinguevano i muscoli facciali. Al suo confronto Julia si era sentita goffa e accaldata, e probabilmente sporca in qualche posto bene in vista. Solo due anni dopo, alla nascita di Kate, Lily era divenuta cordiale. Mark, figlio di un funzionario consolare in Africa morto suicida, amico di sir Greville Lofting, era un'altra faccenda. I Lofting avevano adottato il bambino, che a quel tempo aveva due anni, in un gesto di generosit atipica, avendo promesso a sua madre, in fin di vita in un ospedale ai tropici, che si sarebbero presi cura di lui. La qual cosa aveva significato per loro spedire il piccolo a una bambinaia in Inghilterra preceduto da un telegramma e da una spigliata missiva in cui avvertivano il quindicenne Magnus e la sedicenne Lily che sarebbe capitato in mezzo a loro un fratellino nuovo. Lo avevano detestato subito. Il loro mondo era stato troppo a lungo una sacra alleanza a due per accettare un terzo incomodo. Per Magnus era invariabilmente un "buono a nulla" e un "portatore di guai". Anche Lily manteneva un atteggiamento sospettoso nei suoi riguardi. A volte lo definivano un disastro, forse riferendosi al fatto che a quindici anni aveva messo incinta una ragazza del paese, o forse perch, appena raggiunta l'et

adulta, aveva voluto assumere di nuovo il cognome d'origine, Berkeley, muto commento ai metodi educativi di casa Lofting. Mark era stato una delusione: non aveva mai imparato il loro linguaggio segreto, anche perch loro non gliene avevano dato l'occasione, si era laureato a Cambridge con il minimo dei voti e ora lavorava presso una scuola politecnica, dove teneva un corso di sociologia; materia che Magnus aveva sempre ritenuto superflua. Mark aveva sempre simpatizzato con gruppi politici estremisti, aveva partecipato a marce, distribuito volantini e adesso si dichiarava un maoista: una volta Magnus l'aveva sorpreso addirittura con una copia di Stella Rossa sulla Cina sotto il braccio. "Non vedo che cosa ci sia di male nell'allargare i propri orizzonti leggendo. La pensi cos anche tu." "Non ho detto che lo leggeva, ma che l'aveva con s. Per far colpo. Nel suo ambiente l'equivalente di un disco dei Rolling Stones." "Non voglio difendere Mark, ma adesso sei cattivo e ingiusto. Lo condanneresti anche se non gli avessi visto quel libro." "Ha importanza il mio giudizio su un maoista di Notting Hill?" Mark indossava solitamente jeans e una camicia di tela; abitava a Notting Hill Gate nelle stesse stanze che aveva affittato appena uscito da Cambridge e dormiva su un materasso steso a terra in mezzo a un indescrivibile caos. La maggior parte di queste notizie, che Magnus sottolineava con grugniti di disapprovazione, Julia le aveva apprese da Lily, ma non aveva conosciuto Mark fino a tre o quattro mesi dopo, il giorno in cui si era presentato a casa di Magnus in Gayton Road tre settimane prima del matrimonio, dicendo di voler conoscere la vittima. Julia aveva sentito la sua voce allegra e ironica, tanto diversa da quella dei Lofting, dalla scala d'ingresso, e poi le parole di Magnus: "La cosa? Immagino che tu alluda alla mia fidanzata". "La tua vittima, Magnus." Un sospiro. "Be', visto che sei qui, entra." "Sempre generoso, Magnus." Julia aveva immaginato in Mark un potenziale alleato sin da quando lo aveva sentito denigrare da Magnus e Lily; quanto meno era un essere umano afflitto da difetti, e come tale un suo simile. In preda a un improvviso batticuore aveva gettato il Guardian sulla poltrona e si era alzata per andargli incontro. Magnus era entrato con fare cupo nella stanza, seguito da un giovanotto alto con i capelli lunghi, neri e lucidi. Dopo aver notato la smorfia del futu-

ro sposo alla vista del giornale sgualcito sulla poltrona, Julia aveva costatato che Mark Berkeley era il tipo di uomo che le donne si voltano a guardare per la strada. Era tanto bello era sessualmente attraente. I capelli lunghi e scuri incorniciavano un viso leggermente olivastro, dall'espressione divertita, con gli zigomi alti e la bocca carnosa. Sotto le sopracciglia nere gli occhi erano sorprendentemente azzurri. Quando le aveva porto la mano, lei si era accorta che aveva le unghie sporche. "E carina quasi quanto me l'ha descritta Lily," aveva detto Mark. "Vorrei averla conosciuta io per primo. Sar simpatico avere un'altra bella donna in famiglia, non trovi Magnus, ora che Lily non pi di primo pelo?" Stringendo quella mano piuttosto sporca, Julia aveva sentito, sotto quelle frasi banali, che Mark avrebbe saputo leggerle dentro. Sarebbe stato un alleato per lei, ma non del genere che si attendeva. Anche Mark era formidabile, eppure sembrava tutt'altro che freddo. Mentre gi sentiva simpatia per lui, Julia prov una di seguito all'altra una serie d'impressioni. Mark sembrava pi il figlio che il fratello di Magnus; la sua aria di totale incoscienza appariva quasi studiata. Era impossibile immaginarlo occupato in un lavoro, a meno che non fosse un lavoro puramente verbale. Inoltre, aveva riflettuto Julia, la sua mano ancora in quella di lui, la stava abilmente ingannando. Era fin troppo facile cedere al fascino di una persona tanto attraente. Ritrasse la mano. Non sapeva mai se fidarsi degli uomini troppo belli. "Sul serio," aveva ripreso Mark, "non sembra una di quelle visioni che appaiono a Lily nelle sue sfere di cristallo? Deve essere un tipo fuori del comune per volerti sposare." "Oh," era intervenuta Julia, cercando di salvare la situazione, "met delle donne di Londra vorrebbero essere al mio posto." Ma Magnus le aveva voltato le spalle, irritato. Il resto del pomeriggio si era trascinato penosamente, con Mark che provocava Magnus, e Magnus che s'incupiva sempre pi. Quanto a Mark, per Julia restava un enigma. Un anno pi tardi, quando aveva capito, amareggiata, che Magnus non aveva smesso di frequentare le altre sue donne nemmeno per un mese, Julia gli aveva urlato rabbiosamente in faccia che non le sarebbe dispiaciuto avere una relazione con suo fratello. "Perch dovresti divertirti solo tu?" Magnus l'aveva afferrata per un braccio con tanta forza da procurarle dei lividi; lei, tremante di paura e di collera, aveva capito che si tratteneva a fatica dal picchiarla. Poi la morsa si era allentata e Magnus, falsamente placato, aveva fatto un passo indietro. "Ti ucciderei, se andassi a letto con Mark." Lo aveva detto con tale freddezza che Julia non aveva esitato a

credergli: nonostante tutte le sue chiacchiere su quello "squilibrato" di Mark, solo allora si era accorta dell'odio di Magnus per il fratello. Per lo meno, questo le era parso di leggere nel suo sguardo. Non molto tempo dopo quella lite, avevano cominciato a parlare di mettere al mondo un figlio. L'estate dopo era nata Kate. Per i nove anni successivi, i Lofting erano vissuti borghesemente ad Hampstead, compiendo frequenti viaggi all'estero. Magnus aveva comprato una fattoria sul fiume Dordogne, e ci erano volute tre estati per rimetterla a nuovo. Vedevano Lily a intervalli regolari e Mark due o tre volte l'anno, quando piombava da loro senza preavviso. Lily lo teneva al corrente delle novit di casa Lofting. Al primo compleanno di Kate, le aveva mandato una bella casa per le bambole; telefonava spesso quando Magnus era fuori citt e s'intratteneva al telefono con Julia in civettuole conversazioni. Magnus continuava ad avere delle amanti, ma la cosa aveva perso il potere di ferire Julia. Sembravano tutte relazioni senza importanza, che sottraevano poco o nulla a Julia e Kate. Imprevedibile come sempre, a volte terribile, Magnus nutriva per Kate un amore assoluto. Julia aveva vissuto nove anni della vita di Kate tra le mura domestiche, soddisfatta solo in apparenza. Una volta, a un ricevimento, aveva udito la propria voce dire: "Non si pu vivere per un'altra persona? Certo. Io vivo per la mia...". Stava per dire "bambina", ma Magnus la stava fissando e cos aveva cambiato in "famiglia". Potr essere me stessa, liberamente, stabil ora, e scoprir che cosa significa. E, se diventer pazza, mi star ugualmente bene. Davanti alle tende aperte della finestra in camera da letto, Julia guardava il campo giochi popolato di bambini e il verde del parco. Alz il pannello inferiore della finestra e si sporse, pensando: la donna all'inizio della sua nuova vita si affacci alla finestra... nella stanza si soffocava. L'aria che veniva da Holland Park sembrava pi fresca e tonificante, malgrado la giornata calda. Svuotando le valigie e slegando i pacchi di libri Julia si era sentita sudata, appiccicaticcia e stranamente cinica: i vestiti potevano stare dappertutto, visto che la camera, come tutta la casa, era soltanto sua. Dopo aver messo la scatola delle bambole in un'anta dell'armadio, si sedette sul bordo del letto sentendosi insopportabilmente accaldata. Per un attimo le dimensioni della casa le parvero opprimenti. Tuttavia l'aveva voluta, e l'aveva. I mobili dei McClintock erano vecchi e un po' sciupati, ma comodi, con una certa sovrabbondanza di cuscini e imbottiture. Al momento oppor-

tuno se ne sarebbe sbarazzata per comprarne altri, ma per ora era soddisfatta sia dell'arredamento sia della casa, il cui aspetto solido e familiare infondeva sicurezza e senso di protezione. Curioso come la villetta avesse quasi chiesto di diventare sua. Inizialmente Julia aveva pensato di trasferirsi in un residence, magari a Knightsbridge, ma la provvisoriet di quella sistemazione la deprimeva, cos si era rivolta a un'agenzia immobiliare con la vaga intenzione di affittare un appartamento. Ma dopo aver visto la villetta di Ilchester Place... "Naturalmente non fa al caso suo," aveva detto l'impiegato, invece Julia aveva capito che doveva averla. Era la prima volta in vita sua che spendeva il proprio denaro in modo cos istintivo. Senza Kate, risparmiare non aveva pi senso. L'immagine degli ultimi minuti di vita di Kate minacci di ricomparire e, per scacciarla, Julia si allontan in fretta dalla finestra. Quasi inconsciamente aveva cercato con lo sguardo la bambina bionda che aveva visto la mattina. Che bello se l'acquisto della casa l'avesse messa in affettuoso contatto con un'altra bambina, una ragazzina come Kate, con la quale coltivare un'amicizia senza complicazioni! Ma era impossibile: non poteva fare sua la figlia di altri. Stava diventando sempre meno realistica, sempre pi cieca alle verit pi ordinarie. Era possibile che, invece di iniziare una nuova vita, avesse semplicemente creato lo scompiglio in quella vecchia? Non poteva permettersi di pensarla cos. Se era stata chiacchierona, disorganizzata, trascurata e tutto ci di cui l'aveva accusata suo marito, poteva darsi che tutti questi apparissero come difetti soltanto a Magnus: lei aveva diritto alle sue debolezze. Gi ora, dopo due soli giorni di libert, Julia era in grado di giudicare quanto fosse stato opprimente Magnus con le sue valutazioni. Probabilmente significa che il mio matrimonio finito, si disse, e l'idea sorprese lei per prima. Ovviamente la decisione di lasciare Magnus era strettamente legata alla morte di Kate, all'orribile spettacolo sul pavimento della cucina, al sangue che sgorgava dal suo corpicino terrorizzato... Ma forse lo aveva lasciato anche perch sapeva di non poter vivere un solo minuto di pi con lui. Kate li aveva tenuti uniti. Kate era stata il loro solo punto in comune. Interessante, pens, poi si rese conto di averlo detto ad alta voce. "Diventer di quelle donne che parlano da sole. Be', perch no?" Si gir verso lo specchio dei McClintock e prese a pettinarsi i lunghi capelli, resi splendenti dal sole che entrava a fiotti dalla finestra.

Dopo aver messo a posto tutto, aver pulito la cucina gi immacolata e passato l'aspirapolvere sul tappeto del salotto, Julia fece la doccia e poi usc. Aveva deciso che, tutto sommato, sarebbe andata da Lily, che ora abitava a Plane Tree House, proprio sull'altro lato di Holland Park. L'avrebbe persuasa a non rivelare a Magnus il suo nuovo indirizzo. Negli ultimi nove anni, la "povera Lily" era diventata una buona amica, al punto che una delle attrattive di Ilchester Place era la vicinanza a Plane Tree House. In effetti Julia si era avvicinata a entrambi gli altri Lofting: l'appartamento di Mark a Notting Hill era cos vicino che poteva raggiungerlo a piedi. Julia si assicur di avere la chiave in tasca, quindi si avvi verso il parco. Rivide quasi subito la bambina bionda. Era seduta a terra, a poca distanza da un gruppo di altri ragazzini che la osservavano attentamente. Julia si ferm, quasi temendo che, vedendola, la bambina interrompesse il gioco. Stava maneggiando qualcosa con grande concentrazione, il visino assorto. Julia non vedeva che cosa l'assorbisse tanto, ma anche gli altri bambini avevano un'espressione grave e trattenevano il fiato. Questo dava alla scena il carattere di una rappresentazione. Pensando a Kate, capace di far pendere dalle sue labbra una decina di bambini inventando storie fantastiche, Julia, con il sorriso sulle labbra, lasci il sentiero e si sedette sull'erba sul lato opposto del campo giochi a una ventina di metri dalla ragazzina e dal suo pubblico. La bimba era seduta a gambe distese nella sabbia traboccata dalla vasca: una piccola isola come l'ostacolo di un campo di golf. Parlava adagio al suo pubblico, suddiviso in gruppetti di tre o quattro nell'erba secca davanti a lei. Erano tutti innaturalmente immobili, ipnotizzati dalla ragazzina bionda. Gli altri bambini intenti a giocare non li guardavano nemmeno. Julia dimentic che stava andando da Lily, dimentic anche Lily. Erano le cinque e mezzo e faceva ancora molto caldo: il sole le scaldava la fronte e le braccia. Come molte donne di Londra, era pallida come se vivesse sotto una coltre perenne di nuvole. Forse, per la prima volta dopo anni, si sarebbe abbronzata. Mentre guardava la bambina continuare i suoi complicati gesti accompagnati da frasi di monito, Julia prov un pigro, gradevole senso di pace. Aveva fatto bene a comprare la casa: aveva svoltato un angolo e poteva cominciare a vivere diversamente. Credette per un istante che la bimba le avesse lanciato una rapida occhiata, ma era molto pi probabile che si fosse semplicemente guardata attorno, a caso. Di certo era la stessa bambina bionda che aveva visto correre per la strada. Non assomi-

gliava a Kate se non nei capelli, di un biondo chiarissimo, eppure le rammentava in qualche modo sua figlia. Stranamente guardarla non le provocava alcuna sofferenza, anzi, le dava una gioiosa emozione. Era il distacco da tutto, una liberazione pura, felice, scaldata dal sole. I lineamenti della ragazzina, a quella distanza, apparivano aristocratici e il suo profilo netto, quasi disegnato a matita. Sembrava che stesse non tanto narrando, quanto tenendo una lezione, e incantava gli altri. Muoveva continuamente le mani e nella destra aveva qualcosa che i bambini osservavano attentamente. La bimba rise, eccitata, e Julia le vide scintillare un oggetto nella sinistra. Lo accost a quello che teneva nella destra, un riquadro verde. Il riquadro verde, forse uno straccio, vol in aria, e una spettatrice abbass la testa; Julia vide le sue spalle sussultare, come stesse ridendo. La biondina le si rivolse con severit e l'altra rialz la testa. Il pubblico avanzava lentamente, affascinato. No, affascinato non era il termine appropriato. I bambini sembravano avvicinarsi con soggezione alla biondina, che sicuramente era il loro capo. La bambina parl loro rapidamente, puntando un indice. Sembrava una professoressa dinnanzi a una scolaresca. Agit nuovamente il riquadro verde. Una femminuccia parve per un attimo spaventata. Poi la ragazzina riprese a gesticolare mentre gli altri le si raccoglievano intorno. Julia allung il collo per vedere cosa stessero facendo, ma vedeva soltanto la testa bionda della bambina. Una delle spettatrici pi piccole scoppi a piangere. Qualche istante dopo era tutto finito. I bambini si sparpagliarono, alcuni correndo e gridando eccitati, altri avviandosi lentamente alla vasca della sabbia, dove girellarono con aria svogliata, sferrando di tanto in tanto un calcio alla sabbia. Questi ultimi continuarono a sbirciare la bambina bionda, rimasta seduta dov'era, con le spalle verso di loro. Spianava la sabbia col palmo della mano, forse riempiendo un buco fatto da lei stessa. Dal suo atteggiamento s'indovinava che sapeva di essere guardata e che se l'aspettava, era al tempo stesso impacciata e indifferente. Quand'ebbe battuto e lisciato la sabbia, si alz e si pul le mani. Alz la testa in un gesto regale, e Julia ebbe un tuffo al cuore. La bambina si diresse verso il sentiero, verso Julia. Sul viso aveva ancora la stessa espressione di leggero imbarazzo. Che ruoli e riti complicati hanno i bambini, pens Julia. Sapeva che la bambina non l'avrebbe guardata, e cos fu. Arrivata sul sentiero, la ragazzina si addentr nel parco e, dopo qualche passo, si mise a correre; un attimo dopo raggiungeva la sua massima velocit e di l a un istante era scomparsa dietro un gruppetto di adolescenti i cui lunghi capelli lisci on-

deggiavano come code di cavallo. Anche Julia si alz, con meno grazia della bambina, ed entr nel campo giochi. Si sentiva stordita, come se fosse appena uscita da un sonno profondo. Il sole le pareva stranamente caldo. Voleva vedere il punto dove la bambina aveva condotto il suo gioco. Una negretta di due o tre anni, con i capelli crespi e immensi occhi malinconici, le sbarr la strada. Giunse le mani davanti al bavaglino e spinse indietro la testa, scrutando Julia a bocca aperta. "Come ti chiami?" le domand. "Julia." La bocca della piccina si apr un po' di pi. "Dulia?" Lei le sfior i capelli pungenti. "E tu come ti chiami?" "Laua." "Conosci la bambina che giocava qui? La bambina bionda che era seduta e parlava?" Laura annu. "Sai come si chiama?" La piccola annu ancora. "Dulia." "Julia?" "Laua. Potami con te." "Laura, che cosa faceva la bambina? Raccontava una storia?" "Lei fa cose." La piccola batt le palpebre. "Potami con te. Pendi in baccio." Julia si chin. "Che cosa fa? Che cosa fa la bambina?" Laura fece qualche passo indietro, il faccino serio, fissando Julia. "Pu," disse, poi rise, mostrando i dentini perfetti. "Pu." Si gir troppo in fretta, cadde a sedere, si rialz laboriosamente e sgambett via. Julia la guard barcollare in direzione dell'altra vasca di sabbia, poi si diresse verso il punto dove le sembrava che la bambina bionda fosse stata seduta e vi si inginocchi. Esit un istante, chiedendosi se stesse violando un segreto o un simbolo, quindi pass una mano sulla sabbia, come aveva fatto la piccola. Non incontr resistenza. Ripet il gesto, poi, delicatamente, tolse un pochino di sabbia. Continu ancora, con molta lentezza, a scavare con la punta delle dita. Quando la piccola buca fu profonda nove o dieci centimetri, tocc qualcosa di duro e metallico. Scav tutt'intorno, sempre usando una sola mano. A poco a poco scopr un coltellino con la lama incrostata di sabbia. Julia lo studi stupita, poi riprese a togliere sab-

bia finch le sue dita incontrarono un altro oggetto duro. Tir fuori senza sforzo una tartarughina morta, di quelle che al tempo della sua infanzia si vendevano ai bambini per un quarto di dollaro. Vide subito che era stata mutilata. Un urto di vomito le sal dallo stomaco e, dopo aver lasciato cadere la tartaruga e il coltellino nella buca, deglut con disgusto. Con il piede li ricopr di sabbia. Temendo di svenire Julia lasci in fretta quel posto, e si diresse verso una panchina all'ombra, sul vialetto principale che attraversava il parco. Mi siedo un momento a riprendere fiato, poi andr da Lily, si ripromise. Strofin distrattamente le mani sul vestito e, poco dopo, si accorse di avere lasciato una scia di sangue lungo una cucitura. Il sudore le imperl la fronte e lei lo asciug con la manica. Sul tessuto rimasero striature scure e chiazze irregolari. Cerc di vuotare la mente e si concentr sul sole, sul pizzicore che sentiva lungo le braccia e sulla fronte. Non riusciva pi a guardare i bambini. Dopo qualche minuto, Julia alz la testa e chiuse gli occhi contro la luce accecante del sole. Aveva bisogno degli occhiali scuri. Li aveva, da qualche parte. Erano rimasti in Gayton Road. Ricordava di averli visti, con le stanghette incrociate, su un piano di formica in cucina. Ne avrebbe comprato un altro paio. S, ho reagito impulsivamente, senza pensare, si disse. Non c'erano prove che la bambina avesse ucciso o mutilato a quel modo la bestiola. Forse Julia aveva scavato nel punto sbagliato. Le bambine non fanno cose simili. Una regola psicologica, per quanto ingiusta, vuole che i bambini belli siano pi sani ed emotivamente pi stabili di quelli brutti. In realt, cerc di convincersi Julia, era rimasta sconvolta perch la vista della tartarughina le aveva ricordato quanto era accaduto a Kate. Non ne avrebbe parlato a Lily, decise. Si alz e, attraversando il grande prato, si avvi verso Plane Tree House. Si sentiva tutta sottosopra. 2 Le due donne sedevano sulla terrazza di Lily. Il sole, ora, era meno caldo e pi piacevole. Dall'ultima volta che Julia l'aveva vista, la "povera Lily" aveva tagliato i capelli, precocemente grigi come quelli di Magnus, e adesso li portava lisci e corti come quelli di un ragazzo. I suoi lineamenti fini ne risultavano accentuati, come pure il suo aspetto di persona in rapporti un po' tesi con il resto del mondo. Eppure Lily non era rimasta per nulla scossa dalle notizie di Julia, dall'evidente stato di agitazione. Per la

prima mezz'ora Julia aveva sospettato che la cognata fosse contenta di riavere Magnus tutto per s, poi aveva capito di farle un'ingiustizia: Lily reagiva diversamente dagli altri. Alla fine, completato il racconto, Julia si era rilassata, cullata dal terzo gin tonic, servito in un bicchiere alto e tintinnante di ghiaccio... e dalla imprevedibilit di Lily. "Sei proprio straordinaria," stava dicendo la cognata. "Straordinaria e impetuosa. Una vera eroina. Non riesco a immaginare me stessa fare un passo tanto temerario e coraggioso." "Non sono affatto coraggiosa, credimi," ribatt Julia, ridendo. "S, invece: hai uno spirito coraggioso." "Allora sono una codarda con lo spirito coraggioso." "Non devi credere che sia da vigliacchi temere Magnus. Lui non come tutti gli altri. sempre diverso dagli altri. un dominatore. A volte penso che non appartenga a questo mondo, o che abbia mille anni e si mantenga giovane per qualche sortilegio. L'ho sempre temuto, sin da quando aveva tre anni. Anche allora pareva animato da uno spirito antico e potente. Naturalmente sono convinta che tu abbia fatto male a lasciarlo e spero con tutte le mie forze che tornerai da lui." Lily bevve un sorso di t dalla tazza che aveva in mano, lasciando intendere che aveva ancora qualcosa da dire. Julia, ascoltando quella descrizione di suo marito, si chiese quante volte Lily avesse meditato in questi termini sullo "spirito antico e potente" di Magnus. Era tipico da parte sua vedere il fratello sotto quella luce romantica. "Ma dato che i miei consigli vengono generalmente ignorati, suppongo che non li seguirai." "Hai avuto sue notizie, Lily? Com'era?" "Disperato, proprio disperato. Naturalmente non sono riuscita a dargli un minimo di consolazione. E dire che la sua consolazione sarebbe anche la mia... Mi rattristerebbe sapere che non tornerai pi da lui." "Non posso." "Ti ama. Te lo posso assicurare perch l'unica persona che Magnus abbia mai amato, a parte Kate, sono io." "Lily, ti prego. Lasciamo stare, per adesso." Un attimo dopo, gli occhi fissi sul parco, Julia torn sull'argomento. "Era arrabbiato?" "Non la chiamerei rabbia. Angoscia, semmai." "Lily, devi promettermi che non gli dirai dove sono. Non preoccuparti di quello che secondo te interesse mio o di Magnus. Non dirglielo e basta. Promettimelo." "Come preferisci, ma sarei pi contenta se anche tu mi facessi una pro-

messa: vorrei che pensassi seriamente alla possibilit di tornare da tuo marito." "Mi sono comprata una casa," rispose Julia. "Ho comprato dei mobili. No, non me la sento assolutamente di affrontare Magnus. Non posso farti una promessa simile. Non posso neppure pensarci, a Magnus." "Invece ho l'impressione che pensi continuamente a lui." Lily le lanci uno sguardo interrogativo. Julia non disse nulla e Lily riprese: "Quello che successo a Kate non stata colpa di nessuno. Avete fatto entrambi, con molto coraggio, quello che andava fatto. All'inchiesta hanno lodato il comportamento tuo e di Magnus." " una magra consolazione." "Peccato che tu non ci fossi." Consapevole di portare troppo crudelmente Julia su un tema che non sarebbe stata in grado di abbordare forse per mesi, Lily resistette all'impulso di prendere le difese di Magnus nella questione della morte di Kate. La vicenda era viva e presente nella mente di Lily almeno quanto in quella di Julia, e Lily sapeva, e capiva benissimo, come Julia poi fosse crollata. Doveva aver cominciato a cercare casa subito dopo dimessa dall'ospedale dove l'avevano trattenuta per una terapia sedativa. Julia ne era uscita soltanto per partecipare al funerale di Kate, e anche quello era stato un errore. Quella creatura pallida, smarrita, istupidita dai tranquillanti, braccata dai fotografi sotto la pioggia... Era improbabile che Julia ricordasse qualcosa di quel mattino. Evidentemente aveva iniziato i preparativi per la fuga sin dal primo giorno del suo ritorno in Gayton Road: Lily dubitava che fosse stata capace di guardare Magnus negli occhi. In effetti la morte di Kate era stata orribile. Si era strozzata con un boccone e Magnus e Julia, dopo aver fatto il 999 e atteso alcuni minuti l'ambulanza mentre la figlia soffocava, avevano preso la disperata decisione di tentare una tracheotomia d'urgenza. Kate era morta dissanguata in attesa dell'ambulanza. A detta di Magnus, Julia aveva mantenuto per tutto il tempo la calma e il controllo di s. Solo il giorno seguente aveva dato segni di squilibrio. Anche ora appariva in preda all'agitazione, e stava bevendo troppo gin. "Raccontami della tua casa," la sollecit Lily. "A che numero di Ilchester Place?" "Venticinque." "Curioso che tu sia andata ad abitare proprio in quella via. O forse no, considerato che a Londra i ricorsi e le coincidenze sono all'ordine del giorno."

"Che cosa stai cercando di dirmi?" "Mio fratello frequentava una casa di Ilchester Place, molto tempo fa, quando studiava a Cambridge. Credo che avesse un'amica." Quell'osservazione risvegli l'amarezza di Julia. "Magnus e le sue amiche. Che noia! Forse un retaggio del suo spirito tanto antico e potente." "Forse." Lily sembrava un pochino offesa. "Scusa, Lily," disse in fretta Julia. "Non possiamo essere amiche lasciando da parte Magnus? Voglio iniziare una nuova vita, devo vivere per conto mio, non sopporto di pensare a Magnus e ho paura di vederlo, quindi non ne parliamo pi, per desidero moltissimo la tua amicizia." "Ma sicuro, cara. Io voglio ci che meglio per te. E siamo gi amiche." Julia sent le lacrime agli occhi. "Avr una vita nuova," afferm in tono di sfida. "Mi serve il tuo aiuto." "Naturalmente." Lily allung una mano e strinse quella di Julia. Era fredda per il contatto con il bicchiere ghiacciato e ancora un poco sporca di sabbia. La lasci piangere in silenzio per qualche minuto. "Sai, avresti bisogno di fare qualcosa," continu. "Solo i seccatori propongono agli altri i propri interessi, ma perch non partecipi alla nostra prossima riunione? La nostra nuova medium la signora Fludd, una vera scoperta, la sensitiva pi sensibile che abbia conosciuto dopo la morte del caro signor Carmen. E un'autentica londinese, dura come la pietra, ma dotata in modo straordinario. Sono entusiasta di lei, personalmente, ma se queste cose antiquate ti fanno ridere, non me la prender. Comunque sarebbe un modo per occupare il tuo tempo." In circostanze normali Julia avrebbe accampato delle scuse, ma era commossa dalla gentilezza di Lily e si sentiva in colpa per essere stata deliberatamente scortese. "Dimmi dove e quando," s'inform. "Potrebbe essere divertente." Poi le venne un dubbio. "Ma non faranno... la signora Fludd non far qualcosa per mettersi in contatto con... voglio dire..." "Nemmeno per sogno," le assicur Lily. "Certo che la gente ha un concetto a dir poco obsoleto di ci che facciamo. Scommetto che immagini ectoplasmi che sbucano dalle fessure nel pavimento!" "Pi o meno," sorrise Julia. "Comunque fammi sapere quand' la vostra prossima riunione." "Benissimo," disse Lily, palesemente soddisfatta. "Ora ti far un regalo. In cambio spero che mi permetterai di curiosare invidiosamente in casa tua il pi presto possibile. Scusami un istante." Lily lasci la terrazza e Julia chiuse gli occhi per un momento. Che bella

coppia, Lily e io, pens: abbiamo perso tutt'e due il lume della ragione. Le venne in mente di fare un salto da Mark, poi smise del tutto di pensare. Lily la svegli carezzandole una spalla. Stringeva sotto il braccio un grande volume con la copertina gialla e nell'altra mano aveva un paio di forbici. "Hai dormito mezz'ora," la inform. "Stavo pensando a Mark. Mi farebbe piacere vederlo." Julia si sentiva nuovamente piena d'energia. "Potrebbe non essere una buona idea," ribatt Lily. "Ti conviene lasciarlo perdere." Julia le aveva portato via un fratello e ora non intendeva cederle anche l'altro; negli ultimi dieci anni, al contrario di Magnus, si era avvicinata al suo fratello adottivo. La difesa psicologica della "povera Lily" appariva pi che trasparente alla cognata. "Mark molto interessante, ma lo conosco cos poco. Magnus non gli lasciava quasi mettere piede in casa. Ogni tanto mi telefonava e facevamo lunghe, affettuose chiacchierate. forse l'unico uomo con cui abbia flirtato dopo aver sposato Magnus." "Ci credo," disse Lily. "Permettimi di offrirti questi doni. Mi rincresce di non poterti dar meglio il benvenuto nella tua nuova casa, ma hai fatto tutto senza preavviso. Questo un libro pieno di fotografie e parla del tuo nuovo quartiere." Lo mise sotto gli occhi di Julia. Il Reale Distretto di Kensington, di Edna Rolph. "C' una quantit di racconti straordinari. Non lo leggo pi da anni. L'altro regalo un mazzo di quei fiori." Accenn con la mano al rigoglioso giardino in miniatura nelle cassette in fondo alla terrazza. "Oh, ma un peccato tagliarli!" esclam Julia, che detestava i fiori recisi. "Sarebbe un vero delitto. Non farlo per me." "Lo faccio volentieri," insistette Lily, chinandosi a raccoglierne una dozzina. "Qualche tulipano, due o tre di queste splendide begonie, qualcuno di questi enormi garofani, i miei preferiti, e qualche altro ancora. Ecco fatto. Portali a casa e mettili nell'acqua," consigli, porgendo a Julia il mazzo multicolore. "Resteranno freschi a lungo, vedrai." Julia guard con apprensione le cassette di fiori, ma vide con sollievo che la mancanza di quelli recisi non ne alterava quasi l'aspetto: ce n'era una tale abbondanza che gli spazi vuoti si notavano appena. La mescolanza dei profumi le diede alla testa. Un tulipano carnoso le sfior la guancia. "Non vorrei aver l'aria di mandarti via," disse Lily. "I fiori li possiamo mettere nell'acqua qui finch te ne vai. Perch non ti fermi a cena? Posso

offrirti delle costolette squisite. O forse oggi una delle mie serate vegetariane? Comunque c' da mangiare a sufficienza. Poi potremmo guardare un nuovo sceneggiato alla televisione, uno di quei fantastici drammi in costume. Non ho mai letto molto Trollope, ma recitato dice molto di pi. E il dialogo cos elegante, senza tutte quelle volgarit che piacciono tanto ai giovani drammaturghi di oggi. Vuoi guardarlo con me? avvincente, e sono in grado di raccontarti che cosa successo nei primi cinquecento episodi." "Non guardo pi la televisione," si scus Julia, con un sorriso. "Tuo fratello non l'ha mai voluta. Credo che andr a casa. Grazie lo stesso, Lily." "Hai il telefono?" "Non dovrei averlo, per ce l'ho, ancora intestato a William McClintock. Ma siamo cos vicine che potremmo comunicare a voce da una parte all'altra del parco." Lily annu, apparentemente soddisfatta. Julia infil il libro sotto il braccio e, tenendo i fiori con entrambe le mani, si gir per lasciare la terrazza. "E ricorda la tua promessa!" grid alla cognata da sopra la spalla. Pi tardi Julia si pent di non aver accettato costolette e i Palliser offerti da Lily. Appena ci si era stesa per riposare i piedi, si era addormentata sull'enorme divano di velluto grigio dei McClintock. Aveva tentato di leggere un romanzo, una edizione economica di Herzog, che aveva comprato e iniziato la sera prima nell'albergo di Knightsbridge, ma dopo due pagine era crollata. Quando si svegli nell'ampia stanza invasa dalla fragranza dei fiori di Lily, aveva la bocca sgradevolmente impastata e, nonostante il senso di pesantezza alla fronte, una fame da lupi. Come segnalibro mise un fazzolettino di carta stropicciato che trov nella tasca del vestito, poi attravers il salotto per entrare in cucina. Le superfici lucide dei fornelli e del frigorifero riflettevano una luce bianca e fredda. Julia cerc un bicchiere nella credenza, ma si accorse con costernazione che i McClintock si erano portati via, oltre alla biancheria, anche tutte le stoviglie. Non c'era nulla da mangiare n da bere e i negozi erano chiusi da un pezzo. Apr il rubinetto dell'acqua fredda e si rinfresc il viso, poi un le mani a coppa e cerc di bere cos, ma non riusciva a trattenervi abbastanza acqua. Alla fine ridusse un po' il flusso e pieg la testa per bere direttamente dal rubinetto. L'acqua aveva un sapore metallico e salato; la lasci scorrere per un minuto, quindi riprov. Andava gi meglio,

ma ancora il gusto metallico persisteva. Avrebbe dovuto comprare dell'acqua minerale, pens. Ma forse si sarebbe abituata a quel sapore. Mentre si asciugava mani e bocca nelle lunghe tende rossicce alle grandissime finestre dell'ingresso, ricord la macchia di sangue del mattino e abbass lo sguardo sulla cucitura laterale del vestito. La tela azzurra mostrava una macchia brunastra, a mezzaluna, lunga circa tre centimetri. Sembrava pi grande rispetto al pomeriggio. Che strana scena era stata, riflette Julia; di certo aveva trovato quelle cose nella sabbia per puro caso e forse non si trovava neppure vicina al punto in cui la biondina aveva giocato. Nessun bambino farebbe una cosa del genere... be', forse un maschio s. Magnus da ragazzino non ci avrebbe pensato su prima di mutilare una tartaruga viva. Le macchie di sangue si tolgono con l'acqua fredda o calda? Gliel'avevano detto centinaia di volte, ma non lo rammentava mai. Di solito il contrario di quello che si pensa, cos Julia decise di usare l'acqua fredda. Riattravers l'ingresso per andare nel grande bagno a pianterreno, che i McClintock avevano rivestito di specchi rosati. (I McClintock, di gusti per molti versi estremamente convenzionali, nei loro bagni avevano rivelato una nascosta tendenza al decadentismo. I lavandini e le vasche erano di marmo, quella al piano di sopra a forma di conchiglia e incassata nel pavimento; i rubinetti erano colli di cigno dorati. Ma la sorpresa maggiore erano le pareti, coperte di specchi colorati. Quelli del bagno di Julia, al primo piano, erano neri, e riflettevano smorzandolo l'oro dei rubinetti.) Julia si sfil il vestito, lo drappeggi sul bordo del lavabo in modo che la parte macchiata potesse stare a mollo, poi riemp di acqua il lavabo. Va bene fredda, pens. Si volt e scorse la sua immagine negli specchi. Buffo vedersi di fronte e di schiena, seminuda. Indossava solo mutandine e collant. Il mio guscio, pens. Cominciava a ingrassare: sarebbe dovuta stare attenta coi pantaloni. Ma in fondo non era tanto male: non un grissino, ma neppure una matrona. Il rosa dello specchio dava una sfumatura pi scura e sana alla sua pelle. Julia decise di approfittare dell'estate per abbronzarsi. Le pareva un sogno l'idea: potersi stendere al sole in giardino senza che Magnus venisse a turbare la sua pace. Usc dal bagno e corse su per le scale, diretta nella camera che aveva scelto al mattino. Non era ancora buio, ma lei accese ugualmente tutte le luci in corridoio e nella stanza da letto. Questo confer alla casa un aspetto cavernoso e risonante che le fece capire quanto poco conoscesse la sua

nuova dimora. And alla finestra, chiuse le tende e cominci a vestirsi. Poco dopo, abbottonando la sua camicetta preferita, e di taglio morbido, si rese conto che in camera faceva molto caldo, e lei stava sudando come prima, fuori. Non le era sembrato che facesse tanto caldo nel resto della villetta. Scost le tende e sollev il pannello inferiore della finestra. L'aria che afflu all'interno pareva magicamente pi fresca di quella nella camera. Poteva dipendere dal fatto che la casa era rimasta disabitata un mese, o c'era un'altra ragione? Julia si avvicin al calorifero addossato alla parete, lo tocc col palmo e ritrasse di scatto la mano: era bollente. Doveva averlo acceso l'impiegato dell'agenzia per non far visitare ai clienti una casa gelida. Forse ce n'erano anche altri accesi al pianterreno. Spense quello in camera servendosi dell'interruttore a muro e and nel bagno con gli specchi neri a pettinarsi. Anche l il radiatore era in funzione. Lo spense e si drizz per guardarsi. In quei bagni era impossibile non guardarsi. Chiss a quali follie sibaritiche si erano abbandonati i McClintock davanti a quei sinistri specchi neri. Eppure i suoi capelli vi brillavano, e, tutto sommato, Julia si sent abbastanza presentabile per entrare in un ristorante. Ne ricordava uno francese dall'aspetto decoroso in Abingdon Road, appena oltre Kensington High Street. Non ne aveva visto anche uno cinese? Ripensandoci, le seccava di aver pianto davanti a Lily, che pure si era dimostrata di una gentilezza sconfinata. Non aveva proprio motivo di piangere: quella di scegliere un ristorante era una preoccupazione che non aveva pi avuto dopo il matrimonio e portava con s una sensazione di nostalgica e deliziosa libert. In quel momento, ancora assonnata e affamata come non era da anni, Julia si sent giovane e capace di tutto. Una volta in Kensington High Street, decise di provare il ristorante francese al quale, ricord, la guida Michelin aveva concesso una stella, alcuni mesi addietro. Per la prima volta poteva permettersi un lusso. In passato aveva discusso aspramente con Magnus a proposito dei ristoranti: era immorale spendere venti sterline per mangiare in due da Keats. Ma ora aveva qualcosa da festeggiare. Si incammin per la via affollata, guardando le vetrine, annotando mentalmente dove poteva comprare gli oggetti necessari per la casa, mentre alla sua destra il traffico scorreva senza interruzione. Vide una banca: avrebbe trasferito l il proprio conto lasciando a Magnus quanto aveva versato sul loro conto comune. Pi avanti c'era una libreria, W.H. Smith. Not un numero sorprendente di rivendite di liquori. Finalmente arriv in Abingdon Road e attravers High Street per raggiungere il

ristorante. L'aria della sera aleggiava languidamente accarezzandole la pelle. Mentre apriva la porta del ristorante, una bella ragazza con i capelli neri e grandi occhiali scuri che veniva da Abingdon Road le sorrise, e Julia la ricambi come se la sconosciuta le avesse accordato diritto di abitare nel quartiere. Anche lei era una giovane donna moderna che viveva sola a Kensington. Dopo aver cenato sontuosamente e con calma, assaporando boccone per boccone le lumache, il pasticcio di pesce e la suprme de volaille, Julia pag con un assegno e usc nella strada animata. Il traffico sembrava non aver mai fine e scorreva con frastuono ringhioso, come se fosse anch'esso affamato. Solo quando giunse al tranquillo angolo di Ilchester Place Julia ricord di aver dimenticato la chiave di casa nella tasca del vestito a bagno nel lavabo. "Oh, no," gemette. Sal i pochi gradini e cerc di aprire la porta di ingresso. Chiusa. Alz gli occhi alle finestre e si accorse di aver lasciato le luci accese in bagno e in camera. La finestra della stanza da letto, sul retro, era aperta, ma fuori portata. Forse ce n'era una non bloccata in cucina o in sala da pranzo. Percorse tutto il lato destro della casa, provando ad aprire tutte le finestre alle quali arrivava. Quando abbass lo sguardo, constat scoraggiata di aver calpestato i fiori coltivati dei McClintock, piantati in piccole aiuole multicolori tutt'intorno alla villetta. Ora giacevano schiacciati e spezzati lungo il fianco della casa, appena visibili nell'oscurit. A Julia parve che la mole massiccia e buia della casa la stesse rimproverando. Fu una sensazione netta ma fuggevole: lei non meritava quella casa e adesso la casa lo sapeva. "Oh, per favore," bisbigli, e spinse un'altra finestra. Incontr resistenza. Julia volt l'altro angolo e si trov nel giardino interno, illuminato dalla luna. L'erba, di un colore tra il verde e il nero, era spettrale. A dire il vero tutto il giardino appariva irreale, immerso in quella luce tetra. Le aiuole di fiori erano immobili e incolori come nuvole nere. Dietro di esse si alzava il muro in mattoni che recingeva la propriet. Julia ebbe un guizzo di paura al pensiero che ci fosse qualcuno nascosto nel giardino, ma scacci l'idea e riprese decisamente i suoi tentativi. Fu premiata; la finestrella del bagno era socchiusa in basso, col fermo disposto in modo tale che il pannello sporgeva di sei, sette centimetri dall'intelaiatura. Infil il braccio dentro e tolse il fermo, sbloccando il vetro e aprendo cos un varco alto circa trenta e largo trentacinque, quaranta centimetri, all'al-

tezza degli occhi. Quando vi cacci dentro la testa, vide nello specchio rosato il vano chiaro della finestra riempito dal globo scuro del proprio cranio. In altre circostanze non avrebbe creduto possibile di potersi sollevare e introdurre in un pertugio cos angusto, ma non aveva scelta. L'aria calda del bagno le accarezzava il viso. L'unica alternativa era rompere una finestra, ma l'idea di usare violenza alla casa le ripugnava. Stava per issarsi e spinger le spalle all'interno, quando ebbe di nuovo la sensazione che nel giardino ci fosse un'altra persona: si volt di scatto, agghiacciata. Non si vedeva nessuno. Intorno ai fiori, l'erba di colore indefinibile era intatta. Tutto era immobile. Julia strizz gli occhi scrutando tra i fiori dei McClintock. Irrigid le gambe e ud qualche zinnia della bordura scricchiolare sotto le scarpe. "So che sei qui," disse. "Vieni subito fuori." Sentendosi sciocca e coraggiosa a un tempo, pronunci quelle parole con il tono pi imperioso che le riusc di assumere. Nessun movimento dalla massa scura e indistinta dei fiori. Dopo un'ultima minuziosa occhiata, Julia si ritenne abbastanza al sicuro da poter voltare le spalle al giardino. Ancora una volta ricevette in faccia l'ondata di calore che emanava dalla casa. Punt i gomiti, abbass la testa e si iss sui piedi contro il muro mentre introduceva le spalle nella finestra. Il pannello, lasciato libero, le affond dolorosamente nel collo. Tenendosi aggrappata con un braccio, assest una violenta manata al bordo d'alluminio della finestra e questo le consent di infilarsi dentro fin quasi alla vita. Si dimen, abbassando il busto in modo che il peso si trascinasse dietro la parte inferiore del corpo, ma rest incastrata. Diede due strattoni in avanti, escoriandosi la pelle dei fianchi: dal dolore improvviso, anche se tollerabile, intu che le abrasioni sanguinavano. Facendo forza sulla parete interna, Julia si torse il pi possibile e sent i fianchi avanzare di altri due o tre centimetri; con un ultimo sforzo riusc a entrare del tutto, ma batt violentemente i talloni contro il pannello della finestra e atterr con la spalla destra sul tappetino del bagno. Aveva perso tutt'e due le scarpe. Rimase sdraiata a lungo sul pavimento respirando con affanno. Le sue dita toccarono il marmo freddo della vasca. Le anche le dolevano e lo stomaco era sottosopra. Per timore di star male, rest immobile per alcuni minuti. Aveva il viso e le mani in fiamme. Infine si mise a sedere con la schiena appoggiata alla vasca. Il marmo era freddo attraverso la stoffa della camicetta azzurra. La popolazione urbana moderna, tranquilla e sedentaria, esce traumatizzata da disagi fisici che in altre condizioni di vita verrebbero considerati normali. Julia aveva letto recentemente in una rivista

questa teoria, e adesso costatava mestamente che, almeno nel suo caso, era fondata. Poteva quasi percepire il pulsare del sangue sotto la pelle del viso. Appoggiandosi con una mano al bordo della vasca, si alz. Gli specchi riflettevano una figura femminile scarmigliata, curva, con i calzoni chiari strappati. Ogni cosa emanava uno splendore rosa cupo, come attraverso un velo di nebbia. Quel poco che vedeva del suo viso sembrava nero. Si avvicin al lavabo, afferr il vestito di tela e lo lasci cadere sul tappetino, poi apr il tappo, aspett che l'acqua fosse scesa completamente e ne fece scorrere di fresca per spruzzarsi la faccia. Odorava di monete bisunte. Quando si tolse i calzoni, vide che aveva entrambe le anche escoriate. I pantaloni, sporchi di sangue, erano rovinati. Al mattino sarebbero affiorati i lividi. Julia si chin sul vestito fradicio, sfil la chiave dalla tasca e mosse verso la porta con le gambe tremanti. Colpita da un sospetto, tocc il calorifero accanto alla porta: ne ebbe le dita quasi scottate. La sua mano corse all'interruttore e lo spense. Prima di uscire ricord di mettere a bagno l'abito azzurro in acqua pulita. Tutta la casa sembrava immersa nello stesso caldo stagnante. Julia pens che avrebbe impiegato una mattinata intera per scoprire tutti i radiatori, tuttavia il calore diffuso nel soggiorno le fece piacere. Si sedette sul divano grigio per rilassarsi un istante prima di affrontare le scale. I fianchi le dolevano. Uno dei caloriferi al pianterreno era inserito nella parete sotto le ampie finestre e un altro, pi piccolo, si trovava in cucina. Julia si abbandon contro lo schienale e allung le gambe. Chiuse gli occhi. Le anche bruciavano, ma avevano smesso di sanguinare. Poi batt le palpebre: le era parso di udire una serie di rumori secchi in sala da pranzo. O forse venivano dalla cucina: i frigoriferi fanno i rumori pi strani. Poi ne giunse uno improvviso, distinto, e lei sbatt gli occhi. Proveniva dalla sala da pranzo, come se qualcuno bussasse alla finestra. Julia spinse lo sguardo in quella direzione: i due locali comunicavano infatti direttamente. Le due grandi porte finestre erano proprio di faccia a quelle del soggiorno, cosicch un passante avrebbe potuto guardare in giardino attraverso la casa. In sala da pranzo le tende erano scostate di una trentina di centimetri, ma attraverso lo spiraglio Julia vide solo il buio. Prov un terribile disagio: aveva addosso solo camicetta e mutandine ed era visibilissima dall'esterno. Forse c'era davvero qualcuno nascosto in giardino. Il cuore prese a batterle pi in fretta. Julia balz dal divano e corse in bagno a chiudere la finestra dalla quale era entrata. Torn sui suoi passi e sbirci fuori, nascondendosi dietro le tende. Credette di distinguere una fi-

gura, una sagoma scura ritta davanti alle aiuole. Statura e sesso erano indefinibili, ma per Julia quei particolari non avevano importanza. Doveva essere Magnus. D'istinto si lasci cadere sul pavimento. Vi rimase alcuni minuti, in preda al panico, prima di riconoscere che doveva essersi sbagliata. Magnus non sapeva il suo indirizzo. Se fosse stato Magnus e avesse voluto farle del male, l'avrebbe aggredita in giardino. Impossibile che non l'avesse vista scalare la finestra del bagno. E non era detto che ci fosse qualcuno in giardino. Forse un alito di brezza aveva agitato un cespuglio. Julia apr gli occhi e guard fuori, la faccia a livello del terreno. In giardino non c'era nulla di anomalo. Il batticuore si era calmato e Julia si mise a sedere, asciugandosi la fronte con il pesante tendaggio. L'erba aveva ancora quella lucentezza tenebrosa e spettrale e il muro di cinta si vedeva distintamente. Tra questo e la casa, non si muoveva assolutamente niente. Si alz premendosi una mano sul petto e torn in soggiorno, muovendosi lentamente nell'oscurit. I caloriferi, pens, e raggiunse il grande radiatore inserito nella parete. Era stato acceso anche quello e lei lo spense. Si dest di soprassalto parecchie ore dopo; aveva sognato, ma appena apr gli occhi non ricord pi nulla. Dal pianterreno venivano dei rumori. Nel momento stesso in cui li ud si rese conto del caldo che faceva in camera da letto. La finestra era rimasta aperta, ma la stanza non si era rinfrescata dopo che Julia era uscita per andare al ristorante. Sudava a profusione e questo si collegava in qualche modo al suo orribile sogno. Tese l'orecchio, ma non ud pi nulla. Eppure c'erano stati dei rumori. Non li aveva certo immaginati: erano fruscii leggeri, come di qualcuno che si spostasse al buio. Il suo primo pensiero fu: Kate si alzata, ma lo respinse ancor prima che fosse formulato compiutamente, consapevole che Kate, minacciata da qualcosa, era stata presente solo nel suo sogno. Spronata dall'immagine di Kate in pericolo, Julia si alz a sedere nel letto e si mise di nuovo in ascolto, ma non sent altri rumori. Si alz e and ad affacciarsi alla porta: "Adesso telefono alla polizia. Mi hai sentito, Magnus? Telefono alla polizia!" grid. Non sapendo se aspettarsi da un momento all'altro un'aggressione, rimase sulla soglia tutta tesa ad ascoltare. Un rivolo di sudore le col lungo la schiena. L'aria nel corridoio sembrava un pochino pi fresca e leggera che in camera. Julia indugi un lungo istante sulla porta, senza sentir nulla, la mente occupata soltanto dalla percezione delle sensazioni fisiche. Comin-

ci a contare tra s fino a cento, costringendosi a una pausa tra un numero e l'altro e, quando arriv a cento, prosegu fino a duecento. In casa era silenzio. Si era certamente sbagliata, tuttavia aveva troppa paura per scendere a controllare di persona. Infine rientr in camera e chiuse a chiave, quindi sollev la finestra e si lasci avvolgere dalla fresca aria notturna. Nel suo giardino e nelle zone visibili del parco regnava la quiete. Julia torn a stendersi sul letto impregnato di sudore. Il mattino seguente, mentre Julia stava compilando una lista provvisoria di acquisti sul rovescio del libretto d'assegni, l'unica cosa utilizzabile che avesse trovato in borsetta, a parte qualche fazzolettino di carta spiegazzato, squill il telefono. Immagin che fosse la Markham & Reevers per questioni inerenti alla casa, poi, riflettendo che probabilmente l'agenzia l'avrebbe ignorata finch lei non li avesse importunati con qualche richiesta, concluse che doveva essere Lily. Pos il blocchetto di assegni sul tavolo di cucina e and a rispondere in soggiorno. La luce entrava obliquamente dalle grandi finestre a sud. I terrori della notte precedente le erano parsi irreali e un tantino esagerati quando, svegliatasi nella casa inondata di sole, vi si era aggirata per tutta la mattina decidendo gli acquisti da fare: generi alimentari, piatti, bicchieri, pentolarne, lenzuola, asciugamani, coperte e posate. Acqua minerale per quei primi giorni e poi libri e whisky. "Pronto?" disse, guardando le finestre dirimpetto. Poco pi in l lungo la strada un uomo lavava la macchina, rovesciando acqua in abbondanza sul tetto. Chi era quella gente? Com'erano i suoi vicini? Un secondo dopo la voce di Magnus demoliva tutto il suo ottimismo. "Julia, suppongo che tu sappia chi sono. Desidero che lasci quella casa e torni in Gayton Road, cio al nostro domicilio. Ho parlato con l'agenzia immobiliare e ho detto loro chiaramente che qualsiasi contratto tu abbia firmato non ha alcun valore, ragion per cui potremmo tirarci fuori da questo tuo colpo di testa con una perdita modesta. Allo stato attuale, Julia, ti ritengo incapace di badare a te stessa e men che meno di prendere decisioni circa il nostro futuro. Nel frattempo ti voglio qui, a casa tua. Devi lasciare quella villa. inconcepibile..." Julia riappese. Quando il telefono squill di nuovo, sollev il ricevitore e lo tenne lontano dall'orecchio. Magnus riprese il discorso in tono adirato, ma Julia afferrava soltanto qualche parola qua e l: irresponsabile... cervello di gallina... Kate... matrimonio...

"Non mi considero pi tua moglie," lo interruppe. "Mi fai paura. Sei un prepotente. Non posso pensare a te senza vedere Kate. Quindi non posso guardarti, vivere con te, essere sposata con te. Lasciami in pace, ti prego! Stattene lontano da me, Magnus." "Un corno!" fu la risposta. "Non sei pi in grado di ragionare, quando affronti determinati argomenti..." "Se ti pesco a gironzolare intorno alla mia casa," grid Julia, "in giardino o altrove, chiamo la polizia!" Sbatt il ricevitore sulla forcella. Rest accanto all'apparecchio, sicura che lui l'avrebbe richiamata per minacciarla, insolentirla, mentirle. Quando fu trascorso un minuto, Julia pens: avr strappato il cordone dal muro. Ma, qualche secondo dopo, l'apparecchio suon ancora. "Julia, sono Magnus. Non riappendere. Ero cos furibondo che non ho potuto richiamare subito. Julia, ti voglio qui. Ti voglio con me. Sono preccupato per te. Sei in pericolo, l sola." Julia s'irrigid. "Perch sarei in pericolo?" "Perch sei sola. Perch hai bisogno d'aiuto." "Al contrario, Magnus. la prima volta in due mesi che mi sento al sicuro. Lily mi aveva promesso che non ti avrebbe chiamato. Ora che l'ha fatto, l'unico pericolo che riesco a immaginare sei tu. Forse cambier ancora casa. So che sei stato qui ieri sera: mi controllavi. Quando avremo qualcosa da discutere, t'inviter. Fino ad allora, se non vuoi trovarti nei guai, stammi lontano." Immagin la reazione di Magnus a queste parole: di certo aveva i pugni stretti, le labbra serrate e il viso paonazzo. "Maledetta!" sbott Magnus. Per Julia fu come se dietro quella imprecazione pesassero dieci anni di vita in comune. Non rispose e, un istante dopo, Magnus riattacc. Ora aveva la sensazione di essere in guerra con lui: forse il risultato principale di undici anni di matrimonio consisteva nel fatto che minacce e maledizioni non erano pi mascherate dalle belle maniere: si conoscevano troppo bene per trattarsi educatamente. Venti minuti dopo, udendo per la prima volta il suono del campanello, Julia sussult con tanta violenza da rovesciare il contenuto della borsa. Dalla telefonata era passato tempo sufficiente perch Magnus venisse in macchina da Hampstead, deciso a riportarla a casa... o all'ospedale. Sarebbe stato davvero capace di farla di nuovo ricoverare e imbottire di tranquillanti; nel frattempo avrebbe scovato qualche cavillo legale che avrebbe

fatto di lei la sua prigioniera. Quell'idea non le si era mai affacciata alla mente, e Julia, ricacciando tutto in borsetta, promise a se stessa che avrebbe lottato con lui fisicamente e con tutte le forze, piuttosto che farsi trascinar via. Scivol al riparo di una grande poltrona marrone e da dietro le tende sbirci i gradini d'ingresso. Vide solo un'ombra. Poi la persona che aveva suonato fece un passo indietro, mettendosi in vista. Era Mark Berkeley. Julia si precipit alla porta. La spalanc proprio mentre Mark, sempre indietreggiando e guardando in su, era arrivato agli scalini che scendevano sul marciapiede. "Mark! Che magnifica sorpresa! Credevo che fosse Magnus. Entra, entra." Mark, fermo al sole, le sorrise. Era davvero di una bellezza straordinaria. La camicia e i calzoni di jeans erano tanto sbiaditi che avrebbero potuto essere gli stessi di quando Julia l'aveva conosciuto. "Ti secca che conosca il tuo segreto?" domand. "Lily mi ha telefonato ieri sera. Ti ammira moltissimo, e devo dire che la penso come lei. Che bella casa! perfetta." "Lily una gran chiacchierona ma, nel tuo caso, non mi dispiace affatto." Julia gli fece segno di entrare. Ebbe per un attimo la sensazione che la volesse abbracciare e si scost impercettibilmente. Mark le pos una mano calda sulla schiena. "Ha parlato anche con Magnus? Dunque sa dove sei?" Julia annu. "Mi ha telefonato due sere fa, fuori di s dalla rabbia. Mi ha accusato di tenerti nascosta." "Quell'uomo un demonio." La cosa l'aveva colpita, ma dopo tutto nutrire sospetti simili era tipico di Magnus. "Mi rincresce tanto, Mark. Non voglio che t'infastidisca. Be', vieni a sederti. Posso offrirti qualcosa? Rispondo io: no, perch non ho nulla in casa, anzi, stavo proprio per andare a far compere. Oh, sapessi come sono contenta di vederti! Sei come un soffio di aria fresca." "Perch tieni le stanze a una temperatura da incubatrice? Fa pi caldo qui che fuori." Mark si lasci cadere sul divano. "Julia, sai che non ti devi scusare per il comportamento di Magnus. Lo conosco da molto prima di te. Per la verit, non ho mai capito perch tu sia stata con lui tutti questi anni. Ora credo di poterlo dire." "Puoi dire tutto ci che vuoi," gli assicur lei, bench non lo pensasse af-

fatto. Poi, controvoglia, aggiunse: "Abbiamo messo al mondo Kate". Se poteva pronunciare una frase simile, allora il suo matrimonio era veramente finito. Guardare Mark, il bel ragazzo messo al bando, che se ne stava pacifico in casa sua, fece sentire Julia pericolosamente libera da Magnus. "In questo momento non sopporto di parlare di lui, Mark: ne ho ancora paura. Ma sto diventando pi forte. Credi che abbia fatto la scelta giusta?" "Julia liberata dalla schiavit," comment lui ridendo. "Naturale che hai fatto la scelta giusta. Mi preoccupa solo che non ti lasci in pace. Pensi che ti dar fastidio?" "Non so," ammise Julia. "Ho una mezza idea che ieri sera sia venuto a curiosare intorno alla casa. stata una semplice impressione, qualcosa che ho visto in giardino, una figura. Questa mattina, al telefono, l'ha praticamente ammesso. Mi ha spaventata da morire." Mark la osservava con aria molto grave e questo infuse un certo impeto al racconto di Julia, ci sarebbe rimasta male se lui avesse sottovalutato le sue paure. "Ma terribile!" sbott Mark. "Proprio quello che temevo. Devi tenerlo a distanza. Francamente, non mi fiderei di qualsiasi cosa possa dire. Sarebbe capace di spaventarti solo per farti tornare con lui." "Lasciamo perdere Magnus!" lo preg Julia. "Voglio mostrarti la mia casa. Ti piace sul serio? L'ho comprata con tale fretta che io stessa non ne sono del tutto convinta. E la prima volta che faccio un acquisto del genere senza consultarmi con nessuno." " la casa ideale per te. Ma dove hai preso tutti questi incredibili mobili?" "Appartenevano alle persone che abitavano qui. Mi piacciono, e poi non ho voglia di pensare a comprarne di nuovi." "Hai ragione," approv Mark con un sorriso. Julia lo guid per la casa, facendolo entrare in ogni stanza finch arrivarono alla camera da letto. "Si arrostisce, qui dentro! Anche con le finestre aperte! I caloriferi devono essere accesi. Dove sono?" "Li ho spenti ieri," rispose Julia, attraversando il tappeto verde per raggiungere il radiatore. Guard l'interruttore e vide che era abbassato. "Strano, mi sembrava..." S'interruppe. "Forse l'ho acceso io. No, impossibile, perch faceva gi caldo quando sono entrata. Avr sbagliato qualcosa." Si chin e chiuse l'interruttore. "La posizione alta significa che spento, vero?" "Di solito s." Mark la raggiunse e sfior il calorifero. "Be', in ogni modo

questo acceso, e al massimo. Forse ospiti un poltergeist." "Speriamo: sarebbe divertente. Ecco, tu sorridi quando dico stupidaggini come questa. Magnus mi guarderebbe disgustato." "Magnus ha i suoi standard." "E un animo potente e antico." "Perdonerai Lily per avermi rivelato il tuo segreto?" "Le perdono di averlo rivelato a te, non a Magnus. Mi ha fatto passare una notte orribile." "Permettimi di venire a far spese con te e ti aiuter a cancellare Magnus dalla mente." "Sei un tesoro. Devo comprare un mucchio di roba pesante." "La mia schiena tua." Queste parole, pronunciate da Mark, assumevano un significato sessuale quasi esplicito. In risposta Julia lo prese sottobraccio. Un incosciente come Mark non avrebbe mai costituito una minaccia. "Se mi dai una mano, potrei ricambiare aiutandoti a mettere un po' d'ordine nel tuo caos di Notting Hill." "Affare fatto," accett Mark. 3 Anche a distanza di tempo, Julia avrebbe ricordato quel pomeriggio di compere con gioia venata di rimpianto. L'aveva trascorso come fosse stata davvero libera da ogni legame, indipendente, spendacciona e spensierata... la ragazza che sarebbe potuta diventare dieci anni prima se Magnus non l'avesse stregata. Lei e Mark erano andati con la Rover prima in Oxford Street, dove Julia aveva comprato asciugamani, lenzuola e alcune cose che le servivano per la cucina, poi da Harrod's. Mark aveva insistito per regalarle un bizzarro braccialetto verde dal prezzo abbordabile, tenuto conto del negozio. Infine erano entrati da Fortnum and Mason's dove Julia aveva passato un'ora ridicolmente felice, e altrettanto costosa, acquistando prelibatezze esotiche. Sorprese pi volte su di s lo sguardo incuriosito di altri clienti e si rese conto di essere esageratamente chiassosa, ma per una volta non si sent imbarazzata n in colpa. Quanto a Mark, sembrava deliziato dalla sua esuberanza. L'umore brioso di Julia lo divertiva e lei ne traeva appagamento: quella gioia semplice e serena la rendeva ebbra. Presero il t da Fortnum, poi parcheggiarono la Rover carica in un garage e andarono in un pub; la sera Mark la port in un ristorantino di Notting Hill. In tutta la

sua vita da adulto, Magnus non aveva mai messo piede in un pub, e sarebbe fuggito inorridito da The Ark (ammesso che lo si fosse potuto attirare in un qualsiasi ristorante di Notting Hill) alla sola vista del men scritto col gesso su lavagne appese alle pareti. Dopo cena, in un altro pub, Mark invit timidamente Julia a casa sua. "Nella mia stanza, per l'esattezza. Non ci sei mai stata." "Un'altra volta, Mark. Ho da sistemare quella montagna di acquisti. E ho bevuto troppo per avventurarmi a casa di uno scapolo." Quella notte Julia fece sogni orribili. Camminava adagio, a fatica, per Holland Park, un Holland Park pieno di statue e monumenti bronzei. Era sola; Magnus era sparito e Julia sapeva che si vedeva con un'altra donna. Kate la precedeva saltellando, con il vestitino bianco che spiccava nella luce grigio-verdastra. Julia cercava di andare pi veloce per proteggerla, ma ogni passo le costava uno sforzo immenso, come se fosse invischiata in una palude. Poi, guardando avanti, vedeva Kate con una compagna, la bambina bionda che aveva visto il primo giorno nel parco. Le due piccole procedevano ballando, incuranti di tutto. Le loro teste colore dell'oro bianco andavano su e gi nell'aria pesante. Ormai lontane da Julia, si sedettero su una collinetta allungata. Lei fece per correre, ma era come paralizzata. L'altra bambina stava parlando a Kate: le stava dicendo qualcosa di orrendo e Kate ascoltava affascinata. Al suo avvicinarsi, le due bambine giravano verso di lei i visetti dagli occhi uguali e scintillanti. "Vattene, mamma," diceva Kate. Subito dopo, stava portando il corpo di Kate per la citt. Come prima, la bambina bionda la precedeva danzando e Julia la seguiva, attraversando strade piene di traffico sotto un sole accecante finch, dopo essersi lasciate alle spalle il centro affollato, penetravano in un quartiere sinistro e decrepito, fatto di cortili tetri e senza sole e sudici casamenti di mattoni con le finestre chiuse da tavole. Un gobbo