Jack Folla, in attesa della morte

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Homo sum: humani nihil a me alienum puto (Tacito) UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI PADOVA FACOLTA' DI SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE A.A. 2006/2007 IN ATTESA DI MORIRE: UN DJ, LA SUA MORTE IL SUO VOLARE. JACK FOLLA Francesco Candian 521743 Gabriele Vattolo 522368 1

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Lavoro di ricerca su Jack Folla, il Dj creato da Diego Cugia

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UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI PADOVA

FACOLTA' DI SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE

A.A. 2006/2007

IN ATTESA DI MORIRE:UN DJ,

LA SUA MORTEIL SUO VOLARE.

JACK FOLLA

Francesco Candian521743

Gabriele Vattolo522368

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Indice

1. Chi è Diego Cugia?

2. Chi è Jack Folla?

3. Struttura del Programma1. Perché su Radio 2?2. Il linguaggio3. La Musica

4. Tematiche1. Pena di Morte2. Generazioni3. Società4. Sesso5. Amore

5. Lettere

6. Conclusioni

7. Bibliografia

Un uomo che guarda il muro è un uomo solo. Ma due uomini che guardano il muro è

un principio d'evasione.

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1.0 Chi è Diego Cugia?

Per dirla con parole sue:

Sono nato a Roma, il 24 Maggio 1953, ma la mia famiglia è sarda, e i padri dei miei padri provenzali e i loro avi spagnoli, e ho sempre desiderato vivere in una città che non c'è, perché è Barcellona, con il quartiere Castello di Cagliari, la cattedrale di Alghero, un mercato provenzale e il porto di Lisbona. A scuola sono sempre stato rimandato o bocciato, finché mio padre non mi ha affidato a Guglielmo Martucci, l'uomo che sapeva tutto, ed era stato, a sua volta, il suo professore di filosofia. Guglielmo era un genio di periferia, con i capelli da Einstein e il corpo deformato del gobbo di Notre Dame, perché da bambino era caduto da un albero. Abitava in capo al mondo, distanza che veniva coperta da cinque autobus al giorno, andata e ritorno, e mi ha insegnato due cose: la prima, che studiare può essere più strabiliante della donna baffuta del circo; la seconda, che la periferia di una grande città nasconde dei monumenti umani, mentre il centro solo dei monumenti.Mi sono diplomato privatamente a diciassette anni e sono andato a vivere da solo, in una camera dalle parti di piazza Navona. Per mantenermi ritiravo sacchi di monetine dalle macchinette Faema sparse per gli uffici della città e le rifornivo di zucchero, bicchierini e caffè; facevo l'aio di bambini di famiglie signorili (oggi si direbbe baby-sitter); la notte, per tre anni, sono stato praticante non riconosciuto per quotidiani secondari nelle tipografie a piombo di una volta. Più dei cronisti, i miei maestri sono stati i grandi tipografi che mi hanno insegnato che si può tagliare chiunque, e forse, prima ancora d'imparare a scrivere, ho imparato a tagliarmi.Molti anni dopo ho appreso che anche questo è un vizio, e conduce alla perfezione lapidaria della pagina bianca. Lo stile, credo, si raggiunge infondendo temperanza fra i due estremi.Da ragazzo ho letto i romanzi che ho più amato: "Martin Eden" di London, "Le illusioni perdute" di Balzac, "Alla ricerca del tempo perduto" di Proust, "Demian" di Hesse, le "Conversazioni in Sicilia" di Vittorini, "Tonio Kroger" di Mann, "Il Gattopardo" di Tomasi di Lampedusa, "Lo straniero" di Camus e tutti i romanzi di Dickens pubblicati in Italia. Le "Memorie di Adriano" della Yourcenar, invece, Stendhal, i russi, la narrativa americana (Conrad e Melville) e in particolare quella sudamericana, a partire da "Cent'anni di solitudine", li ho letti dopo. Da ragazzo mi sono abbeverato a tutti i racconti di Poe, di Buzzati, di Calvino, di Cechov. Alle poesie di Rilke, di Borges, di Silvia Plath, di Eluard, di Neruda e di Evtušenko, e soprattutto di Giovanni Pascoli.L'amore per Pascoli e per la letteratura lo devo a mio padre e alla sua voce che tremava leggendomi "La pecorella smarrita" o "Tra San Mauro e Savignano" e alla sua sfavillante biblioteca.Sono entrato in analisi freudiana all'età di quattordici anni perché diventavo rosso quando parlavo con le ragazze. Ho partecipato alla prima terapia di gruppo in Italia, al Policlinico Gemelli, all'età di sedici anni, e una delle partecipanti, nella prima seduta, ha detto "Vorrei fare l'amore con lui." Tutti mi hanno guardato e sono diventato rosso come una lampada di cartapesta cinese, ma sono riuscito a dire "Veramente l'ho pensato anch'io di lei." Con la terapia di gruppo ho imparato a non mettere filtri fra ciò che si pensa e ciò che si dice. Con l'analisi individuale ho imparato a mettere filtri tra ciò che si è e ciò che si sogna di essere. Oggi penso, comunque, che la vita sia la migliore maestra in circolazione e che la psicanalisi abbia un solo, grande difetto: quello di farti ripiegare su te stesso fino a farti ombra e, paradossalmente, a impedirti di crescere.Sono stato iniziato al Krya Yoga, lo yoga spirituale, dall'allievo di Paramahansa Yogananda, un indiano di più di ottant'anni e dal sorriso senza tempo che sosteneva di essere stato mio figlio in una vita precedente. L'ho molto amato, ma non amavo i suoi discepoli come, generalmente, non amo le "scuole", le sette, i club e le lobby, comprese le spirituali.Sono diventato giornalista professionista a ventun anni, il giorno dopo l'editore de "Il Globo" mi ha licenziato perché, nonostante avessi scritto più di trecento articoli, mi ero permesso di fare l'esame

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sottraendomi alla mia condizione di "negro". Nonostante le promesse, la redazione non ha fatto un'ora di sciopero. La settimana successiva sono stato ricoverato per una broncopolmonite fulminante di origine sconosciuta e, dopo un mese tra la vita e la morte, sono stato salvato da un nuovo antibiotico non ancora in commercio. Grazie a questa esperienza ho scritto il mio primo racconto, s'intitolava "La sfida". Dal 1974 al 1976 ho inviato racconti e poesie a tutti i giornali d'Italia. Nessuno mi ha mai pubblicato o risposto. Nel 1976 "La Fiera Letteraria" mi ha pubblicato due poesie. L'articolo di presentazione cominciava così: "Chi lo dice che in Italia non esistono più poeti? Noi ne abbiamo scoperto uno…" Lo ricordo come uno dei giorni più emozionanti della mia vita.Nel 1977 ho cominciato a lavorare per Radio Rai, per la quale sono sempre rimasto, in questi ventisei anni, un collaboratore esterno.Vivo da solo e non mi dispiace. Faccio il mestiere che sognavo da bambino. Sono separato con due figli, Francesco e Michele. Abbiamo un pastore tedesco che si chiama Sara e ci fa meravigliosi dispetti. Ho scritto questo testo di getto e non lo rileggerò, altrimenti ne ricaverei una pagina bianca, con un puntino pulsante, al centro. Delle storie amo l'antefatto e il mistero dopo la fine.

Possiamo aggiungere di più? Lo dice lui stesso che queste parole sono state scritte di getto, noi non aggiungiamo altro. Diego vuole essere un monumento di periferia, uno di quei monumenti umani che vivono nelle parole e non nei numeri. La sua vita è un racconto, noi avremmo aggiunto solo dei numeri.

Gli unici numeri che siamo costretti a dare sono quelli delle sue opere. Si, opere... Perchè i suoi programmi e i suoi libri possono essere definiti unicamente così.

Libri

● Rumors (Rai-Eri, 1997)● Il mercante di fiori (Rai-Eri, 1997)● Domino (Rai-Eri, 1998)● Alcatraz. Jack Folla un dj nel braccio della morte (Rai-Eri, 1999)● No (Bompiani, 2002)● Jack l'uomo della Folla (Mondadori, 2003)● L'incosciente (Mondadori, 2003)● Jack Folla - Lettere dal silenzio (Mondadori, 2004)● Un amore all'inferno (Mondadori, 2005)● Salute zomberos (Mondadori, 2006)

Programmi radiofonici

● "Spazio X" (1977)● "Mocambo Bar" (1978)● "Voi e io" (1978)● "Torno subito" (1980)● "Torno subito 2" (1981)● "La corsa dei levrieri parlanti" (1981)● "Viva la radio" (1982-1983)● "Lacrime" (1984)● "Gomitate" (1986)● "La domenica delle meraviglie" (1991)● "Gulliver, un musical" (1992)

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● "Portofranco" (1993)● "Il Mercante di Fiori", Radiofilm in 60 puntate (1996)● "Rumors - Voci incontrollate" (1996)● "Mio carissimo signor padre" (1996)● "Domino" Radiofilm in 50 puntate (1997)● "Alcatraz - Un DJ nel braccio della morte" (1998-1999)● "Alcatraz - Il programma di chi non ha più niente da perdere" (1999-2000)● "Jack Folla c'è" (2001-2002)● "Zombie - morire sparsi, rinascere uniti" (dal 9 gennaio 2006)

Programmi televisivi

● "I ragazzi della III C" (1989)● "La TV degli animali" (1990)● "Ghibli" (1991)● "Magazine 3" (1992)● "Natale al circo" (1993)● "Questa sera rischiamo anche noi" (1994)● "La televisione può attendere" (1995)● "Alcatraz" (2001)● "Francamente me ne infischio" (2001)● "Rockpolitik" (2005)● "Non facciamoci prendere dal panico" (2006)

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2.0 Chi è Jack Folla

Tra tutti i lavori di Diego Cugia abbiamo pensato di soffermarci su il suo personaggio di maggior successo, quello che l'ha consacrato ad autore famoso: Jack Folla.Chi è costui? Un personaggio di fantasia, uscito dalla penna di Cugia. Un Dj vecchio stile, nostalgico delle radio libere, nostalgico degli anni '70. Quando in radio si poteva dire quel che si voleva, perché non c'erano pressioni pubblicitarie, di audience o economiche. Quando si poteva respirare la libertà: non causa, ma effetto di una società in divenire.Jack è un condannato a morte, uno che ha i giorni contati e trasmette da una cella 3x2 nel braccio della morte del carcere di massima sicurezza più famoso al mondo, Alcatraz.I giorni contati lo rendono libero di dire ciò che pensa, senza paure. Perché le paure si hanno quando si ha qualcosa da perdere: chi ha la data di scadenza tatuata sul petto deve solo attendere. Jack attende con il suo pubblico d'oltreoceano: le sue trasmissioni via etere scandiscono il conto alla rovescia della sua vita.Jack è un albatro: quel volatile osannato da Baudelaire ne “I fiori del male”. Colui che non può spiccare il suo volo maestoso sopra l'infinito oceano perché l'uomo e la sua vanità lo costringono a starnazzare e a ridicolizzarsi. Il Dj non ha più questo problema, lui a differenza degli altri che non volano per paura, spicca un duplice volo: uno all'interno di se stesso, l'altro sulla folla che tutti i giorni lo ascolta.Jack è l'uomo della folla: il suo nome e il suo cognome non sono un caso. Jack è il nome più comune che ci sia in America. Folla è il richiamo a colui che non è niente di più che un uomo come tutti gli altri, un uomo della folla, appunto. Il suo cognome vuole essere l'annullamento dell'io: lui è la creazione nata dai vizi e dalle virtù di un'intera popolazione. Nel corso delle varie puntate Folla diventerà sinonimo di “follia”, di “fallo”. Folla è tutto e niente, è follia e cruda razionalità, rabbia e amore, pudore e lussuria, politica e qualunquismo, guerra e pace: è il nostro io più nascosto e più comune. La sua cella è la nostra coscienza umana segregata da noi e dalla società che ci circonda.Successivamente Jack evaderà: la sua fuga non è paura di morire. È l'inizio di una infinita peregrinazione, un viaggio “on the road” senza una meta predefinita, ma solo una fuga da un mondo che non gli appartiene.Il suo successo è difficile da decifrare. È il contesto mediatico che gravitava attorno a Jack a segnare la sua consacrazione radiofonica o, semplicemente, il pubblico aveva bisogno della voce di Jack? Molte le lettere di protesta alla fine della prima serie, quando tutto lasciava intendere che la sua vita era finita sulla sedia elettrica. Cugia fu costretto a farlo evadere, a farlo fuggire a Cuba, per poi finire nei sobborghi di Roma nella terza ed ultima serie.Ma il peregrinare di Jack ancora non è finito: l'ultimo lavoro radiofonico di Cugia si spinge nell'escaton, nella regione dell'ineffabile. Jack è uno zombie. Ma questa è un'altra storia.

Poi quella bestia da terza elementare di Cugia mi è venuto atrovare nel braccio della morte. Mi ha detto: "Jack la RAI è laRAI, deve volare alto. E tu sei un albatro". Mi sono fidato e mifido ancora, perché se io sto per morire Cugia è già morto unsecolo fa.

Ma a chi sta parlando il vecchio Dj? Lui vuole parlare ai cuori e alle coscienze dei nuovi giovani. Non parla mai da maestro, ma da fratello maggiore. Era questo il suo scopo. Ma ad un certo punto ha perso il controllo della situazione, se mai l'ha avuto, dalla sua cella o dai ricoveri di fortuna che trovò dopo la sua fuga. La trasmissione era seguita da tutte le fasce d'età: da chi ricordava sulla sua pelle gli anni '70 e ne aveva soffocato i desideri e le illusioni con il mito della carriera, a chi quegli anni non li ha vissuti e li vede come un mito lontano da cui attingere nuove speranze. Jack ha la capacità di spegnere tutti gli idealismi della sua folla.

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Bingo, il guardiano, mi ha infilatosotto la porta una lettera proveniente da La Spezia. Lafirma è di una certa Caterina, Caterina Fusinaro. E` moltopiccola, ha nove anni, e suo padre non vuole che senta Alcatrazperché "è un programma che incita alla violenza". Cate?Spegni.

Jack parla senza ipocrisia, da fratello a fratello, con uno sguardo disincantato sul mondo. Lo sguardo di chi con voce roca sa usare parole che bruciano dentro. Non è la bellezza il suo scopo: tra un rap malinconico e un attacco alle contraddizioni umane, l'effetto è quello di parole dolci in bocca ma acide nello stomaco. Sentimentale e arrogante, ogni puntata è una sorpresa, e la sua voce sa spaziare dall'attualità alla poesia, dal sesso alla chiesa, dall'allucinazione alla ragione.

Quando l'articolo 1 della Costituzione reciterà: siamo tutti colpevoli. Allora potremo parlare di democrazia.

È un fratello, ma anche un fustigatore. I suoi strali si accaniscono su una certa porzione di società, anzi, contro una certa “classe”, sviscerando la linea politica del vecchio Jack. Da Manu Chao al Che, da Cuba al Pueblo, le sue parole sono intrise di accusa e critica alla generazione dell'immagine: a chi vive per apparire in discoteca, nelle piazze, tra pasticche e siringhe. Coloro che considerano la propria immagine l'unico senso della vita sono gli acerrimi nemici del mondo di Jack.

Io non tollero che i giovanidi questa generazione si facciano d'ecstasy zompettando comeorsi da luna park nelle discoteche di Rimini e Riccionecon quei caporali di D.J. che li rincoglioniscono di stronzate.Perché quando si sveglieranno nell'inferno degli adulti, dallimbo della loro incoscienza criminale, si sentiranno moltopeggio di come si sentiva Chet Baker dopo una pera. PerchéChet Baker era un artista, un maledetto artista che parlavacon Dio.

È un Dj, non un predicatore. Il suo lavoro è mettere musica e intrattenere gli ascoltatori. Ma non ci si può aspettare che il suo dito pigi il tasto “Play” sulle canzonette commerciali delle playlist delle altre radio. La sua musica è un viaggio nelle emozioni del passato, le sue emozioni, le emozioni di intere generazioni, della folla.

Giù quella siringa cacciatore di vene, e voi altri sputate le pasticche alle nuvole, fatevi di musica. Alteratevi coi vostri liberi stati mentali.

Senti, Leonardo Di Caprio: tanto per cominciaregira la manopola e vatti a ciucciare la tecno nelle radio libereorganizzate dai maestri della tua generazione, che poi sonogli scarti della mia. Bestie da terza elementare con trent'anniper gamba, che fanno i D.J. solo perché hanno fallito il sognodella loro vita: quello di fare i bagnini. Poi, visto che sei di Roma,fatti una passeggiatina al cimitero di Prima Porta. Ci troveraiil sarcofago di mio padre, Andrea Folla, morto il 2 gennaio del 1993.

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Questo è il Jack Folla che abbiamo conosciuto. Il predicatore che non voleva essere è stato il prete confessore per molti italiani a cavallo del 3° millennio. Che importa se è un invenzione di Diego Cugia? Jack aveva una vita propria, e come tutte le vite era destinata a finire. Ma nella sua morte molti ascoltatori sono rinati, hanno ritrovato se stessi scoprendo, non solo di non essere soli, ma di non esserlo mai stati.

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3.0 Struttura del programma

Niente di nuovo sotto il sole. Iniziamo così questo paragrafo dedicato alla struttura del programma. Proprio così, la grandezza di Jack Folla sta proprio nel non aver innovato nulla nella struttura di un classicissimo programma radiofonico. Anzi, forse il suo merito è proprio quello di aver riportato all'interno di una trasmissione radiofonica una struttura razionalmente concepibile, fatta di parole e musica. Essa è semplice in tutte e tre le serie: sia da alcatraz, che da latitante in messico e a Cuba che nell'ultima serie a Roma, la trasmissione è composta da parole finalizzate a presentare la canzone successiva.Le sue riflessioni sono tutte finalizzate alla musica. Potremo definirlo un percorso logico dalla struttura ellissoidale: i due fuochi, parola e musica, sono il fulcro attorno al quale ruota il mondo di Jack.A differenza di molte trasmissioni che trovano inizio e fine nel conduttore, Jack non trasmette creando un inizio e una fine in se stesso, i due fuochi sono lo scopo della sua trasmissione: sono gli ascoltatori che fanno di Jack il fulcro della puntata, ma lui nel momento in cui legge una mail, un fax, la trascrizione di una telefonata, continua a dimostrare il contrario in un gioco di lancio e rilancio che ha portato alla creazione del suo mito. Questo è un concetto importante che ha espresso anche Diego Cugia nel suo “discorso alla notte degli Albatros” alla fine della terza serie di fronte a circa 10.000 persone: Jack Folla muore per rinascere in ognuno dei suoi affezionati, diventa ognuno di noi, diventa uno della folla, ma uno.Le trasmissioni duravano circa 45 minuti in una struttura matematica che si accordava alla perfezione con la poesia delle parole e della musica: 5 minuti per parlare e 5 minuti per ascoltare, 5 minuti per trattenere il respiro e 5 minuti per riprendersi, 5 minuti per indignarsi e 5 minuti per commuoversi, 5 minuti per urlare e 5 minuti per stare in silenzio.

Un assaggio della prima serie, della prima puntata di Alcatraz:

228 giorni all'esecuzione Jack Folla, il D.J. nel braccio dellamorte. Dici che è assurdo? No, fratello, la cosa assurdanon è che sono un italiano nel braccio della morte di un carceredi massima sicurezza degli Stati Uniti. La cosa assurdaè che tu stai fuori. Che tutti lì fuori siete liberi e state dischifo. - Dov'è la tua libertà, tesoro? - Nei lager dei quartieridi merda in cui vi hanno ficcato come bestiame che cosa viaspettate di diventare, onorevoli? Vi tengono in vita solo perchédovete comprare. Consigli per gli acquisti? Fanculo. E iltuo primo stipendio - quando si decideranno a dartelo - saràcommisurato all'acquisto dei bisogni che ti hanno sparatonel cervello in televisione. Ti senti morire e che ti offrono?Un Magnum. E lo fanno leccare a una ragazza con una linguada formichiere. Prova a offrirle un cremino e guarda doveti manda. Così hai una paura fottuta ma scherzi e fai fintadi niente. Finta di niente, finta di niente. Tuo padre è alcolizzato,finta di niente. Tua madre muore di cancro, finta diniente, finta di niente. Cazzo, forse ho l'Aids. Finta di niente.Fai l'amore con lei e fai finta di niente, perché non hai piùniente dentro, niente, non ti hanno lasciato più niente, tihanno fottuto, ti hanno sbattuto dentro e hanno gettato lechiavi. Chi di noi due è nel braccio della morte? Io o te?Benvenuto ad Alcatraz, tesoro.

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E parte Leonard Cohen, Miracle. Una delle canzoni preferite da Diego Cugia (conclude molte delle puntate de Il mercante di Fiori).

3.1 Perché su Radio 2?

Una delle caratteristiche che ci ha lasciati allibiti nell'ascolto di questa trasmissione è la frequenza da cui era trasmessa: Radio 2. La singolarità sta nel fatto che le tematiche trattate, il linguaggio, il modo con cui sono affrontati gli argomenti, le musiche stesse hanno un carattere provocatorio e lontano dal politically correct. Il tutto si può notare dagli estratti finora riportati ma un'analisi più profonda la rimandiamo alla sezione dedicata alle tematiche del programma.Ci limitiamo a dire che spesso durante le trasmissioni Jack Folla faceva riferimento a problemi avuti con il CdA della Rai a causa del suo linguaggio e delle sue argomentazioni molto forti: da quanto abbiamo potuto capire ciò che veramente ha tenuto in vita la trasmissione è stato l'affetto ossessivo del pubblico. Un pubblico che tutti i giorni riceveva una dose abbondante di “bastone e carota”.L'orario in cui andava in onda la trasmissione era un orario di punta all'interno del palinsesto pomeridiano radiofonico: erano le 14.00. Almeno per la prima serie. La terza serie ha trovato spazio in radio alle 20.00, mentre le ultimissime puntate, ospitate sul canale televisivo nazionale Raidue, hanno occupato la fascia oraria della seconda serata.La domanda sorge spontanea: perché il servizio pubblico ha dato il suo placet ad un programma che nella stesura mostrava già un carattere problematico e provocatorio? La risposta ha alcune delle sue radici nel campo economico. La Rai aveva perso la fascia oraria delle 14. Non c'erano più giovani che l'ascoltavano.Ma questa è la risposta che ha dato Jack Folla, lasciamo parola a lui:

Sentite, questa roba me l'avete proposta voi, vi avevo avvertito,io sono Jack Folla non Pippo Baudo. Se vi cagate inmano, venite nel braccio della morte e ripigliatevi il microfono.Vi stacco la testa a morsi. Volevate fare audience con ilcondannato, vero pupazzi? Adesso ciucciatevi un uomo chenon ha più niente da perdere. Ma attenzione. Chiudere questoprogramma non serve. L'Italia è piena di Jack Folla. Il lorourlo vi seppellirà.

Ma le cose non sono sempre state così semplici: il rischio di chiusura trasmissione c'è stato, sia per le proteste del CdA della Rai, che per le lettere degli ascoltatori. Il successo è stato troppo forte e la trasmissione ha avuto il suo regolare corso. Ciò significa che la Rai ha accettato tutto a braccia aperte? Sembra proprio di no. Nel 2003 esce un libro che raccoglie gli scritti di Diego Cugia pubblicati durante un periodo di collaborazione esterna dal 1° agosto ai primi di novembre 2003 con l'Unità. Parole già sentite in occasione di un'altra trasmissione firmata dall'autore: Rockpolitik.

Amato e disprezzato con pari entusiasmo dal pubblico, compreso il suo, nel frattempo Jack Folla è stato rimosso dalla memoria della Rai, nella quale era nato come fenomeno giovanile di massa. Qualcuno ha più sentito parlare di Alcatraz! Qualcuno, anche a notte fonda, ha più rivisto uno spezzone di quel programma? Qualche giornalista si è mai chiesto, mentre gli ascolti del servizio radiofonico pubblico crollavano, che fine avesse fatto quel minuscolo staff redazionale? Jack non è un martire della censura, ma della stupidità. Nessuna azienda sana di mente può permettersi di gettare alle ortiche autori e tecnici di un fenomeno di comunicazione che ha toccato in modo indelebile il cuore del pubblico. La Rai l'ha fatto, nel silenzio-assenso dei media, con l'esclusiva eccezione di Articolo 21, l'associazione guidata dal liberale Federico Orlando e dal deputato Ds

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Giuseppe Giulietti, e quella della Mondadori, che se non altro è dotata d'indipendenza commerciale, visto che, oltre a Jack Folla, pubblica addirittura gli scritti del Subcomandante Marcos.

In altra occasione Diego Cugia espresse molto chiaramente un concetto che porta in sé il suono di queste parole: non riesco a capire perché il servizio radiofonico pubblico si metta a scimmiottare le radio private con la loro frivolezza e scarsa qualità. I fargetta, i cecchetto e i linus sono espressioni atrofizzate di un vago ricordo delle radio libere infettate dalla logica commerciale. Quella logica che porta ad omogeneizzare le frequenze con l'unica preoccupazione di accontentare i signori della pubblicità.Si può dar torto a tale pensiero se il risultato di qualità promesso si realizza in programmi quali Alcatraz?

Abbiamo detto che Jack Folla ha lo spazio di tre serie: per amor di precisione sarebbe giusto dire che una quarta serie è stata scritta e poi trasmessa su Radio 24. Zombie. Il protagonista non è Jack Folla, ma nella presentazione Cugia parla dell'ultimo stadio al quale può approdare il condannato a morte: la morte stessa.

Infine Jack una bugia l'ha detta: diceva di parlare spontaneamente, così come la musica e il microfono gli ispiravano. In verità un piccolo staff stava alle sue spalle, uno staff che decideva tempi e parole, spazi e pause e lo sommergeva di carte. È soprattutto grazie a loro che la voce di Jack ha potuto vivere:

ROBERTO PEDICINI, giovane arrabbiato doppiatore che si è calato nella sua personalità modulandone voce e sentimenti, canzoni ed emozioni.LUCIANO FRANGISI, che le ha messe in musica.ALESSANDRO MOSCA, scrittore artigiano, che ha collaborato a dotarlo di opinioni e anima, bruciandosi, nell'officina della radio, la propria.STEFANO MICOCCI, che l'ha contagiato con la sua cultura musicale spregiudicata e popolare, senza preconcetti e confini, dal pop al jazz, dal repertorio bandistico al rock, da Jimi Hendrix a Niccolo PaganiniILARIA STAGNI, che con dolcezza inesorabile ne ha contato le ore fino al giorno dell'esecuzione.FRANCESCA BONANNI, programmista regista e funambola della redazione.LEONARDO DE LUCIA, giovane dimostrazione vivente che la "generazione degli invisibili" è un'invenzione dei vecchi fantasmi del giornalismo, che ha curato, con CLAUDIA DELMIRANI, la selezione dei testi e delle e-mail.

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3.2 Il linguaggio

Jack Folla prima che personaggio è voce. È l'unica cosa che possediamo del Dj, non abbiamo nient'altro. Come abbiamo già detto, anche nelle poche trasmissioni presentate in televisione Jack non viene mai inquadrato in faccia. L'unica cosa che di lui possediamo è la voce.Una voce roca, profonda e meditativa. Una voce che ha il sapore della carezza paterna di una mano callosa, ma una voce che ha la forza dello schiaffo materno, lo schiaffo che scuote il bambino e lo lancia nel mondo.Purtroppo in un testo scritto non possiamo portare un esempio del suo timbro, possiamo solo cercare di descrivere la capacità introspettiva della voce del Dj: o forse sarebbe più corretto parlare di capacità scrutativa del Dj stesso.Già, perché non possiamo stancarci di ripetere che Jack Folla è nient'altro che la sua voce, una voce che nasconde un doppiatore. Tradimento? Beh, lasciamolo dire a Jack stesso.

Scrive Lucas: E da qualche mese che in radio sento la pubblicità di una macchina. E vi lascio indovinare di chi è la voce (e lo stile) di questa pubblicità. Ogni volta che sento quella voce un brivido mi passa lungo la schiena, ma subito cambio stazione. Perché ascoltare quella pubblicità, di una macchina che Jack non comprerebbe neanche con la pistola puntata alla testa, mi dà fastidio. E mi sono sempre detto "Jack non c'è più", "Jack è morto". Finché ieri non viene da me un amico e mi dice: "Sai che torna Jack!?". "Dove? Quando?” gli rispondo io. "Non lo so. Ho solo sentito che torna." E così ho spiato sul nostro vecchio sito. Ho dato un'occhiata veloce al forum. Ma credo che con la pubblicità sia stato toccato il punto più basso della vita di Jack. Lucas PS: Solo una domanda, Diego-Jack: che macchina hai? Ah, e un problemino di coerenza: perché pubblichi con Mondadori impedendomi così di comprare i tuoi libri?

Caro amico (non dico fratello perché questa storia che faccio pubblicità mi fa incazzare assai). Io non sono un doppiatore, mi faccio prestare la voce perché sono un latitante, non alzo soldi con Capitan Findus, né ho mai fatto pubblicità alle prime serate di Rai 1, tantomeno ho mai arraffato denari dagli uni e dagli altri. Io sono pagato dai diritti d'autore, cioè da voi, un tanto a copia. Ficcatevi in quelle testacce piene di formiche rosse che la voce radiofonica di Jack Folla non è Jack, ma un attore che presta la sua splendida voce anche alla pubblicità. Se ritenete che lo faccia con malizia (cioè usando slogan alla Alcatraz e lo stesso tono di voce di Jack) rivolgetevi a lui, non a me. Per quanto riguarda che macchina ho, sono cazzi miei. Posso avere una Rolls e vestire alla marinara, quello che scrivo e che penso non cambia. La coerenza è essere pronti a non pubblicare più con un editore, se lui ti vuole sbianchettare un'opinione. La coerenza al cento per cento (che voi infantilmente pretendete e che - ovviamente - non praticate) non esiste. La storica casa editrice di sinistra con la quale pubblicarono Vittorini, Pavese e Fenoglio (e che li continua a pubblicare) è l'Einaudi. Ti va bene se pubblico con Einaudi? Sì? Fregato, è di Berly. Se fossi coerente al cento per cento dovrei vivere nel Burundi, fare il madretereso e stampare i miei fioretti col ciclostile. E voi direste: "Quanto hai pagato quei sandali?"... Pubblico con la Mondadori perché distribuisce i miei libri ovunque, perché se pubblica i testi del Subcomandante Marcos può pubblicare anche me, e perché è la più grande casa editrice italiana, lo era prima di Berlusconi e lo sarà anche dopo.1

È questo il Folla, una voce che non è nemmeno voce perché ad un certo punto ha dovuto ammettere che se la fa prestare da Roberto Pedicini, storica voce di celebri pubblicità e attualmente voce guida del programma televisivo di Italia 1, Lucignolo.

1 Da L'unità, lettere di Diego Cugia

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Non è più nemmeno la sua voce, l'hanno scarnato di tutto ad un certo punto. Sono rimasti i suoi contenuti, le sue parole, il suo linguaggio.Quest'ultimo è forse una dei significanti più interessanti da osservare e da analizzare: non per una questione di tonalità, ma per una questione di parole.Jack non parla mai ad ascoltatori generici, lui parla ai suoi fratelli. Ogni discorso rivolto a chi era sintonizzato nel suo etere era un discorso destinato a suo fratello, al sangue del suo sangue, all'uomo. Non ci sono compagni, non ci sono camerata.Le sue parole sono ricche di neologismi, parole mai esistite, inventate da lui ma di facile comprensione semantica. Per parlare di coerenza vera dice che dovrebbe essere un madretereso.Un pastìche di spagnolo e italiano caratterizza i suoi discorsi: vago ricordo del fu comandante Che Guevara. Questo è un punto fondamentale: le parole di Jack quando parlano di politica sono chiaramente schierate nella direzione di una sinistra idealista, ricca di sognatori diciassettenni, universitari da centro sociale e impiegati che hanno ancora nostalgia del '68, dell'Eldorado sempre più lontana. Nelle sue parole non si trova incitamento ad azioni di potere, ma solo riflessioni: Jack non invita alla rivoluzione, responsabilizza le persone.Ed infine il punto forse più dolente e accattivante di Jack: il turpiloquio. Da Cazzo a Puttana, gli intercalari maggiormente usati nella fascia giovanile sono fondamentali nel vocabolario del Dj. E se un Dj vuole parlarti da fratello deve parlarti come parlerebbe il tuo fratello maggiore, senza volgarità ma con la fermezza che hai bisogno di sentire.Un assaggio? Eccolo:

Ci siete? Bene. Avrei preferito essere attaccato sui contenuti, ma mi arrivano voci che molti vorrebbero uccidermi prima del tempo per l'estetica. Per le parolacce. Insomma, perché parlo come tutti voi quando non siete in pubblico. Forti di questa frase terribile: "Io pago il canone" (oltretutto falsa perché non lo paga quasi nessuno) alcuni di voi stanno facendo fuoco e fiamme non perché ho detto "consigli per gli acquisti" ma perché ho sparato qualche stronzo e qualche affanculo. "Canone" è una parola che gronda sangue, infatti voi siete "carne da canone" così come i soldati del'15-18 erano "carne da cannone". Ma stronzo non me la passate. Passate. Veniamo al punto. Le parolacce non esistono, quelle che circolano sono ridicole e le avete inventate proprio voi, signori benpensanti. Prendiamo una parola qualsiasi: "Frocio". E` formata da cinque lettere: la effe, la erre, la o, la ci, la i, e ancora la o. Se le anagrammi viene fuori "orcio" o "Rofico" che è Rovigo pronunciata dai tedeschi: Rofico. Ma se le riallinei ecco l'orribile suono "frocio" con cui indichiamo con disprezzo chi ama individui del suo stesso sesso. C'è del marcio in questa parola, non negli omosessuali, perché è una parola scaturita dall'intolleranza e dall'ignoranza, infatti io non la dico mai. Picconiamola. Come si fa? Ripetendola all'infinito finché il suo significato razzista si stemperi nel ridicolo. Proviamo? "Ciao frocio. Come stai frocio? Buongiorno frocio, serve qualcosa? Aaah signor frocio è lei, complimenti. Frr Frr Frr Frociamente parlando, è vero... Frociofrociofrociofrociofrocio." "Dottor Frocio? L'aspettano in riunione." "O frocio miooo... stai in fronte a meee..." Ecco, non vuol dire niente, pulita come una colomba. Ripeteremo l'esperimento nelle prossime puntate con stronzo e le altre. A meno che non vincano loro, cosa assai probabile. In tal caso un nuovo programma sostituirà in fretta e furia Alcatraz. Quel giorno vi ritroverete dietro le invisibili sbarre di un paese che ha il diritto di non essere stronzo solo perché paga il canone.

Jack Folla da un carcere di massima insicurezza. Gli stati della confusione e della contraddizione. Pompieri a servizio immediato e morti sui marciapiedi. Puritanesimo e prostituzione. San Patrizio e Rockfeller Center. Siete in America fratelli. E questa è la sua voce libera. Libera di dire parole vietate. Una di queste è "puttana". Cazzo, quante proteste per qualche puttana sparsa come il prezzemolo sull'insalatona mista di Jack. Non capisco perché una condizione sociale debba essere considerata una parolaccia. Se ti dico "operaio cassintegrato" oppure "medico della mutua"o "sottosalariato senza fissa dimora" mica vi incazzate. Al massimo scioperate. Avreste ragione se

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dicessi "Porca puttana". Chi ha mai visto un maiale in minigonna battere sulla tangenziale? Ma puttana che vi ha fatto? Se l'anagrammi viene fuori "puntata". Puntata! Puntata E`va! Sei un gran figlio di una puntata! E chi sei, un riassunto? Porca puntata! Forza fratelli. Telefonate al centralino della RAI per fare la spia. Jack Folla ha detto cinque volte "puntata". E` una parolaccia che quelli della RAI conoscono bene. "Abbiamo trasmesso la terza e ultima puttana di..." Intorno agli studi di Saxa Rubra di notte girano un sacco di puntate: albanesi, nigeriane, rumene. C'è poco da ridere... Con tutta la televisione a puntate che vi fate senza preservativo. Maledetta troia. Ne ho detta un'altra. Troia. La città cantata da Omero. No, Troia non si dice. E` troppo ellenico, troppo chic. Meglio anagrammarla. O Rita. Oppure: A tiro. Oppure: io tra. Tra chi? Tra due imbecilli, quelli che mi hanno intimato di non dire "puttana", sennò lo sentono le ragazzine. Le ragazzine, l'ha detto! Datti una calmata, fratello. Perché se anagrammo le tue "ragazzine" viene fuori quello che non t'aspetti e che io sento nei tuoi confronti: "Ingazzare", che sarebbe incazzare ma detto dalla "mamie" di Via col vento. "Miss O'Hara non mi fare ingazzare." Era questa la battuta originale, ma nella traduzione italiana hanno messo "Miss O'Hara, non fare la ragazzina", quand'invece Rossella era davvero una grandissima puntata.

E in quest'ultimo estratto troviamo anche una tecnica caratteristica del vecchio Folla. La capacità di allargare la prospettiva di osservazione. Con escamotage linguistici simili a scalate di specchi e possibili solo perché è l'unico ad avere il potere nella sua trasmissione, ovvero il microfono, è abile a girare il discorso a suo uso e consumo. Prendiamo come esempio l'estratto appena riportato: Jack viene criticato perché pronuncia troppe volte “puttana”. Lui anagramma la parola e la fa diventare “puntata”. A questo punto la parola perde il suo significato originario ma soprattutto non acquista alcun altro significato. Diventa una parola senza senso, il segno ha perso il suo significato. Il significante ultimo è dato da Jack Folla: la parola ora ha senso solo nel suo discorso. È un gioco astuto, abile. Un gioco che può essere fatto solo da chi ha un'autorità conquistata e non imposta dal sistema mediatico. Un autorità che toglie potere al padrone: gioca con le parole ogni volta che subisce la minaccia di chiusura del programma da parte della Rai. Non si abbassa alle minacce, le domina.

3.3 La Musica

La musica di Alcatraz non può guardare al borsino delle etichette musicali. Lo stesso sguardo irriverente e disincantato di Jack si ripercuote anche nella sua selezione dei brani da lanciare via etere. Lo dice lui stesso che la sua intenzione è quella di passare la musica che lo ha fatto emozionare durante la sua esistenza da voce fuori dal coro, la stessa musica che ha fatto emozionare l'esercito silenzioso degli spiriti liberi che hanno respirato e assaporato l'atmosfera del '68. Le radio libere emanavano un anelito di libertà ormai scomparso fra le pieghe di un passato per molti annebbiato e dimenticato. Ecco. Jack Folla tenta di farle rivivere proprio sulle frequenze del servizio pubblico, può sembrare contraddittorio ma forse solo la Rai, pur fra migliaia di mugugni e smorfie, poteva sul crinale del nuovo millennio dare l'assenso a questa iniziativa controcorrente. Le radio private commerciali ormai sono soffocate dalla logica del profitto ad ogni costo e sono asservite alle prepotenze delle etichette musicali nazionali. Il servizio pubblico, invece, pur fra tutti i suoi difetti e manchevolezze, non ha di questi problemi.Torniamo a Jack Folla e alla sua collezione di dischi che condivide con i suoi “hermanos”. Una collezione che spazia da Puccini a Manu Chao, dai Doors a Dalla, da Vivaldi ai Rolling Stones. Non è importante il sostrato culturale in cui nasce il brano, non ci si fossilizza in una sola epoca o cultura. Se il pezzo è bello viene selezionato, punto; non c'è altra criterio valutativo. I commenti di Jack e i suoi ragionamenti trovano delle continuazioni logiche e conseguenti nelle canzoni che li inframmezzano. C'è una complementarietà fra parole e musica difficile da trovare in altre trasmissioni.

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Jack Folla, il D.J. che non ha più niente da perdere, nemmeno la pazienza. Esaurita. Me l'hanno consumata come scarpe alcuni di voi. Quelli - parecchi -che mi hanno protestato una scelta musicale, un cantante italiano. Il fatto è questo. Come sapete non mando musica usa e getta, né di tendenza, né tecno, e non rispetto play-liste mode. Trasmetto le canzoni della mia vita. Da quando avevo quindici anni, ai tempi dei Procol Harum, a quando sono entrato in questa cella, quattro anni fa. Faccio qualche eccezione, ogni tanto, per i dischi degli ultimi cinque anni. Mando solo quello che ha emozionato me e milioni di altri come me. Ora, molti di voi mi hanno contestato Eros Ramazzotti. Sì, Jack Folla, dopo trecento dischi che vanno da Jimy Hendrix agli U2, da Paolo Conte a John Lennon, da Nick Cave a Jim Morrison e Janis Joplin, ha messo Cose della vita di Ramazzotti in duetto con Tina Turner. Avete scritto e telefonato starnazzando come galline da uova sode: "Come facciamo a crederti, se dopo quello che dici hai il coraggio di mettereRamazzotti?". Sentite, io questo genere di razzismo da circoletto culturale e da cricca di righetti di periferia o di San Babila, non l'ho mai retto. Personalmente di Ramazzotti amo due cose, la magnifica chitarra elettrica che da il "la" a Cose della vita e la grinta iniziale e suburbana di Terra promessa. Ma questi sono fattacci miei, mentre Alcatraz è di tutti. Per cui adesso vi sbatto Ramazzotti fino alla fine di questa puntata. Perché voi siete gli stessi che dicevano: "Mia Martini porta sfiga". Gli stessi che hanno scritto che "Alcatraz è un'operazione musicale nostalgica e il signor Jack Folla dovrebbe aggiornarsi". Gli stessi che quando ho messo la Callas o Edith Piat o Vivaldi, mi hanno preso per rincoglionito. Ho tirato fuori dalla galera delle radio libere la grande musica di tutti i tempi, senza etichette e senza ideologie. Perché se ad Alcatraz si presentasse un gruppo che si chiama "I ragazzi di Salò" e facessero una musica straordinaria, io li trasmetto un giorno sì e l'altro pure come ho fatto con L'avvelenata di Guccini che l'avevamo dimenticata o come il nuovo Manu Chao e la sua Clandestino che più a sinistra non si può, e ha fatto incazzare i leghisti. E se si presentasse Bossi con "Padania libera-reggae" e scoprissimo che è più emozionante di Bob Marley, ve lo metterei al posto della mia sigla che qualcuno ha paragonato a quella di Furia, il cavallo del West, e mi ha fatto ridere, lui sì, fino alle lacrime. Hai ragione, fratello. Ma se la batte anche con "Sandokan... Sandokan...". Quando fate queste discriminazioni mi passa la voglia di ridere. Fino alla fine della puntata, sentiremo solo ed esclusivamente Terra promessa di Ramazzotti. E se vi sembra troppo amaro attaccatevi a un Aperol o a un Lucano. Ramazzotti: Terra promessa. E uno.

La voce di Jack e la musica qualche volta si sovrappongono in dei rap incazzati e dissacranti, dove forse la rabbia verso il mondo del Dj trova il suo culmine. Alcune canzoni sono state pubblicate nel cd “Teste da Tagliare”. Il titolo dell'album è già di per sé eloquente del taglio dato alle tracce. Parole laceranti come lame e ritmi che sanno d'asfalto e notti in cerca del limite. La traccia più evocativa è la numero 6, omonima dell'album, “Teste da Tagliare”, il cui ritornello recita con voce roca e potente come Eddie Wedder, il cantante dei Pearl Jam:

Siamo mostri nella follasiamo teste da tagliarel'innocenza non esistenon ci colpevolizzaresono il mostrol'assassinosono l'uomosono vivo.

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4.0 Tematiche

In ultima analisi ci soffermiamo su alcune delle tematiche più ricorrenti nei discorsi di Jack. Come vedremo, l'inquilino di Alcatraz parla di tutto, dalla politica alla famiglia, dall'amore al sesso, dalla guerra alla religione. Lo fa sempre nel suo caratteristico stile malinconico e aggressivo, incazzato e affettuoso. Soprattutto sa osservare le contraddizioni quotidiane, le penetra nel loro profondo per poter sviscerare quel nuovo punto di vista nell'affrontare la vita. È il suo amare il fratello-ascoltatore: metterlo di fronte alla realtà nella sua natura più cruda, mostrandogli quanto debole sia il suo essere uomo e quanto contraddittoria la sua mente. Tutto ciò per creare sgomento nell'ascoltatore: il suo scopo non è l'umiliazione, ma portarlo a conoscere se stesso. Non siamo a Delfi, e Jack non è la Pithia. Jack è un condannato a morte e non prevede il futuro, ma come l'antica sacerdotessa entra nella vita del suo fratello e parla a lui personalmente. Questa è la vera forza del programma: sentito da decine di migliaia di persone, ma ascoltato da ognuno nel proprio intimo. E l'ascoltatore diventa protagonista della conversazione: le parole che volano nell'etere trovano un èscaton diverso in ogni orecchio, in ogni mente, in ogni cuore che raggiungono. La radio si mutua in un faccia a faccia “e-ducativo”.

4.1 Pena di Morte

Qui dentro, circa un mese fa, hanno bruciato un fratello. Prima di farlo sedere e d'incappucciarlo gli hanno chiesto se avesse un ultimo desiderio. Lui ha implorato una sigaretta e questi boia gliel'hanno negata perché il fumo provoca il cancro.

Bisogna ricordarlo: Jack è un condannato a morte. È la prima e ultima cosa da non dimenticare, e sarà il filo rosso di tutta la trasmissione. Una morte imminente, una spada di Damocle che pende sulla testa di Jack. Paura? Forse sì, ma il Dj non lo vuole dimostrare, anzi questo è proprio il presupposto principale da cui parte il tutto e per cui finisce il tutto: se devo morire posso essere libero di dire quello che penso. Ma pochi hanno capito cosa significa per Jack l'avere una morte prefissata: molte le lettere che riceve, alcune di solidarietà, altre di accusa. Alcuni arrivano pure ad invidiare Jack, perché lui ha la data di scadenza, lui sa quando arriverà la sua fine e saprà anche come. Il rapporto di Jack con la morte è segnato dal destino. Vede la morte come la donna che sai che prima o poi ti accoglierà tra le sue fredde ed elettriche braccia: è un rapporto fisico che si è costruito durante la sua reclusione tra racconti di compagni di sventura e secondini con manganello puntato. Il suo non è un onore, è una condanna che ha il coraggio di guardare in faccia. Ecco perché ricorda continuamente ai suoi fratelli-ascoltatori di non essere più fortunato perché sa la fine, ma perché ha il coraggio di guardare in faccia la sua vita. Ecco chi è il vero prigioniero: colui che continua a camminare nella vita senza osare uno sguardo oltre la punta delle scarpe.Comunque parla della morte, parla di come sono morti i suoi vicini di cella, ne parla da macabro burocrate soddisfacendo la perversa curiosità dell'ascoltatore che si eccita di fronte a queste descrizioni. Non per assecondarlo, ma per spregio.

222 giorni all'esecuzione La RAI dall'Italia mi ha mandato due fax. Me li hanno infilati adesso sotto la porta della cella. Vediamo.......E veniamo al secondo fax. Il secondo fax porta la firma di Eugenia da Terni. Chiede qual è la procedura esatta alla quale mi sottoporranno fra nove mesi. Ti eccita la morte degli altri, vero tesoro? Ti accontento subito, Eugenia da Terni. Ecco le ultime ore di un mio compagno,Warren Mc Loren, giustiziato il 22 settembre 1997.16,00: Mc Loren viene trasferito in una cella adiacente alla camera dell'esecuzione.16,30: Viene sottoposto a un esame medico completo, compreso un esame dei denti, per confermare

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che sia davvero Warren Mc Loren.17,00: Il guardiano gli porta l'ultimo pasto. Warren rifiuta.18,00: I difensori presentano l'ultimo appello alla Corte federale.18,45: Viene ordinata una sospensione dell'esecuzione fissata per le 19,30. Una seconda

sospensione fa slittare l'esecuzione a mezzanotte.23,20: Il giudice federale respinge l'appello ma emette un'altra sospensione fino alle due di mattina

per permettere a una Corte superiore di studiare il caso.2,19: Warren viene legato alla sedia elettrica. La Corte suprema degli Stati Uniti ordina un'altra

sospensione, ma il guardiano, riportandolo in cella, scherza e dice: "Non farti illusioni".2,52: La Corte suprema respinge il secondo appello. Warren viene riportato nella stanza e legato

alla sedia.2,54: Il cappellano recita l'ultima preghiera.3,02: Il guardiano legge l'ordine di esecuzione.3,03: Le guardie applicano gli elettrodi e gli mettono una maschera sulla faccia.3,06: Tre funzionari anonimi premono tre pulsanti rossi, uno dei quali invia una scarica elettrica al

corpo del condannato. Così nessuno dei tre saprà chi è il boia.3,13: Sette minuti dopo. I medici dichiarano morto Warren Mc Loren.Contenta Eugenia da Terni?Adesso nessuno di voi potrà più dire: "Io non sapevo".

4.2 Generazioni

Jack si rivolge a tutti i suoi fratelli. Indistintamente. Uno sguardo diverso però lo riserva a quegli adolescenti che non hanno ancora decapitato i loro sogni e ideali libertari. Non li vede come la “generazione silenziosa”, parla loro con rispetto e considerazione. Per lui sono gli unici che possono serbare ancora dentro di loro la scintilla del cambiamento. E' duro con i difetti dei giovani, è duro con i loro sballi fini a se stessi e con la loro ingenuità. Ma li chiama fratelli, li accoglie con un posto in prima fila nei suoi eloqui. Jack ha vissuto il '68, ha respirato i Kerouac e i Ginsberg, i Baudelaire e i Che Guevara, i Doors e i Janis Joplin che pervadevano l'atmosfera di quella stagione rivoluzionaria. Non giustifica in toto gli eccessi di quel periodo, come le droghe e il “muro contro muro” di certe posizioni, ma il giusto o il sbagliato avevano uno sfondo culturale alle spalle. Si leggevano tanti libri e si ascoltavano tanti rock. I giovani dell'ultima generazione, secondo il Dj, non hanno nulla di collettivo alle spalle. La ricchezza rimane individuale: le speranze, gli ideali, le pene e i dolori non vengono più condivisi. Ognuno mantiene dentro di sé ciò che di rivoluzionario può avere, per questa ragione Jack parla con rispetto all'adolescente del 2000: è una generazione alla quale non sono stati dati gli strumenti necessari per alzare la voce, sia per colpe proprie e che altrui. Ma dentro di sé reca ancora la scintilla figlia della “fantasia al potere”. Fratello maggiore. Guida. Protettore. Fustigatore. Alcatraz: un testamento a chi ha ancora il coraggio di avere dubbi.

188 giorni all'esecuzione.Mi è arrivato un fax di Francesco, da Palermo. Ha ventisei anni e mi chiede qual è secondo me la differenza tra le nostre generazioni: quella dei ventenni come lui e quella dei quarantenni come me, che sono del '57. Senti, fratello, ti risponderò parlandoti dei Doors che stanno bene sia alla mia generazione che alla tua. I Doors presero il nome dal poeta William Blake The doors of perception, le porte della percezione. Eravamo colti, allora. Non per questo meno rincoglioniti di voi. Credevamo che per aprire le porte della percezione fosse necessario il piede di porco della droga. Ma il tempo è stato più ladro. La droga le porte te le sbatte in taccia. Dopo. Bel casino hanno combinato i Doors, i Grateful Dead, gli Iron Butterfly, i Jefferson Airplane, e tutti i figli dei fiori promotori dell'espansione della conoscenza. Quale differenza tra la mia generazione e la tua? A

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parte il comune denominatore della droga, questa: noi credevamo, Francesco. Credevamo alla vita come arte. I nostri riferimenti erano Rimbaud e Baudelaire, erano Kerouac e Hermann Hesse, che voi non sapete più chi sono. Bene? Male? Non so, difficile dirlo. Una cosa è certa, senza maestri avete lasciato il campo libero alla sola cultura del narcotraffico. Sei bravo se balli tre giorni di seguito, fatto come una scimmia, nel più schifosamente tedesco dei rave-party. Prego ammirare la "love parade" di Berlino: un milione di anime ballanti al ritmo impartito da tecno-stronzi. Domandati, Francesco, a chi serve questo "pollaio-dance"? Chi ci guadagna se i soldatini del ballo-sballo vanno a morire il sabato sera, magari con la macchina di papà?Noi siamo morti per molti libri e molti rock. Voi per niente. Per arricchire gli spacciatori.Se fossi in te, Francesco, sarei incazzato come una iena.Non uscire sabato prossimo, resta a casa e leggi un libro. Ricomincia da dove noi abbiamo finito. E` facile.C'è una siringa come segnalibro.

4.3 Società

Se si vuole ascoltare il Jack che sa odiare, il Jack che sa sfogarsi, il Jack che sfotte allora non si può saltare alcuna puntata dedicata al suo cruccio: la società. Quella figlia della televisione, quella figlia della politica, di quiz e televendite: quella del boom economico. È uno dei suoi cavalli di battaglia preferiti. Del resto di cose ne aveva in abbondanza da dire: l'Italia ha sempre dato buoni spunti per affrontare da tutti i punti di vista questo argomento che è poi il nostro vivere quotidiano. Jack non vive nella società, lui vive in una cella 3x2 a tempo determinato. È una sorta di monaco che ha tempo e possibilità di osservare tutto dall'alto. Guarda i suoi fratelli e li vede tutti incazzati. E ha la risposta: non c'è nessuno incazzato per la politica o la Tv, per le tasse o per i treni in ritardo. In verità la gente è incazzata perché è spodestata. Lo dice chiaramente il Dj: non è la gente che deve avere paura del governo, ma è il governo che deve avere paura del popolo.Bisogna capire tutto ciò e avere il coraggio di reagire: ma la situazione non è così ottimistica. Il vecchio saggio Dj, che come un monaco veglia, comprende la più truce delle verità. Chi è ad Alcatraz? Chi vive dentro una cella? Sono i suoi ascoltatori che non possono volare, i suoi fratelli.Rimane un unica soluzione per scappare la tristezza del vivere una vita intera in una 3x2 con le sbarre dorate: è il sarcasmo, ci rimane solo quello. E allora bisogna dilettarsi nell'ironia: verso chi? Verso tutto quello che ci fa incazzare: il ritardo dei treni, le tasse, lo sport, le mogli, la politica, Berlusconi.

181 giorni all'esecuzioneHo vissuto abbastanza tra di voi, in Italia, per capire tino in fondo che cos'è che ci fa incazzare, che cos'è che non va. Non si tratta di quel politico o quell'altro, se i treni fanno ritardo o se vi fanno pagare troppe tasse. La ragione della tristezza e della rabbia della gente è che da voi non esiste il rispetto per la persona umana. La stampa, la pubblicità, la televisione, la politica, la magistratura,sono tutti poteri che dialogano tra di loro, sulle vostre teste. Poteri che si strusciano, si sgomitano e si fanno l'occhietto. E` questo che vi fa incazzare. Voi siete lo Stato. Invece lo subite.

117 giorni all'esecuzioneSei entrato ad Alcatraz, amico. Sei in una due per tre di cemento armato, la società ha chiuso la porta e ha gettato le chiavi. Ti senti soffocare, come al momento che nascesti, ma ormai sei espulso, nessuno ti potrà mai aiutare, sei fuori e sei dentro, non puoi andare avanti né tornartene indietro. Sei ad Alcatraz: la vita. Fattene una ragione, tesoro. Ti piaccia o non ti piaccia, questo è quello che passa il convento del mondo in questi nostri anni.

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40 giorni all'esecuzioneC'è un ex musicista italiano che oggi non suona e non canta più. Mio padre, Andrea Folla, mi parlò di lui al ritorno dall'unica crociera della sua vita. In questa crociera su una nave Costa, che fu soprattutto un viaggio divertente senza mia madre, conobbe questo animatore musicale milanese. Doveva essere, credo, il "60. A mia madre e a me raccontò vita e miracoli di Silvio, che per intrattenere i passeggeri, prima di ogni scalo, teneva una piccola conferenza turistica. La sera, con la chitarra, si esibiva interpretando Gilbert Bécaud e Yves Montand ma anche un po' di sana americana: Frank Sinatra e Dean Martin erano i suoi cavalli di battaglia. Credo che mio padre non si sia mai divertito tanto. Silvio pare fosse un vero entertainer e un discreto sciupafemmine: un paio di canzoni, qualche barzelletta, giù dal palco bicchiere alla mano per ballare e flirtare, e con un saltino e un oplà di nuovo in pedana. Anche Andrea Folla, credo, in quella crociera diede il meglio di sé e dei suoi saltini. Strinsero con Silvio anche un rapporto da crocieristi, con promesse da marinaio di rivedersi. Per Silvio, ovvio. Per Folla Andrea, giuramenti di sangue. Papà era così. "Ci chiamavano Barbera e Champagne", diceva Folla senior soddisfatto. Una sera nel porto di Tunisi, Silvio gli raccontò qualcosa del suo passato: era andato a scuola dai Salesiani dell'istituto Sant'Ambrogio di via Copernico a Milano. Al ginnasio aveva cominciato a interessarsi di musica leggera, e con il suo vecchio compagno di banco delle elementari, un ragazzo di nome Fedele Gonfalonieri, buon pianista, avevano fondato un gruppo musicale con cui si esibivano sulla riviera adriatica. Abbandonate le due attività estive di fotografo di matrimoni e venditore di spazzole elettriche portatili, divenne un discreto showman, bravo a raccontare barzellette, cantare e suonare la chitarra e, talvolta, il contrabbasso. "Silvio è OK – mi disse Folla senior - è stata una crociera, riposante, spassosa, divertente. La rifaremo." Il viaggio cura l'anima, si sa, almeno per un po'. Su questo non ci sono dubbi. E così fu anche per Andrea Folla, ciclotimico. Rammento che mio padre conservava un tale buon ricordo di Silvio che in seguito lo cercò al telefono più volte, per una chiacchierata e magari per rinverdire un po' i fasti della crociera. Gli scrisse dei plichi interi, papà come grafomane era bravo. Ma rimasero senza risposta. Ci restò male, anzi, fu uno dei motivi scatenanti le sue storiche ricadute in depressione: del resto erano iniziati i famosi anni '60 e l'affermarsi del rock and roll e la sua prima grande società, la "Cantieri Riuniti Milanesi", avevano convinto Silvio Berlusconi a mettere fine alla carriera di animatore e musicista da crociera. Nel futuro animò molto se stesso. Mio padre, offesissimo, corresse il suo giudizio via via che le lettere gli tornavano indietro. Adesso diceva che Silvio cantava Sinatra con la pronuncia da cummenda di Carugate e il meglio che si era rimorchiato in crociera era una che sembrava la zia di Tivoli di Iva Zanicchi. L'ultimo solenne atto politico da cittadino vivo di mio padre fu di non votarlo alle elezioni. Disse: "A me la spazzolina elettrica non la vendi" e votò, lui che era stato sempre disperatamente di destra, Armandone Cossutta. Disse proprio così: "Contro la tivù dei pannolini meglio il pannolone rosso". Incazzato nero per il suo orgoglio di crocierista ferito. Ma era in un periodo di euforia. Scrisse ancora a Capitan Silvio, in segreto, l'ultimo telegramma, con una battuta virgolettata, una di quelle che lui, Barbera, diceva a Silvio Champagne in crociera, prima che Silvio scoprisse il business delle crociere della Findus. Una battuta storica, disse, di quelle con cui Barbera e Champagne facevano impazzire le bambine e le babbione. Il telegramma con la battuta da crociera è stato rispedito al mittente, alla deriva.Papà è morto depresso, a sinistra.

4.4 Sesso

Mi manca il corpo di una donna, le anime ce l'ho tutte, le sento come seta, sfregando i polpastrelli tra indice e pollice. Vi conosco, vi conosco... guerrigliere dell'anima dei maschi. Donne vi amo. Vi amo e odio i vostri corpi lontani da me come l'algebra o l'Africa. Mi è sempre piaciuto attraversarvi, A volte il sesso è un viaggio breve come il braccio di Messina. A volte infinito, come

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il braccio della morte che porta la mia mano su e giù, come uno schiavo.

Nessun stupore. Poteva un Bohemièn del '68 non parlare di sesso? Poteva. E infatti l'ha fatto meno frequentemente e con più pudore di quanto faccia una qualsiasi pubblicità che passa in Tv in fascia protetta. Il suo è il desiderio carnale di un uomo costretto a una cella, non c'è volgarità: c'è fisicità, c'è umanità. Perché il sesso, che il più delle volte assume una connotazione negativa ancora vicina al tabù, è umano. E Jack ne parla con umanità, da uomo a uomo. Lui è un figlio dei Doors, è figlio di Woodstock: l'uomo non è solo ragione è anche istinto, pulsione.Canta della sua precedente vita, di letti caldi di prostitute, di emozioni a pagamento e lo fa con le parole di De Andrè: Io ho sempre dormito in letti dalle lenzuola stropicciate da altri e non ho mai provato dolore.Ma l'affezionato non manca di scagliarsi anche contro chi vive il sesso come una condanna, come una malattia. Coloro che non si accontentano di essere se stessi e hanno bisogno di cambiare, di provare quelle che amano chiamare nuove vie ma che in verità sono le loro stesse vie. Non accusa l'omosessualità o la transessualità, accusa le donne che non si accorgono che stanno perdendo il sesso, che stanno perdendo la loro identità sessuale, la loro femminilità. È un problema che il Dj sente forte e lo tratta con toni a metà tra il serio e il sarcastico. Le sue parole si limitano a dire in tono ironico che i vostri piselli e le vostre patate sono tutti ugualmente stupendi e perfettamente complementari.L'affetto lo dona anche alle prostitute che in molti anni della sua scapestrata vita l'hanno sempre confortato nel momento del bisogno, a pagamento ovviamente. L'attacco è per coloro che le vogliono togliere dalle strade con la scusa che turbano i bambini, l'attacco e per i protettori, l'attacco è per chi commercia con le donne. È il solito inconfondibile Jack: le donne sono sacre e se sono puttane che hanno come unico tetto un albero, allora bisogna proteggerle. Sono puttane, mica terroristi. Le sue eroine.

63 giorni all'esecuzione Se questa due per tre prima era piccola, adesso è diventata un guscio di noce. I guardiani mi scaricano scatoloni di e-mail e fax. Molte sono donne, amiche, sorelle, fidanzate, libere, amanti di, mogli in camera o casalinghe di tutte le età. Tra le richieste più ricorrenti, quella che vi parli di sesso. Ragazze, il sesso parlato è come l'amplesso di un eunuco. Parlatemene voi, piuttosto. Poi, però, ho pensato che Baudelaire diceva che il sesso è il lirismo del popolo. D'accordo, sarò il vostro poeta. Uno di voi – perché anche i maschietti me lo chiedono - ha addirittura anagrammato il mio cognome, scoprendo che viene fuori fallo, Jack Fallo. Okay, facciamolo, ma come dico io. Questo è un segreto iniziatico che nessuno conosce, me l'ha svelato un Swami di Bombay, Karunananda, e il Viagra, in confronto, fa tenerezza. Bambini? Spegnete la radio. Puritani? Pazienza. Il popolo lo vuole. Non è erotismo, è lirismo. Per modo di dire. Dunque, lui e lei da soli in casa. Assolutamente soli, con la certezza di rimanerlo almeno per dodici ore filate. Candele, molte, soprattutto in camera da letto. Via energia elettrica, via televisione, via cellulari, come in aereo. Fanno interferenza e disturbano il decollo. Prima mezz'ora, rigorosamente separati. Lei si fa un bagno profumato con oli naturali, lui, dopo la doccia, l'attende seduto a gambe incrociate ai piedi del letto, respirando e meditando tranquillo. Entrambi indossano una camicia di lino leggera, e nient'altro. Trascorsa questa mezz'ora lei bussa ed entra in silenzio. Porta un vassoio d'argento. Sul vassoio, sei sette piattini, ciascuno con una piccola porzione di cibo preparato con cura sapiente nelle ventiquattr'ore precedenti e appena riscaldato. Entrambi siedono in terra, l'uomo, con le mani, imbocca la donna, e viceversa. Bevono vino leggero, incrociando le coppe. Ai piedi del letto, una bacinella d'acqua profumata. Sciacquate le dita, alzatevi, adesso stendetevi uno di fianco all'altro, guardandovi sempre senza parlare. Attenzione. Stesi, uno di fianco all'altro, guardandovi intensamente. Ora l'uomo porta il pene all'ingresso della porta dell'amore. Vi dev'essere solo il contatto, null'altro. I due poli del sesso a contatto, come appoggiare una spina sulla presa. Non

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"nella", "sulla". Niente Viagra, nessuna erezione, non è richiesto altro che questo morbido, semplice contatto. Si deve restare distesi di fianco, qualunque cosa accada, per sei ore. In silenzio e guardandosi negli occhi. Dopo sei ore, i due poli opposti scaricheranno una scossa elettrica pari a trecento orgasmi. Una cosa stravolgente. Bene. Ora siete pronti per farlo. Il rapporto dovrebbe durare altre sei magnifiche, indimenticabili, sensualissime ore.Se prima ce l'avete fatta a resistere.Io e Greta ci addormentammo dopo un quarto d'ora di risate incontenibili.

4.5 Amore

Si può parlare di amore? È possibile fare un discorso sull'amore? L'amore quello vero, quello astratto e intangibile ma che fa pulsare il cuore a pieni giri. Quello che non può essere definito perché è un'esperienza intima. Jack non ci ha quasi mai provato, l'ha fatto poche volte. E sempre nel suo inconfondibile stile disincantato. Ha risposto a lettere che gli chiedevano come riconquistare l'amore e a saputo consolare l'inconsolabile con delle sferzate che feriscono nel profondo. Perché non si può cercare consolazione in Jack, lui non è un prete confessore, è un poeta maledetto, è un bohemien, è il figlio di una generazione morta che lo sta portando sula sedia elettrica. Lui, parafrasando Baudelaire, crede che l'amore sia un terribile delitto perché non si può che perpetrarlo con un complice. Per questo non si può chiedere conforto a Jack: lui sta per morire, non si può pretendere che chi sta perdendo la propria vita offra comprensione e aiuto a chi ha perso un amore tiepido, un amore sbiancato da anni di monotonia matrimoniale. Il condannato al massimo ti direbbe di svegliarti perché il vero amore non è come il postino che suona due volte. Che la donna che ami quando la vedi ti blocchi e non riesci a dire una parola, mentre la donna che ti piace ma, come dice lui, non ti fa perdere la brocca, con quella riesci a costruire qualcosa, magari anche una bella relazione, ma una relazione che non ti dà nulla. una relazione che ovviamente è destinata a morire. Un albatro viaggia nei cieli, non si ferma mai e non capisce chi passa anni della sua vita sempre nello stesso talamo nuziale.

137 giorni all'esecuzioneMi ha scritto Gina, da Mestre. Mi chiede come fare a riconquistare suo marito, Giulio, commercialista, il classico cinquantenne che si è preso una sbandata per una ragazzina di vent'anni. Gina mi scrive di averne quaranta, di non aver mai lavorato e di essersi dedicata a Giulio e ai figli. Interessante. Molto interessante. Ma che me ne frega, Gina? Scrivi a Lina Sotis;a Fabio e Fiamma, a Mago Zurlì. Ha fatto bene tuo marito ha fatto. Tutte le sere a casa con te, in vestaglia e ciabatte, a fissare la tele come tapiri, mentre un bambino strilla come Bossi perché quel terrone del fratellino gli ha sventrato l'orsacchiotto? Bravo Giulio, hai visto passare cinquanta chili di carne fresca e te li sei azzannati come un giaguaro. Non ne potevi più delle frittatine di tua moglie, vero? La bambina di tuo marito, Gina, ha due bocce che ci puoi fare strike al bowling. Non me ne fotte niente dei vostri amori mediocri, delle vostre storie di letto mediocri, delle coma mediocri che vi mettete, di tutto questo afrore di broccoli, aglio e cipolla. Perché tu non lo vuoi, tuo marito, Gina di Mestre. Ti sembra di volerlo, soltanto perché lui sta facendo le capriole in un motel con una che potrebbe essere tua figlia. Tua figlia e sua nipote. Ti sembra di volerlo, perché se adesso sentissi suonare il campanello e vedessi me o quell'altro megabestio di Bruce Willis chiuderesti i figli in un orfanotrofio, appenderesti muso e vestaglia al chiodo, e salteresti sulla mia moto come una bambina di otto anni, altro che venti. Bambini siete. Bambini ipocriti. Bambini che hanno sempre avuto tutto dalla vita. Bambini ingrassati, bambini sciatti, bambini con i capelli bianchi. Bambini che hanno sempre diritto. Tienti le tue lacrime, Gina, non mi commuovono. Come non mi eccitano le relazioni extraconiugali di tuo marito. L'unica pena è per i vostri bambini. Parla con loro invece di scrivere stronzate ai divi della radio. Giulio tornerà e per un po', una, due

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settimane, scoperete come ai vecchi tempi. Poi ricomincerete a guardare la tele come tapiri. E` la vostra Alcatraz. Ammettilo: ti piace. Ti piace da morire. Se Giulio non ti avesse messo le corna, Gina di Mestre, che cosa avresti raccontato al telefono alle tue amiche? Stammi bene, tesoro.

Ma dentro quella cella 3x2 c'è un uomo. Un uomo che ha amato anche lui. Come tutti gli uomini giunti di fronte alla fine della loro vita hanno il bisogno di sfogarsi con qualcuno, di raccontare a qualcuno della loro vita. Jack ha la fortuna di potersi sfogare spesso, ha una radio che accetta di trasmettere la sua voce. E nel suo momento di debolezza ci lascia questo momento autobiografico, il suo primo amore. Con malinconia, con amore.

202 giorni all'esecuzioneMai pensato a una fuga da Alcatraz, non sono Clint Eastwood. Piccole fughe nei ricordi, quelle sì. Me le concedo. Ecco, mi sono ricordato la mia prima ragazza. Avevo tredici anni, lei dodici. Era la figlia di un bersagliere. Non un generale e nemmeno un caporale. Solo un bersagliere, un militare qualsiasi, di Sassari. Insomma Maria era povera. Io ero in vacanza in Sardegna in una specie di colonia. Una colonia dello Stato per figli di gente per male. Al pomeriggio saltavo il muro. Ricordo l'odore degli oleandri e del mirto e il suo sudore profumato. Mi aspettava con la bicicletta sotto il muro. Le sue sono state le prime tette che ho toccato. Viste no, mai. E baci senza lingua. Al tramonto il bersagliere ci aspettava sulla scala di una vecchia casa colonica. Sembrava ancora più alto e più magro. Non diceva niente, solo il nome della figlia: "Maria?". Lei saliva e io me ne andavo. Per restare insieme più a lungo, una sera fingemmo il sequestro. Incollai lettere di giornale su un foglio. "Non preoccupatevi" scrissi. "Se non chiamate la polizia, Maria tornerà prima di mezzanotte." Quella volta mi spogliai in una pineta, e lei toccò per la prima volta un uomo. A mezzanotte era a casa. Il giorno dopo saltai il muro del parco, Maria non c'era, l'aveva sequestrata suo padre. Era il ferragosto del 1971. Vent'anni dopo, per un altare, sono tornato in Italia, proprio a Sassari. Ho trovato il suo numero di telefono su un elenco alla stazione. Mi ha risposto la sorella: Maria si era sposata da cinque anni e aveva un bambino e un marito molto geloso. Me ne fregai e la chiamai ugualmente. La prima cosa che mi disse fu: "Scusa se non sonovenuta a prenderti quel giorno. Mio padre mi aveva fatta nera". Era come se ci fossimo visti la sera prima. Le ho detto vediamoci. Lei mi ha dato appuntamento sulla statale alledue e mezzo del pomeriggio. "Farò finta di andare a trovare mio padre." Il marito era una guardia forestale ma beveva di brutto. Infatti, quell'estate c'erano incendi ovunque. Presi un'auto a noleggio. La vidi camminare da sola con un cappellone lungo, quasi da militare, ancora molto bella, anche se a trentatré anni aveva già i capelli bianchi. E` salita in macchina, ho fatto conversione e ho posteggiato nel cortile di uno stabilimento. Ci siamo baciati così a lungo che a un certo punto era già tramonto, l'ora di allora. L'ora del bersagliere. Lei mi ha guardato tremando per la paura che il marito la picchiasse, ma mi ha chiesto a che albergo stavo, ha detto: "Anche se lui mi ammazza voglio fare l'amore con te". Le ho promesso che sarei passato a prenderla alle nove. E` scesa e l'ho guardata andare via. In quella donna c'era l'altra vita che avrei potuto vivere. Feci di nuovo conversione e arrivai fino all'aeroporto di Fertilia. Chiamavano un volo per Marsiglia, lo presi, fregandomene dei miei affari.Non ho fatto altre buone azioni nella mia vita.

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5.0 Lettere

E i lettori che cosa ne pensano? Come hanno reagito i lettori di fronte a tutto ciò? Lettere, migliaia di lettere di tutti i tipi. Da chi faceva domande, a chi pretendeva risposte. Chi accusava il Dj e chi lo consolava. Chi minacciava di suicidarsi se Jack moriva e chi minacciava di far scendere in piazza la gente a manifestare contro la pena di morte. Lasciamo alcuni estratti, senza commenti ulteriori, così come sono, così come Jack le ha lette.

Ciao Jack,sai perché ti hanno lasciato trasmettere, lo sai?... Perché non credevano in noi, sì in noi che tutti i giorni aspettiamo che tu via etere esprima in una sola voce le nostre urla. Non immaginavano nemmeno loro che potessimo essere così tanti, e ora tremano, sanno di non poterti più fermare. Volevano usare anche te e ti hanno lanciato nell'etere contro di noi ma tu sei il nostro boomerang. Gli tornerai indietro con la forza di tutti coloro che aspettano, per la prima volta nella vita, che arrivi presto lunedì... ore 14,15.Un abbraccio forte.Paolo.

Ho visto la luce, cazzo!Ero nella mia fottutissima macchina, quando la mia schifosissima radio si è imbattuta in te, bastardo figlio di puttana.Mi sono chiesto: "Chi è questo?". Pensavo fosse uno scherzo, invece ho capito che il mondo si stava muovendo, che qualcosa cambiava, e tutto perché c'era un figlio di mignotta che cacava parole a ripetizione, che ti sputava nell'anima, che ti faceva capire quanto eri stronzo te e chi ti circondava. Grazie Jack Folla,se la merda fosse oro saremmo tutti più ricchi.Fiore M.

Caro Diego Cugia,cerca di metterti in contatto discretamente con Jack e digli che stiamo organizzando la sua evasione. Dopo, insieme con lui, andremo a liberare Silvia.Quei due meritano di essere liberi.Angelo.

Anche se sei più falso del mio Rolex comprato di contrabbando nei bassifondi di Marsiglia mi sei piaciuto. Hai dei valori.Quali non importa... L'importante è volare.Giampaolo.

Sono anche io nel braccio, volevo dirti che sei diventato un mito tra quelli in cortile, continua fin quando puoi. Mi trovo qui nel bacile perché ho ammazzato il ragazzo di una che mi faceva il filo e che poi si è scoperto che mi prendeva per il culo. Voglio che con la tua rabbia tu le dica che non sono stato io a rubarla a lui ma è stata lei a rubare me alla libertà che avevo prima di innamorarmi di lei. Pagherò per l'omicidio commesso ma non ho nessuna fottuta intenzione di prendermi altre colpe.Sei forte fratello, continua a vomitare acido sopra tutti quelli che ti capitano a tiro. Noi siamo privilegiati, noi sappiamo quando; gli altri invece, muoiono senza la cartolina d'invito.Jack... let's fly away from here!Lucky.

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Ma se la mia voce appassirà nelle vostre orecchie e il mio amore svanirà nella vostra memoria, allora tornerò, e vi parlerò con cuore più ricco e con labbra più generose di spirito.Certo, ritornerò con la marea.Jack, che tu possa tornare.Laura.

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6.0 Conclusioni

Siamo giunti alla fine di questo lavoro. Un lavoro modesto, senza alcuna pretesa di perfezione. Abbiamo scelto di interpretare le parole di Jack Folla nello stile in cui pensiamo lui avrebbe voluto interpretarle. Abbiamo sempre parlato di Jack, mai di Diego nell'analisi della trasmissione. Perchè abbiamo già detto che l'albatro è non solo una creazione di Cugia ma un lavoro di una equipe, un gruppo di persone che ha lavorato nella creazione di un mito.Molte le citazioni che abbiamo riportato: l'abbiamo fatto perché solo Jack può parlare con le sue parole. Ciò ha significato per noi un profondo lavoro di ricerca nei testi e negli estratti che si sono accumulati attorno ad Alcatraz. Tante altre cose avremo potuto scrivere sulle tematiche affrontate da Jack Folla: abbiamo selezionato quelle che a noi sembravano più interessanti.Un'ultima cosa: da quando abbiamo incontrato Jack un po' siamo cambiati anche noi. Nessuno può rimanere indifferente all'ardita tenerezza di un uomo in catene che ti chiama "fratello"e ha esordito dicendo: "Sono tornato per insegnarvi a sognare".

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7.0 Bibliografia

● Alcatraz. Jack Folla un dj nel braccio della morte (Rai-Eri, 1999)● Jack l'uomo della Folla (Mondadori, 2003)● Jack Folla - Lettere dal silenzio (Mondadori, 2004)● http://www.diegocugia.com ● http://web.tiscali.it/pernondimenticare/

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1 giorno all'esecuzioneL'albatro 3957 di Alcatraz dispiega

le ali della libertà per venirvi a cercare uno per uno, nei pensieri, nella memoria e nelle vostre notti.

Proviamoci a incontrare, quest'ultima. Sedetevi a gambe incrociate, in silenzio,quando tutto dorme. Guardatevi allo specchio. Respirate

regolarmente e senza emettere alcun suono. All'inizio sentireteun leggero fastidio, superate il malessere, andate avanti.

I più forti tra voi individueranno il profilo di un volto simileal vostro. Non abbiate paura. Continuate a fissare lo specchio

respirando regolarmente. Quando ti sentirai osservatodal te stesso che guardi, mi avrai trovato. Addio fratelli, addio

specchi.Hasta siempre.

Jack

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