iviltà d’arte Apsara

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Les Nouvelles Esthétiques - Ottobre 2006 230 Danzatrici le Apsara: iviltà d’arte C

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Danzatricile

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Un evento culturalee artisticostraordinario:per la primavolta in Italia, danze, costumie strumenti musicali dell’anticatradizione Khmer.

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CelestiIl balletto dellascuola d’arte di Siem Reap,Cambogia: ovverola disciplinadella graziae della poesia Testo e foto: Luisa Casiraghi

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L’incanto della grazia e della deli-catezza nel movimento. L’armoniaraffinata delle forme, nella precisio-ne dei gesti. L’ineffabile finezza nelporgere il proprio corpo e il propriospirito alla disciplina della “poesia”.Tutto questo, e molto di più, è ciòche le danzatrici e i danzatori del-la scuola di Siem Reap, ospitidell’“Auditorium Giuseppe Verdi” diMilano, hanno regalato con il lorospettacolo. Un raro esempio di quel-l’universalità dell’arte capace di tra-sformare spazio e tempo in moven-ze celestiali, filigrane tese fra le di-ta e sospese fra un passo e l’altro,che come orme di invisibili divini-tà, hanno esorcizzato la realtà e re-stituito alla mente un istante di esta-si indimenticabile.

L’evento: “l’impronta

dello spirito”

Il corpo di ballo della Scuolad’Arte di Siem Reap (ricono-sciuta dal Ministero della Cul-tura cambogiano) ha potutoesibirsi per la prima volta in Ita-lia, grazie a una tournée orga-nizzata dalla Onlus “CIAI”(Centro Italiano Aiuti per l’In-fanzia), che ha toccato Milano,Guastalla, Padova, Parma, Pe-scara e Roma. Una possibilitàunica per ammirare lo straordi-nario patrimonio di tradizioniartistiche dell’arte Khmer clas-sica, fiorite intorno alla metàdel XII secolo quando Angkor(vedi articolo “Cambogia: a unsoffio dalla dimora degli Dei” suLNE lug-ago 2005, pp. 156-161)divenne la capitale di una delleciviltà più avanzate del bacinoasiatico, e che spaziano dalladanza sacra, al canto, alla mu-sica. Ma soprattutto, l’incontrocon le “Apsara”, le “DanzatriciCelesti”, è stata l’occasione peril folto pubblico, di farsi per-meare da un universo di squisi-ta leggerezza, nel quale ap-prendere la “tessitura” dellagrazia del movimento, signifi-ca soprattutto accedere all’im-

palpabilità del fiato sposatoalla musica, alla finezza diespressione di una narrazioneoltremodo interiorizzata, doveil corpo diviene flessuosa poe-sia visiva, archetipo di infinitaarmonia e celestiale trascen-denza. In un’estasi di atteggia-menti, pose, e forme che na-scono dall’eleganza dell’animo,in una plasticità che ha il respi-ro del tempo e il ritmo dell’es-senzialità. A testimonianza diun’impronta soprattutto, e pri-ma di tutto dello “spirito”, allaquale gli allievi della “Scuoladell’Arte” vengono quotidiana-mente educati. Non a caso l’ar-te, in genere, ha come presup-posto l’elevazione del pensieroe della coscienza e a Siem Re-ap, tale presupposto ha radicimolto profonde: la danza inCambogia è considerata sacra,poiché è il mezzo di raggiungi-mento e congiungimento con ildivino e la divinità, dove chidanza si immette nel flusso co-smico della creazione dell’Uni-verso. Insegnamenti pregnantidi tutta una formazione prodi-gata a questi fanciulli davverospeciali: da maestri d’arte vera-mente fuori del comune.

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Gioielli spirituali

Di fatto, l’educazione alla danza, soprattuttoquella sacra, ha come presupposto il modellareogni gesto e ogni passo all’umiltà, in quella di-sciplina della poeticità che rende la mente doci-le al fluire di un solo battito dello sguardo, nelquale lo spirito possa dimorare. Linguaggio se-greto che s’instaura fra respiro e movenza chelo rende forma visibile, fra spazio e corpo che lorende dimora, e dove il piede nudo, nel contat-to con il suolo, dona la dimensione della regali-tà e dell’immensità di un solo piccolo passo cheincede nell’Universo. Questi sono i “gioielli spi-rituali” che più che mai hanno adornato i visi ditutti gli interpeti, insieme alla timidezza appe-na celata dietro i magnifici costumi, gli orna-menti e i meravigliosi copricapo delle Apsara ealla spensieratezza e gioia proprie a chi, dellapadronanza e maestria modellanti quelle coreo-grafie complesse e difficili, ha fatto un rituale difreschezza, di gioia e di immaginifica trasmuta-zione della propria semplice realtà. Quella dellaloro terra d’origine, che essi attraversano calpe-stando la polvere, indossando gli unici sandalipossibili: l’incedere stesso, che li porta a “im-parare”, a forgiare il passo alle movenze di unanobiltà insita nella fierezza innata di loro piccolicorpi. Ma l’incontro con l’intera troupe, è anchel’incontro con il coraggio, la determinazione e lalungimiranza di un progetto umanitario, oltreche artistico, che vede riunite due Ong, di cuiuna è l’associazione CIAI, (Centro Italiano Aiu-to all’Infanzia) che sostiene la Scuola dell’Artedi Siem Reap, pagando le tasse scolastiche de-gli allievi, i costumi, le rette degli insegnanti etutti gli altri costi che la scuola comporta, e cheè l’organizzatrice della tournée italiana. Vedia-mone il percorso e le finalità.

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Le Danzatrici Celesti

La storia della Cambogia e il

ruolo della scuola d’arte:

il coraggio di un progetto.

Sulla strada che conduce ai magnificitempli di Angkor, immersi nella fore-sta, sorge la Scuola d’Arte di SiemReap. Le attività che vi si svolgonoquotidianamente – corsi di danza,teatro, musica, costume e trucco -hanno un duplice valore: da un latomantengono viva e trasmettonoun’arte millenaria, dall’altro offrono aibambini che appartengono alla fascepiù povere della popolazione unastraordinaria possibilità di affrancarsidalla loro situazione. Di fatto, i giova-ni allievi, di età compresa fra i 6 e i 15anni, appartengono alle famiglie piùpovere della zona di Angkor ed en-trando nella scuola, viene data loro lapossibilità di apprendere un’arte untempo riservata solo alle classi socialipiù elevate. Una vera rivoluzione cul-turale se si pensa che questo settoreera storicamente esclusivo di princi-pesse e concubine. I bambini, infatti,vivono nelle campagne e molti di lorotrascorrono le giornate mendicandofra i turisti dei templi; unico requisitorichiesto loro per entrare a far partedella Scuola è quello di avere suffi-cienti doti artistiche che, secondo latradizione cambogiana, sono ispiratedallo spirito degli dei protettori dellearti che animano i corpi e le menti almomento della danza o del suono. Illivello tecnico e artistico raggiuntooggi da questi giovani è altissimo,considerata la difficoltà di una tecni-ca molto complessa e articolata. Granparte degli insegnanti sono artisti so-pravvissuti al regime di Pol Pot, chein molti casi sono rimasti le unichepersone a conoscere quest’arte e adaverla “vissuta” personalmente, sul-la scena. Non a caso, M.me Sokham,insegnante ed ex danzatrice, è statadefinita migliore artista nazionale edè classificata TESORO VIVENTEDELL’UNESCO. Durante gli anni delregime, il 90% dei danzatori, dei mu-sicisti e degli attori furono barbara-mente uccisi. Ora, dopo anni di guer-riglia, il Paese sta lentamente rico-minciando a vivere in pace, a progre-dire, e a pensare al futuro. Questo fa-ticoso cammino passa anche attra-verso il recupero delle antiche tradi-zioni, la cui memoria storica è statasempre affidata alla trasmissioneorale, di generazione in generazione,

da maestro a discepolo. Grazie allaScuola d’Arte di Siem Reap, questofilo così atrocemente interrotto, è sta-to riannodato.

I Corsi alla scuola d’arte

La danza classica khmer

La danza classica khmer è moltocomplessa, poiché si compone di mi-gliaia di movimenti e le 75 bambine,tra gli 8 e i 13 anni, ammesse ai corsi,si allenano duramente ogni giornoper raggiungere livelli di professiona-lità molto elevati. Nei loro occhi silegge la determinazione di chi, oltread avere un dono, ha un bisogno,quello di vivere, di aiutare la propriafamiglia, di sfruttare quel dono che lamusa dell’arte ha fatto loro, per gua-dagnarsi un futuro migliore.Come per magia, queste mani, chedurante la semina e la raccolta hannodimestichezza con la terra, si piega-no con estrema grazia nei gesti ritua-li della danza, ognuno dei quali rac-chiude un significato: amare, odiare,mostrare. Nel lento susseguirsi delleposture, ogni dettaglio è fondamen-tale, considerato che si contano 4500gesti, che sono come le parole in unafrase di cui il corpo è il fulcro. Per co-gliere la bellezza delle rappresenta-zione artistiche cambogiane, bisognatenere presente l’origine sacra diqueste danze. La base del repertorioè il “Reamker”, versione khmer del“Ramayana” indiano. I musicisti, icantanti e le ballerine erano in passa-to legati ai templi. Il re e le principes-se facevano spesso offerta alle divini-tà dei templi di orchestre e ballerine.L’artista sacro aveva un ruolo nelleofferte sacre, e si credeva che un cat-tiva performance avrebbe influenza-to la divinità sfavorevolmente. Nellascuola, ogni giovedì, si organizza unacerimonia religiosa durante la qualegli studenti ringraziano gli dei protet-tori e gli insegnanti.

La danza folcloristica, la

musica khmer

Se la danza classica richiede discipli-na, precisione e rigore, le danze fol-cloristiche richiedono grandi capacitàdi interpretazione mimica e teatrale.Ogni danza, infatti, racconta una sto-ria, legata alla vita della gente nellecampagne e al ritmo delle stagioni emette in rilievo le specificità regiona-li, sia nella scelta degli accessori, sia

nella messa in scena. Oggi 116 bam-bini, maschi e femmine, frequentanoi corsi di danza folcloristica. A suavolta, l’apprendimento della musicaha un carattere religioso e spirituale,e avviene, secondo la tradizione, pre-valentemente nelle pagode. La musi-ca inoltre non è scritta ma viene tra-smessa da maestro a discepolo.

I costumi

I costumi, gli accessori e i gioielli rap-presentano uno degli aspetti più in-teressanti dell’arte khmer. Impararea fabbricare i costumi è fondamenta-le per una ballerina. Di conseguenza,a rotazione tutte le allieve della scuo-la devono frequentare l’Atelier di fab-bricazione dei costumi. Durante lerappresentazioni ufficiali, i vestitivengono cuciti direttamente sul cor-po, per scolpirlo alla perfezione.

Una giornata alla Scuola d’Arte

Si arriva a scuola presto, sono ancorale 7 del mattino. Si mettono nel cesti-no i vestiti di casa, si fa la doccia, cisi pettina e ci si trasforma in piccoledanzatrici o piccoli danzatori. Questomomento racchiude il piacere delprofumo di uno shampoo e di una sa-ponetta, il piacere di avvolgersi conun tessuto di cotone e indossare unacintura che brilla, la gioia di fuggireper un attimo, tra i colori e i profumi,alla realtà di ogni giorno, una realtàdi miseria, di lavoro duro nelle risaie,in cui il riso non è mai abbastanzaper sfamare tutti nella famiglia. Manon solo. Si tratta di una vera e pro-pria cerimonia: sui magnifici bassori-lievi che adornano il tempio del Ba-yon, infatti, si possono ammirare ledanzatrici celesti – le Apsara - men-tre fanno il bagno, si pettinano e simassaggiano, prima di iniziare gliesercizi canonici. Finite le lezioni, cisi avvia verso casa, in bicicletta o ac-compagnati dal camion della scuola.Nel pomeriggio o al mattino, si fre-quenta la scuola pubblica, perché unbravo artista deve avere una forma-zione completa. Ciò significa, però,per le famiglie, non poter contare sul-le braccia dei propri figli per tutto ilgiorno e a volte ciò rappresenta unasignificativa perdita economica. Perdare sollievo alle famiglie e consenti-re ai genitori di vivere con gioia e en-tusiasmo questa opportunità grandeche la vita offre ai loro figli, tutti gli

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studenti ricevono dal CIAI mensil-mente una borsa di studio e materia-le scolastico. Commovente è il giornodella consegna delle borse di studio,quando i genitori si recano alla scuolae possono finalmente ammirare i loro

piccoli artisti in scena. Si affollano infondo alla sala, si tolgono il capello dalcapo in segno di rispetto, si accovac-ciano per terra e, dai loro occhi umidie fieri, si può immaginare che stianoringraziando la musa degli artisti.

Nella scelta di organizzare la tournéeitaliana, la Ong CIAI si è posta treobiettivi:

1) raccogliere fondi per la ricostru-zione del “Teatro Pagoda” in cui siesibivano i bambini della Scuolad’Arte, recentemente distrutto perun utilizzo speculativo del terreno;

2) far conoscere un’arte antica, ric-ca e affascinante, che rappresenta ilpassato glorioso di un popolo che lastoria recente ha cercato di annien-tare;

3) sensibilizzare il pubblico italianosulle problematiche sociali che laCambogia sta vivendo, e alla situa-zione dell’infanzia.

E in quest’ottica, L.N.E., come già av-venuto per il progetto di ricostruzio-ne del Monastero di Seghiu, in Tibet,nel 2003, del medico tibetano LamaLawang, è ben lieta di promulgarel’iniziativa del CIAI, aprendo le pagi-ne del suo giornale alla divulgazionedi questo suo importante progetto ar-tistico e umanitario. Perché aiutare ladiffusione “dell’educazione allo spiri-

to”, tramite l’arte, la filosofia, e tuttociò che sia in grado di costruire lo“stato spirituale interiore”, vuol direcontribuire a creare la “dimora collet-tiva umana”, quella dove l’elevazionedella mente diviene il pilastro grazieal quale qualsiasi nostra azione nelmondo prende radice e fruttifica.Ogni contributo donato a sostegno diiniziative come quella della “Scuoladell’Arte” di Siem Reap, infatti, è, amio avviso, un aiuto dato all’autoritàdi costruttori e veicolatori di bene,unico vero patrimonio dell’interaumanità.

Per informazioni su un’adozione a distanza o un aiuto al progettodella “Scuola dell’Arte di Siem Reap”, rivolgersi a:CIAI Onlus - Centro Italiano Aiuti all’InfanziaE.mail: [email protected] - Internet: www.ciai.it

Le “Apsara”, fanciulle di unabellezza celestiale, insieme al-le figure dei Buddha, sono leiconografie più conosciute eammirate dell’intero comples-so di Angkor. La loro figurasinuosa e ieratica punteggia,infatti, i bassorilievi dell’inte-ro complesso, e nella culturainduista, oltre che in quellaKhmer, (fortemente influen-zata dalla mitologia Indù), fu-rono assunte a ruolo di “deeminori”, ovvero le “danzatri-ci celesti”, l’essenza della fem-minilità “sacra”, il principioyin per eccellenza, che donasenso compiuto alla Terra. InCambogia ancora si crede chechi incontra una di queste dan-zatrici nei suoi sogni, avrà leporte aperte in Cielo e chi le

guarda, rimane, invero, rapi-to dalla flessuosità, ieraticitàed espressività che trasparedalle loro pose estatiche: il bu-sto finemente arcuato, le gam-be lunghe e mobili, le bracciasottili e morbide come steli dipapiri, le mani capaci di im-personare sentimenti-signifi-cati-preghiere e di comuni-carli attraverso ogni più pic-cola giuntura delle dita, chesenza limiti li esternano pas-sando dall’estremo dolore, al-la gioia o all’amore. I piedinudi che umili, sembrano na-scere dal suolo e allo stessotempo generarlo, gli occhi soc-chiusi che infondono pace:così danzavano per gli Dei,“danzatrici celesti”, nel ruo-lo della “donna celeste”, l’es-

senza stessa della donna, co-loro che dilettavano e il cuicorpo trasmetteva “l’armoniauniversale” del creato. Esseerano, infatti, le “Portatrici diluce”, coloro che dovevano il-luminare il buio, fare risplen-dere la pietra, nel mondo uma-no. E lo facevano danzando,per comunicare serenità, pie-nezza, leggerezza. Per celebra-re le bellezze, le meraviglie ei misteri della vita. E, di fat-to, grazie alla danza, le Apsa-ra divenivano parte del divi-no, entrando nel complessoritmo del mondo e della vitae riassumendo in sé le poten-zialità del ritmo stesso dellacreazione.

Luisa Casiraghi

Chi erano le “Danzatrici Celesti”?

Apsara: Le Danzatrici Celesti

AIUTIAMO IL CIAI A RICOSTRUIRE LA “DIMORA DELLA GRAZIA” DI SIEM REAP!

OBIETTIVI DEL CIAI