(ITA Buddhismo-Buddismo) R.venturini Revisioni e Bilanci
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Riccardo Venturini
PRATICA INTEGRALECaratteristica dell insegnamento mahayana, e T ien-t ai in particolare, è quella di guidare a una
pratica integraRiccardo VenturiniREVISIONI e BILANCI
Componente essenziale di una pratica di consapevolezza è la costante attenzionerivolta al confronto tra ciò che si è fatto, si sta facendo o si ha intenzione di fare e ilprogramma di vita. Anzi è proprio questo continuo bilancio che trasforma un disordinato eprecario vivere alla giornata in un progetto di vita. Nei diversi contesti delle disciplinespirituali, il bilancio di vita ha assunto nomi differenti, ma mostra anche molti elementicomuni. Le revisioni e i bilanci possono in certo modo identificarsi con la pratica dellaconsapevolezza, per cui diviene difficile o arbitrario separarli da essa; diciamo quindi chela revisione è ben individuabile quando assume un aspetto formale, pur non avendo unadiversa e specifica qualità. Essa pertanto si strutturerà secondo gli stessi criteri espostinella presentazione della pratica integrata (paramita, condizioni dell esperienza, etc.).
A proposito del retto uso della parola, il Buddha indicava al praticante il modo diessere riflessivo prima di parlare. Giocando sul termine riflessione , in questo discorso diesortazione a Rahula, Egli generalizza l atteggiamento da tenere nei confronti dei vari tipidi operazioni (riguardanti, al solito, corpo, parola e mente):
Cosa pensi di questo, Rahula? Qual è lo scopo di uno specchio? Il suo scopo è la riflessione, reverendo Signore. Parimenti, Rahula, un operazione dev essere compiuta col corpo solo dopo ripetuta riflessione;
dev essere compiuta col linguaggio solo dopo ripetuta riflessione; dev essere compiuta colla mente solodopo ripetuta riflessione.Se tu, Rahula, sei desideroso di compiere un operazione col corpo, dovresti riflettere su quellaoperazione del tuo corpo in tal modo: Quella operazione che io desidero fare col corpo è un operazionedel mio corpo che potrebbe condurre a un danno mio o di altri o di entrambi; tale operazione del corponon è virtuosa, il suo frutto è angustia, il suo risultato è angustia . Se tu, Rahula, così riflettendo, dovessitrovare, Quella operazione che io desidero fare col corpo è un operazione del mio corpo che potrebbecondurre a un danno mio o di altri o di entrambi; tale operazione del corpo non è virtuosa, il suo frutto èangustia, il suo risultato è angustia una operazione del corpo siffatta, Rahula, tu dovresti certamentenon farla.Ma se tu, Rahula, così riflettendo, dovessi trovare, Quella operazione che io desidero fare col corpo èun operazione del mio corpo che potrebbe condurre né a un danno mio né di altri né di entrambi; taleoperazione del corpo è virtuosa, il suo frutto è gioia, il suo risultato è gioia una operazione del corposiffatta, Rahula, tu puoi compierla.Quando tu, Rahula, stai compiendo questa operazione col corpo, tu dovresti riflettere su questa stessaoperazione del corpo in tal modo: Questa operazione che io sto facendo col corpo è un operazione delmio corpo che sta conducendo a un danno mio o di altri o di entrambi? È questa operazione del corponon virtuosa, il suo frutto è angustia, il suo risultato è angustia? . Se tu, Rahula, così riflettendo, dovessitrovare, Questa operazione che io sto facendo col corpo è un operazione del mio corpo che staconducendo a un danno mio o di altri o di entrambi; questa operazione del corpo non è virtuosa, il suofrutto è angustia, il suo risultato è angustia tu, Rahula, dovresti evitare una operazione del corposiffatta.Ma se tu, Rahula, così riflettendo, dovessi trovare, Questa operazione che io sto facendo fare col corpoè un operazione del mio corpo che non sta conducendo né a un danno mio né di altri né di entrambi;questa operazione del corpo è virtuosa, il suo frutto è gioia, il suo risultato è gioia una operazione delcorpo siffatta, Rahula, tu potresti ripeterla.E quando tu, Rahula, hai compiuto un operazione col corpo, tu dovresti riflettere su quella stessaoperazione del corpo in tal modo: Quella operazione che io ho fatto col corpo è un operazione del miocorpo che ha condotto a un danno mio o di altri o di entrambi? Tale operazione del corpo è non virtuosa,il suo frutto è angustia, il suo risultato è angustia? . Se tu, Rahula, così riflettendo, dovessi trovare, Taleoperazione che io ho compiuto col corpo era un operazione del mio corpo che ha condotto a danno mio
o di altri o di entrambi; questa operazione del corpo non è virtuosa, il suo frutto è angustia, il suorisultato è angustia una operazione del corpo siffatta, Rahula, dovrebbe essere confessata,palesata, dichiarata al Maestro o a intelligenti messaggeri di Brahma in modo tale che confessata,palesata e dichiarata possa produrre un freno [indurre un astensione] nel futuro.Ma se tu, Rahula, così riflettendo, dovessi trovare, Quella operazione che io ho fatto col corpo èun operazione del mio corpo che non ha condotto né a un danno mio né di altri né di entrambi; era unaoperazione del corpo virtuosa, il suo frutto gioia, il suo risultato gioia per questo motivo, tu Rahula,puoi dimorare nell entusiasmo e nel rapimento estatico, addestrandoti giorno e notte negli stati virtuosi.Se tu, Rahula, sei desideroso di compiere un operazione col linguaggio [ ], addestrandoti giorno enotte negli stati virtuosi.Se tu, Rahula, sei desideroso di compiere un operazione colla mente [ ], addestrandoti giorno e nottenegli stati virtuosi (M.N., II, pp. 88-90).
In altri sutra (M.N., n° 122 e n° 151), la griglia del confronto è costituita dai 6 aspetti e 6condizioni dell esperienza (camminare, stare in piedi, giacere, sedere, parlare, pensare),per i quali il monaco/praticante è invitato a riflettere se ha albergato in sé (ad es.,camminando o ascoltando), attaccamenti, avversioni, forme di ignoranza, reazioni nonequanimi verso ciò che ha percepito.
Lungo la strada per entrare al villaggio, ho avuto nella mia mente desideri o attaccamenti o avversioni oconfusione o reazione sensoriale relativamente a forme materiali conoscibili mediante la vista?
suoni conoscibili mediante l udito? odori conoscibili mediante l olfatto? sapori conoscibili mediante il gusto? contatti conoscibili mediante il corpo [tatto]? stati mentali conoscibili attraverso la mente?
In caso positivo, il monaco/praticante dovrebbe
fare uno sforzo per sbarazzarsi di questi stessi stati cattivi e non virtuosi;
in caso negativo,
con rapimento estatico e gioia può abbandonarli, esercitandosi notte e giorno negli stati virtuosi.
Analogamente, per quanto riguarda altre voci dell analisi:
i cinque lacci dei piaceri sensoriali sono stati da me sciolti?i cinque impedimenti sono stati da me sciolti?comprendo io bene i cinque gruppi di attaccamenti?sono ben sviluppate in me le quattro basi della consapevolezza? i quattro retti sforzi le quattro basidel potere psichico le cinque facoltà di controllo i cinque poteri i sette fattori di illuminazione l ottuplice sentiero?[id. per calma, insight, coscienza e libertà],
dovrebbe sforzarsi di sviluppare quel che non è sviluppato ovvero,
con rapimento estatico e gioia può abbandonarli, esercitandosi notte e giorno negli stati virtuosi.
Preziose sono poi le indicazioni su come addestrarsi per effettuare l auto-osservazione(che consente di fare le predette verifiche) guardando a sé come in uno specchio:
Ancorché, o monaci, un monaco non sia esperto nella conoscenza della altrui condotta mentale, eglidovrebbe almeno così riflettere: Io debbo divenire esperto nella conoscenza della mia condottamentale . Così, o monaci, dovreste addestrarvi.E in che senso un monaco è esperto nella conoscenza della propria condotta mentale?È come se un uomo o una donna o un giovane, desiderosi di ornamenti, guardassero le loro facceriflesse in uno specchio pulito e brillante o in una coppa di acqua limpida. Scorgendo qualche particelladi polvere o di sporcizia faranno ogni sforzo per rimuoverli, ma se non vedranno alcuna polvere osporcizia saranno contenti e soddisfatti di ciò e penseranno: Bene! Sono pulito! .Analogamente, o monaci, è di grande importanza per un monaco che egli esamini sé stessorelativamente alle qualità positive in lui: Sono io sovente cupido o no? Sono spesso di cattiva volontànel mio cuore o no? Sono spesso immerso nell accidia e nel torpore o no? Sono eccitato o sovente
libero dall eccitazione? Sono spesso dubbioso e ondeggiante o sono al di là del dubbio? Sono spessoarrabbiato o no? La mia mente è sovente contaminata da pensieri cattivi o è libera da contaminazioni? Ilmio corpo è spesso irrequieto o è libero dall irrequietezza? Sono spesso pigro o energico? Sono spessodistratto o concentrato?Quando un monaco in un siffatto auto-esame trova che egli è spesso cupido, malevolente, accidioso,eccitato, dubbioso e ondivago, arrabbiato, mentalmente contaminato, irrequieto, pigro e distratto, alloraquel monaco dovrebbe applicare il suo massimo zelo ed energia, sforzo e applicazione, come pure unaincessante consapevolezza e attenzione per abbandonare tutte queste cattive e malefiche qualità.Proprio come un uomo le cui vesti o il turbante siano in fiamme applicherà il suo massimo zelo edenergia, sforzo e applicazione, come pure una incessante consapevolezza e attenzione così daspegnere il fuoco, parimenti il monaco, per abbandonare tutte queste cattive e malefiche qualità,dovrebbe applicare il suo massimo zelo ed energia, sforzo e applicazione, come pure una incessanteconsapevolezza e attenzione. Ma se quel monaco, esaminandosi, trova che egli è più spesso senzacupidigia e cattiva volontà; più spesso libero da accidia e torpore, da eccitazione e dubbio; più spessolibero da rabbia e trova che la sua mente è non contaminata e che il suo corpo è libero da irrequietezza,che egli è più spesso energico e ben concentrato, allora ancorando fermamente sé stesso a questebenefiche qualità, egli dovrebbe andar oltre e fare uno sforzo per eliminare i veleni [(in pali asava) deidesideri sensoriali, del desiderio dell immortalità, degli erronei punti di vista e dell ignoranza] (A.N., V, p.66 s.; The Wheel, nn. 238-40, 1976, p. 47 s.).
E poiché la revisione richiede un lavoro su una immagine (nell accezione più ampia deltermine) la tecnica si precisa nel senso di mettersi all esterno , guardando a sé come siguarderebbe a un altro, proprio mettendosi in posizione adatta (più in alto) per meglioosservarlo (modello del testimone):
L immagine per la revisione [in pali: paccavekkhana nimitta] è correttamente afferrata dal monaco,correttamente tenuta dall attenzione, correttamente meditata, correttamente penetrata dallacomprensione [profonda]. Monaci, nello stesso modo in cui uno potrebbe esaminare un altro, stando inpiedi esaminare un altro seduto, o sedendo esaminare un altro che giace, proprio così l immagine per larevisione viene correttamente afferrata dal monaco, correttamente tenuta dall attenzione, correttamentemeditata, correttamente penetrata dalla comprensione [profonda] (A.N., V, p. 19).
La revisione o conoscenza retrospettiva [pali: paccavekkhana-ñana] può applicarsiovviamente anche alle esperienze ottenute nello stato meditativo, come indicato dalVisuddhimagga (p. 790 s.). Va poi ricordata, come forma di esame di coscienza collettivo,la recitazione del Patimokka [Codice di disciplina] effettuata nei giorni del plenilunio e delnovilunio (cioè due volte al mese) davanti all assemblea della comunità monastica. Nelbuddhismo giapponese contemporaneo (ad es. nel movimento della Rissho Kosei-kai) lapratica detta della hoza (circolo della Legge o star seduti insieme per discutere dellaLegge) vuole riattualizzare quella della primitiva comunità dei discepoli di Sakyamuni, chesi riunivano due volte al mese per praticare l autoanalisi e il pentimento. La hoza è illuogo in cui i devoti si confrontano e si sostengono reciprocamente per cercare di capire
l origine delle sofferenze alla luce del Dharma e cercare la liberazione nella via delbodhisattva. Lo scopo non è quello di confessare gli errori né di fare diagnosi suqualcuno, ma di aiutare ciascuno, facendo insieme esperienza dell interdipendenzauniversale.
Ricordiamo infine che, nel cristianesimo, specificamente finalizzata al bilancio chedeve essere fatto per giudicare la rispondenza della condotta al programma diperfezionamento spirituale è la pratica dell esame di coscienza, la quale richiede l abilitàdel discernimento, il cosiddetto discernimento degli spiriti (diàkris pneumàton) o deipensieri, così denominato in quanto i pensieri buoni sono eguagliati agli spiriti buoni, gliangeli, e i pensieri cattivi agli spiriti cattivi, i demoni. M. Foucault, nel suo studio della curadi sé, ha cercato di esaminare quale fosse il significato dell esame di coscienza nel mondoclassico, anche al fine di indagare sull assorbimento di tecniche spirituali di quel mondonella tecnologia del sé sviluppata dal cristianesimo. Nella psicologia e psicoterapia attuali,sono presenti l auto-analisi, il Self-watching, il time management, che, in forme diverse e
laicizzate, ci riportano alle stesse esigenze che sono alla base delle discipline dellepsicologie spirituali tradizionali (v. R. Venturini, Coscienza e cambiamento, Assisi,Cittadella Editrice, 1998, § 5.10).
ta (di tutti gli insegnamenti) e integrale (o incessante, in quanto applicata in tutte le
circostanze e in tutti i momenti della vita).
1. Pratica integrata delle paramita. - La pratica delle paramita, come si sa, è una pratica
integrata, basata sulla loro mutua implicazione, da leggere come caso particolare della
universale interdipendenza. Come ricorda K. Mizuno, la legge di causazione ci dice che
ogni fenomeno nell universo è intimamente connesso a tutti gli altri. Non è quindi strano
che nel triplice apprendimento, nelle sei perfezioni e nell ottuplice sentiero ciascun
elemento includa tutti gli altri e sia incluso in tutti gli altri . Quindi nella pratica della
generosità, ad es., dovrà considerarsi presente quella della pazienza, della perseveranza,
della concentrazione mentale, etc. In particolare, assume una speciale importanza la sesta
paramita, la sapienza o prajña, essendo proprio la sapienza, come realizzazione della
Vacuità, a dare valore di perfezione alla pratica delle virtù convenzionali, trasformandone
profondamente il significato. T. R. V. Murti, a questo proposito, osserva che
la prajña è la guida delle paramita, senza la prajña le altre perfezioni sono cieche e prive di direzione.
Né esse sono paramita senza la prajña; solo la prajña può portarle a compimento. La pratica delle virtù
separate e gli atti di contemplazione occasionali non possono impartire quell unità e unicità di scopo così
essenziale alla vita spirituale. È la prajña che informa e dirige l intero processo fin dall inizio.
Se le paramita, grazie alla loro mutua inclusione, sono in qualche modo
indistinguibili, ciò vuol dire che saranno tutte da praticare, ciascuna nella sua specificità, o
che basterà praticarne una sola? Questo interrogativo, che si è più volte presentato alla
riflessione sulla pratica, è tutt altro che accademico , in quanto le modalità della pratica
saranno proprio condizionate dalla risposta data a questo interrogativo. Ecco come la
domanda è posta nel Mo-ho-chih-kuan:
D.: Se tu sostieni che un fenomeno include tutti gli altri [ ], una sola paramita dovrebbe bastare;
perché impiegare le altre cinque?
R.: Le sei paramita si integrano l una con l altra, proprio come i soldati che indossano un armatura e
quando avanzano tra le file dei nemici debbono rimanere a stretto contatto [ ]. La paramita di sapienza è
essa stessa la Realtà universale e include tutto in sé. Pertanto, non c è bisogno di altre cose. Ma le altre
cose, cioè le altre paramita sono anch esse la Realtà universale, ciascuna includendo ogni cosa in sé e
non avendo quindi necessità della sapienza, poiché dal punto di vista della Verità ultima la paramita di
sapienza è identica a tutte le altre cose e tutte le altre cose sono identiche alla perfezione di sapienza.
Nessuna dualità, nessuna differenza tra esse.
Ancora una volta vanno cioè distinti il piano assoluto e il piano relativo, per cui le
cose sono tutte eguali nella loro natura ultima, ma anche tutte differenti sul piano
convenzionale; quindi, nella pratica, il bodhisattva seguirà prevalentemente l una o l altra
paramita, adattando la pratica ai diversi contesti, determinati dalle varie situazioni e dalle
differenti necessità degli esseri senzienti bisognosi del suo aiuto.
Nel Suramgamasamadhisutra, il Buddha afferma che il bodhisattva ha un possesso
diretto e costante, in ciascuna delle sue attività, delle sei perfezioni, le quali permeano
profondamente la sua mente e il suo corpo, divenendone parte integrante ed essendo tra
loro così intimamente fuse che la loro pratica non può essere, in ogni istante, che una
pratica integrata:
Che egli sollevi o abbassi il piede; che egli inspiri o espiri, in ogni istante è sempre in possesso delle
sei paramita. Perché? O Drdhamati, il corpo di questo bodhisattva è la natura delle cose e il suo dominio
sono le cose.
Drdhamati, supponiamo che un re o i suoi ministri triturino incensi di centomila differenti specie e le
riducano in fine polvere, e supponiamo che qualcuno venga a cercare una sola specie di incenso,
escludendo tutte le altre con esso mescolate. Allora, o Drdhamati, da questa fine polvere composta da
centomila specie di incensi, sarà possibile estrarre una sola specie che non sia mescolata alle altre? [ ]
Allo stesso modo, o Drdhamati, questo bodhisattva, avendo da molto tempo profumato il suo corpo e la
sua mente con tutte le paramita, in ogni momento produce le sei paramita.
Come dunque, o Drdhamati, il bodhisattva produce in ogni istante le sei paramita?
1. Il bodhisattva ha rinunciato a tutto e il suo pensiero è senza bramosia e attaccamento: questa la
sua danaparamita.
2. La sua mente è buona, tranquilla, priva di male: questa la sua silaparamita.
3. La sua mente è indistruttibile e non è ferita da nessuna cosa: questa la sua ksantiparamita.
4. Considera attentamente e analizza la mente e ne riconosce il carattere di discernimento: questa la
sua viryaparamita.
5. È assolutamente tranquillo e capace di domare la sua mente: questa la sua dhyanaparamita.
6. Esamina, conosce e penetra il carattere della mente: ecco la sua prajñaparamita.
[In tal modo], anche attraversando i domini dei profani insipienti, i bodhisattva sono esenti da
attaccamento, avversione e stupidità.
La mutua inclusione delle paramita significa dunque che ciascuna è autosufficiente,
includendo tutte le altre (punto di vista assoluto o versante sapienza ), ma anche che
nessuna può essere separata dalle altre (punto di vista convenzionale o versante
compassione ). Non diversamente dalle altre paramita, anche la meditazione conterrà le
altre in sé, se praticata in una prospettiva di integrazione con le altre perfezioni, e quindi:
I) senza avarizia e attaccamento alla stessa pratica, ma con una disposizione di
generosità e col desiderio di condividerne i meriti con tutti gli esseri senzienti;
II) non suscitando pensieri scorretti;
III) con pazienza verso le difficoltà del compito e verso i disturbi che si incontrano;
IV) perseverando con forte impegno;
V) sostenendo la concentrazione sull oggetto di meditazione e con l attenzione volta a
discernerne i caratteri;
VI) con consapevolezza costante della vacuità di chi medita, dell oggetto di
meditazione e di quanto dalla meditazione deriva.
Per il bodhisattva che agisce nel mondo, sempre tenendo presente il fine della
liberazione di tutti gli esseri senzienti, se si accentuasse intenzionalmente l esercizio
specialistico di una sola paramita in contrapposizione alle altre, si produrrebbero nuovi
dualismi e discriminazioni, col risultato di una pratica dismorfica ed egoica, in contrasto col
fine generale della pratica. In particolare, la focalizzazione sulla pratica meditativa come
pratica separata , per di più quando esercitata con equivoche aspettative
psicoterapeutiche, lungi dal costituire un fondamentale e insostituibile strumento per
realizzare l obiettivo della conversione di vita, può rischiare di produrre l effetto perverso di
ulteriori inflazioni egoiche, sostenute dai valori dominanti nell Occidente contemporaneo.
2. Pratica integrata di calma e discernimento. È noto come le tecniche di
modificazione dell attenzione proposte dall insegnamento buddhista vengano a costituire
due percorsi, tradizionalmente definiti come via della calma e via della visione profonda o
del discernimento, in riferimento a due diverse modalità attentive. Le diverse scuole ne
hanno suggerito la pratica integrata o alternativa.
Anche se un certo grado di concentrazione è il necessario presupposto di ogni
pratica meditativa, il percorso basato sulla progressiva e sempre più spinta concentrazione
(samadhi) o focalizzazione dell attenzione su un oggetto fisico o mentale passa attraverso
una serie di stati di assorbimento e prende il nome di shamatha, che significa calma,
serenità, quiete, per cui può essere indicata come meditazione di calma. L altra modalità,
denominata vipassana (pali) o vipashyana (skr.), da cui meditazione di discernimento o
di visione penetrativa o profonda, impiega un attenzione che riesce a osservare le cose
a un livello appunto più profondo e più vero di quanto non si faccia con gli ordinari livelli
di attenzione. Il fulcro dell approccio vipashyana è costituito dalla pratica della
consapevolezza (sati = consapevolezza, vigile ricordo di quanto viene osservato e
operato, che costantemente deve accompagnare il praticante). Come l osservazione al
microscopio consente di penetrare nelle strutture dei tessuti del nostro organismo non
visibili a occhio nudo, così l attenta osservazione dell oggetto di meditazione attraverso il
microscopio mentale dell attenzione profonda riesce a scorgere aspetti della realtà situati
al di là della verità esteriore delle cose e che, come tali, sfuggono alla mente ordinaria.
Poiché l osservazione è un processo attivo di costruzione della realtà, anche questa
attenzione è guidata dagli aspetti cognitivi propri dell insegnamento a cui ci si riferisce e
questo spiega perché è proprio a questo livello che le tecniche proposte dalle varie
tradizioni spirituali si sono differenziate in modo più rilevante di quanto non accade per la
meditazione di quiete. Come per l osservazione al microscopio, lo strumento fornisce
certamente la base per una osservazione nuova, ma ciò che può vedere in un vetrino
una persona inesperta, uno studente di medicina o un professore di anatomia patologica
sono cose tra loro molto diverse.
Tra le scuole che prospettano l integrazione delle due tecniche si colloca certamente
la scuola T ien-t ai, la quale specifica che la meditazione va praticata con il metodo di chih-
kuan (giapp.: shi-kan), espressione che traduce in qualche modo shamatha-vipashyana,
calma e discernimento.
La concentrazione arresta il brusio della mente e distrugge i pensieri dualistici ed
egoici; la quiete viene a coincidere con la staticità dinamica dell Assoluto inconcepibile.
Tuttavia, anche l esperienza mistica è marcata dal carattere della transitorietà , come è
ben mostrato dal Piccolo discorso sulla vacuità (M.N., n. 121), in cui il Buddha descrive il
passaggio dall Uno al mondo della molteplicità dinamica e come l estasi/vacuità si rovesci
in molteplicità e pienezza. D altra parte, dall osservazione dei caratteri negativi della
realtà fenomenica (impermanenza, insoddisfacenza e mancanza di esistenza inerente) si
giunge a incontrare i caratteri positivi della Realtà incondizionata (permanenza,
beatitudine, realtà). Il metodo, portato alla sua estenuazione, produce una sorta di
capovolgimento: trattandosi ancora di posizioni che si muovono nel mondo del dualismo,
esse rivelano-il e si tramutano-nel loro contrario. Nella fortunata formulazione di Chih-i è
detto infatti: Segui il provvisorio ed entra nella realizzazione della Vacuità; segui la
Vacuità ed entra nel provvisorio; questa è la Via di mezzo . Partendo dal molteplice viene
realizzato l Uno, partendo dall Uno viene realizzato il molteplice: due percorsi parziali, da
integrare e unificare nell esercizio di una mente che, realizzando la verità della Via di
mezzo, possiamo chiamare mente della Via di mezzo . A questa mente, capace di
cogliere l unità di vuoto e di forma, la meravigliosità del mondo nella sua determinazione,
l identità di nirvana e samsara, si addice particolarmente la qualifica di mente del
risveglio .
3. Integrazione in tutte le circostanze e in tutti i momenti della vita. Essendo
l intento fondamentale della Scuola quello di realizzare la intuizione dell assoluta
assolutezza della Via di mezzo, attraverso la realizzazione della vacuità dei fenomeni e
della mente che li designa, il metodo di pratica religiosa offerto non dovrà comportare
separazioni e distacchi dalla vita quotidiana, ma dovrà risultare applicabile a ogni
operazione della condotta e in ogni possibile situazione. All illuminazione come utopia si
sostituisce l illuminazione come processo indefinito, da cui segue che la pratica spirituale
non potrà che essere incessante. Chih-i avvertiva:
È di primaria importanza sedere in posizione corretta, ma poiché il corpo è soggetto a molti legami, la
sua condizione non è sempre la stessa e le circostanze variano. Noi dovremmo pertanto imparare a
praticare chih e kuan in ogni condizione in cui ci troviamo e in ogni circostanza in cui siamo posti.
Diversamente, la pratica sarà discontinua, la mente che pratica verrà distratta, i legami del desiderio e
dell attaccamento saranno rinnovati e le contaminazioni delle cattive abitudini intensificate. In queste
condizioni come possiamo sperare di avanzare nella comprensione del Dharma o nella capacità di
capire? Se, invece, conserveremo stabilmente la nostra mente sotto controllo e impiegheremo
costantemente i migliori metodi di pratica allora progrediremo costantemente nelle nostre possibilità di
comprensione e di realizzazione.
Per essere applicabili in ogni circostanza e in ogni tempo, calma e discernimento
andranno dosati e modulati in maniera adeguata alle diverse situazioni, in quanto
l assorbimento che si può raggiungere in una seduta di meditazione formale diviene
incompatibile con l impegno professionale, ad es., di un chirurgo o di un pilota. Ma se ogni
operazione della condotta sarà accompagnata e guidata dalla chiara comprensione della
motivazione e degli obiettivi, dall attenzione alle opportune condizioni e aspetti
dell esperienza possiamo dire che ogni azione, senza soluzione di continuo, potrà essere
vista come una condotta meditativa.
Poiché le attività sono ovviamente infinite, potranno essere utili dei criteri-guida
all identificazione e alla valutazione del particolare oggetto dell attenzione e
dell operazione della condotta. L identificazione dell oggetto (dell esperienza
consapevole) potrà avvalersi di qualunque mezzo atto a circoscrivere e individuare, tra cui
primeggia quello del nominare , analogamente all uso delle formule, di lode o
ringraziamento, delle benedizioni ebraiche (beraka = benedizione, lode). Per la
valutazione possiamo ricordare, ad es., le formule recitate al momento dei pasti (in cui si
esprimono gratitudine, riflessione, edificazione, scopo e ideale), in occasione della
rasatura o nel bagno. Sinteticamente, la ripetizione nella calma della formula ichinen
sanzen può guidare a non attivare pensieri dualistici e a ricordare la interrelazione
universale e l unità di Mente, Buddha, esseri senzienti. Chih-i propone il criterio delle
paramita e antiparamita (ricordiamo, tra l altro, che dei 10 oggetti di meditazione quelli dal
2 al 10 rappresentano in effetti situazioni negative o anti-paramita), considerate
relativamente alle condizioni e aspetti dell esperienza, criterio che trova una ulteriore
giustificazione nel riferimento alla pratica del bodhisattva. Dobbiamo osservare che
essendo le 4 fasi applicate a 12 condizioni e circostanze, poiché ognuna delle 6 paramita
contiene le altre 6, e venendo la pratica applicata in ciascuno dei tradizionali 10 destini o
stati della mente, giungiamo a 17.280 unità di analisi o, addirittura a 51.840 se
consideriamo anche le 3 Verità sopra ricordate. Lo schema seguente potrà essere utile
per una presentazione sintetica del criterio adottato.
CONDOTTE MEDITATIVE
applicazione di shi-kan (= shamatha-vipashyana)
a tutte le operazioni della condotta,
esaminate considerando la pratica delle paramita
nei diversi tipi di azione, aspetti dell esperienza e tempi
6 paramita 6 anti-paramita
gruppo socio-etico generosità
moralità
pazienza
brama, attaccamento; dualismo,
immoralità;
rabbia, avversione
gruppo energetico energia pigrizia, incostanza
gruppo della conoscenza
trascendentale
meditazione distrazione [mente disturbata da
ansia, sensi di colpa, etc.]
sapienza ignoranza, nescienza
6 tipi di azione (operazioni della condotta [corpo,
parola, mente]), detti anche condizioni
dell esperienza
6 aspetti dell esperienza (interazioni tra sensibilità
ed oggetti-stimoli)
camminare
stare in piedi
stare seduti
giacere
parlare, mangiare, lavorare
tacere, pensare
coscienza visiva
coscienza uditiva
coscienza olfattiva
coscienza gustativa
coscienza tattile
coscienza mentale
applicazione di shi-kan e sue conseguenze
calma (shamatha) se la motivazione non appare
degna e meritevole
arrestare l azione;
se la mente è disturbata da pensieri
egoistici e dualistici praticare la
sospensione liberandosi dei
pensieri che spingono all azione;
distanziarsise la motivazione appare degna e
meritevole
portare avanti l azione;
concentrare la mente sull attività;
aderire all azione; non attivare
pensieri e atteggiamenti dualistici
discernimento (vipashyana) realizzare che sia la mente agente
sia l azione sono vuote
Affermata l identità di samsara e di nirvana, la Via di mezzo come dottrina è il modo
più proprio per esprimere il significato della Vacuità (pleroma ricco di tutto quanto può
esistere), come pratica è il modo di vedere, percepire, vivere la realizzazione di essa nel
mondo dei fenomeni.
3.1. Dottrina - Nell Endon shi-kan possiamo cogliere sia l affermazione del più
compiuto non-dualismo sia l identità (o almeno la corripondenza) tra stato della mente e
Realtà ultima.
Qualunque sia l oggetto del discernimento, esso è visto come identico al Mezzo. Non c è nulla che non
sia la Realtà ultima.
Fissando la mente sulla Realtà universale e unificando la propria consapevolezza colla Realtà
universale [realizza che] non c è un solo colore o odore che non sia la Via di mezzo.
Mente, Buddha, esseri senzienti sono, parimenti, [la Via di mezzo].
Poiché tutti gli aggregati e le forme di sensibilità sono la realtà così come è, non c'è alcuna sofferenza
da cui liberarsi.
Poiché la nescienza e le afflizioni sono identiche al corpo illuminato, non c'è alcuna origine della
sofferenza da sradicare.
Poiché i due punti di vista estremi sono il Mezzo e le visioni erronee sono la Verità, non c'è alcun
percorso da praticare.
Poiché il samsara è identico al nirvana, non c'è alcuna estinzione [della sofferenza] da realizzare.
Non essendoci né sofferenza né origine della sofferenza, nulla vi è di mondano; non essendoci né
sentiero né estinzione, nulla vi è di sopramondano. C è una sola, pura Realtà; non c è nessuna entità al di
fuori di essa.
La tranquillità della natura ultima di tutte le entità è detta calma ; il suo perenne splendore è detto
discernimento .
Il dualismo, ancora presente in certe correnti del buddhismo che separano il mondo
della trasmigrazione da quello dell estinzione (in quanto più dirette discendenti della
filosofia panindiana, per la quale la vita è male e la via di salvezza è vista nell uscita dal
ciclo delle rinascite, da conseguire mediante una purificazione che attraversi, se nessario,
più esistenze), viene qui superato con la conseguente valorizzazione della vita, in cui non
ci sono mete da conseguire né differenze tra puro e impuro. Il problema della salvezza
viene così a porsi in questo mondo e non allontanandosi da esso: poiché non c è né
sofferenza né origine della sofferenza non c è neppure nessuna estinzione della
sofferenza da realizzare.
L identificazione del samsara con il nirvana ci conduce lontano sia dai sogni infantili
di Paradisi terrestri e Regni sovramondani sia da un samsara visto come il mondo
contaminato della trasmigrazione. Siamo ricondotti al centro della pratica del bodhisattva,
per il quale, senza fuggire nel nirvana e senza essere contaminato dal samsara, la sfida è
costituita dall accettazione amorevole del mondo, dal riuscire a dire di sì alla vita in tutte le
sue manifestazioni (pur nel soggettivo sentimento tragico della vita) nella comprensione
compassionevole del Dharma ovvero della Legge che sostiene tutte le cose.
Passare dall inautentico all autentico, dalla banalità dell événementiel all essenziale
significativo, dall ontico all ontologico è stato sempre l obiettivo di ogni itinerario spirituale,
di ogni via di accesso al sacro. Per parlare di sacro dobbiamo parlare di totalmente altro ,
altro in quanto unità dei contrari e superamento di ogni dualismo in una totalità
onnicomprensiva. Come si prospetta allora la coincidentia oppositorum sulla base della
coincenza del nirvana col samsara? E come il sacro può essere altro ma non altrove?
Sulla base della fondamentale coincidentia espressa dal paradosso del nirvana
identico al samsara e dell Assoluto identico al mondo dei fenomeni, un sacro altro ma
non altrove porterà con sé una nuova coscienza della coincidentia oppositorum, assoluta
assolutezza che, superando la stessa opposizione di sacro e profano, porterà a vedere
il sacro nel profano
l Uno nel molteplice
l assoluto nel relativo
l infinito nel finito
la totalità nel frammento
l eterno nel transeunte
il supremo nell umile
l essenziale nell apparente
l incondizionato nel contingente
il libero nel determinato
il permanente nel mutevole, e via enumerando.
3.2. La pratica. L esercizio di calma/concentrazione e discernimento, come pratica
religiosa, consentirà pertanto:
attraverso shamatha di realizzare l unità come non-dualismo verso tutti gli
aspetti della vita, felicità e sofferenza, positivo e negativo, di ogni cosa col suo
contrario; tutto vedendo come ierofania (allargando sempre più l orizzonte per
includere ogni aspetto della vita, compresi gli eventuali disagi in atto); unità della
mente, unità mente-corpo, unità soggetto-oggetto; non conflitto, non lamento; l unità
cercata da tutti i mistici, da Isaia ( nella conversione e nella calma sta la vostra
salvezza, nel silenzio e nell abbandono fiducioso sta il vostro eroismo ) a Hui-Neng
( in tutte le circostanze esteriori, non attivare pensieri [dualistici] );
attraverso vipashyana di realizzare la visione profonda dell unione di tutti i
fenomeni nella interrelazione universale; la coincidentia oppositorum nell Assoluto-
Uno in quanto Totalità onnicomprensiva dei fenomeni e delle connotazioni (3000
mondi in un momento della vita!). Se ogni cosa è ierofania, se il Tutto è qui e ora,
gli opposti sono qui e proprio qui è il sacro, il totalmente altro .
Poiché è nel tempo, e cioè nella storia, che l umanità incontra la sofferenza, le
malattie e la morte, le calamità naturali e le ingiustizie sociali, l homo religiosus non poteva
non porsi la domanda: la storia è sventura o progetto ? E la risposta religiosa è quasi
sempre stata la proposta di una via di uscita dal mondo , cercando di consolare l uomo
con promesse (positive) di una possibile vita beata o almeno (negative) di una estinzione
di vita e quindi di sofferenza. Nel Prometeo di Eschilo, Prometeo dice: Ho liberato
l umanità dalla paura della morte . E il corifeo: Come hai fatto a liberare l umanità dalla
paura della morte? . Ho infuso in loro cieche speranze , risponde Prometeo. E in Isaia e
nell Apocalisse viene promesso che il Signore asciugherà ogni lacrima dai loro occhi . Il
buddhismo non propone questo tipo di consolazioni, punta invece sul valore della
consapevolezza, invita a superare i dualismi, a sentire l unità di vita e di morte, in una
diversa concezione del tempo. In Occidente si abituati a considerare vita e morte come
due opposti; in Oriente gli opposti sono, semmai, nascita e morte: la vita essendo l unità di
queste due parti, moriremo per il fatto di esser nati. Diversamente da Prometeo, diceva un
maestro zen: Superare la paura della morte? Basta solo morire , cioè non aggiungere
altre cose sopra la morte, prendendola come necessaria conseguenza del fatto d esser
nati e, proprio per questo, testimonianza del nostro essere contingenti, impermanenti e
mortali. La proposta è quella di una visione della vita come assoluta unità di tutti i suoi
aspetti, di vivere non escludendo nulla, cercando di poter dire sempre di sì al mondo, nei
suoi aspetti positivi e negativi, non sentendosi mai in guerra con la realtà, accettando gli
aspetti di ombra inevitabilmente presenti nell esistenza. Se osserviamo il simbolo
cosiddetto di yin e yang o del Tao vediamo che in questa immagine il bianco e il nero non
si escludono l un l altro, ma realizzano una unità attraverso l integrazione dinamica delle
parti, attraverso il movimento che unifica, nel vuoto mediano , gli opposti luce e ombra,
cielo e terra, sacro e profano, maschile e femminile, e via enumerando. Ma, in più,
all interno di ciascuna di queste due metà c è un piccolo seme della differenza,
dell opposto, della vita nella morte e della morte nella vita, il che ricorda l unità di positivo e
negativo.
Lo stesso concetto è espresso nell aneddoto che racconta di quel tale che, in India,
era amico di un macellaio, che andava spesso a trovare: Una sera stava chiudendo
bottega quando entrò un cliente e chiese un pollo. Proprio pochi minuti prima il macellaio
mi aveva detto che quel giorno aveva venduto tutto, che gli era rimasto solo un pollo.
Perciò, tutto contento, andò nel retrobottega a prendere l ultimo pollo e, pesatolo, disse:
Sono cinque rupie . Ma il cliente disse: Questo pollo è un po piccolo. Stasera do una
festa a casa mia, e verranno parecchi amici, ho paura che non mi basti. Mi dia un pollo più
grande . Io sapevo che non c erano altri polli, questo era l ultimo. Dopo aver rimuginato per
un istante, il macellaio tornò nel retrobottega, si attardò un po , poi tornò fuori, gettò lo
stesso pollo sulla bilancia, e disse: Questo viene sette rupie . Ma il cliente disse: Sa cosa
faccio? Li prendo tutt e due . E a questo punto il macellaio era incastrato davvero! In
modo analogo, la vita tenta costantemente di incastrarci, ponendoci di fronte alle scelte tra
opposti: di fronte a questi tranelli, dobbiamo invece essere capaci di dire li prendo tutti e
due , cioè la luce e l ombra, la vita e la morte, in definitiva, l Assoluto nel relativo e il sacro
nel profano. Le cose, dice il Sutra del Loto, sono fin dalle più lontane origini nirvaniche, il
che vuol dire, come scriveva H. Hesse, che il mondo non è imperfetto o impegnato in una
lunga via verso la perfezione: no, è perfetto in ogni istante, ogni peccato porta già in sé la
grazia, tutti i bambini portano già in sé la vecchiaia, tutti i lattanti la morte, tutti i morenti la
vita eterna . Non-attaccamento, dunque, non come indifferente distacco, ma come
superamento dell unilateralità.
Se la calma/concentrazione, modulata in tutte le gradazioni, consente di comporre
in un insieme unitario diversi stati di coscienza, dall unione estatica del soggetto limitato e
impermanente con l Uno-Tutto, all accettazione del dolore più lacerante che spingerebbe
al rifiuto della vita, la consapevolezza dell interrelazione universale realizza la visione dello
splendore creativo della Vacuità, il superamento di tutte le contraddizioni, nello sguardo
come quello del Govinda descritto da H. Hesse, che nel volto dell amico (cioè di un singolo
fenomeno) vedeva ormai anche altri volti, molti, una lunga fila, un fiume di volti, che tutti
venivano e passavano, ma che pure apparivano anche tutti insieme, e tutti si mutavano e
rinnovavano continuamente , in quel misterioso insieme, fuori e dentro di noi, e che si offre
a essere considerato con amore, ammirazione, rispetto .
4. Mente, Buddha, esseri senzienti sono, parimenti, la Via di mezzo . L identità
della nostra mente con la Realtà ultima, conferisce, infine, un profondo significato alla
nostra pratica incessante, secondo la lucida intuizione di Dogen, espressa nelle seguenti
parole:
Nella Grande Via dei Buddha e dei Patriarchi c è una suprema pratica incessante che continua senza
ne. Non c è il più piccolo divario tra il risveglio della mente, la pratica, l illuminazione e il nirvana; la
pratica incessante è continuamente in moto. Pertanto, essa non dipende né dal proprio sforzo individuale
né dallo spirito altrui. È pura pratica incessante. Il merito della pratica incessante sostiene sé e gli altri. La
nostra pratica incessante riempie il cielo e la terra e influisce su ogni cosa con le sue capacità. Anche se
noi possiamo non esser coscienti di ciò, così stanno le cose.
Dunque, dalla pratica incessante di tutti i Buddha e di tutti i Patriarchi emerge la nostra pratica
incessante e noi abbiamo accesso alla Grande Via. Dalla nostra pratica incessante, emerge la pratica
incessante di tutti i Buddha e tutti i Buddha accedono alla Grande Via. Dalla nostra pratica incessante
derivano meriti senza fine. Di conseguenza, senza fine, ogni Buddha e ogni Patriarca vive come Buddha,
trascende Buddha, ha la mente di Buddha e diviene Buddha. In virtù di questa pratica incessante, si
muovono il sole, la luna e le stelle, ed esistono la grande terra e il vasto spazio, il corpo e la mente, i
quattro elementi fondamentali e i cinque skandha.
Risvegliando la natura-di-Buddha dentro di noi, la nostra pratica ha il potere di
diventare la pratica stessa del Buddha e la illuminazione del praticante nel mondo si dilata
a illuminazione del mondo, nell autorealizzarsi di quello che è stato chiamato lo Spirito
universale. Se guardiamo alle nostre singole vite, per riferirci a consuete metafore, non più
come a effimere onde del mare o a caduche foglie di un albero, ma come a necessari
mezzi attraverso cui la grande Vita universale si esprime, l esistenza e le realizzazioni
personali del praticante vengono ad acquistare la dignità di realizzazioni del Mondo in cui
e di cui egli vive. L esistenza dell homo religiosus è aperta al mondo; l uomo religioso,
vivendo, non è mai solo, poiché una parte del Mondo vive in lui (M. Eliade): se
comprendiamo è il Mondo che si fa autocosciente in noi, se amiamo è il Mondo che ama,
se creiamo armonia è il mondo che diviene armonioso La pratica di calma-
consapevolezza ci rende, in definitiva, responsabili non solo della qualità della nostra vita
ma responsabili anche della qualità del mondo.
In conclusione, la pratica proposta possiamo dire che risulta caratterizzata da:
unità di calma e discernimento;
applicabilità in ogni operazione della condotta;
passaggio dalla illuminazione nel mondo alla illuminazione del mondo.
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