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Opere, parole, regole di Jacopo Barozzi, Architetto

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Opere, parole, regole di Jacopo Barozzi, Architetto

Opere, parole, regole di Jacopo Barozzi, Architetto

Iniziativa nell’ambito delle Celebrazioni Barozziane

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Opere, parole, regole di Jacopo Barozzi, Architetto Opere, parole, regole di Jacopo Barozzi, Architetto

In copertina: la costruzione di un tempio di Ercole, affrescoche decora la volta a botte del Palazzo Farnese di Caprarola,realizzato nel 1569 e attribuito al pittore parmense JacoboBertoia (fotografia di Andrea Jemolo). Nella figura postaal centro della scena di cantiere gli studiosi riconoscono ilritratto di Jacopo Barozzi.Jacopo è una toscanizzazione del nome proprio Giacomo.Nei documenti autografi a noi pervenuti il Vignola si firmaIacomo (ossia Giacomo), nome che del resto compare anchesul frontespizio delle prime edizioni delle sue due opere,ma nell’uso comune è molto diffusa la forma toscanizzata.

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N egli anni scorsi la Fondazione ha dedicato a JacopoBarozzi una mostra e una serie di pubblicazioni,caratterizzate da un notevole approfondimento scientifico.

Nel 500° anniversario della nascita del nostro illustreconcittadino la Fondazione ha inteso invece, con questapubblicazione caratterizzata dal rigore storico dei testi edall’estrema piacevolezza delle immagini, realizzare uncompendio delle opere e della vita di Jacopo Barozzi, perfacilitarne la divulgazione e diffonderne la conoscenzanel modo più semplice e immediato.

Naturalmente ci auguriamo che questa nostra iniziativacontribuisca a mantenere vivo l’interesse dei nostriconcittadini, nei confronti di un personaggio che fu trai più rilevanti nell’epoca in cui visse.

Giovanni ZanasiPresidente della Fondazione di Vignola

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“Io sono nato a Vignola et allevato aBologna, et sono cittadino bolognese”.Con queste parole, nel 1572, Barozziricordava le proprie origini in presenza dipapa Gregorio XIII. Il ritratto inciso nelfrontespizio della “Regola delli cinqueordini d’architettura”, la sua opera teoricapiù nota, è probabilmente quellomaggiormente rispondente alla realtà.L’immagine è tratta da una copia dell’operabarozziana commentata e integrata condisegni e annotazioni, a volte autografe,di alcuni grandi architetti ed eruditi chelavorarono per i duchi di Ferrara nel corsodel XVI secolo come Terzo Terzi, PirroLigorio e Giovanni Battista Aleotti(Biblioteca Comunale Ariostea diFerrara, Classe I, 217).

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ad un vocabolo del dialetto vignolese e modenese - arbutìno rebuttin - che designa il ciabattino o il calzolaio ingenere. In effetti, tra i beni che i Barozzi avevano in affittodai conti Contrari, feudatari di Vignola, c’era una bottegaadibita a pellacaneria, ovvero conceria, posta sotto ilponte di Castelvecchio, la parte medievale del borgoracchiusa entro la prima cinta muraria, dove i Barozziavevano anche una casa.Il laboratorio, che si trovava a ridosso del ponte levatoio(oggi torre dell’Orologio), passò in eredità a Jacopo e aisuoi due fratelli, Filippo, che esercitava il mestiere dicalciolaro e scudellaro, e Guarnerio, di professione pittore.

Profilo di Vignola disegnato da levante, con gli edifici, la Rocca, le muradi cinta e il fossato. Il disegno, realizzato da Loreno Confortini, si ispiraad un affresco presente nel Palazzo Farnese di Caprarola, edificio acui Jacopo Barozzi lavorò sin dal 1559.La presenza di un affresco raffigurante Vignola tra le pitture che ornanole sale della principesca residenza si può leggere come una sorta di tributoalla propria terra natale, con cui il grande architetto mantenne sempreforti legami.

C inquecento anni fa nasceva a Vignola il grande architettoJacopo Barozzi, personaggio che più di ogni altro con lesue opere ha fatto conoscere nel mondo il nome della suaterra natale. Jacopo nacque il primo ottobre 1507 daBartolomeo Barozzi alias Rebottini, originario di Cesara,piccolo paese arroccato sul lago d’Orta oggi in provinciadi Verbania. La madre, secondo quanto tramanda EgnazioDanti suo autorevole biografo, era figlia di un condottierotedesco. La famiglia si era trasferita dal distretto novaresesulle rive del Panaro per sfuggire alle guerre e ai disordiniche all’epoca devastavano il Ducato di Milano.Il soprannome Rebottini o Robotini rimanda direttamente

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“Bononia docet, mater studiorum”. Veduta di Bologna così comeappariva verso la fine del XVI secolo in una incisione del “Theatrumcivitatum et admirandorum Italiae” stampato da Joan Blaeu a partiredal 1663 (Biblioteca Estense Universitaria di Modena, 32.M.19fotografia di Vincenzo Negro).Nella città felsinea Barozzi apprese fin dall’adolescenza l’arte del disegno,la teoria e le tecniche dell’architettura.

D opo il 1519, in seguito alla morte del padre, il futuroarchitetto lasciò Vignola per applicarsi allo studio dellapittura a Bologna, dove diversi anni dopo si accasò.Dal matrimonio nacquero una figlia, il cui nome è ignoto,andata in sposa al pittore bolognese Giovanni BattistaFiorini, e due figli: Bartolomeo, della cui vita non siconosce nulla, e Giacinto, che seguì le orme paterne,collaborando ad alcuni grandi progetti del genitore eoccupandosi successivamente di ingegneria militare.Gli anni della formazione bolognese ebbero un’importanzadecisiva per la sua crescita culturale e professionale.Il giovane vignolese, infatti, venne a contatto con ilvivacissimo ambiente intellettuale e artistico di una dellecittà tra le più colte e cosmopolite d’Europa, che in queiprimi anni del Cinquecento vide la presenza attiva, tragli altri, di Leonardo, Michelangelo, Raffaello, Bramante,Sebastiano Serlio e Baldassarre Peruzzi.Dal disegno e dalla pittura il Vignola maturò una precisavocazione per l’architettura e per lo studio delle regolegrafiche della prospettiva lineare, ossia la tecnica chepermette di rappresentare un oggetto su un piano verticaleinterposto tra l’oggetto stesso e il punto di vista nel qualesi suppone si trovi l’osservatore.La sua prima opera nota risale al 1534, anno in cui frateDamiano Zambelli da Bergamo tradusse un suo soggettoraffigurante Mosè salvato dalle acque in una tarsia ligneaper la chiesa di San Domenico a Bologna. Su commessadi Francesco Guicciardini, in quegli anni governatore

della città, il giovane Barozzi realizzò ulteriori bozzetti,che vennero inviati a Firenze per ottenerne altre tarsie.Che egli fosse particolarmente versato nel disegno e nellapittura è attestato dallo stesso Vasari, il quale nel parlaredi Barozzi ricorda come egli non solo produsse “belle ecapricciose fantasie di disegni”, ma continuò a praticaretale arte per tutta la vita.Del resto, a riprova di questa sua perizia, va ricordato cheebbe almeno un allievo, il noto ritrattista bologneseBartolomeo Passerotti, che apprese il mestiere dal Vignolaed eccelse nel disegno anatomico.

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“Lezione di anatomia degli artisti”, olio su tela, seconda metà delXVI secolo (Roma, Galleria Borghese Archivio FotograficoSoprintendenza Speciale per il Polo Museale Romano).Il dipinto, già attribuito al bolognese Bartolomeo Passerotti, che ebbeil Vignola come maestro nel disegno, secondo recenti studi sarebbe daascriversi a Federico Zuccari, artista che operò a fianco di Barozzi nellarealizzazione del palazzo di Caprarola. La critica contemporanea hascorto nei personaggi raffigurati i ritratti dei massimi esponenti dellacultura figurativa del XVI secolo. Lo studio del corpo umano e il disegnoanatomico rappresentarono un elemento basilare per la formazione degliartisti e l’elaborazione dei loro stilemi. Per certi aspetti le stesse regoledell’architettura pubblicate da Barozzi costituiscono una sorta di ‘anatomia’degli edifici.

T rasferitosi a Roma intorno al 1538, inizialmente siguadagnò da vivere come pittore di stendardi e bandiere,applicandosi inoltre alla misurazione e al rilievoarchitettonico delle antichità romane per contodell’Accademia Vitruviana, di cui faceva parte MarcelloCervini (futuro papa Marcello II), che gli commissionòanche la progettazione di una villa.In veste di pittore ebbe modo di collaborare con l’architettoIacopo Meleghino, già socio di Peruzzi, ai lavori delBelvedere in Vaticano. Nel 1540 l’abate bologneseFrancesco Primaticcio gli affidò il compito di approntarei calchi in gesso di alcune statue antiche per il re diFrancia Francesco I. All’incirca negli stessi anni le sortidel Vignola si intrecciarono con le travagliate vicendedella fabbrica di San Petronio a Bologna, il grandiosotempio avviato sul finire del Trecento per volontà delcomune e mai portato a termine. Nel 1541, infatti, vennenominato architetto e ingegnere di San Petronio, maassunse il proprio mandato solo nel 1543 poiché dallaprimavera del 1541 egli si trovava alla corte del re diFrancia con il Primaticcio, Sebastiano Serlio e BenvenutoCellini, dove dipinse prospettive e a più riprese si occupòdella fusione delle statue in bronzo per la reggia diFontainebleau, ritornandovi anche nel 1545.

Progetto della facciata di San Petronio disegnato da Jacopo Barozzi nel1545 quando ricopriva l’incarico di architetto e ingegnere della fabbricadella grande basilica bolognese (Bologna, Museo di San Petronio, n. 4).I forti contrasti insorti in merito alla realizzazione dell’opera ne impedironoil completamento. L’idea vignolesca elaborava con grande pulizia stilisticail sistema degli ordini architettonici dell’antichità classica, già propostoda Baldassarre Peruzzi anche se con minore coerenza e rigore.

Gli anni successivi al rientro a Bologna furono caratterizzatida un’infinita serie di controversie relative alle soluzionida adottarsi per il completamento della basilica petroniana.Oltre al progetto mai messo in opera della facciata, ilVignola realizzò per San Petronio il ciborio dell’AltareMaggiore e propose un disegno per l’Altare del SantissimoSacramento, dapprima approvato dai fabbricieri e poiliquidato come inaccettabile.

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Tra il 1551 e il 1555 si occupò del cantiere di Villa Giuliaa Roma per il nuovo pontefice Giulio III: il progettovignolesco per il magnifico ritiro suburbano del papa allependici dei monti Parioli, da tutti ritenuto uno dei suoicapolavori, cercava di reinterpretare la tradizionearchitettonica classica secondo i nuovi canonirinascimentali. Contemporaneamente, tra il 1551 e il1553, costruì la chiesetta a pianta ovale di Sant’Andreasulla via Flaminia: il tempietto, articolato su tre livelliseparati, richiamava per forma e dimensioni i sepolcriromani che costeggiavano le vie consolari di accessoall’Urbe. Per le innovative soluzioni

progettuali, l’opera suscitòl’ammirazione delPalladio e divenne unmodello per interegenerazioni diaspiranti architetti.

N el frattempo ebbe modo di dimostrare la propriaversatilità come ingegnere di acque e strade: nel 1547presentò al Reggimento di Bologna un progetto per lafabbricazione di un ponte sul torrente Samoggia, mentrel’anno seguente venne incaricato della ricostruzione eprolungamento del Navile dal ponte di Corticella aBologna, infrastruttura di importanza fondamentale checondusse le acque del canale sino dentro le mura.Nel 1549 ottenne dal Senato la cittadinanza bolognese,ma alla fine di marzo del 1550 fu rimosso dall’incarico inSan Petronio. Lo stesso anno si trasferì a Roma e accettòdi seguire i lavori per la tomba di papa Paolo III Farnese,esponente della nobile famiglia per la quale in seguitoavrebbe realizzato le sue opere più importanti.

Progetto di Jacopo Barozzi per la costruzione di un ponte sul torrenteSamoggia (Archivio di Stato di Bologna, Archivio del Reggimento,Istrumento, Scritture A 30, 43). Il disegno risale al 1547, anno in cuiil Vignola ricevette dal Senato bolognese l’incarico di progettare e costruire,insieme ad alcuni maestri muratori, il ponte che consentiva alla viaEmilia di scavalcare il torrente Samoggia, agevolando il transito lungol’antico e importantissimo asse stradale.Dell’opera barozziana oggi non sono rimaste tracce evidenti, ma essacostituiva una prova della versatilità dell’ingegno barozziano, che inquesta occasione e in molte altre ancora diede prova di essereparticolarmente abile nel campo dell’ingegneria civile e idraulica.

Chiesa di Sant’Andrea sulla via Flaminia a Roma in un disegno diLoreno Confortini. Il piccolo edificio sacro è uno dei pochi progettati eportati a termine sotto la direzione di Barozzi e rappresenta il primoincarico ricevuto dal Vignola in veste di architetto papale.I lavori presero avvio intorno al 1551, in contemporanea con l’aperturadel cantiere di Villa Giulia. La particolarità dell’opera risiede nellaperfetta integrazione della cupola ellittica, priva di tamburo, nel corpoa pianta rettangolare dell’edificio; la cupola è raccordata direttamenteall’invaso murario tramite pennacchi ricurvi.

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Villa Giulia a Roma. Il progetto, commissionato al Vignola da papaGiulio III, si innesta su un lavoro avviato dal Sansovino e si caratterizzaper l’elegante esedra porticata che si affaccia sul giardino privatoed il ninfeo, realizzato successivamente dall’Ammannati. L’originalitàdell’idea architettonica nasce dall’accostamento del fronte rettilineodella palazzina d’ingresso con la corte semicircolare verso il giardino(fotografia di Andrea Jemolo).

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N ell’agosto del 1554 si recò a Norcia per tracciare lapianta della Castellina, la fortezza edificata su richiestadel comune a Giulio III e costruita appunto tra il 1554e il 1630 su disegno di Barozzi. Come in altre occasioni,l’architetto diede prova di possedere una grandepadronanza delle regole prospettiche e soprattutto unanotevole abilità nell’applicarle per compensare ledissimmetrie con sapienti accorgimenti costruttivi, inmodo da rendere perfettamente simmetrici alla percezionedell’osservatore i prospetti interni ed esterni.Intorno a questi anni consolidò i propri rapporti con varicomponenti della famiglia Farnese, che glicommissionarono la progettazione e la costruzione dei

Facciata di Palazzo Farnese a Roma nell’incisione tratta dallo “SpeculumRomanae Magnificentiae”, stampato a Roma da Antoine Lafréry tra il1559 e il 1602. Intorno ai primi anni Cinquanta del Cinquecento, pocodopo essersi trasferito definitivamente a Roma, Barozzi venne incaricatodal cardinale Ranuccio Farnese di seguire i lavori per il completamentodella sontuosa dimora di famiglia sorta nei pressi di Campo dei Fiori.Iniziò così la serie di interventi e progetti farnesiani dell’architettovignolese, che per quanto riguarda il palazzo romano subentrò aMichelangelo, realizzando sino al 1565 diverse opere all’interno e sulleparti esterne dell’edificio (© Photoservice Electa).

Particolare della sezione trasversale verso il teatro del progetto per PalazzoFarnese a Piacenza (Archivio di Stato di Parma, Governo Farnesiano,Fabbriche ducali e fortificazioni, b. 8). Il disegno, che mostra lagrande abilità di Jacopo e del figlio Giacinto in questo tipo dirappresentazioni, riguarda la realizzazione di un’altra grande fabbricafarnesiana: la fastosa residenza ducale di Piacenza. In origine, l’operaera stata commissionata a Francesco Paciotto da Urbino, ma i lavoriavviati nel 1558 seguirono da subito le modifiche apportate da JacopoBarozzi, al quale spetta la soluzione progettuale definitiva messa a puntotra il 1560 e il 1561.

palazzi di Roma, Piacenza e Caprarola. Dopo la scomparsadi Paolo III, il Vignola venne interpellato dal cardinaleRanuccio Farnese per completare il maestoso palazzoromano, iniziato nel 1514 da Antonio da Sangallo ilGiovane e dopo la sua morte affidato a Michelangelo.La splendida dimora, che si trova nei pressi di Campo deiFiori, è oggi sede dell’ambasciata di Francia.

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Veduta aerea di Caprarola (da E. Guidoni, G. Petrucci, Atlantestorico delle città italiane: Lazio: 1. Caprarola, Viterbo, Roma1986, p. 11, fig. 5). Il progetto per la residenza dei Farnese a Caprarolanon si limitò a trasformare un edificio preesistente. Si trattò piuttostodell’attuazione di un articolato piano urbanistico e paesaggistico incentratostrutturalmente e visivamente sul palazzo farnesiano e sul lungo asseviario che da esso aveva inizio per poi attraversare tutto l’incasato.In questa realizzazione urbanistica dell’architetto vignolese è possibileintuire, con chiarezza di forme e dimensioni, la sua costante ricerca delnesso tra l’edificio, lo spazio circostante e il paesaggio. Il costruito siadatta alle caratteristiche del luogo, ma al tempo stesso si espande sinoa trasformare l’ambiente che lo circonda scandendo nuove simmetrie eproporzioni mediante la descrizione prospettica delle strade e l’evidenzavisiva dei palazzi e delle piazze.

pilastro a forma di fungo, scavato all’interno del tufo, confunzione di serbatoio.

A Piacenza, Margherita d’Austria, figlia naturale di CarloV e moglie del duca Ottavio Farnese, volle il suo interventoper edificare la nuova residenza ducale sul sito dellatrecentesca cittadella viscontea. Dell’opera monumentale,rimasta incompiuta, sono noti i progetti: l’elementoarchitettonico peculiare era rappresentato dallospettacolare cortile-teatro ad emiciclo, purtroppo costruitosolo in parte in quanto il cantiere subì ripetute interruzioni.Ma è a Caprarola, dove effettuò il primo sopralluogo nel1556 per conto del cardinale Alessandro Farnese, che ilVignola poté esprimere maggiormente la propria poliedricacreatività, dimostrando doti eccezionali nel reinterpretareil preesistente: non solo trasformò in una sontuosa residenzasignorile la struttura fortificata a pianta pentagonale,realizzata già prima del 1534 su progetto di Antonio daSangallo il Giovane e di Peruzzi, ma nell’arco di unventennio ridisegnò la fisionomia del piccolo borgo diCaprarola, ideando la via centrale in prospettiva assialecon il palazzo e pianificando nuove costruzioni, come lachiesa di San Marco, l’ospedale di San Giovanni, le casePaziello e Mariani. Per superare il dislivello tra i diversicolli su cui sorge l’abitato, Barozzi progettò due ponti,elevò la quota stradale dell’antica via medievale e disegnòuna nuova strada che portava direttamente al paese senzatransitare per Ronciglione.Mirabile, nel contesto di Caprarola, è l’equilibrio raggiuntotra architettura, paesaggio e morfologia del luogo.Oltre a dar prova di grande sapienza urbanistica, ancorauna volta il Vignola si dimostrò valente ingegnere idraulico,sfruttando al meglio sia l’acqua sorgiva, incanalata inimpianti di adduzione per alimentare le fontane deigiardini, sia l’acqua piovana, convogliata e incameratagrazie a complessi sistemi di drenaggio in apposite cisternedislocate nel bosco e nel livello di raccordo tra giardinibassi e parco. Anche all’interno del palazzo l’acqua venivaaccumulata attraverso un chiusino posto al centro delcortile circolare, che la faceva confluire entro un grande

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Scenografia generale del Palazzo Farnese di Caprarola tratta dall’incisionedi Jacques Lemercier del 1608 pubblicata nel “Theatrum civitatum etadmirandorum Italiae” (Biblioteca Estense Universitaria di Modena,32.M.19 - fotografia di Vincenzo Negro). La trasformazione insontuosa residenza della preesistente fortezza a pianta pentagonale sibasa sulla semplice idea geometrica di inscrivere lo spazio circolare delcortile interno nel perimetro delimitato dalle opere di fortificazione. Danotare il coronamento della gronda ornata da una balaustra con i giglifarnesiani e le statue oggi non più presenti. Il progetto vignolesco conservai bastioni angolari della struttura fortificata, ricavandone dei belvedere,ossia delle terrazze panoramiche da cui ammirare il paesaggio circostante.

Scalone di Palazzo Farnesea Caprarola(fotografia di Andrea Jemolo).

Piazzale e facciata del PalazzoFarnese a Caprarola(fotografia di Andrea Jemolo).

Del resto, numerose sono le conferme delle capacità diBarozzi in campo idraulico: nel marzo del 1559, comeingegnere di casa Farnese, effettuò perizie sul CanaleNaviglio e sul ponte di pietra sul torrente Parma; nell’apriledello stesso anno ricevette un compenso per averevisionato gli archi dell’acquedotto di Perugia; nel 1562progettò un emissario artificiale per il lago di Vico, cheabbassandone la quota massima conseguiva il dupliceobiettivo di bonificare i terreni circostanti soggetti aesondazioni e di aumentare la superficie coltivabile.

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D alla seconda metà degli anni Cinquanta in poi ilVignola fu completamente assorbito dalle fabbrichefarnesiane, impegnato nei frequenti spostamenti tra idiversi cantieri. Tra un viaggio e l’altro trovò comunqueil tempo di accettare altre commesse. Nel 1564, scomparsoMichelangelo, venne nominato secondo architetto dellafabbrica di San Pietro al fianco di Pirro Ligorio. Lo stessoanno, dopo essere stato a Parma e a Piacenza, prima di

La facciata del Palazzo dei Banchi a Bologna (1565-1568). L’armonicaquinta urbana da cui si scorgono le strade e le case dell’antico cuorecommerciale della città, costituisce una sorta di impronta indelebilelasciata dall’ingegno barozziano nella sua patria d’adozione.L’edificio è la prova concreta della straordinaria maestria del Vignolanel recuperare e trasformare completamente edifici preesistenti, adattandolialle nuove esigenze urbanistiche. La facciata, ritmata da paraste gigantid’ordine composito, aveva lo scopo di dare un’identità formale all’insiemedi edifici che prospettavano sul lato orientale di piazza Maggiore.Il grande architetto vignolese riuscì nell’impresa senza alterarecompletamente le caratteristiche del tessuto insediativo preesistente, tracui spiccava la presenza dei portici. Egli riuscì a trasformare tutti glielementi di disomogeneità in punti d’appoggio su cui basare la strutturadi raccordo e armonizzazione che si affacciava sulla grande piazzabolognese, luogo di incontro, ma anche fondale scenico del potere cittadino(fotografia di Andrea Jemolo).

rientrare a Caprarola, soggiornò a Bologna presso la figliae il genero. Probabilmente è da ascriversi a questo periodoun altro dei suoi capolavori, il progetto per la facciata delPalazzo dei Banchi a Bologna, eretta tra il 1565 e il 1568nell’ambito di un più vasto piano di ristrutturazione dipiazza Maggiore. La lunga facciata mirava a fornire unaspetto architettonico unitario ed equilibrato ad uninsieme disomogeneo, unificando tre blocchi urbani e levie frapposte: si trattava di una sorta di enorme quintateatrale, volta a celare, dietro alla propria lineare e regolareuniformità, le discrepanze stilistiche e architettonichedei corpi di fabbrica di epoca medievale. Anche in questaoccasione, il Vignola mostrò grande abilità nel trasformarei vincoli e i condizionamenti dati dalle strutture giàesistenti in spunti per rendere armonico il nuovo progetto:la facciata rivestiva e sopraelevava l’antico porticoquattrocentesco, conservandone le vecchie volte a crocierae inglobandone i pilastri, per aprirsi con due alti voltonisu via Clavature e via Pescherie; le due strade, tra le piùvive dal punto di vista commerciale, rimanevano in questomodo strettamente connesse alla piazza.

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A riprova della considerazione e della stima che si guadagnònegli ambienti capitolini con la propria attività al serviziodei Farnese e della Camera Apostolica, il Vignola venneinsignito della cittadinanza romana entrando a far partedel patriziato di Roma: almeno a partire dal 1569, poi, sialui che il figlio Giacinto sedevano nel Consiglio dei 100,il senato romano, come rappresentanti del rionedell’Arenula (Regola), il quartiere dove entrambi abitavanoe in cui sorge Palazzo Farnese.L’ultima grande opera a cui si dedicò verso la fine dellasua vita fu la chiesa romana dei gesuiti. Tra il 1568 e il

Chiesa del Gesù a Roma. In ossequio ai principi enunciati nel Conciliodi Trento, che caldeggiavano un’attività di predicazione rivolta a vastiuditori, tra il 1568 e il 1572 il Vignola elaborò un progetto di chiesapiù raccolta e adatta a soddisfare tali esigenze: una navata unica pergarantire a tutti i fedeli la visibilità delle celebrazioni liturgiche e un’ampiaabside per dare spazio alla glorificazione della cristianità (fotografia diAndrea Jemolo).

1572 approntò vari progetti per il Gesù, la prima chiesamonumentale caratterizzata da uno stile formale e liturgicodiffusosi dopo il Concilio Tridentino nello spirito dellaControriforma. Nel 1571, tuttavia, il cardinale Farnesedecise di non realizzare la facciata secondo il disegno delVignola, preferendogli un progetto di Jacopo della Porta.Nel 1572 aderì all’invito di Filippo II di Spagna che avevasollecitato diversi architetti italiani a presentare i loroprogetti per la chiesa del monastero di San Lorenzo elReal dell’Escorial a Madrid, proponendo un proprio disegnodi cui oggi non è rimasta traccia.

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I l 7 luglio del 1573, dopo una breve malattia, JacopoBarozzi morì a Roma, al ritorno da una missione a Cittàdi Castello dove si era recato su incarico di Gregorio XIIIper effettuare alcuni rilievi e disegnare una mappariguardante certe differenze di confine insorte tra ilGranducato di Toscana e lo Stato della Chiesa. Il grandearchitetto, fine ingegno pratico capace di eccellere nellateoria della prospettiva e nell’arte del costruire, che fuanche pittore, cartografo e ingegnere idraulico, vennesepolto nel Pantheon dove riposavano le spoglie diRaffaello Sanzio.Secondo quanto scrive Danti, i funerali del Vignola viderola partecipazione “degli artefici del Disegno”. Non bisogna,infatti, dimenticare che Barozzi dopo il 1551, al pari deipittori Taddeo e Federico Zuccari (che lavorarono conlui nei palazzi farnesiani di Roma e Caprarola), era entratoa far parte della Congregazione dei Virtuosi al Pantheon,una delle più importanti associazioni pie romane a cuiaderivano numerosi celebri artisti e architetti dell’epoca.Uomo schivo, dalla vita sobria e austera, vicino agliambienti oratoriani, fu assistito al capezzale di morte daFrancesco Maria Tarugi: il religioso, nipote di papa GiulioIII e di Marcello Cervini, intratteneva strette relazionicon i Farnese e dal 1555 era divenuto un seguace di SanFilippo Neri, che proprio nel rione Regola aveva datovita alla confraternita della Trinità dei Pellegrini perfornire alloggio e assistenza ai poveri e agli ammalati,devoti o eretici che fossero, in vista del Giubileo del 1550.Universalmente riconosciuto come uno dei principaliarchitetti del Cinquecento italiano, la fama del Vignolaresta legata ad alcune grandi opere eseguite per conto deicommittenti più famosi. È peraltro quasi impossibilericordare tutti gli edifici ‘minori’ per i quali prestòconsulenza e fornì progetti, operando spesso su cantierialtrui rimasti incompiuti, oppure lasciando ad altril’incombenza di terminare propri lavori. Frutto di taleincessante attività, molto moderna nelle sue forme e

Rilievo del Pantheon a Roma, sezione 1541-1554, incisione tratta da“I Quattro Libri dell’Architettura” di Andrea Palladio, pubblicato nel1570. Nel 1573 il corpo di Jacopo Barozzi venne sepolto all’interno diquesto edificio sacro che costituiva uno degli emblemi della tradizionearchitettonica classica, quella stessa tradizione di cui il Vignola fu unodegli interpreti più fedeli (© Photoservice Electa).

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La scala a chiocciola di Palazzo Contrari-Boncompagni a Vignola(fotografia di Ghigo Roli). Studi recenti hanno documentato lapartecipazione di Jacopo Barozzi quantomeno alla progettazionedell’edificio che, del resto, riproduce moduli e stilemi presentinell’architettura di altre opere barozziane. Il Vignola vi operò investe di consulente dopo aver ceduto nel 1559 al conte ErcoleContrari il Vecchio una casa di famiglia, che fu demolita insiemead altre abitazioni per far posto alla nuova costruzione.

e Porta Faule a Viterbo. A Roma partecipò alla realizzazionedi numerosi edifici sacri, come ad esempio Santa Mariain Traspontina, Santa Maria dell’Orto e Sant’Anna deiPalafrenieri, la piccola chiesa a pianta ovale presso laPorta di Sant’Anna in Vaticano.Svariati poi sono i palazzi, le chiese e gli edifici che latradizione e i biografi suoi contemporanei gli attribuiscono,anche se si tratta di paternità non di rado controverse edifficili da verificare proprio per il modo stesso di operaredel grande architetto: è il caso della colombaia di CorteIsolani a Minerbio e del palazzo bolognese di AchilleBocchi, dotto umanista e filosofo delle immagini, o deidue palazzi Della Corgna a Città della Pieve e a Castiglionedel Lago, della chiesa del Gesù a Perugia, della basilicadi Santa Maria degli Angeli ad Assisi, del palazzo delgovernatore e dei priori a Rieti.

modalità d’esecuzione, furono numerosi interventiprogettuali, uno dei quali è certamente il palazzo cheporta il suo nome nella natia Vignola, per la cuirealizzazione Barozzi assicurò la propria consulenza alconte Ercole Contrari il Vecchio che ne volle lacostruzione.Pare che in Umbria abbia lavorato soprattutto sucommissione di Ascanio e del cardinale Fulvio DellaCorgna, nipoti di papa Giulio III, per i quali realizzò unacappella di famiglia nella chiesa di San Francesco al Pratoa Perugia, di cui oggi non rimane quasi nulla. Moltissimisono i progetti nel Reatino e nel Viterbese che portanoil suo nome, in gran parte nei possedimenti farnesiani,tra cui i palazzi comunali di Cittaducale e di Grotte diCastro, la rocca di Vignanello, la chiesa della Madonnadel Piano a Capranica, la fontana di Piazza della Rocca

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Barozzi teoricoO ltre ad essere associato alle numerose opere cheprogettò nel corso della sua vita, il nome del Vignolaè legato a due testi fondamentali di teoria dell’architetturae del disegno prospettico, che incontrarono grandefortuna nel corso dei secoli: la Regola delli cinque ordinidi architettura e le Due regole della prospettiva prattica.

La Regola delli cinque ordini di architettura, data allestampe nel 1562, è una sorta di prontuario che non silimita a sintetizzare e codificare il lessico architettonicoclassico, ma propone un sistema di calcolo per agevolareil compito dei costruttori nel progettare e realizzare leloro opere secondo i cinque ordini architettonici (dorico,ionico, corinzio, tuscanico e composito o romano):stabilito il principio per cui il rapporto tra altezza ediametro della colonna è indipendente dalle dimensionidi quest’ultima, ossia si tratta di due valori relativi percui l’uno si determina in relazione all’altro, nelle tavoledel trattato viene elaborato per ciascun ordinearchitettonico un algoritmo per calcolare la grossezzadella colonna a partire da un’altezza data; si ottiene cosìil modulo, ossia il raggio del fusto della colonna, unitàdi misura in base alla quale si procede a calcolare ledimensioni degli altri elementi architettonici, rispettandouna regola generale valida per tutti e cinque gli ordiniche stabilisce l’esatta proporzione in cui devono staretra loro piedistallo, colonna e trabeazione,indipendentemente dalle diverse unità di misura allorain uso.Tale calcolo modulare rispondeva alle esigenze di unaarchitettura razionale, basata su relazioni geometricheben determinate, tuttavia nella pratica non ebbe quasiapplicazione. Il successo della Regola è legatoprincipalmente alla sua semplicità ed efficacia didattica.

Tavola XVIIII della “Regola delli cinque ordini di architettura” trattadalla copia commentata della Biblioteca Ariostea. Nell’immagine èchiaramente visibile l’integrazione autografa di Giovanni BattistaAleotti detto l’Argenta, che prendendo spunto dai moduli barozzianiscrive di aver realizzato un “capitello composito” di quel genere nellecolonne dell’altare della chiesa di Sant’Andrea a Ferrara oggi ridottaa rudere (Biblioteca Comunale Ariostea di Ferrara, Classe I, 217).

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Le Due regole della prospettiva prattica furono pubblicatepostume nel 1583 a cura di Egnazio Danti, insignescienziato e cosmografo perugino, che arricchì il testovignolesco con i propri commentari. Il trattato, checontribuisce ad una esaustiva formulazione teorica delleleggi della prospettiva, non si poneva lo scopo di esporreun nuovo principio prospettico, ma intendeva fornirea pittori e disegnatori uno strumento per padroneggiaree applicare il metodo prospettico attraverso il compendiodi tutte le conoscenze a disposizione.Tale intendimento didattico nasceva probabilmente nonsolo dalla propria esperienza di pittore e architetto alleprese con schizzi, disegni e alzati da tradurre in opera,ma anche dall’attività di cartografo e ingegnere idraulicodedito al rilievo in pianta e alla progettazione diinfrastrutture.

Le meraviglie della raffigurazione prospettica nelle tavole delle“Due regole”(Copia anastatica del volume pubblicato dalla BancaCRV nel 1973).

La costruzione di un tempio di Ercole, affresco che decora lavolta a botte del Palazzo Farnese di Caprarola, realizzato nel1569 e attribuito al pittore parmense Jacobo Bertoia (fotografiadi Andrea Jemolo). Non poteva esserci rappresentazione miglioredi questa per esprimere appieno la cifra della vita artistica e dellavicenda umana di Jacopo Barozzi. Nella figura posta al centrodella scena di cantiere gli studiosi riconoscono il ritratto delgrande architetto, vista la somiglianza con l’effigie che campeggiasul frontespizio della “Regola delli cinque ordini di architettura”:Barozzi indica con il compasso ad un gruppo di persone alcuniparticolari del progetto, mentre sullo sfondo fervono i lavori.

Tavola tratta dalle “Due regole della prospettiva prattica” nellasua prima edizione del 1583 raffigurante il prospettografo,strumento impiegato nel disegno delle antichità romane dalVignola: le maglie del reticolato tracciato sul foglio di carta sucui sta disegnando il personaggio seduto sono uguali alle divisionidel regolo CD e del canale AB; ciò consentiva di trasferire sullacarta la visione prospettica dell’oggetto osservato.

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Progetto grafico ed impaginazioneR&S&C - Comunicazione e Marketing - Modena

TestiAchille Lodovisi

Coordinamento e supervisionePaola Ferrari

Finito di stampare nel mese di aprile 2007Litografia F.G. - Savignano sul Panaro (MO)

© 2007 Fondazione di Vignolawww.fondazionedivignola.it

Il Centro di Documentazione è nato per raccogliere, valorizzare e divulgare le fonti documentalilegate alla storia di Vignola conservate presso importanti Archivi nazionali ed internazionali.

Le sue attività si basano sul convincimento che gli studi storici rivestano un ruolo importante e insostituibileai fini della conoscenza e della diffusione del patrimonio artistico, monumentale, culturale e ambientale del territorio.

La ricerca, l’elaborazione e la divulgazione delle fonti, unite all’attività editoriale e formativaarricchiscono le conoscenze relative alla storia di Vignola e dei suoi numerosi illustri cittadini,

tra cui Jacopo Barozzi.

Alla realizzazione di quest’opera ha contribuito ilCentro di Documentazione della Fondazione di Vignola

L’editore, nonostante le ricerche effettuate, non è riuscito a rintracciare la proprietàdi alcune immagini pubblicate.

Si dichiara disponibile ad assolvere gli obblighi di legge.

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Opere, parole, regole di Jacopo Barozzi, Architetto Opere, parole, regole di Jacopo Barozzi, Architetto

In copertina: la costruzione di un tempio di Ercole, affrescoche decora la volta a botte del Palazzo Farnese di Caprarola,realizzato nel 1569 e attribuito al pittore parmense JacoboBertoia (fotografia di Andrea Jemolo). Nella figura postaal centro della scena di cantiere gli studiosi riconoscono ilritratto di Jacopo Barozzi.Jacopo è una toscanizzazione del nome proprio Giacomo.Nei documenti autografi a noi pervenuti il Vignola si firmaIacomo (ossia Giacomo), nome che del resto compare anchesul frontespizio delle prime edizioni delle sue due opere,ma nell’uso comune è molto diffusa la forma toscanizzata.

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Opere, parole, regole di Jacopo Barozzi, Architetto

Opere, parole, regole di Jacopo Barozzi, Architetto

Iniziativa nell’ambito delle Celebrazioni Barozziane