IntroduzioneAllaFilosofiaDellaMenteCap.1_3

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Introduzione alla filosofia della mente Alfredo Paternoster, Laterza, Roma-Bari 2002

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Introduzione alla filosofia della mente

Alfredo Paternoster, Laterza, Roma-Bari 2002

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Definizione intuitiva o generica di mente:

“L’insieme delle facoltà intellettive che permettono agli esseri umani di conoscere la realtà, di pensare e di giudicare (spesso in contrapposizione a corpo o a cuore)” (Garzanti-UTET)

Impliciti alcuni interrogativi:• Qual è il rapporto mente-corpo?• Qual è il rapporto mente-realtà?• Come è fatta la mente?• Gli animali hanno una mente?

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L’indice• Parte prima: mente-corpo• 1. Il riduzionismo• 2. Il funzionalismo• 3. Cause mentali• Parte seconda: mente-mondo• 4. Il contenuto intenzionale• 5. Percezione• 6. Tipi di rappresentazione mentale• Parte terza: mente-mente• 7. Architettura della mente• 8. La coscienza

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Parte prima: mente-corpo

Cap. I Due o tre modi di essere riduzionisti

Tre posizioni di fondo. La mente:

- è identica al cervello (riduzionismo)

- non esiste (eliminativismo)

- È un insieme di disposizioni al comportamento (comportamentismo)

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Prima opzione: riduzionismo

Tesi di fondo: La mente è identica al cervelloLa mente è identica al cervello

Esiste un insieme di leggi ponte, ad oggi

sconosciute o conosciute solo in parte, che

connetterebbe tra loro psicologia neuroscienza

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Vediamone la variante più forte:

C’è identità tra tutti gli stati mentali e tutti gli stati cerebrali di un certo tipo

Obiezione della realizzabilità multipla (Putnam 1967):

A) Io desidero una birra; G. Bush desidera una birra. Si tratta dello stesso desiderio?

B) Io ho paura degli squali; una sardina ha paura degli squali: io e la sardina abbiamo paura nello stesso modo?

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E’ una posizione molto rigida:

Gli stati mentali dovrebbero essere gli stessi a

prescindere dalle variazioni che esistono nelle

specie (Marco vs Bush) e tra le specie (Homo

sapiens vs sardina).

La teoria dell’identità prova a difendersi per mezzo di due risposte:

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Risposta numero 1 (più tecnica): “una proprietà mentale è pari alla disgiunzione di tutte le proprietà cerebrali che la realizzano”

Che vuol dire?La proprietà mentale del “desiderare una birra”

rimane la stessa anche se si realizza in modi diversi nei diversi cervelli: il mio cervello è diverso da quello di Bush, il cervello di Bush è diverso da quello di un alcolista, eppure il desiderio è lo stesso, è a noi tutti comune.

Difficoltà di questa risposta: Ma in che senso allora si tratta ancora di una proprietà?!

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La seconda strategia di risposta in difesa della teoria dell’identità:

Ha senso parlare di identità tra stati mentali e stati fisici (cioè cerebrali) solo all’interno della stessa specie.

Difficoltà: Non si risponde al caso A (Marco vs Bush)

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Posizione numero 2: L’eliminativismo

La mente, semplicemente, non esiste.Quando parliamo di mente e stati mentali

(desideri, credenze, intenzioni, ecc.) semplicemente ci sbagliamo.

Un giorno noi tutti capiremo che quella di “mente” è una nozione simile a quella di “strega”: un’entità che credevamo esistesse e che invece è pura superstizione!

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La cosiddetta “psicologia del senso comune” è:

• Inadeguata (non dà spiegazioni causali: sogno, malattia mentale, illusioni)

• Stagnante (non progredisce)• Spesso sbagliata (le streghe, i fantasmi)Il problema, allora, è:1) Perché funziona di solito molto bene?2) È per questo che è statica!3) E’ inconfutabile che la scienza dimostri i suoi errori ma

ciò non dimostra che la psicologia popolare sbagli proprio in questo caso e che la mente semplicemente non esista.

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Terza opzione teorica: il comportamentismo

• Gli stati interni sono definibili come disposizioni al comportamento, sono finzioni linguistiche attraverso cui razionalizziamo il comportamento.

• “Desiderare una birra” significa niente altro che essere nella disposizione di bere una birra.

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Uno dei problemi di fondo del comportamentismo:

ma cos’è una “disposizione”?

• Per una qualunque azione, ne esiste un numero infinito: “Giorgio spara a sua nonna”. Perché?

• È una nozione circolare. Azione: “prendere l’analgesici”. Disposizione: “desiderio di cura”. Ma il desiderio è, a sua volta, una nozione mentale che andrebbe spiegata in termini di disposizioni!

• E’ una nozione non decisiva: una disposizione può esser tale e rimanere solo in potenza. Un vaso può essere fragile e non rompersi mai.

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Paternoster profila una quarta opzione per la quale parteggia:

Il funzionalismo, una batteria concettuale dalla quale sono nate le cosiddette “scienze cognitive”.

- Il funzionalismo è un riduzionismo non ingenuo- Il funzionalismo non sarebbe colpito dalla parte

destruens del comportamentismo, per certi aspetti la sua parte più forte (e che recita: “i termini psicologici non denotano stati interni”).

- Infatti il funzionalismo non richiede che gli stati mentali siano coscienti o che si dia un qualche valore all’introspezione…

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Cap. II Il funzionalismo

Tre tesi di fondo:

1) gli stati mentali sono stati computazionali

2) Gli stati mentali sono ruoli causali

3) Non importa quale sia la realizzazione materiale della mente poiché le computazioni sono entità “astratte”: un conto è il software, altro è l’hardware

= Un materialismo che prescinde dal tipo di materia

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Teoria computazionale della mente

• I processi cognitivi sono computazioni su rappresentazioni

• Uno stato mentale ne causa un altro poiché ognuno di essi dipende da regole che riguardano solo le proprietà formali:

• X mangia Y è diverso da Y mangia X a prescindere da cosa sia X e da cosa sia Y

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Detto in altri termini: la mente è come una macchina di Turing

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Gli stati mentali hanno proprietà semantiche e sintattiche:

1) “X ama Gina” è diverso da “Gina ama X” (sintassi)

Ma fa la differenza anche chi sia questo X:2) “Franco ama Gina” è diverso da “Giorgio ama

Gina”

La costruzione sintattica è la stessa ma lasemantica è diversa

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La mente è una macchina Turing perché èinsensibile alle proprietà semantiche di certesuccessioni finite e continue di simboli (in gergo: “stringhe”).

Alla macchina di Turing importa solo se sia xad amare y e non, ad esempio, che y ad amarex. Chi sia x e chi y, cosa voglia dire “amare”non importa.

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Punti forti del funzionalismo:1) La “condizione di formalità”: Gli stati

mentali hanno potere causale, decidibile, sintattico. Sono descritti come il resto del mondo naturale (se un vaso cade, si rompe; se rovescio di posto x e y nella frase “x ama y” il senso si inverte).

2) Inoltre, gli stati mentali sono entità astratte che non risentono delle differenze di hardware, cioè delle differenze che esistono tra cervelli e corpi.

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Il software non è l’hardware

In questo modo il funzionalismo risponde a entrambe le obiezioni sulla realizzabilità multipla:

“Marco desidera una birra” VS

“Bush desidera una birra”

“Marco ha paura degli squali” VS

“Una sardina ha paura degli squali”

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Punti deboli del funzionalismo:

1) Non dà conto della semantica2) Non dà conto dell’esperienza umana nel suo

complesso: emozioni, il vissuto, ecc.Obiezione classica (Searle): L’esperimento mentale

chiamato della “stanza cinese”Succo: “Così come non è il diligente, ma stupido,

lavoro di trascrizione a conferire significato agli ideogrammi, allo stesso modo non sono le operazioni puramente formali del programma a fornire significato ai simboli che manipola.”

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Tra le varie risposte la cosiddetta “risposta del robot”

Se pensassimo, però, al computer come a un robot che può percepire e agire, allora questo potrebbe avere accesso alla semantica: potrebbe ancorare i simboli alla realtà!

In fondo come fanno un cinese e un italiano a capirsi? Perché agiscono in una realtà fisica comune!

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Secondo Searle, questo obiezione non è solida poiché si tratterebbe sempre e comunque di macchine programmate da qualcun altro (cioè da noi)

Secondo i sostenitori del funzionalismo, anche noi siamo macchine (seppur biologiche) e siamo anche noi programmati, nel nostro caso dall’evoluzione!

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Cosa significa comprendere?Searle vs Turing

Per Turing una macchina comprende quel che fa, quando non siamo in grado di distinguere il suo comportamento da quello di un essere umano (Si pensi a Blade Runner)

Per Searle, invece, anche se la persona nella stanza sembra sapere il cinese, in realtà non lo sa. Il comportamento non basta.

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Il funzionalismo ci porta in una selva di problemi “grammaticali”

irrisolti:• Cosa vuol dire “comprendere”?

• Cosa vuol dire “comportamento”?

• Cosa vuol dire “macchina”?

• Cosa vuol dire “programma”?

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Detto in altri termini:

Le difficoltà a costruire macchine intelligenti è una difficoltà contingente o di principio?

Il problema maggiore sembra essere quello della “cornice”, del “contesto” (il cosiddetto “frame problem”): l’ambiente umano, infatti, è umano perché cambia continuamente, caratterizzato da una flessibilità che sembra non conoscere limiti.

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Cap. III Cause mentali (forse il capitolo più spinoso)

Il funzionalismo si accompagna di solito a una tesi non riduzionista nota come “realizzabilità multipla”:

Ogni proprietà mentale può essere realizzata da una molteplicità di stati cerebrali

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Esiste però una seconda forma di riduzionismo, più debole del

primo, detto teoria dell’identità dell’occorrenza

L’identità tra cervello e mente non riguarda il tipo di credenza ma solo una sua particolare realizzazione

Mente Cervello

12 marzo: (Occorrenza 1)

“Ho mal di pancia” Ho mal di pancia

13 marzo (Occorrenza 2)

“Ho mal di pancia” Ho mal di pancia

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Per identità di tipo (il riduzionismo visto nel cap. 1): O1m, O1c, O2m e O2c sono uguali: ogni volta che penso “ho mal di pancia” nel cervello ho sempre la stessa configurazione sinaptica.

Per l’identità di occorrenza: sono uguali tra loro solo O1m e O1c; O2m e O2c. Quando penso “ho mal di pancia” questo pensiero corrisponde a una certa configurazione sinaptica. Ma questa di volta in volta può essere diversa.

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Quindi se ho l’identità di tipo avrò per forza anche quella per occorrenza, ma chi sostiene l’identità per occorrenza non necessariamente afferma quella di tipo.

L’identità mente-cervello per occorrenza è dunque più debole di quella di tipo.

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Nello stesso tempo, esiste un’altra strada, basata sul

concetto di “sopravvenienza”, alternativa

all’identità cervello-mente di tipo e compatibile ma diversa

con quella di occorrenza. In termini di forza

(cioè di riduttività) delle teorie abbiamo:

+ forte

1) Teoria dell’identità di tipo tra mente e cervello

2) Teoria dell’identità di occorrenza tra mente e cervello

3 o 2b) Sopravvenienza

- forte

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Realizzabilità multipla spesso legata alla sopravvenienza

La “realizzabilità multipla” è una tesi in negativo: l’identità di stato mentale non implica l’identità di stato fisico

Quella della sopravvenienza propone una tesi in positivo:

l’identità di tipo fisico implica l’identità di tipo mentale (ma non vale l’implicazione opposta)

((Sia realizzabilità multipla che sopravvenienza mettono in relazione tipi di proprietà mentali.))

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La sopravvenienza:

• Covarianza: qualunque differenza mentale deve avere riscontro in una differenza fisica. Non possono esserci stati identici sotto ogni aspetto fisico ma diversi per qualche aspetto mentale

• Dipendenza: gli stati sopravvenienti dipendono da quelli fisici: il carattere mentale di una cosa è completamente determinato dalla sua natura fisica.

• Irriducibilità: il mentale conserva una sua autonomia. Non c’è alcuna proprietà fisica con la quale identificare il mal di denti

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Problemi della sopravvenienza: “l’argomento dell’esclusione

causale”Argomento A: “Epifenomenismo del mentale”

M= avere mal di testa M* = intenzione di prendere un’aspirinaP = Configurazione sinaptica di MP * = Configurazione sinaptica di M*M M* (questo legame è inutile!)

P P*

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Argomento B “sovradeterminazione causale”

M M*

P P*

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Come superare questa difficoltà?

Occorre partire dal “paradosso della causalità mentale”, che consiste nell’impossibilità di sostenere simultaneamente le seguenti asserzioni:

1) Gli stati mentali sono distinti dagli stati fisici

2) Gli stati mentali sono cause di stati fisici

3) Solo gli stati fisici possono causare alcunché

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A quale delle tre tesi rinunciare?

Vediamo tre strategie di risposta. Le prime due rinunciano alle tesi 1, l’ultima alla tesi 3. Nessuna rinuncia alla tesi 2 perché escludendo questa si rinuncia all’idea della mente: un mediatore tra input e output, tra stimolo e risposta.

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Una prima strategia: il monismo anomalo (Davidson):

Nega la tesi 1: gli stati mentali sono identici a quelli fisici. Solo che il vocabolario che utilizziamo per descriverli è irriducibile a quello della fisica: valori e norme (giusto/sbagliato); razionalità/irrazionalità sono irriducibili al vocabolario della fisica.

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Problemi del monismo anomalo:

• E’ una spiegazione?

• Prende atto di una cesura, una tesi meramente negativa che non dice nulla sulla relazione tra mentale e fisico

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Seconda strategia (Fodor): Il monismo “nomologico”

(regolarità conforme a una legge)• Nega sempre la tesi 1 (secondo la quale gli

stati mentali sono distinti dagli stati fisici)• La sopravvenienza va bene, la minaccia di

epifenomismo non ha un vero fondamento.• Passo chiave: Non dobbiamo chiedere alle

relazioni causali tra fisico e mentale di più di quel che si richiede all’interno di alcuni ambiti meramente fisici….

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• Esiste una legge in grado di prevedere perfettamente il tempo che farà domani o tra una settimana?

• Esiste una legge in grado di prevedere l’erosione di un fiume dei suoi argini nei prossimi anni?

• Esiste una legge in grado di prevedere l’aerodinamica di uno scafo o il suo rapporto con un certo tipo di vele?

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La risposta è: NO• Abbiamo per questo qualche riserva nel

considerare questi fenomeni come squisitamente fisici?

• Non chiediamo di più allora al mentale, anch’esso porzione del regno fisico. Abbiamo bisogno di leggi in grado di prevedere il mentale e il comportamento ma all’interno di un certo margine di errore, di imprevedibilità.

• La psicologia è da questo punto di vista come l’economia, la geologia, la meteorologia. Una scienza speciale in grado di descrivere regolarità prevedibili ma non meccaniche.

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• E’ possibile spiegare e prevedere stati mentali così come quelli geologici o metereologici.

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Problemi del monismo nomologico:

• Ambiguità sulla nozione di causa che rischia di essere un po’ tutto e il suo contrario

• E poi siamo proprio sicuri che l’imprevedibilità delle nuvole sia la stessa di quella del mio vicino di casa?

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Terza strategia: il deflazionismo (Baker, Burge)

• Non lasciamo a casa la tesi 1 ma la tesi 3, secondo la quale solo il mondo fisico ha efficacia causale.

• Il senso della nozione di “causa” nella tesi 2 è diverso da quello della tesi 3. Le cause mentali non sono propriamente cause quanto delle “ragioni”: delle giustificazioni a posteriori per spiegare il comportamento. Anche la nozione di causa è intenzionale (mentale) perché usata sempre con un certo scopo esplicativo.

• Nega l’esistenza del problema delle cause mentali, più che tentare di risolverlo: la sopravvenienza è inutile, il mentale costituisce un diverso spazio logico.

• Differenza da Fodor: non c’è bisogno che i concetti di “credenza” o “desiderio” abbiano una controparte fisica.

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Abbiamo visto dunque tre strategie:

1) Monismo anomalo (Davidson): contro la tesi 1 (stati mentali distinti da stati fisici)

2) Monismo nomologico (Fodor): contro la tesi 1

3) Deflazionismo: contro tesi 3

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Tutte e tre le risposte sembrano poco soddisfacenti. Alternative?

• Il riduzionismo duro e puro: tutto il resto è fumo

• Ritorno al funzionalismo: l’opzione preferita da Paternoster

• Una discussione più accurata delle nozioni discusse: causa, fisicalismo, riduzionismo…