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Interventi sulla scuola italiana Sistema scolastico e amministrazione Burocrazia, insegnanti, clientelismo Franca Modesti Nel labirinto Sulla riforma del sistema scolastico italiano da tempo sono impegnati gli specialisti del settore e prosegue il dibattito intorno ai te- mi della sperimentazione, dei programmi, delle nuove didattiche; è ancora assente pe- rò un interesse per l’analisi del concreto funzionamento dell’istituzione. Rimangono nell’ombra i meccanismi burocratici che condizionano l’insegnamento pubblico e hanno consolidato nel tempo la capacità di vanificare i tentativi innovatori. È trascura- to il peso e il ruolo del monopolio democri- stiano sull’amministrazione della scuola: dal 1947 a oggi, il ministero della Pubblica istruzione (d’ora in poi Mpi) ha avuto solo due ministri del Pii, uno del Psdi e uno del Pri per un complesso di 1.575 giorni; come il ministero degli Interni e dell’Agricoltura — sempre detenuti dalla De1 — il Mpi è una struttura-chiave nella storia dell’Italia repubblicana. Sfugge in definitiva la so- stanza di un potere mai scalfito quanto al come e al chi si assume per insegnare, mai oggetto di interventi volti a incidere nel me- rito del reclutamento e della gestione del personale, incline a garantire autonomia al- le iniziative di innovazione didattica con- dotte nell’ambito dello sperimentalismo in- dividuale o “a isole”, purché non incrinino l’apparato esistente. È documentabile l’ipotesi che il sistema scolastico italiano sia caratterizzato dalle caotiche prassi amministrative messe in atto dagli organi burocratici e che esse eserciti- no forti condizionamenti sulla massa dei docenti anche mediante manovre clientelari. Il malcontento degli insegnanti si è espresso con capillarità attraverso il blocco degli scrutini e le polemiche contro i sindacati in occasione del contratto per il 1988-1990 (fir- mato senza il consenso della categoria nel- l’estate del 1989), senza però riuscire a of- frire gli elementi critici necessari per capire la qualità del ruolo professionale e sociale del docente e la struttura del sistema scola- stico. L’insoddisfazione diffusa, la frammenta- rietà rivendicativa, la protesta per un con- tratto poi scaduto nel silenzio, l’estraneità rispetto al Movimento degli studenti, hanno connotato quei mesi. Non sono mancate le riforme e le speri- mentazioni, le aperture alla realtà esterna, i convegni, i dibattiti; si sono diffusi libri di testo, materiali e metodi didattici molto in- novativi. Eppure il senso comune coglie del- l’istituzione scolastica soprattutto l’immobi- lismo, la mummificazione, l’improvvisazio- 1 Si veda la tabella Appartenenza di partito dei ministri nei governi italiani, in Valerio Calzolaio, Anatomia dei go- verni. Crisi per crisi, poltrona per poltrona, “Avvenimenti”, 1991, n. 17, pp. 94-95. “Italia contemporanea”, settembre 1992, n. 188

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Interventi sulla scuola italiana

Sistema scolastico e amministrazione Burocrazia, insegnanti, clientelismo

Franca Modesti

Nel labirinto

Sulla riforma del sistema scolastico italiano da tempo sono impegnati gli specialisti del settore e prosegue il dibattito intorno ai te­mi della sperimentazione, dei programmi, delle nuove didattiche; è ancora assente pe­rò un interesse per l’analisi del concreto funzionamento dell’istituzione. Rimangono nell’ombra i meccanismi burocratici che condizionano l’insegnamento pubblico e hanno consolidato nel tempo la capacità di vanificare i tentativi innovatori. È trascura­to il peso e il ruolo del monopolio democri­stiano sull’amministrazione della scuola: dal 1947 a oggi, il ministero della Pubblica istruzione (d’ora in poi Mpi) ha avuto solo due ministri del Pii, uno del Psdi e uno del Pri per un complesso di 1.575 giorni; come il ministero degli Interni e dell’Agricoltura — sempre detenuti dalla De1 — il Mpi è una struttura-chiave nella storia dell’Italia repubblicana. Sfugge in definitiva la so­stanza di un potere mai scalfito quanto al come e al chi si assume per insegnare, mai oggetto di interventi volti a incidere nel me­rito del reclutamento e della gestione del personale, incline a garantire autonomia al­le iniziative di innovazione didattica con­dotte nell’ambito dello sperimentalismo in­

dividuale o “a isole”, purché non incrinino l’apparato esistente.

È documentabile l’ipotesi che il sistema scolastico italiano sia caratterizzato dalle caotiche prassi amministrative messe in atto dagli organi burocratici e che esse eserciti­no forti condizionamenti sulla massa dei docenti anche mediante manovre clientelari. Il malcontento degli insegnanti si è espresso con capillarità attraverso il blocco degli scrutini e le polemiche contro i sindacati in occasione del contratto per il 1988-1990 (fir­mato senza il consenso della categoria nel­l’estate del 1989), senza però riuscire a of­frire gli elementi critici necessari per capire la qualità del ruolo professionale e sociale del docente e la struttura del sistema scola­stico.

L’insoddisfazione diffusa, la frammenta­rietà rivendicativa, la protesta per un con­tratto poi scaduto nel silenzio, l’estraneità rispetto al Movimento degli studenti, hanno connotato quei mesi.

Non sono mancate le riforme e le speri­mentazioni, le aperture alla realtà esterna, i convegni, i dibattiti; si sono diffusi libri di testo, materiali e metodi didattici molto in­novativi. Eppure il senso comune coglie del­l’istituzione scolastica soprattutto l’immobi­lismo, la mummificazione, l’improvvisazio-

1 Si veda la tabella Appartenenza di partito dei ministri nei governi italiani, in Valerio Calzolaio, Anatomia dei go­verni. Crisi per crisi, poltrona per poltrona, “Avvenimenti”, 1991, n. 17, pp. 94-95.

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ne, il cavillo e la grettezza burocratica che si riflettono nel degrado delle strutture, nel ri­getto delle responsabilità, nell’incapacità degli insegnanti di farsi interpreti unitari dei propri diritti in relazione ai propri doveri verso gli studenti. Compaiono in primo pia­no l’incompetenza e l’indifferenza di molti docenti, gli aggiornamenti non volontari ma a pagamento, l’incentivo monetario anche per occuparsi di biblioteche sistemabili sen­za difficoltà o per la disponibilità ad accet­tare due eventuali ore settimanali di sup­plenza interna. Sulle incombenze formali, sugli obblighi di compilare verbali e registri presto archiviati, aleggia improbabile, ma sempre possibile, il controllo ispettivo uti­lizzato come strumento di ricatto disciplina- re. Quale via conduce all’uscita dal labirin­to di una scuola che gli interessi clientelari hanno plasmato a propria immagine e in propria funzione?

Un puzzle: la scuola

Tra l’inverno 1988 e l’estate 1989 gli in­terventi della stampa sulla scuola suggeri­vano l’idea di un comparto professionale per il quale le cifre hanno un valore di ge­nerica rappresentazione, intraducibile in termini di produttività. Sui giornali rimbal­zavano allora dati contraddittori relativi all’assunzione in ruolo di nuovo personale e all’elenco dei docenti in esubero. Si preannunciava il ruolo ora per 20.000, ora per 60.000, ora per 80.000 precari; si rile­vavano 20.000 insegnanti di religione, ora 20.627, e 23.629 docenti “soprannumerari” di educazione fisica e tecnica, 10.449 posti in esubero tra scuole elementari e medie inferiori2.

Di fatto, la conferma nella scuola dei do­centi soprannumerari ma di ruolo ha pena­lizzato i precari malgrado annunci che han­no favorito la chiusura tranquilla degli anni scolastici, in attesa dello scadere dei rappor­ti annuali di lavoro con l’estate, quando rabbia e disillusione non hanno più peso ri­vendicativo. La questione del precariato è stata abbandonata dalla stampa e dai sinda­cati, ma è centrale, riflette la dipendenza del mercato del lavoro dal sistema-scuola: uno sbocco per i neolaureati nella rete delle supplenze a rotazione con le incertezze dei concorsi pubblici e del praticantato nei campi privati delle libere professioni; uno sbocco di ripiego anche per i biologi, i geo­logi, gli esperti forestali e agrari che la ri- strettezza della struttura produttiva e dei servizi in Italia condanna alla disoccupazio­ne, uno sbocco caratterizzato dalla migra­zione sul territorio nazionale dei docenti se­condo la direttrice prevalente dal Centro e dal Sud al Nord.

Il Censis si limita alle stime per stabilire il numero degli insegnanti statali, non esisten­do rilevazioni statistiche attendibili; per il 1988-1989 sarebbero stati 889.000, di cui l’8 per cento nelle materne, il 31 per cento nelle elementari, il 31,5% e il 29,5% rispettiva­mente nelle secondarie inferiori e superiori, con il 7,7 per cento di precari, pari all’8 per cento degli insegnanti della secondaria infe­riore e al 15,6 per cento di quelli della secon­daria superiore3.

Un primo dato è certo: i presidi conosco­no la situazione dei loro istituti, spesso com­plicata dalla contemporanea dipendenza di un insegnante da scuole diverse e distanti tra loro, i provveditorati distribuiscono po­sti e docenti in ambito provinciale, il Mpi ignora il quadro complessivo nazionale, come

2 “La Sicilia”, 6 dicembre 1988; “Giornale di Sicilia”, 11 e 15 luglio 1989; “L’Unità” , 12 aprile 1989, 4 giugno 1989 e 31 agosto 1989; “Valore scuola-quotidiano del sindacato nazionale scuola Cgil”, 13 aprile 1989.3 Censis, Rapporto per il 1989, Roma, 1990.

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emerge da una sua iniziativa del 1988, ripre­sa nel 1991. Si trattava di un tentativo di censire classi, alunni, docenti, cattedre e po­sti dalle scuole materne alle superiori, con la collaborazione di ogni singolo istituto per ri­levare le variazioni di stato giuridico da cui la disponibilità di ‘cattedre e/o posti’ (si ci­tava il caso di dimissioni e decessi), le im­missioni in ruolo effettuate o in corso (di­stinte, se a decorrenza dal 1° settembre 1988, per tipo di concorso superato o se de­terminate da altri decreti o procedure) e ‘le cattedre e/o i posti’ per le supplenze annua­li. Nella circolare il Mpi precisa l’intenzione di conoscere la situazione del 1988-1989 rac­comandando “l’urgenza, il rispetto delle istruzioni impartite, la cura e l’attendibilità dei dati” da inviare a quattro destinatari: l’Ispettorato per le pensioni per la scuola materna, le Direzioni generali dell’istruzione elementare e dell’istruzione secondaria di primo grado, il Gabinetto ministeriale per la scuola superiore4.

Nel corso di ogni anno scolastico e in fun­zione del successivo, per conto dei provvedi­torati, le segreterie d’istituto revisionano l’organico “di diritto”, soggetto a varianti fino a settembre. Esso diventa allora “di fat­to”, dopo la registrazione dei trasferimenti, delle bocciature e iscrizioni di alunni, ovvero del numero definitivo di allievi da cui dipen­de quello delle classi. Per il 1991-1992 si è trattato di 218.544 e di 239.685 posti rispet­tivamente alle medie inferiori e superiori5, mentre il Censis stimava per il 1988-1989 pa­ri a 277.000 e 263.000 i docenti dei due ordi­ni (dei quali 22.000 e 41.000 i precari), a74.000 e 275.000 gli insegnanti delle materne e delle elementari (precari rispettivamente

per lo 0,6 per cento e 1’ 1,8 per cento su un totale nazionale di 68.500)6. Quale relazione lega le cattedre agli stipendi se non ha avuto risonanza sociale il calo dai 540.000 docenti delle medie e superiori secondo il Censis per il 1988-1989 ai 458.229 dell’organico di dirit­to per il 1991-1992?

I frammenti della categoria

Diversi elementi concorrono a frammentare la categoria degli insegnanti, licenziati ogni anno al termine delle lezioni o degli esami o di ogni periodo di supplenza, in ogni caso a giugno se supplenti temporanei (assunti dai presidi) a settembre se supplenti annuali (con nomina del provveditore). Non sempre coprono il vuoto lasciato da un docente di ruolo in congedo per motivi familiari o di salute o perché “comandato” o “distacca­to” presso istituti culturali, sportivi, orga­nizzazioni sindacali; spesso occupano catte­dre vacanti, tenute di riserva per le immis­sioni in ruolo e i trasferimenti. Il supera­mento di un concorso ministeriale concede il titolo di “abilitato all’insegnamento”, ma l’inserimento in ruolo avviene solo con l’as­segnazione della “titolarità di cattedra” . A volte nemmeno quest’ultimo passaggio ri­solve il problema della precarietà; l’incer­tezza circa le mansioni e il luogo di destina­zione permane infatti per i cosidetti “per­denti posto per esubero” e per coloro che sono privi di sede, assegnati alla “dotazione organica aggiuntiva (doa)”, che dal 1982 avrebbe dovuto ridurre il ricorso alle sup­plenze e con ciò il precariato, e che per l’an­no scolastico 1991-1992 corrispondeva a

4 Cm 8 ottobre 1988 n. 276, “La tecnica della scuola”, 1988, n. 4 e Cm 9 dicembre 1991 n. 382, “Scuola e didatti­ca”, 1992, n. 11.5 Cm 1° dicembre 1990 n. 330, “Formazione delle classi nelle scuole e istituti di ogni ordine e grado per l’a.s. 1991- 92”, “Scuola e didattica”, 1991, n. 18.6 Censis, Rapporto per il 1989, cit.

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14.993 insegnanti delle medie inferiori e a 7.798 delle superiori7.

Sulla frammentazione influisce la rigidità burocratica che distingue e isola il personale docente nei comparti chiusi della scuola ma­terna, elementare, secondaria di primo e di secondo grado. Conta il prestare servizio in una o più scuole, la distanza del luogo di la­voro da quello di residenza che a volte im­pone il ricorso a un mezzo di trasporto pri­vato o la soluzione della seconda casa. Crea differenze il ruolo ottenuto per legge sanato­ria o per concorso; è discriminante la per­manenza nel precariato malgrado il cumulo di abilitazioni conseguite. La diversità segna chi prima ha lavorato solo nel settore pub­blico o anche in quello privato o all’estero, chi ha nella scuola l’unica fonte di reddito rispetto a coloro che godono di altre entrate come liberi professionisti. Queste segmenta­zioni burocratiche si sommano alle differen­ze connesse alla formazione umana e cultu­rale individuale, ad esempio aH’incomunica- bilità tra donne quando su affinità di sesso e professione prevalgono le fratture determi­nate dall’identità sociale e dall’appartenenza di classe. La frammentazione è dunque il ri­sultato dell’interazione di diversi fattori, co­sì da configurare una categoria che sfugge a ogni schematismo descrittivo, rimane indi­stinta, priva di un atteggiamento e di una voce unitari a causa del mosaico di situazio­ni e interessi eterogenei che in essa convi­vono.

La logica e le modalità amministrative che presiedono al reclutamento e alla gestio­ne del personale complicano la trama delle segmentazioni. Tutta la carriera di inse­gnante, dalle supplenze al ruolo, al trasferi­mento, al recupero del posto nel caso dei “soprannumerari” o dei “doa”, è condizio­nata dai punteggi personali determinati dai diritti di precedenza o riserva, dai titoli di studio, dalle abilitazioni e specializzazioni, dai corsi di aggiornamento seguiti, dal ser­vizio prestato. La posizione in graduatoria è decisiva per le prospettive individuali di la­voro e per la fisionomia organizzativo-sin- dacale della categoria. Tutto ciò esaspera la potenziale concorrenzialità interna concen­trata sull’interesse immediato e particolare e allontana la possibilità di delineare un oriz­zonte rivendicativo comune. Dai punteggi derivano le graduatorie del personale per ogni condizione giuridica del ruolo e del precariato, per tipo di richiesta (supplenza, trasferimento, passaggio di cattedra) e per tipo di materie insegnate; agli elenchi così formati ricorrono i provveditori per le sup­plenze annuali e i capi d’istituto per le sup­plenze temporanee, e si tratta sempre di chiamate nominative al posto di lavoro. La burocrazia d’istituto e dei provveditorati ge­stisce le graduatorie per ogni insegnamento- classe di concorso, l’“entità” di riferimento per conferire gli incarichi8.

Le discipline scolastiche previste compon­gono un quadro complesso e moltiplicano i

7 L. 20 maggio 1982 n. 270, “Revisione della disciplina del reclutamento del personale docente della scuola mater- na-elementare-secondaria-artistica, ristrutturazione degli organici, adozione di misure idonee ad evitare la forma­zione di precariato e sistemazione del personale precario”; “Scuola e didattica”, 1991, n. 18.8 Om 21 dicembre 1990 n. 356 e 17 febbraio 1992 n. 34, “Determinazione degli organici del personale docente delle scuole medie statali”; Om 1° dicembre 1990 n. 328 e 20 marzo 1992 n. 82, “Disposizioni concernenti la definizione degli organici del personale docente delle scuole ed istituti di istruzione secondaria di II grado ed artistica”. Cm 30 ottobre 1990 n. 287, “Trasferimenti, passaggi ed assegnazioni provvisorie del personale docente di ruolo per l’a.s. 1991-92” e Cm 30 ottobre 1990 n. 283 per il personale direttivo di ruolo; Om 12 novembre 1991 n. 351, “Trasferi­menti, passaggi e assegnazioni provvisorie del personale per l’a.s. 1992-93”; Om 30 ottobre 1991 n. 331 e 30 novem­bre 1991 n. 375, “Conferimento di supplenze al personale docente per il triennio 1992-95”; Utilizzazioni del perso­nale docente per l ’a.s. 1991-92, “Scuola e didattica”, 1991, n. 16.

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meccanismi della frammentazione. L’affini­tà dell’insegnamento impartito innesca la concorrenza per lo stesso posto di lavoro e il conflitto tra interessi identici ma persona­li, malgrado l’omologante incertezza di as­sunzione e destinazione geografica; si defi­nisce, come fattore di gran lunga prevalen­te, un rapporto di totale subordinazione al­la burocrazia. La distinzione per classi di concorso frantuma la categoria in 12 gra­duatorie nella media dell’obbligo, 99 nella secondaria superiore, 53 per insegnamenti tecnico-pratici e 52 per quelli di arte appli­cata; sono 216 le graduatorie per i concorsi riservati del 1989, ma 230 quelle per le sup­plenze del triennio 1989-1992 e 126 per i concorsi ordinari indetti nel 1990 per le me­die e le superiori9. E il meccanismo delle classi di concorso era già attivo nel 1941: il regio decreto n. 229 dell’l l febbraio dispo­neva 115 insegnamenti per gli istituti medi e superiori a indirizzo classico e tecnico.

Le differenze aumentano ulteriormente perché le province sono realtà distinte quanto a sbocchi occupazionali; il colloca­mento è sempre legato alle materie d’inse­gnamento che offrono diverse opportunità e mutano le aspettative. C’è chi inizia l’an­no scolastico sicuro della sede (spesso per la decisione di convivere con il disagio della distanza o di altri elementi che non la ren­dono ambita), chi attende il propio turno nell’incognita delle sedi residue disponibili. C’è chi rischia la disoccupazione ed è co­

stretto all’attesa fino all’assegnazione di tutte le cattedre nell’ipotesi delle supplenze temporanee. Prevalgono le procedure per l’amministrazione del personale e la buro­crazia complica le risposte ai bisogni e ai diritti degli insegnanti e degli studenti, tesse una ragnatela di scompensi e incongruenze che risponde solo alle esigenze di un siste­ma di potere di cui, come altri settori del­l’apparato pubblico, la scuola è una ramifi­cazione esterna.

Sanatorie e contraddizioni

Norme in deroga alla regola, secondo un criterio che permea di apparente casualità il sistema-scuola, hanno spesso determinato le immissioni in ruolo (avvenute così, a se­conda dei casi, con o senza studi, abilita­zione, laurea, concorsi, esperienza d’inse­gnamento in classe, tirocinio e precariato alle spalle, interesse professionale), grazie a meccanismi rigidi solo nel moltiplicare con­traddizioni, incongruenze, discriminazioni. Le stesse differenze tra precariato e ruolo sfumano quando è presente comunque la garanzia di non essere licenziati o, nell’ur­genza dell’avvio di un nuovo anno scolasti­co, si ottiene la conferma della sede10; c’è anche chi gode del riconoscimento giuridi- co-economico delle supplenze svolte nella scuola statale o privata come servizio di ruolo11.

9 DI 10 luglio 1989 n. 249, “Norme in materia di reclutamento del personale della scuola”; Om 6 dicembre 1988 n. 356, “Supplenze docenti per il biennio 1989-91” e conferma delle graduatorie per il 1991-92 con DI 27 marzo 1991 n. 100; Om n. 331 e 375, citt.; Dm 23 marzo 1990, “Concorsi ordinari per esami e titoli a cattedre”; Rd 11 febbraio 1941 n. 229, “Approvazione delle nuove tabelle delle classi di concorso-esami di stato per l’insegnamento”; Dm 2 marzo 1972, “Nuove classi di abilitazione all’insegnamento secondario e nuove classi di concorso”; DI 24 novembre 1990 n. 343, “Graduatorie per supplenze”.10 DI 21 settembre 1973 n. 567, “Provvedimenti urgenti per l’apertura dell’anno scolastico” e conversione in L. 15 novembre 1973 n. 727; L. 23 maggio 1980 n. 226, “Proroga degli incarichi del personale docente e non docente nel­le scuole”; DI 6 giugno 1981 n. 281, “Proroga degli incarichi del personale docente, educativo e non docente delle scuole” e conversione in L. 24 luglio 1981 n. 392; DI 3 maggio 1988 n. 140, “Misure urgenti per il personale della scuola” e conversione in L. 4 luglio 1988 n. 246.11 DI 19 giugno 1970 n. 370, “Riconoscimento del servizio prestato prima della nomina in ruolo dal personale inse­gnante e non insegnante delle scuole”.

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La conferma della sede e il ruolo scattaro­no dal 1° ottobre 1974 per 130.000 docenti “incaricati a tempo indeterminato” , abilitati a insegnare le materie loro assegnate, al la­voro nella secondaria e in scuole artistiche nel 1973-1974. Dall’anno scolastico 1978- 1979 scattò il ruolo per altri 83.000 docenti: gli incaricati abilitati “ove prescritto” per il loro tipo di insegnamento o per uno “affi­ne” e in servizio dal 1976-1977 o nel 1977- 1978 e gli abilitati incaricati a tempo indeter­minato negli stessi anni, privi di cattedra o posto orario, ma con “trattamento di catte­dra” , perciò iscritti in graduatorie provin­ciali “ad esaurimento” e ai quali si assegna­rono i posti via via disponibili a partire dal 1979-1980. In caso di “soprannumero” sul­l’organico, per impegnare il personale in esubero, una legge del 1974 consentiva l’in­segnamento di materie affini anche in scuole di altro ordine e grado rispetto a quelle di ti­tolarità12.

Un decreto del 1970 aveva sancito la “non licenziabilità per indisponibilità di posti” di quanti risultavano allora precari della media dell’obbligo e della secondaria superiore. Ciò valeva per i nominati a tempo indeter­minato (fino all’immissione in ruolo se abili­tati o docenti tecnico-pratici, fino al termine del 1975-1976 se non abilitati e assunti per almeno 8 ore settimanali) e, in caso di man­cata nomina nel 1969-1970, per gli abilitati o meno che avessero ottenuto anche solo 8 ore settimanali di incarico “per l’intero triennio

precedente”. Le modifiche al decreto all’at­to della conversione in legge si traducevano nell’allargamento della fascia dei “beneficia­ti”: le disposizioni rivolte ai nominati a tem­po indeterminato nel 1969-1970 quali “do­centi di materie artistiche di scuole e istituti d’istruzione artistica” furono generalizzate ai “docenti delle scuole e degli istituti artisti­ci” , mentre rispetto al testo originario per gli “insegnanti di materie tecniche e profes­sionali negli istituti tecnici e professionali” fu omesso il termine “laureati” . Per “l’uti­lizzazione” si indicavano, oltre all’insegna­mento, il doposcuola e le attività integrative, sulla base di un orario retribuito pari a quel­lo dell’anno precedente13.

Corsi speciali di abilitazione furono indetti per il 1974-1975, riservati agli incaricati a tempo indeterminato, al personale di ruolo “incaricato, comandato o utilizzato” nella secondaria superiore, ma titolare alle medie o alle elementari o in istituti di educazione se laureato, ai precari delle superiori “pareggia­te, convenzionate e legalmente riconosciute” con un servizio triennale e non, come per gli altri, anche limitato al 1973-1974. L’abilita­zione si conseguiva per la materia insegnata in quell’anno frequentando i corsi semestrali del Mpi durante il periodo scolastico. Eserci­tazioni di tirocinio, seminari, gruppi di stu­dio si concludevano con una prova finale scritta sui risultati degli studi così compiuti14.

L’immissione in ruolo degli abilitati era già stata disposta negli anni sessanta con le

12 Giovanni Minisola, Labirinto concorsi. Il reclutamento del personale docente dall’82 ad oggi, “La tecnica della scuola”, 1988, n. 18; L. 30 luglio 1973 n. 477, “Delega al governo per l’emanazione di norme sullo stato giuridico del personale direttivo, ispettivo, docente e non docente della scuola statale”; L. 9 agosto 1978 n. 463, “Modifica dei criteri di determinazione degli organici e delle procedure per conferire incarichi al personale docente e non do­cente; misure per immettere in ruolo il personale precario”. L. 14 agosto 1974 n. 391, “Integrazioni dell’art. 17, L. 30 luglio 1973 n. 477”, cit.13 DI 19 giugno 1970 n. 366, “Istituzione delle cattedre, non licenziabilità degli insegnanti non di ruolo, riserve dei posti e sospensione degli esami di abilitazione all’insegnamento in scuole e istituti di istruzione secondaria e artisti­ca” e conversione in L. 26 luglio 1970 n. 571.14 L. 14 agosto 1974 n. 358, “Nuove norme per il conseguimento dell’abilitazione all’insegnamento nelle scuole se­condarie e artistiche”; L. 6 dicembre 1971 n. 1074, “Norme per il conseguimento dell’abilitazione all’insegnamento nelle scuole secondarie e per l’immissione nei ruoli del personale insegnante e non insegnante”.

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graduatorie “ad esaurimento”. Per la se­condaria inferiore il requisito era di almeno due anni di servizio dal 1949-1950 al 1960- 1961 e di uno dal 1961-1962 al 1965-1966, nelle secondarie superiori statali o in quelle “pareggiate”; la richiesta di assunzione in ruolo poteva essere rivolta anche a tre provveditorati contemporaneamente. In analogia, per le superiori la domanda era consentita anche a chi già di ruolo ma per altre abilitazioni, avesse insegnato, anche se nelle pareggiate o all’estero, dal 1961-1962 al 1967-1968 per almeno due anni, che si riduceva a uno nel caso di “ex combatten­ti e assimilati, perseguitati politici e razzia­li”15.

Nel 1971 si sanciva l’equivalenza tra il ti­tolo di studio richiesto e cinque anni di ser­vizio per aprire i corsi di abilitazione alla frequenza di chi era già stato assunto “alla data dell’entrata in vigore” della norma quale insegnante di arte applicata negli isti­tuti d’arte o tecnico-pratico nei professio­nali o assistente nei licei artistici. Cinque anni di insegnamento convalidavano il tito­lo di studio “di grado immediatamente in­feriore a quello richiesto”16; ciò valeva an­che per la licenza media nel caso fosse richiesto il diploma d’istruzione della se­condaria superiore, che a sua volta permet­teva “l’inquadramento nel ruolo” dei lau­reati17.

Così né il livello didattico-culturale, valu­tato con le qualifiche generiche di “buono” e “distinto” , né l’esperienza acquisita con “l’anzianità di servizio” risultavano decisivi, mentre il lavoro di segreteria e il servizio mi­litare restavano validi ai fini del punteggio per l’insegnamento18.

La determinazione burocratica delle profes­sionalità

Il Mpi stabilisce per le supplenze annuali e i concorsi i titoli di studio di accesso a ogni tipo di insegnamento. È consentita l’iscri­zione contemporanea a diverse graduatorie per materia, ogni classe di concorso infatti è aperta a più lauree, riducendo così le pro­babilità di insegnare quanto è di propria ef­fettiva competenza. La conferma nel tempo della norma di attribuire la metà del pun­teggio accumulato con le supplenze per una certa disciplina a tutte le altre per cui si è in attesa, anche se mai esercitate19, rispon­de al criterio di fondo di ignorare le capaci­tà e favorire l’incompetenza, salvo poi im­putare la responsabilità di prestazioni di­datticamente insufficienti al singolo do­cente.

I guasti prodotti nel corso degli anni sono gravi: la tendenza a scegliere l’insegnamento che offre più posti di lavoro indipendente­mente dalla preparazione specifica e dall’in­dirizzo dei propri studi; la convinzione di un diritto al lavoro scissa dalla consapevolezza di dovere erogare un servizio; la presunzione di avere acquisito una competenza solo per­ché questa è avvalorata dai timbri ministe­riali; la conflittualità latente tra chi ha pa­dronanza delle materie che insegna e chi im­partisce le lezioni e dispone promozioni o bocciature sulla base di conoscenze improv­visate; le difficoltà materiali e psicologiche di chi arranca preparandosi giorno per gior­no sugli stessi libri adottati per gli alunni. È questo il contesto privo di controlli non for­mali in cui si muovono gli ispettori, un altro frammento della burocrazia d’apparato.

15 L. 25 luglio 1966 n. 603, “Immissione di insegnanti abilitati nei ruoli della scuola media” e L. 2 aprile 1968 n. 468, “Immissione di insegnanti abilitati nei ruoli della scuola secondaria di II grado”.16 L. 6 dicembre 1971 n. 1074, cit.17 L. 30 luglio 1973 n. 477, cit.18 DI 19 giugno 1970 n. 366, cit.19 Om 6 dicembre 1988 n. 356, cit.

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La categoria dei docenti si è dimostrata incapace di una visione unitaria dei proble­mi derivanti da questa prassi ministeriale, dominata dalla passività di chi si sente al di fuori o al di sopra, o di chi percepisce l’in­consistenza delle usuali forme di protesta. La frustrazione, il senso privato e confuso di una propria funzione sociale senza identi­tà professionale impediscono di formulare proposte che aggreghino l’intera categoria; prevale lo scontro interno tra i diversi seg­menti sin qui richiamati, scontro appianato dal miraggio del ruolo o del premio sala­riale.

La gestione dell’istruzione si è scontrata negli anni ottanta con elementi innovativi che si sono radicati nella scuola, restando tuttavia subalterni ai vincoli posti da norme antiche. È stata massiccia l’entrata di perso­nale laureato rispetto ai decenni precedenti, caratterizzati da un tasso più basso di scola­rità. Non si è però trattato di un ricambio completo, ma piuttosto di una ulteriore fase del processo di frantumazione della catego­ria. Le nuove leve di laureati sono state sfa­vorite dall’obbligo di sottoporsi a concorsi selettivi, condotti da commissioni nominate senza vincolare i docenti chiamati a farne parte alla conoscenza dei programmi d’esa­me fissati per i candidati, programmi peral­tro basati sulla sola indicazione generica del­le materie, senza l’elenco di testi, obbligatori anche per i commissari, sui quali sostenere gli orali.

Per le due serie di concorsi a cattedra ban­diti dal Mpi nel 1982 e nel 1984 furono costi­tuite circa 4.000 commissioni. I candidati scelsero tra varie occasioni d’esame, quelle consentite dalla propria laurea. Nel 1982, su 192.566 domande presentate per la media dell’obbligo e 462.603 per la secondaria su­periore, il 20,8 per cento e il 46,5 per cento

degli iscritti non prese parte alle prove ini­ziali, il 37 per cento e il 68 per cento degli elaborati non ottenne la sufficienza; superò l’orale l’86,4 per cento e il 66,6 per cento dei superstiti, pari al 43 per cento e all’11,3 per cento dei candidati originari. Nel 1985 la selezione fu più drastica; i promossi cor­risposero (secondo dati pubblicati nel 1988 come ancora provvisori) al 37,3 per cento e al 9,2 per cento delle 159.411 e 401.376 do­mande per le medie e le superiori; furono infatti bocciati il 43 per cento e il 75,8 per cento degli scritti, affrontati solo dal 77,5 per cento e dal 58,3 per cento dei candidati iniziali20.

In ogni caso, la bocciatura non esclude da ulteriori concorsi e dall’insegnamento, ma comporta la permanenza nella condizione di precario, come accade ai promossi quando non siano disponibili sedi vacanti. Conviene affrontare ogni concorso possibile e così c’è chi, promosso nel concorso ordinario per la materia insegnata da anni, è stato bocciato nel riservato. La legge n. 270 del 1982, inte­sa secondo le dichiarazioni ufficiali a elimi­nare il precariato, abbinò agli esami selettivi misure “sanatorie” simili a quelle adottate negli anni precedenti. La sua “prima appli­cazione” consentì l’immissione in ruolo di oltre 209.000 docenti per tre vie: ope legis, con concorso riservato agli incaricati del 1980-1981 e con concorso ordinario. Furono nell’ordine (la prima cifra è la somma dei dati dell’ode legis e del riservato) 8.417 e 3.300 nella scuola materna, 19.643 e 33.404 nelle elementari, 50.157 e 44.500 nella media dell’obbligo, 30.761 e 19.000 nella seconda­ria superiore21. Gli insegnanti della seconda­ria inferiore e superiore inclusi nelle gradua­torie provinciali a esaurimento o incaricati a tempo indeterminato, in entrambi i casi con richiamo alla legge n. 463 del 197822, conse­

20 G. Minisola, Labirinto concorsi, cit.21 G. Minisola, Labirinto concorsi, e L. 20 maggio 1982 n. 270.22 L. 20 maggio 1982 n. 270, cit. e 1. 9 agosto 1978 n. 463. cit.

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guirono il ruolo a decorrere dall’anno scola­stico 1977-1978 i primi, dal 1980-1981 i se­condi; altri incaricati (gli abilitati “se pre­scritto” a tempo indeterminato o riconfer­mati) dal 10 settembre 1981, altri abilitati (con incarico annuale nel 1979-1980) dal 10 settembre 1982. Richiamando una legge del 196623, si dichiarava utile anche l’abilitazio­ne “parzialmente valida” , indicando come tale quella relativa a insegnamenti “affini” . Ai docenti di educazione fisica con almeno tre anni di lavoro e a quelli di educazione musicale, se in servizio nel 1980-1981 e sprovvisti del “titolo di studio specifico”, si attribuiva il diritto alla riassunzione nel 1982-1983 anche se in soprannumero e fino al conseguimento del titolo, quindi dell’abi­litazione e del ruolo; si disponevano, per conferire loro i diplomi necessari, corsi spe­ciali negli Istituti superiori di educazione fi­sica e nei Conservatori musicali secondo norme definite dal Mpi. La legge 270 defini­va anche i contingenti doa: 5.500 insegnanti nelle scuole materne, 36.000 nelle elementa­ri, 47.000 nelle medie e “in numero corri­spondente a quello delle unità del personale in soprannumero anche per effetto delle im­missioni in ruolo previsto dalla presente leg­ge” nella secondaria superiore. I “modelli viventi”, figura professionale dei licei arti­stici, erano assimilati al personale non do­

cente e precario, ma retribuiti per l’intero anno.

Quanto ai concorsi, se i relativi decreti e or­dinanze spettano al Mpi, il bando per la se­condaria di primo grado compete alle sovrin­tendenze scolastiche regionali e interregiona­li; la nomina delle commissioni è spartita tra il Mpi (secondaria superiore), le sovrinten­denze (secondaria di primo grado), i provve­ditorati (elementare e materna); la gestione dei concorsi è attribuita ai provveditorati (ma per le superiori alle sovrintendenze) che han­no l’esclusiva sui provvedimenti di nomina24.

A sedici sovrintendenze si aggiungono un provveditorato per provincia e le due Inten­denze di Bolzano per la scuola tedesca e per quella ladina. Secondo un recente studio, il personale amministrativo del Mpi (dirigenti esclusi) ammonterebbe a 13.408 persone (455 nelle sovrintendenze, 2.896 neU’ammi- nistrazione centrale, 10.057 nei provvedito­rati) con un esubero di 2.775 rispetto all’or­ganico “nominalmente previsto”25. Con1.200.000 dipendenti si tratta del più grande ministero italiano26.

La professionalità

La professionalità degli insegnanti27 risulta dalla combinazione di numerose variabili,

23 L. 25 luglio 1966 n. 603.24 G. Minisola, Labirinto concorsi, cit.25 Luciano Savoldi, Per una distribuzione razionale de! personale dei provveditorati, “Scuola e didattica”, 1990, n. 7.26 “Il Salvagente”, cit., 30 settembre 1989. I quattro sottosegretariati del Mpi sono disposti per: 1) le scuole mater­ne, l’istruzione elementare e media non statale; 2) l’istruzione classica, scientifica, tecnica, professionale, magistra­le, l’educazione fisica e sportiva; 3) l’istruzione secondaria di I grado, scambi culturali, affari concernenti l’attua­zione del diritto allo studio e i rapporti con le regioni, gii enti locali, i ministeri dell’Ambiente, dei Beni culturali e ambientali, del Turismo e spettacolo per le materie di comune interesse; 4) affari generali e amministrativi; perso­nale, istruzione artistica, affari concernenti l’edilizia scolastica per quanto non trasferito alla competenza delle re­gioni, concorsi a cattedre e abilitazioni all’insegnamento, pensioni, organi collegiali, vigilanza e problema riguar­danti il Museo nazionale della scienza e della tecnica “Leonardo da Vinci”, delega a curare i rapporti con il ministe­ro per gli Interventi straordinari nel Mezzogiorno; si veda “Scuola e didattica”, 1989, n. 2.27 Vari aspetti del tema si ricavano da: Dm 2 marzo 1972, cit.; DI 6 dicembre 1988 n. 356, cit.; Dm 23 marzo 1990, cit.; Om 16 febbraio 1978 e 30 aprile 1980, “Scuole secondarie, incarichi e supplenze”.

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possibili grazie a uno schema operativo semplice e rigido: la ripartizione delle mate­rie per classi di concorso e per graduatorie quale strumento per assegnare ai luoghi di lavoro i docenti. Da ogni classe di concorso si diramano diversi insegnamenti, spesso l’abbinamento di materie molto settoriali e tra loro differenti. Nella scuola media, per l’educazione tecnica non è previsto l’obbli­go di ricorrere ai laboratori e di sperimenta­re le abilità manuali; la disciplina può ri­dursi alla lettura di un libro. La formazione richiesta a chi si è inserito nella scuola degli anni ottanta, è quella valida per la matema­tica, ma senza limitazioni in relazione alla datazione del titolo e con la sostituzione delle lauree in matematica, astronomia, scienze naturali, biologia, geologia e fisica con quelle in architettura, urbanistica e in­gegneria.

Nella secondaria di secondo grado, quan­to alla matematica vi sono differenze tra i requisiti per i concorsi ordinari del 1990 e quelli per le supplenze del biennio 1989- 1991; i laureati in scienze statistiche e demo­grafiche, statistiche e attuariali, statistiche ed economiche sono ammessi, ad esempio, alle graduatorie di matematica applicata so­lo per le supplenze, di matematica anche per i concorsi. Nelle scuole magistrali (non gli istituti magistrali), la matematica è abbinata a computisteria e a scienze naturali e asse­gnata ai laureati in chimica, geologia, biolo­gia, agraria, scienze naturali, scienze fore­stali attraverso la graduatoria-classe di con­corso scienze naturali, chimica e geografia disposta per i licei, le magistrali, gli istituti tecnici e d’arte; solo per i laureati entro l’an­no accademico 1986-1987 è valido il titolo in scienze della produzione animale. Così un insegnante di matematica privo di laurea in matematica, può ottenere, appartenendo al­la classe di concorso ora richiamata, anche la cattedra di merceologia o di geografia economica. Può accadere che un laureato in scienze dell’informazione o in economia po­

litica o in sociologia insegni fisica in un isti­tuto tecnico commerciale o per periti azien­dali, senza subire la concorrenza dei laureati in astronomia che sono eslcusi come tali dal­la classe matematica applicata, ma autoriz­zati per contabilità negli istituti d’arte grazie alla classe matematica e fisica’.

Il vincolo ufficiale della laurea in lettere classiche per latino e greco nei ginnasi-licei, ancora operante negli anni settanta, è stato rimosso dal Mpi in favore dei laureati in let­tere moderne che abbiano sostenuto (senza tuttavia l’obbligo di una prova scritta) due esami di latino e due di greco (uno solo nel caso delle lauree conseguite entro il 1986- 1987).

Non esistendo cattedre di storia, la mate­ria non è vincolata a uno specifico curricu­lum universitario, è inglobata, come com­plementare, dalla filosofia e dalle materie letterarie; conducono al suo insegnamento cinque graduatorie, materie letterarie, latino e greco nei licei classici prevede la storia per il solo ginnasio ed è riservata ai laureati in lettere; a filosofia, scienze dell’educazione e storia si aggiungono materie letterarie e lati­no negli istituti magistrali e nei licei per le lauree in lettere, materie letterarie, filosofia e pedagogia conseguite entro il 1986-1987 con un esame di latino, mentre per le succes­sive ne sono richieste due, oltre a due di ita­liano, uno di geografia e uno di storia. An­che materie letterarie alle superiori impone la stessa barriera temporale come discrimine culturale; vi hanno accesso i laureati in lette­re, filosofia, pedagogia, materie letterarie, storia, musicologia, conservazione dei beni culturali, che abbiano sostenuto due esami di italiano, uno di storia e uno di geografia (ma per chi ha ottenuto il titolo entro il 1986-1987 in lettere, materie letterarie, filo­sofia e pedagogia non vi sono condizioni, mentre se la laurea è in storia serve un esame di italiano). Questi requisiti consentono l’in­serimento nella graduatoria italiano, storia, educazione civica e geografia nella scuola

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Esempi di corrispondenza tra lauree, classi di concorso e insegnamenti prevista dal regolamento vigen­te nella scuola pubblica28.

materia (a) e classe di concorso (b) laurea richiestaa matematica nelle scuole medie b scienze matematiche, chimiche, fisiche e natu­

rali nella scuola media

astronomia, biologia, chimica, geologia, se. na­turali, agricoltura tropicale-subtropicale, discipli­ne nautiche, matematica, fisica, matematica e fi­sica, se. matematiche; se conseguita entro l’anno accademico 1986-1987 anche chimica industriale, chimica e tecnologie farmaceutiche, agraria, se. forestali, se. della preparazione alimentare, se. della produzione animale

a agraria e computisteria rurale negli ist. magi­strali

b elementi di diritto agrario e contabilità enolo­gica negli ist. tecnici

a matematica, fisica, meccanica agraria, econo­mia politica, chimica, mineralogia, biologia, apicoltura, giardinaggio, tecnologia delle con­serve alimentari, disegno tecnico negli ist. profess, per l’agricoltura

b scienze agrarie e tecniche della gestione azien­dale *

se. della produzione animale conseguita entro l’anno acc. 1986-1987, agraria, se. forestali, agri­coltura tropicale e subtropicale

a storia dell’arte b storia dell’arte

se presente un esame di st. dell’arte nel piano di studio univers., Dams a ind. artistico, architettu­ra, lettere, materie letterarie, storia, musicologia e conservazione dei beni culturali

a filosofiab filosofia, se. dell’educazione e storia nei licei b filosofia e se. dell’educazione negli ist. magi­

strali

filosofia, lettere, materie letterarie, pedagogia, psicologia, storia

a patologia viticola, fisiologia, igiene, tecnica della pesca

b se. naturali, fitopatologia, entomologia agra­ria e microbiologia

se. naturali, biologiche, forestali e agrarie

* Prevede 2 insegnamenti per gli ist. magistrali, 20 per gli ist. tecnici e 35 per gli istituti professionali per l’agricoltura

media inferiore con minime varianti: un esame di italiano e uno di latino, di storia e di geografia per i laureati dopo il 1986- 1987, nessun vincolo per le lauree prece­denti, tra le quali sono ammesse quelle del Dams purché il curriculum contenga un esame di storia e uno di geografia. In un

simile contesto i laureati in storia hanno scarse possibilità di insegnare. Per tentare la strada della scuola il percorso è suggerito dal Mpi; accettare la frammentazione degli studi universitari sostenendo gli esami ri­chiesti dal sistema delle graduatorie-classi di concorso.

28 Dm 23 marzo 1990, cit.

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Per la storia dell’arte c’è una graduatoria specifica per la secondaria superiore; vi cor­rispondono diverse materie, anche moda e stili negli istituti tecnici, e abbinamenti con le storie del folclore, del costume, dell’arre­damento, della stampa e della ceramica nei professionali. La gamma di ripetizioni e combinazioni incongrue è varia: lo sbocco attraverso l’altra graduatoria Disegno tecni­co e artistico, prevista per gli istituti tecnici e professionali, può essere storia dell’arte, disegno artistico per tessuti o stili architet­tonici e tecniche ceramiche; può consentire la cattedra anche il laureato in ingegneria civile per la difesa del suolo e la pianifica­zione territoriale. L’anatomia artistica può essere insegnata da un laureato in farmacia o in tecnologie farmaceutiche, in chimica, biologia, medicina, attraverso Igiene, ana­tomia, fisiologia e patologia, valida anche per i licei artistici, le scuole magistrali, gli istituti tecnici e professionali, inclusi quelli per ciechi.

Per l’insegnamento delle lingue straniere è sufficiente aver sostenuto un corso plurien­nale della lingua, quindi anche solo la bien- nalizzazione di un esame universitario; non c’è preferenza per i “quadriennalisti”, le cui opportunità lavorative risultano perciò ri­dotte proprio nel settore di loro specializza­zione.

Per l’inglese, ad esempio, sono valide le lauree per traduttori o per interpreti, quelle in lingue e letterature straniere moderne o orientali o slave, in lingue, letterature e isti­tuzioni dell’Europa occidentale o orientale, in lingue e civiltà orientali o in filologia e storia dell’Europa orientale. L’introduzione delle lingue straniere nelle elementari è inno­vativa, ma risolta dal Mpi secondo tradizio­ne e senza nuove assunzioni, con il pretesto che il diploma magistrale, esclusivo titolo d’accesso all’insegnamento primario, abilita di per sé alla nuova mansione perché rila­sciato dopo studi che contemplano anche una lingua straniera.

Il grottesco

La professionalità è dunque un valore vin­colato a procedure che si articolano in una serie di garanzie volte a tutelare l’incompe­tenza. Solo alla condizione di disporre di un diploma di maturità artistica o di arte appli­cata o di maturità professionale per tecnico della grafica e della pubblicità o per tecnico della cinematografia e della televisione, un laureato del Dams che abbia superato gli esami di teoria delle forme, semiologia delle arti, fenomenologia degli stili e storia delle arti può competere con i laureati in archi­tettura e i diplomati in Accademia delle bel­le arti o di istituto superiore per le industrie artistiche forniti di un secondo diploma di istruzione superiore, per la stessa materia nei professionali: disegno e modellazione odontotecnica. La laurea in odontoiatria e protesi dentaria è d’obbligo per le supplenze annuali in tecnologia odontotecnica, mate­ria che per quanto riguarda i concorsi ordi­nari del 1990 pone quel titolo in concorren­za, anche per l’attività sperimentale in labo­ratorio, con le lauree in chimica, in chimica industriale e in ingegneria meccanica, nava­le, aeronautica, mineraria, chimica e indu­striale.

L’ingegnere aerospaziale, riconvertibile in docente di tecnologia del legno o per orafi o del ferro, ha diritti su “complicazioni degli orologi e laboratorio di orologeria” . L’inge­gnere civile per la difesa del suolo e la pia­nificazione territoriale, è impiegabile nel­l’insegnamento di meccanica agraria ed enologica. Il laureato in scienze forestali può insegnare zootecnia, tecnologia casea­ria e attrezzature di caseificio, produzione e commercio delle pelli, microbiologia con­ciaria, biologia marina, contabilità viticolo- enologica, agrumicoltura, trasformazione e conservazione degli alimenti; può accedere a un laboratorio di microbiologia e analisi cliniche o essere escluso come docente di chimica o di tecnologia delle arti grafiche

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negli istituti d’arte per la concorrenza di un geologo.

I sociologi sono ammessi alle graduatorie per elementi di diritto, economia politica, scienza delle finanze, diritto marittimo e contabilità di bordo, legislazione nelle nu­merose varianti previste (sociale, turistica, alberghiera, agraria, cinematografica, doga­nale, tributaria e sanitaria; la competenza è attribuita anche per etica e legislazione pro­fessionali negli istituti professionali per cie­chi, tenuti ad affrontare anche i campi del disegno, della patologia medica, chirurgica, traumatologica, del gabinetto anatomico e dei soccorsi d’urgenza). Solo i laureati entro il 4 novembre 1982 possono ambire agli isti­tuti tecnici e professionali per ragioneria ge­nerale e applicata, contabilità, matematica finanziaria, statistica, scienze dell’ammini- strazione, organizzazione del lavoro di uffi­cio, tecnica mercantile-dogana-trasporti, in­formatica, fisica, calcolo delle probabilità, tecnica turistica di ufficio e di agenzia.

L’economia domestica dei tecnici e pro­fessionali è abbinata ai lavori donneschi del­le scuole magistrali; per l’educazione fisica, quanto ai concorsi del 1990 il Mpi dispone l’ammissione degli incaricati:che abbiano frequentato con profitto per almeno due anni gli istituti propedeutici di educazione fisi­ca (i collegi annessi alle cessate Accademie di edu­cazione fisica di Roma e Orvieto) o il corso di per­fezionamento svoltosi a Torino nel ’42 o uno dei corsi di perfezionamento indetti dal Mpi negli anni ’53, ’54 e ’55 in possesso dei requisiti di servizio di cui all’art. 1 della L. 30 dicembre 1960 n. 1727 e co­loro che hanno conseguito l’attestato di idoneità a conclusione dei corsi istituiti con la citata legge29.

In caso di parità di punteggio tra inse­gnanti in concorrenza per la stessa materia,

11 diritto di precedenza è attribuito sulla base di 25 titoli preferenziali che comprendono le medaglie al valor militare, le ferite, le muti­lazioni e le invalidità di guerra degli ex com­battenti, privilegiano profughi e rimpatriati, orfani e figli di mutilati o invalidi, madri, vedove “non rimaritate” e sorelle vedove o nubili dei “caduti di guerra” e dei “caduti per fatti di guerra” . Il “capo di famiglia nu­merosa” vale quanto 1’“insignito di croce al merito di guerra o di altra attestazione spe­ciale al merito di guerra”; godono del diritto di sorpasso inoltre i mutilati e gli invalidi ci­vili o per lavoro, gli orfani, i figli, le madri, le vedove, le sorelle vedove o nubili di morti o invalidi “per servizio o sul lavoro”. È de­cisivo lo stato di coniugato e il numero di fi­gli (non contano però quelli avuti al di fuori del matrimonio), quindi l’aver prestato “lo­devole servizio” nell’amministrazione statale e l’età di nascita. Il 15 per cento dei posti è riservato agli invalidi, ai profughi, agli orfa­ni e alle vedove di guerra o per servizio o per lavoro, ai sordomuti. Si tratta dei titoli elen­cati nel decreto del 1957 sugli impiegati sta­tali30. Per i supplenti, un anno di servizio nella scuola pubblica o in quella privata vale12 punti, l’inclusione nella graduatoria degli idonei dopo concorsi a cattedre 30 e la se­conda laurea 6, come nelle medie e superiori la borsa di studio del Consiglio nazionale delle ricerche e il servizio militare, valutato 12 punti come titolo didattico nelle materne ed elementari31.

Andando all’indietro nel tempo, di decre­to in ordinanza, oltre le 64 classi di abili­tazione e le 94 classi di concorso del 1972 per la secondaria di primo e secondo grado, si torna al 1957 e alle graduatorie scienze naturali, chimica, geografia, merceologia,

29 Dm 23 marzo 1990, cit.30 Dpr 10 gennaio 1957 n. 3, “Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello stato”.31 Om n. 6 dicembre 1988, n. 356, cit.

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agraria per i laureati in biologia, geologia, agraria, farmacia, chimica, geografia, inge­gneria, scienze fisiche, naturali e forestali; si scoprono astronomia e navigazione, materie scientifiche e le loro sottoclassi matematica, elementi di scienze fisiche e naturali, di mer­ceologia e igiene, astronomia, navigazione, oceanografia e meteorologia; si rinviene lin­gua e letteratura italiana, latina e greca, sto­ria e geografia per i laureati in lettere e in fi­losofia con rimandi e decreti del 1924 e del 1926. Sostando sul 1933, si giunge a mate­matica, elementi di scienze fisiche e natura­li, igiene e disegno e a lingua italiana, storia, geografia, [...], matematica, elementi di scienze fisiche e naturali, disegno, canto co­rale per i corsi di avviamento professio­nale32.

Può accadere che un insegnante non ot­tenga il trasferimento in un liceo scientifico per insegnare fisica sperimentale, malgrado le cattedre vacanti, il ruolo acquisito da cin­que anni, la laurea in fisica e due abilitazio­ni (in fisica e in sperimentazione informati­ca), e che debba lasciare l’istituto tecnico commerciale (dove i suoi alunni vedono con­fermato come manuale il suo testo) per una recente disposizione che riserva la sperimen­tazione informatica agli abilitati in matema­tica applicata33. Può persino accadere che individui condannati in prima istanza per gravi reati giungano a un passo dall’insegna­mento. Marco Furlan, ad esempio, al quale sono stati attribuiti in primo grado 30 anni di reclusione per omicidio plurimo, scarce­rato per decorrenza dei termini e in libertà

vigilata in attesa dell’appello, chiese nel no­vembre 1989 l’inclusione nelle graduatorie provinciali per le supplenze nel padovano, in quanto laureato in fisica, suscitando la rea­zione dei presidi che si rivolsero al provvedi­tore. Decaduto per legge il requisito della buona condotta per l’assunzione nel pubbli­co impiego, il rifiuto della domanda era im­possibile; procedere alla nomina, poi sospe­sa fino a sentenza definitiva, avrebbe com­portato il rischio di dover versare gli arretra­ti in caso di assoluzione, e la Corte d’assise d’appello di Venezia aveva già concesso la possibilità di omettere per motivi d’insegna­mento l’obbligo giornaliero di firma del re­gistro dei carabinieri. Un vizio di forma ri­solse la situazione fino al rinnovo delle gra­duatorie: nella propria richiesta, Furlan al­ludeva genericamente a “qualche imputazio­ne” nel caso Ludwig, mentre andava dichia­rata la condanna riportata nel processo di primo grado34.

Proteste, servilismo e illegalità

I periodici giuridico-didattici destinati agli insegnanti35 offrono in lettura l’intera se­quenza di norme e procedure che cadenzano gli anni scolastici, ed è questa la via per indi­viduare i binari principali su cui scorre la complicata macchina amministrativa del si­stema scolastico nazionale. Per cogliere qualche tratto della fisionomia culturale e politica della ‘categoria docente’, sono signi­ficative le lettere pubblicate dalle medesime

32 Dm 2 marzo 1972, cit., Dpr 29 aprile 1957 n. 972, “Approvazione del regolamento per lo svolgimento degli esa­mi di stato per l’abilitazione all’esercizio professionale dell’insegnamento medio”; Rd 27 gennaio 1933 n. 153, “Ap­provazione del regolamento per i concorsi ai posti di direttore, insegnante e istruttore pratico nelle regie scuole e nei regi corsi secondari di avviamento professionale” .33 Si veda la lettera di Piero Stroppa, “L’Unità”, 30 aprile 1991.34 “L’Unità”, 22 e 29 novembre 1989.35 Si vedano in particolare le rubriche dedicate alla corrispondenza con i lettori presenti in “La tecnica della scuo­la”, 1989, n. 15 e 1990, n. 13; “Nuova secondaria”, 1989, n. 4, 1990, nn. 1, 2, 3, 10 e 1992, n. 6; “Scuola e didatti­ca”. 1990. nn. 4. 7. cit.. 10. 1991. n. 16. cit. e 1992. nn. 9. 10. 13. 14.

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riviste nel contesto di rubriche che offrono spazio ai lettori e alle loro proposte, espe­rienze, proteste, richieste di spiegazioni sul terreno legislativo; prevalgono due toni, quello arrogante di chi ha individuato nei colleghi l’avversario e quello lamentoso di chi spera nella concessione di un aggiusta­mento che risolva il proprio particolare problema.

Si protesta per il mancato trasferimento in province dove le cattedre sono poi asse­gnate ai precari o per il trasferimento coat­to in seguito a un errore compilativo (an­che se subito segnalato dall’interessato) ne­gli elenchi dell’organico provvisorio in cui si risulta così “soprannumerario perdente posto e titolarità” . Si lamenta la lunga du­rata del proprio precariato malgrado i con­corsi superati, mentre i sindacati sembrano impegnarsi solo per il fondo incentivante in favore dei docenti di ruolo, magari anche liberi professionisti. La condizione di co­niugato con figli a carico, con i diritti di preferenza e di riserva perché orfano di ca­duto sul lavoro e invalido civile, con l’abili­tazione e il punteggio del concorso ordina­rio, può appartenere a un precario perché le province da lui scelte in successione nel corso di 15 anni per insegnare (Napoli, Sa­lerno e Brescia) si sono rivelate, al momen­to della pubblicazione delle graduatorie de­finitive degli aspiranti supplenti, sempre sbagliate per la sproporzione tra richieste e posti disponibili36.

C’è chi, superato il concorso per psicolo­gia sociale e pubblice relazioni, ma sempre supplente e con laurea in sociologia o in scienze politiche, scopre che le discipline sociologiche e psicologiche sono affidate soprattutto agli abilitati in filosofia e scien­ze dell’educazione e chiede per compensa­zione l’accesso anche a quella classe di con­corso.

Analogamente, chi protesta e pensa di ricorrere contro il Mpi perché lascia aperta filosofia, scienze dell’educazione e storia a chiunque possieda una laurea in lettere, pedagogia o psicologia senza aver mai so­stenuto esami di filosofia o storia, scrive di discriminazioni e, sprezzante, della con­correnza anche dei laureati in filologia bal­canica o storia dell’arte babilonese, conclu­de con la richiesta che i laureati in filoso­fia possano insegnare il latino e il greco. La sperimentazione di un indirizzo sanita­rio negli istituti tecnici può fallire per l’il­lusoria previsione di uno sbocco come tec­nico nei laboratori di analisi chimiche, do­ve invece è richiesto non quel diploma ma una preparazione parauniversitaria. Uno studente può dimostrare secondo un sup­plente temporaneo nel suo liceo classico, notevoli capacità di traduzione dal latino (rispetto della struttura linguistica e dello spirito del testo reso in buona lingua italia­na attraverso i necessari adattamenti), ma rischiare la bocciatura per gli insegnanti che lo valutano e accusano di fantasie in­terpretative.

Poiché il giudizio delle commissioni è in­sindacabile, i bocciati in sede di concorso non possono conoscerne le ragioni, coperte dal segreto d’ufficio, e il ricorso è ammesso nel caso di procedura irregolare testimonia­ta da un candidato che abbia superato le stesse prove; e così per la classe di concorso materie letterarie, latino e greco sono boc­ciati anche i laureati a pieni voti in lettere classiche, e valutate idonee come docenti persone che ignorano l’infinitiva latina, l’attrazione modale, l’aumento e il raddop­piamento greco. E mentre una preside de­nuncia tutto questo, un altro preside sfoga il suo malanimo verso colleghi e genitori, ri­corda presunte negligenze del personale non docente, confessa il suo orgoglio alla vista

36 Accaduto a Domenico Crispo, “Scuola e didattica”, 1991, n. 16.

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dei documenti con la sua firma accanto allo stemma della Repubblica37.

Esistono l’Associazione nazionale degli insegnanti di storia dell’arte, il Comitato na­zionale di difesa della geografia, il Coordi­namento degli insegnanti di lingua francese, l’Associazione nazionale degli insegnanti di lingue straniere, il Sindacato nazionale dei professori di dattilografia e stenografia. Preoccupazioni e obiettivi sono analoghi: il rischio dell’esclusione o della restrizione de­gli spazi per le rispettive materie nei pro­grammi scolastici in previsione dell’obbligo scolastico fino a 16 anni di età, del calo delle cattedre legato ai criteri di formazione delle stesse; la volontà di conservare il posto di la­voro spesso malcelata da motivazioni cultu­rali avanzate in difesa del proprio ramo d’insegnamento, la richiesta di sperimenta­zioni linguistiche (due lingue obbligatorie per ogni classe) o del passaggio ad altra cat­tedra su percorsi privilegiati.

C’è chi si rivolge al ministro con l’esor­dio “Eccellenza”, chi definisce “cortese, importante e sensibile ospitalità” lo spazio che gli sarà dato dal “brillante Direttore di questa ottima Rivista”, chi ricorda i “Col­leghi di Calligrafia” licenziati nel 1962 “senza pietà” (ma se di ruolo utilizzati co­me applicati di segreteria) per la creazione dell’attuale “famigerata” scuola media uni­ca, chi, ancora, richiama lo scontro tra docenti di stenografia e di dattilografia nella competizione per i posti di lavoro e definisce “arbitraria e illegittima” la sosti­tuzione degli insegnanti con un lettore otti­co “che giammai potrà valutare veramente

il compito di Dattilografia e la bravura di chi lo ha fatto”38.

Il raddoppio retroattivo del punteggio per il trasferimento a vantaggio dei maestri ele­mentari delle isole minori fa esultare alcuni, ma disperare altri per la disparità del tratta­mento non esteso ai direttori didattici o per l’imprevisto sorpasso subito in graduatoria. Si protesta per i diritti violati dell’anzianità di servizio e si chiede la revoca di quelle di­sposizioni e la revisione della definizione di piccola isola per l’Elba; si tratta di insegnan­ti di Agrigento, Milano e Livorno inconsa­pevoli gli uni degli altri39. Gli elementi con­flittuali interni sono moltiplicati dalla varie­tà di misure e combinazioni penalizzanti o vantaggiose al contempo a seconda dei sog­getti; taluni laureati di ruolo delle materne e delle elementari, intenzionati al passaggio alle medie o alle superiori, possono ricono­scere nei precari l’ostacolo alla propria siste­mazione, perché favoriti a loro dire da misu­re sanatorie e concorsi riservati.

E mentre la proposta culturale di qualche docente per la scuola italiana è l’insegna­mento dell’esperanto, altri si ritengono ca­paci

di aggregare un dissenso culturale qualificato nei confronti della massificazione editoriale e del mastodontico impero dei mass media [...] e di smantellare in modo mirato tutta una stampa do­minante, di impostazione berlusconiana, estre­mamente vuota e grossolana40.

Decade il diritto all’inclusione nelle liste nazionali per l’immissione in ruolo se la somma dei giorni di servizio per ciascuno

37 Si tratta di Lucia Carretta, “Nuova secondaria”, 1990, n. 2, e di Giuliano Amodio, “Scuola e didattica”, 1990, n. 4.38 “L’Unità”, 15 dicembre 1989 e 11 aprile 1991; “Scuola e didattica”, 1992, nn. 10 e 11; per le citazioni si vedano le lettere del Coordinamento insegnanti di lingua francese di Foggia in “Scuola e didattica”, 1990, nn. 2 e 12 e 1991, n. 8, e quella di Martino Iuvara (segretario generale del Sindacato nazionale professori di dattilografia e ste­nografia), tutte in “La tecnica della scuola”, 1989, n. 15.39 “La tecnica della scuola”, 1989, n. 15, cit.40 Lettera non firmata di tre insegnanti di una scuola media romana a “L’Unità”, 14 aprile 1991.

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dei due anni scolastici richiesti è di 178 an­ziché 180 giorni, e per il tardivo recapito dei documenti rispetto a una delle scadenze fis­sate da diverse ordinanze. Si lamenta l’e­sclusione dal “doppio canale di reclutamen­to” per pochi giorni di scuola in meno; si protesta perché il ruolo direttivo ai docenti con 2 anni di incarico come preside penaliz­za i vincitori di concorso e chi chiede il tra­sferimento. L’anzianità di servizio non è tu­telata: per i concorsi riservati i 360 giorni d’insegnamento richiesti sono cumulabili tra medie e superiori, quindi una breve sup­plenza per una materia può consentire l’abi­litazione41.

Il Sinasca (Sindacato nazionale autono­mo dei dipendenti della scuola cattolica), che rappresenterebbe 30.000 docenti laici di2.000 scuole cattoliche, rivendica il diritto a pari opportunità nella scuola pubblica per chi lavora in quella privata; l’attivismo si ri­solve nell’organizzare i ricorsi individuali dei suoi iscritti esclusi dai concorsi statali42. È la prassi per le segreterie sindacali appog­giarsi a studi legali cui indirizzare chi a esse si rivolge per i ricorsi ora individuali ora collettivi. Il concorso del 1989 indetto nel 1987 con ordinanza del Mpi n. 239, registrò molte contraddizioni chiare a quanti, privi dei requisiti di ammissione, scoprirono di essersi autoesclusi diversamente da altri co­me loro senza titolo di studio o periodo d’insegnamento prescritto, o con richiesta di iscrizione, inviata il giorno stesso degli esami o con domanda in più copie indiriz­zate a diversi provveditorati o sovrintenden­ze. Alla certezza dei sindacati circa il depen- namento degli intrusi prima degli scritti, se­guì l’assicurazione del vaglio prima degli orali, ma fu l’ordinanza del Mpi 21 maggio

1990, n. 140, a sciogliere la riserva pendente sugli intromessi con l’assoluzione dei pro­mossi integrati come abilitati nelle gradua­torie43. La vicenda suggerisce facili inter­rogativi: perché è mancato il controllo del­l’ampia documentazione inviata a spese dei candidati? Perché si coprono i responsa­bili?

L’intricato insieme di trame clientelari può far sfuggire il controllo di concorsi ‘truccati’ come nel caso dello scritto del 15 novembre 1990 che portò a Roma 8.000 concorrenti per 149 posti di preside nella scuola media. Si racconta di minacce di ri­corsi e denunce tra urla, fischi e contestazio­ni nel caos più totale per disguidi e brogli fi­no alla rissa, all’intervento della polizia: nei saloni dell’hotel Ergife 500, 600, 1.000 per­sone erano sedute ai banchi, e a 3.000 il te­sto pare fosse già noto due ore prima della dettatura ufficiale. Fu applaudito un presi­dente di commissione comparso alle 12.45, minacciando le dimissioni e il blocco della prova, comunque proseguita per disposizio­ne del Mpi. Cgil, Cisl e Uil chiesero l’annul­lamento dell’esame per “palese illegittimi­tà” , il ministro Gerardo Bianco annunciò la modifica delle procedure di concorso, ma non prima del 1992, qualcuno rivendicò i di­ritti dei partecipanti che salvo il ritardo avrebbero affrontato la prova in condizioni regolari e propose un comitato di tutela per ottenere la valutazione del proprio lavoro o il risarcimento del danno “per la mancata chance” . Il caso fu oggetto di denunce ai Tar, di interrogazione parlamentare e di un’indagine del Mpi; il ministro ammise la scarsa organizzazione, ma negò l’eventualità di truffe. Il Consiglio di stato richiamò il concorso del 1975, svolto in diverse città ma

41 “Scuola e didattica”, 1988, n. 1; 1989, n. 2 e 1990, nn. 10 e 12; “Nuova secondaria”, 1989, nn. 2, 3; “La tecnica della scuola”, 1989, n. 5.42 “Scuola e didattica”, 1988, n. 1 e 1989, n. 2; “Nuova secondaria”, 1989, n. 3 e “La tecnica della scuola”, 1989, n. 5.43 “L’Unità”, 8 giugno 1990.

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in circostanze analoghe e non invalidò la prova. Per il principio della conservazione dell’attività amministrativa, per il “pubblico interesse alla sollecita copertura dei posti” , si convalidarono gli elaborati consegnati escludendo la ripetizione della prova, poi ammessa con decreto approvato dal Senato per la conversione in legge il 30 gennaio199244

C’è chi ha delle proposte per migliorare i concorsi: varchi di accesso alla sede d’esa­me per cento candidati in ordine alfabetico, doppio controllo dei documenti, banchi preordinati per nominativo, vigilanza per sottrarre testi e appunti, vigilanti sufficienti per numero e capacità vocale per dettare il tema, nelle aule più vaste dislocati in più punti per ripetere a catena uno dopo l’altro e per singole frasi il testo; sistemi elettronici di scrittura per evitare “rumori e disturbi e assembramenti di chi non avendo inteso chiede ansiosamente che cosa sia stato det­to”, ma solo in presenza di personale di “provata capacità” per metterli in funzione e schermati verso l’esterno; aule separate per i fumatori; cubatura, aerazione, illu­minazione e spazio sufficienti, insonorizza­zione, sedie comode, attaccapanni o servi­zio guardaroba, divieto di distribuire cibo, autonomia degli esaminandi per la sussi­stenza44 45.

Con una circolare il Mpi ha disposto le misure per i futuri concorsi: coinvolgimento del personale dei provveditorati, delle so­vrintendenze e dei singoli istituti (impiegati, bidelli, tecnici e docenti), collaborazione dei

sindacati e sopralluogo nei locali d’esame prima delle prove, organizzazione degli ac­cessi, isolamento delle sale dall’esterno, vi­gilanti “nei diversi punti strategici”, colle­gamento con gli uffici periferici, scelta di sedi (solo come suggerimento) fornite di fo­tocopiatrice. Disposto l’utilizzo degli ispet­tori “tecnici dirigenti e funzionari” , e ipo­tizzato, se necessario, l’intervento delle pre­fetture e la presenza della polizia “in tempo utile [...] adeguata al numero dei candidati e non generica” , si conclude con fiducia nella “piena dedizione al pubblico interesse e al migliore funzionamento del sistema scolastico”46.

Il caso di Dennis Orsingher è emblemati­co. Superato il concorso, ottenne il ruolo co­me insegnante di ginnastica delle medie a 27 anni (agosto 1986), ruolo che nell’aprile 1987 il provveditorato di Belluno gli revocò per at­tribuirlo (a decorrere da quell’anno scolasti­co ma con obbligo di presenza nella sede già assegnata a Orsingher solo dal successivo) a Giorgio Jemmolo. L’attività agonistica (ave­va già vinto 2 campionati nazionali e il bron­zo in quello europeo del 1975 per lo sci di fondo) e di allenatore sportivo e il quinto po­sto nella graduatoria provinciale per la catte­dra, non influirono a vantaggio di Orsingher (retrocesso a supplente annuale) rispetto a Jemmolo che, quattordicesimo per punteg­gio, poteva però rivendicare il diritto alla ri­serva di un posto perché invalido civile per il 45 per cento, incluso dunque nella fascia di chi soffre menomazioni del sistema nervoso o dell’apparato locomotore o cardiovascola-

44 Si vedano le lettere di protesta e di chiarimento in “Scuola e didattica”, 1991, nn. 8, 9, 15, 16, 17 e 1992, nn. 9 e 14; “L’Unità”, 17 novembre 1990. Il discorso a preside in Parlamento. L ’intervento del ministro, “Scuola e didatti­ca”, 1991, n. 9 Perché il disconcorso è un concorso a preside a tutti gli effetti, “Scuola e didattica”, 1991, nn. 18 e 16; “La tecnica della scuola”, 1992, n. 15 e “Valore scuola”, 12 marzo 1992; L. 7 febbraio 1992 n. 144, “Disposi­zioni per la rinnovazione parziale della prova scritta del concorso a preside di scuola media indetto con Dm 18 apri­le 1990” .45 Giulio Giampietro, Concorsi: basta poco per migliorarli, “Nuova secondaria”, 1991, n. 6.46 Cm 10 gennaio 1991 n. 5, “Concorsi ordinari, per esami e titoli, a cattedre in ogni ordine e grado di scuola. Ser­vizio di vigilanza durante le prove scritte” .

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re o gastrointestinale o urinario o visivo. Or- singher si affidò agli avvocati che sostennero in suo favore l’assenza di reclami nei termini previsti (già scaduti per il ricorso alla data dell’esposto di Jemmolo), la mancanza di certificato di disoccupazione, il valore di pa­rere della risposta del Mpi (avrebbe accolto l’esposto) al provveditore di Belluno (con­vinto nel quesito inviato della correttezza delle operazioni e di varie inesattezze nell’e­sposto), la competenza sulle nomine del provveditore e non del Mpi. Per i legali il ruolo di Orsingher era “ormai inattaccabile” e la revoca un provvedimento da ritirare, ma l’esito fu diverso. Orsingher fu nominato di ruolo l’anno dopo (ma perse i vantaggi giuri­dici ed economici del precedente), mentre Jemmolo a 30 anni ottenne anche il trasferi­mento a Ragusa dove proseguì la sua attività di arbitro nelle partite di pallamano in serie B, con regolare certificato medico di idoneità fisica. Era questa l’incongruenza che Orsin­gher voleva impugnare, ma senza consenso legale e sindacale; iscritto alla Cisl per otte­nere più facilmente i documenti necessari al ricorso, assiduo nel provveditorato e bene in­formato dopo l’incontro casuale di un ex compagno di scuola della moglie, dipendente del legale scelto da Jemmolo tramite lo Snals, appena certo del ruolo e di una catte­dra di ripiego, bloccò il conto degli avvocati a 1.300.000 lire47.

Si tratta di una vicenda significativa per il groviglio di questioni irrisolte che suggerisce: il criterio di formazione dei punteggi in con­trasto con il principio della professionalità dei docenti, il connubio tra sindacati e studi legali per procacciare iscritti o clienti senza scalfire l’ordine precostituito dalla burocra­zia scolastica, l’esistenza di un mercato dei certificati falsi che coinvolge alcuni rami del 4

sistema sanitario nazionale in funzione del controllo del sistema pensionistico, la capa­cità individuale di iniziativa e pressione per ottenere un favore personale, anche quando si tratta della difesa di un proprio diritto, se­condo le regole di un sistema di potere fon­dato su connivenze.

Uscire dal labirinto

Il sistema scolastico burocratizzato sinora descritto è anche un corpo sociale vivo che gestisce le sue relazioni con la realtà esterna all’istituzione; con un’autonomia fortemen­te condizionata dalle disposizioni del Mpi, risponde a suo modo alle esigenze del mer­cato del lavoro e delle componenti politi­che, economiche e sociali del potere.

Cosa è cambiato rispetto al 1989, quando si rilevava il 31,7 e il 29 per cento di aule scolastiche prive, rispettivamente, di certifi­cato igienico-sanitario e di agibilità statica, e il 50,7 per cento non rispondente alle nor­me antincendio48? Non sono certo innovati­ve le graduatorie provinciali o nazionali e la loro validità per l’immissione in ruolo di due o cinque anni o illimitata, le richieste parallele a due o tre provveditorati per il ruolo o le supplenze, la riserva dei posti spartita al 50 per cento o all’80 per cento in favore dei precari per i trasferimenti e le immissioni in ruolo. Si tratta di vecchie mi­sure ciclicamente riproposte come risoluti­ve. Quali differenze sussistono tra l’autono­mia giuridico-amministrativa delle scuole delineata nel 1988 dal progetto del sottose­gretario Melillo49, quella proposta dai sin­dacati e quella di fatto operante negli istitu­ti tecnico-professionali? Che cosa assicura non si tratti di semplici esercizi verbali co­

4' Grazie alla disponibilità di Dennis Orsingher ho potuto consultare tutta la documentazione del suo ricorso al Tar veneto.48 “L’Unità”, 16 novembre 1989.49 Savino Melillo, L ’autonomia nella scuola, “Rivista nazionale della scuola”, 1988, n. 8.

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me già accadde per i “decreti delegati” o di un meccanismo moltiplicatore dei piccoli feudi del potere locale? Il contesto resta quello di un sistema autoritario mascherato di lassismo.

Come nei trascorsi decenni, l’inizio effet­tivo di ogni anno scolastico non coincide con la data di apertura delle scuole, ma slit­ta di fatto di alcuni mesi per lo svolgimento di operazioni che avrebbero dovuto essere esaurite in precedenza: bisogna assegnare ai precari le cattedre vacanti perché di riserva per gli eventuali nuovi docenti immessi in ruolo o trasferiti; vanno rispettate le gra­duatorie per ogni classe di concorso e le procedure sono lente; si nominano i sup­plenti temporanei nell’attesa degli annuali che i provveditorati talora assegnano anche dopo il 31 dicembre. Si avvia l’avvicenda­mento del personale provvisorio: “doa” e “perdenti posto” in attesa di destinazione, precari in attesa di nomina, universitari e diplomati in assenza di laureati ruotano nel­le classi che lasciano a un nuovo sostituto per assumere l’incarico del provveditore o perché licenziati con l’arrivo del docente de­finitivo. Accade che la conclusione, per il precario, sia la conferma per anni nella stessa scuola. Un insegnante può essere tito­lare di nove classi presenti in tre sedi diverse e il traffico urbano comporta problemi quanto le distanze nelle aree periferiche montane. Chi controlla l’assegnazione dei posti da parte di provveditorati e presidi cui di fatto è demandato il collocamento?

Professionalità, criteri di gestione del per­sonale e funzioni dell’apparato burocratico

sono condizionati da una logica che com­porta lo spreco delle risorse e l’inefficienza, impone l’ambito provinciale per le assun­zioni al prezzo di una irrazionale distribu­zione dei docenti sul territorio nazionale tra sovraffollamenti e vuoti. Negli anni ottanta il Mpi ha disposto quattro volte il rinnovo delle graduatorie provinciali dei supplenti, costretti a scegliere un provveditorato a ca­so, senza certezze numeriche circa i posti di lavoro effettivi, destinati a restare un’inco­gnita fino alla pubblicazione degli elenchi dei concorrenti50.

Sui provveditorati grava “un carico di la­voro” corrispondente al numero provinciale dei “posti classe”, ma rispetto a questi l’or­ganico interno è molto variabile, secondo un rapporto che nell’anno scolastico 1988- 1989 presentava due estremi: un impiegato ogni 152,7 posti classe a Milano e ogni 26,6 a Isernia, ogni 107 a Napoli e a Padova, ogni 68 a Genova e a Reggio Calabria, ogni 76 e 78 a Palermo e Cosenza, ogni 65 e 61,5 a Bologna e a Trento. Il rapporto più bas­so, senza peraltro un corrispettivo di effi­cienza, vigeva a Trieste, Gorizia, Rieti e Campobasso con variazioni tra un addetto ogni 36,8 e ogni 39 posti classe, a Terni e Oristano ogni 42, a Imperia ogni 4351.

L’equiparazione di studi diversi e l’assen­za di tirocini intermedi di formazione prima del collaudo professionale, conferisce alla scuola la funzione di mercato di sbocco per i laureati altrimenti disoccupati, indipen­dentemente dall’indirizzo seguito, perché per ogni titolo accademico è contemplata — come si è illustrato — un’ampia serie di so-

50 L. 270, cit.; Om 16 marzo 1984, “Conferimento supplenze annuali e temporanee al personale docente” e integra­zioni nella Ot 20 aprile 1984 n. 126; Om 4 maggio 1985 n. 143, “Ricompilazione delle graduatorie esaurite”; Cm 4 marzo 1988 n. 62, “Graduatorie provinciali del personale docente aspirante a supplenze per l’a.s. 1988-89; Om 4 marzo 1988 n. 64, “Graduatorie provinciali supplenze per l’a.s. 1988-89; Om 27 settembre 1989 n. 324, “Preceden­za assoluta nel conferimento di supplenze annuali e temporanee”; DI 6 novembre 1989 n. 357, “Disposizioni in ma­teria di supplenze annuali” .51 Luciano Savoldi, Rapporto globale personale-carichi di lavoro nei provveditorati, cit.

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luzioni possibili, quasi sempre fortemente eterogenee. Il meccanismo delle graduatorie per classi di concorso rende gli insegnanti intercambiabili tra materie e settori d’istru­zione, annulla il principio della professio­nalità, non risponde al criterio della razio­nalizzazione amministrativa, svela il carat­tere contraddittorio della rigida e arcaica struttura della scuola secondaria superiore con istituti a indirizzo nettamente distinto solo per demarcare i contenitori entro i quali collocare gli studenti.

Imporre l’alternativa tra la scuola statale e i settori lavorativi privati, obbligare in­somma a una chiara scelta, può semplifica­re il quadro frantumato delle richieste degli insegnanti ricomponendolo sul piano delle questioni nodali del governo del sistema. Quale professionalità esprime dalla cattedra chi esercita oltre alla docenza anche l’attivi­tà di avvocato, procuratore legale, notaio, biologo titolare di laboratorio di analisi chimiche, architetto, ingegnere, investigato- re privato, fotografo o grafico pubblicita­rio, agente mandatario della Siae52?

Nell’anno scolastico 1990-1991 erano 9.685.507 gli alunni delle scuole dalle ma­terne alle superiori, di questi solo il 7,8 per cento in quelle cattoliche (rispetto al 1982- 1983 aumentate da 2.804 a 3.040 con 31.994 docenti, laici per il 71,3 per cento, ma con un calo progressivo di iscritti: da 435.896 a 389.804 tra elementari, medie e superiori) e il 5,6 per cento nelle altre pri­vate o di enti pubblici53. Eppure la politica statale di risparmio della spesa non taglia i

finanziamenti pubblici alle scuole private, provvede solo alla riduzione degli organici degli insegnanti, preserva infatti sia quelli gonfiati dei provveditorati che quelli inutili degli ispettori.

Il limite per la formazione delle classi è di 30 alunni, e mentre in zone ad alta den­sità demografica le aule si intasano, le cat­tedre si riducono, i docenti possono avere anche un complesso di 200 allievi, in aree isolate di montagna il numero degli studen­ti può ridursi a dieci con il pericolo per l’insegnante dell’accorpamento nelle scuole di valle, perché la chiusura della sua sede non prevede il recupero del posto di lavoro in quella di destinazione per gli studenti.

L’obbligo scolastico in Italia, diversa- mente dagli altri paesi europei, è bloccato a quattordici anni di età e la riforma delle superiori proposta dal sottosegretario alla pubblica istruzione Beniamino Brocca, con i suoi diciassette indirizzi di studio54 per eli­minare la divisione tra licei e istituti, è de­stinata alla palude dell’apparato ministeria­le: andrà applicata entro il limite del 5 per cento delle classi assegnato in ogni provin­cia alle sperimentazioni, mancando la legge di riforma degli ordinamenti della scuola secondaria superiore55.

Il problema dell’istruzione in Italia è le­gato all’assenza di regole di governo in funzione dell’insegnare e dell’apprendere; serve una convergenza di interessi e intenti nel campo, tutta da inventare. Gli intellet­tuali sono poco propensi a un impegno in assenza di azioni di protesta della catego-

52 Calogero Pecoraro, Funzione docente ed esercizio di libere professioni, “Scuola e didattica”, 1990, n. 4.53 Andrea Toscano, La scuola cattolica sotto la lente, “La tecnica della scuola”, 1992, n. 15.54 Sono gli indirizzi classico, linguistico, socio-psico-pedagogico, scientifico-tecnologico, scientifico, chimico, elet­trotecnico e di automazione, elettronico e di telecomunicazione, informatico e telematico, meccanico, tessile, di co­struzione, del territorio, agroindustriale, biologico, economico-aziendale, linguistico-aziendale. Si vedano “L’Uni­tà”, 25 marzo 1992; “Valore scuola”, 12 marzo 1992; Anna Maria Di Falco, Presentati i nuovi programmi de! triennio della scuola superiore, “La tecnica della scuola”, 1992, n. 16.55 Formazioni classi negli istituti e scuole di ogni ordine e grado per l ’a.s. 1992-93, “Valore scuola”, 12 marzo 1992; Cm 12 febbraio 1992 n. 29.

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ria, la sola a poter incidere sul sindacato ma neutralizzata dall’ignoranza dei meccanismi di gestione o asservita dalla logica burocrati­ca e clientelare, mentre il giornalismo si limi­ta al rilancio dei segnali più confacenti all’a­rea governativa. Serve conoscenza perché la componente viva e colta degli insegnanti sap­

pia riconoscersi e partecipare, ma a chi spet­ta il primo passo, dopo Poltre quarantennale e democristiano cammino già percorso, per orchestrare l’azione contro il Mpi, un ramo non secondario dell’apparato istituzionale dello stato?

Franca Modesti