Intersos e mission lettera alla fesmi
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Via Aniene 26A, 00198 Roma Tel +39 06 8537431 Pers. +39 335 6452773 [email protected] www.intersos.org
Roma, 15 Novembre 2013
Padre Gigi Anataloni,
Segretario Generale della Fesmi
Caro Padre Anataloni,
ho già ringraziato P. Giulio Albanese per aver favorito questo dialogo con lei e con la Fesmi.
Sulla trasmissione Mission, in questi mesi Intersos ha preferito non entrare nelle polemiche che
abbiamo ritenuto smodate, fuorvianti e poco produttive in termini di approfondimento e di riflessione
su un tema che tocca vari aspetti che si intrecciano, tutti meritevoli di maggiore ponderatezza e minore
chiasso e strumentalizzazione.
Capisco e penso di condividere tutte le preoccupazioni che avete avuto quando un deleterio difetto di
comunicazione, nel mese di luglio, ha fatto immaginare un programma ben diverso dalla realtà.
Immagine che è stata poi alimentata e enfatizzata, nonostante le smentite, le precisazioni e le
illustrazioni alquanto dettagliate che Rai 1 ha fornito e che, per quanto ci riguarda, anche noi e l’Unhcr
abbiamo diffuso. Dato che dirigete riviste, non posso non evidenziare che ben pochi giornalisti hanno
fatto lo sforzo di verificare la “notizia”, quella notizia-mostro, potrei definirla, contro cui c’è stata ampia
mobilitazione e che ha inevitabilmente coinvolto la nostra organizzazione. Penso che dovremmo essere
tutti preoccupati e che debba essere continuamente fatta una riflessione più ampia, che va ben oltre il
caso Mission, su come la Rete possa trascinare con facilità, su verità costruite, ampi spezzoni di società,
in pochi secondi, grazie a un semplice click e senza possibilità di verifica e di confronto. Ma il discorso ci
porterebbe lontano.
Non vorrei entrare in questioni che riguardano la Rai, da cui ci sentiamo assolutamente indipendenti e
autonomi, sia nel giudizio sulle scelte che nella valutazione dei programmi. Vorrei che il nostro dialogo
rimanesse sui punti chiave che interessano noi e voi, dati i comuni valori e date le finalità che in parte
coincidono. Ci consideri anche aperti all’ascolto, coscienti che, pur avendocela messa tutta per fare le
cose al meglio, possiamo aver avuto limiti e può esserci sfuggito qualcosa. Di due cose però siamo certi:
che l’apporto di Intersos e dell’Unhcr è senza alcun dubbio servito e che la Rai ha accolto la grande
parte delle nostre osservazioni e dei nostri suggerimenti.
Cerco quindi di presentarle il nostro cammino e i motivi (e i dubbi) della nostra scelta.
Rai 1 (che, come lei sa, è struttura diversa dalle altre testate Rai, data l’autonomia delle singole
Direzioni) ha deciso di realizzare e trasmettere un programma, “Mission”, in due puntate (4 e 12
dicembre) che, pur rivolgendosi ad un pubblico di prima serata, tra le ore 21 e le 23,30, toccasse un
tema umano e sociale come quello dei rifugiati, assicurando livelli al contempo di qualità e di rispetto
dei codici etici in materia di comunicazione sui rifugiati e i richiedenti asilo. Per garantire quest’ultimo
aspetto, Rai 1 ha chiesto la disponibilità della Delegazione in Italia dell’Unhcr, Alto Commissariato delle
Nazioni Unite per i Rifugiati, e dell’Ong umanitaria Intersos, dato il loro impegno istituzionale per i
rifugiati nelle varie aree di crisi.
Dopo attenta riflessione, l’Unhcr e Intersos hanno accolto tale invito, ritenendolo anche doveroso, data
la loro conoscenza in merito, acquisita in anni di interventi umanitari a contatto con i rifugiati.
Doveroso, in particolare, per assicurare che i contenuti della trasmissione fossero il più possibile
coerenti con la “Carta di Roma”, il protocollo deontologico concernente richiedenti asilo, rifugiati,
vittime della tratta e migranti, sottoscritto nel 2008 dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti e
dalla Federazione Nazionale della Stampa Italiana, CNOG e FNSI.
La notizia di una simile trasmissione in prima serata ho provocato reazioni, sia per l’errore di
comunicazione che ho evidenziato, sia per l’effettivo rischio di trasformazione delle tragedie umane,
della sofferenza e della dignità delle persone in fiction e spettacolarizzazione. Preoccupazione da noi
ovviamente condivisa, ma infondata fin dall’inizio, data l’impostazione della dirigenza Rai 1 che ci ha
chiaramente affermato che “su questo programma innovativo ci interessa più la qualità dell’audience”.
La trasmissione a cui la Rai ci ha proposto di collaborare non è quindi un reality show come siamo
abituati a concepirlo, né una fiction, come qualcuno ha lasciato intendere e continua a far credere. Non
avremmo mai accettato di parteciparvi e ci saremmo opposti decisamente e con molta fermezza alla
sua realizzazione.
Abbiamo invece vissuto Mission, e lo stiamo vivendo, per quello che è: un tentativo innovativo di
programma di prima serata, diretto quindi al vasto pubblico, per presentare alcuni temi sociali a partire
da quello dei rifugiati; facendolo in modo piacevole ma anche con la massima attenzione e il massimo
rispetto per le persone, la loro sofferenza, la loro dignità, rendendole protagoniste nel raccontarsi.
Nelle cinque crisi umanitarie che vengono toccate, in paesi africani, mediorientali e latinoamericani, si
mettono infatti al centro le persone rifugiate con le loro storie vissute e il loro personale punto di vista
e si mostra il lavoro quotidiano degli operatori umanitari.
Veniamo ora al punto che più ha sollevato problemi. Anche a noi. Alcuni personaggi noti al pubblico
televisivo di prima serata, scelti da Rai 1, entrano in contatto con queste realtà, vivendoci per una
quindicina di giorni, sempre accompagnati dagli operatori e operatrici dell’Unhcr e di Intersos. E’ un
periodo breve, ma sufficiente per vivere un’esperienza di conoscenza e consapevolezza della condizione
di chi ha perso tutto ed è aiutato a ricostruire la propria vita con dignità nel paese ospitante. La Rai ha
deciso di inserirli in questo programma perché convinta che, con la loro capacità comunicativa,
potranno trasmettere al pubblico televisivo le sensazioni, forti e intense, vissute nei giorni di rapporto
umano con i rifugiati, i bambini soldato, le donne schiavizzate da miliziani, le persone in fuga e con le
operatrici e gli operatori umanitari che con essi vivono. Altre persone, in studio, durante la
trasmissione, cercheranno di approfondire il tema, che sarà anche arricchito con qualche ulteriore
testimonianza diretta, che colleghi i rifugiati visti nei filmati con quelli in Italia.
Non ho omesso di dire che questa presenza ha posto anche a noi molti punti interrogativi. E ci ritorno
per rendervi partecipi delle nostre riflessioni e decisioni. Ci siamo domandati perché proprio loro, data
la quantità di persone che su questi temi possono parlare con competenza. Di fronte a un programma
ormai definito, a cui potevamo certo contrapporci rifiutando la collaborazione, ci siamo anche
domandati con quale diritto potevamo sentirci autorizzati ad affermare che a Tizio e Caio dovesse
essere proibito parlare di rifugiati, se comunicato in modo corretto. Abbiamo quindi cercato di capire
meglio le ragioni di Rai 1, anche per approfondire la verifica se ci fossero le condizioni per aderire alla
loro proposta di accompagnare e assistere la produzione.
Non possiamo negare che parte del pubblico di prima serata, a torto o a ragione, ci piaccia o no, senta
queste persone vicine e recepisca i loro messaggi. Se per una volta il messaggio fosse diverso e su un
tema che, pur lontano, ci tocca e tocca la nostra società molto da vicino, perché ostacolarlo e non
contribuire a renderlo il più positivo possibile? Certamente, il programma poteva essere fatto con un
altro tipo di persone, ma sarebbe stata un’altra cosa. Rai 1 ha voluto provare qualcosa di nuovo, in un
tentativo, a quanto ci è stato detto, di miglioramento della qualità nella prima serata, pur con
personaggi di prima serata. La mia impressione, per quello che vale, è che ci stia riuscendo, almeno in
questo caso. E lo considero un successo. Ma non sono un addetto ai lavori, perciò, con umiltà mi fermo
qui nel mio giudizio. In ogni caso, anche se i risultati risultassero in parte discutibili, considero che
valeva la pena accettare la sfida e osare.
Lo so, anche perché ne ho discusso con altre persone che vivono nel e per il sociale in Italia, che la Rai
sta al tempo stesso chiudendo trasmissioni valide, come “C'era una volta” di Silvestro Montanaro su Rai
3. E’ una preoccupazione che condivido e ritengo che dovremo, trovando ampie alleanze, fare una
battaglia decisa perché questo tipo di scelta non avvenga. A mio avviso il discorso è ancora più ampio
perché riguarda forse la necessità di cambiamenti profondi nelle strutture produttive e giornalistiche e
soprattutto riguarda il serio, grave e ampio problema della poca attenzione della Rai al mondo, ai
problemi internazionali, e al nostro mondo del sociale e della solidarietà, relegando quel poco che
esiste ad orari spesso impossibili. C'è una generale valutazione (come d’altronde nei direttori della carta
stampata) che si tratta di cose che "non fanno notizia". Dovremmo riuscire a contraddire, decisamente,
questa valutazione.
La raccolta fondi che accompagnerà il programma sarà finalizzata alla realtà che i telespettatori
vedranno. Dati i principi che guidano le nostre organizzazioni, ci siamo adoperati, con piena adesione da
parte della Rai, perché non fosse minimamente fatta una tv del dolore non solo ai fini dello spettacolo
ma anche della raccolta fondi. Posso aggiungere che tale raccolta non era proprio prevista. E’ stata
decisa solo recentemente, dopo un serio ragionamento durante une riunioni a fine agosto.
Ci siamo posti con prudenza, consci dei rischi dell’innovazione ma convinti di poter contribuire ad
ampliare, con un nuovo programma che assicuri al contempo divulgazione e serietà dei contenuti, le
trasmissioni esistenti per comunicare e coinvolgere sul tema dei rifugiati, vittime di guerre e
persecuzioni, e degli interventi umanitari. Anche nella speranza che Rai 1, migliorandone via via il
formato, possa produrre uno strumento aggiuntivo di seria e diffusa comunicazione sociale. Si
potrebbero infatti portare in prima serata, temi quali la ricerca scientifica per salvare vite, la
salvaguardia della natura, le adozioni a distanza, le povertà diffuse, le opportunità dell’immigrazione,
solo per fare alcuni esempi. Non so se Rai 1 riuscirà appieno fin da queste prime trasmissioni ma, per
quanto ci riguarda, abbiamo ritenuto giusto e utile esserci, con serietà e dedizione, come stiamo
continuando a fare.
Sulle questioni che non sono di nostra pertinenza non tocca a noi pronunciarci. Sono convinto che la
Direzione di Rai 1 risponderà a qualsiasi richiesta da parte vostra. In ogni caso, l’appuntamento è al 4
Dicembre. Spero che possiate vedere, nella trasmissione, lo sforzo che è stato fatto per assicurare il
rispetto delle persone, della loro dignità e della loro situazione di sofferenza. Questo è ciò che ha
riguardato il nostro impegno: un vostro parere, con tutti i suggerimenti per capire dove potevamo fare
meglio, sarà sicuramente gradito.
Invio a lei e a tutti i direttori delle riviste associate alla Fesmi i più cordiali saluti,
Nino Sergi
(presidente)