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 DIRITTO SINDACALE – GIUGNI 2010 CAPITOLO PRIMO – INTRODUZIONE AL DIRITTO SINDACALE Definizione del diritto sindacale Il diritto sindacale è quella parte del diritto del lavoro contenente un insieme di norme, poste dallo Stato o dalle stesse organizzazioni di lavoratori ed imprenditori, che nelle economie di mercato disciplina il conflitto di interessi derivante dall’ineguale distribuzione del potere nei processi  produttivi. Esso nasce insieme al movimento operaio nel XIX secolo, q uando la rivoluzione industriale da luogo ad una contrapposizione di interessi ben nota tra capitale e lavoro, ossia tra chi detiene i mezzi di produzione, e pertanto è legittimato ad organizzarli ed utilizzarli a propria discrezione gli imprenditori!, e chi, non detenendoli, mette la propria forza"lavoro al servizio di chi li detiene i lavoratori!. #er lungo tempi si è cercato un parallelismo tra il diritto autonomo dei gruppi professionali del $asso %edioevo ed il moderno diritto sindacale& tale paragone non pu' esistere, in quanto le corporazioni medievali rappresentavano delle coalizioni di soggetti artigiani o mercanti! con gli stessi interessi, mentre nel diritto sindacale si vanno a contemperare interessi opposti e confliggenti. (’ organizzazione sindacale nasce proprio, infatti, per contrastar e lo strapotere degli imprenditori nei confronti dei lavoratori. #er )conflitto industriale* deve intendersi il conflitto tra capitale e lavoro, tipico dei sistemi produttivi moderni non solo industriali!. Esso è considerato come elemento della lotta di classe tra chi ha la propriet+ dei mezzi di produzione e chi offre la propria forza"lavoro. In realt+ il conflitto in questione non riguarda solo chi detiene la  propriet+ dei mezzi produttivi, ma soprattutto chi gestisce gli stessi, l’autorit+ che ha il vero potere sui mezzi pensiamo ad una societ+ in cui i dirigenti hanno un potere molto pi ampio rispetto agli azionisti!. Il diritto sindacale si inquadra proprio all’interno del conflitto industriale, apprestando la massima tutela a favore dei lavoratori in esso coinvolti. Diritto sindacale e relazioni industriali Il diritto sindacale analizza gli stessi temi trattati dalla disciplina delle c.d. )relazioni industriali*, sviluppatasi per lo pi nei paesi anglosassoni, la quale ha ad oggetto l’insieme delle relazioni intercorrenti tra imprenditori, lavoratori e pubblici poteri, le quali conducono all’emanazione di norme dirette a regolare il sistema produttivo& quindi il sistema delle relazioni industriali prende in considerazione il contesto normativo -eb of rules! dei rapporti tra interessi organizzati. (’ effettivit+ nel diritto sindacale n aspetto fondamentale del diritto sindacale lo ritroviamo )nell’effettivit+* delle sue norme, che merita particolare attenzione. Il principio di effettivit+ di una norma e del diritto in genere! prevede che ad essa sia data concreta esecuzione, in tutte le sue parti, quindi tanto per la disciplina ivi contenuta, quanto per le sanzioni previste in caso di inottemperanza. #er il diritto sindacale la situazione è diversa. (’emanazione di una disciplina, che dovrebbe competere solo al potere legislativo come costituzionalmente previsto, si basa, molto spesso, su una mediazione politica che coinvolge anche le parti sociali (./0123441 preceduta da un protocollo s ul 5e lfare, ossia da un accordo tra 6overno e sindacati!. Il diritto sindacale, infatti, per garantire l’osservanza spontanea delle norme ed evitare situazioni spiacevoli a livello sociale, si  poggia proprio sul consenso sociale, garantendo cos7 la propria effettivit+.

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DIRITTO SINDACALE GIUGNI 2010

CAPITOLO PRIMO INTRODUZIONE AL DIRITTO SINDACALE

Definizione del diritto sindacale

Il diritto sindacale quella parte del diritto del lavoro contenente un insieme di norme, poste dallo Stato o dalle stesse organizzazioni di lavoratori ed imprenditori, che nelle economie di mercato disciplina il conflitto di interessi derivante dallineguale distribuzione del potere nei processi produttivi. Esso nasce insieme al movimento operaio nel XIX secolo, quando la rivoluzione industriale da luogo ad una contrapposizione di interessi ben nota tra capitale e lavoro, ossia tra chi detiene i mezzi di produzione, e pertanto legittimato ad organizzarli ed utilizzarli a propria discrezione (gli imprenditori), e chi, non detenendoli, mette la propria forza-lavoro al servizio di chi li detiene (i lavoratori). Per lungo tempi si cercato un parallelismo tra il diritto autonomo dei gruppi professionali del Basso Medioevo ed il moderno diritto sindacale: tale paragone non pu esistere, in quanto le corporazioni medievali rappresentavano delle coalizioni di soggetti (artigiani o mercanti) con gli stessi interessi, mentre nel diritto sindacale si vanno a contemperare interessiopposti e confliggenti. Lorganizzazione sindacale nasce proprio, infatti, per contrastare lo strapotere degli imprenditori nei confronti dei lavoratori. Per conflitto industriale deve intendersi il conflitto tra capitale e lavoro, tipico dei sistemi produttivi moderni (non solo industriali). Esso considerato come elemento della lotta di classe tra chi ha la propriet dei mezzi di produzione e chi offre la propria forza-lavoro. In realt il conflitto in questione non riguarda solo chi detiene la propriet dei mezzi produttivi, ma soprattutto chi gestisce gli stessi, lautorit che ha il vero potere sui mezzi (pensiamo ad una societ in cui i dirigenti hanno un potere molto pi ampio rispetto agli azionisti). Il diritto sindacale si inquadra proprio allinterno del conflitto industriale, apprestando la massima tutela a favore dei lavoratori in esso coinvolti.

Diritto sindacale e relazioni industriali

Il diritto sindacale analizza gli stessi temi trattati dalla disciplina delle c.d. relazioni industriali, sviluppatasi per lo pi nei paesi anglosassoni, la quale ha ad oggetto linsieme delle relazioni intercorrenti tra imprenditori, lavoratori e pubblici poteri, le quali conducono allemanazione di norme dirette a regolare il sistema produttivo: quindi il sistema delle relazioni industriali prende in considerazione il contesto normativo (web of rules) dei rapporti tra interessi organizzati.

Leffettivit nel diritto sindacale

Un aspetto fondamentale del diritto sindacale lo ritroviamo nelleffettivit delle sue norme, che merita particolare attenzione. Il principio di effettivit di una norma (e del diritto in genere) prevede che ad essa sia data concreta esecuzione, in tutte le sue parti, quindi tanto per la disciplina ivi contenuta, quanto per le sanzioni previste in caso di inottemperanza. Per il diritto sindacale la situazione diversa. Lemanazione di una disciplina, che dovrebbe competere solo al potere legislativo come costituzionalmente previsto, si basa, molto spesso, su una mediazione politica checoinvolge anche le parti sociali (L.247/1997 preceduta da un protocollo sul Welfare, ossiada un accordo tra Governo e sindacati). Il diritto sindacale, infatti, per garantirelosservanza spontanea delle norme ed evitare situazioni spiacevoli a livello sociale, sipoggia proprio sul consenso sociale, garantendo cos la propria effettivit.

Astensione legislativa e ruolo della dottrina

Dopo labrogazione dellordinamento corporativo, in vigore dal 1926 sino al 1944, e dopo lemanazione della Costituzione repubblicana nel 1948, il legislatore italiano rimasto per lungo tempo muto in materia di rapporti sindacali e sordo ai bisogni dei lavoratori. Solo nel 1970, con la L.300 che ha introdotto lo Statuto dei lavoratori, si avuta la prima disciplina sindacale. Dopo altri 20 anni, inoltre, con la L.146/1990 si disciplinato lo sciopero nei servizi pubblici essenziali.Notiamo, quindi, come il silenzio normativo si sia protratto per lunghi periodi e come siastato necessario molto spesso, ad opera della dottrina e della giurisprudenza, interpretareestensivamente le norme gi esistenti in base a valutazioni di carattere generale e sociale:si applicata, in sostanza, quella che molti definiscono come politica del diritto,attraverso la quale molti autori hanno potuto esprimere il proprio pensiero, non cadendonellipocrita convinzione che il diritto dei giuristi sia neutrale.

Lordinamento intersindacale

Abbiamo gi detto che il sistema di relazioni industriali scaturisce dalle interazione tra imprenditori, organizzazioni dei lavoratori e pubblici poteri. Sotto il profilo giuridico-normativo possiamo affermare che le relazioni industriali sono rette da un ordinamento stabile, definito come ordinamento intersindacale, distinto dallordinamento statale. I due ordinamenti convivono allinterno del nostro sistema, regolando molto spesso le medesime materie: qualora confluiscano verso una stessa valutazione normativa, non si crea alcun problema, ma qualora differiscano tra loro la norma di un ordinamento sar ineffettiva nellaltro e viceversa. Altre volte le valutazioni normative dei due ordinamenti, pur essendo diverse, non entrano in contrasto: prendiamo ad esempio il contratto collettivo, che per lordinamento statale un semplice accordo tra le parti disciplinato dal codice civile, mentre per lordinamento intersindacale un atto fondamentale che regola i rapporti tra imprenditori e sindacati. Altro esempio quello degli accordi triangolari tra le parti sociali (sindacati ed imprenditori) ed il Governo, in forza dei quali questultimo si impegna a disciplinare legislativamente una determinata materia oggetto dellaccordo. In realt il Governo, secondo lordinamento statale, non pu obbligare il Parlamento in nessun modo ad approvare una legge, ma allinterno dellordinamento intersindacale un simile accordo assume una rilevanza notevole.

Il ruolo della giurisprudenza

La giurisprudenza, cos come la dottrina, ha contribuito notevolmente alla formazione del diritto sindacale, nonostante nel nostro sistema di civil law la decisione di un giudice, nellespletamento delle proprie funzioni, non abbia autorit vincolante. La giurisprudenza, per, molto spesso, con la costanza del proprio indirizzo di pensiero, ha colmato le lacune legislative ed indirizzato lo stesso legislatore nellemanazione di una disciplina. Basti pensare che il concetto di contratto collettivo, ela conseguente inderogabilit dello stesso, nasce proprio in ambito giurisprudenziale, coscome altri concetti di notevole rilevanza.

Il diritto comunitario

Il diritto comunitario risulta, ancora oggi, indifferente rispetto al diritto sindacale: ne troviamo prova nel nuovo TFUE (trattato sul funzionamento dellUnione Europea) il quale, allart.153, dopo aver riconosciuto il diritto alla rappresentanza ed alla difesa collettiva degli interessi dei datoridi lavoro e dei lavoratori, nega che rientrino allinterno della competenza comunitariatemi quali il diritto di sciopero, di serrata ed il diritto di associazione. Eppure lintegrazione economica al quale lUnione giunta non pu prescindere da questi aspetti del diritto sindacale e tale concetto stato ribadito anche dalla Corte di Giustizia, che sembra orientata verso unintegrazione della materia sindacale nelle competenze dellUnione. Va aggiunto che con lentrata recente di Paesi pi poveri ed arretrati (anche per ci che concerne i diritti dei lavoratori) allinterno dellUE, stato attuato un sistema di concorrenza al ribasso (dumping sociale), ossia una tendenza delle imprese ad utilizzare le condizioni del mercato del lavoro di questi Paesi per poter ridurre i costi ed aumentare i guadagni. E, per ora, impossibile capire come la situazione si evolver, ma sicuro che diritto comunitario e diritto sindacale non potranno restare indifferenti edindipendenti per molto tempo ancora.

Le regole del conflitto ed il problema della loro stabilit

Allinterno del diritto sindacale, nel nostro Paese, non sono ben definite regole per lindividuazione dei soggetti legittimati alla trattativa, alla composizione delle controversie, alla proclamazione ed allo svolgimento degli scioperi. Prima della nascita di sindacati autonomi nel ventennio 70-90 del secolo scorso, la tre grandi Confederazioni sindacali (Cisl, Uil e Cgil) non sentivano lesigenza di regole ben precise, in quanto un accordo, bene o male, lo si trovava nella maggior parte dei casi, anche con lesclusione della Cgil. In un secondo momento, per, sono venute meno le ragioni di compattezza tra i lavoratori, essendo venuti meno i conflitti ideologici precedenti inerenti la lotta diclasse. Si sono posti, dunque, 2 problemi: quello della rappresentanza, inerente il rapportotra il sindacato ed il gruppo professionale di riferimento, e quello inerente i rapporti tra base e vertice, tra lavoratori e dirigenti dei sindacati, soprattutto in riferimento agli strumenti di democrazia rappresentativa (elezione dei dirigenti) e democrazia diretta (assemblee e referendum). Infatti mentre da un lato la Cisl ha sempre privilegiato la tutela dei propri iscritti, adoperando il sistema dellelezione dei dirigenti, la Cgil ha sempre valorizzato strutture rappresentative elette da tutti allinterno di assemblee e referendum, coinvolgendo tutti i lavoratori, anche quelli non sindacalizzati. Il Protocollo del 23 luglio 1993 sembrava aver trovato una soluzione al suddetto problema, individuando i soggetti titolari dei poteri di rappresentanza e larchitettura della contrattazione collettiva. Laccordo quadro del 22 giugno 2009, invece, si mosso nellopposta direzione, allontanando la Cgil dalle regole della contrattazione collettiva e non vincolandola agliaccordi.

CAPITOLO SECONDO LA LIBERTA SINDACALE

Principio costituzionale della libert sindacale

Lart.39 della nostra carta costituzionale sancisce che lorganizzazione sindacale libera, contrariamente a ci che era previsto allinterno del sistema corporativo fascista, il quale prevedeva che gli interessi collettivi fossero tutelati dallo Stato e che la partecipazione dei soggetti interessati non fosse libera. Il diritto di organizzarsi liberamente si manifesta sia sotto un profilo pubblico, inibendo allo Stato di compiere atti lesivi della libert del lavoratore, sia sotto un profilo privato, evitando che i datori di lavoro possano limitare la libert sindacale. In merito a questultimo fine, tralaltro, stato emanato lo Statuto dei lavoratori, per consolidare il diritto di cui allart.39 della Costituzione.

Libert di organizzazione sindacale

Abbiamo detto che la libert di organizzazione sindacale sancita dallart.39 della Costituzione. La pi generale libert di associazione, invece, tutelata allinterno dellart.18 Cost, ma questultima risulta vincolata, e pertanto non illimitata, nel caso in cui persegua fini vietati dalla legge penale.La libert sindacale priva, invece, di vincoli di qualsivoglia genere, in quanto la sua stessa previsione costituzionale ne legittima lesercizio. Inoltre va sottolineata la differenza tra i due termini: organizzazione ed associazione. Se il legislatore ha utilizzato la parola organizzazione in merito allattivit sindacale, vuol dire che essa pu essere esercitata sia in forma associativa, sia in altre forme (es. consigli di fabbrica). Oggetto del riconoscimento costituzionale quindi lorganizzazione sindacale, con essa intendendosi non solo lattivit svolta in forma collettiva e coinvolgente una pluralit di soggetti organizzati, ma anche la stessa attivit che a ci conduce ( lesempio di un soggetto singolo che promuove la costituzione di unorganizzazione sindacale).

La normativa comunitaria

Nonostante la Carta fondamentale dei diritti dellUnione Europea, proclamata a Nizza nel 2000, riconosca la libert sindacale come una semplice libert di associazione senza conferirgli il peso specifico che nel nostro ordinamento le viene attribuito dallart.39 della Costituzione, e nonostante il TFUE, allart.153, escluda la libert sindacale dalla competenza comunitaria, sia la previsione di un Comitato economico e sociale con funzioni consultive rispetto alle Istituzioni UE, sia ilriconoscimento del ruolo della contrattazione collettiva previsto in molte norme dello stesso TFUE, ci fanno capire come sia inevitabile che il diritto sindacale assume una valenza comunitaria e venga disciplinato anche in ambito UE. Il principio di sussidiariet, uno dei principi cardini in materia di competenza dellUnione e degli Stati membri e previsto dallart.5 TUE, prevede che lUnione, nei settori di competenza concorrente, debba intervenire solo qualora ravvisi che un intervento sulla stessa materia dei singoli Stati membri sia insufficiente. Se, come abbiamo detto, il TFUE esclude tale competenza, vuol dire che lUnione ritiene che il livello qualitativo della disciplina sindacale dei singoli Stati sia sufficiente. Ma gli ordinamenti dei singoli Stati membri hanno validit edefficacia solo allinterno dei territori degli stessi ed hanno, comunque, un effetto indiretto anche sullassetto comunitario, dovendo lUnione rispettare i diritti fondamentali comuni alla tradizione giuridica dei singoli Paesi: in poche parole il principio di sussidiariet stata applicato in maniera errata ed il principio di rispetto delle tradizioni giuridiche non stato rispettato. Il diritto sindacale riconosciuto, allinterno di tutti gli Stati, come diritto fondamentale, e pertanto un tale peso specifico dovrebbe assumere anche a livello comunitario.

La libert sindacale nelle convenzioni internazionali

Anche il diritto internazionale si spesso occupato della materia del lavoro, in particolare della libert sindacale e del diritto di sciopero. Rilevanti a riguardo sono le Convenzioni dellOIL(Organizzazione Internazionale del lavoro, nata nel primo dopoguerra e consolidatasi nel secondo in ambito ONU), in particolare la n.87 e la n.98, a cui lItalia ha dato attuazione tramite la L.367/1958: la prima di esse prevede una tutela della libert sindacale nei confronti dello Stato, sia per ci che concerne le organizzazioni dei lavoratori, sia per quelle dei datori di lavoro, su cui il potere statale non pu esercitare alcuna pressione; la seconda, invece, ha previsto una tutela della libert sindacale dei lavoratori nei confronti dei datori di lavoro, che non possono porre in essere condotte antisindacali. Altri documenti di valenza internazionale sono stati emanati in materia, sia a livellointernazionale, sia europeo (Carta sociale europea) ed hanno riconosciuto, ancora unavolta la libert sindacale, limportanza della contrattazione collettiva ed il diritto allosciopero come massima forma di autotutela.

Il divieto di atti discriminatori

La normativa legislativa interna che pi di tutte tutela la libert sindacale sicuramente rappresentata dalla L.300/1970, contenente lo Statuto dei lavoratori, il cui titolo II dedicato, appunto, alla libert sindacale. Lo Statuto, in linee generali, persegue 3 obiettivi: Tutela della libert e della dignit del lavoratore allinterno dellimpresa: dato il potere di gestione e direzione del datore di lavoro, era necessario tutelare il prestatore di lavoro nel caso di atti lesivi dei valori suddetti (si pensi alla polizia privata nelle fabbriche, alle perquisizioni personali ecc); Vietare i comportamenti dellimprenditore lesivi della libert sindacale dei lavoratori sul posto di lavoro; Prevedere una legislazione di sostegno che promuova lattivit sindacale. Per ognuno dei 3 obiettivi suddetti sono previste norme distinte, che analizzate nel complesso tendono a rafforzare i 3 obiettivi contemporaneamente. Della tutela della libert e dignit del lavoratore si parler in seguito. Analizziamo ora il titolo II dello Statuto, dedicato appunto alla libert sindacale. Lart.14 tutela il diritto di costituire e aderire ad associazioni sindacali, nonch di svolgere attivit sindacale sul luogo di lavoro: si ribadisce, in pratica, quanto detto in precedenza in merito allart.39 della Costituzione, rafforzando leffettivit della norma. Lart.15 dello Statuto riproduce ed integra la Convenzione 98 OIL, prevedendo la nullit di qualsiasi atto discriminatorio, posto in essere dal datore di lavoro, che vincoli lassunzione del lavoratore alla partecipazione o meno ad associazioni sindacali e prevedendo sanzioni penali per limprenditore che ponga in essere un tal comportamento. Sempre lart.15 prevede la nullit anche di atti discriminatori volti a licenziare un lavoratore, discriminarlo nella assegnazione di qualifiche o mansioni, nei trasferimenti, nei provvedimenti disciplinari, o recargli altrimenti pregiudizio a causa della sua affiliazione o attivit sindacale ovvero della sua partecipazione ad uno sciopero: in tal caso non sono previste sanzioni penali, ma solo civili e possiamo notare come la dicitura recargli altrimenti pregiudizio ricomprenda, negli atti discriminatori, uno svariato numero di comportamenti del datore di lavoro, senza neanche la necessit di tipicizzarli tramite unelencazione.Lart.16 vieta, poi, i trattamenti economici discriminatori, che si configurano nel caso in cui un datore di lavoro, per la mancata partecipazione del lavoratore ad uno sciopero o per la mancata adesione ad unassociazione sindacale o per ladesione ad unassociazione sindacale specifica affine allimpresa, premi in un certo senso il lavoratore con un compenso in denaro o di altro tipo valutabile in termini economici (es. giorni di ferie). In tal caso il giudice, su domanda dei lavoratori lesi da tali trattamenti a favore di altri ed accertati i fatti, pu stabilire che il datore versi al Fondopensioni INPS una somma pari ai trattamenti economici discriminatori di un anno. Inoltre gli artt.15 e 16 si applicano, in base anche a recenti modifiche legislative, a discriminazioni di tipo sessuale, politico, religioso, di razza o lingua, basate anche su motivi di handicap, di et, di orientamento sessuale o convinzioni personali. Non esiste, tuttavia, un apparato sanzionatorio unico, bench fosse stata disposta una delega al Governo in tal senso dalla L.246/2005.

Sindacati di comodo

Lart.17 dello Statuto vieta la costituzione dei c.d. sindacati gialli o di comodo, ossia di sindacati costituiti e sostenuti dai datori di lavoro o dalle loro associazioni. Ovviamente i comportamenti che possono far desumere un sostegno di tal genere non sono tipicizzati, ma devono manifestare uno stato di asservimento del sindacato al volere dei datori di lavoro (o loro associazioni).Ovviamente bisogna prestare attenzione al fatto che lasservimento non si manifesta con la semplice dialettica delle relazione industriali, bench essa possa comportare laccettazione di rivendicazioni del datore di lavoro. Tra laltro lintervento di un giudice sulla questione non comporta lo scioglimento del sindacato giallo, ma semplicemente il divieto per il datore di lavoro di continuare con la propria azione di sostegno, comunque si sia concretizzata.

Libert sindacale negativa

Allinterno dello Statuto nessuna norma, fatta eccezione per lart.15 lettera a, sembra tutelare il diritto del lavoratore a NON associarsi, cio a non aderire ad alcun sindacato. Solo larticolo suddetto precisa che siano vietati, e pertanto nulli, gli atti del datore di lavoro volti a subordinare loccupazione del lavoratore alla partecipazione o meno ad un sindacato. Tuttavia, sulla base di questa previsione, sembra essere implicito anche negli articoli precedenti e successivi al 15 che il lavoratore non possa essere discriminato per la mancata partecipazione ai sindacati. La Corte di Giustizia dellUnione Europea, inoltre, ha avuto modo di pronunciarsi riguardo ad un caso dapprima tipico allinterno del Regno Unito, ossia sulla necessaria iscrizione ai sindacati per poter proseguire o instaurare un rapporto di lavoro: la Corte ha previsto che una tale pratica violi la Convenzione sui diritti delluomo del 1950.

Lorganizzazione sindacale dei militari e della polizia

Per quanto concerne i dipendenti pubblici, in passato si avuta unaspra controversia circa il dirittodi sciopero, mentre pi agevole risultato il riconoscimento della libert sindacale (L.860/1984), data anche lapplicazione alle pp.aa. dello Statuto dei lavoratori (art.51 D.Lgs.165/2001). Permangono dei limiti, invece, per ci che concerne i militari e gli appartenenti ai corpi di polizia. Per i militari la disciplina contenuta allinterno della L.382/1978, la quale riconosce i diritti costituzionalmente garantiti anche agli appartenenti alle Forze Armate, ma limita lesercizio di taluni diritti: essi non possono esercitare il diritto di sciopero, n aderire a/costituire associazioni sindacali; per essi sono previsti i Cocer, ossia i Consigli centrali di rappresentanza, composti da organi elettivi, i quali partecipano anche alla determinazione del trattamento economico e normativo. Alla Polizia di Stato, invece, dopo la smilitarizzazione della L.121/1981, stato riconosciuto il diritto di costituire sindacati, sebbene del tutto separati ed autonomi rispetto alle tregrandi Confederazioni (possono intrattenere, tuttavia, rapporti con le stesselimportante non unirsi ad esse), ed al proprio personale il diritto di aderirvi. Permane, comunque, il divieto di sciopero. Stessa disciplina vige per il Corpo forestale dello Stato. La Polizia penitenziaria, invece, non soggetta a limitazione alcuna.

Libert sindacale degli imprenditori

Un problema da analizzare quello inerente la libert sindacale degli imprenditori. In realt essi, nella soddisfazione dei propri interessi, possono agire, ed agiscono il pi delle volte, individualmente: pertanto manca quellinteresse collettivo, proprio della libert sindacale. Inoltre il titolo III della carta costituzionale, il quale comprende lart .39, dedicato esplicitamente alla tutela del lavoro, mentre della libert dimpresa si parla solo allart. 41. Non va neanche dimenticato che il titolo II dello Statuto dei lavoratori inerisce alla libert sindacale dei soli prestatori di lavoro, non anche a quella dei datori. Ovviamente non pu essere esclusa la possibilit che gli imprenditori siriuniscano in associazioni, le quali tutelino gli interessi degli stessi, ma lo potranno fare in forza dellart. 18 della Costituzione, inerente la libert di associazione, senza lampia tutela apprestata dallart. 39 e dallo Statuto dei lavoratori. Tra laltro alcun documento internazionale tratta largomento, ivi compresi quelli scaturenti dallOIL.

Libert sindacale dei lavoratori autonomi

Di libert sindacale, per quanto riguarda i lavoratori autonomi, si pu parlare solo nel caso in cui nasca la necessit di svolgere attivit contrattuale collettiva a fronte di una controparte, finalizzata alla tutela degli interessi dei lavoratori autonomi in questione: il caso dei lavoratori parasubordinati o degli agenti di commercio. Qualora, invece, non vi sia alcuna controparte ( il caso degli avvocati) sar garantita la libert di associazione in forza dellart.18 Cost., ma non si potr parlare di libert sindacale.

CAPITOLO TERZO IL SINDACATO

SEZIONE A: IL FENOMENO STORICO

I modelli organizzativi

Abbiamo gi avuto modo di dire che la funzione principale del diritto sindacale quella di contrastare e riequilibrare la disparit di potere esistente, allinterno del rapporto lavorativo, tra imprenditore e lavoratori. Tale fine viene perseguito tramite i SINDACATI, forme di organizzazione collettiva dei lavoratori, i quali garantiscono che le retribuzioni e le altre condizioni di lavoro siano tutelate. Storicamente i primi sindacati si formarono in Gran Bretagna e Stati Uniti, i Paesi inizialmente pi industrializzati, tramite un modello sindacale basato sui gruppi professionali: nacquero cos i sindacati di mestiere (craft union), allinterno dei quali figuravano soggetti esercenti lo stesso mestiere (tutti i muratori, tutti i falegnami, tutti i carpentieri ecc.). In seguito laproduzione di massa altamente meccanicizzata, basata sul modello taylorista, impose unadequalificazione della manodopera: occorrevano molti lavoratori, ma senza particolare preparazione, e pertanto venne meno il criterio di differenziazione tra i vari modelli sindacali in base ai mestieri (in sostanza: non cerano pi mestieri, come facevano i sindacati ad essere organizzati per mestieri???). In poco tempo, dunque, si pass al modello dei sindacati per ramo industriale: lavoratori con qualifiche del tutto diverse, ma operanti allinterno del medesimo ramo produttivo, potevano aderire allo stesso sindacato (es. impresa metalmeccanica: operano allinterno di essa tanto periti chimici quanto esperti informatici, ma fanno entrambi parte dei metalmeccanici). In Italia, dopo una breve esperienza dei sindacati di mestiere, si passati rapidamente ai sindacati per ramo industriale. Inoltre gli impiegati, dapprima soggetti ad unorganizzazione separata, si sono uniti agli operai. Sono rimasti esclusi solo i dirigenti ed i lavoratori con professionalit elevate, che hanno dato vita a proprie organizzazioni, quali la Cida(Confederazione italiana dirigenti dazienda) e la Confedir (Confederazione dei sindacati dei funzionari direttivi dirigenti e delle elevate professionalit della funzione pubblica). Ilproliferare, negli anni 70/80, di figure di lavoratori con funzioni professionali pi elevatee complesse, ha fatto in modo che nascessero nuove organizzazioni sindacali autonome,non aderenti a nessuna delle 3 grandi Confederazioni: nato il sindacato occupazionale,di cui tipici esempi sono i sindacati dei quadri dellindustria, dei medici ospedalieri, deipresidi delle scuole medie e superiori. Negli anni 90 e nei primi anni del nuovo millennio,poi, sono sorti modelli sperimentali di rappresentanza diversi dal sindacalismo industriale, che hanno segnalato la sempre minore importanza del settore produttivo: Sindacati multi-industriali o conglomerati, rappresentanti diverse organizzazioni di categoria preesistenti dopo unoperazione di fusione: si razionalizzata lorganizzazione dei micro-sindacati dapprima esistenti, con una diminuzione dei costi ed un miglioramento del servizio offerto ai lavoratori;Strutture di rappresentanza per specifiche categorie, come per esempio i pensionati e coloro soggetti ad un lavoro privo di stabilit (collaboratori a progetto, lavoratori somministrati, lavoratori occasionali ecc): questi ultimi, non potendo rientrare nei tradizionali sindacati di categoria, cambiando molto spesso settore produttivo ed azienda, sono ora rappresentati dalla Nidil-Cgil (Nuove Identit di Lavoro), dal Cpo-Uil (Coordinamento per loccupazione) e dalla Felsa-Cisl (Federazione lavoratori somministrati autonomi ed atipici).

Lorganizzazione

In Italia operano 3 Confederazioni sindacali di lavoratori: la Cgil (Confederazione generale italiana del lavoro), la quale conta quasi 6 milioni di iscritti, la Cisl (Confederazione italiana sindacati liberi), che conta 4 milioni e mezzo di iscritti, e la Uil (Unione italiana del lavoro), che conta poco pi di 2 milioni di iscritti. Esse si articolano in 2 linee organizzative: una verticale, che tiene conto delle categorie produttive delle imprese in cui operano i lavoratori, ed una orizzontale, basata sul criterio territoriale (provinciale e regionale) ed intercategoriale. Per ci che concerne la lineaverticale, sono previste struttura sul luogo di lavoro, a cui i lavoratori possono accedere direttamente, strutture territoriali di categoria, strutture regionali di categoria e la strutturanazionale di categoria. In base alla linea orizzontale, invece, si tratta di strutture regionalie provinciali intercategoriali (definite come Camera del lavoro per la Cgil, Unione sindacale territoriale per la Cisl e Camera sindacale per la Uil). Le strutture regionali intercategoriali e le federazioni nazionali di categoria danno vita alla Confederazione.

Sindacalismo unitario e pluralit di sindacati

In alcuni Paesi europei, come Gran Bretagna e Germania, esistono confederazioni che raggruppano tutti, o quantomeno la maggior parte, dei sindacati esistenti: si parla in tal caso di sindacalismo unitario. Allinterno di altri Stati, come Francia e Italia, invece, si ha una pluralit di sindacati. In realt in Italia, gi nel 1944 quando la Liberazione non era ancora compiuta, la Democrazia Cristiana, il Partito Comunista e quello socialista siglarono il cosiddetto Patto di Roma, con cuicrearono un'unica sindacata la Cgil, che avrebbe dovuto riunire tutti i lavoratori. In seguito, data la notevole diversit tra i partiti politici e tra le loro ideologie, dalla Cigl unitaria si staccarono la corrente democratico-cristiana e quella social-democratica e repubblicana, dando vita alla Cisl ed alla Uil. Le tre confederazioni, ancora oggi, sono le pi importanti nel nostro Paese. Col passare del tempo, nonostante le notevoli diversit, molto spesso le tre Confederazioni sono state accomunate da ununit di intenti e di azione. Si giunti, addirittura, ad ottenere una Federazione delle confederazioni nel 1972, poi disgregatasi nel 1984. Pi recentemente i governi di centro destra hanno legittimato gli accordi separati, in modo tale da giocare sulle divisioni sindacali per strapparecondizioni pi convenienti allo Stato: molti accordi e contratti collettivi, infatti, hanno visto lesclusione della Cgil.Infine, va detto che negli ultimi anni si assistito ad unaproliferazione di micro realt sindacali, interessate alladesione di specifiche categorie: il caso dei Cobas (Comitati di Base), sindacati a livello territoriale che nacquero inizialmente solo per il settore della scuola, diffondendosi, in seguito, in altri settori.

Le affiliazioni internazionali

Vi sono anche organizzazioni sindacali a livello internazionale che riuniscono i sindacati presenti nei vari Paesi: il caso della Ces (Confederazione europea dei sindacati), che svolge unintensa attivit nei confronti degli organi dellUnione Europea: ad essa aderiscono le tre Confederazioni italiane. Altro esempio la Cisl internazionale: anche ad essa aderiscono le nostre 3 Confederazioni. N.B. paragrafo inutile

Lassociazionismo sindacale degli imprenditori

Le associazioni rappresentative degli imprenditori nel nostro Paese sono maggiormente frammentate rispetto sia alla controparte sindacale, sia rispetto a ci che avviene negli altri Paesieuropei. Il criterio organizzativo prevalentemente quello dei grandi settori economici(industria, commercio ecc), con una diversificazione ulteriore in base alle dimensioni delle imprese o alla natura, pubblica o privata, delle stesse. Le maggior organizzazioni sono Confindustria, per lindustria ed i servizi, Confcommercio, per il commercio, Confagricoltura, per il relativo settore e lAran, che rappresenta i datori di lavoro pubblici, le pubbliche amministrazioni. Altre organizzazioni, poi, rappresentano le piccole-medie imprese e sono la Confapi nellindustria, la Confesercenti nel commercio e la Coldiretti in agricoltura, la quale tutela appunto, insieme alla CIA (Confederazione italiana agricoltori), i coltivatori diretti.Vi sono poi una miriade di altre organizzazioni che rappresentano altri settori, quali quello bancario ed assicurativo, quello dei trasporti, quello dellartigianato ecc. (Non meritano di essere citati, in quanto inutili in ambito diesame). In passato esistevano anche organizzazione rappresentative di societ partecipate dallo Stato, poi sparite dopo il processo di dismissione delle partecipazioni. Un cenno particolare merita la gi citata Confindustria, nata nel 1910, la quale unassociazione di secondo grado, ossia una federazione di associazioni, articolate per territorio e settore produttivo. Le associazioni provinciali operanti in una regione costituiscono le 18 Confindustrie regionali, le quali hanno un importante funzione sindacale (sarebbe meglio dire di rappresentanza). Allinterno di Confindustria figurano, infine, Federmeccanica, Federchimica ecc. che rappresentano i vari settori produttivi. Vi sono ancheorganizzazioni rappresentative degli imprenditori a livello europeo, come la Business Europe per i privati e la Ceep per i datori di lavoro pubblici.

Organizzazione sindacale non associativa

Abbiamo gi specificato che lorganizzazione sindacale pu avvalersi di diverse forme organizzative e non esclusivamente di quella associativa. Gli stessi Cobas dei macchinisti delle ferrovie e degli insegnanti sono partiti come organizzazioni spontanee. Esistono poi formazioni tipo le delegazioni dei lavoratori ed i comitati di agitazione, che nascono per lo pi in momenti particolari, nei quali le tre grandi Confederazioni sembrano incapaci di rappresentare alcune categorie di lavoratori.

SEZIONE B: LA REGOLAMENTAZIONE GIURIDICA

Sindacato e categoria professionale e la libert di scelta tra i vari modelli organizzativi

Abbiamo analizzato i vari modelli organizzativi tra i quali i sindacati possono scegliere. La scelta, appunto, inerisce alla categoria professionale di lavoratori da tutelare ed importante, anche sottoil punto di vista dello studio, in quanto ci fa capire quali interessi il sindacato andr a salvaguardare. La scelta del criterio organizzativo, allinterno del sistema corporativo fascista, era eteronoma, ossia imposta dallo Stato, che individuava le categorie e riconosceva un sindacato per categoria. Oggi, invece, la scelta, lo ribadiamo ancora una volta, del tutto priva di vincoli. Talune volte pu accadere che, proprio in forza di tale libert, lo stesso interesse sia tutelato da vari sindacati: la questione andr risolta o tramite un accordo tra gli stessi, o tramite il rapporto di forza di unorganizzazione rispetto allaltra.

La mancata attuazione dellart. 39 Cost.

Lart.39 Cost., dopo aver previsto nel primo comma che lorganizzazione sindacale libera, e che quindi i sindacati possono regolarmente esercitare la propria attivit e prevedere, tramite la scelta dei lavoratori/categorie professionali da tutelare, quale sar il proprio campo di applicazione,prevede nei commi 2,3, e 4 che i sindacati siano sottoposti a registrazione, per la quale necessaria la democraticit degli statuti e che, in forza della registrazione, essi acquisiscano personalit giuridica, potendo stipulare contratti con efficacia ne confronti di tutti, erga omnes. Il disposto dellart.39 riflette anzitutto la volont di una parte politica che voleva salvare il sistema corporativo, modificandolo nel punto della libera elezione dei dirigenti, ed in secondi la volont di unopposta parte politica che non voleva intromissioni da parte dello Stato. I commi in questione, infatti, rimangono tuttora inattuati: essi, non essendo dotati di efficacia diretta nellordinamento, necessitavano di un intervento da parte del legislatore, intervento che non mai arrivato per una serie di ragioni: La registrazione avrebbe potuto essere un mezzo di intromissione dello Stato edavrebbe comportato un controllo degli iscritti ai vari sindacati, il che avrebbe inciso, in una ipotetica fase di contrattazione, sulla rappresentanza negoziale del sindacato: la Cisl, a quel tempo minoritaria, avrebbe visto il proprio ruolo sminuito rispetto allantagonista di sempre, la Cgil, e pertanto si oppose alla allattuazione della norma costituzionale; lidea, tipica del sistema corporativo, che un sistema sindacale di diritto dovesse prevedere obbligatoriamente la personalit giuridica dei sindacati e lefficacia erga omnes dei contratti, stata via via abbandonata; il sistema sindacale di fatto esistente ha assunto sempre maggiore importanza, tramite lo strumento della contrattazione collettiva, e lo stesso legislatore ha, nella prassi, accettato lidea di un sistema di talgenere. Bench i sindacati abbiano evitato, in forza della mancata attuazione dellintero articolo 39, di contarsi, cio di scendere in campo con il numero dei propri iscritti ben chiaro, essi hanno perso il potere, ben pi ampio rispetto alla mera contrattazione collettiva attuale, di stipulare contratti valevoli per le intere categorie rappresentate. N.B. leggendo poche pagine del libro o di questa rielaborazione si intuisce bene landamentopro sindacale dellautore ed il suo orientamento politico. Il sottoscritto, per, invita ipropri colleghi studenti ad una riflessione che esuli dal proprio credo politico: lautoresottolinea, in linea con altri autori prima di lui, che lapplicazione data dellart.39 noncostituisce inadempimento costituzionale. Basta leggere lart.39 al comma 2 per capireche le cose non stanno esattamente come ce le raccontano: il codice parla di obbligodei sindacati alla registrazione, non di mera facolt per garantire la possibilit di stipularecontratti con efficacia erga omnes, come invece dice il libro. Il comma 2, infatti, sipresenta indipendente rispetto al comma 4. Vi invito alla riflessione, al di l, ripeto, diquale sia la vostra idea politica ed al di l della simpatia che tutti nutriamo per i sindacatiche spesso, ma non sempre, tutelano i lavoratori.

La scelta privatistica

Abbiamo visto come la scelta di non emanare una legge sindacale per la corretta attuazione dellart. 39 Cost. sia stata il frutto di un compromesso tra, da un lato, le forze politiche e dallaltro quelle sociali. Tramite tale scelta si manifestata la volont di non collocare lattivit sindacale allinterno del diritto pubblico, ma di assoggettarla alla disciplina del diritto privato: lo Stato non deve interferire con lattivit autonoma dei gruppi. Lassociazione non riconosciuta

I sindacati, dunque, al pari di ci che avviene per i partiti politici, operano allinterno del nostro ordinamento come associazioni NON riconosciute, non essendo soggette a registrazione ed essendo disciplinate dagli artt.36, 37 e 38 del codice civile. Il legislatore del 1942, infatti, non poteva in alcun modo immaginare che sindacati e partiti politici avrebbero assunto forme associative libere, in quanto in tal periodo lunico partito legittimo era il P.N.F. ed i sindacati erano inquadrati come personalit di diritto pubblico. E utile rammentare la disciplina codicistica in materia di associazioni non riconosciute: esse si costituiscono tramite un atto di volont dei propri fondatori ed in forza della propria struttura aperta, permettono ladesione ad uno svariato numero di soggetti. Lassociazione autonomo centro di imputazione, essendo un soggetto di diritto, ma non ha personalit giuridica, il che comporta unautonomia patrimoniale imperfetta: delle obbligazioni sociali risponde lassociazione con il proprio patrimonio, solidalmente con i soggetti che hanno agito in nome e per conto di essa. Il patrimonio dellassociazione non riconosciuta costituito dal c.d. fondo sociale, il quale cessa di esistere solo al momento dello scioglimento dellassociazione. Gli associati godono del diritto di recesso, ma nel momento in cui scelgono di esercitarlo, non hanno diritto ad alcuna quota sul fondo sociale: ricordiamo, infatti, che le associazioni non riconosciute sono enti senza finalit economiche, disciplinati dal libro I del codice, che pertanto nonpossono attuare un sistema di ripartizione degli utili, pur potendo esercitare (la disciplinaoriginaria non lo prevedeva) attivit dimpresa. Le associazioni, in giudizio, sono rappresentate dalle persone del presidente o del direttore.

Disciplina costituzionale e disciplina del codice civile

La dottrina, il cui apporto in materia stato determinante, ha comunque previsto che alle associazioni non riconosciute, e pertanto ai sindacati, vadano applicate, laddove compatibili e non inerenti alla personalit giuridica, le norme previste in materia di associazioni riconosciute: ci comporta che i conflitti inerenti lapplicazione di norme interne allassociazione, possano essere risolti anche in giudizio. La questione ha generato dei conflitti, allinterno della stessa dottrina, tra chi sostiene che i sindacati siano assoggettati alle norme del diritto comune, e pertanto al controllo giudiziale, e chi sostiene la tesi contraria.

La disciplina delle forme organizzatorie non associative

Abbiamo gi avuto modo di specificare che i sindacati possono utilizzare forme organizzative diverse da quella associativa. In tali casi, essi rimangono pur sempre soggetti di diritto, anche se operano attraverso delegazioni occasionali che rappresentano gli interessi dei lavoratori. Esaurito il proprio mandato, per, la delegazione si scioglie, non godendo della stabilit dellassociazione non riconosciuta. Questo ci porta a capire che esse operino, per lo pi, sotto il profilo giuridico come veri e propri comitati (artt.39 e ss. c.c.) e sotto il profilo interno, nei rapporti con i lavoratori, in forza di un mandato collettivo. Anche tra i datori di lavoro si possono avere, tra laltro, delegazionitemporanee che tutelino la categoria, come avvenne nel 1958, quando le societ a partecipazione statale si sganciarono dalle organizzazioni dei datori di lavoro privati per dar vita ad una propria delegazione intersindacale, almeno fino a quando non venne costituita unassociazione apposita, lIntersind, venuta meno in seguito al processo di dismissione da parte dello Stato delle partecipazioni.

Interessi collettivi, individuali e generali

I sindacati, quindi, sono portatori di un interesse collettivo, per tale intendendosi NON la somma degli interessi individuali dei lavoratori, ma la combinazione di tali interessi, che risulta, tra laltro, indivisibile, ossia pu essere soddisfatto solo da un unico bene che soddisfi il bisogno della collettivit. Vediamo, dunque, come linteresse collettivo sindacale vada tenuto distinto dallinteresse individuale dei lavoratori, ma anche dallinteresse generale della societ, del quale portatore unico lo Stato. I sindacati, infatti, anche qualora siano numerosi, sono pur sempre rappresentativi di una parte della societ, non di tutta, e pertanto tendono a tutelare pur sempre un interesse di parte, linteresse collettivo appunto. Tuttavia, essendo linteresse collettivo indivisibile, i sindacati non possono tutelare solo le prerogative dei propri iscritti, ma anche quelle di coloro che hanno scelto di non aderirvi: il sindacato dei metalmeccanici, per esempio,non potr salvaguardare linteresse dei soli metalmeccanici iscritti, ma dovr tutelareanche i non iscritti. Tra laltro questa forma di tutela totale giova anche allo stesso sindacato: i datori di lavoro, infatti, qualora fossero tutelati solo gli interessi dei lavoratori iscritti ai sindacati, preferirebbero sicuramente assumere lavoratori, di uguale categoria professionale, che non godono di tali diritti.

CAPITOLO QUARTO RAPPRESENTANZA E RAPPRESENTATIVITA SINDACALE

Rappresentanza e rappresentativit

Il sindacato altro non , ed abbiamo avuto modo di precisarlo, che un gruppo organizzato portatore di un interesse collettivo: il gruppo diverso dalla somma degli individui che lo compongono, al pari dellinteresse collettivo, che diverso dalla somma degli interessi individuali. Il legame, quindi, intercorrente tra lavoratori e sindacato non si fonda sul mandato con rappresentanza disciplinato dal codice: in tal caso, infatti, il rappresentante agisce in nome e per conto del rappresentato, mentre i sindacati agiscono in nome proprio, perseguendo linteresse collettivo di cui sono titolari. Nel linguaggio corrente, comunque, si parla ugualmente di rappresentanza, ma non sotto il profilo codici stico, quanto sotto il profilo del consenso di cui gode un sindacato da parte dei lavoratori. Differente invece il concetto di rappresentativit, definibile come la capacit di un sindacato di ottenere un comportamento uniforme da parte dei lavoratori. E stato lo stesso legislatore ad introdurre tale concetto, prevedendo che taluni diritti siano riconosciuti solo ai sindacati che godono di rappresentativit, e non anche a tutte le organizzazioni sindacali che non hanno alcuna influenza sulle categorie professionali.

SEZIONE A: MAGGIORE RAPPRESENTATIVITA NELLO STATUTO DEI LAVORATORI

La ratio della selezione tra i sindacati

Allinterno del Titolo III dello Statuto dei lavoratori, introdotto nel nostro ordinamento con la L.300/1970, viene trattata lattivit sindacale. Il legislatore, in tale titolo, riconosce alle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative una serie di diritti che favoriscono i rapporti tra le stesse organizzazioni ed i lavoratori, imponendo di fatto una serie di imposizioni a carico dellimprenditore: basti pensare allobbligo di mettere a disposizione dei lavoratori deilocali per le assemblee. Proprio perch in molti casi va imposto un sacrificio allimprenditore, i diritti sindacali sono riconosciuti solo alle associazioni sindacali pi rappresentative: se infatti le organizzazioni in questione non godessero di rappresentativit, non ci sarebbe motivo di imporre sacrifici, in tal caso superflui, allimprenditore.

I criteri di selezione

Lart.19 dello Statuto, rubricato come costituzione delle rappresentanze sindacali aziendali, nella sua formulazione originaria, attribuiva la titolarit dei diritti sindacali sia alle associazioni aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale, sia alle associazioni sindacali, non affiliate alle predette confederazioni, che siano firmatarie di contratti collettivi nazionali o provinciali di lavoro applicati nell'unit produttiva. Occorreva, quindi, che un sindacatofacesse parte di una delle tre grandi Confederazioni o che avesse concluso contratti collettivi nazionali o provinciali, in quanto in caso contrario non poteva godere di alcun diritto. Il primo criterio viene definito come della rappresentativit storica, in quanto basato sul dato storico delleffettiva maggiore partecipazione delle confederazioni, o anche della rappresentativit presunta, in quanto il fatto stesso di basarsi su un fatto storico, delinea il fatto che non ci sia nessun dato quantitativo di maggiore rappresentativit. Sono indici di maggiore rappresentativit di un sindacato: La consistenza del numero di iscritti; La presenza in vari settori produttivi e territoriali; Lo svolgimento di unattivit di contrattazione con continuit e sistematicit.Anche la legge di riforma del CNEL, organo consultivo allinterno del nostro ordinamento, ha previsto che siano i sindacati pi rappresentativi, in base ai criteri suddetti, a designare i rappresentanti dei lavoratori nel Consiglio Nazionale dellEconomia e del Lavoro.

Giurisprudenza costituzionale sullart.19 prima del referendum del 1995

In molti avevano sollevato obiezioni circa la costituzionalit dellart.19 rispetto allart.39 ed allart.3: lattribuzione di determinati diritti alle sole confederazioni o a sindacati che avessero stipulato contratti collettivi nazionali o provinciali, infatti, sembrava violare la libert sindacale attribuita dallart.39 ed il principio di eguaglianza, previsto allinterno dellart.3. La Corte costituzionale, in pi sentenze, ha avuto modo di precisare due concetti importanti: lart.19 attribuisce diritti e poteri aggiuntivi che vanno oltre la libert sindacale, ma non vieta in alcun modo la stessa; il riconoscimento di maggiori diritti, inoltre, non lesivo del principio di eguaglianza, in quanto per configurarsi una tale lesione, occorra una disparit di trattamento priva di giustificazione e che non risponda a criteri di ragionevolezza, non essendo sufficiente la sola diversit di trattamento generata da ragioni plausibili e consapevoli, espresse dal legislatore.

Il referendum del 1995

Lart.19 stato oggetto di 2 referendum abrogativi l11 giugno del 1995: il primo di essi, che prevedeva labrogazione di entrambi i criteri selettivi, ha avuto esito negativo, mentre il secondo haavuto esito positivo, prevedendo che lattribuzione dei diritti sindacali in azienda sia concessa alle associazioni sindacali che siano firmatarie di contratti collettivi di lavoro applicati nellunit produttiva, eliminando di fatto la lettera a dellart.19, inerente le confederazioni, ed eliminando la dicitura nazionali e provinciali della lettera b dellarticolo. Oggi, quindi, laccesso ai diritti del Titolo III dello Statuto non pi riservato ai sindacati che abbiano concluso accordi almeno a livello provinciale, essendo previsto che anche coloro che operano in una sola azienda, possono usufruire di tali diritti. Tuttavia le associazioni sindacali che non abbiano mai concluso un contrattocollettivo, non possono in alcun modo accedere ai diritti di cui al Titolo III dello Statuto. Il criterio della rappresentativit presunta lascia il posto ad un criterio fondato su un fatto accertabile, la conclusione di un contratto collettivo nellunit produttiva in cui pretende di costituire la propria RSA.

La giurisprudenza costituzionale sullart.19 dopo il Referendum

La Corte costituzionale stata chiamata a sindacare sulla legittimit dellart.19 anche dopo il referendum del 1995, sempre per contrasto con la libert sindacale sancita dallart.39 ed il principio di eguaglianza dellart.3 Cost. Il nuovo testo avrebbe attribuito, secondo molti, al datore di lavoro la facolt di riconoscere la rappresentativit o meno di un sindacato, accettandolo o meno come controparte contrattuale. La Corte ha respinto entrambe le eccezioni riguardo la costituzionalitdellart.19.

SEZIONE B: ULTERIORI IPOTESI DI RILEVANZA DELLA MAGGIORE RAPPRESENTATIVITA

Le altre leggi che dispongono una selezione tra i sindacati

Una selezione tra i vari sindacati, simile a quella descritta fin ora, attuata anche da leggiordinarie in due casi: nel caso di organi collegiali, come ad esempio il CNEL di cui abbiamo gi parlato, o nel caso di legittimazione a stipulare contratti collettivi o contratti con particolari effetti. Gli interventi legislativi in questi due sensi sono stati molteplici, ma gli esempi del CNEL nel primo caso e della rappresentativit nel settore pubblico nel secondo, sono sufficienti a rendere lidea.

La rappresentativit ponderata nel settore pubblico

Una riforma attuata negli anni 90 ha introdotto, per i rapporti di lavoro alle dipendenze dello Stato e degli altri enti pubblici, una particolare disciplina della rappresentativit sindacale. Per le relazioni sindacali nelle pubbliche amministrazioni, tra laltro, la nozione di sindacato maggiormente rappresentativo non serve solo per individuare i soggetti che godono di diritti sindacali (come avviene nel settore privato), ma soprattutto per individuare quei sindacati abilitati alla contrattazione collettiva nazionale, sulla base non di una rappresentativit presunta, ma di una rappresentativit basata su dati numerici: sono ammessi ai tavoli di trattativa per contratti collettivi solo quei sindacati che abbiano un indice di rappresentativit del 5% calcolato in media sul dato associativo (quanti iscritti ha quel sindacato) e sul dato elettorale (voti espressi in favore di quel sindacato). Superata la soglia del 5% i sindacati si ritrovano sullo stesso piano allinterno della contrattazione. LAran, lagenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni, deve comunque acquisire il consenso di tanti sindacati che rappresentino almeno il 51% dei lavoratori, calcolato sul dato associativo e su quello elettorale, o quantomeno il 60% dei lavoratori tenuto conto del solo dato elettorale, per poter stipulare contratti nazionali.

SEZIONE C: LA CRISI DELLA MAGGIORE RAPPRESENTATIVITA PRESUNTA

Maggiore rappresentativit presunta o ponderata? La Corte costituzionale, confermando quanto abbiamo detto in questo capitolo, ha confermato nella sentenza 54/1974 che una selezione tra i sindacati possibile nel momento in cui si attribuiscano maggiori poteri e diritti ad alcuneorganizzazioni sindacali indipendentemente dalla libert sindacale che spetta a tutti, e nel momento in cui la selezione giustificata da motivi ragionevoli, per non entrare in contrasto con lart.3 inerenti il diritto di eguaglianza. Da un altro punto di vista, fatta eccezione per i sindacati dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, i criteri di selezione sono rimasti, nel tempo, ancorati ad indici presuntivi e non numerici di fatto (rappresentativit presunta). La stessa Corte Costituzionale ha ribadito la necessit, negli ultimi anni, di passare ad un modello che rifletta realmente ladesione dei lavoratori a tali sindacati, tramite un intervento del legislatore, che ancora, a distanza di molto tempo, non arrivato. N.B. per lo studente: sarebbe bastato che i sindacati fossero registrati secondo la previsione costituzionale per eliminare il problema.

CAPITOLO QUINTO LA RAPPRESENTANZA DEI LAVORATORI SUI LUOGHI DI LAVORO

Lorganizzazione sindacale sui luoghi di lavoro

I lavoratori, per tutelare i propri interessi, si organizzano sia allinterno dei luoghi di lavoro, sia allesterno ed il movimento sindacale non rappresenta altro che il rapporto intercorrente tra questi due livelli. La rappresentanza dei lavoratori pu essere a CANALE DOPPIO, qualora coesistano due organismi, uno elettivo di rappresentanza generale, ed uno associativo, a rappresentanza volontaria e con potere negoziale, esplicazione dei sindacati esterni nei luoghi di lavoro, o a CANALE UNICO, in cui la struttura di rappresentanza sindacale/associativa tanto allinterno quanto allesterno dei luoghi di lavoro.

Le Commissioni interne, le sezioni sindacali aziendali, i delegati ed i Consigli di fabbrica

In Italia, almeno inizialmente, il movimento operaio, allinterno dei luoghi di lavoro, aveva una struttura tipicamente territoriale, distante dalle tre confederazioni sindacali ed organizzata in basea strutture elettive di rappresentanza di tutti i lavoratori, le Commissioni Interne. Esse furono regolate per a prima volta nel 1906 da un accordo tra FIOM e la fabbrica di automobili Itala, per poi essere soppresse durante il periodo fascista e ripristinate subito dopo lo stesso, per essere regolate nel 1947 da un accordo i, interconfederale, con il quale, per, li vennero sottratto il potere contrattuale dapprima detenuto. Le CI venivano elette a suffragio universale su liste presentate da qualsiasi gruppo di lavoratori e le elezioni si svolgevano a collegio elettorale unico, corrispondente allunit produttiva, con ripartizione dei seggi tramite metodo proporzionale. Negli stessi anni delle CI, la Cisl tent di costituire nei luoghi di lavoro delle sezioni sindacali aziendali (SAS), cherappresentassero il sindacato esterno, riproducendone larticolazione associativa ed il fondamento volontario di rappresentanza: esse avrebbero dato luogo, insieme alle CI, ad un sistema a canale doppio, cosa che non avvenne perch la diffusione delle SAS fu piuttosto scarsa. Durante il biennio 1968-69, le CI furono sostituite da nuove forme di rappresentanza, quali i delegati ed i Consigli di fabbrica. Il delegato era eletto da un gruppo omogeneo di soggetti, con stessi interessi, appartenenti ad uno stesso gruppo del processo produttivo. Non era formalmente previsto che egli fosse iscritto ad un sindacato esterno. Linsieme di tutti i delegati di unimpresa (o unit produttiva) dava luogo al Consiglio di fabbrica (o dei delegati). Inizialmente tali forme di rappresentanza sindacale furono contrastate dalle tre grandi confederazioni, per poi, in un secondo momento,essere inglobate allinterno delle stesse.

Le RSA dellart.19 dello Statuto dei lavoratori

Con lemanazione dello Statuto dei lavoratori nel 1970, il legislatore non ha, in alcun modo, voluto regolare la rappresentanza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, prescrivendone forma e struttura. Egli, pi che altro, ha voluto garantire la presenza, nelle unit produttive, dellorganizzazione sindacale. Lo stesso art.19, come abbiamo visto, prevede che possano accedere ai diritti di cui al Titolo III dello Statuto, le RSA (rappresentanze sindacali aziendali) costituite ad iniziativa dei lavoratori ed operanti allinterno delle organizzazioni sindacali pi rappresentative: deve, quindi, sussistere uncollegamento tra RSA e sindacati, tale che i secondi quanto meno riconoscano i primi. Per tal motivo le RSA potranno essere delle SAS o dei Consigli di fabbrica.

La crisi dei Consigli e le rappresentanze sindacali unitarie nel settore privato

La rottura del patto federativo tra Cgil, Cisl e Uil nel 1984 e le conseguenti revoche di riconoscimento di molti Consigli di fabbrica da parte di uno o pi sindacati per costituire delle proprie RSA, lassenza in molti settori degli stessi Consigli, il venire meno dellelevata omogeneit di interessi tra i lavoratori allinterno delle aziende, hanno rappresentato le cause principali della crisi dei Consigli di fabbrica che ha portato, di l a poco, alla nascita delle RSU (rappresentanze sindacali unitaria) allinterno del Protocollo tra Governo e parti sociali del 1993. In tale patto stato previsto che i vari sindacati firmatari, nelle imprese con pi di 15 dipendenti, rinuncino a formare delle proprie RSA e costituiscano delle RSU, partecipando alle relative elezioni. Le RSU subentrano, quindi, alle RSA nei diritti di cui al titolo III dello Statuto dei lavoratori, laddove abbiano stipulato laccordo originario o vi abbiano aderito in seguito. Tra laltro, al contrario di ci che avveniva per i Consigli di fabbrica, ai quali i vari sindacati potevano revocare il riconoscimento per costituire autonome RSA, per le RSU previsto che un sindacato possa revocare il riconoscimento solo dando disdetta dellintero accordo interconfederale, in tal modo precludendosi di partecipare alle elezioni delle RSU in tutti gli altri luoghi di lavoro (e non solo in uno specifico come avveniva per i Consigli dei delegati) e costituendo delle proprie RSA negli stessi. Laccordo RSU, tra laltro, aperto a tutti i sindacati, anche a quelli che non firmatari del contratto nazionale, purch essi abbiano un proprio statuto ed un proprio atto costitutivo e raccolgano un numero di firme non inferiore al 5% dei lavoratori, escludendo cos i gruppi occasionali di lavoratori. Le associazioni sindacali, tuttavia, mantengono dei mezzi di controllo e di raccordo sulle stesse RSU, in quanto 2/3 dei seggi disponibili sono ripartiti tra tutte le liste in base ai voti conseguiti, mentre laltro terzo viene ripartito tra le liste presentate dai sindacati firmatari del ccnl (contratto collettivonazionale) applicato nellunit produttiva. In questo ulteriore terzo, tra laltro, i seggi vengono assegnati dai sindacati ai soggetti che essi stessi scelgono, al di l che fossero inclusi o meno nella lista presentata. Le RSU hanno il potere di contrattare, inoltre, a livello aziendale, ma sempre nel rispetto del contratto nazionale, non da sole, ma unitamente alle strutture territoriali dei sindacati ( un ulteriore forma di controllo da parte de sindacati). Le RSU, come notiamo, risultano meno indipendenti rispetto ai Consigli di fabbrica dallinfluenza delle organizzazioni sindacali; tuttavia esse sono pi stabili ed hanno un ventaglio pi ampio di poteri.

Le rappresentanze sindacali unitarie nelle pubbliche amministrazioni

Limpegno a costituire in tutti i luoghi di lavoro le RSU, contenuto nel Protocollo del 1993, si estendeva anche al lavoro pubblico. Tuttavia unapposita disciplina legislativa, contenuta nel D.Lgs.165/2001, ha regolato la materia in tema di lavoro pubblico, prevedendo anche in questo settore la possibilit per i sindacati maggiormente rappresentativi di costituire delle proprie RSA, cos come anche lobbligo di costituire delle RUP (rappresentanze unitarie del personale), ossia delle vere e proprie RSU, negli enti o amministrazioni con pi di 15 dipendenti. Il legislatore, tra laltro, ha voluto incentivare la partecipazione dei sindacati alle elezioni delle RSU, data la loro facolt di prendervi parte o meno, prevedendo che i sindacati che non parteciperanno a tali elezioni, dovranno avere una percentuale di almeno il 10% dei lavoratori per poter essere ammessi alle trattative per i contratti nazionali. La disciplina delle RSU private e pubbliche differisce solo in alcuni punti. Ricordiamo, anzitutto, che la costituzione delle RSU private stata prevista da un Protocollo particolare, mentre la disciplina delle RSU pubbliche contenuta in una legge. Per le RSU pubbliche impossibile una ripartizione dei seggi in base al metodo proporzionale che ne conceda un terzo ai soli sindacati firmatari del contratto collettivo, il che significa che tutti i seggi verranno ripartiti in base ai voti ottenuti. Inoltre mentre per partecipare alle elezioni delle RSU private occorre, ai soli sindacati non firmatari del ccnl, la sottoscrizione da parte del 5% dei lavoratori aventi diritto, per le RSU pubbliche tale sottoscrizione, sebbene richieda percentuali inferiori, necessaria per tutti i sindacati.La partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese

Lart.46 della nostra carta costituzionale stabilisce che . Sembra, quindi, configurarsi un ulteriore diritto dei lavoratori, oltre a quello inerente lorganizzazione sindacale: si tratta della possibilit di partecipare alle decisioni dellimpresa, tramite linclusione di rappresentanti dei lavoratori allinterno di organi decisionali. In realt lart.46 rinvia espressamente alla legge la disciplina in materia: la normativa in materia, purtroppo, non mai stata emanata, sia perch gli imprenditori non concordano con intromissioni, nel loro potere di gestione, dei lavoratori, sia perch originariamente la Cgil temeva che un coinvolgimento nelle responsabilit gestionali vincolasse lattivit sindacale alle condizioni economiche e produttive dellimpresa. In Germania, invece, sin dal secondo dopoguerra, stato introdotto un modello dicogestione, dapprima nel solo settore siderurgico, in seguito per le imprese con pi di 2000 dipendenti. La norma costituzionale, sebbene non possa operare autonomamente, non necessita obbligatoriamente di una previsione legislativa: la partecipazione dei lavoratori potrebbe benissimo essere attuata tramite la contrattazione collettiva e loperato dei sindacati: lart.46, infatti, non entra in alcun modo in contrasto con lart.39 inerente la libert sindacale, in quanto lattuazione del primo articolo non deve limitare lattivit prevista dal secondo. Lattivit di impresa, inoltre, coinvolge diversi interessi, sia quello dellimprenditore, sia quello dei lavoratori, nonch quello di tutti glistakeholders, ossia di tutti i soggetti coinvolti (consumatori, finanziatori ecc): non quindi un affare privato dellimprenditore. Non sarebbe pertanto impossibile creare dei mezzi di cogestione, anche allinterno del nostro Paese, tramite la contrattazione collettiva. Bisogna, in questo caso, distinguere tra partecipazione debole dei lavoratori e partecipazione forte: la prima prevede che il dissenso dei lavoratori non impedisca al management di prendere una decisione, la seconda, invece, avrebbe leffetto contrario e si dovrebbe realizzare tramite loperato dei sindacati. Gi i diritti di informazione, consultazione e di esame congiunto, previsti dalla contrattazione collettiva in alcuni casi (es. in materia di eccedenze di personale), sono un piccolo esempio di coinvolgimento deilavoratori. Per attenzione a non fare confusione: non vanno ricompresi, nellapplicazione dellart.46, i casi di incentivi, previsti dai manager a favore dei lavoratori, in caso di raggiungimento delle finalit aziendali: in tal caso il lavoratore non partecipa alle decisioni, ma semplicemente collabora con limprenditore per una maggiore realizzazione dei fini imprenditoriali, contribuendo con il proprio operato e conseguendo benefici economici. N tanto meno sono da considerarsi applicazione dellart.46 i casi in cui un lavoratore divenga socio di una qualsivoglia societ in cui presta il proprio lavoro: in tal caso si vengono a creare due rapporti distinti, regolati dalle varie norme di legge sul lavoro e sulla partecipazione agli utili del socio lavoratore.

I comitati aziendali europei ed i diritti di informazione e di consultazione nella materia comunitaria

Abbiamo detto che limpresa non un fatto privato dellimprenditore, ma coinvolge una serie di interessi di altri soggetti, primi fra tutti i lavoratori. Di ci si occupato il legislatore comunitario, al fine di introdurre una disciplina che permetta alle rappresentanze dei lavoratori di influenzare le decisioni dellimpresa, senza vincolare tali rappresentanze a forme particolari. Anzitutto il legislatore comunitario, con la direttiva 94/45, ha disciplinato il diritto allinformazione ed alla consultazione dei lavoratori nelle imprese e nei gruppi di imprese comunitarie. Per imprese comunitarie si intendono quelle imprese che hanno almeno 1000 lavoratori sparsi nel territorio di vari Stati membri e che siano presenti significativamente in pi di uno Stato. Si ha, invece, un gruppo di imprese quando unimpresa dominante esercita un potere di controllo su altre imprese. Ecco che quindi si configura la previsione di un organo di rappresentanza dei lavoratori, il CAE(comitato aziendale europeo), i cui componenti sono eletti o designati a seconda delle decisioni dei vari Stati membri, istituito tramite accordo scritto tra la direzione dellimpresa ed una delegazione speciale di negoziazione, che rappresenti uniformemente i lavoratori di tutti gli Stati membri coinvolti. Listituzione del CAE, tra laltro, non obbligatoria, essendo possibile prevedere ulteriori procedure dinformazione e consultazione dei lavoratori. LItalia ha attuato la direttiva tramite il D.Lgs.74/2002, prevedendo che i componenti italiani del CAE siano designati per un terzo dalleorganizzazioni sindacali che abbiano stipulato il ccnl e per 2/3 dalle RSU. Il legislatore comunitario, poi, con il regolamento 2157/2001 ha preso in considerazione lipotesi di Societ europee, ossia societ di capitale disciplinate a livello europeo e non vincolate agli ostacoli del diritto commerciale dei vari Stati membri. Anche in tal caso previsto un coinvolgimento dei lavoratori, tramite un accordo tra i vertici societari ed una delegazione speciale di negoziazione, che costituisca un organo di rappresentanza dei lavoratori per le procedure dinformazione e consultazione. Una terza direttiva, la 2002/14, ha previsto, infine, che in tutte le imprese operanti allinterno del territorio dellUnione, gli Stati membri, tramite un proprio intervento attuativo, assicurino il diritto dinformazione e consultazione dei lavoratori. Lo Stato italiano, con il D.Lgs.25/2007 haaffidato tale compito alle RSU, rinviando ai contratti collettivi la determinazione delle modalit di esercizio.

Il rappresentante per la sicurezza

Unulteriore forma di rappresentanza dei lavoratori stata attuata tramite il D.Lgs.626/1994, sostituito recentemente dal D.Lgs.81/2008 in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro, il quale prevede listituzione del rappresentante per la sicurezza: egli non rappresenta solo i lavoratori subordinati, ma tutti i lavoratori al di l del proprio rapporto contrattuale, ivi compresi coloro che svolgono unattivit formativa.La rappresentanza per la sicurezza deve essere istituita a livello territoriale, nonch a livello di sito produttivo. La presenza di un rappresentante per la sicurezza obbligatoria in tutte le aziende, senza limiti dimensionali, mentre differente il metodo per la loro nomina a seconda che si tratti di aziende con meno di 15 dipendenti, ed in tal caso saranno gli stessi lavoratori ad individuare il proprio rappresentante, o di aziende con pi di 15 dipendenti, ed in tal caso il rappresentante andr individuato nellambito delle rappresentanze sindacali aziendali, tramite elezione o designazione. Ovviamente pi grande lazienda, pi rappresentanti occorreranno: la legge stabilisce un numero minimo, ma la contrattazione collettiva pu aumentare tale numero. Vi poi la figura del rappresentante di sito produttivo, il qualeviene nominato qualora allinterno di uno stesso luogo operino pi imprese, il cui operatocumulativo, di fatto, fa aumentare i rischi di sicurezza: i rappresentanti per la sicurezza aziendali individuano uno di loro per coordinare le proprie attivit. I rappresentanti per la sicurezza hanno un ruolo fondamentale: devono ricevere copia del documento di valutazione dei rischi, conoscere la materia legislativa sulla sicurezza e controllarne lapplicazione da parte dellazienda, hanno diritto a permessi retribuiti in funzione del loro operato, possono accedere liberamente a luoghi di lavoro ed a documenti inerenti lapplicazione delle misure di sicurezza. E comunque la contrattazione collettiva nazionale ad individuare le modalit di esercizio di tali poteri, escludendo quellaaziendale, pi soggetta alle pressioni dei datori di lavoro e pertanto assoggettabile alla volont degli stessi.

CAPITOLO SESTO ATTIVITA SINDACALE NEI LUOGHI DI LAVORO

SEZIONE A: I DIRITTI SINDACALI

Lo statuto dei lavoratori come legislazione di sostegno

Abbiamo a lungo parlato della libert sindacale garantita allinterno del Titolo II dello Statuto dei lavoratori, il quale impone un obbligo allimprenditore di astenersi dal ledere tale libert. Il titolo III, per garantire una maggior efficacia della libert sindacale, non si limita ad imporre un divieto, a carico dellimprenditore, di interferire nelle attivit sindacali, ma, tramite una legislazione che viene definita di sostegno, limita di fatto il diritto dello stesso ad ottenere la prestazione lavorativa, per poter garantire ai prestatori di lavoro di esercitare i propri diritti. Abbiamo avuto modo di analizzare come lart.19, che apre il titolo III, attribuisca tali diritti SOLO alle rappresentanze sindacali aziendali (RSA) che, sebbene costituite dai lavoratori, operino nellambito dei sindacati selezionati secondo quanto dispone lo stesso articolo.

Lassemblea

Primo diritto sancito dal Titolo III dello Statuto che prendiamo in considerazione quello relativo allassemblea, previsto dallart.20 ed inerente la possibilit dei lavoratori di riunirsi. Anzitutto limprenditore deve garantire dei locali per effettuare tali assemblee, lenergia elettrica in tali locali, il libero accesso ad essi anche per quanto concerne lavoratori in CIG, in sciopero o sospesi. Le assemblee devono avere ad oggetto materie di interesse sindacale e del lavoro, il che ricomprende uno svariato numero di temi inerenti lattivit lavorativa. In realt, in forza dellart.1 dello Statutoinerente la possibilit di manifestare il proprio pensiero ed in applicazione del quale stato previsto lart.20, le assemblee potrebbero avere ad oggetto anche altri temi, senza godere, per, della tutela apprestata dallart.20. Le assemblee devono svolgersi fuori dallorario di lavoro o comunque allinterno di esso nel limite di 10 ore annue normalmente retribuite (ridotte a 3 per il settore privato), e devono essere convocate dalle RSA individuate dallart.19, nonch dalle organizzazioni sindacali, ossia dalle RSU, che ricordiamo essere la forma assunta dalle RSA dei sindacati aderenti. Ovviamente occorre un preavviso, inerente lassemblea, dato al datore di lavoro, il quale non pu prendere parte, se non previo invito, allassemblea, alla quale invece possono partecipare dirigentisindacali, anche provinciali e di confederazioni. La contrattazione collettiva, infine, pu derogare, solo in meglio, la disciplina legale per ci che concerne la fruibilit del diritto e la possibilit di esercitarlo, anche se possibile, talune volte, andare incontro alle necessit dellimprenditore, come avvenuto nellAccordo 7 agosto 1998, il quale ha consentito allamministrazione di differire lassemblea in caso di condizioni eccezionali e motivate.

Il referendum

Ai lavoratori , poi, concesso il diritto allo svolgimento di referendum inerenti lattivit sindacale: essi devono, secondo quanto prevede lart.21, svolgersi al di fuori dellorario di lavoro ed essere indetti da tutte le RSA unitariamente. Limprenditore, tra laltro, deve collaborare per la disponibilit dei locali, laccesso agli stessi, luso dei servizi e cos via. Altri referendum possono essere svolti, ma senza tale collaborazione.

I permessi sindacali

I dirigenti delle RSA hanno diritto, in forza dello Statuto dei lavoratori, a permessi sindacali per lo svolgimento della propria attivit sindacale, ossia hanno diritto ad assentarsi dal posto di lavoro entro i limiti consentiti dagli artt.23 e 24 dello stesso Statuto, i quali attuano una distinzione tra permessi retribuiti e permessi non retribuiti. I dirigenti di cui si parla, tra laltro, sono quellinominati secondo le procedure previste dalla statuto dellorganizzazione al quale sono riconducibili: tale nomina deve essere comunicata anche al datore di lavoro. La contrattazione collettiva, tra laltro, ha previsto che possano godere di tali diritti anche i componenti delle RSU. Lart.23 disciplina i permessi retribuiti, prevedendo che essi siano concessi ai dirigenti per lespletamento del loro mandato, ossia per lo svolgimento di tutte quelle attivit inerenti le RSA (rappresentanza, partecipazione a trattative, funzioni organizzative). Il dirigente che voglia esercitare il proprio diritto deve comunicarlo al datore di lavoro almeno 24 ore prima. Il numero dei dirigenti che pu esercitare tale diritto varia in base alle previsione dellart.23: un dirigente solo per le unit produttive con 200 dipendenti, un dirigente ogni 300 dipendenti per ogni RSA in unit produttivefino a 3000 dipendenti, un dirigente ogni 500 dipendenti per ogni RSA in unit produttivecon pi di 3000 dipendenti. Nel primo caso viene garantita unora allanno di permessoretribuito, negli altri due casi 8 ore mensili. .Lart.24 disciplina, poi, i permessi non retribuiti, prevedendo che essi vengano riconosciuti per la partecipazione a trattative sindacali o a congressi/convegni di natura sindacale, in misura non inferiore ad 8 giorni allanno e con un preavviso di almeno 3 giorni. Nella prassi sono le RSA richiedenti a scegliere tra i due tipi di permessi. I lavoratori chiamati a ricoprire cariche sindacali nazionali o provinciali possono essere posti in aspettativa non retribuita per tutta la durata del proprio mandato, dando luogo ad unipotesi di sospensione del rapporto di lavoro: la norma si applica a tutti i dirigenti e non solo a quelli delle organizzazioni sindacali pi rappresentative. Gli artt.31 e 32 dello Statuto garantiscono medesimi diritti anche a coloro che ricoprono cariche politiche.

Le tutele per i dirigenti sindacali

Ai dirigenti delle RSA, nominati in base allorganizzazione interna sindacale e la cui nomina conosciuta o pervenuta dal/al datore di lavoro, apprestata una tutela particolare, proprio per lamaggiore esposizione degli stessi a ritorsioni da parte dellimprenditore, in materia di licenziamenti e trasferimenti. Lart.18 dello Statuto prevede una procedura giudiziale di reintegrazione immediata in caso di licenziamento, senza attendere la sentenza definitiva. Lart.28 pone una tutela sul piano della condotta antisindacale. Lart.22 prevede che il trasferimento di tali soggetti ad altra unit produttiva debba avvenire previo nulla osta delle associazioni sindacali alle quali gli stessi appartengono. I trasferimenti allinterno della stessa unit produttiva non ricevono pari tutela, ma sono comunque illegittimi se configuranti un atto discriminatorio ed una condotta antisindacale.

Diritti di affissione e diritto alluso di locali

Lart.25 dello Statuto disciplina il diritto delle RSA di affiggere, allinterno delle unit produttive, manifesti, testi e pubblicazioni inerenti la materia sindacale e del lavoro (unico limite imposto). I datori di lavoro, quindi, devono mettere a disposizione di ogni RSA spazi per laffissione, accessibili a tutti e non soggetti a limiti di transito. Egli non deve autorizzare laffissione, in quanto non ne ha il potere, n tanto meno pu rimuovere testi e pubblicazioni, neanche qualora configurino un reato: in tal caso dovr rivolgersi alle stesse RSA ed allautorit giudiziaria, per lindividuazione dei soggetti responsabili. Lart.27, poi, attribuisce alle RSA il diritto di avere locali adibiti allesercizio delle proprie attivit: nel caso di unit produttive con pi di 200 dipendenti, tali locali devono essere messi a disposizione dallimprenditore permanentemente allinterno della stessa unit produttiva, o nelle immediate vicinanze; nel caso di aziende con meno di 200 dipendenti, i locali saranno messi a disposizione su richiesta delle RSA per le riunioni delle stesse, volta per volta.

Libert di proselitismo e contributi sindacali

Lart.26 dello Statuto, al primo comma, garantisce ai lavoratori (a tutti i lavoratori, quindi lunico articolo del Titolo III che non rispetta il carattere selettivo imposto dallart.19 per laccesso a tali diritti)la libert di svolgere opera di proselitismo, ossia unopera volta alla propaganda, orale o scritta, alla raccolta di contributi ed iscrizioni ecc., allinterno dei luoghi di lavoro, sebbene daessa non debba scaturire un pregiudizio per il normale svolgimento dellattivit azienda. Si tratta in tal caso di un pregiudizio concreto e non astratto, che incida notevolmente sullo svolgimento dellattivit lavorativa. Lo stesso art.26 tratta il tema dei contributi sindacali, ossia di quelle quote che ciascun lavoratore iscritto al sindacato deve a questultimo, in forza della propria adesione. Un tempo essere venivano raccolte dai c.d. collettori di azienda, praticamente degli esattori dei sindacati che raccoglievano le quote tra gli iscritti, sullo stesso posto di lavoro. In seguito stato attuato un meccanismo diverso: il contributo sindacale viene trattenuto alla fonte dallimprenditore, che poi lo gira alle associazioni sindacali. Sebbene ci fosse previsto gi allinterno dello Statuto,un referendum abrogativo del 1995 che ebbe esito positivo, elimin tale previsione legislativa, senza effetti nella pratica, in quanto tale meccanismo opera anche in forza della contrattazione collettiva.

Il campo di applicazione del titolo III dello Statuto

Abbiamo visto come le norme del titolo II pongano in capo allimprenditore un generale divieto di ostacolare la libert sindacale, mentre le norme del titolo III prevedono un comportamento positivo dellimprenditore. Tale comportamento, in realt, in forza dellart.35 dello Statuto, deve essere posto in essere solo allinterno di imprese medio-grandi, non essendo possibile pretendere dai piccoli imprenditori tali comportamenti positivi. Lintero titolo III, fatta eccezione per lart.26 di portata generale e per lart.27 per cui sono previsti limiti numerici, si applica solo alle unit produttive: si usa questo termine per indicare sedi, stabilimenti, filiali, uffici e reparti autonomi con pi di 15 dipendenti. Si fa riferimento, quindi, alle dimensioni delle singole unit produttive, non allimpresa unitariamente considerata. Lart.35, tuttavia, prevede che i diritti del titolo III possano essere esercitati anche da una pluralit di piccole unit produttive operanti allinterno dello stesso territorio comunale. Facendo riferimento, inoltre, alle unit produttive di imprese, lart.35 esclude dallapplicazione del titolo III i non imprenditori, il che stato, ingiustamente, ritenuto plausibile dalla stessa Corte costituzionale, la quale ha fatto riferimento allinstabilit delle organizzazioni di tendenza con fini ideologici. In realt non tutte le organizzazioni non imprenditoriali sonoorganizzazioni di tendenza.

Diritti sindacali nel pubblico impiego

Il D.Lgs.165/2001 che ha privatizzato il pubblico impiego, ha previsto che i rapporti di lavoro pubblici siano soggetti alle norme legislative sul lavoro subordinato, compresa quindi la L.300/1970. Le norme del titolo III, quindi, si applicano anche al lavoro pubblico, tra laltro senza il limite dei 15 dipendenti. Tuttavia sussistono delle differenze: anzitutto i diritti ai permessi di cui agli artt.23, 24 e 30, sono ripartiti, invece che tra tutte le RSA nella stessa misura, tra i diversi sindacati in proporzione al grado di rappresentativit (rappresentativit ponderata, e non presunta come avviene ancora per il settore privato). Inoltre il lavoratore dipendente pubblico, che ricopre una carica sindacale, ha diritto al distacco sindacale, in forza del quale egli non lavora ma continua a percepire la propria retribuzione, a differenza di ci che avviene nel settore privato, dove viene attuata laspettativa non retribuita.

SEZIONE B: LA REPRESSIONE DELLA CONDOTTA ANTISINDACALE

Lart.28 dello Statuto

Lart.28 dello Statuto dedicato alla repressione della condotta antisindacale: se il titolo II garantisce la libert sindacale ed il titolo III contiene una legislazione di sostegno che permette lesercizio dellattivit sindacale, il titolo IV, che si apre con larticolo suddetto, mira ad individuare un apparato processuale e sanzionatorio per rendere effettive le norme di cui abbiamo gi parlato,nonch per far rispettare il diritto di sciopero.

Le regole processuali (cenni)

Lart.28 dispone che dinanzi ad un comportamento del datore di lavoro mirato ad impedire o alimitare la libert sindacale e/o lattivit sindacale, nonch il diritto di sciopero, gli organismi locali delle associazioni sindacali possano fare ricorso dinanzi al giudice del lavoro del Tribunale del luogo in cui si concretizzato il comportamento in questione. Dinanzi a tal giudice, il procedimento si divide in 2 parti, la seconda delle quali meramente eventuale: durante la prima il giudice convoca le parti e predispone un contradditorio tra le stesse; una volta accertati i fatti, pu, con decreto, stabilire che ci sia stata una condotta antisindacale, ed in tal caso prevederne la rimozione degli effetti, o che non ci sia stata. Le parti, comunque, entro 15 giorni potranno impugnare il decreto, ed in tal caso si addiverr ad un procedimento ordinario, suscettibile di ricorso in appello ed in Cassazione, che si concluder in tutti e tre i gradi con una sentenza, e non con un decreto.Il decreto della prima fase, tuttavia, non perde efficacia sino al passaggio in giudicato della sentenza.

La condotta antisindacale

La condotta antisindacale si configura come un comportamento lesivo della libert sindacale, dellattivit sindacale o del diritto di sciopero. Essa pu essere attuata tanto dal datore di lavoro, tanto da soggetti che, allinterno dellimpresa, esercitino i poteri dellimprenditore (dirigenti, capi reparto ecc). Il comportamento antisindacale viene individuato non in base alla sua struttura, bens in base alla lesione degli interessi tutelati. Tra laltro, anche un comportamento posto in essere nei confronti del singolo, e che abbia a che fare con la libert/attivit sindacale, pu configurare un caso di violazione dellart.28: in tal caso il singolo potr intraprendere unazione giudiziaria in solitudine, mentre il sindacato potr esperire lazione giudiziaria privilegiata prevista dallart.28. E il caso della c.d. plurioffensivit del comportamento, che si concretizza quando un atto del datore di lavoro, bench rivolto al singolo, colpisce anche linteresse collettivo (es. trasferimento punitivo di un sindacalista, come se il datore stesse dicendo trasferisco lui, ma attenti voi). Lantisindacalit, su cui il testo si sofferma fin troppo, si ha nel momento in cui il comportamento dellimprenditore mira a reprimere la libert sindacale o lattivit sindacale, e non semplicemente a contrastarla; mira, cio, ad evitare il conflitto con i sindacati (licenziamento, allontanamento, negazione dellassemblea), piuttosto che muoversi dentro il conflitto: rifiutare una trattativa con i sindacati non condotta antisindacale, perch il datore di lavoro sta semplicemente manifestando che su quel particolare tema non c nulla da discutere; negare unassemblea in cui si discuter della trattativa, invece, un comportamento antisindacale. Lantisindacalit di alcuni comportamenti, inoltre, spesso prevista specificatamente dalla legge.

Legittimazione attiva

Legittimato attivamente, nellazione giudiziaria di cui abbiamo parlato, il sindacato. Esso, per poter esperire tale azione, deve essere un organismo locale di unassociazione nazionale. Sono pertanto esclusi i singoli lavoratori e le organizzazione prive di valenza nazionale, che potranno ricorrere alle azioni giudiziarie ordinarie. Ribadiamo che, secondo lart.28, sufficiente che si tratti di unassociazione sindacale nazionale, non gi di una che abbia stipulato un contratto collettivo applicato nellunit produttiva, requisito richiesto, invece, dallart.19. La Corte costituzionale, inoltre, stata chiamata a pronunciarsi sulla legittimit costituzionale dellart.28 nella parte in cui non permette ai singoli ed alle associazioni prive di un peso nazionale di ricorrere al procedimento accelerato di cui allart.28: la Corte ha precisato come tali diritti siano solo ulteriori ed aggiuntivi rispetto a quelli concessi ai singoli ed alle associazioni sindacali non nazionali. Esse potranno ricorrere agli strumenti di tutela apposti dallordinamento, ma non vi discriminazione priva difondamento.

Linteresse ad agire

Lart.28 dispone che il ricorso possa essere presentato dalle associazioni che vi abbiano interesse. Tuttavia va notato come raro che un interesse a ricorrere, in tali casi, sia assente. Legittimate allinteresse, infatti, possono essere anche associazioni sindacali diverse da quella cui abbiano aderito i lavoratori lesi. La tutela dellart.28, infatti, riguarda tutti i lavoratori, non lavoratori aderenti a determinati sindacati e difendibili solo dagli stessi. La carenza di interesse si avr nellunico caso in cui il ricorrente sia un sindacato tipico di un gruppo professionale, come ad esempio quello dei metalmeccanici, per sollevare lantisindacalit di un comportamento posto in essere nellambito di un diverso gruppo professionale, come ad esempio i chimici.

Lapparato sanzionatorio

Abbiamo visto come il decreto nella prima fase del procedimento dinanzi al giudice del lavoro, cos come leventuale sentenza durante la seconda fase, mirano a far cessare il comportamento antisindacale ed a rimuoverne gli effetti. Tuttavia il datore di lavoro potrebbe non adeguarsi a taledecisione. Data la complessit di un eventuale processo di esecuzione, per far rispettare la sentenza lo stesso art.28 ha introdotto una sanzione penale a carico del datore di lavoro che non rispetti la decisione del giudice: oggetto del reato linottemperanza, non lazione antisindacale, punibile con lammenda o con larresto fino a tre mesi. Inoltre ultimamente stata prevista un ulteriore sanzione: vengono meno tutte le agevolazioni fiscali di cui il datore di lavoro godeva in merito alla nuova occupazione.

La condotta antisindacale delle pubbliche amministrazioni

Anche le pubbliche amministrazioni, inforza del D.Lgs.165/2001 sono soggette allapplicazione delle norme dello Statuto dei lavoratori e pertanto anche allart.28.

CAPITOLO SETTIMO IL CONTRATTO COLLETTIVO

SEZIONE A: IL CONTRATTO COLLETTIVO

La determinazione delle condizioni di lavoro

Scopo primario del movimento sindacale sempre stato quello di ottenere maggiori diritti, economici e normativi, a favore dei lavoratori. Per giungere a tale risultato, il movimento sindacale molto spesso ha dovuto fare pressione sugli organi legislativi, mentre altrettante volte si dedicato ad una contrattazione, con le associazioni degli imprenditori, mirata alla determinazione delle condizioni di lavoro. Inizialmente tali contrattazioni riguardavano solo le retribuzioni (concordati di tariffa), mentre in un secondo momento hanno abbracciato un numero sempre maggiore di diritti.

Le prime riflessioni giuridiche sul contratto collettivo

Avremo sicuramente capito che il contratto collettivo quel particolare contratto, inerente le condizioni di lavoro, stipulato tra le associazioni degli imprenditori ed i sindacati. Sin dalla prima comparsa dei contratti collettivi, si present il problema di rendere gli stessi inderogabili al momento della stipulazione dei contratti individuali. Le parti, infatti, e soprattutto i datori di lavoro, avrebbero potuto discostarsi da quanto previsto dai contratti collettivi: ecco perch in Francia ed in Germania, gi nel biennio 1918-1919, il problema venne risolto dallintroduzione di una disciplina legislativa, la quale avrebbe imposto il rispetto dei contratti collettivi, prevedendo un sistema sanzionatorio in caso di inottemperanza. In Italia tale disciplina arriv solo nel 1926, con la legge che pose le basi del sistema corporativo. NellItalia pre-corporativa, invece, in assenza di una disciplina di legge, vennero elaborate diverse teorie per rendere inderogabile la disciplina dei contratti collettivi: la pi importante fu quella di Giuseppe Messina, grande civilista del tempo.Egli riprese la teoria di un altro giurista, lo svizzero Lotmar, il quale aveva previsto che linderogabilit dei contratti collettivi provenisse dal fatto che i sindacati (soggetto collettivo) stipulassero tale contratto in rappresentanza dei lavoratori: egli, per, si espose da subito alle critiche di chi, conoscendo bene il diritto del tempo, obiett che se tale contratto fosse scaturito da soggetti rappresentanti degli imprenditori e dei lavoratori, le parti del contratto individuale (e quindi sempre imprenditore e lavoratore) avrebbero potuto derogare quanto pattuito a livello collettivo. Messina, proprio prendendo in considerazione