InsegnoBeethovenaisordi · con il primo bimbo autistico: «Me lo affidarono nel...
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Francesco ha una diagnosi di autismo, s’è diplo-mato a pieni voti in pianoforte. La sua esecuzio-ne del Concerto italiano di Bach è perfetta. An-che Nicola è autistico e suona il piano e il sax.Ha le unghie consumate, perché quando non
suona si tormenta le mani, che non stanno mai ferme,come un torrente in piena di emozioni inesprimibili.Giulia Mazza ha 25 anni, una laurea in biologia, è sordabilaterale profonda e suona Schubert, Bach e Shostakovi-ch al violoncello: rivedere cento volte il video di uno deisuoi concerti in teatro è emozionante e disarmante. L’ac-compagna al piano Giulia Cremaschi Trovesi, la musico-terapeuta che la segue da quando aveva 3 anni. «Comefa? Questo è il grande mistero. Non mi sono ancora abi-tuata ai miracoli. Non cerchiamo di entrare nella testa diun altro», sdrammatizza. «Qui — aggiunge — c’è statauna mamma fantastica che ha creduto in quello che lespiegavo e cioè che la musica è dentro l’uomo, il grembomaterno è la prima orchestra, il luogo dove non esisteun solo attimo di silenzio, dove la musica è pulsazione,respiro, voce».
Per entrare nel mondo di Giulia Cremaschi Trovesi oc-corre fare tabula rasa, abbandonare stereotipi, luoghicomuni, pregiudizi e tecnicismi. La chiave di lettura chelei offre sembra semplice: «La musica è dentro di noi.Siamo corpo vibrante. Senti il tuo corpo, il respiro, la vo-ce, ascoltati... La soluzione è dentro di te».
La musicoterapeuta che insegna a suonare Beethovena sordi e autistici, che fa cantare e danzare i ragazziDown, che guarda con scetticismo alle diagnosi frettolo-se di «deficit d’attenzione e iperattività», spiazza così isuoi ospiti — grandi e piccini, per lei sono tutti uguali.Ripete: «La musica è per tutti, è un linguaggio universa-le».
Ha 70 anni, due occhi celesti e magnetici, capelli bion-do cenere mai tinti, è energica e paziente. Insegna daquando di anni ne aveva venti. Vive con i figli e i nipotinella grande casa di famiglia in cima a un colle, a Roscia-no, frazione di Ponteranica a ridosso di Bergamo, in ValBrembana. «Non insegno nulla, hanno già tutto, la musi-ca, il ritmo. Un bimbo piccolo è già capace, io gli do sol-tanto l’occasione per mostrarlo».
Il suo incontro con la musica è avvenuto quando ave-va cinque anni. «Papà capì e mi portò da una suorinadelle Canossiane, Emilia, che usava il linguaggio del cor-po. Un giorno disse che ero veloce a imparare e mi dove-vano cercare un altro insegnante». Gli studi, i diplomi,l’insegnamento alle scuole magistrali. Fino all’incontrocon il primo bimbo autistico: «Me lo affidarono nel1975, il figlio di un collega. Dopo qualche tempo ho lascia-
to la scuola per dedicarmi soltanto a questo nuovo lavo-ro».
Nel suo ufficio austero c’è ancora il profumo della po-lenta che ha cucinato sulla stufa per i nipotini il giornoprima. Giulia siede alla scrivania come sul ponte di co-mando di una nave: tre piccoli televisori sono appesi so-pra il grande desktop del computer, con la foto di fami-glia a fare da sfondo. Sugli schermi scorrono le immaginidei suoi ragazzi in concerto. «Il mio lavoro è questo: capi-re da un dettaglio quante potenzialità ci sono in un bam-bino». L’incontro dei più piccoli con la magia dei suoniavviene in una stanza rivestita in legno, come la cassa ar-monica di uno strumento musicale: si muovono, gattona-no, giocano, battono i piedi e lei li segue accompagnan-do ogni loro gesto con un suono. Non sono loro a doverseguire suoni e ritmi imposti. Giulia siede al piano: «Gio-co con la tastiera, la uso con i bambini come fosse la bu-ca della sabbia». In ogni gesto, movimento, azione, into-nazione della voce, c’è già un ritmo, un tempo, una musi-ca, spiega, così come i tratti del volto esprimono un’emo-zione. «Improvvisare alla tastiera per rispecchiare tuttoquesto vuol dire saper leggere (non certo interpretare) edare voce alle note scritte nella e sulla persona».
È una strada che non conosciamo, faticosa, quella in-trapresa da Giulia. Quando incontrò in udienza PapaWojtyla gli chiese: «Perché tanta fatica?». «Le cose diffici-li — rispose Giovanni Paolo II — fanno sempre fatica adimporsi». Ha pubblicato libri (l’ultimo, Il grembo mater-no. La prima orchestra), tenuto insieme nella Federazio-ne italiana musicoterapeuti (www.musicoterapia.it) colo-ro che lavorano con i suoni per riabilitare patologie mol-to gravi (autismo) e i casi di plurihandicap (lesioni cere-brali, sordocecità, esiti da nascite premature). Eppure, lafatica di andare controcorrente non ha mai scalfito il suoottimismo: «Perché non dovrei essere ottimista?».
Citando la filosofa e religiosa tedesca Edith Stein e isuoi studi sull’empatia ci invita a immaginare di essere«partiture viventi». Il corpo parla di noi stessi a nostrainsaputa. Ecco spiegato il «miracolo» della violoncellistanon udente. Noi viviamo con il nostro corpo, «non sentia-mo solo con le orecchie, c’è la risonanza che investe ilcorpo ed è fonte di emozioni, ma di solito il corpo vienesoffocato dall’educazione ricevuta a tavolino». Educazio-ne dei tempi moderni, poco inclini ad aprirsi a una stra-da che impone la fatica di tornare alle radici della musi-ca. «Non ho inventato niente. Il veronese padre AntonioProvolo, due secoli orsono, faceva già cantare in coro i
sordi nell’istituto che aveva fondato per loro. Vuoi che unnon udente parli? Gli fai scaturire la voce attraverso leemozioni. I bambini sordi me lo hanno insegnato. Quan-do suonavo, si buttavano sulla cassa armonica del piano-forte per essere investiti, compenetrati dalle onde sono-re. Stavano così abbracciati al pianoforte che diedi loro ilpermesso di andarci sopra, si stendevano e non si muove-vano più». Il pianoforte può diventare un poderoso tam-buro che martella i ritmi e all’improvviso un delicato ca-rillon. Le onde sonore si propagano attraverso l’aria e per-meano il mondo attorno attraverso la risonanza.
«Non sentiamo soltanto con le orecchie». Era già chia-ro agli antichi. Nelle tradizioni sciamaniche dalla Mongo-lia al Messico, nelle tradizioni arcane cabalistiche del giu-daismo e del cristianesimo, i suoni vocali e gli armonicisono stati usati per guarire e trasformare, per bilanciare icentri energetici del corpo e attivare le risonanze del cer-vello. E il padre della geometria aveva già svelato comeun suono ne generi altri superiori (armonici): Pitagoracredeva che l’universo fosse un immenso monocorde,uno strumento con una sola corda tirata tra il cielo e laterra, parlò di musica delle sfere, pensava che i movimen-ti dei corpi celesti che si spostano producessero un suo-no.
Alla parete della sala di musica sono appesi dei grandiquadri: riproducono con parole e disegni la filastroccadel Girotondo, un canto gregoriano e l’Ut queant laxiscon cui Guido D’Arezzo legò indissolubilmente a ognis u o n o d e l l a s c a l a m u s i c a l e u n a s i l l a b a(ut-re-mi-fa-sol-la-si). La strada ora è in discesa e Giuliaci congeda: «Sordità e autismo sono due aspetti di ununico problema, mancando in entrambi i casi la tensionee la predisposizione del corpo che vibra all’ascolto, il sor-do "si chiude alla vita" e l’autistico "diviene sordo alla co-municazione". Il musicoterapeuta coglie nelle persone latensione emotiva che permette o non permette al corpodi vibrare».
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Giulia Cremaschi Trovesi: il corpo è musica
Con questo streaming sopravvivono solo i big
Insegno Beethoven ai sordi
di Andrea Laffranchi
In alto: una sequenzacon Nicola, ragazzo autistico,che si esibisce durante unconcerto. Sotto: Giulia Mazza,25 anni, sorda bilateraleprofonda, mentre suonail violoncello accompagnatada Giulia Cremaschi Trovesi.Qui sopra: la professoressanel suo studio di Rosciano(comune di Ponteranica,provincia di Bergamo).A sinistra: una fotocon i tre figli e i sette nipotie, più in basso, lamusicoterapeuta durantel’udienza con Giovanni PaoloII (Servizio fotograficodi Nicola Vaglia)
Percorsi La biografia/2Dischi rotti
Con Deezer e Spotify (al debutto a Sanremo)i servizi di streaming musicale arrivano anchein Italia. Felici i consumatori, che si ritrovano20 milioni di canzoni a disposizione. E gliartisti? Negli Usa il modello di business prevede
0,4-0,7 centesimi di royalties ogni volta cheuna canzone viene ascoltata, cioè dai 4 ai 7mila dollari per milione. Con questi numerisopravvivono solo i superbig, solo se il mercatosi allarga il sistema può diventare sostenibile.
La vita con i ragazzidella prof di Bergamo
di PAOLA D’AMICO
Guarda il videodi Giulia Mazza sucorriere.it/lettura
La premessa teoricaLa melodia è già dentro l’uomo,
il grembo materno è la primaorchestra, il luogo dove non esiste
un solo attimo di silenzio, dove ilsuono è pulsazione, respiro, voce
L’album
RRR
29LA LETTURACORRIERE DELLA SERADOMENICA 10 FEBBRAIO 2013