Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO FACOLTA’ DI SCIENZE POLITICHE CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN COOPERAZIONE, SVILUPPO E MERCATI TRANSNAZIONALI TESI DI LAUREA INNOVAZIONE E FEEDBACK TECNOLOGICI TRA PAESI EMERGENTI E PAESI INDUSTRIALIZZATI. IL CASO CINESE. Relatrice: Prof.ssa Astrig Tasgian Candidato: Emilio Raiteri Matr. 290339 ANNO ACCADEMICO 2008/2009

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO

FACOLTA’ DI SCIENZE POLITICHE

CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN COOPERAZIONE, SVILUPPO E MERCATI

TRANSNAZIONALI

TESI DI LAUREA

INNOVAZIONE E FEEDBACK TECNOLOGICI TRA PAESI

EMERGENTI E PAESI INDUSTRIALIZZATI. IL CASO CINESE.

Relatrice:

Prof.ssa Astrig Tasgian

Candidato:

Emilio Raiteri

Matr. 290339

ANNO ACCADEMICO 2008/2009

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INDICE

INTRODUZIONE 6

CAPITOLO 1: INNOVAZIONE E PROGRESSO TECNOLOGICO NEI

PROCESSI DI SVILUPPO TARDIVO. UN NUOVO PARADIGMA ? 13

Introduzione 13

1 La visione “tradizionale” del ruolo della tecnologia e dell’innovazione nei

processi di catch-up 19

1.1 I vantaggi dell’arretratezza economica relativa ed il ruolo della

tecnologia nei processi di sviluppo tardivo. L’esperienza Europea 21

1.2 L’esperienza Est-asiatica. L’innovazione e l’impresa 25

2 Mutamento della relazione tra scienza, tecnologia e innovazione ed

implicazioni per i processi di catch-up 31

2.1 Mutamento della relazione tra Ricerca, Innovazione e Sviluppo

economico 33

2.2 Verso l’apertura del processo innovativo. Open innovation, User led

innovation e Hidden innovation 38

2.3 Implicazioni per i processi di sviluppo tardivo.

L’innovazione appropriata 45

2

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3 Valutare la performance innovativa ed il ruolo dell’innovazione in un

paese emergente nel contesto del nuovo paradigma 54

3.1 I limiti degli indicatori tradizionali nel nuovo contesto 54

3.2 I limiti degli indicatori tradizionali nel valutare la capacità

innovativa di un paese emergente 56

3.3 Technological Capability ed Absorptive Capacity 59

3.4 Una prospettiva evolutiva: l’innovazione come mezzo per

sopravvivere e affermarsi nella competizione locale e globale 63

CAPITOLO 2: PERCHE’ LA CINA? 70

Introduzione 70

1 La Repubblica Popolare Cinese come frontiera del cambiamento 72

1.1 La Cina nelle reti di produzione globali 76

1.2 La Cina nelle reti di innovazione globali 83

2 L’impegno cinese per la creazione del potenziale tecnologico ed i suoi

risultati 90

2.1 Il percorso delle riforme 90

2.2 Una misura dello sforzo: l’investimento in Ricerca e Sviluppo nella

Repubblica Popolare Cinese 93

2.2.1 Gli indicatori tradizionali 93

2.2.2 Absorptive capacity e Technological capability in Cina 98

3

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3 Tra ottimismo e pessimismo nella valutazione della capacità innovativa

cinese 116

3.1 Superpotenza tecnologica o officina del mondo? 116

3.2 Si guarda nella direzione giusta? 121

3.3 Una prospettiva evolutiva: l’emergere di local master e global

challenger nella Repubblica Popolare Cinese 123

CAPITOLO 3: INNOVAZIONE APPROPRIATA ED EFFETTI DI

FEEDBACK VERSO I PAESI INDUSTRIALIZZATI

NELL’AFFERMAZIONE, LOCALE E GLOBALE, DELLE IMPRESE

CINESI 130

Introduzione 130

1 Che tipo di innovazione ? 134

1.1 La tassonomia di Henderson e Clark e l’importanza dell’innovazione

architetturale 134

1.2 Christensen ed il modello della disruptive innovation 138

1.3 Le imprese cinesi e l’innovazione appropriata 145

2 L’innovazione appropriata nella sfida per il mercato interno 149

2.1 Delocalizzazione, disintegrazione della catena del valore, produzione

modulare e innovazione appropriata 149

2.1.1 Il caso dell’’industria dei telefoni cellulari in Cina. Prima fase

1998-2003 153

2.2 Trading market for Technology: le dimensioni contano 156

4

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2.3 Innovazione appropriata e basso costo della manodopera 158

2.3.1 Il caso BYD Company 163

2.4 Opportunità offerte dalla conoscenza del mercato locale 166

2.4.1 Macro-differenze 168

2.4.1.1 Differenze socio-economiche. Il caso Shanda Interactive

Entertainment 169

2.4.1.2 Differenze Politiche: Il caso Baidu Inc. 173

2.4.2 Segmentazione del mercato interno e “Guerrilla Tactics 179

2.4.2.1 Il caso Haier Group ed il mercato delle lavatrici 188

2.4.2.2 Il Caso Huawei Technologies e ZTE Corporation 192

3 Internazionalizzazione, innovazione appropriata ed effetti di feedback

verso la frontiera tecnologica 198

3.1 L’internazionalizzazione delle imprese cinesi: un’eccezione alla

teoria? 199

3.2 Dalla periferia al centro: l’internazionalizzazione di Huawei

Technologies 205

3.3 Inversione dei flussi di innovazione ed effetti di feedback verso i paesi

industrializzati 213

3.3.1 Primo effetto di feedback: Haier e l’innovazione appropriata sui

mercati avanzati 215

3.3.2 Secondo effetto di feedback: Il caso Nokia 221

CONCLUSIONI 227

BIBLIOGRAFIA 234

SITOGRAFIA 251

5

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INTRODUZIONE

L’obbiettivo centrale di questo lavoro è indagare il ruolo svolto

dall’innovazione e dal cambiamento tecnologico nei processi di recupero

economico avviati nei confronti dei paesi industrializzati da economie

emergenti.

L’esistenza di una relazione positiva tra progresso tecnico e crescita

economica è un fatto riconosciuto sin dalle origini del pensiero economico

moderno, tanto che già le opere di autori come Adam Smith1 e Karl Marx2,

sottolineano la rilevanza di tale legame. Nonostante l’affermazione della

rivoluzione marginalista abbia fatto sì che a partire dal 1870 l’analisi del

cambiamento tecnologico passasse in secondo piano, nella prima metà del

ventesimo secolo l’opera di Joseph Schumpeter ha definitivamente sancito

la centralità dei processi innovativi per lo sviluppo economico di lungo

periodo. L’insegnamento schumpeteriano è infatti stato oggi raccolto dai due

principali filoni di ricerca dedicati alla crescita economica, le nuove teorie

della crescita e le teorie evolutive3, che, sebbene siano tra loro molto distanti

per metodologie e fondamenti teorici, concordano nel collocare l’innovazione

ed il progresso tecnologico tra le cause prime dello sviluppo economico. Il

definitivo riconoscimento dell’importanza di questa relazione ha portato alla

nascita di teorie che spiegano le differenze nei livelli di sviluppo tra paesi in

termini di diversi livelli di capacità tecnologiche4, con l’evidente

implicazione logica, molto importante per le finalità di questo lavoro, che i

paesi in condizioni di arretratezza economica relativa, per avviare un

processo di catch up e quindi restringere il divario dai paesi più ricchi,

possano migliorare il livello del proprio potenziale tecnologico.

1 Cfr. Smith (1776). 2 Cfr. Marx (1867). 3 Per un’analisi critica delle analogie e delle differenze che intercorrono tra queste due impostazioni si veda ad esempio Castellacci (2007). 4 Cfr. Fagerberg (1987).

6

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Prima che la teoria economica dedicasse attenzione a questa tematica,

il ruolo del progresso tecnologico nei processi di catch up è stato analizzato

anche dalla letteratura storico-economica che, a partire dal ventesimo

secolo, si è occupata di descrivere i processi di sviluppo tardivo realizzati in

casi specifici ed in particolare in Europa prima ed in Asia poi. Per questo

tipo di letteratura, che ha i suoi principali esponenti in Alexander

Gerschenkron5 e Moses Abramovitz6 per l’esperienza europea e in Odagiri,

Goto7 e Linsu Kim8 per quella asiatica, l’arretratezza economica e

tecnologica relativa può rappresentare un enorme potenziale di sviluppo

poiché permette al paese ritardatario, o late comer, di acquisire ed imitare

conoscenze e tecnologie provenienti dai paesi avanzati, o early starters,

senza dover condividere i costi ed i rischi associati allo sviluppo delle

tecnologie stesse. Pur mettendo in primo piano il ruolo della diffusione del

progresso tecnologico ai paesi late comer, questo tipo di contributi suggerisce

che le economie emergenti e le loro imprese possano esclusivamente

assorbire ed imitare tecnologie importate dai paesi industrializzati e che gli

sia preclusa la possibilità di sviluppare capacità innovative endogene. In

quest’ottica l’innovazione non è vista come uno strumento utile allo sviluppo

ma, piuttosto, come l’ultima fase di un percorso di apprendimento

sequenziale, che prevede il passaggio dall’imitazione all’innovazione.

Alcuni studiosi del filone di ricerca neo-schumpeteriano, in particolare

Luc Soete9 e Carlota Perez10, hanno però recentemente sottolineato come le

condizioni che determinano il successo o il fallimento dei processi di catch up

siano mutevoli e possano essere influenzate in maniera decisiva dalle

caratteristiche tecno-economiche che contraddistinguono il contesto globale.

Sulla base di tale ragionamento e di quanto suggerito, oltre che dallo stesso

5 Cfr. Gerschenkron (1962). 6 Cfr. Abramovitz (1986) 7 Cfr. Odagiri e Goto (1996). 8 Cfr. Kim (1997). 9 Cfr. Soete (2008). 10Cfr. Perez (2001).

7

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Soete, anche da Christopher Freeman11 e Xielin Liu12, si ritiene che

l’accelerazione del processo di globalizzazione e la contemporanea diffusione

su scala globale di tecnologie che facilitano la produzione, la duplicazione e

la diffusione di conoscenza codificata, quali le Information and

Communication Technologies (ICT), abbiano radicalmente mutato la

relazione tra ricerca, innovazione e sviluppo economico. In questo lavoro si

cercherà di dimostrare come tale cambiamento abbia reso la capacità

innovativa endogena uno strumento utile ed alla portata delle economie

emergenti, sin dalle prime fasi del processo di catch up, trasformando paesi

solitamente considerati esclusivamente come destinatari di tecnologie

straniere, in sorgenti di nuova conoscenza, generando effetti di retroazione,

o di feedback, verso i paesi industrializzati.

Poiché si ipotizza che l’innovazione realizzata dai paesi late comer, ed

in particolare dalle loro imprese locali, presenti delle caratteristiche

distintive, tra cui quella principale risiede nell’essere basata su nuovi modi

di combinare tecnologie esistenti piuttosto che su scoperte scientifiche e

tecnologiche incorporate in nuovi prodotti, questo tipo di novità può non

essere adeguatamente percepita dagli indicatori tradizionali, basati su

modelli lineari input-output, solitamente utilizzati per valutare la

performance innovativa di un paese o di un’impresa. Per tale ragione, al

fine di comprendere al meglio l’effettivo ruolo che l’innovazione può giocare

in un’economia emergente, si è scelto di fare riferimento al caso specifico di

un unico paese e di analizzarlo non solo sulla base di indicatori che stimano

lo sforzo profuso dal governo per la creazione di un sistema di innovazione

nazionale efficiente, ma soprattutto guardando in chiave evolutiva alla

sopravvivenza ed alla affermazione delle sue imprese. Come suggerito in

primo luogo da Schumpeter13 e poi approfondito da Richard Nelson e

Sidney Winter14 , la capacità innovativa di un’impresa può essere infatti

11 Cfr. Freeman e Soete (2007). 12 Cfr. Liu (2005). 13 Cfr. Schumpeter (1942). 14 Cfr. Nelson e Winter (1982).

8

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considerata come uno dei principali elementi che ne determinano la

posizione competitiva. Ciò significa che le imprese che riescono ad

affermarsi in situazioni di elevata concorrenza devono quantomeno una

parte del loro successo alla propria capacità di introdurre novità. In questo

lavoro si ipotizzerà che tale affermazione non sia vera solo per i paesi

avanzati ma che sia valida anche nei paesi emergenti, soprattutto se le

imprese locali sono costrette a competere con multinazionali più dotate dal

punto di vista delle risorse finanziarie e tecnologiche. A nostro avviso,

analizzare, attraverso studi di caso specifici, le strategie che hanno

consentito alle imprese locali di sopravvivere ed emergere in situazioni

difficili, consentirà di apprezzare il ruolo che l’innovazione gioca realmente

nei processi di catch up.

Il paese che ci è sembrato più indicato per applicare questo tipo di

impostazione è la Repubblica Popolare Cinese. In primo luogo poiché, come

vedremo, è l’area a livello globale in cui i cambiamenti derivanti

dall’accelerazione del processo di globalizzazione e dalla diffusione dell’ICT

si sono manifestati con la maggiore intensità ed hanno avuto gli effetti più

profondi. In secondo luogo perché a tali mutamenti si è accompagnato negli

ultimi trent’anni un costante sforzo da parte del governo cinese, teso ad

accrescere la capacità della nazione di assorbire e padroneggiare conoscenze

e tecnologie provenienti dall’estero e a migliorare il potenziale tecnologico

del paese. Infine poiché, come è dimostrato da un volume crescente di

letteratura recente15, negli ultimi quindici anni numerose imprese cinesi

hanno cominciato a fronteggiare con successo la concorrenza estera, non solo

nel proprio mercato domestico, ma anche su quello globale. L’ ipotesi alla

base di questo lavoro ci induce a ritenere che in molti casi, alcuni dei quali

verranno analizzati in maniera specifica, la capacità sviluppata dalle

aziende cinesi di realizzare un particolare tipo di innovazione, che

definiremo come innovazione appropriata, abbia rappresentato il principale

9

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vantaggio competitivo per l’affermazione sia a livello locale che a livello

internazionale. Si cercherà quindi di dimostrare come ciò abbia trasformato

le imprese cinesi in sorgenti di un nuovo tipo di conoscenza tecnologica, in

grado di influenzare la condotta di imprese leader provenienti dai paesi

avanzati, con evidenti effetti di feedback rispetto alla frontiera tecnologica

da cui la conoscenza inizialmente giunge.

Pertanto, nel primo capitolo si analizzeranno brevemente i principali

contributi teorici dedicati al rapporto intercorrente tra progresso

tecnologico, innovazione e sviluppo economico, per poi prendere in esame

più da vicino la letteratura storico-economica specificatamente dedicata ai

processi di catch-up. Si vedrà quindi come il mutamento della relazione che

unisce ricerca, innovazione e sviluppo economico abbia democratizzato il

concetto stesso di processo innovativo, rendendolo accessibile anche a paesi

ed imprese dotate di risorse tecnologiche e finanziarie inizialmente limitate.

Si valuteranno poi i limiti che gli indicatori tradizionali hanno nel

raccogliere e percepire i risultati di un processo innovativo più aperto, in

particolar modo nel caso di un’economia late comer e si proporrà pertanto di

guardare all’ecosistema imprenditoriale di un paese emergente adottando

una prospettiva evolutiva che individui nell’innovazione lo strumento

principale di sopravvivenza ed affermazione.

Nel secondo capitolo si cercherà di legittimare la scelta della

Repubblica Popolare Cinese come terreno ideale per verificare la nostra

ipotesi. Si prenderanno quindi in considerazione i profondi mutamenti che

hanno investito la Cina negli ultimi trent’anni: il processo di riforme

lanciato da Deng Xiaoping a partire dal 1978, la decisa integrazione nelle

reti di produzione ed innovazione globali, lo sforzo compiuto dal governo per

l’accrescimento del potenziale tecnologico nazionale. Si vedrà poi come,

nonostante la compresenza di tanti fattori di cambiamento e dello sforzo

governativo, la valutazione relativa alla capacità innovativa cinese abbia

15 Cfr. Mathews (2006), Li (2007), Williamson e Zeng (2007) (2009), Van Agtmael (2007) , Sirkin, Hemerling e Bhattacharya (2008), Ramamurti (2008), Duyster et al. (2009), Rabellotti, Sanfilippo e

10

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dato adito a interpretazioni di segno opposto. Da un lato vi è infatti chi vede

nella Repubblica Popolare una superpotenza tecnologica in grado di mettere

in discussione la leadership statunitense già nel brevissimo periodo,

dall’altra chi invece la considera semplicemente come l’officina del mondo, in

cui vengono realizzate unicamente attività a scarso valore aggiunto, quali

l’assemblaggio o la produzione di componenti progettati nei paesi

industrializzati. Seguendo la prospettiva evolutiva proposta nel primo

capitolo, per valutare l’effettivo ruolo giocato dall’innovazione in Cina, si

suggerirà di guardare all’emergere di un gruppo di imprese locali che,

nonostante la concorrenza delle multinazionali estere, sono riuscite a

guadagnarsi il proprio spazio sia sul mercato locale che su quello globale e si

ipotizzerà che il loro successo sia dovuto alla loro capacità di realizzare

innovazione.

Nel terzo ed ultimo capitolo si cercherà di dimostrare, con l’ausilio di

studi di caso dedicati ad alcune imprese cinesi emergenti, come

l’innovazione abbia rappresentato uno dei vantaggi competitivi

fondamentali per l’affermazione, interna ed estera, delle aziende locali. Si

analizzeranno pertanto, facendo riferimento ai contributi teorici realizzati

da Rebecca Henderson e Kim Clark16 (innovazione architetturale), Clayton

Christensen17 (disruptive innovation) e C.K. Prahalad18 (innovazione per la

base della piramide), le specificità dell’innovazione realizzata dalle imprese

cinesi e le ragioni che ci portano a definirla come innovazione appropriata.

Si vedrà quindi come la capacità di realizzare innovazione appropriata abbia

consentito ai gruppi locali di sopravvivere ed affermarsi su un mercato

locale caratterizzato da dimensioni potenziali enormi e da un’elevata

frammentazione, partendo dai segmenti di mercato più difficili, dimenticati

dalla concorrenza estera. L’attenzione verrà poi spostata sul processo di

internazionalizzazione intrapreso da alcune imprese cinesi affermatesi in

Amighini (2009), BCG (2008a) (2008c), The Economist (2007) (2008) (2009) 16 Cfr. Henderson e Clark (1990). 17 Cfr. Christensen (1997). 18 Cfr. Prahalad (2008).

11

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patria e si cercherà di dimostrare come, nonostante alcune tra le più

autorevoli interpretazioni del fenomeno siano di altro avviso19, l’abilità nel

realizzare innovazione appropriata rappresenti il vantaggio competitivo

proprietario che ha consentito alle aziende cinesi intraprendere tale

percorso, partendo da aree, come quelle dei paesi emergenti ed in via di

sviluppo, sottovalutate dalla concorrenza, per poi muoversi verso i mercati

più ricchi dei paesi avanzati. Infine si vedrà come il successo delle imprese

cinesi generi un’inversione dei tradizionali flussi di cambiamento

tecnologico, la cui direzione cessa di essere semplicemente quella nord-sud.

Si sosterrà infatti che l’innovazione appropriata è in grado di produrre due

effetti di feedback verso la frontiera tecnologica: uno diretto, che vede le

imprese cinesi affermarsi anche sui mercati dei paesi industrializzati; uno

indiretto, che vede le imprese provenienti dai paesi industrializzati

modificare, almeno in parte, i propri modelli di business e le proprie

strategie tecnologiche sulla base dell’esempio offerto dalle imprese cinesi.

19 Cfr. Mathews (2006), Li (2007).

12

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13

CAPITOLO 1

INNOVAZIONE E PROGRESSO TECNOLOGICO NEI PROCESSI DI

SVILUPPO TARDIVO. UN NUOVO PARADIGMA ?

Introduzione

Indagare le cause dello sviluppo economico e dei differenziali nei tassi

di crescita tra le nazioni è da sempre uno dei principali obiettivi della teoria

economica moderna. In tale ricerca un ruolo di primo ordine è oggi

riconosciuto con ampio consenso al progresso tecnologico ed alla applicazione

delle conoscenze scientifiche via via più avanzate alla sfera produttiva.

Nonostante l’esistenza di una relazione positiva tra sviluppo economico e

progresso tecnologico sia oggi innegabile, il definitivo riconoscimento di tale

legame è stato tutt’altro che un fatto scontato. L’identificazione del

progresso tecnologico come fonte di crescita non è comunque un fenomeno

recente ma si configura piuttosto come un ritorno alle origini stesse del

pensiero economico moderno. I grandi economisti classici erano infatti già

consapevoli del fondamentale ruolo giocato dalla tecnologia e

dall’innovazione nella Rivoluzione Industriale di cui erano testimoni. Non è

un caso che Adam Smith nella prima parte del suo Wealth of Nations 1

dedichi ampio spazio alla relazione che unisce progresso tecnico e crescita

economica e che affronti la questione con una sensibilità tale da individuare

le principali fonti dell’innovazione da un lato in ciò che Kenneth Arrow2

1 Cfr. Smith (1776). 2 Cfr. Arrow (1962).

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quasi due secoli dopo definirà learning by doing, e dall’altro nella

specializzazione dei philosophers nella creazione di nuova conoscenza

finalizzata alla produzione, un’attività che oggi andrebbe sotto il nome di

Ricerca e Sviluppo3. Anche nell’analisi condotta da Karl Marx ne Il Capitale

4 il progresso tecnologico è posto in posizione centrale5, tanto che il filosofo

tedesco individua tra le radici stesse dell’affermazione del sistema di

produzione capitalistico la capacità di quest’ultimo di fornire solidi incentivi

alla generazione di nuove tecnologie ed alla loro diffusione.

A partire dal 1870 l’interesse degli economisti per lo studio del

progresso tecnologico subisce però una sostanziale battuta d’arresto. Con

l’affermarsi dell’approccio neoclassico e della rivoluzione marginalista

l’obiettivo principale degli economisti diviene quello di determinare le

condizioni per l’esistenza di un equilibrio statico in un’economia

concorrenziale nella quale la tecnologia è assunta come data. La teoria

economica dominante cessa dunque di occuparsi della crescita economica di

lungo periodo e delle sue fonti, argomento la cui importanza verrà riscoperta

dalla scuola neoclassica solo nel secondo dopoguerra.

Una notevole eccezione è costituita dal lavoro di Joseph Schumpeter

che, già a partire dai primi anni del ventesimo secolo, raccoglie in qualche

modo l’eredità degli autori classici. Sin dalle prime opere6 l’economista

austriaco riporta l’attenzione dell’analisi economica sullo sviluppo di lungo

periodo. Egli intende questo fenomeno come un processo di trasformazione

strutturale del sistema economico che, in assenza di fattori di mutamento,

riprodurrebbe esclusivamente se stesso in un flusso circolare e stazionario.

A introdurre il cambiamento all’interno di questo flusso circolare e dunque

a portare allo sviluppo è la capacità dell’imprenditore di generare

innovazioni, intese come nuove combinazioni dei fattori produttivi per

realizzare nuovi beni o modificare i processi per la produzione di beni

3 Cfr. Pavitt (1988). 4 Cfr. Marx (1970). 5 Per una discussione completa sull’argomento si veda Rosenberg (1982), pp. 57-78. 6 Cfr. Schumpeter (1912).

14

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esistenti. Dal momento che nella visione schumpeteriana lo sviluppo

economico dipende da un mutamento qualitativo del sistema produttivo

innescato dall’innovazione, questo tipo di approccio rappresenta una

profonda rottura rispetto alla teoria marginalista, più incline invece a

sottolinearne i mutamenti quantitativi, come è ben testimoniato da una

celebre metafora dell’autore: “sommando un numero grande a piacere di

carrozze postali, non si otterrà mai una ferrovia”7. La critica di Schumpeter

alla teoria neoclassica e la sua riflessione sull’importanza dell’innovazione

pervadono tutta la sua opera. In un testo della fase più matura, Capitalism,

Socialism and Democracy, 8 attacca i fondamenti stessi della microeconomia

neoclassica, asserendo che la logica che porta a considerare la concorrenza

come regolata esclusivamente dalle politiche di prezzo in un contesto statico

vada piuttosto sostituita da una in cui sono il progresso tecnologico e

l’innovazione a costituire il principale strumento di competizione. Nel

processo che l’autore definisce di distruzione creatrice9 le imprese che

innovano sopravvivono e lo fanno a spese delle concorrenti che scompaiono.

Con la seconda metà degli anni ’50 anche la teoria economica

dominante, pur non facendo proprio il discorso schumpeteriano, torna ad

occuparsi della crescita economica di lungo periodo e delle sue cause. Sin

dalle prime ricerche di natura empirica condotte da importanti studiosi

dell’argomento, tra cui Edward Denison, Moses Abramovitz e John

Kendrick, viene riconosciuto come il progresso tecnologico svolga un ruolo di

primaria importanza nel generare sviluppo, ipotesi che ottiene poi una

solida base teorica grazie al modello proposto da Robert Solow in Technical

Change and the Aggregate Production Function”10. Sebbene il modello di

sviluppo neoclassico goda di un’immediata popolarità tra i ricercatori e dia il

là ad un cospicuo numero di studi empirici finalizzati alla misurazione

dell’importanza relativa dei fattori di produzione nel determinare la crescita

7 Cfr. Schumpeter (1935), p.4. 8 Cfr. Schumpeter (1942). 9 Cfr. Ivi. 10Cfr. Solow (1957).

15

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di un’economia, offre il fianco a critiche sostanziali relative al modo in cui

viene considerata la tecnologia. In primo luogo poiché, pur riconoscendo il

progresso tecnologico tra le fonti di sviluppo, considera l’accumulazione di

capitale come causa principale della crescita economica, mentre assume il

progresso tecnologico stesso esclusivamente come “fattore esplicativo di

ultima istanza” 11 e del tutto esogeno rispetto al sistema, in cui giunge come

manna dal cielo. Si ricorre dunque al progresso tecnologico come spiegazione

solo quando le altre variabili della funzione di produzione (capitale e lavoro)

non riescono a giustificarla e non si indaga ulteriormente quali ne siano le

origini. In secondo luogo risulta poco realistico il fatto che,

nell’interpretazione soloviana, “la tecnologia sia considerata un bene

pubblico, qualcosa a cui tutti possono accedere senza alcun costo” 12. La

conoscenza tecnologica potrebbe quindi essere trasmessa in maniera

immediata, sia tra imprese che tra paesi indipendentemente dalla loro

storia pregressa, e dal loro livello di sviluppo. A questa supposizione fa

seguito l’ipotesi detta di convergenza assoluta secondo cui, ferma l’ipotesi di

rendimenti decrescenti dei fattori, ci si dovrebbe attendere che i divari tra

paesi ricchi e paesi poveri, in termini di reddito pro capite, si riducano

progressivamente sino a scomparire nel lunghissimo periodo.

La comprensibile insoddisfazione verso il modello di crescita

neoclassico ha portato nel corso degli anni ’80 alla nascita di due nuovi

filoni di ricerca nell’analisi del rapporto tra progresso tecnologico e sviluppo

economico: le teorie evolutive13 e le nuove teorie della crescita14 (teorie della

crescita endogena). In questa sede non vi è lo spazio per un’analisi

approfondita delle due scuole di pensiero e delle loro differenze15, anche

sostanziali dal punto di vista del metodo e dei fondamenti teorici che ne

11 Cfr. Verspagen (2005) p. 494. 12 Cfr. Fagerberg (1994) p. 1151. 13 Per la definizione di teorie evolutive si segue qui Castellacci (2007). Tale etichetta include quattro filoni teorici: neo-schumpeteriano (Freeman, Soete,Perez,Dosi), gap tecnologico (Fagerberg), modelli evolutivi formali (Nelson e Winter), approccio del National System of Innovation (Lundvall, Nelson, Freeman). 14 Per una trattazione completa si veda ad esempio Aghion e Howitt ( 1998). 15 Cfr. Castellacci (2007).

16

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stanno alla base, tuttavia due elementi sono degni di nota. In primo luogo il

moltiplicarsi degli studi e delle teorie dedicate all’argomento testimonia il

definitivo riconoscimento nella teoria economica dell’esistenza di una

relazione positiva tra sviluppo economico e progresso tecnologico, dovuto

anche all’osservazione empirica di una realtà come quella del secondo dopo

guerra in cui le innovazione tecnologiche ed organizzative hanno giocato un

ruolo sempre più determinante. In secondo luogo è interessante notare come

tra i due filoni di ricerca vi siano delle aree di convergenza. Entrambi gli

approcci non mancano di sottolineare e fornire spiegazioni alternative agli

aspetti meno convincenti del modello soloviano. In primo luogo perchè,

traendo ambedue principale fonte di ispirazione dall’insegnamento

schumpeteriano, individuano nell’innovazione piuttosto che

nell’accumulazione di capitale la causa principale della crescita economica.

Vista la centralità del progresso tecnologico entrambi i filoni non ne

accettano la provenienza esogena rispetto al sistema economico ma cercano

di spiegarne l’origine. Un ruolo di primo piano viene attribuito in questo

processo agli sforzi profusi nel settore della Ricerca e Sviluppo o più in

generale all’attenzione dedicata allo sviluppo di un sistema di innovazione

nazionale (o regionale) efficiente.

La conoscenza tecnologica non viene poi considerata un bene pubblico

puro come suggerito da Solow, quanto piuttosto come un bene peculiare. Se

da un lato in fatti ha alcune caratteristiche in comune con il bene pubblico

quali la non rivalità e la non escludibilità, dall’altro mostra alcuni connotati

tipici del bene proprietario. Ciò è dovuto al fatto che spesso la conoscenza

tecnologica ha delle componenti tacite che non possono essere assimilate

efficacemente se non attraverso un processo di apprendimento cumulativo

che implica dei costi in termini di tempo e di risorse impiegate. La parziale

natura proprietaria della conoscenza tecnologica spiega l’incentivo ad

innovare poiché rende possibile all’impresa che produce, o sfrutta per prima,

la nuova conoscenza tecnologica di appropriarsi, almeno temporaneamente,

dei frutti del progresso tecnico nella forma di profitti monopolistici. La

17

Page 18: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

componente non rivale consente invece che i vantaggi derivanti

dall’innovazione non restino confinati a tempo indeterminato in una singola

organizzazione ma permette che si propaghino ad altre imprese all’interno

della stessa economia, o anche all’esterno di essa, purché queste dedichino

sufficienti risorse all’assorbimento della nuova conoscenza.

Queste differenze fondamentali rispetto al modello di crescita

neoclassico portano a delle conseguenze teoriche relativamente distanti

rispetto all’ipotesi della convergenza assoluta. Poiché il progresso

tecnologico e l’innovazione vengono considerate il vero motore dello sviluppo

e sono ipotizzate come endogene rispetto al sistema economico, si prevede

che i paesi che investono in maniera maggiore nell’attività di ricerca e nelle

politiche di stimolo dell’innovazione crescano più velocemente di quelli in

cui tale investimento è limitato. Se a questa ipotesi si associa anche il fatto

che il trasferimento tecnologico tra diverse economie non si configura come

un processo immediato e senza costi, ma come un fenomeno dipendente

dalla capacità di un paese di assorbire e diffondere nuove conoscenze al suo

interno, risulta chiaro come l’ipotesi di convergenza del modello neo-classico

possa essere disattesa. Le possibilità di convergenza sono dunque

subordinate allo sviluppo da parte di un paese più povero di un’adeguata

capacità di assorbimento e diffusione delle tecnologie provenienti dalla

frontiera. Questa interpretazione ha indubbiamente il merito di avvicinarsi

di più a ciò che è avvenuto ed avviene nella realtà: basti pensare al fatto che

negli ultimi due secoli il divario nel livello dei redditi pro capite tra il paese

più ricco ed il più povero del globo è passato approssimativamente dal 4,5 a

1 del 1820 ad uno sconcertante 125 a 1 del 200816.

A dispetto di questo trend di lungo periodo verso la divergenza la

storia offre comunque numerosi esempi di paesi inizialmente in condizione

di arretratezza che, in periodi differenti, sono riusciti a invertire la tendenza

16 Elaborazione su dati Maddison (2009). Il paese più povero nel 1820 era il Sud Africa, quello più ricco i Paesi Bassi. Nel 2008 il paese più povero era invece la Repubblica Democratica del Congo, mentre il più ricco erano gli Stati Uniti d’America.

18

Page 19: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

e a ridurre il divario in termini di reddito pro capite con i paesi più ricchi.

Un restringimento del gap tra paesi leader e paesi follower rimane dunque

possibile ma non si tratta di un trend di lungo periodo globale ed

automatico come previsto dall’ipotesi di convergenza assoluta ma piuttosto

della capacità di un singolo paese o di un gruppo di avviare un processo di

recupero a cui solitamente ci si riferisce con termine di catch up. Di capitale

importanza è quindi comprendere quali siano i fattori che permettono il

successo in un simile processo. A conclusione di questa breve introduzione

sul legame tra progresso tecnologico e sviluppo economico ci pare scontato

attribuire un ruolo fondamentale e analizzare più in profondità la rilevanza

della variabile tecnologica e innovativa nei processi di sviluppo tardivo.

1 La visione “tradizionale” del ruolo della tecnologia e dell’innovazione nei

processi di catch-up

Come è stato sottolineato nella parte conclusiva del paragrafo

precedente le teorie economiche sullo sviluppo di lungo periodo oggi

dominanti hanno riconosciuto come il livello di progresso tecnologico possa

essere utilizzato come fattore esplicativo per le differenze in termini di tassi

di crescita e di livelli di reddito tra i diversi paesi a livello globale. Una delle

analisi empiriche più importanti sulla consistenza di questa relazione è

quella realizzata sul finire degli anni ottanta da Jan Fagerberg 17, in cui

l’economista norvegese propose di studiare i differenziali nei tassi di crescita

secondo un metodo definito come approccio del gap tecnologico. Le ipotesi

basilari di questo approccio sono molto semplici. In primo luogo si suppone

che esista una relazione stretta ed individuabile statisticamente tra il livello

di sviluppo tecnologico ed il livello di sviluppo economico di un paese. In

secondo luogo si ritiene che il tasso di crescita di un’economia sia

positivamente influenzato dal tasso di crescita del livello tecnologico

dell’economia stessa. Fagerberg testò econometricamente le due

17 Cfr. Fagerberg (1988) .

19

Page 20: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

supposizioni per 25 paesi su un periodo di tempo di circa vent’anni (1960-

1983), utilizzando come indici per lo sviluppo tecnologico o dell’attività

innovativa una misura di input quale la spesa in Ricerca e Sviluppo in

percentuale del PIL ed una di output come la dimensione dell’attività

brevettuale, e come indice di sviluppo economico nazionale il PIL pro capite

e le sue variazioni annuali. I risultati dell’analisi statistica confermarono

entrambe le supposizioni dell’autore. Ai fini del nostro lavoro sono molto

importanti le deduzioni logiche che si possono trarre dalla correttezza di tali

ipotesi. Se infatti il livello tecnologico di un paese influenza il suo tasso di

crescita allora per uno stato che si trova in una situazione economicamente

svantaggiata è possibile aumentare il proprio tasso di sviluppo accrescendo

in qualche modo le proprie potenzialità tecnologiche. La capacità di un paese

di avviare un processo di catch up, che può essere definito come il

restringimento del divario di produttività e reddito nei confronti dei paesi

più ricchi e generalmente di più antica industrializzazione, risulta dunque

profondamente connessa alle problematiche concernenti il progresso

tecnologico e l’innovazione.

Come abbiamo detto esiste una netta differenza tra ciò che si intende

per convergenza e ciò che invece viene definito come catch up. Se la teoria

economica pura passata brevemente in rassegna nell’introduzione si

concentra sul primo fenomeno, numerose sono state anche le analisi

dedicate ai processi di sviluppo tardivo nel ventesimo secolo. Sebbene

questo tipo di letteratura si sia concentrata prevalentemente

sull’osservazione empirica di casi specifici, quali ad esempio il recupero

economico precedente alla Grande Guerra di alcune potenze europee nei

confronti della Gran Bretagna18, oppure quello di diversi paesi Asiatici

nella seconda metà del XX secolo rispetto all’economia statunitense19, ed

abbia seguito un approccio storico economico piuttosto che uno teorico

formale, il suo contributo ha apportato delle intuizioni fondamentali per la

18 Cfr. Veblen (1915), Gerschenkron (1962). 19 Cfr. Odagiri e Goto (1996), Kim (1997).

20

Page 21: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

comprensione di tali processi. Una delle più importanti e condivise, di cui

discuteremo nel corso del capitolo, è relativa alla variabile tecnologica: per

un paese follower partire da una condizione di arretratezza in termini

economici e tecnologici rispetto ai paesi leader sulla frontiera

dell’innovazione può non costituire un handicap ma può anzi rappresentare

un vantaggio.

1.1 I vantaggi dell’arretratezza economica relativa ed il ruolo della

tecnologia nei processi di sviluppo tardivo. L’esperienza Europea.

L’ipotesi centrale di ogni analisi sui processi di sviluppo tardivo è la

seguente: essere in una condizione di arretratezza economica e tecnologica

porta con sé il potenziale per un rapido sviluppo. Ciò è reso possibile, in

primo luogo, dal fatto che un paese tecnologicamente arretrato ha la

possibilità di disporre di nuova tecnologia non solo inventandola ex novo ma

anche trasferendola da un paese più avanzato ed imitandola. Un’economia

late comer può dunque beneficiare degli aumenti di produttività innescati

dall’utilizzo di una nuova tecnologia senza condividere i costi e i rischi

connessi al suo sviluppo. La possibilità di beneficiare di un rapido progresso

tecnologico non è l’unico vantaggio di cui gode un paese che avvia il processo

di industrializzazione in ritardo. Si pensi ad esempio all’abbondanza di

manodopera a basso costo che può essere trasferita da settori dell’economia

come l’agricoltura, in cui la produttività è bassa, ai settori più moderni ed

in espansione, quali l’industria ed i servizi, dove la produttività è più alta.

Tuttavia in questo studio la nostra attenzione si concentrerà in principal

modo sul ruolo giocato dal progresso tecnologico in tali processi.

Il primo a comprendere che l’accelerazione del cambiamento

tecnologico a livello globale stava offrendo nuove possibilità per lo sviluppo

delle economie late comer fu Thorstein Veblen20. Egli già all’inizio del

ventesimo secolo, osservando attentamente il recupero economico della

20 Cfr. Veblen (1915).

21

Page 22: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

Germania nei confronti della Gran Bretagna prima della Grande Guerra,

intuì che, mentre prima della Rivoluzione Industriale la conoscenza

tecnologica era principalmente incorporata nelle persone, l’avvento della

meccanica aveva portato ad una sua maggiore codificazione dal momento

che permetteva di incorporarla in forma definitiva nelle macchine. Poiché

secondo Veblen questa codificazione consentiva una pressoché immediata

diffusione della conoscenza tecnologica da un’economia all’altra, l’avvio di un

processo di catch-up per un paese tecnologicamente arretrato risultava

relativamente semplice. Recuperare terreno nei confronti dei leader

economici veniva infatti considerato in questa impostazione un fatto quasi

automatico, subordinato esclusivamente alla disponibilità di risorse da

investire nelle tecnologie più avanzate sviluppate dai paesi sulla frontiera.

Non a caso Veblen riteneva che al recupero tedesco avrebbero fatto seguito

quelli di altri paesi europei come Italia, Francia e Russia ed anche extra

europei, da notare come tra questi ultimi mettesse anche il Giappone.

Una prospettiva differente venne offerta mezzo secolo dopo da

Alexander Gerschenkron21. Nonostante lo storico economico di origine russa

sia spesso etichettato come lo scopritore dei vantaggi derivanti

dall’arretratezza economica relativa, egli fu ben lontano dal ritenere i

processi di sviluppo tardivo come semplici ed automatici. Anche nella sua

analisi veniva riconosciuto un ruolo fondamentale alla diffusione della

conoscenza tecnologica dai paesi leader ai follower ed anzi egli pose un

accento particolare su questo punto ritenendo che per le economie follower

fosse di capitale importanza concentrare i propri sforzi sull’acquisizione e

l’imitazione delle tecnologie più avanzate utilizzate dalle industrie in più

rapida crescita nei paesi leader. Tuttavia egli credeva che avviare un

processo di catch-up fosse tutt’altro che un’impresa facile proprio per le

difficoltà insite nel trasferimento delle conoscenze tecnologiche. Secondo

Gerschenkron, infatti, la diffusione tecnologica per essere efficace

21 Cfr. Gerschenkron (1962).

22

Page 23: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

necessitava di una dotazione di capacità e di infrastrutture nel paese

destinatario che le forze di mercato non avrebbero potuto fornire

autonomamente. A compensare tale mancanza avrebbero dovuto provvedere

“strumenti di carattere istituzionale e la diffusione di ideologie

particolarmente favorevoli all’industrializzazione”22. Dunque il successo di

un paese nell’avviare il catch up nella visione di Gerschenkron è tutto

fuorché un fatto scontato, l’arretratezza tecnologica rappresenta sì un

potenziale per il rapido sviluppo di un’economia late comer, ma riuscire a

sfruttare tale potenziale comporta molteplici problemi la cui soluzione non è

necessariamente a portata di mano.

Sulla stessa linea di Gerschenkron si colloca l’opera di Moses

Abramovitz23, realizzata osservando il recupero economico di alcuni paesi

europei nei confronti degli Stati Uniti tra il 1950 ed il 1975. Anch’egli vede

nel gap tecnologico intercorrente tra un paese follower ed i leader tecnologici

un elevato potenziale per lo sviluppo. Come Gerschenkron ritiene anche che

tale potenziale non costituisca però condizione sufficiente per l’avvio del

processo di catch-up. L’obiettivo del suo lavoro è dunque quello di spiegare le

ragioni per cui alcuni paesi siano riusciti in determinati periodi storici a

sfruttare i vantaggi dell’arretratezza economica e ad avviare il recupero nei

confronti dei leader mentre altri continuino a perdere terreno. Abramovitz

suggerisce che tali differenze possano essere spiegate con l’aiuto di due

concetti: Technological Congruence24 e Social Capability25. Il primo si

riferisce al grado di corrispondenza esistente tra il leader ed il follower per

alcune caratteristiche, quali dimensioni del mercato, la domanda dei

consumatori, la dotazione dei fattori produttivi e di risorse naturali.

Maggiore la congruenza tra i due, più probabile sarà che una tecnologia che

funziona nel primo possa essere trasferita efficacemente nel secondo. Un

esempio classico è quello della produzione di massa caratteristica del

22 Gerschenkron (1962), p. 12. 23 Cfr. Abramovitz (1986). 24 Cfr. Abramovitz e David (1995). 25 Cfr. Abramovitz (1991)

23

Page 24: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

modello fordista di sviluppo. Questa modalità produttiva, poiché si basa su

forti economie di scala e necessita di un mercato vasto ed omogeneo, si

sarebbe diffusa in Europa con un ritardo di quasi mezzo secolo sugli Stati

Uniti semplicemente perché nel corso della prima metà del Novecento nel

Vecchio Continente non vi erano le condizioni per il suo impiego profittevole.

I mercati europei erano troppo piccoli e frazionati per rendere scalabile la

produzione. Il secondo concetto si riferisce invece ad un insieme di sforzi e

capacità che un’economia late comer deve sviluppare per facilitare

l’assorbimento e la diffusione della tecnologia rilevante per mettere in moto

il processo di catch-up. Tra questi rientrano il miglioramento del livello del

capitale umano attraverso le politiche per l’educazione, la creazione di

infrastrutture adeguate, la presenza di un sistema finanziario efficiente ed

in grado di garantire le risorse necessarie all’industrializzazione e più in

generale la creazione di capacità tecnologiche attraverso un opportuno

investimento nelle attività di Ricerca e Sviluppo. Nelle parole di

Abramovitz “il potenziale di crescita rapida di un paese è forte non quando

questo è arretrato senza alcun requisito ma quando è arretrato

tecnologicamente ma socialmente avanzato” 26. Nel corso degli ultimi

vent’anni sono stati sviluppati numerosi approcci simili a quello di

Abramovitz. Basti pensare all’applicazione del concetto del National System

of Innovation 27 ai processi di catch-up suggerito da Freeman28 e Kitanovic29

o alla nozione di capacità di assorbimento, proposta da Cohen e Levinthal, a

cui fa riferimento anche un recente studio della Word Bank 30, nel valutare

l’abilità di un paese nel diffondere al suo interno tecnologie straniere nuove

per il mercato locale.

Dopo questa seppur breve analisi di alcuni dei più importanti

contributi dedicati all’esperienza europea di catching up nel ventesimo

secolo ci preme mettere in luce due elementi comuni e centrali per lo

26 Cfr. Abramovitz (1986), p. 388. 27 Cfr. Lundvall (1992) , Nelson (1993). 28 Cfr. Freeman (2002). 29 Cfr. Kitanovic (2005).

24

Page 25: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

sviluppo del lavoro che emergono in queste impostazioni e che potremmo

definire come visione tradizionale del ruolo della conoscenza tecnologica nei

processi di catch up. In primo luogo, come si è detto, la tecnologia è vista

come elemento chiave nei processi di sviluppo tardivo. Ciò nonostante un

paese follone, per poter sfruttare il potenziale della sua arretratezza

tecnologica, non deve tentare di produrre a sua volta conoscenza ma si deve

preoccupare esclusivamente di assorbire, imitare ed al massimo adattare la

tecnologia proveniente dall’estero. L’innovazione viene trascurata da questo

filone di letteratura. Non è considerata come uno strumento utile al processo

di recupero economico poiché non rientrerebbe nelle possibilità di un paese

late comer. In secondo luogo l’impostazione risulta essere quasi sempre di

tipo macroeconomico. Le analisi prese in considerazione sinora, sia quando

descrivono la realtà empirica di un caso specifico, sia quando cercano di

elaborare modelli teorici applicabili in diversi contesti, si concentrano su ciò

che il sistema economico a livello aggregato, o più in generale un sistema

paese, abbia fatto o debba fare a livello di policy per accelerare la diffusione

tecnologica ed avviare il processo di catch-up. Minore attenzione è stata

dedicata ai principali destinatari di queste politiche, le imprese.

1.1.2 L’esperienza Est-asiatica. L’innovazione e l’impresa.

Un parziale cambiamento di approccio si può riscontrare negli studi

che descrivono i processi di sviluppo tardivo avvenuti in Asia ed in

particolar modo prima in Giappone e poi in Corea del Sud. In queste

analisi31 l’impostazione macro non viene abbandonata ed anzi viene

sottolineata l’importanza di una visione sistemica che dedichi specifica

attenzione ai fattori storici ed istituzionali nell’individuare gli elementi

critici per il successo del processo di catch up. Soprattutto viene evidenziata

la centralità del ruolo del settore pubblico per l’edificazione delle capacità e

delle infrastrutture necessarie ad assorbire e padroneggiare la conoscenza e

30 Cfr. World Bank (2008). 31 Cfr. Odagiri e Goto (1996), Kim (1997).

25

Page 26: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

le tecnologie provenienti dall’estero. Basti pensare in tal senso ad alcune

caratteristiche dell’esperienza asiatica messe in evidenza in questo tipo di

indagini. In primo luogo vi sono le politiche commerciali per promuovere

l’industria domestica e l’adozione di nuove tecnologie, quali le restrizioni

all’importazione di alcune categorie di beni, i sussidi all’esportazione ed il

credito guidato 32. In secondo luogo vi è la grande enfasi posta sia sulla

formazione del capitale umano, realizzata attraverso un deciso intervento

statale per aumentare i tassi di scolarità ad ogni livello di istruzione e per

indirizzare gli studenti verso le discipline tecnico-scientifiche (soprattutto

ingegneristiche), sia sullo sviluppo delle potenzialità tecnologiche, ottenute

grazie all’accelerazione degli investimenti in Ricerca e Sviluppo a livello

pubblico ed incentivando la spesa in R&S anche a livello privato. Non è un

caso che ancora oggi, nonostante i tassi di crescita di Giappone e Corea del

Sud siano tornati su dimensioni meno entusiasmanti, i due paesi siano

sempre tra i primi nella speciale classifica dell’investimento in Ricerca e

Sviluppo in percentuale del PIL, rispettivamente con il 3,4 ed il 3,2 per

cento, valori tripli rispetto ad esempio a quello dell’Italia33. Infine, molto

rilievo nella capacità di assorbimento delle conoscenze tecnologiche

provenienti dall’estero hanno avuto le politiche industriali che hanno

consentito ai rispettivi tessuti industriali di effettuare un “graduale ma

continuo avanzamento tecnologico e […] continue riconversioni verso settori

via via più moderni”34. L’esempio più rilevante in tal senso è sicuramente

quello del MITI (Ministero del Commercio Estero e dell’Industria) in

Giappone. Secondo molti35 le politiche portate avanti da tale ministero,

permettendo la cooperazione tra settore pubblico ed impresa privata e

l’importazione di tecnologia straniera a basso costo, sono infatti tra le

principali responsabili della rapida crescita giapponese nel dopoguerra e del

progressivo upgrading tecnologico delle sue industrie.

32 Per il caso coreano si veda anche Lall (2000), p. 56. 33 Cfr. Worl Bank ( 2009). 34 Cfr. Valli (2005), p. 150. 35 Cfr. Johnson (1982).

26

Page 27: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

Sebbene dunque l’approccio macro non sia stato tralasciato nello

studio dell’esperienza asiatica di catching-up, tale livello di analisi non è

l’unico adottato per comprenderla. Una delle principali differenze rispetto ai

lavori visti nel paragrafo precedente sta proprio nel fatto che il livello macro

è sì studiato in maniera approfondita, ma con la finalità di aiutare la

comprensione dei fenomeni di apprendimento tecnologico che avvengono a

livello microeconomico. La metafora automobilistica, utilizzata da Linsu

Kim nell’introduzione di uno dei suoi lavori36 per descrivere le

caratteristiche dello straordinario sviluppo economico coreano, rende l’idea

di quanto sia importante l’impresa come livello d’analisi in questo tipo di

approccio. Se infatti si guarda alla crescita economica come ad una

macchina in corsa, secondo Kim, il governo ha il compito di reggere il

volante e di pensare al carburante ma il motore che fa muovere il veicolo è

costituito dall’impresa. E’ da essa che scaturiscono i cambiamenti nei

processi produttivi e nei prodotti, motivati dalla volontà di sopravvivere e di

crescere su un mercato concorrenziale. Nella visione di Kim sono quindi

sempre le imprese a determinare il livello di competitività internazionale di

un’economia e il ritmo a cui essa cresce.

Se il motore dello sviluppo è l’impresa e a metterlo in moto è il

progresso tecnologico, nei processi di catch up diventa di particolare

rilevanza capire come si svolgono le dinamiche dell’apprendimento

tecnologico a livello microeconomico, come un’impresa assimili o abbandoni

determinate tecniche produttive in risposta a cambiamenti nelle dotazioni

tecnologiche. Analizzando il caso coreano Kim propone un modello di

apprendimento in tre stadi37. In una prima fase l’impresa del paese late

comer acquisisce una tecnologia matura da un paese sulla frontiera

tecnologica. In questa fase non è richiesto un investimento specifico

considerevole in R&S, dal momento che per le imprese non è necessario

36 Kim (1997), p.15. 37 Un approccio simile è presente anche in Odagiri e Goto (1996). Nel modello dei due autori nipponici l’impresa attraversa però le seguenti fasi: importazione della tecnologia, apprendimento / adattamento/ assimilazione, R&S condotta in casa.

27

Page 28: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

produrre nuova conoscenza ma gli basta replicare ed al massimo adattare la

tecnologia importata. Il processo imitativo non è comunque un fatto del tutto

immediato poiché implica lo sviluppo all’interno dell’azienda di alcune

capacità quali l’abilità nel saper individuare la tecnologia appropriata alle

caratteristiche sia del paese che dell’impresa, la competenza nel negoziare il

suo trasferimento e, soprattutto, la capacità di apprendere il funzionamento

della nuova tecnologia grazie ai processi di reverse engineer. Quando

un’impresa ha successo nello stadio dell’imitazione significa che è riuscita ad

acquisire anche una serie di conoscenze che sono fondamentali per il

passaggio allo stadio successivo, quello dell’imitazione creativa. In questa

fase le imprese cominciano a sviluppare capacità di progettazione dei

prodotti e di gestione dei processi e destinano risorse crescenti alle attività

di Ricerca e Sviluppo. Nell’ultima fase la R&S condotta internamente

assume sempre maggiore importanza, l’impresa approda così alla fase

dell’innovazione e della produzione di nuova conoscenza. Simile all’approccio

di Kim è quello proposto da Mike Hobday38, anch’egli propone un modello

lineare in tre fasi derivato dall’osservazione dell’industria coreana e

taiwanese. Il primo stadio è quello dell’Original Equipment Manufacturing

(OEM), in cui le imprese dei paesi late comer, sfruttando il basso costo della

manodopera, assemblano prodotti standardizzati solitamente per una

multinazionale straniera che li commercializza poi nel resto del mondo con il

proprio marchio. Nella seconda fase, denominata di Original Design

Manufacturing (ODM), le imprese late comer sviluppano capacità di

progettazione dei prodotti e di sviluppo dei processi ma i prodotti continuano

ad essere commercializzati con il brand della multinazionale appaltatrice.

Nell’ultima fase, quella del Own Brand Manufacturing (OBM), l’impresa

locale conduce in prima persona la Ricerca e Sviluppo necessaria alla

progettazione di nuovi prodotti, commercializzati con il proprio brand.

Come abbiamo visto le analisi che si occupano dell’esperienza asiatica

di catch up presentano alcune novità rispetto a quelle dedicate alla vicenda

38 Cfr. Hobday (2001).

28

Page 29: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

europea. Nel titolare questo paragrafo abbiamo voluto mettere in luce come

a nostro avviso i cambiamenti maggiori riguardino da un lato il livello di

analisi che dedica maggiore attenzione all’impresa ed ai processi di

upgrading tecnologico che avvengono al suo interno e dall’altro il fatto che,

proprio nel considerare tali processi di apprendimento, si cominci a parlare

di innovazione nella letteratura sui processi di catch up. Le linee

fondamentali restano tuttavia molto simili a quelle della visione

tradizionale. In entrambe le impostazioni l’arretratezza economica e

tecnologica rappresenta un enorme potenziale per un rapido sviluppo che

può essere sfruttato grazie all’acquisizione di conoscenze tecnologiche

provenienti dai paesi leader ed alla costruzione di un ambiente adeguato

alla loro diffusione. Anche in questo caso la capacità innovativa, sebbene

inclusa nel discorso, non viene considerata come uno strumento utile per il

processo di catch up. Nelle prime fasi di tale processo le imprese dei paesi

follower devono infatti concentrarsi sull’acquisizione e sull’adattamento di

tecnologie già esistenti piuttosto che sulla produzione di nuova conoscenza.

La fase dell’innovazione è raggiungibile esclusivamente quando il gap con i

paesi industrializzati viene ridotto al minimo e si configura dunque più

come un’auspicabile conseguenza del processo di sviluppo tardivo che come

una delle sue cause. A ciò è profondamente connesso un altro elemento che

ci preme mettere in rilievo in relazione ai modelli brevemente presentati

sopra: si tratta di modelli chiusi39. Le imprese dei paesi late comer, in

particolar modo di Giappone e Corea del Sud, importano tecnologia

straniera da multinazionali estere ma non innovano con loro. Dopo una

prima fase dedicata all’assorbimento delle tecniche produttive focalizzano

in maniera crescente l’attenzione sull’attività di R&S intra muros e cercano

di sviluppare le capacità necessarie a migliorare gradualmente le tecnologie

mature importate. Se il processo di upgrading tecnologico comincia con un

input proveniente dall’estero, come il trasferimento di una nuova tecnologia

o di una particolare conoscenza, alla fase di innovazione si arriva

39 Cfr. Liu ( 2005), p. 8.

29

Page 30: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

esclusivamente attraverso un percorso endogeno, sia rispetto all’impresa che

rispetto al paese in cui l’impresa è situata. I nuovi prodotti ed i nuovi

processi produttivi sono pensati, progettati e costruiti in-house e fanno poco

affidamento su tecnologie estere.

Proprio questi due fattori, la centralità del processo di apprendimento

graduale e l’attenzione per lo sviluppo di potenzialità tecnologiche endogene

indipendenti, sono stati giustamente ritenuti alcuni tra i principali punti di

forza del modello di sviluppo asiatico. Visto il successo di tale modello, molti

degli studi citati hanno preso in esame la sua adattabilità ad altri contesti di

paesi emergenti o in via di sviluppo. Fatta salva l’importanza della

creazione di capitale umano, l’edificazione di un sistema che supporti la

diffusione e l’accesso a nuove tecnologie, tuttavia è generalmente

riconosciuto il fatto che “non vi sia un unico ed ottimo sentiero di sviluppo.

Che vi siano numerose strategie alternative possibili, dipendenti dagli

obiettivi di ciascun paese e dalle caratteristiche delle loro economie”40.

Questo ragionamento a nostro avviso può e deve essere allargato alle

caratteristiche assunte dal sistema economico a livello globale nel momento

in cui un paese imbocca il sentiero dello sviluppo tardivo. Le condizioni che

determinano il successo, o anche solo le possibilità di avvio, di un processo di

catch up mutano quindi insieme all’ambiente economico e tecnologico

globale. L’ipotesi che verrà sviluppata nel resto del capitolo è che le

trasformazioni tecno-economiche registrate negli ultimi vent’anni, in primo

luogo il passaggio da un’economia industriale ad un’economia sempre più

basata sulla conoscenza e sull’information technology, abbiano modificato in

maniera drastica, e per certi versi abbiano solo cominciato a farlo, le

caratterisitiche del sistema economico globale e con esso le condizioni per

l’avvio dello sviluppo tardivo nei paesi follower. L’accelerazione del processo

di globalizzazione sia a livello produttivo che di creazione della conoscenza,

la maggiore disponibilità e velocità nella trasmissione delle informazioni e

40 Lall (2000), p. 62.

30

Page 31: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

di ogni tipo di conoscenza codificabile, la crescente importanza assunta dalla

collaborazione a diversi livelli della catena del valore sono solo alcune delle

novità apportate dall’affermarsi del nuovo paradigma. Le condizioni che

hanno consentito il successo di un modello di sviluppo relativamente chiuso

come quello giapponese o coreano sembrano svanire velocemente nel nuovo

contesto. Non solo, probabilmente non si procede a molta distanza dalla

realtà nell’affermare che le condizioni che hanno consentito il catch-up di

Corea e Giappone siano più simili a quelle dell’inizio del XX secolo rispetto a

quelle che oggi si prospettano e si prospetteranno nel prossimo futuro ai

paesi follower.

2 Mutamento della relazione tra scienza, tecnologia e innovazione ed

implicazioni per i processi di catch-up

Alcuni tra i più importanti studiosi del rapporto intercorrente tra

cambiamento tecnologico ed economia, appartenenti principalmente alla

corrente teorica neo-schumpeteriana41, hanno sottolineato come le

caratteristiche e la velocità dello sviluppo economico nell’era industriale

siano state segnate da alcune innovazioni tecnologiche fondamentali42.

Queste innovazioni radicali, definite come vere e proprie rivoluzioni

tecnologiche hanno dato il via al dispiegamento di diversi paradigmi tecno-

economici nei quali la struttura del sistema produttivo è stata

drasticamente modificata dalla nascita di nuove industrie e dal

ringiovanimento del resto del sistema produttivo in virtù della diffusione

dell’innovazione alle industrie esistenti. Secondo questa impostazione non si

dovrebbe parlare di una singola Rivoluzione Industriale ma di più

rivoluzioni industriali successive, coincidenti con la comparsa di sistemi

tecnologici differenti che hanno posto le basi per una crescita economica ad

41 In particolar modo Freeman, Soete, Perez, Dosi, Louça. 42 Questo concetto ha degli elementi in comune con quello di General Purpose Technologies sviluppato da Elan Helpman nel contesto delle nuova teoria della crescita. Cfr. Helpman (1998).

31

Page 32: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

ondate. Christopher Freeman e Luc Soete43 riconoscono la manifestazione di

cinque sistemi tecnologici tre la seconda metà del Settecento ed i giorni

nostri, dalla prima rivoluzione industriale basata sulla meccanizzazione

della produzione tessile sino alla ascesa dell’Information and

Communication Technologies (ICT).

Sebbene questo tipo di teorie siano spesso state accusate di un

eccessivo determinismo tecnologico, critiche in qualche caso riconosciute

come legittime dagli autori stessi44, se non applicate con eccessiva rigidità

possono risultare molto utili per capire perché alcuni paesi riescano ad

avviare un processo di sviluppo tardivo in determinati periodi storici mentre

altri falliscano. In particolare Carlota Perez, basandosi su questo tipo di

approccio, sostiene la necessità di guardare alle opportunità per lo sviluppo

come ad un “bersaglio in movimento” 45. Dal momento che ogni paradigma

tecnologico offre diverse “windows of opportunity”46 per l’avvio di un

processo di catch up in un paese late comer , la comparsa di un nuovo

sistema tecnologico implica un cambiamento anche radicale delle condizioni

necessarie per lo sviluppo. Risulta dunque evidente come un modello

perfettamente funzionante in un determinato contesto possa dimostrarsi

inefficace in un periodo dominato da un paradigma tecno-economico

differente. Le opportunità di sviluppo sorgono e subiscono importanti

mutamenti sulla base delle rivoluzioni tecnologiche che si manifestano sulla

frontiera. Non solo, secondo Perez l’avvento di un nuovo paradigma

costituisce una grande possibilità per i late comer, poiché non avendo avuto

successo nell’adattarsi a sistemi tecnologici precedenti hanno l’occasione di

indirizzare semplicemente i propri sforzi verso nuovi processi di

apprendimento, mentre i paesi o le imprese leader devono preoccuparsi di

disimparare parte delle loro conoscenze e routine per poter padroneggiare

quelle nuove.

43 Cfr.Freeman e Soete(1997), Freeman e Louça (2001). 44 Soete (2008), p.3. 45 Perez (2001), p.110. 46 Cfr. Perez (2001).

32

Page 33: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

Cogliere le opportunità offerte dalla novità implica una profonda

comprensione delle caratteristiche e dei mutamenti che il nuovo sistema

porta con sé. Nei paragrafi precedenti abbiamo sottolineato quanto la

conoscenza tecnologica e la sua diffusione sia importante per il buon esito di

un processo di catch up. Riteniamo quindi che sia di particolare importanza

rendersi conto di come, all’interno di differenti paradigmi tecnologici, vi

siano modalità diverse di gestire, generare e diffondere conoscenza

scientifica ed innovazione e che siano in primo luogo tali modalità a

determinare le condizioni a cui può essere avviato il processo di recupero

economico da parte dei late comers. L’epoca attuale è caratterizzata

dall’affermazione di un sistema tecno-economico in cui le tecnologie legate

all’informazione ed alla comunicazione detengono un’importanza crescente

che, secondo molti 47, è ben lontana dal suo apice. Una delle principali

caratteristiche del radicamento di questo paradigma è l’accelerazione del

processo di globalizzazione. Se tale accelerazione sia una conseguenza

inevitabile della progressiva diffusione dell’ICT, come ipotizzato da Perez 48,

o se sia al contrario una delle cause della rapida penetrazione delle nuove

tecnologie, prescinde dallo scopo di questo lavoro. Ciò che però risulta

evidente è che la concomitanza di due fenomeni così rilevanti ha modificato

in maniera drastica le condizioni che governano la produzione, la diffusione

e l’accesso alla conoscenza e all’informazione, con notevoli implicazioni per i

paesi emergenti ed in via di sviluppo.

2.1 Mutamento della relazione tra Ricerca, Innovazione e Sviluppo

economico

Come è stato sottolineato da Dominique Foray e Paul David 49, con

l’avvento del nuovo paradigma la conoscenza ha assunto un’importanza

crescente per il sistema economico. L’introduzione delle tecnologie basate

47Cfr. Dosi e Castaldi (2008). 48Cfr. Perez (2005), p.22.

33

Page 34: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

sull’ICT ha, in primo luogo, accelerato la velocità a cui la conoscenza viene

prodotta, accumulata e duplicata, aumentandone la disponibilità e

riducendo il costo del suo trasferimento. Anche alcuni dei canali tradizionali

di diffusione della conoscenza tecnologia a livello internazionale, quali il

commercio e soprattutto gli investimenti diretti esteri (IDE)50, hanno subito

un incremento determinante negli ultimi vent’anni. L’accelerazione del

processo di globalizzazione ha infatti portato alla nascita di reti di

produzione globali in cui la produzione di un bene, invece che essere

realizzata interamente nel paese d’origine dell’impresa che lo

commercializza, viene frammentata tra nazioni differenti sulla base della

Figura 1.1: Stock di Investimenti diretti esteri verso i principali paesi emergenti (mld di dollari)

0

200

400

600

800

1000

1200

1400

1990 1992 1994 1996 1998 2000 2002 2004 2006 2008

Brasile Cina India Messico Russia Totale

Fonte: World Investment Report (2009)51.

legge del vantaggio comparato. Tale fenomeno consente una più veloce

diffusione delle conoscenze tecnologiche grazie agli effetti di spillover che

generano esternalità positive per il paese che riceve l’investimento ed è oggi

49 Cfr. Foray e David (2001). 50 Cfr. Keller (2004). 51 Cfr. UNCTAD (2009).

34

Page 35: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

in costante crescita per i paesi emergenti, come dimostra il grafico in figura

1.1, relativo agli stock di investimenti diretti esteri destinati verso i

principali paesi emergenti.

Ancora più importante per la diffusione della conoscenza è il fatto che

a partire dagli anni ’90 molte delle più importanti multinazionali a livello

globale abbiano cominciato a delocalizzare non solo le attività di produzione

di beni e servizi ma anche quelle di Ricerca e Sviluppo. Inizialmente queste

decisioni sono state motivate dall’esigenza di collocare i laboratori per la

R&S in prossimità dei centri di produzione soprattutto per adattare i

prodotti alle necessità dei mercati locali. Con il passare del tempo però

numerose imprese multinazionali hanno cominciato a condurre all’estero le

proprie attività di ricerca per poter beneficiare di condizioni ed attingere a

risorse assenti all’interno del proprio paese d’origine, quali ad esempio la

prossimità a centri per l’innovazione, come i parchi tecnologici, o la

possibilità di attingere ad un bacino di talenti più vasto e preparato, spesso

ad un minor costo. Sebbene gli investimenti esteri in R&S siano ancora

un’attività relativamente poco esplorata per un ampio numero di imprese

che operano a livello internazionale, soprattutto se di dimensioni medio-

piccole, si tratta di un fenomeno in costante crescita nell’ultimo decennio e

di crescente rilevanza dal punto di vista quantitativo, come testimonia il

fatto che nel 2006 abbiano raggiunto un quinto del flusso totale degli

investimenti in R&D del settore privato52. L’intensificarsi di tale processo

ha portato secondo Dieter Ernst e Barry Naughton53 alla costituzione,

accanto a quelle di produzione, di vere e proprie reti di innovazione globale

grazie alle quali l’attività innovativa ha smesso di essere concentrata in un

numero limitato di laboratori localizzati nei paesi industrializzati e va

disperdendonsi in un gruppo crescente di aree anche geograficamente molto

distanti dai vecchi centri, con cui rimangono comunque in perenne contatto.

52 Cfr. Boutellier, Gassman, Von Zedtewitz (2008), p. 47. 53 Cfr. Ernst e Naughton ( 2007).

35

Page 36: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

Secondo alcuni autori l’interazione tra la rivoluzione tecnologica

dell’ICT e la nascita di reti globali di produzione e conoscenza ha portato ad

una sostanziale modifica del rapporto intercorrente tra ricerca ed

innovazione. L’economia industriale del ventesimo secolo è infatti stata

caratterizzata dalla validità della dicotomia che lega l’attività di Ricerca e

Sviluppo condotta internamente alla generazione del progresso tecnologico.

Nell’impostazione del secolo scorso la conoscenza scientifica rilevante per

un’impresa e dunque quella che poteva essere inglobata in un prodotto

innovativo e commercializzata, era esclusivamente quella prodotta intra

muros. La spesso citata not invented here syndrome faceva sì che

l’acquisizione di idee dall’esterno non fosse considerata come un sentiero

percorribile nel processo innovativo che doveva rimanere chiuso e

centralizzato poiché se un’impresa avesse acquisito delle tecnologie prodotte

al di fuori della sua organizzazione non avrebbe potuto garantire la qualità e

le performance di quella particolare tecnologia. L’esigenza principale delle

aziende in questo periodo era quella di raggiungere una completa

specializzazione verticale internalizzando ogni attività, in particolar modo le

divisioni dedicate alla Ricerca e Sviluppo, poiché il campo delle conoscenze

sviluppate al di fuori dei laboratori-fortezza delle grandi imprese era

ritenuto molto limitato e poco fertile. Si trattava di un modello lineare molto

efficace e virtuoso dal momento che consentiva alle imprese che

realizzavano un investimento importante in laboratori di ricerca di ricavare

costantemente un flusso di idee commercializzabili dalla ricerca di base

condotta in casa e di ottenere profitti dalla vendita dei prodotti che le

incorporavano. Parte di quei profitti poteva poi essere reinvestita per far

crescere la divisione di ricerca generando così un circolo virtuoso per

l’impresa: più spesa in R&S, più ricerca di base, più idee commercializzabili,

maggiori profitti in parte ulteriormente reinvestiti. Il risultato è stato

l’avvento di quella che Chesbrough definisce come l’”età dell’oro della

Ricerca e Sviluppo industriale condotta internamente” 54 caratteristica del

54 Chesbrough (2003), p.29.

36

Page 37: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

ventesimo secolo. Potendo sfruttare anche le proprie economie di scala, le

imprese più grandi disponevano nei loro laboratori delle migliori

attrezzature, del personale maggiormente qualificato e avevano quindi la

possibilità di focalizzare i propri sforzi su progetti a lungo termine

adeguatamente finanziati. Inevitabilmente la maggior parte del progresso

tecnologico ed anche alcune importanti scoperte scientifiche55 vedevano la

luce grazie all’attività di Ricerca e Sviluppo condotta in un numero limitato

di grandi laboratori- fortezza, dai quali si cercava di evitare qualunque tipo

di fuga di informazioni. Il panorama della conoscenza disponibile al di fuori

delle divisioni di R&D delle grandi aziende era piuttosto povero e le

possibilità per nuove aziende di realizzare innovazioni ed entrare in

industrie ad alta intensità di ricerca erano limitate dalla necessità di fare

cospicui e rischiosi investimenti iniziali per poter competere con gli

incumbents.

L’avvento del nuovo paradigma ha profondamente modificato il

processo innovativo, portando al parziale collasso della dicotomia ricerca

formale-progresso tecnologico. Sebbene la ricerca sia ancora una delle pietre

angolari della produzione di conoscenza, soprattutto per alcuni settori (come

ad esempio l’industria chimica e farmaceutica o l’indotto dell’automotive) la

rivoluzione tecnologica in atto “ha portato alla proliferazione dei luoghi [e

degli attori] che hanno come finalità specifica la produzione e l’utilizzo di

nuova conoscenza in una maniera che può essere non direttamente

osservabile attraverso le statistiche nazionali sulla R&D ma che è

nondimeno essenziale per sostenere le attività innovative in un ambiente

globale” 56. L’attività innovativa viene intesa sempre di meno come la

capacità di scoprire o di inventare all’interno di una singola impresa,

qualcosa di completamente nuovo dal punto di vista scientifico da

incorporare in prodotti radicalmente innovativi, ma sempre di più in termini

55 Una delle più importanti, che valse anche il premio Nobel per la Fisica ai suoi scopritori, è stata l’individuazione della radiazione cosmica di fondo effettuata nei Bell Labs da Wilson e Penzias progettando un nuovo tipo di antenna per le comunicazioni satellitari. 56 Soete (2008), p. 6.

37

Page 38: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

di abilità nello sfruttare quelle che Schumpeter chiamava neue

Kombinationen57, ovvero combinazioni creative di conoscenze e tecnologie

esistenti. Poiché secondo questo approccio l’innovazione può giungere senza

la necessità di particolari balzi in avanti dal punto di vista scientifico e

visto che le innovazioni appaiono sempre di più in situazioni inaspettate

come dimostra il fatto che spesso siano gli utilizzatori la sorgente dell’idea58,

talvolta si è fatto riferimento a questo modello alternativo come a quello

dell’innovazione senza ricerca59. Chiaramente questa definizione non è da

intendere in senso rigido dal momento che l’attività di ricerca rimane di

fondamentale importanza per l’innovazione anche nel nuovo paradigma, ma

testimonia come gli approcci basati sulla centralità dei grandi laboratori

interni stiano lasciando spazio a modelli più aperti e democratici del

processo innovativo. In un mondo in cui i centri di produzione della

conoscenza crescono esponenzialmente, le imprese hanno la necessità di

aprire il processo innovativo poiché le nuove idee e le persone capaci di

generarle si trovano e si troveranno sempre più spesso al di fuori della

struttura organizzativa di una singola impresa e dei confini di un’unica

nazione.

1.2.2 Verso l’apertura del processo innovativo. Open innovation, User led

innovation e Hidden innovation.

A dimostrazione di quanto accennato sopra molti ricercatori

specializzati nel campo dell’innovazione hanno prestato crescente attenzione

ad una serie di comportamenti relativi ai processi innovativi emersi negli

ultimi anni. Le analisi di questi trend sono tra loro strettamente correlate

ed in qualche modo possono essere considerate come visioni differenti del

medesimo fenomeno poiché in fin dei conti tutte testimoniano della

progressiva apertura del processo innovativo stesso. Ciò nonostante si

57 Cfr. Schumpeter (1912), p.78. 58 Cfr. Von Hippel (2004).

38

Page 39: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

possono individuare tre concetti principali quelli di open innovation, user

led innnovation e hidden innovation.

L’approccio dell’open innovation, introdotto da Henry Chesbrough60, è

quello di più ampio respiro ed è forse quello che meglio descrive il

cambiamento di paradigma a cui si è fatto riferimento nel paragrafo

precedente. Secondo questa visione oggi le idee provenienti dall’esterno di

un’impresa sono da porre allo stesso livello di importanza di quelle che

vengono sviluppate al suo interno. Poiché a differenza del paradigma

precedente il panorama globale è ora caratterizzato dall’abbondanza di

conoscenza disponibile, un’impresa innovatrice deve in primo luogo

monitorare ed utilizzare la maggior quantità possibile di idee sviluppate

esternamente cercando di finanziare la creazione di nuove conoscenze solo

quando strettamente necessario. In questa prospettiva viene infatti

considerato uno spreco destinare risorse alla ricerca per ottenere risultati

analoghi o simili a quelli già raggiunti da altre imprese o strutture

pubbliche. E’ pertanto indispensabile tenere accuratamente d’occhio ciò che

avviene al di fuori delle proprie divisioni di R&S per evitare di dissipare

capitale, talento e tempo reinventando la ruota. Poiché le imprese devono

riorganizzarsi in modo da essere più permeabili alle informazioni che

giungono dal di fuori dei propri confini per poter attingere ad un bacino di

conoscenze in costante crescita devono riconsiderare i compiti e gli obiettivi

della ricerca svolta internamente. Piuttosto che dedicarsi alla produzione di

nuova conoscenza le divisioni di R&D “dovranno occuparsi sempre di più

di identificare , capire, selezionare e connettersi alla vastità di conoscenze

disponibili esternamente; dovranno cercare di integrare le reti interne con le

reti esterne per formare nuove e più complesse combinazioni di conoscenza,

per creare nuovi sistemi ed architetture; dovranno concentrare gli sforzi per

59 Cfr. Soete (2008) p. 5 ; Freeman e Soete (2007) p. 12. 60 Cfr. Chesbrough, p. 43.

39

Page 40: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

lo sviluppo di idee nuove esclusivamente in aree dove non sia possibile

attingere a sapere già esistenti” 61

Il processo innovativo aperto porta dunque in primo piano la

connessione tra i centri di produzione di conoscenza ad ogni livello, a partire

dai laboratori di ricerca delle università fino a quelli delle imprese private,

passando dai centri di ricerca pubblica e talvolta persino da quelli militari.

Nel modello aperto l’innovazione non arriva esclusivamente in virtù della

scoperta di qualcosa di completamente nuovo ma grazie allo scambio di

conoscenza tra i diversi attori che la producono. Questo genere di

transazione ha chiaramente una duplice direzione. Da un lato le imprese

proprietarie di tecnologie che risultano sottoutilizzate all’interno della

propria struttura produttiva hanno la possibilità di cedere la licenza per il

loro impiego ottenendo così ricavi inattesi62, dall’altro le aziende che hanno

bisogno di una particolare tecnologia possono acquisirla facendo riferimento

ad un mercato molto più vasto di quello di cui disporrebbero internamente e

senza dover andare incontro ai costi ed ai rischi che avrebbero

sviluppandola ex novo. Non solo, le dimensioni del bacino di idee innovative

da cui attingere vanno oltre i confini dei laboratori di ricerca professionali.

Accanto alla possibilità di acquisizioni, outsourcing selettivi, joint ventures o

alleanze tra imprese o tra imprese, università e centri di ricerca pubblica. le

imprese in cerca di innovazione possono infatti oggi guardare anche ad un

numero crescente di mercati emergenti delle idee, le cosiddette ideagorà.

Queste si configurano come aggregatori di idee, esperienza scientifica e

invenzioni sparse per tutto il pianeta e le mettono a disposizione delle

imprese che ne facciano richiesta. Il processo attraverso il quale svolgono

questa funzione è sufficientemente semplice e può essere brevemente

spiegato guardando al modus operandi della prima e più celebre tra le

61 Cfr. Chesbrough, p. 53. 62 Recentemente sono stati aperti sul web dei veri e propri market place sui quali un’impresa può pubblicare un elenco delle conoscenze tecnologiche scarsamente utilizzate di cui è proprietaria in cerca di acquirenti. L’esempio più noto di questo tipo di piattaforme è yet2.com. Per una trattazione più completa dell’argomento si veda Tapscott e Williams (2008), p.114.

40

Page 41: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

ideagorà, InnoCentive63. Le imprese, denominate “Seeker (cercatori),

pubblicano in forma anonima i loro problemi di R&S sul sito Web di

InnoCentive, mentre i Solver (risolutori), sottopongono le loro soluzioni

tentando di accaparrarsi una ricompensa che può andare dai 5.000 fino a

1.000.000 di dollari”64. Il seeker in questo modo può avvalersi della

collaborazione di un numero di ricercatori di gran lunga superiore rispetto a

quelli di cui dispone all’interno della propria struttura ed accresce così le

possibilità di pervenire ad una soluzione in tempi rapidi e in modo efficiente:

basti pensare al fatto che la sola InnoCentive può contare su più di 160.000

solvers. Sebbene le ideagorà non abbiano ancora raggiunto un altissimo

livello di popolarità65, le imprese che sfruttano questo tipo di servizio sono

in crescita e sono tutt’altro che sconosciute. Un esempio su tutti è quello di

Procter & Gamble66 che, dopo esser stata tra le prime ad affidarsi a

InnoCentive, ha sviluppato un servizio indipendente di collaborazione

esterna, denominato Connect + Develop 67, attraverso il quale

organizzazioni ed individui possono sia tentare di risolvere problemi

specifici proposti dall’azienda, sia presentare idee innovative autonome. Le

imprese oggi hanno sempre più spesso la possibilità e l’esigenza di fare sì

che “il mondo intero divenga il proprio dipartimento di R&D” 68.

Come si evince da quanto descritto sopra, il fulcro dell’apertura del

processo innovativo è la connessione tra i diversi attori che partecipano al

processo di creazione di nuova conoscenza. Altro aspetto molto rilevante è il

fatto che il numero di attori coinvolti in questo processo sia aumentato

esponenzialmente negli ultimi anni ed abbia portato ad una progressiva

63 Ulteriori informazioni sull’attività di Innocentive sono disponibili sul sito www.innocentive.com. 64 Cfr. Tapscott e Wlilliams (2008), p. 109. 65 Una testimonianza dell’importanza del fenomeno dell’ideagorà è il fatto che negli ultimi anni il loro numero si sia moltiplicato e che abbia avuto luogo una specializzazione settoriale. Oltre ad Innocentive ricordiamo InnovationXchange, Fellowforce, Nine Sigma, Your Encore, Idea Bounty. 66 Altri gruppi di fama internazionale che hanno beneficiato dei servizi di InnoCentive sono ad esempio Boeing, Dow, DuPont, Eli Lilly, Jansen, Novartis, Solvay. Inoltre InnoCentive in collaborazione con la Rockfeller Foundation offre lo stesso servizio anche ad organizzazioni non-profit.(www.innocentive.com) 67 Servizio disponibile sul sito www.pgconnectdevelop.com. 68 Cfr. Tapscott e Williams (2008), p.112.

41

Page 42: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

democratizzazione dei processi innovativi 69. Ciò ci porta al secondo dei

trend che stanno tracciando nuove strade verso l’innovazione: la user led

innovation. Questo concetto, reso celebre da Eric Von Hippel70, è fortemente

connesso a quello di open innovation ed in qualche modo ne allarga

ulteriormente la portata. Non solo il processo di innovazione coinvolge

ricercatori e scienziati che provengono da ogni angolo del pianeta e non

esclusivamente dai propri laboratori, ma può essere ulteriormente esteso

fino a coinvolgere users (utilizzatori) e customers (clienti), sia che si tratti di

singoli individui che di imprese. Secondo questa visione spesso i lead users,

ovvero gli utenti che chiedono di più e sfruttano maggiormente le tecnologie

disponibili, utilizzano queste ultime in modi del tutto personali che,

trascendendo le funzioni per cui erano state progettate, portano alla

creazione di nuovi prototipi o di nuove tipologie di servizi. Secondo molti

queste attività costituiscono il “faro che indica la direzione in cui si sta

muovendo il mercato”71 per le imprese disponibili a seguirne la luce. Il

cliente assume un ruolo senza precedenti nello sviluppo del prodotto poiché

diviene un prosumer (producer-consumer): non si limita a consumare un

bene o un servizio ma partecipa attivamente alla sua creazione. Alcuni

settori sono coinvolti in maniera più intensa in questo fenomeno. L’esempio

più conosciuto e di maggiore rilevanza è sicuramente quello costituito dal

software open source72, ma il confine che separa il consumo dalla produzione

sta lasciando spazio alla nascita di zone franche in numero crescente di

ambiti, che vanno dal design di calzature73 fino alla progettazione di

automobili, passando per l’industria del giocattolo. La user-innovation è

un’ulteriore testimonianza di come molte tra le conoscenze e le competenze

necessarie al processo innovativo non possano essere più considerate come

proprietà di una singola impresa ma vadano ricercate al di fuori di essa e

siano utilizzabili da chiunque ne intuisca l’importanza.

69 Cfr. Von Hippel (2005). 70 Ivi. 71 Tapscott e Williams, (2008) p.145. 72 Gli esempi più famosi in questa area sono Linux tra i sistemi operativi e Firefox per i browser.

42

Page 43: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

Come abbiamo già accennato il tipo di innovazione che deriva da un

processo innovativo aperto presenta delle caratteristiche differenti rispetto a

quella che esce dal modello basato sulla centralità della ricerca e sviluppo

svolta internamente. Questo aspetto ci conduce al terzo trend emergente

quello dell’hidden innovation74. Con questo termine si fa riferimento al fatto

che l’apertura del processo innovativo spesso porti ad innovazioni che non

vengono catturate dagli indicatori tradizionali quali la spesa in R&S di

un’impresa o il numero di brevetti da essa detenuti. Chiaramente se nel

paradigma precedente, che è stato definito come closed innovation

paradigm, l’attività di Ricerca e Sviluppo costituiva il fulcro del processo

innovativo, era assolutamente legittimo tentare di valutare la capacità

innovativa di un’impresa esclusivamente sulla base dell’investimento in

ricerca, in un contesto più aperto come quello descritto sopra, in cui la gran

parte della conoscenza rilevante è prodotta al di fuori della struttura di una

singola organizzazione, questo approccio racconta solo una parte della

storia. Sull’esigenza di utilizzare anche altri metodi di valutazione si

tornerà più avanti, quello che preme sottolineare ora sono le ragioni per cui

questo tipo di innovazione rimanga nascosta. La motivazione principale è

quella a cui abbiamo già fatto riferimento parlando di innovazione senza

ricerca: a nuovi prodotti, servizi e processi si giunge sempre più spesso

attraverso la combinazione inedita di conoscenze e tecnologie già esistenti.

Una tassonomia classica e piuttosto rigida delle innovazioni distingue tra

innovazioni radicali ed incrementali. Mentre le prime sono basate su

cambiamenti scientifici e ingegneristici di rilievo, le seconde introducono

modifiche di minore entità a prodotti o servizi esistenti. Dal punto di vista

della concorrenza, l’innovazione incrementale rafforza la posizione delle

imprese leader, quella radicale, in linea teorica, pone una minaccia agli

incumbents poiché porta qualcosa di drasticamente nuovo con cui le imprese

devono fare i conti; spesso tuttavia implica costi di ricerca e rischi di

73 Calzature open source su http://www.fluevog.com/files_2/os-1.html. 74 NESTA (2007).

43

Page 44: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

fallimento talmente alti che in realtà risulta accessibile solo per un numero

molto limitato di imprese. Entrambe le tipologie implicano comunque

cambiamenti di maggiore o minore rilevanza nella tecnologia che sta alla

base di un prodotto o di un processo. Accanto a questa tradizionale

differenziazione Rebecca Henderson e Kim Clark75 hanno introdotto il

concetto di innovazione architetturale. Questo tipo di innovazione non

modifica necessariamente la tecnologia che sta alla base di un prodotto ma

muta il modo in cui interagiscono le diverse tecnologie che lo compongono. Si

basa quindi su conoscenze esistenti e disponibili che vengono ricombinate

creativamente per andare incontro alle tendenze del mercato e alle

necessità degli utilizzatori. L’innovazione architetturale, nonostante la

tecnologia vi svolga un ruolo significativo ma non implicando grandi balzi in

avanti dal punto di vista scientifico, spesso non viene conteggiata negli

indici tradizionali e rimane pertanto nascosta, una hidden innovation. Se le

innovazioni radicali ed incrementali possono essere viste come l’output di un

processo innovativo chiuso, in cui le imprese sfruttano conoscenze e

tecnologie sviluppate internamente attraverso un processo dispendioso sia

in termini di tempo che di costo, l’innovazione architetturale, nascosta, è il

risultato principale dell’apertura di tale processo. Da un lato poiché è resa

possibile da una buona conoscenza delle tecnologie che compongono i diversi

prodotti che sarebbe stata pressoché impossibile da ottenere nel paradigma

precedente, dall’altro perché riesce ad affermarsi rispondendo ad esigenze

precise di consumatori, fornitori e clienti che vengono attivamente coinvolti

nel processo di co-creazione. La progressiva affermazione di questo tipo di

innovazione ha delle implicazioni molto importanti dal punto di vista

competitivo, poiché rappresenta una sfida per i leader di mercato per tre

ordini di ragioni. Primo, rispetto all’innovazione radicale e incrementale non

necessità di un cospicuo volume di risorse e quindi aumenta il numero dei

potenziali concorrenti abbassando le barriere all’entrata sul mercato.

Secondo, dal momento che non viene segnalata dai radar dell’innovazione

75 Cfr. Henderson e Clark (1990).

44

Page 45: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

tradizionale, gli incumbents possono inizialmente non riconoscere la novità

e non percepirla come una minaccia alla propria posizione. Terzo, anche

qualora la riconoscano non è detto che un’impresa leader riesca a

fronteggiare la sfida che le viene lanciata da una nuova entrante attraverso

un’innovazione architetturale.

Le tendenze verso la democratizzazione e l’apertura dei processi

innovativi che abbiamo analizzato in questo paragrafo stanno dunque

modificando in maniera considerevole la relazione tra ricerca, innovazione e

sviluppo economico. Questo cambiamento obbliga a nostro avviso a

riconsiderare anche il ruolo che l’innovazione gioca nei processi di catch up.

2.3 Implicazioni per i processi di sviluppo tardivo. L’innovazione

appropriata

Le implicazioni di questi nuovi trend nei processi innovativi per lo

sviluppo economico dei paesi late comer sono piuttosto suggestive. Come

abbiamo visto nel primo paragrafo i modelli classici di catch up prevedono

che le imprese basate in un paese late comer focalizzino la loro attenzione

sul trasferimento di tecnologie mature e sull’imitazione di queste ultime. In

questo approccio l’imitazione è intesa come l’opposto dell’innovazione, non si

crea nulla di nuovo ma si riproduce fedelmente la tecnologia importata. La

capacità innovativa può essere sviluppata solo dopo un lungo processo di

apprendimento che deve essere svolto internamente. Abbiamo però poi

sottolineato come le condizioni che portano al successo nei processi di catch-

up mutino con l’avvicendarsi dei paradigmi tecno-economici dominanti ed in

particolar modo con il cambiamento delle condizioni che governano la

produzione , la diffusione e l’accesso alla conoscenza. L’ipotesi centrale di

questo lavoro è che il mutamento rappresentato dall’apertura del processo

innovativo porti in primo piano l’importanza dell’innovazione endogena fin

dalle prime fasi dello sviluppo di un paese late comer ed in particolar modo

delle sue imprese.

45

Page 46: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

In primo luogo l’apertura del processo innovativo connessa con la

creazione di reti di produzione ed innovazione globali consente ai paesi

emergenti ed in via di sviluppo che riescano a ritagliarsi uno spazio

all’interno di tali reti, ad esempio attraverso adeguate politiche di apertura

commerciale e per l’attrazione di IDE, di poter attingere ad un bacino di

conoscenze e tecnologie di gran lunga superiore a quello di cui avrebbero

potuto beneficiare venti o trenta anni fa. La diffusione dell’open innovation

paradigm crea un duplice vantaggio, poiché da un lato moltiplica le

possibilità di apprendimento, aumentando esponenzialmente i centri di

produzione di nuova conoscenza ed i canali per la sua diffusione, dall’altro

,grazie all’elevata modularità che caratterizza le reti di produzione globali di

beni e servizi, permette alle imprese dei paesi emergenti di innovare sin

dalle prime fasi del loro sviluppo e di utilizzare l’innovazione come uno

strumento strategico nella competizione con i concorrenti stranieri. Se

infatti i processi di catch up realizzati nella seconda metà del XX secolo

sono stati costruiti sulla base di un modello di sviluppo industriale che

poneva come elemento centrale l’integrazione verticale e l’internalizzazione

di ogni fase del processo produttivo, in un contesto come quello odierno in

cui anche per le più importanti multinazionali dei paesi industrializzati la

conoscenza e le tecnologie create esternamente hanno assunto

un’importanza fondamentale, le imprese dei paesi emergenti hanno la

possibilità di innovare combinando come in un puzzle pezzi di tecnologie

disponibili ideate altrove senza incorrere in costi e rischi che non avrebbero

la possibilità di sostenere nelle prime fasi di sviluppo. Mentre la capacità di

realizzare innovazioni radicali o incrementali rimane dunque quasi del tutto

preclusa per le imprese dei paesi late comer poiché il loro potenziale

innovativo risulta inferiore a quello dei leader tecnologici, l’innovazione

architetturale, nascosta (hidden), può offrire delle grandi opportunità se tali

imprese sono in grado di sfruttare al meglio i propri punti di forza. Questi

ultimi sono connessi al secondo trend che abbiamo citato nel paragrafo

precedente, quello dell’ user innovation .

46

Page 47: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

Se ovviamente in un paese emergente o in via di sviluppo gli

utilizzatori di una determinata tecnologia difficilmente possono essere

definiti come lead users, presentano comunque delle caratteristiche

specifiche che, mentre da un lato hanno fatto sì che le multinazionali non

ritenessero profittevole servirli, dall’altro aprono i cancelli della

competizione alle imprese locali che riescano a rispondervi. Vediamone

alcune brevemente. La prima e principale caratteristica dei potenziali

consumatori, che risiedono nei paesi emergenti ed in via di sviluppo è

ovviamente rappresentata dai loro bassi livello di reddito rispetto a quelli

dei paesi industrializzati; questa peculiarità ha due conseguenze dirette

molto importanti relative al consumo, da un lato si traduce in uno scarso

potere d’acquisto, dall’altro limita l’accesso al credito.

In secondo luogo anche qualora abbiano la possibilità di acquistare

beni e servizi, i consumatori dei Pvs possono aspettarsi da un prodotto

funzionalità differenti rispetto a quelle che vengono fornite dai prodotti

creati per i mercati dei paesi industrializzati. Infatti, poiché generalmente le

conoscenze e la destrezza necessarie ad utilizzare nuove tecnologie sono più

scarse tra le popolazioni più povere, prodotti le cui modalità di impiego

appaiono scontate per i consumatori dei paesi ricchi necessitano di essere

ripensati per essere accettati dai consumatori a basso reddito. In questo

senso basti pensare al fatto che a livello globale quattro miliardi di persone

vivono con meno di 3.000 dollari di reddito annuale in parità di potere

d’acquisto, in condizioni che vanno dalla povertà relativa a quella estrema ,

di queste almeno un quinto è analfabeta76. Ciò significa che a circa 800

milioni di persone, più del 13% della popolazione globale, è precluso l’utilizzo

di prodotti che diano per scontata l’alfabetizzazione dell’utente a prescindere

dalle sue reali possibilità di consumo.

Altra caratteristica che contraddistingue i paesi emergenti ed in via

di sviluppo in particolar modo nelle aree rurali è il problema

infrastrutturale. Molte delle condizioni date per scontate per il corretto

47

Page 48: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

funzionamento di beni e servizi ideati per mercati avanzati non sempre sono

accessibili in economie più povere. Esempi citati spesso in questo senso sono

quelli dell’assenza di una rete elettrica diffusa capillarmente, dei flussi

altalenanti della corrente elettrica stessa, difficilmente tollerati da

qualunque dispositivo elettrico pensato per quelli costanti dei paesi

industrializzati, della mancanza di segnali radiofonici, televisivi e della

connessione internet.

Le caratteristiche menzionate sopra rappresentano solo alcune delle

motivazioni che hanno indotto i gruppi multinazionali a trascurare i mercati

periferici anche se potenzialmente molto vasti. Ovviamente le

multinazionali non dimenticano del tutto i paesi emergenti, sono ben

consapevoli dell’importanza di vasti mercati quali quello cinese, indiano o

brasiliano ma in tali contesti si limitano a servire il 5 o il 10 per cento più

ricco della popolazione, spesso residente in aree urbane dotate di

infrastrutture di qualità simile a quelle occidentali, a cui possono facilmente

indirizzare prodotti affini a quelli creati per i mercati avanzati, mentre non

considerano profittevole ideare prodotti destinati al resto della popolazione

con redditi più bassi. Sebbene (come si vedrà nel quarto capitolo) oggi le

multinazionali abbiano cominciato ad abbandonare questo tipo di scelta

strategica, questo vuoto lasciato alla base della piramide del reddito ha

rappresentato e rappresenta una notevole opportunità di sviluppo per le

imprese dei paesi emergenti. Ciò è vero in primo luogo da un punto di vista

strettamente economico. Sebbene sia innegabile che i mercati dei paesi più

ricchi consentano margini di profitto più elevati, anche quelli dei paesi

emergenti sono tutt’altro che trascurabili. In questo senso è sufficiente fare

alcune considerazioni a livello aggregato. Nove paesi, Cina, India, Brasile,

Messico, Russia, Indonesia, Turchia, Sudafrica e Tailandia , insieme hanno

una popolazione di circa tre miliardi e trecento milioni di persone e

rappresentano circa il 70% della popolazione del mondo in via di sviluppo. In

parità di potere d’acquisto (PPP) il Prodotto Interno Lordo totale di questo

76 Cfr. Duyster e Ghazi (2008), p.18.

48

Page 49: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

gruppo di paesi nel 2008 era di quasi 17.400 miliardi di dollari77, pari circa a

quelli di Stati Uniti, Giappone, Germania, Francia, Italia e Spagna sommati

insieme78. Sicuramente non un mercato di dimensioni irrilevanti. Si può

comunque facilmente obiettare che all’interno dei paesi citati la gran parte

della ricchezza è spesso detenuta da una stretta minoranza della

popolazione. Ciò nonostante secondo i dati forniti dal World Resources

Institute (WRI) il reddito aggregato a livello globale di tutta la popolazione

che compone la base della piramide, definita in questo caso come composta

dagli individui con un reddito annuale inferiore ai 3.000 dollari all’anno in

PPP, è di circa 5.000 miliardi di dollari79, significa dunque che,

contrariamente a quanto convenzionalmente si pensa, “ci sono soldi alla

base della piramide”80 Sebbene infatti il potere d’acquisto di chi dispone dai

2 agli 8 dollari al giorno non sia comparabile con quello delle popolazioni dei

paesi ricchi, i consumatori dei paesi emergenti ed in via di sviluppo grazie al

loro numero rappresentano un significativo potere d’acquisto latente che

deve essere sbloccato e che può essere sbloccato. A dimostrazione di ciò si

può fare riferimento ad una coppia di fattori. Il primo è quello dell’economia

informale. Nei mercati a basso reddito una buona parte della popolazione è

legata ad ampie reti di economia informale che non vengono conteggiate

nelle statistiche. I livelli di reddito riportati dalla contabilità ufficiale

possono dunque essere più bassi delle reali disponibilità della popolazione. Il

secondo fattore riguarda invece la cosiddetta poverty penalty, fenomeno per

il quale la parte più svantaggiata della popolazione oltre che a disporre di

un reddito più basso è costretta a pagare di più di quanto facciano i

consumatori ad alto reddito per poter accedere a beni e servizi di base a

causa della forza dei monopolii e degli intermediari locali, della difficoltà di

accesso alle informazioni, delle restrizioni nella distribuzione. Un esempio

citato spesso quello dell’accesso al credito: in un paese emergente o in via di

77 Cfr. GGDC (2009), in dollari U.S.A. del 1990. 78 Cfr. GGDC (2009). 79 Cfr. WRI (2007). 80 Cfr. Prahalad (2007), p. 32

49

Page 50: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

sviluppo una persona che disponga di un reddito basso, non avendo

collaterali da offrire, qualora voglia prendere a prestito del denaro è

costretto a rivolgersi ad usurai locali che applicano tassi di interesse

esorbitanti se paragonati a quelli di una banca occidentale. Il problema non

è quindi legato in via esclusiva ai livelli di reddito limitati, quanto alla

percentuale di quel reddito che viene spesa per soddisfare i bisogni primari.

Se il settore privato si impegnasse a servire in maniera più efficiente i

mercati alla base della piramide ciò incrementerebbe anche il potere

d’acquisto della popolazione a basso reddito con beneficio delle imprese che

per prime si sono impegnate in quel tipo di mercato.

Questa occasione può però essere colta solo attraverso l’innovazione,

poiché “le opportunità di mercato non possono essere soddisfatte con

versioni annacquate delle soluzioni tecnologiche tradizionali per i mercati

sviluppati, i mercati alla base della piramide possono e devono essere

affrontati con le tecnologie più avanzate, combinate in modo creativo con le

infrastrutture esistenti (e in evoluzione)”81. Per conquistare questa

tipologia di mercati un’impresa deve sviluppare le capacità necessarie per

realizzare quella che C.K. Prahalad definisce innovazione per la base della

piramide82. Questo tipo di innovazione secondo l’autore deve soddisfare

alcuni principi fondamentali: 1. Deve concentrarsi sul rapporto

prezzo/prestazioni, cercando di abbassare sensibilmente il primo senza

peggiorare le seconde. 2. Richiede soluzioni ibride che sappiano integrare

creativamente tecnologie avanzate con le esigenze dei consumatori più

poveri. 3. Deve essere incorporata in prodotti scalabili e facilmente

trasferibili tra paesi e culture diverse. 4. Deve essere ideata per funzionare

in condizioni ambientali difficili e le sue mansioni devono essere il più

semplici possibile.

Ora se si analizza l’innovazione per la base della piramide alla luce di

quanto si è detto nel paragrafo precedente sui nuovi trend nei processi

81 Cfr. Prahalad (2007), p. 53. 82 Ivi (2007), p. 47.

50

Page 51: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

innovativi, appare evidente come ricada nella categoria dell’innovazione

nascosta ed architetturale, dal momento che non prevede grandi passi in

avanti dal punto di vista scientifico e tecnologico ma implica piuttosto

l’utilizzo di pezzi di conoscenza già disponibili ricombinati per rispondere ad

esigenze specifiche di una particolare categoria di utilizzatori, quelli a basso

reddito. Come si è visto l’innovazione architetturale comportando costi di

ricerca e rischi limitati può risultare accessibile anche ad imprese che non

abbiano risorse e conoscenze pregresse comparabili con quelle delle

multinazionali leader. Le imprese originarie dei paesi emergenti possono

dunque sfruttare una conoscenza approfondita delle necessità dei

consumatori a basso reddito e delle condizioni ambientali sommata alla

crescente disponibilità di conoscenze tecnologiche per ritagliarsi un proprio

spazio nei mercati dimenticati dagli incumbents, innovando sin dalle prime

fasi del loro sviluppo. In questo senso si può ipotizzare un cambiamento nel

ruolo della tecnologia nei processi di sviluppo tardivo. Se infatti prima

l’attenzione era concentrata sul trasferimento di tecnologia e sulla selezione

della tecnologia appropriata (appropriate technology83) da trasferire, oggi

ta assumendo crescente rilevanza il concetto di appropriate innovation s

84 o

innovazione appropriata. Non si tratta di accogliere in maniera passiva le

tecnologie ideate altrove che si ritengono meglio adattabili alle condizioni di

un paese late comer, ma della possibilità di creare combinazioni nuove e

pensate su misura per le condizioni di tale paese con tecnologie ideate

altrove. Un esempio recente e molto interessante di questo tipo di

innovazione è il telefono cellulare Coral 200 Solar85 realizzato dalla cinese

ZTE Corporation86, impresa di cui torneremo a parlare nel prosieguo del

lavoro, in collaborazione con il principale operatore telefonico caraibico,

Digicel. Questo apparecchio, destinato ai mercati dei paesi in via di sviluppo

e dunque obbligatoriamente un prodotto low-cost, è dotato di un micro

83 Cfr. Basu e Weil (1998). 84 Cfr. Soete (2008), p. 8. 85 Cfr. http://wwwen.zte.com.cn/main/News%20Events/Whats%20New/2009021863951.shtml 86 Sito internet: http://www.en.zte.com.cn

51

Page 52: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

pannello solare (sviluppato dalla società olandese Intivation) che consente

di ricaricare la batteria anche laddove non sia disponibile una rete elettrica

capillare. Nonostante il suo prezzo rimanga contenuto, tra i 40 ed i 50

dollari, tale prodotto integra le funzioni di un telefono cellulare di fascia

bassa con una tecnologia avanzata, combinando in modo innovativo le

tecnologie disponibili per rispondere alle esigenze dei consumatori alla base

della piramide. Apparenti costrizioni, come la mancanza di energia elettrica,

al contrario di quanto il senso comune porterebbe a credere, aprono dunque

u

all’innovazione.

Rispetto ai modelli discussi nel primo paragrafo la prospettiva sembra

dunque invertita, non solo la fase dell’innovazione non va vista come uno dei

risultati del processo di catch up ma diventa uno strumento fondamentale

per lo sviluppo industriale di un paese emergente. Il successo

nell’innovazione appropriata consente alle imprese late comer di

guadagnare rilevanti quote del mercato locale, indirizzando i propri sforzi su

segmenti ignorati dalle multinazionali straniere, senza dover competere

nella fase iniziale di sviluppo con imprese dotate di risorse e conoscenze

tecnologiche maggiori. Ottenere una posizione rilevante sui mercati

dimenticati permette a sua volta alle imprese locali di sfruttare economie di

scala e di acquisire le risorse e le capacità necessarie a sopravvivere ed

affermarsi in un secondo momento anche in segmenti di mercato di fascia

più alta sia a livello locale che globale. Ciò è reso possibile dal fatto che,

obbligando a riconsiderare completamente l’architettura di un prodotto o di

n processo, “i mercati alla base della piramide del reddito possono

diventare fonte di innovazione anche per i mercati sviluppati” 87.

L’innovazione nei mercati alla base della piramide può invertire il flusso dei

concetti, delle idee e dei metodi la cui unica direttrice è stata sino ad oggi

quella nord-sud. Le innovazioni create per i consumatori a basso reddito così

come i sistemi manageriali adottati per servire in maniera efficiente la base

della piramide possono infatti trovare applicazione anche nei mercati

52

Page 53: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

avanzati e costituire un vantaggio competitivo per le imprese che li hanno

elaborati. Vantaggio che può essere sfruttato anche nei confronti dei leader

di mercato e che può rappresentare una sfida alla leadership a dispetto

o approcci di tipo non convenzionale come quelli descritti in

tra nazioni per

apacità di assorbimento assumono una rilevanza maggiore.

delle risorse disponibili alla partenza.

In questo lavoro si ipotizza quindi che il cambiamento della relazione

tra ricerca, innovazione e sviluppo economico in connessione con

l’accelerazione dei processi di globalizzazione abbia cambiato il panorama

delle opportunità disponibili per un paese late comer ed in particolare per le

sue imprese, rendendo la capacità innovativa da un lato più accessibile e

dall’altro sempre più indispensabile alla sopravvivenza in un contesto di

competizione crescente. Riteniamo che la recente ascesa di un cospicuo

numero di imprese provenienti dai paesi emergenti, che alcuni osservatori88

hanno definito come un vero e proprio tsunami89, possa essere spiegata, in

molti casi, proprio attraverso lo sviluppo della loro capacità di innovare e di

farlo seguend

precedenza.

Da un punto di vista macroeconomico, portando in primo piano

l’importanza dell’innovazione come strumento di sviluppo non si vuole però

affermare che con il dispiegamento del nuovo paradigma tecno-economico la

conoscenza tecnologica sia di colpo divenuta il bene pubblico puro descritto

da Solow nel suo modello di sviluppo neoclassico, interamente codificabile e

perciò trasferibile senza difficoltà da un paese all’altro a prescindere dalle

caratteristiche e dalla storia delle diverse nazioni. Come sarà sottolineato

nel prossimo paragrafo, al contrario, proprio perché le difficoltà connesse

alla diffusione della conoscenza sono diminuite, le differenze

c

87 Prahalad (2007), p.50. 88 Cfr. Sirkin, Hemerling, Battacharya (2008), Boston Consulting Group (2008), Von Agtamael (2008). 89 Secondo il Boston Consulting Group sono più di 3000 le imprese provenienti dai paesi emergenti che hanno ottenuto un considerevole successo e minacciano la leadership degli incumbents dei paesi industrializzati. Tra queste 3000 il BCG ha pubblicato una lista delle 100 imprese più interessanti provenienti da 14 paesi diversi. “The BCG Challenger 100” è riportata nell’appendice statistica.

53

Page 54: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

3 Valutare la performance innovativa ed il ruolo dell’innovazione in un

aese emergente nel contesto del nuovo paradigma

1 I l

p

3. imiti degli indicatori tradizionali nel nuovo contesto

Le prime statistiche relative a Scienza, Tecnologia ed Innovazione

(STI) sono apparse nei paesi anglosassoni sin dai primi anni ’30. Il

successivo sviluppo di indicatori specifici e la loro diffusione a livello

planetario è però in gran parte dovuta al lavoro dell’Organizzazione per la

Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) che a partire dai primi anni

’60 ha standardizzato un’insieme di scelte metodologiche all’interno di un

documento noto come Frascati Manual90. Gli indicatori proposti in tale

documento vengono solitamente definiti come indicatori tradizionali poiché

si basano sui modelli lineari del processo innovativo secondi i quali sono

esclusivamente le attività di Ricerca e Sviluppo formali a condurre

all’innovazione e a generare progresso tecnologico. La relazione univoca

considerata dal modello lineare porta infatti a concentrarsi su misure di

input e di output, caratteristiche di tale processo. Tra le prime quelle

ritenute più importanti sono ovviamente la spesa in Ricerca e Sviluppo (in

percentuale del PIL nel caso la si voglia misurare a livello aggregato o dei

ricavi se si vuole valutare la performance della singola impresa), il numero

degli impiegati nell’attività di R&S ed il livello di formazione raggiunto da

questi ultimi. Tra le seconde la parte del leone spetta senza ombra di dubbio

al dato sul numero dei brevetti detenuti, solitamente presso l’ufficio brevetti

statunitense (USPTO), a cui si aggiungono talvolta indicatori di carattere

bibliometrico. Sebbene questi indicatori forniscano informazioni molto

significative e siano pertanto utilizzati come linee guida a livello globale per

il lavoro di policy maker, ricercatori e manager, la loro efficacia nel valutare

90 Cfr. OECD(1963).

54

Page 55: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

la capacità innovativa di un paese o di una singola impresa è stata

frequentemente messa in dubbio nel corso degli ultimi vent’anni. La critica

principale mossa a questo tipo di indici è relativa al fatto che essi trascurano

del tutto ciò che avviene nella cosiddetta scatola nera dell’attività

innovativa, dal momento che prendono in considerazione solo misure di

input e di output non ci dicono infatti nulla su come il processo innovativo si

svolga realmente. Nathan Rosenberg e Stephen Kline91 in particolare hanno

sottolineato come il processo innovativo sia tutt’altro che un percorso lineare

ed unidimensionale, quanto piuttosto un fenomeno incerto che deriva

dall’interazione di molteplici fattori, tra i quali la ricerca scientifica

raramente costituisce quello principale. Molta rilevanza nell’analisi dei due

autori viene data, infatti, anche ad elementi molto distanti dalla ricerca

formale, come ad esempio l’esplorazione di nuovi mercati, oltre che

all’attività di progettazione (e di riprogettazione), vero e proprio pilastro del

processo innovativo in questa interpretazione. Nonostante simili critiche

abbiano stimolato la ricerca e la produzione di nuovi indicatori92, a causa

delle difficoltà nella definizione stessa e nella misurazione di un concetto

così ampio ed incerto come quello dell’innovazione, gli indicatori tradizionali

sono comunque rimasti il principale strumento utilizzato per la valutazione

della capacità innovativa dei sistemi di innovazione nazionali e delle singole

imprese.

Il mutamento della relazione tra scienza, tecnologia ed innovazione,

analizzato al paragrafo 2, enfatizza però ulteriormente le critiche presentate

da Rosenberg e Kline. Il dispiegamento di un nuovo paradigma tecno-

economico, caratterizzato dalla crescente importanza della conoscenza e da

un livello di integrazione globale senza precedenti, ha infatti ulteriormente

frantumato l’univocità del legame che connette ricerca e innovazione. In un

contesto come quello odierno, in cui le sorgenti dell’innovazione si

moltiplicano arrivando a coinvolgere clienti ed utilizzatori, valutare la

91 Cfr. Rosenberg e Kline (1986). 92 Cfr. OECD (1992).

55

Page 56: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

capacità innovativa esclusivamente sulla base di misure di input e di output

concernenti in massima parte l’attività di R&S formale risulta sempre meno

efficace. Gli indicatori tradizionali sono stati disegnati sul funzionamento

dell’economia industriale tipica del ventesimo secolo, in cui i laboratori

interni di R&S svolgevano un ruolo decisivo nella generazione del processo

scientifico e tecnologico. Oggi le innovazioni appaiono sempre più in

situazioni inaspettate attraverso la combinazione creativa di conoscenze e

tecnologie disponibili al di fuori dei recinti di una singola organizzazione o

dei confini di un’unica nazione, tanto che come abbiamo visto sono stati

ntrodotti ed utilizzati con frequenza concetti come quello di innovazione

senza ricerca

i

d

o non essere così

rilevanti oggi ed anzi possono essere persino fuorvianti”94.

atori tradizionali nel valutare la capacità innovativa di

93 e innovazione nascosta, così definita proprio perché rimane

celata agli indicatori tradizionali. Dal momento che le caratteristiche che

contraddistinguono l’economia mondiale sono in perenne mutamento e

poichè il ruolo giocato in essa dal settore della Scienza, della Tecnologia e

ell’Innovazione (STI) varia anche più velocemente, “le frontiere ed i

requisiti che risultavano importanti nel secolo scorso posson

3.2 I limiti degli indic

un paese emergente

Se l’inadeguatezza degli indicatori tradizionali nel valutare la

capacità innovativa nel nuovo paradigma appare evidente anche nei paesi di

più antica industrializzazione95, lo è tanto di più quando si cerca di

utilizzarli nel contesto dei paesi emergenti. Guardiamo ad esempio a quello

che i dati ci dicono delle principali economie emergenti: Brasile, India, Cina,

Russia e Messico. Il PIL di questi cinque paesi presi insieme nel decennio

ete (2008). 93 Cfr. Cowan e Van de Paal (2000), So

94 Cfr. Freeman e Soete (2007), p.14. 95 Gli studi citati in precedenza Cowan e van de Paal (2000) Soete e Freeman ( 2007), Soete (2008), NESTA (2007) sono stati condotti analizzando l’esperienza europea.

56

Page 57: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

1997-2007 è cresciuto ad un tasso medio annuo del 5%96 e sempre da questi

paesi provengono 89 delle 100 imprese che secondo il Boston Consulting

Group minacciano oggi la leadership dei più importanti gruppi

multinazionali. Per quel che concerne la capacità innovativa di queste

nazioni gli indicatori tradizionali ci dicono che la media del loro

investimento aggregato in Ricerca e Sviluppo è pari allo 0,96% del PIL e che

impiegano circa 989 ricercatori per milione di abitanti in attività di R&S

formale. La media per gli stessi indicatori dei Paesi membri dell’OECD è

rispettivamente del 2,4% del PIL e di circa 3096 addetti per milione di

abitanti97. Questi dati ci fanno giustamente supporre che il territorio

dell’innovazione sia ancora saldamente controllato dai paesi più ricchi,

tuttavia non prendono in considerazione alcuni elementi importanti ai fini

della nostra analisi. In primo luogo, il confronto tra paesi emergenti e

industrializzati sulle percentuali di investimento in R&S, seppur indicativo,

on ci offre un quadro completo, poiché non è detto che siano due dati

ompletamente omogenei e confrontabili, “un milione di dollari possono

comprare molte più ore di ricerca nei paesi emergenti che in quelli

industrializzati”

n

c

yo Electric, gruppo giapponese tra i suoi principali

sto tipo di innovazione si configura come un

98. Un esempio molto significativo in questo senso è quello

costituito dal principale produttore cinese di batterie ricaricabili BYD

Company. Questa impresa, infatti, investe circa l’1,5% dei suoi ricavi in

R&S contro l’8% della San

concorrenti, ciò nonostante riesce ad impiegare un numero dieci volte

superiore di ingegneri 99.

Più importante dal nostro punto di vista è comunque soprattutto il

fatto che questo tipo di indice non raccolga quella che abbiamo definito come

innovazione appropriata, destinata alla base della piramide, che a nostro

avviso offre le maggiori possibilità alle imprese che provengono dai paesi

emergenti. Come si è detto, que

96 Elaborazione su dati GGDC (2007). 97 Cfr. UNDP (2007) (2008). 98 Cfr. BCG (2007), p.16. 99 Cfr. Sirkin, Hemerling e Bhattacharya (2008), p.198.

57

Page 58: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

tipico caso di innovazione nascosta per la quale i costi dell’attività di ricerca

formale sono piuttosto limitati.

Anche l’indicatore di output costituito dai brevetti fornisce indicazioni

imperfette, a maggior ragione nel caso delle economie emergenti.

Ritornando ai cinque paesi in rapido sviluppo citati prima è significativo

notare come, sebbene il numero dei brevetti ottenuti da imprese basate in

queste cinque nazioni sia in costante e rapida crescita (la Cina ha

incrementato del 48% e l’India del 20% il numero di brevetti detenuti

presso l’USPTO tra il 2005 e il 2007100), il gap con i paesi sulla frontiera

tecnologica sia di dimensioni ragguardevoli. Basti pensare al fatto che nel

quinquennio 1999-2003 il numero totale di brevetti ottenuti presso l’USPTO

da imprese originarie di Brasile, Cina, India, Russia e Argentina è stato di

poco inferiore ai 4000 mentre le sole imprese statunitensi nello stesso

periodo ne hanno ottenuti quasi 400.000. Ancora una volta una simile

differenza, nell’ordine delle cento volte, ci indurrebbe a ritenere la capacità

innovativa di queste economie come molto limitata. Ancora una volta,

tuttavia, risulta evidente come questo indicatore non raccolga che una

tipologia limitata di innovazione. Uno dei requisiti principali perché un

nuovo prodotto o processo possa essere considerato brevettabile è infatti

quello della novità , pertanto ciò che si propone non deve risultare evidente

dallo stato della tecnica. Come abbiamo già visto l’innovazione appropriata

si caratterizza spesso come un’innovazione di tipo architetturale che fonde

insieme ciò che lo stato della tecnica già offre, senza costituire quindi

un’effettiva novità dal punto di vista della possibilità di brevetto. Inoltre,

poiché questo tipo di innovazione ha come obiettivo quello di realizzare

prodotti inizialmente destinati a mercati periferici, poco esposti alla

concorrenza internazionale, dove le normative sulla proprietà intellettuale

faticano talvolta ad imporsi, la tutela di un nuovo prodotto attraverso il

100 Cfr. BCG (2008a).

58

Page 59: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

brevetto, anche qualora per un’impresa locale fosse possibile, non è

necessariamente il primo obiettivo.

Concludendo, si vuole sottolineare come gli indicatori tradizionali non

siano inutili nel valutare la capacità innovativa di un paese emergente.

Anzi, soprattutto dal lato dell’input, ci dicono molto sullo sforzo intrapreso

da un paese late comer per restringere il divario nel campo scientifico-

tecnologico e dell’innovazione nei confronti dei paesi leader. Tuttavia, se

l’obiettivo è quello di apprezzare realmente il ruolo dell’innovazione nei

processi di catch-up, prendendo in considerazione solo gli indicatori

tradizionali si rischia di sottostimare la reale capacità innovativa di

un’economia e pertanto di sottovalutarne anche il ruolo nel processo di

viluppo. Nei prossimi paragrafi si analizzeranno alcune proposte

a a

s

alternative all’approccio tradizionale.

3.3 Technological Capability ed Absorptive Capacity

Come abbiamo visto al paragrafo 2.2, molti degli autori101 che hanno

enfatizzato il ruolo del progresso tecnologico nei processi di catch-up hanno

sottolineato come, per un’economia emergente, il recupero del divario

tecnologico con i paesi sulla frontiera sia tutt’altro che un percorso in

discesa. Secondo questa prospettiva le nazioni che non riescono a costruire

le appropriate capabilities sono destinate inevitabilmente a perdere

ulteriore terreno dalle economie più ricche. Si è poi anche sostenuto come il

dispiegamento del nuovo paradigma, aumentando le opportunità di sviluppo

connesse alla diffusione di conoscenze tecnologiche, amplifichi ulteriormente

l’importanza dello sviluppo di un potenziale tecnologico adeguato ad

ssorbire, ad ttare e sfruttare in maniera creativa le conoscenze provenienti

dall’estero. Concetti come quelli di social capability102, absorptive

capacity103, technological capability104 o innovation system105 sono stati

movitz, Kim, Lall. 101 Ad esempio Gerschenkron, Abra

102 Cfr. Abramovitz (1986) (1991).nthal (1990) 103 Cfr. Cohen e Levi

Cfr. Kim (1997). 104

59

Page 60: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

concepiti nel tentativo di definire ed individuare questo tipo di requisiti,

ritenuti fondamentali per i processi di catch-up. Sebbene le motivazioni che

hanno spinto all’elaborazione di tali concetti siano quindi simili, in realtà i

loro contenuti sono anche molto differenti. In particolar modo, nonostante

siano spesso accomunate, vi è una notevole distanza anche a livello teorico

tra ciò che si intende come capacità di assorbimento e ciò che va invece

sotto il nome di capacità tecnologica. Facendo riferimento all’approccio

seguito recentemente anche dalla World Bank nel Global Economic Prospect

2008106 possiamo interpretare capacità di assorbimento e capacità

tecnologica come due fasi dello stesso processo. La prima vuole valutare la

costruzione dei presupposti a livello macroeconomico generale per la

diffusione della conoscenza tecnologica proveniente dalle economie avanzate

e si avvicina molto al concetto di social capability proposto da Moses

Abramovitz. Pur essendo una nozione molto significativa dal punto di vista

teorico, l’absorptive capacity rimane però di ardua misurazione ed è

difficilmente applicabile dal punto di vista empirico soprattutto a livello

comparato. Si configura, infatti, come risultante di forze che agiscono su

dimensioni differenti, quali il livello di apertura di una determinata

economia, le politiche industriali, l’efficienza del settore finanziario, il

capitale umano e la qualità della governance. Jan Fagerberg e Martin

Shrolec107 hanno sottolineato le difficoltà di utilizzare nella ricerca empirica

un simile concetto soprattutto nel caso delle nazioni meno sviluppate per le

quali in molti casi non è possibile avere dati statistici affidabili su di un

numero di variabili così vasto e variegato. Viste le problematicità nella

definizione oggettiva di capacità di assorbimento i tentativi di render il

concetto operativo sono stati piuttosto rari. Un’eccezione è rappresentata

proprio dal lavoro della World Bank che nel Global Economic Prospect 2008

ha elaborato i

e

l Technological Absorptive Capacity Index108. Nella tabella

105 Cfr. Lundvall (1992), Nelson (1993). 106 Cfr. World Bank (2008). 107 Cfr. Fagerberg e Shrolec (2008). 108 World Bank (2008), p.149.

60

Page 61: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

sottostante riportiamo a titolo di esempio i sottoindici e le variabili che lo

Tabella 1.1: Componenti del ve Capacity Index

compongono.

Technological Absorpti

Ambiente Macroec ico onom -Deficit Pubblico in percentuale del Pil

-Tasso di inflazione annuale

-Volatilità del tasso di cambio reale

Sistema finanzia 109 rio -Passività a breve termine in percentuale del Pil

-Credito Privato in percentuale del Pil

-Depositi del sistema finanziario in percentuale del Pil

Capitale Umano110 -Percentuale della popolazione con istruzione primaria

-Percentuale della popolazione con istruzione secondaria

-Percentuale della popolazione con istruzione terziaria

Qualità della governance111 -Stabilità politica

-Efficacia dell’azione di governo

-Qualità delle leggi

-Certezza del diritto

-Controllo della corruzione

Fonte: World Bank (2008).

A differenza di ciò che è avvenuto per la capacità di assorbimento, anche in

virtù di una maggiore disponibilità di fonti statistiche e di una maggiore

oggettività dei dati da raccogliere, negli ultimi anni sono stati costruiti

numerosi indici per il calcolo specifico della technological capability di una

nazione. Tra questi i principali sono il Technological Achievement Index

(TAI) sviluppato dall’UNDP, il Technology Index creato dal World Economic

Forum, l’Arco Indicator of Tecnological Capabilities112 concepito da Daniele

Archibugi e Alberto Coco113, l’Innovation Capability Index (UNICI) costruito

dall’UNCTAD, a cui nel 2008 si è aggiunto il Technological Achievement

Index della World Bank. Il numero e la tipologia delle variabili considerate

109 Cfr. Beck, Demirguc-Kunt e Levine (2000) 110 Cfr. Barro e Lee (2000) 111 Cfr. Kaufmann, Kraay, Mastruzzi (2007). 112 Per una trattazione completa sulle modalità di costruzione di ciascun indice si veda Archibugi e Coco (2004) 113 Cfr. Archibugi e Coco (2004).

61

Page 62: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

cambia a seconda dell’indice utilizzato ma nel complesso tutti gli indici sono

il risultato della ponderazione di variabili concernenti tre fondamentali

dimensioni: la produzione di nuova tecnologie e conoscenze scientifiche, la

diffusione di determinate infrastrutture e tecnologie ed il capitale umano114.

ella tabella 1.2 riportiamo come esempio le variabili che compongono l’Arco

Tabella 1.2: Componenti dell’A

N

Index.

rco Index

Nuove tecnologie e Conoscenze -Brevetti depositati preso l’USPTO

-Numero di pubblicazioni scientifiche (Scientific Citation

Index)

Diffusione delle infrastrutture -N° di utilizzatori di internet ogni 1000 abitanti

-N° di linee telefoniche fisse ogni 1000 abitanti

-N° di cellulari ogni 1000 abitanti

-Consumo di elettricità (Kilowatt ora pro capite)

Capitale Umano -Percentuale di iscritti a facoltà di area scientifica e

ingegneristica

-Anni medi di scuola ( pop. Sopra i 14 anni)

-Tasso di betizzazione alfa

Fonte: Archibugi e Coco (2004).

Sebbene le misurazioni relative all’absorptive capacity ed alla technological

capability vengano talvolta indicate come misure dirette della capacità

innovativa di un’economia, ci preme ora sottolineare come esse

rappresentino in realtà un ottimo punto di partenza nello studio

dell’argomento, l’indicazione più prossima dell’effettiva presenza dei

presupposti che consentono ad un paese emergente di sfruttare la diffusione

della conoscenza a livello internazionale e la sua crescente velocità, ma come

non ci dicano molto del ruolo giocato dall’innovazione nei processi di catch

up, né ci aiutino a capire se con l’avvento del nuovo paradigma sia diventata

effettivamente uno strumento più accessibile e più funzionale al recupero

114 Fatta eccezione per l’indice costruito dalla World Bank che, come si è detto, calcola il capitale umano nel Technological Absorptive Capacity Index.

62

Page 63: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

economico nei confronti dei paesi avanzati. Costituiscono però delle ottime

fondamenta per un lavoro che intenda valutare il ruolo dell’innovazione in

un’economia emergente perché ci offrono una misura più accurata e ricca,

rispetto a quella degli indicatori tradizionali, dello sforzo tecnologico

intrapreso da un paese per restringere il gap nei confronti dei paesi sulla

frontiera ed accrescere il proprio potenziale tecnologico. Ci offrono un

quadro del panorama in cui le imprese si trovano ad agire e ci danno delle

nformazioni sulle risorse a cui possono attingere per acquisire, utilizzare

adattare e creare nuove tecnologie. In ogni caso “l’unità fondamentale

dell’attività tecnologica rimane l’impresa”

i

to e che permettono dunque di trarre pieno vantaggio dal

utamento del paradigma tecno-economico diventa di rilevanza ancora

1.3.4 U

115 e questa sarà l’unità di analisi

scelta per buona parte del seguito del lavoro. Tuttavia le potenzialità

tecnologiche di un’impresa sono strettamente legate all’ambiente in cui

opera che dunque necessita di essere analizzato in via preliminare. Come

abbiamo accennato il cambiamento della relazione tra ricerca, innovazione e

sviluppo economico in connessione con l’accelerazione dei processi di

globalizzazione ha modificato il panorama delle opportunità disponibili per

un paese late comer ed in particolare per le sue imprese, ma ciò invece che

ridurre l’importanza del contesto in cui un’impresa agisce l’ha incrementata.

Se la conoscenza tecnologica si diffonde in maniera più facile e veloce ed

allarga le possibilità di recupero economico per i paesi emergenti che

riescano ad assorbirla, sviluppare quelle capabilities che consentono

l’assorbimen

m

maggiore.

na prospettiva evolutiva: l’innovazione come mezzo per sopravvivere

e affermarsi nella competizione locale e globale.

Tuttavia né la capacità di assorbimento né le misure relative alle

capacità tecnologiche ci dicono molto su come l’innovazione possa costituire

uno strumento utile e sempre più accessibile nel processo di catch up.

115 Lall ( 2000), p. 14.

63

Page 64: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

Risulta infatti evidente come anche per quel che concerne questo tipo di

indici, le misure relative all’attività innovativa vengano fatte sulla base

degli indicatori tradizionali e non siano pertanto in grado di percepire

l’innovazione che non proviene da attività di Ricerca e Sviluppo formalizzate

ritenuta invece da noi fondamentale nei processi di sviluppo tardivo oggi.

Per poter valutare l’effettiva importanza dell’innovazione per i paesi

emergenti bisogna a nostro avviso abbandonare una prospettiva unicamente

macroeconomica e guardare alle imprese ed alle condizioni che ne

m e

c p

i

s i

d di

determinano la sopravvivenza, il successo o la scomparsa.

Schumpeter è stato il primo a mettere in dubbio le basi teoriche della

icroeconomia neoclassica affermando ch nella realtà capitalistica ciò che

onta realmente non è la competizione sulla base dei rezzi ma sia piuttosto

“la concorrenza creata dalla nuova merce, dalla nuova tecnica, dalla nuova

fonte di approvvigionamento, dal nuovo tipo organizzativo […] che

condiziona un vantaggio decisivo di costo e di qualità ed incide non sui

margini di profitto e sulla produzione delle imprese esistenti, ma sulle loro

stesse fondamenta, sulla loro vita” 116. E’ dunque l’innovazione a costituire

l principale strumento di concorrenza ed a determinare la posizione

competitiva di un’impresa sul mercato poiché, nel processo di distruzione

creatrice, sono le imprese innovative a prevalere e ciò avviene a spese della

opravvivenza delle concorrent , destinate a scomparire. Il successo

ell’impresa per Schumepeter non è dunque “il frutto di un calcolo statico

ottimizzazione […] , esso deriva piuttosto dalla capacità delle imprese di

progettare e realizzare un sentiero strategico basato sulle innovazioni”117.

La riflessione schumpeteriana sull’importanza dell’innovazione nel processo

concorrenziale è stata portata avanti e formalizzata da Richard Nelson e

Sidney Winter in An Evolutionary Theory of Economic Change118. Nel loro

lavoro i due autori sottolineano come il cambiamento economico possa essere

considerato un fenomeno di tipo evolutivo. Nella metafora biologica al posto

116 Schumpeter (1942), p.80. 117 Cozzi e Zamagni (1994), p. 417.

64

Page 65: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

degli organismi viventi vi sono le imprese il cui comportamento invece che

dall’eredità genetica è definito dalle routine. In ogni momento le routine

stabiliscono il comportamento di un’impresa e dipendono direttamente dalla

sua storia, dalle conoscenze disponibili al suo interno, dalla tecnologia

incorporata nei beni capitali, dalle abilità degli individui che la compongono.

Poiché le routine di ciascuna impresa sono peculiari, è verosimile pensare al

mercato non come ad una realtà composta da organizzazioni identiche tra

loro, come vorrebbe l’ortodossia neoclassica nel caso della concorrenza

perfetta, ma come ad un ambiente popolato da organismi differenti che

reagiscono in modo dissimile anche ad identici stimoli provenienti

dall’esterno. Dal momento che esiste una varietà, esistono routine che

“funzionano meglio” di altre e che pertanto consentono all’impresa che le

mette in pratica di realizzare profitti più alti e di ingrandirsi rispetto alla

concorrenza talvolta fino al punto di spazzarla fuori dal mercato. Se le

imprese sono organismi e le routine costituiscono l’eredità genetica, nella

metafora biologica il mercato svolge il ruolo di selezionatore, fornendo una

definizione del successo dell’impresa collegata alla sua capacità di

opravvivenza e di crescita. Perché ci possa essere evoluzione vi deve essere

però un qualche elemento che perturba l’equilibrio del sistema, una

mutazione che consente il dispiegamento di nuove routine. L’innovazione

costituisce questa mutazione. A differenza di ciò che avviene realmente in

biologia dove la generazione di una mutazione è puramente casuale,

nell’evoluzione economica l’impresa pianifica la propria azione per generare

innovazioni orientate ad incrementare i profitti, in un processo che ricorda

maggiormente la visione lamarckiana dell’evoluzione. Tuttavia il livello di

incertezza e di rischio concernente il successo della mutazione-innovazione

rimane alto poiché è difficile per un’impresa prevedere se il cambiamento

della routine messo in atto avrà realmente l’effetto positivo sperato. Questo

implica che se un’impresa è sufficientemente profittevole è meno incentivata

s

a mettere in moto i meccanismi di ricerca che le consentono di modificare le

118 Cfr. Nelson e Winter (1982).

65

Page 66: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

proprie routine e che è portata a considerare alternative e dunque ad

innovare soprattutto se si trova in condizioni di avversità che ne minacciano

la stessa sopravvivenza.

La teoria evolutiva qui presentata in modo estremamente

semplificato e sintetico sottolinea dunque il ruolo dell’innovazione come

strumento competitivo. Come abbiamo visto al paragrafo 2, la maggioranza

degli studi che si sono occupati dei processi di catch up hanno considerato

l’innovazione come un obbiettivo da raggiungere piuttosto che come uno

strumento utile sin dalle prime fasi del processo e la teoria evolutiva

riportata sopra è stata quasi esclusivamente utilizzata per descrivere il

comportamento delle imprese nel contesto dei mercati avanzati. Noi

riteniamo invece che possa essere molto utile proprio nel contesto delle

economie emergenti e che offra il punto di vista giusto per valutare il ruolo

che l’innovazione gioca nei paesi late comer ed in particolar modo nelle

aziende locali. Solitamente si dice che il vantaggio competitivo delle imprese

basate nei paesi emergenti sia legato all’importazione di tecnologie dai paesi

avanzati ed alla loro imitazione, al basso costo del lavoro, talvolta alla

protezione del mercato garantita dai governi ed anche alla violazione delle

leggi sulla proprietà intellettuale. Questa visione, per quanto in molti casi

estremamente realistica, perde però di vista alcuni punti fondamentali.

Come abbiamo detto molta della conoscenza tecnologica rilevante sta

diventando via via più codificata ed accessibile, la tecnologia può essere

dunque importata ed imitata in modo più facile anche solo rispetto a venti o

trenta anni fa. Ciò nonostante le routine che determinano il comportamento

e la performance di una grande organizzazione sono molto difficili da

comprendere e da imitare poiché sono per loro natura tacite al punto che,

come nota Richard Nelson, parte della letteratura sulla gestione d’impresa

suggerisce che anche i manager di gruppi di successo spesso abbiano una

conoscenza vaga o persino errata del perché le loro imprese vadano bene119.

Anche qualora poi le routine fossero imitabili e perfettamente trasferibili,

66

Page 67: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

risulta chiaro come le modalità di organizzazione e direzione che

garantiscono il successo ad un’impresa sui mercati avanzati non assicurino

lo stesso risultato nei paesi emergenti. Questo implica che un’impresa, per

riuscire a sopravvivere e a crescere in un paese late comer, oltre che a

sfruttare i vantaggi elencati sopra, alcuni dei quali tra l’altro possono essere

sfruttati anche dalla concorrenza estera attraverso la delocalizzazione della

produzione, deve sviluppare delle routine e delle modalità organizzative

differenti e nuove rispetto a quelle esistenti, deve trovare soluzioni a

problemi che i gruppi multinazionali dei paesi avanzati semplicemente non

hanno. Che questo si concretizzi esclusivamente in una modifica del

rapporto capitale lavoro nel processo produttivo o in cambiamenti più

profondi nel modello di business costituisce in ogni modo un elemento di

novità

rispetto alla pura imitazione.

A ciò va aggiunto che l’avvio di un processo di catch up è solitamente

connesso ad una maggiore esposizione alla concorrenza estera sia che le

imprese locali si concentrino sul mercato interno ed a maggior ragione se

invece puntano sulle esportazioni. Nella prima fase di questo processo le

imprese basate nei paesi emergenti sono senza dubbio sottoposte alla

pressione di condizioni avverse. Sebbene come abbiamo detto dispongano di

alcuni vantaggi, per lo meno nella fase iniziale del loro sviluppo possono

contare su risorse organizzative, finanziarie e tecnologiche

considerevolmente più limitate rispetto alle imprese provenienti dai paesi

avanzati con cui si trovano a rivaleggiare. Per poter sopravvivere devono

ritagliarsi un proprio spazio di mercato e per farlo per necessità devono

modificare lo status quo o sottraendo quote di mercato ad altre imprese o

creando nuovi mercati, ad esempio sbloccando la domanda latente di

consumatori dimenticati. La strategia più semplice e solitamente riportata

con maggiore enfasi è quella legata alla concorrenza sul prezzo: le imprese

late comer sfruttando il basso costo della manodopera riescono ad affermarsi

sulle fasce di mercato più basse fornendo prodotti di scarsa qualità ad un

119 Cfr. Nelson (2006), p.12.

67

Page 68: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

prezzo contenuto. La concorrenza sul prezzo racconta però solo una parte

della storia poiché non protegge dalla competizione delle imprese dello

stesso paese né tanto meno dalle multinazionali che delocalizzano la

produzione per sfruttare il costo del lavoro più basso. Per non soccombere in

una competizione in cui non sono certo tra le favorite sul nastro di partenza

le imprese late comer sono quindi incentivate ad introdurre degli elementi di

novità, a mettere in moto quel processo di ricerca che porta alle mutazioni

ed alla nascita di nuove routine. Sarà poi il mercato a stabilire quali imprese

abbiano adottato le routine più adatte nel contesto specifico. Inevitabilmente

molte imprese sono destinate a scomparire ma quelle che riescono ad

emergere sia a livello locale che internazionale vi riescono non solo perché

hanno costi più bassi ma soprattutto poiché riescono ad innovare i

tradizionali modelli di business riformulandoli sfruttando al meglio le

opportunità concesse dalla realtà locale e dalla sua conoscenza. Antoine Von

Agtmael nel suo The emerging Markets Century120 nota correttamente

come le imprese provenienti dai paesi emergenti che sono riuscite a colmare

il gap e a minacciare la leadership delle concorrenti occidentali vadano

considerate come sopravvissute che hanno prosperato grazie alla capacità di

reagire in modo non convenzionale alle difficoltà risultate fatali per le

concorrenti, in una “tipica bufera di distruzione creatrice”121 .

Contrariamente a quello che indica la visione tradizionale dei processi

di catch up, riteniamo dunque che le imprese originarie dei paesi late comer

siano naturalmente incentivate a ricercare nuove routine e dunque ad

innovare sin dalle prime fasi del loro sviluppo e che tra esse emergano poi

quelle che hanno introdotto le novità più adatte al successo nel contesto

specifico. Il dispiegamento del nuovo paradigma tecno-economico ha inoltre

amplificato l’intensità di questo processo sotto molti punti di vista. Da un

lato, come abbiamo abbondantemente sottolineato nel corso di questo

capitolo, ha infatti reso l’innovazione più accessibile anche ad imprese

120 Cfr. Van Agtmael (2007) 121 Ivi, p. 30.

68

Page 69: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

69

più rilevante ai fini della

soprav

solida piattaforma

rptive capacity

technological capability proposti nel paragrafo precedente.

dotate di risorse limitate, dall’altro con l’intensificarsi della globalizzazione

e la crescente liberalizzazione degli scambi a livello internazionale ha

incrementato la concorrenza proveniente dall’estero in ogni tipo di mercato

rendendo l’introduzione di novità ancora

vivenza per un’impresa late comer.

Sebbene dunque gli indicatori tradizionali considerino le capacità

innovative di un paese emergente come non confrontabili con quelle delle

economie sulla frontiera tecnologica, riteniamo che per capire il ruolo che

l’innovazione gioca realmente nei processi di sviluppo tardivo si debba

analizzare in chiave evolutiva il comportamento delle imprese che vi si sono

affermate e ricercando gli elementi di novità che ne hanno determinato

l’ascesa. In particolar modo ipotizziamo che quella che in questo capitolo

abbiamo definito come innovazione appropriata costituisca una delle nuove

routine che ha consentito a molte imprese provenienti dai paesi emergenti di

affermarsi sui propri mercati nazionali e di crearsi una

da cui partire alla conquista dei mercati internazionali.

Nel prosieguo del lavoro applicheremo questa prospettiva al caso

specifico della Repubblica Popolare Cinese andando a vedere da vicino come

molte delle imprese che negli ultimi anni sono divenute leader di mercato a

livello locale ed in qualche caso globale, anche in settori ad altà intensità

tecnologica come quello dell’Information and Communication Technology,

debbano buona parte del loro successo alla capacità di sviluppare

innovazioni destinate alle esigenze specifiche dei mercati periferici,

trasformando apparenti costrizioni in opportunità di mercato. Prima di

passare a considerare le peculiarità di queste trasformazioni occorre

tuttavia, vista la rilevanza del contesto macroeconomico in cui le singole

imprese si trovano ad operare sottolineata in più occasioni, analizzare

l’esistenza delle condizioni ambientali necessarie alla diffusione ed alla

creazione di nuove conoscenze a partire dai concetti di abso

e

Page 70: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

CAPITOLO 2

PERCHE’ LA CINA?

Introduzione

La Repubblica Popolare Cinese forse più di ogni altra area a livello

globale può essere considerata come la frontiera del cambiamento descritto

nel capitolo precedente. Se infatti, come abbiamo sottolineato, alcune delle

caratteristiche assunte recentemente dal sistema economico internazionale

hanno trasformato la relazione tra ricerca, innovazione e sviluppo economico

determinando un mutamento delle condizioni che regolano i processi di

catch up, non c’è area al mondo dove queste peculiarità si manifestino con

intensità maggiore ed abbiano allo stesso tempo un effetto tanto diretto ed

immediato sul sentiero di sviluppo di un paese.

Da un lato nel corso degli ultimi vent’anni la Cina è andata

assumendo un ruolo sempre più centrale non solo nella frammentazione

internazionale della produzione ma anche nel processo di globalizzazione

delle reti di innovazione che avviene attraverso la delocalizzazione da parte

di multinazionali occidentali anche di laboratori per la Ricerca e Sviluppo

oltre che di stabilimenti produttivi. Dall’altro a questo fenomeno si è

accompagnato un importante e costante sforzo da parte del governo cinese

teso alla creazione di una adeguata capacità di assorbimento e ad un rapido

miglioramento del livello del potenziale tecnologico nazionale.

Nonostante ciò le valutazioni sulla capacità innovativa dell’economia

cinese e delle sue imprese hanno sino ad oggi dato adito ad interpretazioni

tra loro anche molto discordanti. Da una parte vi è infatti chi, guardando a

70

Page 71: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

limitati successi in settori specifici, esprime le proprie preoccupazioni per

l’imminente emergere della Cina come superpotenza tecnologica a livello

globale. Dall’altro si pone chi invece, puntando il dito sull’incapacità del

sistema innovativo cinese di dare alla luce innovazioni radicali, sottolinea il

gap tra lo sforzo profuso dal governo e la scarsità dei risultati ottenuti. Chi

si pone su questa linea continua pertanto a considerare la Repubblica

Popolare esclusivamente come officina del mondo, destinata

all’assemblaggio di prodotti pensati altrove e valuta come marginale il suo

contributo nel processo di creazione del valore.

A queste valutazioni di segno opposto fa da contraltare l’emergere di

un gruppo di imprese locali che, nonostante la concorrenza delle

multinazionali estere, sono riuscite a ritagliarsi, talvolta anche in tempi

molto rapidi, un proprio spazio dapprima sul mercato locale e poi sui

mercati esteri, come è ben testimoniato dall’attenzione che molti osservatori

internazionali1 hanno riservato loro negli ultimi due anni. Sebbene sia

opinione diffusa che l’ascesa della concorrenza cinese si basi esclusivamente

su imitazioni di scarsa qualità commerciate a prezzi molto contenuti grazie

allo sfruttamento di manodopera a basso costo e, talvolta, a violazioni dei

diritti di proprietà intellettuale, in questo lavoro si ipotizza invece che la

buona performance dei gruppi cinesi, anche in settori come quelli dell’ICT e

dell’elettronica di consumo, sia fondata piuttosto sulla loro capacità di

innovare e di farlo in un modo differente e peculiare al livello di sviluppo

economico del proprio paese.

La centralità nelle reti di produzione ed innovazione globali, lo sforzo

profuso nella costruzione delle capabilities necessarie all’assorbimento di

tecnologia e l’emergere delle sue imprese, fanno della Cina il terreno ideale

per adottare la prospettiva evolutiva proposta nel capitolo precedente al fine

di valutare l’effettiva capacità innovativa ed il ruolo che l’innovazione gioca

oggi nel processo di sviluppo tardivo di un paese late comer.

1 Cfr. Boston Consulting Group (2008a) (2008c), Business Week (2008), Van Agtmael (2007), The Economist (2008), Sirkin, Hemerling e Bhattacharya (2008).

71

Page 72: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

1 La Repubblica Popolare Cinese come frontiera del cambiamento

Negli ultimi trent’anni la Cina ha attraversato un periodo di

trasformazioni politiche, economiche e sociali senza precedenti quanto ad

intensità e rapidità. Se guardiamo alla Repubblica Popolare del 1976,

all’indomani della morte di Mao Zedong, difficilmente possiamo scorgervi

un paese in procinto di avviare un profondo processo di mutamento e di

diventare un nodo produttivo fondamentale per l’economia mondiale. Negli

anni settanta la Cina è ancora duramente colpita, sia dal punto di vista

economico che sociale, dalle violenze e dall’ideologia utopica della

Rivoluzione Culturale2. Il quadriennio tra il 1966 ed il 1969 si è infatti

caratterizzato come un’epoca in cui il volontarismo economico ha prevalso

sulla competenza, sulla capacità e sul sapere esperto di tecnici ed

intellettuali, spesso criminalizzati e trattati alla stregua di traditori della

patria. Le università, epicentro iniziale della rivoluzione, in una fase

successiva vengono addirittura chiuse così come molte scuole primarie e

secondarie, precludendo ad un’intera generazione la possibilità di

completare, e talvolta di cominciare, la propria formazione3. Il censimento

del 1982 rivela che, ancora a quella data, il 28 per cento della popolazione

cinese risulta analfabeta4. La crescita economica che si registra nel

decennio 1966-76 è in larga parte dovuta al contributo dell’industria

pesante, mentre la produttività del settore agricolo continua a ristagnare a

causa della sottoccupazione che colpisce le campagne e della totale

mancanza di un adeguato sistema di incentivazione. A livello internazionale

la Repubblica Popolare sia dal punto di vista politico, se si escludono i primi

segnali di dialogo con gli Stati Uniti del periodo 1971-72, che da quello

economico è in condizioni di totale isolamento. Il paese è quasi

completamente chiuso agli scambi commerciali con il resto del mondo ed

2 Sull’argomento si veda ad esempio Bergère (2000), in particolare “Parte seconda: La fuga nell’utopia (1966-1976) ”, p.169. 3 Cfr. Gregory e Meng (2007). 4 Cfr. Bergére (2000), p.243.

72

Page 73: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

attua una politica di autarchia che “porta alle estreme conseguenze le

prescrizioni della Teoria dell’industria nascente”5. Questa scelta, ponendo

restrizioni alle importazioni e non offrendo alcun tipo di incentivo ad

esportare, dà vita ad un modello di specializzazione distorto che porta la

quota cinese sul commercio mondiale a ridursi dall’1,5 per cento del 1953

allo 0,6 per cento del 19776, con degli evidenti effetti negativi per il

benessere nazionale. Tale modello non consente infatti ai consumatori cinesi

di godere dei benefici della specializzazione internazionale della produzione.

Quando nel dicembre del 1978 Deng Xiaoping assume definitivamente

la guida del paese, la Cina è dunque un paese ancora fortemente arretrato

il cui PIL in Parità di Potere d’Acquisto (PPP) misura circa il 9% per cento

di quello degli Stati Uniti nonostante una popolazione cinque volte

superiore, per un PIL pro capite, calcolato in PPP, che si ferma infatti

appena al 2 per cento di quello americano7.

Con l’insediamento di Deng si avvia però un processo di profonda

riforma e modernizzazione che modifica completamente il volto

dell’economia cinese, portandola a compiere una transizione graduale dalla

pianificazione a quella che è stata definita come economia del doppio

binario, in cui alla programmazione ed al potere pubblico è andata

affiancandosi un’estesa e crescente influenza del mercato.

La modernizzazione parte dalle campagne, dove alle comuni popolari si

sostituiscono le Town and Villages Enterprises (TVEs) e si attua il passaggio

ad un sistema semiprivato di gestione della terra. A partire dal 1984 le

liberalizzazioni coinvolgono anche il settore industriale. Inizialmente

riguardano esclusivamente modeste possibilità di fluttuazione di prezzi e

salari ma, con il XIV Congresso del Partito Comunista Cinese, tenutosi

nell’ottobre del 1992, si dà il via libera alla privatizzazione delle imprese

statali ed alla nascita di nuove imprese private e viene adottato il concetto

di economia socialista di mercato. Alle riforme del sistema agrario ed

5 Amighini e Chiarlone (2008), p. 59. 6 Ivi, p.62.

73

Page 74: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

industriale e a quella parziale del sistema finanziario si accompagna una

decisa apertura a livello internazionale che si inaugura con la cosiddetta

politica della porta aperta nei primi anni ’80. Tale apertura culmina, dopo

un processo di integrazione nell’economia mondiale incredibilmente rapido,

con l’adesione della Repubblica Popolare all’Organizzazione Mondiale del

Commercio (OMC) nel dicembre del 2001.

Le modernizzazioni cominciate da Deng Xiaoping hanno un effetto

straordinario e consentono alla Repubblica Popolare di imboccare uno

spettacolare sentiero di crescita economica. Tra il 1978 ed il 2007 il PIL

cinese cresce ad un tasso medio annuo di poco inferiore al 10 per cento8,

consentendo al paese di accorciare sensibilmente il divario nei confronti

delle economie di più antica industrializzazione. Nel 2007 il PIL cinese in

Parità di Potere d’Acquisto (PPP), secondo le più recenti stime della World

Bank, è pari a circa il 52 per cento di quello U.S.A., mentre il PIL pro capite

in PPP a circa il 12 per cento di quello statunitense9. Nonostante la

differenza sia ancora enorme e, soprattutto a livello di reddito pro capite, i

dati non possano che farci continuare a considerare la Cina per molti aspetti

un paese economicamente ancora arretrato, la prepotente crescita

economica che ha contraddistinto gli ultimi trent’anni della storia della

Repubblica Popolare ha consentito di ridurre in modo importante la

percentuale della popolazione nazionale che vive in condizioni di povertà

estrema. Tra il 1990 ed il 2003 il numero di individui che vivono con meno di

un dollaro al giorno si è ridotto da 377 a 173 milioni, ovvero di più del 50 per

cento. Quest’ultimo dato assume una rilevanza ancora maggiore se si pensa

che nel 1990 il numero di individui che a livello globale viveva sotto la soglia

di un dollaro al giorno era di circa 1 miliardo e 250 milioni10. Ciò significa

7 Cfr. World Bank , WDI (vari anni). 8 Precisamente del 9.92 per cento. Elaborazione su dati World Bank, WDI (Vari anni). 9 Elaborazione su dati World Bank, WDI (Vari anni). In realtà esistono diverse metodologie di calcolo della PPP, alcune di esse danno un’interpretazione diversa della relazione tra economia cinese e statunitense. Ad esempio i dati di Angus Maddison espressi in dollari internazionali Geary-Khamis 1990, indicano che il PIL cinese sarebbe arrivato addirittura al 78 per cento di quello U.S.A. e a quasi il 20 per cento in termini pro capite. 10 Cfr. World Bank (2007).

74

Page 75: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

che il processo di sviluppo tardivo intrapreso dalla Cina ha ridotto del 16%

la percentuale della popolazione globale che vive in condizioni di povertà

estrema nello spazio di poco più di un decennio.

Alla luce di questi dati appare evidente quanto il processo di catch up

intrapreso dalla Cina sia rilevante per il miglioramento delle condizioni di

vita di una ampia percentuale della popolazione del pianeta e quanto sia

importante comprendere quali siano i fattori che hanno innescato ed

alimentato un processo di sviluppo tardivo tanto rapido e profondo. Sebbene

gli elementi che hanno contribuito a mettere in moto il gigante asiatico

siano molteplici (tra quelli citati più di frequente troviamo ad esempio

l’accumulazione primaria consentita dall’aumento di produttività del settore

agricolo grazie al sistema delle TVE, l’elevato tasso di investimento o la

riduzione del tasso di crescita della popolazione), in questo lavoro si ipotizza

che un ruolo di primo piano sia giocato dal progresso tecnologico e

dall’innovazione. Nel capitolo precedente abbiamo sottolineato come alcuni

fattori quali l’apertura alle conoscenze tecnologiche provenienti dall’estero e

la costruzione di un’adeguata capacità di assorbimento da parte del paese

ricevente siano tra gli elementi che influenzano maggiormente la possibilità

di un paese di avvantaggiarsi dalla sua arretratezza economica e tecnologica

relativa. Si è poi detto come l’accelerazione dei processi di globalizzazione, la

frammentazione internazionale della produzione e la creazione di reti di

innovazione globali nel corso degli ultimi vent’anni abbiano modificato il

legame tra ricerca, innovazione e sviluppo economico e con esso anche le

condizioni che determinano il successo di un processo di catching up

rendendo l’innovazione accessibile sin dalle prime fasi del processo di

sviluppo. La contemporaneità tra il complesso di riforme economiche portate

avanti in Cina a partire dal 1978 ed in particolare tra la sua celere apertura

verso l’estero dopo il 1992 ed il mutamento dell’organizzazione del sistema

di produzione industriale a livello planetario sopracitato ha avuto come

effetto quello di trasformare la Repubblica Popolare Cinese in un una vera e

propria frontiera del cambiamento in atto, dove molti dei fenomeni che

75

Page 76: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

stanno modificando il mondo che conoscevamo si manifestano con la

massima intensità.. La Cina, sotto la spinta delle delocalizzazioni e della

modularizzazione della produzione globale, è infatti divenuta vero e proprio

nodo centrale nelle reti di produzione globali, venendo quindi esposta ad un

flusso di conoscenze senza precedenti.. La circolazione di informazioni non è

inoltre rimasta limitata ai canali tradizionali del trasferimento tecnologico e

degli effetti di spillover generati dagli investimenti diretti esteri, ma ha

implicato una forte integrazione nel fenomeno del tutto nuovo

dell’’internazionalizzazione delle attività di Ricerca e Sviluppo da parte di

molte multinazionali basate in paesi di più antica industrializzazione.

La Repubblica Popolare si trova dunque in una condizione unica nel

contesto dei paesi emergenti dal punto di vista delle opportunità

tecnologiche e di sviluppo poiché da un lato può sfruttare il livello di

integrazione raggiunto nelle reti di produzione e di innovazione che sono

andate creandosi negli ultimi vent’anni, dall’altro ha potuto e può tutt’oggi

beneficiare di molti dei vantaggi derivanti dall’arretratezza economica

relativa di cui si è detto nel primo capitolo, come ad esempio il basso costo

della manodopera.

1.1 La Cina nelle reti di produzione globali

Come è sottolineato ad esempio da Wolfgang Keller11, una maggiore

apertura verso l’estero, sia a livello commerciale che a livello di attrazione

degli investimenti diretti esteri, può essere considerata una delle migliori

modalità per attirare capitali, ottenere ed assorbire tecnologie moderne dai

paesi sulla frontiera tecnologica e creare capacità manageriali attraverso

l’esposizione alle best practices utilizzate dalle imprese multinazionali. La

costruzione di opportuni canali per il trasferimento di conoscenze

tecnologiche dai paesi avanzati è dunque, sin dall’origine del processo di

riforme, uno degli obiettivi alla base della politica di apertura dell’economia

11 Cfr. Keller (2004)

76

Page 77: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

cinese che trasformerà il paese da sistema pressoché autarchico ad uno dei

principali snodi nel settore produttivo globale. Ai fini del nostro lavoro ci

sembra quindi utile ripercorrere brevemente l’andamento di tale processo.

Negli anni ottanta la Repubblica Popolare porta avanti una strategia

simile a quella di altri paesi asiatici, combinando una politica di promozione

delle esportazioni con una di protezione delle importazioni attraverso

barriere tariffarie e non tariffarie. Per evitare che i dazi sulle importazioni

abbiano un effetto negativo sul settore esportatore dell’economia, che invece

si intende promuovere, e sull’upgrading tecnologico dell’industria cinese, i

beni capitali ed i beni intermedi destinati alla produzione e all’assemblaggio

di merci da riesportare sono esentati da dazio. Tra il 1981 ed il 1987 le

importazioni delle imprese di stato cinesi si concentrano sul rinnovamento

tecnologico dei propri impianti e sulla costruzione di nuove linee produttive

per beni destinati all’esportazione e beni per cui vi è una crescente domanda

interna, come elettrodomestici bianchi e televisori. Attraverso due piani ad

hoc del governo cinese12 nel giro di quattro anni (1983-1987) vengono

importati beni capitali per un valore complessivo di circa 5 miliardi di

dollari13, provenienti per lo più da Giappone, Stati Uniti e Germania Ovest.

Un simile criterio selettivo si applica anche agli investimenti diretti esteri

(IDE) consentiti ed incoraggiati attraverso politiche di esenzione fiscale solo

in settori ed aree geografiche specifiche. A partire dal 1978 si istituiscono

Zone Economiche Speciali (ZES) nelle città di Shenzen, Zuhai, e Shantou nel

Guandong, a Xiamen nel Fujian ed in tutta la provincia costituita dall’isola

di Hainan. Nel corso degli anni ottanta quasi tutte le più importanti città

delle regioni costiere, tra cui Tianjin, Qingdao, Ningbo, Fuzhou, vengono

aperte agli investimenti diretti esteri e le quattro ZES originarie vengono

ampliate. Nonostante ciò gli IDE diretti in Cina rimangono modesti per tutti

gli anni ’80. Come dimostrano i grafici in Figura 2.1 e 2.2,

12 “3000 items plan” (1983-1985) e “12 production lines plan” (1986-1987) . Per una trattazione più completa si veda Jangping(1997) 13 Cfr. Jangping(1997), p. 83.

77

Page 78: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

Figura 2.1: Flusso di IDE in Cina comparato con gli altri maggiori destinatari (mld di dollari).

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United States France China United Kingdom

Fonte: UNCTAD. Statistical Database online14.

Figura 2.2 : Stock di IDE diretti in Cina (mld di dollari)

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1997

1999

2001

2003

2005

2007

Fonte: UNCTAD. Statistical Database online15.

rappresentanti l’andamento del flusso e dello stock di IDE verso la

Repubblica Popolare Cinese. E’ solo con il decennio successivo che

l’afflusso di capitali dall’estero comincia a crescere in modo importante.

Tale incremento è dovuto a fattori istituzionali e a precise scelte di politica

14 Accessibile al sito http://stats.unctad.org/FDI/ 15 Ivi.

78

Page 79: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

economica. Nel febbraio del 1992 Deng Xiaoping durante il suo viaggio nelle

province del sud del paese, Guandong ed Hainan, rilancia in maniera decisa

il tema della riforma economica e indirizza il paese verso una fase di più

intensa liberalizzazione ed apertura. L’intervento di Deng insieme ad una

nuova regolamentazione per il trattamento fiscale delle Joint Venture a

partecipazione estera e all’allargamento per queste ultime delle possibilità

di vendere i propri prodotti sul mercato interno cinese, convincono molte

imprese multinazionali (in particolar modo quelle provenienti da paesi della

stessa area geografica come Giappone, Corea del Sud, Taiwan, Hong-Kong,

Singapore oltre che da Europa e Stati Uniti16) a stabilire nella Repubblica

Popolare una buona parte delle proprie attività produttive. Le motivazioni

di un tale spostamento vanno ricercato non solo nella politica di incentivi

portata avanti dal governo cinese ma anche in un’altra coppia di fattori: i

gruppi stranieri trasferiscono i propri stabilimenti in Cina da un lato per

poter sfruttare l’abbondanza ed il basso costo della manodopera, dall’altro

per poter accedere più facilmente ad un mercato in costante crescita e di

dimensioni potenziali uniche a livello globale. Questi elementi di spinta sono

forti al punto che la Repubblica Popolare Cinese tra il 1992 ed il 1998 risulta

essere il paese che riceve il flusso annuale di investimenti diretti esteri più

abbondante, dietro ai soli Stati Uniti17. Tra il 1992 ed il 1996 in Cina

vengono registrate più di 240.000 imprese a partecipazione estera (FIE:

Foreign Invested Enterprises). La crisi che nel 1997 investe alcune delle più

importanti economie dell’area asiatica rallenta considerevolmente il tasso

di crescita del flusso degli investimenti diretti in Cina tra il 1998 ed il 2000.

Si tratta però solo di una decelerazione temporanea: grazie all’abilità

16 Secondo i dati del Ministero del Commercio Cinese (MOFCOM) al primo posto della classifica dei paesi da cui provengono la maggior parte dello stock di IDE verso la Repubblica Popolare Cinese per il periodo 1990-2005 vi è nettamente Hong Kong, da cui giungono oltre il 40 % degli investimenti, a cui seguono USA e Giappone (9% per entrambi), Taiwan (7%), Sud Corea e Singapore (5%). Francia, Germania e Regno Unito arrivano insieme al 5%. Il consolidato primato di Hong Kong è dovuto però in una percentuale difficilmente quantificabile al cosiddetto fenomeno del round tripping, per il quale alcune società fanno uscire illegalmente capitali dalla Cina per reinvestirveli passando per Hong Kong, beneficiando così degli incentivi e degli sgravi fiscali destinati agli IDE in ingresso nella RPC (Lemoine, 2001) . 17 Cfr. Elaborazione su dati UNCTAD (2008).

79

Page 80: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

dimostrata nella gestione della crisi e all’adesione all’OMC, la Cina

guadagna ulteriore fiducia come destinatario di IDE. Gli investimenti

ricominciano a crescere velocemente al punto che tra il 2001 ed il 2006 la

Repubblica Popolare rimane sempre tra i primi quattro paesi al mondo per

flusso di IDE ricevuti, piazzandosi addirittura al primo posto nel 200318.

Nello spazio di meno di tre decenni si è dunque passati da

un’economia isolata dal resto del mondo ad una in grado di attrarre più

investimenti che qualsiasi altro paese sul pianeta. Questi cambiamenti

hanno considerevolmente mutato il volto dell’economia cinese impattando in

modo decisivo sul modello di specializzazione e sulla struttura del sistema

industriale della Repubblica Popolare. Se infatti ancora per tutti gli anni

ottanta la Cina poteva essere considerata un’economia specializzata in

settori industriali tradizionali quali tessile, abbigliamento e calzature,

quindici anni di decisa apertura agli IDE ci consegnano oggi un paese che

detiene un vantaggio comparato in settori tradizionalmente considerati a

più alta intensità di Ricerca e Sviluppo19 come quello dell’Information and

Communication Technologies (ICT) e dell’elettronica di consumo. Ciò si deve

in primo luogo alla dinamicità del settore dell’ICT nel contesto del

commercio internazionale. Basti pensare in tal senso che il tasso di crescita

medio annuo del commercio globale di beni ICT tra il 1995 ed il 2005 è

stato quasi del 24 per cento a fronte di un incremento annuale medio dello

scambio globale di beni e servizi del 7,1 per cento20. La domanda crescente a

livello mondiale per questo genere di prodotti ha quindi determinato

l’esigenza di allargare la base produttiva. Molte imprese basate nei paesi

avanzati, in particolare in quelli della stessa area geografica (Hong Kong,

Taiwan, Corea, Singapore) hanno individuato in una Cina abbondante di

manodopera a basso costo ed aperta al resto del mondo, il terreno fertile per

l’apertura di nuove filiali destinate all’assemblaggio di prodotti elettronici

18 Cfr. Elaborazione su dati UNCTAD (2008). 19 Cfr. Pavitt (1984). 20 Lemoine e Unal-Kesenci (2007), p.27.

80

Page 81: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

da riesportare, in un secondo tempo, nei paesi industrializzati. Queste

decisioni di delocalizzazione hanno influenzato in maniera profonda la

posizione della Cina negli scambi internazionali, portandola già nel 2007 ad

essere il secondo paese esportatore di merci, dietro alla sola Germania21, e a

guadagnare una quota pari all’8,7 per cento sul totale delle esportazioni

mondiali. Dati diffusi recentemente dall’ufficio statistico tedesco stabiliscono

incoronano oggi la Repubblica Popolare come primo paese esportatore a

livello mondiale22. Per comprendere meglio l’entità del cambiamento basti

pensare che ancora nel 1995 la quota cinese sulle esportazioni mondiali di

merci era del 2,9 per cento, dato che le valeva solo il decimo posto nella

classifica dei principali esportatori23. Il contributo degli investimenti diretti

esteri in tale incremento risulta evidente se consideriamo che il 95 per cento

delle esportazioni cinesi deriva dall’industria manifatturiera, che dal 2004

circa il 30 per cento di queste è rappresentato da prodotti high-tech24 e che

una quota che si colloca tra l’80 ed il 90 per cento delle esportazioni high-

tech, a seconda degli autori che propongono il dato25, sia riconducibile ad

imprese a partecipazione straniera. La Repubblica Popolare Cinese si può

così definire vera e propria officina del mondo. Uno snodo fondamentale

nelle reti di produzione globali, dove giungono beni intermedi e semilavorati

da ogni angolo del globo per essere assemblati da imprese a partecipazione

mista, estera e cinese, per poi essere riesportati in gran parte sui mercati

dei paesi avanzati.

Sebbene le attività che vengono svolte in Cina siano dunque quelle

maggiormente intensive in lavoro e che incidono di meno in termini di

valore sul prezzo del bene finale, l’integrazione nelle reti di produzione

globale, consentita dalle politiche di attrazione degli investimenti portate

avanti dal governo e da un mutamento del sistema produttivo a livello

mondiale, rappresentano ed hanno rappresentato una notevole opportunità

21 Posizione confermata anche per il 2008. 22 Cfr. Il Sole 24 Ore (2010). 23 Cfr. WTO(2009), http://stat.wto.org/ . 24 Cfr. World Development Indicators (2008).

81

Page 82: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

per l’industria cinese. Proprio in virtù dell’elevata modularità e della

specializzazione verticale che oggi caratterizza tali reti, la presenza di

investitori stranieri ha infatti “stimolato un rapido aumento della

produttività […] delle imprese cinesi, favorendo la nascita di rilevanti filiere

industriali e lo sviluppo di catene locali di sub fornitura”26. L’integrazione

della Cina nelle reti di produzione globale ha dunque consentito una

maggiore diffusione di conoscenza tecnologica sia grazie al trasferimento

diretto di beni capitali necessari alla produzione delle imprese a

partecipazione estera, sia perchè i gruppi stranieri per essere sicuri che i

fornitori locali riuscissero a garantire le quantità e la qualità richieste,

hanno dovuto condividere con loro conoscenze tecniche e manageriali dando

il via a processi di spill over delle conoscenze, di learning by doing e di

learning by interacting. Se inizialmente tale condivisione è stata limitata a

procedure codificate necessarie per garantire la funzionalità delle strutture

produttive, logistiche e distributive “con il passare del tempo la conoscenza

condivisa è andata incorporando anche forme di conoscenza organizzativa di

più alto livello e per lo più di natura tacita, riguardante i processi di

controllo, pianificazione, decision-making e coordinamento” 27. Quelli che in

origine erano dunque sistemi produttivi locali di sub fornitura creati per

soddisfare la domanda proveniente da gruppi stranieri, “nel tempo hanno

sviluppato capacità produttive tali da ritagliarsi quote di mercato

indipendenti dalla collaborazione con i loro committenti”28.

La presenza di gruppi stranieri in un paese emergente ha solitamente

anche l’effetto, talvolta considerato negativo, di aumentare la pressione

concorrenziale sull’economia locale. Soprattutto nel caso di investimenti

market seeking, orientati quindi a facilitare l’ingresso o a migliorare la

posizione dell’impresa investitrice sul mercato del paese ospitante, la

competizione con gruppi multinazionali provenienti da paesi avanzati può

25 Cfr Lemoine e Unal-Kesenci(2007), Amighini e Chiarlone (2007), Ernst e Naughton (2007). 26 Cfr. Amighini e Chiarlone ( 2007), p. 78. 27 Cfr. Ernst ( 2004), p.18. 28 Cfr. Amighini e Chiarlone ( 2007), p. 95.

82

Page 83: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

rappresentare una minaccia alla sopravvivenza di un’industria locale

appena nata e meno competitiva dal punto di vista delle risorse e

dell’organizzazione. Anche nel caso cinese si è verificato un fenomeno di

questo tipo soprattutto per le imprese locali che si concentrano su segmenti

di mercato simili a quelli abitualmente serviti dalle multinazionali

provenienti da paesi più avanzati, ovvero quelli a reddito più alto. Se ciò è

vero, è innegabile però anche il fatto che la maggiore concorrenza abbia

obbligato, ed obblighi tuttora, le aziende cinesi a trovare delle soluzioni che

gli consentano di sopravvivere nella competizione con le multinazionali

straniere. Da un lato ciò ha incentivato quindi le imprese locali ad

aumentare la qualità e ad ampliare la portata della propria offerta per

rivaleggiare con i prodotti della concorrenza estera, dall’altro, cosa molto più

importante per il nostro lavoro, ha obbligato i gruppi cinesi a sviluppare il

prima possibile strategie e modelli di business innovativi.

La Repubblica Popolare Cinese a trent’anni dall’inizio delle riforme

volute da Deng Xiaoping si ritrova dunque al centro di un sistema di reti

che, espandendo i legami internazionali tra imprese che occupano posizioni

diverse nella catena del valore, riduce in maniera graduale, ma continua, gli

ostacoli alla diffusione internazionale di conoscenza proprio mentre le nuove

tecnologie comunicative non solo facilitano lo scambio di informazioni ma

anche la condivisione e la creazione congiunta di nuove conoscenze. Sia che

un’impresa basata in Cina sia direttamente coinvolta nel trasferimento di

tecnologia e competenze manageriali con aziende estere, sia che si trovi a

competere con multinazionali provenienti dai paesi avanzati è indubbio che

il solo fatto di interagire con esse la vincoli a prendere contatto con un flusso

di informazioni e conoscenza che non ha precedenti nella storia. Ovviamente

l’accessibilità a conoscenza, anche qualora codificata, non è condizione

sufficiente ad un rapido apprendimento, tuttavia ne è condizione necessaria

e, ad oggi, non vi è area al mondo dove questa condizione possa essere

soddisfatta con più efficacia che nella Repubblica Popolare Cinese.

83

Page 84: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

1.2 La Cina nelle reti di innovazione globali

Accanto alla frammentazione internazionale della produzione

nell’ultimo decennio ha fatto la sua comparsa un fenomeno che è destinato a

modificare in maniera anche più profonda la geografia della conoscenza

mondiale. Se con l’affermazione delle reti di produzione globali abbiamo

progressivamente accettato l’idea che una parte della produzione, e

segnatamente quella a più scarso contenuto di valore aggiunto, di beni

destinati ai mercati dei paesi avanzati potesse avvenire in paesi emergenti

ed in via di sviluppo per avvantaggiarsi del basso costo della manodopera,

siamo tuttora convinti, o quantomeno abituati a pensare, che le attività di

Ricerca & Sviluppo siano destinate a rimanere concentrate in un numero

limitato di paesi o macro-regioni avanzate, in particolare nella cosiddetta

triade composta da Nord America, Giappone ed Europa. Tuttavia anche

questa certezza sta diventando via via meno granitica. Nel corso degli ultimi

dieci, quindici anni molti gruppi multinazionali hanno infatti cominciato ad

internazionalizzare, oltre che la fase produttiva, anche la propria attività di

Ricerca e Sviluppo, localizzando i propri laboratori non solo nei paesi

d’origine o in altri paesi avanzati ma anche in economie emergenti come

quella cinese e quella indiana. Questo fenomeno, che viene definito come

“globalizzazione della R&S e dell’innovazione” 29 , sicuramente reso più

facile dalla diffusione di tecnologie comunicative ed informatiche in grado di

garantire una quasi istantanea trasmissione di conoscenza codificata anche

a migliaia di chilometri di distanza, “sta effettivamente cambiando il modo

in cui l’innovazione viene trasmessa ed utilizzata a livello globale”30.

La Cina, trasformatasi nel corso degli anni novanta in officina del

mondo in conseguenza degli IDE finalizzati alla produzione, con il nuovo

millennio è divenuta uno dei centri più importanti ed attraenti anche nelle

reti di innovazione globali. Se infatti i primi laboratori di R&S stranieri

hanno fatto la loro comparsa in Cina sin dalla metà degli anni novanta

29 OECD(2007), p. 268. 30 Ivi.

84

Page 85: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

grazie a grandi gruppi del settore ICT come Microsoft, Nortel, Nokia ed

Ericsson, a partire dal 2000 il numero di imprese che ha localizzato almeno

parte della propria attività di R&S su suolo cinese è esponenzialmente

incrementata, coinvolgendo nuovi settori come il biomedico e l’automotive ed

interessando in modo crescente anche piccole e medie imprese31. Sebbene le

statistiche riguardanti i centri stranieri per la R&S possano variare, anche

in modo considerevole, a seconda della fonte consultata a causa sia della

velocità con cui compaiono nuovi laboratori sia delle differenze nelle

modalità di rilevamento, vi è un generale accordo sul fatto che il loro

numero sia fortemente aumentato a partire dal 2000. Secondo i dati forniti

Figura 2.1: Numero di laboratori per la R&S di imprese estere in Cina

Fonte: Bouteiller, Gassman, Von Zedtwiz (2008).

nel 2008 dal Ministero del Commercio della Repubblica Popolare

(MOFCOM) e riportati anche dall’OECD, alla fine del 2006 vi erano più di

930 organizzazioni straniere, concentrate soprattutto nella zona di Pechino

e di Shanghai, che si occupavano a vario titolo di Ricerca e Sviluppo: ciò fa

31 Cfr. Bouteiller, Gassman, Von Zedtwiz (2008), p.68.

85

Page 86: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

della Cina il secondo paese per numero di centri esteri per la R&S dietro ai

soli Stati Uniti32. Alcuni osservatori occidentali come Maximilian Von

Zedtwiz33 riportano invece cifre più contenute (poco più di 500 laboratori a

fine 2005) ma sottolineano comunque l’accelerazione impressa al fenomeno

negli ultimi anni, come dimostra la figura 2.1.

La provenienza di questo tipo di investimenti diretti è molteplice e

riguarda gruppi multinazionali molto importanti sia dal punto di vista delle

dimensioni che della notorietà a livello internazionale come si può notare

dando un’occhiata alla Tabella 2.1:

Tabella 2.1: Provenienza di alcune imprese note con laboratori di R&S in Cina

Europa Stati Uniti Giappone Altri

Nokia, Ericsson, Bayer, Hoffmann-Laroche, Volksvagen, SAP, Schindler, Tetrapak, Electrolux, Unilever, Nestlè, Alcatel, Novo Nordisk, Siemens, Philips

Microsoft, Motorola, Lucent, DuPont, Procter & Gamble, IBM, Honeywell, Intel, UTC, Oracle, Dell, Hewlett- Packard, Sun, GM, Kodak, Agilent, Qualcomm, GE

Ajinomoto, Hitachi, Toshiba, Yamaha, Matsushita Electric, Canon, Toyota, Sharp, Sony, Fujitsu, Honda, NEC, NTT DoCoMo

Acer, Infosys, BenQ, Tata, Nortel, Merry Electronics, LG, Samsung

Fonte: Bouteiller, Gassman, Von Zedtwiz (2008).

Le motivazioni che hanno spinto e spingono questo particolare tipo di

delocalizzazioni sono principalmente tre. In primo luogo vi è l’esigenza da

parte delle imprese che hanno localizzato parte della propria attività

produttiva sul territorio della Repubblica Popolare di avere centri di R&S, in

particolar modo concentrati sulla fase di sviluppo del prodotto, vicino agli

stabilimenti produttivi. Ciò risulta necessario soprattutto per le produzioni

destinate al mercato interno. In questo caso infatti i laboratori hanno

l’obiettivo primario creare punti di contatto tra le esigenze specifiche di un

mercato vasto ed in crescita come quello cinese ed i prodotti e le tecnologie

tradizionalmente fornite dalla casa madre. La necessità di adattamento

32 Cfr. OECD(2007), p. 268. 33 Cfr. Bouteiller, Gassman, Von Zedtwiz (2008), p.68.

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Page 87: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

della propria offerta alle specificità del mercato non è comunque l’unico

driver della delocalizzazione delle attività di R&S in Cina, come testimonia

il fatto che molti di questi centri, circa un terzo del totale secondo Von

Zedtwitz, Boutellier e Gassman34, siano autonomi rispetto agli stabilimenti

produttivi e conducano un tipo di R&S che l’OECD descrive come

crescentemente “innovativo piuttosto che adattivo” 35. Esempio di questa

tendenza è il centro Microsoft Research Asia a Pechino che MIT Technology

Review ha definito già nel 2004 come “the world’s hottest computer lab”36, o

il fatto che il laboratorio Nokia di Pechino sia uno degli otto creati dal

gruppo finlandese per portare avanti ricerche a livello globale. Ciò è dovuto

in primo luogo alla disponibilità di risorse umane di elevata qualità ad un

costo decisamente inferiore rispetto a quello dei paesi di più antica

industrializzazione. Basti pensare che la Cina in quattro anni ha più che

raddoppiato il numero degli studenti che conseguono una laurea bachelor37

in discipline ingegneristiche, passando dai 252.000 studenti dell’annata

2001-02 ai 575.000 del 2005-0638. Il dato diventa molto significativo se lo si

confronta con quello degli Stati Uniti, dove nel 2006 gli studenti che hanno

conseguito un titolo analogo sono stati circa 129.00039, soprattutto se

pensiamo che il salario medio di un ingegnere cinese è di circa quattro volte

più basso rispetto a quello di un pari livello americano40.

Lo spostamento di una parte consistente dell’attività di ricerca in Cina da

parte di gruppi provenienti da paesi sulla frontiera tecnologica corrisponde

dunque alla volontà di attingere ad un ampio bacino di manodopera

qualificata a basso costo. A questo fattore va anche aggiunto il circolo

virtuoso che si mette in atto quando il numero e l’importanza delle imprese

che hanno localizzato una propria divisione di R&S in un’area specifica

34 Cfr. Bouteiller, Gassman, Von Zedtwiz (2008), p. 68 35 Cfr. OECD (2007), p. 277. 36 Cfr. Huang (2004). 37 Titolo che corrisponde alla laurea triennale italiana. 38 Cfr. Wadhwa, Gereffi, Rissino, Ong (2007), p. 16 39 Cfr. Ivi. 40 Dato tratto da Bouteiller, Gassman, Von Zedtwiz (2008), p. 65.

87

Page 88: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

supera una certa soglia. Le imprese multinazionali cominciano infatti a

pensare non solo ai vantaggi di costo che deriverebbero dal situare un centro

di R&S in Cina, ma anche agli svantaggi che a livello strategico

comporterebbe non avere punti di connessione in una rete per cui transita

un volume di nuova conoscenza in continua crescita. In questo caso il driver

della delocalizzazione della R&S risulta quindi essere la necessità di

integrarsi in quelle che abbiamo definito come “reti di innovazione

glob

ali”41.

Sebbene il governo cinese abbia compiuto notevoli sforzi per attirare in

patria investimenti diretti destinati alle attività di ricerca, gli effetti

provocati dalla presenza di divisioni di R&S straniere sull’economia e sulla

capacità innovativa della Repubblica Popolare sono questione di dibattito.

Secondo alcuni osservatori l’interazione tra imprese a partecipazione estera

e imprese cinesi in materia di R&S, nonostante la forte crescita degli IDE, è

rimasta al di sotto delle aspettative. In questa visione la portata limitata

degli effetti di spill over positivi sarebbe dovuta ad una pluralità di fattori:

in primo luogo ad un gap tra la capacità tecnologica delle imprese cinesi e

quelle straniere; in secondo luogo al fatto che la manodopera qualificata

locale impiegata in laboratori stranieri ha scarsa mobilità ed anche quando

decide di cambiare lavoro difficilmente cerca il suo nuovo impiego in

un’azienda locale quanto piuttosto in un’altra impresa straniera, che offre

retribuzioni mediamente più alte; infine un effetto negativo è svolto anche

dalla scarsa certezza ed applicazione delle leggi sulla proprietà intellettuale.

Altri osservatori42 invece sottolineano come l’integrazione della Repubblica

Popolare nelle reti di innovazione globali esponga le imprese cinesi a

tecnologie d’avanguardia e alle best practices adottate nel campo della R&S

dai gruppi internazionali considerati più innovativi soprattutto nel caso di

collaborazioni attive tra divisioni di ricerca straniere e centri di ricerca di

imprese locali. In particolare vengono messe in evidenza le collaborazioni

41Cfr. Ernst e Naughton (2007). 42Cfr. Ernst e Naughton (2007) e Ernst (2008).

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Page 89: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

finalizzate alla creazione di standard tecnologici nazionali che, vista la

dimensione e la rapida crescita del mercato locale, hanno buone probabilità

di divenire standard anche a livello mondiale. Un esempio in questo senso è

la collaborazione tra Datang Mobile, Siemens AG e la Chinese Academy of

Telecomunications Technology per l’elaborazione dello standard TD-SCDMA

per la rete cellulare di terza generazione (3G) nazionale. Per alcuni

studiosi43 vi sarebbe anche un effetto dimostrazione/competizione per il

quale le aziende cinesi di fronte all’incremento degli investimenti stranieri

in R&S reagirebbero aumentando anch’esse l’investimento in attività di

ricerca. Altro tipo di cooperazione con effetti di spill over positivi secondo

Xielin Liu e Nannan Lundin44 è quello tra imprese straniere e università o

istituti di ricerca pubblici. Sebbene tale fenomeno sia ancora in una fase

pressoché embrionale45, non vanno sottostimati gli effetti positivi per il

sistema di innovazione locale che beneficia in tal modo di maggiori fondi,

migliori attrezzature e un’informazione costantemente aggiornata su ciò che

avvie

dall’estero e il raggiungimento di un adeguato

potenziale tecnologico.

ne sulla frontiera della ricerca internazionale.

Risulta quindi evidente come da un lato gli investimenti diretti esteri

di natura produttiva in settori ad alta intensità tecnologica e dall’altro la

delocalizzazione dell’attività dei R&S abbiano creato sia gli stimoli per un

cambiamento strutturale dell’economia cinese sia significative occasioni di

apprendimento per le imprese locali. Come abbiamo sottolineato nel capitolo

precedente, il contatto con la frontiera è però solo una delle condizioni che

consentono ad un paese di sfruttare i vantaggi dell’arretratezza tecnologica

ed economica rispetto ai paesi early starter. A tale prerequisito va associato

lo sforzo da parte di un paese late comer per consentire l’assorbimento di

conoscenze provenienti

43 Cfr. Lundin (2007). 44 Cfr. Liu e Lundin (2007), p.15.

89

Page 90: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

2 L’impegno cinese per la creazione del potenziale tecnologico ed i suoi

risultati

2.1 Il percorso delle riforme

Il governo cinese a partire dal 1978, accanto alle riforme relative al

settore agricolo, industriale e finanziario, ha anche dato il via ad un

graduale processo di riorganizzazione del proprio sistema di innovazione

nazionale. Tra il 1950 ed il 1970 il settore scientifico-tecnologico cinese era

stato gestito seguendo il modello sovietico ed era stato caratterizzato

dunque da una rigida pianificazione: le attività di Ricerca e Sviluppo erano

gestite dalla Chinese Academies of Science (CAS), che si occupava per lo più

della ricerca pura, e da istituti di ricerca affiliati ai ministeri, che

svolgevano invece soprattutto ricerca applicata. Le università avevano il

compito quasi esclusivo di formare scienziati e ricercatori mentre le imprese

semplicemente non venivano considerate come parte attiva nel processo di

creazione e diffusione della conoscenza. Si trattava di un sistema in grado

di mobilitare un numero limitato di risorse destinate quasi per intero a

raggiungere obiettivi di tipo strategico quali la produzione di armamenti

nucleari o la realizzazione del programma spaziale. Le imprese, salvo alcuni

casi di grandi imprese statali dotate di laboratori propri, non facevano

ricerca di nessun tipo. La Rivoluzione Culturale cominciata nel 1966 ha

ridotto poi ulteriormente l’importanza del settore scientifico- tecnologico

(S&T) nell’economia del paese.

Con la salita al potere di Deng Xiaoping comincia anche il processo di

riforma del settore S&T. Poiché viene finalmente riconosciuta la relazione

positiva che unisce scienza, tecnologia e conoscenza alla crescita economica,

si avverte da subito la necessità di riformare il sistema. Tra il 1978 e il 1984

si ha un primo tentativo di riorganizzazione in cui vengono ridefinite le aree

di priorità ma in cui si ha ancora la parziale convinzione di poter modellare

il nuovo sistema sulla base di quello precedente. Con il passare degli anni

45 Alcuni esempi di questo tipo di collaborazione si riscontrano soprattutto nel settore farmaceutico: Glaxo Smith Kline-Shanghai Institute of Materia Medica (SIMM), Novartis-SIMM, Roche- Chinese

90

Page 91: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

quest’idea viene progressivamente abbandonata e nel 1984 cominciano

alcuni esperimenti che hanno la finalità di mettere in contatto la ricerca

con il settore produttivo. Tra questi esperimenti vi è la creazione di nuove

imprese attraverso spin-off da istituti di ricerca pubblica. Da segnalare il

fatto che proprio con un’operazione di questo tipo nel 1984 nasca, da una

costola della CAS, quello che diventerà il gruppo Lenovo, oggi quarto

produttore di personal computer al mondo e primo in Cina46. Per un

istituzionale del sistema S&T bisogna

aspettare però il 1985 anno in cui il Comitato Centrale del PCC promulga la

Decision on the Reform of the Science and Technology System

cambiamento dell’architettura

t

cinese in un momento in cui a livello globale la conoscenza riveste un ruolo

47. Questa

decisione segna l’avvio di un cambiamento sistemico. Il primo obiettivo è il

definitivo superamento della restrizione tra attività industriale e attività di

ricerca e viene perseguito trasformando molti degli istituti di ricerca

applicata, che prima facevano capo ai ministeri, in imprese autonome ed

accorpando i centri di ricerca pubblici più grandi ad imprese di stato. Viene

istituito inoltre un mercato per la tecnologia sul quale anche gli istituti di

ricerca pubblica possono vendere i risultati del proprio lavoro, e cercare

finanziamenti esterni. Le decisioni prese dal Comitato Centrale nel 1995 48

e nel 1999 49 intensificano ulteriormente il processo di riforma e

estimoniano come il governo cinese abbia definitivamente riconosciuto il

settore S&T come forza produttiva primaria: lo scopo dichiarato è quello di

“rivitalizzare la nazione attraverso scienza, tecnologia e istruzione”50 e di

modificare il proprio modello di sviluppo trasformandolo progressivamente

in uno centrato su progresso tecnologico e alta qualificazione della forza

lavoro. L’accelerazione della riforma è dettata in particolar modo dalle

preoccupazioni concernenti la competitività di lungo periodo dell’economia

Centre, Novo Nordisk-Tsinghua University. (Fonte Liu e Lundin, 2007). National Human Genome

46 Cfr. www.lenovo.com 47 Cfr. OECD(2007), p. 381. 48 Cfr. Decision on Accelerating Scientific and Technological Progress, 1995. Fonte MOST. 49 Cfr. Decision on Strengthening Technological Innovation and Developing High Technology and

ealising Its Industrialisation, 1999. Fonte MOST. R

91

Page 92: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

sempre più importante. Principali misure di questa fase sono l’incremento

dell’investimento pubblico in Ricerca e Sviluppo51, l’incentivazione

all’apertura di divisioni destinate alla R&S sia per le imprese locali che per

quelle straniere e la trasformazione di 242 tra i più grandi istituti di ricerca

pubblica in imprese private o in organizzazioni no-profit formalmente

indipendenti dal controllo statale. Nel gennaio 2006 il Comitato Centrale del

CC ha varato una nuova decisione denominata “Decision on Implementing

the Medium- and Longterm Strategic Plan for the Development of Science

and Technology and Improving Indigenous Innovation Capability “

P

a cui provengono gli articoli

scient

52, in cui

viene ribadita la volontà di modificare le basi del modello di sviluppo cinese,

rafforzando la capacità innovativa endogena nazionale. La necessità di

cambiamento è dettata in particolare dalla preoccupazione del governo per

la dipendenza della crescita economica cinese da tecnologie straniere e da

aziende a capitale estero e per la insostenibilità a livello sociale, energetico e

ambientale dell’attuale strategia di sviluppo. Dal momento che le finalità

dichiarate sono rendere l’innovazione autoctona il motore della crescita per

il ventunesimo secolo e fare della Repubblica Popolare una potenza

tecnologica a livello mondiale. Il governo cinese ha fissato degli obiettivi

specifici da raggiungere entro il 2020: un ulteriore incremento della spesa in

Ricerca e Sviluppo che nel piano suggerito dovrebbe passare dal 1,3% di oggi

al 2,5% del PIL53, la riduzione della dipendenza da tecnologia straniera che

dovrebbe abbassarsi al 30% di quella attuale, il posizionamento nei primi

cinque posti nella speciale classifica dei paesi d

ifici con il maggior numero di citazioni54.

Risulta dunque evidente come il processo di riforma che dal 1978 ha

modificato il volto della Repubblica Popolare abbia dedicato grande

50 Ivi. 51Le risorse pubbliche vengono concentrate in particolar modo su programmi ritenuti prioritari in materia di ricerca, innovazione e istruzione universitaria.The Knowledge Innovation Programme della CAS; The Education Revitalisation Action Plan towards the 21st Century.; The State Key Basic Research and Development Programme (973 Programme); The State High-technology R&D Programme (863

ss University Programme (the 985 Programme). Fonte MOST. Programme);The World Cla52Cfr OECD (2007), p.389.

p. 19. 53Cfr. Liu e Lundin (2007) ,

92

Page 93: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

importanza alla costruzione della capacità di assorbimento e del potenziale

tecnologico necessario a trarre i benefici attesi dall’apertura internazionale.

Il numero e soprattutto il contenuto delle decisioni adottate dal Comitato

Centrale del PCC in materia di ricerca e di istruzione testimoniano di per sè

l’impegno del governo cinese in questa direzione. Tuttavia per valutare in

modo preciso quale sia stato l’effettivo sforzo profuso per la creazione di un

sistema di innovazione nazionale efficiente e quali ne siano stati i risultati,

nel prossimo paragrafo prenderemo in analisi gli indicatori descritti nel

apitolo precedente (§ 1.3.).

: l’investimento in Ricerca e Sviluppo nella

2.2.1

sservare il

lica Popolare Cinese in R&S per anno (mld di dollari in PPP)

c

2.2 Una misura dello sforzo

Repubblica Popolare Cinese.

Gli indicatori tradizionali

Una valutazione piuttosto semplicistica ma comunque significativa è

quella fornita dagli “indicatori tradizionali” basati sui modelli input-output.

Dal momento che, come si è detto, la principale misura di input è data

dall’investimento in R&S , in prima approssimazione possiamo o

suo andamento nella Repubblica Popolare dagli anni ‘90 ad oggi.

Figura 2.4: Spesa complessiva della Repubb

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

1991

1992

1993

1994

1995

1996

1997

1998

1999

2000

2001

2002

2003

2004

2005

2006

Fonte: elaborazione su dati MSTI (OECD)55.

54Cfr OECD (2007), p.390. 55 Cfr. OECD (2009).

93

Page 94: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

Come possiamo vedere dal grafico in Figura 2.4 la spesa destinata alla R&S

è incrementata in modo quasi esponenziale nel corso degli ultimi quindici

anni, passando dai circa sette miliardi di dollari del 1991 ai quasi novanta

del 2006, raddoppiando praticamente ogni tre anni tra il 1996 ed il 2006.

Dalla figura 2.4 si può ben vedere come la Decisione del Comitato

Centrale del 1995 segni uno spartiacque per la spesa nazionale in R&S, che

in percentuale del PIL passa infatti dallo 0,56 del 1996 all’1,42 di dieci anni

dopo56. Questo dato assume notevole importanza soprattutto se lo si

confronta con quello dei più importanti paesi industrializzati (figura 2.5): se

è vero che la percentuale del PIL investita in ricerca dalla Cina rimane

distante da quelle di Corea del Sud e Giappone, che superano il 3,2 per

cento, ha però sorpassato quella di paesi europei come l’Italia, l’Irlanda, il

Portogallo e la Spagna ed ha sensibilmente ristretto il divario con paesi

sulla frontiera tecnologica come Stati Uniti, Germania, Francia e Regno

Unito.

Figura 2.5: Investimento in Ricerca e Sviluppo in percentuale del PIL 1996-2006.

0

0.5

1

1.5

2

2.5

3

3.5

1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006

China France Germany Italy

Japan Korea United Kingdom United States

Fonte: elaborazione su dati MSTI57.

56 Cfr. OECD(2009). 57 Cfr. OECD (2009).

94

Page 95: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

Particolarmente significativo, e a nostro modo di vedere preoccupante,

è l’energico sorpasso subito da un paese come l’Italia (che nel 2007 ha

dedicato alla R&S una percentuale del PIL addirittura di poco inferiore

rispetto a quanto faceva nel 1991 58) poiché al semplice scavalcamento in

termini percentuali va aggiunto il fatto che tra il 1990 ed il 2006 in Cina il

PIL è cresciuto ad un tasso medio annuo superiore all’8 per cento mentre

nello stesso periodo l’economia italiana ha avuto una crescita media

dell’1,36 % annuo59. Senza contare che il PIL cinese, calcolato in Parità di

Potere d’Acquisto (PPP), è circa sette volte superiore rispetto a quello

italiano. Sebbene l’Italia sia ancora un paese con un potenziale tecnologico

ed innovativo superiore a quello cinese in molti settori, sulla base di questi

dati appare ben evidente come tale vantaggio sia destinato ad erodersi nel

medio-lungo periodo senza un deciso cambiamento di rotta nelle politiche

destinate al alla ricerca ed all’innovazione.

Per avere un’idea di quanto la spesa cinese destinata alla ricerca sia

divenuta rilevante a livello mondiale, e non solo nei confronti di paesi come

l’Italia, basta pensare che a prezzi correnti la Repubblica Popolare è oggi al

sesto posto nella classifica dei paesi che investono di più in R&S in termini

assoluti. Se invece consideriamo l’investimento assoluto in Parità di Potere

d’Acquisto (PPP), grazie allo sforzo profuso nell’ultimo decennio, la Cina ha

superato anche paesi come Germania, Francia e Corea del Sud, piazzandosi

sin dal 2005 al terzo posto di questa particolare classifica, lasciando il passo

solo a Stati Uniti e Giappone, come possiamo vedere dal grafico proposto in

figura 2.6.

58 Cfr. OECD(2009). 59 Cfr. Maddison (2009).

95

Page 96: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

Figura 2.6: Investimento assoluto in Ricerca e Sviluppo (mld di dollari in PPP)

0

50

100

150

200

250

300

350

400

1997 1999 2001 2003 2005 2007

United States Japan Germany France United Kingdom Korea Italy China

Fonte: elaborazione su dati MSTI 60.

Altra misura di input impressionante in termini assoluti è il numero

di ricercatori di cui dispone la Repubblica Popolare Cinese. A partire dal

2000 ha infatti superato il Giappone per numero totale, posizionandosi con i

suoi 1,12 milioni di ricercatori61 dietro ai soli Stati Uniti. Sebbene questo

dato sia indicativo non bisogna enfatizzarlo troppo poiché va guardato

tenendo ben presente due elementi. In primo luogo una misura quantitativa

come questa dice poco sulla qualità e sulle effettive capacità dei ricercatori

cinesi che vengono talvolta ritenute inferiori rispetto a quella dei loro

colleghi nella triade. In secondo luogo non bisogna perdere di vista il fatto

che in termini relativi il dato è decisamente meno entusiasmante, dal

momento che, come si vede nella tabella 2.2, se si prende in considerazione il

numero di ricercatori ogni mille unità di forza lavoro, la Cina scivola molto

lontano dalle prime posizioni con poco meno di 1,5 ricercatori ogni mille

lavoratori.

60 Cfr. OECD (2009). 61 Cfr. OECD (2009).

96

Page 97: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

Tab. 3.2: Numero di Ricercatori assoluti e Numero di Ricercatori ogni 1000 unità di forza lavoro nel 2005. Paese Totale Ricercatori N°Ric. ogni 1000 lavoratori

Stati Uniti 1387882 9,265

Cina 1118698 1,459

Giappone 704949 10,601

Germania 272148 6,631

Francia 204483,7 7,415

Corea del Sud 179812,4 7,573

Regno Unito 179386,9 6,069

Italia 82488,9 3,374

Fonte: MSTI (2009).

Una tendenza simile è riscontrabile anche dal punto di vista

dell’output del sistema di innovazione nazionale cinese. Il numero di

richieste di brevetti avanzate da imprese cinesi presso il Chinese State

Intellectual Property Office (SIPO) è infatti incrementato di sei volte tra il

1996 ed il 200662. Tale incremento è in parte attribuibile ad una maggiore

capacità innovativa delle imprese e degli istituti di ricerca pubblici cinesi,

oltre che ad una crescente sensibilità rispetto al tema della proprietà

intellettuale. A livello internazionale il miglioramento della performance

innovativa cinese risulta meno marcato come dimostra il fatto che nel corso

del 2005 il numero di brevetti concessi ad inventori cinesi presso i tre

principali uffici brevetti a livello mondiale -Japan Patent Office (JPO), US

Patent & Trademark Office (USPTO) e European Patent Office (EPO)- siano

stati solo 433 contro ad esempio i 3.158 della Corea del Sud. In ogni caso

anche in questo campo i segnali di cambiamento non mancano e per

apprezzarli basta guardare all’andamento delle richieste di brevetto presso

l’USPTO da parte di imprese cinesi negli ultimi anni, passate dalle 689 del

2001 alle 3900 del 2007 63 o alla quota cinese sul totale delle richieste di

62 Cfr. MOST (2008). 63 Cfr. OECD (2009).

97

Page 98: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

brevetto a livello globale passata dal 1.9% del 2000 al 7,3 per cento del

200664.

Riassumendo, gli indicatori tradizionali input-output testimoniano il

deciso sforzo intrapreso dal governo della Repubblica Popolare Cinese per la

creazione di un sistema di innovazione nazionale competitivo. Ciò

nonostante, la distanza dai paesi sulla frontiera è ancora significativa,

soprattutto se si tiene conto delle dimensioni della popolazione cinese.

2.2.2 Absorptive capacity e Technological capability in Cina

Nel capitolo precedente si è sottolineato come gli indicatori

tradizionali tipici dei modelli input-output siano però in grado di fornire

solo un’indicazione generica di come un’economia, soprattutto se emergente,

riesca ad adottare, assorbire e modificare conoscenze tecnologiche

provenienti dall’esterno. Al fine di migliorare tale misura abbiamo

introdotto i concetti di absorptive capacity e di technological capability,

utilizzandoli come cartine tornasole di due momenti differenti del processo

di assimilazione. L’absorptive capacity cerca infatti di valutare se uno stato

abbia creato le condizioni necessarie per la diffusione di conoscenza, mentre

la technological capability tenta di stimare il risultato del processo di

assorbimento e di quantificare il potenziale tecnologico raggiunto da un

paese. Si è detto delle difficoltà affrontate da molti ricercatori nel definire in

maniera uniforme e nel rendere operativi tali concetti, tuttavia riteniamo

che per valutare lo sforzo per l’assimilazione tecnologica ed i suoi risultati

nel contesto cinese sia utile analizzare e comparare con i paesi sulla

frontiera tecnologica, l’andamento delle variabili più significative che

compongono due degli indicatori costruiti in epoca più recente: il

Technological Absorptive Capacity Index della World Bank65 (Tabella 1.1) e

l’ArCo Index di Daniele Archibugi e Alberto Coco66 (Tabella 1.2 ).

64 Cfr. WIPO (2008). 65 World Bank (2008), p.149.

98

Page 99: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

a) Technological Absorptive Capacity Index

L’indice costruito dalla World Bank per la misurazione della capacità

di assorbimento si compone di quattro sottoindici. Il primo di questi è teso a

valutare la situazione macroeconomica generale del paese in esame e lo fa

prendendo in considerazione tre variabili principali: il deficit pubblico in

percentuale del PIL, il tasso di inflazione annuale e la volatilità del tasso di

cambio. Come si può notare dal grafico in figura 2.7 il governo cinese negli

Figura 2.7: Andamento del rapporto Deficit/Pil 2001-2006.

-5

-4

-3

-2

-1

0

1

2001 2002 2003 2004 2005 2006

Germany Italy France

United Kingdom United States China

Fonte: Elaborazione su dati World Development Indicators (WDI) Online (2009).

ultimi anni ha migliorato il rapporto deficit/PIL non solo in termini assoluti,

passando dal 4,2 per cento del 2001 all’1,4 per cento del 2006, ma anche

nei confronti di paesi di più antica industrializzazione, rispetto a molti dei

quali presenta oggi un disavanzo inferiore. Anche dal punto di vista

dell’andamento dell’inflazione il governo della Repubblica Popolare è

riuscito a riportare sotto controllo l’indice dei prezzi al consumo che nel 1994

era salito sino al 24,2 per cento, riconducendolo a livelli comparabili con

quelli delle economie più ricche del pianeta per tutto il decennio 1997-2007,

come dimostra la figura sottostante.

66 Cfr. Archibugi e Coco (2004).

99

Page 100: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

Figura 2.8: Inflazione.Variazione percentuale annua 1992-2008.

-5

0

5

10

15

20

25

1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008

Gia Cin Ger USA OECD

Fonte: WDI Online (2009).

Così come per l’andamento dell’inflazione, la metà degli anni novanta ha

segnato un momento di svolta anche per quel che riguarda la volatilità del

tasso di cambio della divisa cinese. A partire dal 1994 è stato intrapreso

infatti un percorso di stabilizzazione del renmimbi nei confronti del dollaro

U.S.A. attraverso l’istituzione di un “managed float, con un margine di

fluttuazione dello 0,2 per cento intorno a una parità centrale di 8,27

renminbi per dollaro statunitense”67. Nel luglio del 2005 il cambio del

renminbi è stato rivalutato del 2% nei confronti del dollaro ed è stato

parzialmente slegato dalla valuta americana, vincolando il suo andamento

ad un paniere composto anche da altre monete. Dal grafico in figura 2.8, che

mostra l’andamento del tasso di cambio reale della moneta cinese e di quella

di alcuni paesi industrializzati nei confronti di un paniere di valute

selezionato dalla World Bank, possiamo notare come a partire dal 1998, in

virtù del managed float, il renminbi si sia mantenuto piuttosto stabile.

67 Cfr. Amighini e Chiarlone (2007), p.135.

100

Page 101: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

Figura 2.8: Volatilità del tasso di cambio 1990-2007.

70

80

90

100

110

120

130

140

1990

1991

1992

1993

1994

1995

1996

1997

1998

1999

2000

2001

2002

2003

2004

2005

2006

2007

Germany Italy France United Kingdom

United States Japan China

Fonte: Elaborazione su dati WDI Online (2009)

Sulla base di queste tre variabili, che il Global Economic Prospect68

della World Bank ritiene rappresentative della situazione macroeconomica

generale di un paese, si può dunque ben vedere come il governo della

Repubblica Popolare Cinese sia riuscito a creare condizioni simili a quelle

dei paesi più industrializzati al mondo e dunque, almeno sotto questo

profilo, ottimali per la capacità di assorbimento.

La situazione appare meno rosea invece dal punto di vista del sistema

finanziario, le cui debolezze sono state spesso messe in evidenza. Purtroppo i

dati per le variabili previste dall’indice della World Bank per il sistema

finanziario non sono disponibili per la Repubblica Popolare e ci dovremo

quindi accontentare di una sua breve caratterizzazione basata su altre

fonti69. Il finanziamento del settore produttivo cinese poggia quasi per

intero sulle spalle del sistema bancario (attraverso prestiti) ed in minor

parte su trasferimenti di capitali provenienti dall’estero, mentre risultano

poco sviluppati sia il mercato obbligazionario che, nonostante l’apertura

delle borse di Shanghai e di Shenzen, quello azionario. Per fare un confronto

68 Cfr. World Bank (2008). 69 Si veda in particolare Amighini e Chiarlone (2007).

101

Page 102: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

possiamo citare un dato tratto da Amighini e Chiarlone: “in valore assoluto

nel 2005 i prestiti bancari erogati a società non finanziarie sono stati pari a

2300 miliardi di renminbi, mentre sul mercato azionario sono stati raccolti

appena 144 miliardi di renminbi e sono state emesse obbligazioni societarie

per appena 36 miliardi ”70. La centralità del sistema bancario non sarebbe di

per sé un fatto negativo, tuttavia quest’ultimo ha spesso mostrato una certa

riluttanza a finanziare le imprese private in misura adeguata al loro peso

nel settore industriale. Si fa in particolar modo in riferimento al fenomeno

dei non performing loan, ovvero quei crediti che le banche, statali e non,

concedono con motivazioni di carattere politico piuttosto che economico alle

SOE (State Owned Enterpises), anche nel caso in cui queste ultime non

siano le più meritevoli di essere finanziate o addirittura non siano neanche

in grado di restituire il credito concesso.

Il terzo sottoindice del Technological Absorptive Capacity Index è

quello relativo al capitale umano. La variabile presa in considerazione per

tale misura riguarda i massimi livelli di istruzione raggiunti dalla

popolazione di età superiore ai 15 anni ed è tratta dal database creato da

Robert Barro e Jong-Wha Lee nel 200071. Le figure 2.9, 2.10, e 2.11, che

riportano le percentuali di popolazione per livello di istruzione,ci aiutano ad

apprezzare i mutamenti dello stock di capitale umano registratisi in Cina

tra il 1975 ed il 2000, rispetto a quello dei principali paesi industrializzati.

Possiamo notare come tra il 1975 ed il 2000 la percentuale della popolazione

attiva cinese che ha portato a termine almeno il ciclo di istruzione primaria

(figura 2.9) sia aumentata e abbia raggiunto il livello dei principali paesi

industrializzati, sebbene ciò sia dovuto anche al fatto che per questi ultimi è

drasticamente diminuito il numero di individui che abbiano concluso solo il

primo ciclo di istruzione. Più rilevante è invece la crescita della percentuale

della popolazione cinese sopra i quindici anni che abbia conseguito un livello

di istruzione secondaria (figura 2.10) che, passando dal 31 per cento del

70 Amighini e Chiarlone (2007), p.38. 71 Cfr. Barro e Lee (2000).

102

Page 103: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

1975 al 45 per cento del 2000, ha permesso alla Cina di accorciare

sensibilmente il divario con i paesi avanzati.

Figura 2.9: Percentuale della popolazione che abbia concluso il ciclo di istruzione primaria come massimo livello di istruzione.

0

10

20

30

40

50

60

70

1975 1980 1985 1990 1995 2000

China Germany Japan Korea

United Kingdom United States Italy

Fonte: elaborazione su dati Barro e Lee (2000).

Figura 2.10: Percentuale della popolazione che abbia concluso il ciclo di istruzione secondaria come massimo livello di istruzione.

20

30

40

50

60

70

80

1975 1980 1985 1990 1995 2000China Germany Japan Korea

United Kingdom United States Italy

Fonte: Fonte: elaborazione su dati Barro e Lee (2000).

103

Page 104: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

Figura 2.11: Percentuale della popolazione con istruzione post-secondaria.

0

10

20

30

40

50

1975 1980 1985 1990 1995 2000

China Germany, West Japan Korea

United Kingdom United States Italy

Fonte: Fonte: elaborazione su dati Barro e Lee (2000).

Un simile restringimento non si registra invece per l’istruzione post-

secondaria per la quale il gap è andato invece allargandosi soprattutto

rispetto a paesi come Corea del Sud, Giappone e Stati Uniti.

L’ultimo sottoindicatore del Technological Absorptive Capacity Index

concerne la qualità della governance. La valutazione si basa sul

“Governance Matters VII”72 lavoro svolto da Daniel Kaufmann, Aart Kray e

Massimo Mastruzzi in cui vengono proposte sei dimensioni per analizzare la

qualità della governance: voice and accountability73, stabilità politica e

assenza di violenza, efficacia dell’azione di governo, qualità dei regolamenti,

certezza del diritto e controllo della corruzione . Per ciascuna di queste

variabili i tre autori hanno creato un indice che può andare da un minimo di

-2,5 ad un massimo +2,5, con i valori più alti che indicano una prestazione

migliore. Per avere un’idea puntuale benché molto approssimata della

qualità governance nella Repubblica Popolare e del suo andamento negli

ultimi anni rispetto alle economie più avanzate, abbiamo utilizzato la

72 Cfr. Kaufmann, Kray e Mastruzzi (2008). 73 Misura la possibilità per la cittadinanza di un paese di partecipare liberamente all’elezione del proprio governo ed il rispetto delle libertà di stampa e di espressione.

104

Page 105: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

media matematica per questi sei indicatori, il cui trend è descritto in figura

2.12.

Figura 2.12: Andamento della media matematica tra gli indicatori proposti nel “Governance Matters”.

-2.5-2

-1.5-1

-0.50

0.51

1.52

2.5

1998 2000 2002 2003 2004 2005 2006 2007

Cin U.S.A. Gia Ger

Fonte: elaborazione su dati Kaufmann, Kray e Mastruzzi (2008).

Il grafico mostra quanto dal punto di vista della qualità della governance il

divario tra la Cina e i paesi più sviluppati al mondo sia ancora notevole e

soprattutto quanto non vi sia alcuna tendenza verso un suo restringimento,

confermando come alle quattro modernizzazioni di Deng Xiaoping, non

abbia fatto seguito quella che viene talvolta definita come la quinta ovvero

una riforma politica in senso liberale.

Così come gli indicatori tradizionali, anche le variabili che

compongono il Technological Absorptive Capacity Index ci restituiscono

dunque un’immagine della Repubblica Popolare Cinese con luci ed ombre.

Se infatti dal punto di vista macroeconomico e della formazione del capitale

umano possiamo individuare un trend verso la riduzione del gap nei

confronti dei paesi sulla frontiera tecnologica, che testimonia lo sforzo del

governo cinese per la costruzione di un ambiente adeguato a sfruttare i

benefici derivanti dal contatto con la frontiera, dal punto di vista del sistema

finanziario e della governance la distanza appare ancora notevole. Tuttavia

per valutare al meglio quale sia la performance effettiva della Cina nel

processo di assorbimento è bene prendere in analisi le variabili che

105

Page 106: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

intendono misurare quale sia l’effettivo potenziale tecnologico di una

nazione e quindi, nel caso di un paese late comer, l’effettiva capacità di

assimilare e modificare nuove tecnologie provenienti dall’estero.

b) ArCo Index

L’ArCo index, che abbiamo preso come esempio di indicatore

dell’effettivo livello di potenziale tecnologico raggiunto da un paese, è

composto da tre dimensioni principali: produzione di nuove tecnologie e

conoscenze scientifico-tecnologiche, diffusione delle infrastrutture e livello

del capitale umano. Per quel che concerne la prima dimensione i due

creatori dell’indice, Daniele Archibugi e Alberto Coco, fanno riferimento a

due variabili di output che registrano la produzione di conoscenza codificata:

il numero di richieste di brevetto presso l’Ufficio Brevetti statunitense

(USPTO) e il numero di articoli scientifici pubblicati. Si è già detto come il

numero di brevetti richiesti da persone fisiche o giuridiche di nazionalità

cinese presso l’USPTO sia ancora limitato, tuttavia la figura 2.13 mostra

Figura 2.13: Numero di richieste di brevetto pervenute all’USPTO per Paese (centinaia)

0

5

10

15

20

25

1990

1991

1992

1993

1994

1995

1996

1997

1998

1999

2000

2001

2002

2003

2004

2005

2006

2007

Germany U.K. France

Italy Korea China

Fonte: Elaborazione su dati WDI On line (2009).

come a partire dal 2000 la Cina abbia imboccato il sentiero del catch up per

lo meno nei confronti di alcuni paesi europei come Francia e Regno Unito ed

106

Page 107: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

abbia, con poco meno di 4000 richieste, superato l’Italia, rimasta a circa

3200, nel 2007. La distanza da Germania e Corea del Sud è invece andata

incrementando. Dal momento che rimangono su un altro ordine di

grandezza, le richieste provenienti da Giappone (quasi 80 mila nel solo

2007) e ovviamente dagli Stati Uniti stessi (più di 240 mila richieste nello

stesso anno74) non sono state riportate nel grafico poiché non avrebbero

consentito di apprezzare il miglioramento della prestazione cinese.

Il restringimento del gap appare più marcato per quel che riguarda la

pubblicazione di articoli scientifici, per i quali già nel 2005 la Cina si

collocava sui livelli della Germania e del Regno Unito e non lontano dal

Giappone, lasciandosi invece alle spalle nazioni come Francia, Italia e Corea

del Sud (figura 2.14). Ovviamente a influenzare positivamente la

performance della Cina in questo dato vi è il numero di ricercatori presenti

nel paese che, come abbiamo visto, benché non sia entusiasmante se

rapportato alla popolazione attiva, è estremamente rilevante in termini

assoluti. Tuttavia ciò che ci preme mettere in rilevo in questo caso non è

solo il rapporto con i paesi maggiormente industrializzati quanto piuttosto

Figura 2.14: Numero di pubblicazioni scientifiche per nazionalità dell’autore (centinaia)

0

10

20

30

40

50

60

70

1990

1991

1992

1993

1994

1995

1996

1997

1998

1999

2000

2001

2002

2003

2004

2005

Korea China Italy France

Germany Japan U.K.

Fonte: Elaborazione su dati WDI On line (2009).

74 Cfr. World Bank (2008).

107

Page 108: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

la velocità della crescita delle pubblicazioni scientifiche a firma cinese,

quadruplicate tra il 1995 ed il 2005.

La seconda dimensione relativa alla diffusione infrastrutturale può

essere a sua volta divisa in due categorie, la prima concernente la

penetrazione di infrastrutture tecnologicamente più datate, la seconda di

quelle più recenti. Questo tipo di misure, essendo tese soprattutto a valutare

il livello di accesso ad una determinata tecnologia da parte della popolazione

di un paese, sono tutte espresse in rapporto al numero di abitanti. Per

valutare la diffusione di infrastrutture tecnologicamente più mature l’ArCo

Index fa riferimento al consumo di energia elettrica (kilowatt ora procapite)

ed al numero di linee telefoniche fisse ogni cento abitanti. Per quelle più

moderne al numero di utenti internet e di telefonia mobile ogni cento

abitanti. Nelle figure 2.15, 2.16, 2.17 e 2.18 possiamo osservare l’andamento

di queste variabili per la Repubblica Popolare Cinese rispetto ai principali

paesi industrializzati negli ultimi anni. Ciò che balza subito agli occhi

guardando questi grafici è che, nonostante un deciso incremento avviato

Figura 2.15: Kilowatt ora per capita 1990-2006.

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

1990 1992 1994 1996 1998 2000 2002 2004 2006

China France Germany Italy

Japan Korea, Rep. United Kingdom

Fonte: Elaborazione su dati WDI Online (2009)

108

Page 109: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

Figura 2.16: Numero di linee telefoniche fisse ogni cento abitanti 1995-2007.

0

10

20

30

40

50

60

70

80

1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007

Germany Italy Japan United States G7 China

Fonte: Elaborazione su dati WDI Online (2009). Figura 2.17: Numero di telefoni cellulari ogni cento abitanti 1997-2007.

0

20

40

60

80

100

120

140

160

1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008

China France Germany Italy Japan Korea, Rep. United States

Fonte: Elaborazione su dati WDI Online (2009). Figura 2.18: Numero di utenti internet ogni cento abitanti 1995-2008.

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008

China Germany Italy Japan Korea, Rep. U.K. U.S.A.

Fonte: Elaborazione su dati WDI Online (2009).

109

Page 110: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

soprattutto con il nuovo millennio, il livello di penetrazione delle principali

infrastrutture, a prescindere dalla loro novità tecnologica, rimane basso

rispetto a quello delle principali economie industrializzate. Ciò è dovuto in

primo luogo alla percentuale della popolazione cinese residente in zone

rurali che nel 2007 costituiva ancora il 57 per cento della popolazione totale

contro il 18 per cento di quella americana, il 33 di quella giapponese ed il 26

di quella tedesca75. L’accesso alla tecnologia in queste aree risulta spesso

problematico. Basti pensare in tal senso al dato sull’accesso a internet: se

nelle zone urbane della Cina circa l’80 per cento della popolazione ha infatti

la possibilità di connettersi alla rete attraverso un computer o un telefono

cellulare, nelle campagne ciò è possibile per meno del 20 per cento degli

abitanti76. Vi sono però due fattori che ci devono indurre a guardare a questi

dati in un’ottica maggiormente ottimistica. Il primo riguarda i tassi di

crescita dei livelli di penetrazione delle tecnologie più recenti, ovvero

internet e telefonia mobile. Tra il 2002 ed il 2008 il numero di telefoni

cellulari presenti nella Repubblica Popolare Cinese è cresciuto ad un tasso

medio annuo del 20,2 per cento, mentre gli utenti internet nello stesso

periodo sono cresciuti ad un tasso medio annuo del 29,2 per cento77 . Se

mantenesse questi ritmi di incremento la Cina raggiungerà già nel 2012

paesi come Giappone, Stati Uniti e Francia per numero di cellulari ogni

cento abitanti e nel 2014 Germania, Giappone e Stati Uniti per numero di

utenti internet ogni cento abitanti. E’ certamente ipotizzabile che oltre una

certa soglia di diffusione si abbiano incrementi marginali decrescenti e che

quindi il ritmo di crescita rallenti prima della chiusura del gap con le

economie più avanzate. Tuttavia i dati forniti dal China Internet Network

Information Center (CNNIC)78 ci indicano che sino a questo momento la

tendenza registrata è quella opposta. Secondo il CNNIC infatti tra la fine

del 2007 e la fine del 2008 il numero assoluto degli utenti internet cinesi è

75 Cfr. World Bank (2008). 76 Cfr. Boston Consulting Group (2008b). 77 Elaborazione sui dati del World Development Indicator della World Bank.

110

Page 111: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

passato da 210 milioni a 298 milioni, crescendo di quasi il 42 per cento su

base annuale79. Particolarmente rilevante è il fatto che il numero di utenti

internet nelle zone rurali abbia raggiunto gli 84,3 milioni alla fine del 2008,

con un tasso crescita annuale del 60 per cento, nettamente al di sopra della

media nazionale. Anche per quel che riguarda il numero di utilizzatori di

cellulari il trend sembra essere confermato, dal momento che, secondo

l’International Communication Industry (ITU)80, alla fine del 2008 la Cina

ha raggiunto i 634 milioni di utenti, con un incremento di circa il 18 per

cento rispetto all’anno prima. In secondo luogo, viste le dimensioni della

popolazione totale cinese, non si possono non prendere in considerazione i

dati in valore assoluto. La Cina ha oggi infatti un numero di utenti di

telefonia mobile superiore a quello di Stati Uniti, Germania, Giappone ed

Italia messi insieme e, nel corso del 2008, ha superato gli Stati Uniti per

numero di utenti internet in termini assoluti, divenendo il primo paese al

mondo anche per numero di netizens. Questi dati oltre che ad essere

indicativi per quel che riguarda la diffusione delle nuove tecnologie sono

molto importanti per il nostro lavoro, poiché dimostrano come il mercato

cinese, anche in settori ad alta intensità di innovazione come l’ICT, viste le

dimensioni ed i tassi di crescita degli utilizzatori, offra delle importanti

opportunità di sviluppo per le imprese del settore e soprattutto per quelle

che riescano ad elaborare modelli di business profittevoli per servire le aree

rurali a più basso reddito.

L’ultima dimensione dell’ArCo Index è quella relativa al capitale

umano. Rispetto al Technological Absorptive Capacity Index vengono

utilizzate variabili diverse per la sua misurazione. La prima concerne il

tasso di alfabetizzazione della popolazione di età superiore ai 15 anni.

Poiché per tutte le economie avanzate citate in precedenza il tasso di

78 Cfr. CNNIC (2009). 79 Secondo un recente rapporto della CNNIC (febbraio 2010), i netizen cinesi avrebbero raggiunto le 384 milioni di unità alla fine del 2009, incrementando di 86 milioni nel corso dell’ultimo anno, con un tasso di crescita su base annuale di poco inferiore al 30 per cento. 80 Cfr. ITU (2009).

111

Page 112: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

alfabetizzazione della popolazione è oggi maggiore o uguale al 99 per cento

l’analisi comparativa è meno indicativa rispetto alle variabili precedenti.

In ogni caso l’efficacia dello sforzo del governo della Repubblica

Popolare per accorciare il gap con i paesi industrializzati può essere

apprezzata guardando all’andamento del tasso di alfabetizazione della

popolazione cinese nel periodo post riforme. Secondo il censimento del 1982,

in quell’anno solo il 66 per cento della popolazione cinese risultava in grado

di leggere e scrivere. Otto anni dopo, anche in virtù della approvazione nel

1986 della Nine-Year Compulsory Education Law81 che riformava la scuola

dell’obbligo, il tasso di alfabetizzazione era arrivato al 78 per cento, per poi

incrementare fino al 90 per cento nel 2000. Secondo quanto riportato

dall’UNESCO82, nel 2007 il 93,3 per cento della popolazione cinese oltre i 15

anni era in grado di leggere e scrivere, con un incremento del 41,3 per cento

rispetto al 1982.

La seconda variabile presa in considerazione misura gli anni medi di

scuola per abitante sempre relativamente alla popolazione di età superiore

ai 15 anni. Anche per tale variabile il database più completo ed affidabile

Figura 2.19: Anni medi di scuola per abitante adulto.

4

5

6

7

8

9

10

11

12

13

1980 1985 1990 1995 2000

China Germany United States Italy G7

Fonte: elaborazione su dati Barro e Lee (2000).

81 Cfr. Sito internet Ministero dell’istruzione della Repubblica Popolare Cinese (MOE). 82 Cfr. UNESCO (2009).

112

Page 113: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

risulta essere tuttora quello costruito da Barro e Lee che però si ferma al

2000. La figura 2.19 mostra comunque come nel ventennio 1980-2000 la

Cina abbia recuperato terreno nei confronti dei principali paesi

industrializzati ed ancora una volta in particolar modo nei confronti

dell’Italia. Ancora nel 2000 rimaneva comunque decisamente staccata da un

paese come gli Stati Uniti soprattutto a causa dei bassi tassi di iscrizione

all’istruzione post secondaria di cui si è detto nel capitolo precedente.

Terza ed ultima variabile utilizzata per il capitale umano da

Archibugi e Coco è la percentuale di iscrizione a facoltà scientifiche e

ingegneristiche sul totale della popolazione di quel gruppo di età. Nella

visione dei due autori questa misura dà un’idea precisa della formazione del

capitale umano in campo scientifico-tecnologico ed è ottenuta moltiplicando

due percentuali83 ovvero il tasso di iscrizione lordo all’istruzione terziaria e

la quota di studenti universitari iscritti a facoltà scientifiche ed

ingegneristiche84. Dati comparabili per la Repubblica Popolare e i maggiori

paesi industrializzati sono purtroppo disponibili solo per un ristretto

Figura 2.20: Percentuale della popolazione in età universitaria iscritta a discipline scientifiche ed ingegneristiche

0

5

10

15

20

25

30

35

40

45

1999 2000 2001 2002 2003 2004Cina Japan South Korea

United States United Kingdom

Fonte: Elaborazione su dati WDI Online (2009).

83 Cfr. World Bank (2008). 84 Nella definizione della World Bank per discipline scientifiche ed ingegneristiche si intendono ingegneria, scienze naturali, scienze matematiche, informatica, scienze sociali e comportamentali.

113

Page 114: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

numero di anni. Nella figura 2.20 possiamo osservare l’andamento di questo

indicatore per alcuni dei leader tecnologici a livello globale e la Cina nel

quinquennio 1999-2004. Anche in questo caso sebbene la distanza tra la

Repubblica Popolare e i paesi avanzati sia ancora considerevole al termine

del periodo preso in esame, bisogna mettere in luce come il trend del nuovo

millennio sia orientato verso un deciso cambiamento. La percentuale della

popolazione in età universitaria iscritta a discipline scientifiche ed

ingegneristiche è infatti più che raddoppiata in soli cinque anni, passando

dal 4,6 per cento del 1999 al 10,7 del 2004. Come per le variabili del

Technological Absorptive Capacity Index della World Bank, anche in questo

caso possiamo osservare una generale tendenza verso il miglioramento dei

livelli di capitale umano e il restringimento del gap nei confronti delle

principali economie industrializzate, un restringimento che appare tuttavia

meno evidente nel caso dell’istruzione universitaria.

Nel loro complesso anche gli indicatori scelti da Daniele Archibugi e

Francesco Coco85 per valutare il potenziale tecnologico di un paese, adottati

nel caso della Repubblica Popolare Cinese ci restituiscono l’immagine di un

paese che sfugge ad interpretazioni univoche. Da un lato, ritraggono uno

stato la cui popolazione vive per la maggior parte in aree rurali nelle quali

l’accesso alle nuove tecnologie è precluso a otto persone su dieci. Dall’altro,

ci raccontano una nazione che ha imboccato il sentiero del cambiamento ad

una velocità tale che nei prossimi cinque anni promette di garantire alla

quasi totalità della popolazione gli stessi livelli di penetrazione della rete

telefonica, fissa e mobile, e della rete internet delle economie più avanzate

del pianeta. Se da una parte ci dicono che il numero di studenti che si

iscrivono all’università (in particolare a facoltà scientifico-tecnologiche) in

percentuale della popolazione è ancora ridotto rispetto ai paesi sulla

frontiera, dall’altra riferiscono anche che la Cina in termini assoluti è il

paese che a livello mondiale produce il maggior numero di nuovi ingegneri e

ricercatori ogni anno e che ha ormai raggiunto paesi come Germania e

114

Page 115: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

Regno Unito per numero di articoli scientifici pubblicati annualmente. Come

abbiamo visto la portata di tale fenomeno si può riscontrare, oltre che negli

indicatori, anche nella localizzazione sul territorio della Repubblica

Popolare dei laboratori per la R&S di molte tra le più importanti imprese

multinazionali a livello globale, desiderose di attingere ad un bacino

crescente di manodopera specializzata a basso costo.

Nel cercare di valutare quale sia l’effettivo potenziale tecnologico

della Repubblica Popolare non si può dunque che incorrere nelle inevitabili

contraddizioni che un paese di tali dimensioni e con disparità interregionali

molto marcate necessariamente offre. Tuttavia riteniamo che proprio tali

disparità siano uno degli elementi principali che rendono la Cina di oggi la

frontiera del cambiamento e che ne fanno uno dei potenziali leader

tecnologici di domani. Con ciò non ci riferiamo esclusivamente all’aspetto

quantitativo ed al potenziale di crescita, non si intende solo la possibilità di

dotare di un telefono cellulare o di un personal computer gli 800 milioni di

persone che al momento ne sono sprovviste per fare della Repubblica

Popolare il paese più digitalizzato al mondo. Le vere potenzialità stanno nel

fatto che per arrivare a servire la totalità della popolazione cinese non è

sufficiente assorbire ed imitare tecnologie provenienti dai paesi avanzati ma

è necessario ripensare in maniera creativa prodotti, modelli di business e di

distribuzione, affinché tengano conto delle peculiarità che, in primo luogo a

livello di reddito, contraddistinguono il mercato locale. L’esistenza di

mercati dimenticati e la conoscenza delle esigenze particolari dei

consumatori locali offrono alle imprese cinesi l’opportunità di guadagnare

quote di mercato importanti realizzando un nuovo tipo di innovazione, non

“legata allo sviluppo di nuovi prodotti e servizi o all’aggiunta di maggior

funzionalità e prestazioni a quelli già esistenti per le quali le aziende si

aspettano che i clienti paghino di più”86 quanto “nello sviluppare proposte

caratterizzate da maggiore o uguale funzionalità ma a un prezzo

85 Cfr. Archibugi e Coco (2004). 86 Williamson e Zeng (2009), p.19.

115

Page 116: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

inferiore”87. Se le riforme commerciali, la progressiva apertura

internazionale hanno offerto alla Cina la possibilità di beneficiare dei

vantaggi derivanti dall’arretratezza economica relativa, se lo sforzo profuso

dal governo per l’edificazione di una capacità di assorbimento e di un

potenziale tecnologico adeguato ha consentito alla Repubblica Popolare di

sfruttare efficacemente tale possibilità attraverso l’assimilazione di

tecnologie e di know how dai paesi avanzati, le specificità del mercato cinese

forniscono alle imprese locali l’opportunità di trovare la propria via verso

l’innovazione e di invertire in alcuni casi la tradizionale direzione nord sud

dei flussi di conoscenza tecnologica. Gli indicatori presi in analisi in questo

paragrafo, da quelli tradizionali a quelli relativi alle technological

capabilities, mostrando una generale tendenza verso il restringimento del

gap tecnologico tra la Cina e i paesi di più antica industrializzazione,

testimoniano dunque l’entità dello sforzo intrapreso dal governo per la

creazione dei presupposti necessari all’assimilazione di nuove conoscenze

provenienti dalla frontiera tecnologica, tuttavia ci dicono poco dell’effettiva

capacità delle imprese locali di passare dalla fase dell’assimilazione e

dell’imitazione a quella dell’innovazione e del ruolo che quest’ultima gioca

nel processo di sviluppo. Ciò è confermato dal fatto che, nonostante

l’impegno e l’enfasi posta dal governo sulla necessità di sviluppare un

sistema di innovazione nazionale efficiente e di migliorare il livello del

potenziale tecnologico nazionale, le analisi dedicate alla capacità innovativa

della Repubblica Popolare abbiano consegnato valutazioni anche di segno

diametralmente opposto.

3 Tra ottimismo e pessimismo nella valutazione della capacità innovativa

cinese

3.1 Superpotenza tecnologica o officina del mondo?

Nonostante la Cina sia divenuta uno dei paesi che ospita il maggior

numero di investimenti diretti esteri, destinati sia alla produzione che alla

ricerca e benché il governo abbia mostrato la chiara intenzione di sfruttare

87 Cfr. Williamson e Zeng(2009), p. 20.

116

Page 117: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

l’occasione fornita dall’integrazione economica internazionale per

trasformare il proprio modello di sviluppo in uno centrato sulla capacità

innovativa endogena, le analisi concernenti la qualità del sistema di

innovazione nazionale realizzate negli ultimi anni hanno portato spesso ad

interpretazioni contrastanti. Per semplicità possiamo schematizzare il

discorso dividendo nettamente il campo tra visioni ottimistiche e

pessimistiche. Le prime possono essere suddivise in due ulteriori

sottogruppi. Da un lato abbiamo infatti coloro che88, guardando ai successi

ottenuti in settori specifici, ritengono che la Repubblica Popolare sia in

procinto di diventare una superpotenza tecnologica in grado di minacciare la

leadership innovativa dei paesi della triade (Stati Uniti, Giappone, Unione

Europea) già nel prossimo decennio. Questo tipo di letteratura ha posto

l’accento in particolar modo sull’attività del programma spaziale cinese che

in epoca recente ha raggiunto obiettivi epocali ampiamente pubblicizzati.

Nel gennaio 2007 un missile balistico cinese ha distrutto un satellite

meteorologico in disuso89 rendendo la Cina il terzo paese dopo Stati Uniti ed

Unione Sovietica a dimostrare di essere in grado di colpire oggetti in orbita

nello spazio. Nel settembre 2008 ha poi ricevuto notevole copertura

mediatica90 la prima passeggiata spaziale compiuta da due astronauti

cinesi, uno dei quali indossava una tuta spaziale progettata e costruita

interamente con tecnologie made in China. Per la Repubblica Popolare

Cinese si è trattato della terza missione umana nello spazio, grazie alla

quale è definitivamente entrata a far parte insieme a Stati Uniti e Russia

del ristretto numero di nazioni in grado di costruire un vettore, farlo

partire e tornare dallo spazio con uomini a bordo. L’impegno profuso dai

cinesi nel programma spaziale ha persino spinto alcuni osservatori ad

ipotizzare che probabilmente “il primo uomo a posare un piede su Marte

88 Cfr. Sigurdson, Jiang e Kong (2005). 89 Cfr. Il Sole 24 Ore (2007). 90 Cfr. Il Sole 24 Ore (2008).

117

Page 118: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

parlerà cinese piuttosto che inglese”91. L’altra sponda del campo degli

ottimisti concentra invece la propria attenzione sull’affermazione della Cina

come potenza commerciale anche in settori in cui i paesi di più antica

industrializzazione dovrebbero detenere in linea teorica un vantaggio

comparato. Le esportazioni cinesi sono passate da meno del 4 per cento del

PIL nel 1980 a quasi il 42 per cento nel 200792. Molti ricercatori93 hanno

osservato come, soprattutto nell’ultimo decennio, tali esportazioni, oltre ad

essere aumentate in termini quantitativi, siano migliorate anche dal punto

di vista del contenuto tecnologico, portando la Repubblica Popolare a

divenire il principale esportatore mondiale di prodotti high tech a partire

dal 2006 con una quota pari al 17,1 per cento sul totale delle esportazioni a

livello globale94. Sebbene il livello tecnologico dell’export cinese sia molto più

avanzato rispetto a quanto ci si attenderebbe guardando a quello di paesi

con un di PIL pro capite simile, alcuni autori, come ad esempio Peter Schott

e Dani Rodrik95, hanno sottolineato come le sovrapposizioni nel modello di

specializzazione possano rappresentare, anche nel breve periodo, una

minaccia alla competitività di economie come quella giapponese,

statunitense ed europea dal momento che va accorciandosi sempre di più la

lista delle categorie di prodotti realizzati ed esportati dai paesi della triade e

non dalla Repubblica Popolare. Tale minaccia sarebbe poi tanto più

pericolosa nel caso in cui le imprese cinesi, sfruttando le dimensioni del

mercato locale, l’aiuto governativo e eventuali accordi con imprese

localizzate in altri paesi est-asiatici, riuscissero ad imporre a livello globale

nuovi standard tecnologici alternativi a quelli adottati oggi nelle economie

avanzate96. In questa interpretazione estremamente ottimistica la Cina

sarebbe dunque già pronta per competere e per mettere a rischio il

91 Cfr. Freeman (2005). 92 Cfr. World Bank (2009). 93 Cfr. Rodrik(2006), Schott(2006), Shied e Cui (2007), Koopman, Wang e Wei (2008). 94 Cfr Eurostat (2009). 95 Cfr. Rodrik (2006), Schott (2006). 96 Cfr. Ernst e Naughton (2007).

118

Page 119: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

vantaggio comparato detenuto dai paesi della triade anche in settori

caratterizzati da un’alta intensità di innovazione.

Le visioni pessimistiche mettono drasticamente in dubbio questa idea

e, interpretando in maniera del tutto diversa i dati concernenti il contenuto

tecnologico dell’export, considerano la Cina ancora come l’officina del mondo

in cui vengono esclusivamente assemblati prodotti ideati altrove. Secondo

questa tesi, sposata da autori come Françoise Lemoine e Deniz Unal-

Kesenci97, l’elevato contenuto tecnologico delle esportazioni cinesi

rifletterebbe la forte dipendenza della Repubblica Popolare da capitali e

tecnologie straniere più che una sua effettiva capacità innovativa poiché

deriverebbe unicamente dal cosiddetto processing trade. Secondo i dati

forniti dalle due autrici98, infatti, oltre l’80 per cento del valore delle

esportazioni high-tech provenienti dalla Cina può in realtà essere ricondotto

a filiali di imprese a partecipazione estera che appaltano a loro volta ad

imprese locali l’assemblaggio di componenti ed il perfezionamento di

prodotti per la maggior parte provenienti da altri paesi asiatici (Taiwan,

Corea del Sud, Hong Kong, Singapore, Malesia, Tailandia). Poiché le

imprese cinesi utilizzano principalmente beni intermedi importati per

produrre beni finali destinati all’esportazione, il valore aggiunto prodotto

nella Repubblica Popolare rappresenta una percentuale molto bassa del

valore del bene finale. In questa visione la Cina rimarrebbe solo un grande

stabilimento di assemblaggio e l’elevato contenuto tecnologico del suo export

sembrerebbe rivelarsi soltanto un miraggio. Uno degli studi che descrive al

meglio questo tipo di processo di creazione del valore è quello condotto da

Greg Linden, Jason Dedrick e Kenneth Kramer99 nel 2007 relativamente ad

un prodotto high-tech reputato molto innovativo assemblato in Cina: l’iPod

Video di quinta generazione, commercializzato da Apple sul finire del 2005.

Il prezzo di vendita al pubblico di tale prodotto era di 299 dollari più della

97 Cfr. Lemoine e Unal-Kesenci (2007). 98 La metodologia utilizzata per il calcolo di questi dati è però stata messa in dubbio. Sull’argomento ad esempio Koopman, Wang e Wei (2008). 99 Cfr. Linden, Dedrick, Kramer (2007).

119

Page 120: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

metà dei quali erano divisi tra Apple, distributori e dettaglianti. Il valore di

una singola unità del prodotto finito e pronto per la vendita esportato dalla

Cina, dove veniva fisicamente realizzato, era quindi di circa 145 dollari ed

includeva il costo di tutti i componenti necessari, del loro assemblaggio e

delle verifiche. Il disco fisso e il display, realizzati entrambi da Toshiba e

quindi provenienti dal Giappone, rappresentavano circa il 65 per cento del

costo di tutti i componenti, il processore video e la CPU realizzati da

imprese statunitensi poco meno del 10 per cento, un altro dieci per cento

derivava da memoria SD-RAM, batteria e display driver prodotti da

imprese giapponesi e sud coreane, mentre meno del 3 per cento era il costo

dell’assemblaggio e delle verifiche realizzate effettivamente in Cina100.

Meno del 3 per cento del valore finale di un bene che passava per

esportazione high-tech cinese è dunque realmente realizzato nella

Repubblica Popolare, mentre la gran parte del valore è realizzata e raccolta

da paesi avanzati come Giappone, Stati Uniti e Sud Corea. La competitività

dei paesi avanzati nei settori ad alta intensità di innovazione sembrerebbe

dunque ben al sicuro dalla concorrenza cinese, il cui vantaggio competitivo

resterebbe ancora legato alle attività ad alta intensità di lavoro grazie alla

elevata disponibilità ed al basso costo di manodopera non specializzata.

Da un lato abbiamo dunque chi dipinge la Cina come una

superpotenza tecnologica in grado di superare paesi come gli Stati Uniti e la

Russia nella corsa allo spazio e di minacciare la leadership dei paesi della

triade nel commercio di prodotti high tech ad alta intensità di innovazione,

dall’altra abbiamo invece chi la ritrae come un paese in larga parte ancora

in via di sviluppo, le cui imprese basano la loro competitività sul basso costo

del lavoro, sull’imitazione di tecnologie straniere e spesso su violazioni della

proprietà intellettuale, piuttosto che sulla capacità di realizzare

innovazione. Pur ammettendo che siano qui riportate in maniera

volutamente schematica, è evidente quanto queste due interpretazioni

100 Cfr. Linden, Dedrick, Kramer (2007), p.6. Il restante 15 per cento derivava da altri componenti il cui valore unitario era inferiore ad un dollaro.

120

Page 121: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

relative alla capacità innovativa cinese appaiano tra loro inconciliabili.

Chris Anderson in un suo recente lavoro afferma che “qualunque tematica

sia in grado di dividere i critici in due campi con opinioni opposte

rappresenti necessariamente una buona tematica” 101. Se si riescono ad

avere visioni così differenti dello stesso soggetto guardandolo pressappoco

nello stesso momento significa infatti che sta attraversando un processo di

continuo e rapido cambiamento, meritevole di attenzione. Questa ipotesi non

può essere più vera nel caso della valutazione della capacità innovativa

cinese. Come abbiamo sottolineato nel corso di questo capitolo la

Repubblica Popolare è oggi sulla frontiera del cambiamento, è al centro di

reti di produzione e innovazione globale, ha un governo che vuole sfruttare a

pieno l’opportunità per costruire un solido sistema di innovazione nazionale

e per farlo sta attuando politiche tese al miglioramento della sua capacità

d’assorbimento e del suo potenziale tecnologico. Tuttavia la strada da

compiere per colmare il divario dai paesi di più antica industrializzazione

non può essere percorsa nello spazio di una sola notte.

3.2 Si guarda nella direzione giusta?

Le due interpretazioni presentate nel paragrafo precedente,

apparentemente inconciliabili, sono in realtà entrambe corrette poiché

raccontano, senz’altro in modo fedele, una parte della storia. Proprio per

questa ragione riteniamo però che ambedue, concentrando l’analisi su

aspetti limitati, manchino di cogliere appieno la reale natura del

cambiamento in atto e le modalità attraverso le quali le imprese cinesi

stanno realmente sviluppando capacità innovative endogene. Da un lato la

Cina non è diventata di colpo una superpotenza tecnologica perché grazie a

decenni di investimenti in ricerca militare e aerospaziale, concessi spesso

per ragioni politiche e depauperando altri settori, è oggi in grado di mandare

uomini nello spazio e conquistare così l’attenzione globale. Dall’altro non è

però neanche vero che, perché la maggior parte delle imprese cinesi ha

101 Cfr. Anderson (2009), p. 11.

121

Page 122: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

avuto (in particolar modo nella fase iniziale dell’affermazione delle reti di

produzione globali) e spesso ha ancora un ruolo limitato nel processo di

creazione del valore, non vi siano anche imprese che sono riuscite a

sviluppare una capacità innovativa endogena e a collocarsi in stadi più

avanzati della catena del valore, sfruttando l’aumento dei flussi di

conoscenza codificata, l’elevata modularità della produzione e le opportunità

offerte in primo luogo dal mercato locale. Come abbiamo ipotizzato nel

paragrafo finale del primo capitolo, riteniamo che l’emergere e la

sopravvivenza di imprese locali sia infatti basata sulla loro capacità di

reagire in maniera creativa agli stimoli e alle minacce competitive portate

dalla concorrenza estera, ovvero realizzando quel nuovo tipo di innovazione

che nel capitolo precedente abbiamo definito come innovazione alla base

della piramide. Tale tipologia di innovazione rimane nascosta e non viene

percepita né dalla letteratura ottimistica né tanto meno da quella

pessimistica poiché entrambe risultano maggiormente interessate alla

ricerca di innovazioni riconducibili ad una tassonomia più tradizionale ed in

particolar modo legata al concetto di innovazione radicale. In questo modo si

tralascia però il principale punto di forza di molte imprese cinesi emergenti:

la capacità di modificare l’architettura di un bene o di un servizio senza

apportare miglioramenti decisivi dal punto di vista scientifico-tecnologico,

ma riuscendo ad abbassarne il prezzo finale garantendo comunque

funzionalità simili a quelle di un prodotto destinato ai paesi industrializzati.

Questo tipo di innovazione sebbene generi beni e servizi considerati

tecnologicamente inferiori a quelli realizzati da aziende leader per i

consumatori dei paesi industrializzati, è comunque dirompente poiché è in

grado di creare un nuovo tipo di domanda proveniente da mercati che le

multinazionali leader non sono generalmente né attrezzate né intenzionate

a servire. Per avere un’idea delle effettive capacità innovative della

Repubblica Popolare Cinese e per capire quale ruolo giochi l’innovazione

nello sviluppo delle sue imprese, a nostro avviso, si deve considerare

l’innovazione stessa da un punto di vista differente a quello adottato dalla

122

Page 123: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

letteratura tradizionale e focalizzare invece l’attenzione proprio

sull’opportunismo creativo102 e sulle aziende che l’hanno sfruttato come

strategia di sopravvivenza, concorrenza ed affermazione in un contesto come

quello cinese, in cui l’abbondante presenza di multinazionali straniere ha di

fatto reso poco accessibile alle imprese locali i segmenti di mercato di fascia

più alta, costringendole a specializzarsi su consumatori a basso reddito.

3.3 Una prospettiva evolutiva: l’emergere di local master e global

challenger nella Repubblica Popolare Cinese

Alle opinioni contrastanti relative alle effettive potenzialità di

innovazione della Repubblica Popolare negli ultimi anni ha dunque fatto da

contraltare la comparsa di un gruppo nutrito di imprese cinesi, riuscite in

primo luogo ad affermarsi sul mercato interno ed in alcuni casi anche a

sviluppare il potenziale necessario per allargare la propria attività su scala

mondiale fino a mettere in discussione la leadership di grandi gruppi

industriali basati nei paesi avanzati. L’emergere di questa nuova

generazione di imprese cinesi è però un fatto relativamente oscuro e poco

pubblicizzato nei paesi avanzati al di là di cerchie ristrette di addetti ai

lavori e concorrenti diretti. Gli esempi che testimoniano la scarsa

conoscenza che circonda il fenomeno non mancano; a partire dalla stessa

Italia in cui i consumatori finali raramente conoscono l’origine cinese di

prodotti tradizionalmente ritenuti alla portata esclusiva di imprese

provenienti da paesi ricchi. In questo senso basta pensare alle chiavette

USB che consentono la connessione ad internet attraverso la rete cellulare

dal proprio computer: la maggior parte di queste è realizzata da due imprese

cinesi ZTE e Huawei Technologies e poi marchiata dagli operatori locali

attraverso contratti ODM (Original Design Manufacturing), senza che la

stragrande maggioranza degli utenti che le utilizza abbia mai sentito

nominare una delle due imprese o ne conosca il paese d’origine103. Un

102 Cfr. Ernst (2007). 103 Cfr. Rusconi (2009a).

123

Page 124: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

articolo apparso sull’ Economist alla fine del 2008, dall’esaustivo titolo “ZTE:

Silent Mode”104, in cui viene riportato come l’impresa cinese pur essendo

entrata nel 2008 insieme ad Apple e RIM (produttrice di BlackBerry) nella

top ten dei produttori di cellulari sia un marchio semi sconosciuto,

testimonia come questa mancanza di informazione non sia una peculiarità

del nostro paese. L’importanza dell’apparizione di nuovi concorrenti

provenienti dalla Repubblica Popolare non è però sfuggita agli osservatori

più attenti105, che nel corso degli ultimi anni hanno dedicato crescente

attenzione al fenomeno. Su tutti c’è il lavoro svolto dal Boston Consulting

Group che, a partire dal 2007, ha cominciato a pubblicare annualmente un

report106 dedicato alle cento imprese emergenti come competitors globali

provenienti da economie in rapido sviluppo quali Cina, India, Brasile,

Messico e Russia. Nelle tre edizioni pubblicate sino ad oggi (2007, 2008,

2009) la Cina svolge la parte del leone rispettivamente con 44, 41 e 36

imprese inserite nella lista delle migliori cento Global Challengers.

Figura 2.21: Le BCG 100 New Global Challengers 2008, per paese d’origine.

Cina , 41

India , 20

Brasile, 13

Altri , 13

Messico , 7 Russia, 6

Fonte: Elaborazione su dati BCG (2008a).

104 Cfr. The Economist (2008). 105 Cfr. Boston Consulting Group (2007) (2008a) (2008c), Mathews(2006), Williamson e Zeng (2007) (2009), Van Agtamael (2007), Liu e Lundan (2007), Li (2007), Sirkin, Hemerling e Bhattacharya (2008), Ramamurti (2008), Business Week (2008), The Economist (2007) (2008), Duyster et al.. (2009). 106Il cui nome completo è “The BCG 100 New Global Challengers. How Companies from Rapidly Developing Economies Are Contending for Global Leadership” .

124

Page 125: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

Tabella 4: Imprese Cinesi presenti nella BCG 100 2008107. Nome Impresa Settore

Aluminium Chalco* Metalli non ferrosi

BYD Company Elettronica di consumo/automotive

Changhong Electric Elettrodomestici

Chery Automotive

China Aviation I * Aerospaziale

China FAW * Automotive

CIMC Group Company Trasporti Marittimi

China Minmetals Corporation * Metalli non ferrosi

China Mobile * Reti di telecomunicazioni

CNHTC Automotive

SINOPEC * Combustibili Fossili

China Shipping Group * Trasporti

CNOOC * Combustibili Fossili

COFCO * Alimentari

COSCO Group * Trasporti

CSIC * Edilizia Navale

Dongfeng Motor Company * Automotive

Founder Group ICT

Galanz Group Company Elettrodomestici

Gree Electric Appliances Elettrodomestici

Haier Company Elettrodomestici/ Elettronica di consumo

Hisense Elettronica di Consumo

Huawei Technologies ICT

Johnson Electric Engineer Product

Lenovo Group ICT

Lee & Fung Group Tessile

Midea Holding Company Elettrodomestici

Nine Dragons Paper Holdings Imballaggi in carta

PetroChina Company * Combustibili Fossili

SAIC Automotive

Baosteel Group Corporation * Acciaio

ZPMC Engeneer

Shougang Group Acciaio

Sinochem Corporation * Prodotti Chimici

107 Le imprese contrassegnate con l’asterisco sono State Owned Enterprises, ovvero quelle di cui è proprietario lo stato.

125

Page 126: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

Sinomach * Engeneered

TCL Corporation Elettronica di Consumo / ICT

Techtronics Industry Company Engeneered

Tsingtao Brewery Alimenti e bevande

VTech Holdings Elettronica di consumo

Uanxiang Group Corporation Automotive

ZTE Corporation ICT

Il BCG non si è concentrato esclusivamente su come le imprese provenienti

dalle economie in rapido sviluppo stiano modificando le regole della

competizione a livello globale ma, recentemente, in un report intitolato “The

BCG 50 Local Dynamos: How Dynamic RDE-Based Companies Are

Mastering Their Home Markets—and What MNCs Need to Learn from

Them” 108, ha sottolineato anche come molte imprese basate nei paesi

Figura 2.22: Le BCG 50 Local Dynamos per paese d’origine.

Cina , 15

India , 11Brasile, 9

Messico , 6

Altri , 6Russia, 3

Fonte: Fonte: Elaborazione su dati BCG (2008c).

emergenti siano, in primo luogo, riuscite a fronteggiare con grande successo

la concorrenza dei gruppi multinazionali stranieri nei propri home market e

ad affermarsi come leader di mercato a livello locale, nonostante l’iniziale

disparità di risorse. Così come per le global challengers, anche per le local

108 Cfr. BCG (2008c).

126

Page 127: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

dynamos il BCG stila una lista delle imprese che hanno conseguito i

maggiori risultati. In questo report vengono segnalate 50 imprese

provenienti da otto economie considerate in rapido sviluppo ed anche in

questo caso la Cina, con 15 presenze, rappresenta la fetta più grande della

torta.

Tabella 2.4: Le imprese cinesi nella BCG 50 Local Dynamos 2008

Nome Impresa Settore

Baidu.com Internet

China Merchants Bank Servizi finanziari

China Vanke Company Servizi finanziari

Ctrip.com International Internet/ on line travel

Focus Media Holding Media Advertising

Goldwind Science and Technology Company Produzione turbine a vento

Gome Electrical Appliances Holding Retail elettromestici e elettronica

di consumo

Goodbaby Prodotti per bambini

New Oriental Education & Technology Group Educazione

Shanda Entertainment Internet/ On line gaming

SIM Technology Group Apparecchiature IT

Tencent Internet/ voip ,Social networks

WuXi Pharma Tech Farmaceutica

XinAo Gas Holding Energia

Xinyi Glass Holdings Produzione vetro

Accanto al lavoro del Boston Consulting Group si collocano le analisi

svolte da altri ricercatori quali ad esempio Antoine Van Agtmael in “ The

emerging market century”109 o Sirkin, Hemerling e Bhattacharya in

“Globality”110. I sottotitoli di questi due lavori illustrano perfettamente

quale sia l’idea che li pervade: il primo recita “How a new Breed of World-

Class Companies is Overtaking the World” , il secondo semplicemente

“Competing with Everyone from Everywhere for Everything”. Il messaggio

109 Cfr. Von Agtamael (2007). 110 Cfr. Sirkin, Hemerling e Bhattacharya (2008).

127

Page 128: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

è chiaro: negli ultimi vent’anni le imprese provenienti da paesi che siamo

stati abituati a considerare esclusivamente come “in via di sviluppo” hanno

non solo imparato velocemente le lezioni impartite dal processo di

globalizzazione ma hanno anche sviluppato conoscenze ed esperienze

esclusive ed innovative che gli consentono in molti casi di minacciare la

posizione di multinazionali provenienti da paesi solitamente definiti

“avanzati”. In entrambe le opere viene dedicato ampio spazio alla Cina, a

molte delle imprese cinesi citate dalla lista del BCG ed in particolare a

quelle che operano in settori ad alta intensità di innovazione come l’ICT

quali Lenovo, Huawei, ZTE ed Haier.

Chiaramente ogni analisi di questo tipo si domanda cosa stia alla base

della nuova competitività di imprese provenienti da paesi emergenti. Uno

dei fattori a cui viene data notevole importanza in quest’indagine e che ci

preme mettere in luce è quello relativo alla capacità di sopravvivenza di

queste imprese in mercati difficili, o quantomeno particolari, nelle fasi

iniziali della loro crescita. Van Agtamael sottolinea come la forza di questi

nuovi competitor stia spesso nel fatto che abbiano superato con successo

molteplici avversità, trasformando in opportunità quelle che erano

inizialmente considerate costrizioni attraverso un processo di adattamento.

Una delle fasi più importanti nel sentiero di catch up da parte delle imprese

emergenti è dunque quella che avviene all’interno del proprio paese

d’origine. Peter Williamson e Ming Zeng concordano con quest’ipotesi e, in

uno studio, dedicato alla sfida lanciata dallle imprese cinesi agli incumbents

occidentali dall’esaustivo titolo “Dragons at Your Doors”111 enfatizzano come

la vera rampa di lancio per il successo di queste imprese a livello globale sia

stata la conquista di una posizione forte sul mercato interno della

Repubblica Popolare. Il mercato cinese, a causa di un sistema di governi

provinciali protezionisti, è infatti tipicamente frammentato tra moltissime

imprese in competizione tra loro alle quali si aggiunge la concorrenza delle

111 Cfr. Williamson e Zeng (2007).

128

Page 129: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

129

multinazionali straniere nelle fasce più alte. Pertanto guadagnare quote di

mercato rilevanti sul mercato nazionale e sviluppare a pieno le economie di

scala che le dimensioni del paese consentono, è un obiettivo tutt’altro che

abbordabile. Le aziende che raggiungono posizioni rilevanti sul mercato

interno e che si affacciano alla competizione internazionale, sebbene non

abbiano la stessa dotazione di risorse delle multinazionali provenienti da

paesi ricchi, hanno dunque già oltrepassato l’ostacolo molto rilevante della

competizione interna e sono riuscite a ideare strategie che gli hanno

consentito di adattarsi meglio al mercato. Questo quadro si presta ad essere

interpretato secondo la teoria evolutiva proposta nel primo capitolo:

l’adattamento creativo e le nuove strategie altro non sono infatti che

innovazioni dirompenti che consentono alle imprese locali di ricavare il

massimo in situazioni di scarsità e di emergere in una competizione serrata.

La sola esistenza delle imprese cinesi a cui le analisi del BCG e degli altri

osservatori citati fanno riferimento può quindi essere considerata come la

migliore testimonianza della capacità innovativa del sistema cinese e

dell’importante ruolo che l’innovazione gioca nel suo sentiero di sviluppo.

Per questa ragione il prossimo capitolo sarà dedicato all’analisi delle

modalità attraverso le quali alcune di queste imprese, ed in particolar modo

quelle operanti in settori considerati ad elevata intensità di ricerca e

sviluppo, sono riuscite ad affermarsi sia a livello locale che globale.

Page 130: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

CAPITOLO 3

INNOVAZIONE APPROPRIATA ED EFFETTI DI FEEDBACK VERSO I

PAESI INDUSTRIALIZZATI NELL’AFFERMAZIONE, LOCALE E

GLOBALE, DELLE IMPRESE CINESI

Introduzione

Una buona parte della letteratura economica1 dedicata ai processi di

catch up ipotizza che le imprese provenienti dai paesi in condizioni di

arretratezza economica relativa, per poter sopravvivere nella competizione

con le multinazionali basate nei paesi industrializzati, debbano concentrarsi

esclusivamente sulla costruzione di una solida base produttiva, acquisendo

ed imitando tecnologie estere. In quest’ottica, lo sviluppo della capacità

innovativa endogena non viene considerata come una strategia tecnologica

perseguibile da imprese basate in paesi late comer. La disparità nella

dotazione di risorse da dedicare alla produzione di nuove conoscenze

tecnologiche non consentirebbe infatti alle imprese di paesi emergenti di

sviluppare un vantaggio competitivo in settori e fasi produttive ad elevata

intensità tecnologica. Nel paragrafo finale del capitolo precedente abbiamo

visto però come nel corso dell’ultimo decennio numerose imprese cinesi siano

riuscite a contrastare la concorrenza interna ed estera, acquisendo

considerevoli quote del mercato locale in diversi settori, tra cui spiccano

quello delle telecomunicazioni, dell’informatica e dell’elettronica di consumo.

Come si è detto, si suppone che tale successo sia dovuto non solo ai

tradizionali vantaggi di cui godono paesi ed imprese in condizioni di

arretratezza economica, quali ad esempio il basso costo della manodopera o

1 Cfr. Hobday (2000), Odagiri e Goto(1996), Kim (1997).

130

Page 131: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

la possibilità di sfruttare tecnologie create altrove, ma anche alla capacità di

queste imprese di innovare sin dalle prime fasi del loro processo di sviluppo.

Affermare ciò non significa ovviamente credere che i gruppi cinesi

abbiano di colpo colmato il divario con le multinazionali occidentali al punto

da poter utilizzare l’innovazione come mezzo di competizione per

l’affermazione sui mercati dei paesi avanzati o sulla fascia alta del mercato

locale. Si ritiene piuttosto che abbiano fatto ricorso ad una nuova tipologia

di innovazione, orientata a sbloccare la domanda latente proveniente da

segmenti di mercato a basso reddito, e pertanto dimenticati dalle

multinazionali, ripensando il rapporto prezzo/prestazioni dei prodotti e

servizi offerti. Tale strategia tecnologica e competitiva è stata realizzata

sfruttando le opportunità tecnologiche offerte dal dispiegamento del nuovo

paradigma tecnoeconomico, analizzate nel primo capitolo, le opportunità

concesse dal mercato locale e dalla conoscenza delle sue specificità. La

conquista di mercati dimenticati, come quelli periferici o rurali, ha garantito

e garantisce alle imprese locali, soprattutto in un paese delle dimensioni

della Cina, il raggiungimento di economie di scala e l’acquisizione di

esperienza e risorse sufficienti a minacciare, in una seconda fase, la

leadership degli incumbents anche sui mercati urbani più ricchi. Molti dei

gruppi cinesi emergenti inseriti nelle liste del BCG, citate nel capitolo

precedente (tra i più noti ad esempio: Huawei, Zte, Haier), hanno seguito

questo tipo di strategia di sviluppo, definita talvolta come tattica della

guerriglia, vista l’analogia con la tecnica di combattimento adottata da Mao

Zedong nella lotta contro i nazionalisti del Kuomintang, che faceva seguire

la conquista dei grandi centri urbani all’affermazione militare e politica

nelle campagne.

La tattica della conquista della periferia per arrivare al centro può

essere utilizzata come chiave interpretativa anche per analizzare la rapida

internazionalizzazione dei gruppi cinesi. Una delle questioni maggiormente

dibattute rispetto a questo fenomeno è infatti quella riguardante cause e

131

Page 132: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

motivazioni2. L’interpretazione tradizionale della teoria delle imprese

multinazionali3 vuole che, alla base di ogni processo di

internazionalizzazione, vi sia una qualche sorta di vantaggio competitivo, di

natura proprietaria, detenuto da parte dell’impresa. Alcuni dei lavori più

autorevoli dedicati all’argomento4 tendono però a guardare

all’internazionalizzazione delle imprese provenienti dai paesi emergenti

come ad una eccezione rispetto alla teoria dominante e a considerarla come

motivata dalla necessità di colmare le proprie lacune attraverso

l’acquisizione di asset tecnologici o di brand, piuttosto che dalla volontà di

sfruttare all’estero vantaggi competitivi precedentemente acquisiti. Fatta

salva la validità di queste ipotesi, in questo lavoro si suppone tuttavia che la

specificità della capacità innovativa sviluppata dalle imprese cinesi per

sopravvivere ed emergere sul mercato interno possa essere considerata come

un vantaggio proprietario detenuto dai gruppi cinesi anche nella sfida ai

players globali. La capacità di innovare per servire la popolazione che alla

base della piramide del reddito consente alle imprese cinesi di attaccare le

multinazionali estere in mercati da esse sottovalutati, come quelli dei paesi

emergenti ed in via di sviluppo e, in un secondo tempo, di spostarsi dalla

periferia ai paesi sviluppati, indirizzando anche qui la propria offensiva su

segmenti di mercato considerati poco profittevoli dagli incumbents.

L’utilizzo dell’innovazione per la base della piramide come strumento

di competizione, sia sul mercato interno che su quello globale, testimonia

non solo l’importanza della capacità innovativa per il processo di catch-up

dell’economia cinese ma anche l’inversione dei tradizionali flussi di

produzione di conoscenza. I paesi emergenti ed in via di sviluppo smettono

di essere unicamente destinatari di tecnologie e conoscenze provenienti

dalla frontiera tecnologica per divenire parte attiva nel processo di creazione

di nuovi saperi. Alla tradizionale direttrice nord-sud del trasferimento

2 Per una rassegna ragionata dei principali contributi sull’argmento si veda Rabellotti, Sanfilippo, Amighini (2009). 3 In particolare Dunning (1977) 4 Cfr. Mathews (2006), Luo e Tung (2007), Li (2007).

132

Page 133: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

tecnologico si aggiungono dunque quella sud-sud ed anche quella sud-nord,

dal momento che l’innovazione prodotta dalle imprese cinesi ha un effetto di

feedback sul comportamento delle multinazionali provenienti dai paesi

avanzati. Queste ultime sono infatti obbligate ad adeguare i propri modelli

di business e le proprie strategie tecnologiche, non solo per rispondere alla

minaccia alla loro leadership sui mercati avanzati, ma soprattutto per

riuscire a penetrare sui mercati di paesi emergenti, come India, Brasile e la

stessa Cina. Tali mercati divengono giorno dopo giorno più appetibili viste le

loro dimensioni attuali ed il loro potenziale di crescita, a cui si contrappone

invece la progressiva saturazione dei mercati occidentali per una gamma

crescente di prodotti. Le più attente imprese provenienti dai paesi della

triade hanno dunque messo da parte l’idea che la Cina non abbia nulla da

insegnare ed hanno cominciato a mutare la loro condotta guardando

all’esempio delle imprese cinesi.

Il capitolo che segue sarà dunque dedicato alla descrizione di come

alcune delle imprese cinesi citate nel capitolo precedente, partendo da quella

che abbiamo definito come innovazione appropriata, abbiano sconfitto la

concorrenza straniera nel proprio paese e siano, in alcuni casi, arrivati a

bussare alle porte di mercati che un decennio fa non erano neanche in vista.

Nella prima parte del capitolo torneremo quindi sulle caratteristiche di

questo tipo di innovazione e sulle condizioni specifiche che l’hanno resa

possibile.Successivamente si vedrà, invece, facendo riferimento a studi di

caso, come tale innovazione sia stato uno strumento fondamentale per la

progressiva conquista del mercato locale. La terza parte verrà poi dedicata

all’analisi del ruolo svolto dall’innovazione nel processo di

internazionalizzazione di alcune delle imprese cinesi di maggiore successo e

degli effetti di feedback che la strategia delle imprese cinesi ha generato nei

paesi industrializzati.

133

Page 134: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

1 Che tipo di innovazione ?

Per quanto il concetto di innovazione si presti a categorizzazioni e a

definizioni molteplici, per poter comprendere al meglio la specificità delle

capacità innovative sviluppate dalle imprese cinesi, è indispensabile partire

da alcune definizioni e differenziazioni del fenomeno innovativo. Nel corso di

questo primo paragrafo si vedranno in particolare due tassonomie che si

ritengono particolarmente adatte per guardare all’emergere dei gruppi

cinesi dalla giusta prospettiva.

1.1 La tassonomia di Henderson e Clark e l’importanza dell’innovazione

architetturale

Una tassonomia molto utile al nostro scopo, già brevemente presa in

considerazione nel primo capitolo, è quella elaborata da Rebecca Henderson

e Kim Clark in un articolo intitolato “Architectural Innovation: The

Reconfiguration of Existing Product Technologies and the Failure of

Established Firms”5. In tale lavoro i due autori propongono di considerare

un prodotto, o un servizio, in maniera duplice: da un lato come un unico

sistema, dall’altro come l’insieme di singole componenti, nettamente

differenziate sulla base della funzione che svolgono. Questa distinzione è

tesa a sottolineare il fatto che il successo nello sviluppo di un prodotto o di

un servizio richieda due tipi di conoscenza. In primo luogo necessita della

conoscenza tecnologica indispensabile per la progettazione e

l’implementazione dei singoli componenti. In secondo, esige la cosiddetta

“architectural knowledge”6, ovvero la conoscenza di come le singole

componenti siano integrate e interfacciate tra loro in un prodotto intero

coerente. Questa distinzione, tra la conoscenza dei componenti in sé stessi e

la conoscenza dei legami che li uniscono, ci fornisce delle indicazioni molto

utili sulle differenze alla base delle diverse tipologie di innovazione (figura

3.1). Henderson e Clark partono dalla ripartizione tra innovazione radicale

5 Cfr. Henderson e Clark (1990). 6 Ivi, p. 12.

134

Page 135: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

e innovazione incrementale7, collocate ai due estremi del processo.

L’innovazione radicale implica un cambiamento scientifico-tecnologico,

puntuale e discontinuo, che si concretizza sia nella progettazione di nuovi

componenti, sia in una nuova architettura.

Figura 3.1 Tassonomia di Henderson e Clark

Innovazione

radicale

Innovazione

modulare

Innovazione

incrementale

Innovazione

architetturale

Basso impatto sulla conoscenza dei componenti

Basso impatto sulla conoscenza architetturale

Alto impatto sulla conoscenza architetturale

Alto impatto sulla conoscenza dei

componenti

Fonte: Henderson e Clark (1990)

Esempio di innovazione radicale è la scoperta di un principio attivo e la sua

incorporazione in un farmaco completamente nuovo. Le innovazioni

incrementali introducono invece modifiche di minore entità a prodotti e

servizi esistenti. Il miglioramento avviene nei componenti ma non muta né

l’architettura né il core design delle singole parti alla base del prodotto o del

servizio. Le innovazioni incrementali si possono configurare anche come

7 Uno dei primi studi a teorizzare questa differenziazione è Abernathy e Utterback (1978).

135

Page 136: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

innovazioni nel processo produttivo ed in questo caso solitamente si

traducono in un vantaggio in termini di costi o in termini di time to market.

Tra questi due estremi si collocano altri due tipi di cambiamento

tecnologico: innovazione modulare ed innovazione architetturale. La prima

si verifica quando una nuova componente tecnologica viene inserita in un

prodotto la cui archittettura sistemica rimane fondamentalmente immutata.

Si differenzia dall’innovazione incrementale perché può inglobare anche

cambiamenti molto rilevanti dal punto di vista scientifico e tecnologico nei

singoli componenti, senza però modificare l’architettura del sistema.

L’esempio maggiormente citato8 di innovazione modulare è quello fornito

dall’industria dei Personal Computer ed in particolar modo dai prodotti

basati sulla architettura “Wintel”. Dal momento che tali prodotti presentano

una architettura ampiamente consolidata, fondata sul sistema operativo

Microsoft Windows e sui microprocessori Intel, l’innovazione tecnologica

incorporata nei nuovi prodotti non è mai andata a toccare le modalità in cui

le componenti del sistema si interfacciano tra loro, ma esclusivamente i

singoli elementi. Così, senza addentrarsi troppo in aspetti tecnici, si può ben

dire che, sebbene le specifiche dei personal computer costruiti quindici anni

fa (per memoria RAM, potenza del processore, versione del sistema

operativo, schede video, dimensione del disco rigido) siano completamente

diverse rispetto a quelle di oggi e ne facciano delle macchine del tutto nuove

in termini tecnologici e di funzionalità, la loro architettura di fondo non è

mutata molto da quella consolidatasi a metà degli anni novanta.

L’innovazione architetturale si colloca, in qualche modo, all’opposto

dell’innovazione modulare, poiché non incorpora nuova tecnologia nelle

singole componenti, che possono essere considerate quasi come

standardizzate e disponibili sul mercato, ma modifica esclusivamente le

modalità attraverso cui tali componenti interagiscono tra loro, per dare vita

ad un nuovo prodotto o servizio. Non necessita di grandi balzi in avanti dal

8 Cfr. Ernst e Naughton (2007).

136

Page 137: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

punto di vista scientifico-tecnologico ma si basa piuttosto su conoscenze

esistenti che vengono ricombinate in maniera creativa per andare incontro

alle necessità di uno specifico mercato.

La tassonomia di Henderson e Clark risulta importante perché offre

delle indicazioni molto utili sull’effetto di ciascun tipo di innovazione sulla

competizione tra imprese ed in particolar modo sulle possibilità che nuove

aziende guadagnino quote di mercato nei confronti di imprese già affermate

attraverso l’introduzione di elementi di novità. L’innovazione incrementale

e quella modulare tendono a rafforzare la posizione competitiva delle

imprese dominanti poiché sono basate su conoscenze esistenti, di cui le

aziende leader hanno piena padronanza. Queste tipologie di innovazione

tendono pertanto ad alzare le barriere all’entrata sul mercato per nuove

imprese. Innovazione radicale ed innovazione architetturale hanno invece in

sé la potenzialità di mutare lo status quo. L’innovazione radicale

rappresenta la minaccia più pericolosa per gli incumbents poiché tende a

distruggere l’utilità della conoscenza esistente, sia che si tratti di conoscenza

legata alla progettazione delle singole componenti, sia che si tratti di

conoscenza architetturale. Garantisce ampi margini di profitto ma implica

un’ampia disponibilità di risorse, elevati rischi e costi molto alti in caso di

fallimento. Per questa ragione rimane spesso preclusa ad organizzazioni con

dotazioni tecnologiche e finanziarie limitate. L’innovazione architetturale

rappresenta invece una minaccia più sottile per gli incumbents poiché, in

primo luogo, necessita di risorse e conoscenze scientifiche limitate e risulta

dunque accessibile ad un più vasto numero di imprese; in secondo luogo,

un’innovazione architetturale di successo tende a rispondere a precise

esigenze del mercato che non vengono soddisfatte dai prodotti

commercializzati dagli incumbents. In un contesto in cui la conoscenza

tecnologica sia sufficientemente diffusa e codificata e la produzione

fortementemente modularizzata, l’impresa che riesce nell’innovazione

architetturale probabilmente dispone di un tipo di risorsa più determinante

rispetto alla padronanza tecnologica sulle singole componenti, ovvero la

137

Page 138: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

conoscenza del mercato a cui si rivolge. Questa diversità nella percezione

delle esigenze dei consumatori spesso non consente alle imprese egemoni di

comprendere la natura dell’innovazione architetturale, scambiata spesso per

un’innovazione incrementale inoffensiva per la loro leadership, e quindi di

reagirvi in maniera adeguata sia in termini di tempo che di modalità. Anche

qualora poi gli incumbents comprendano a pieno il carattere architetturale

della minaccia tecnologica portata da un nuovo competitor, ciò non gli

conferirebbe automaticamente gli strumenti necessari a metterla in pratica.

Sebbene questo tipo di innovazione richieda investimenti e capacità

tecnologiche inferiori a quelle richieste da un’innovazione radicale, necessita

in ogni caso di un investimento, in termini di risorse e soprattutto di tempo,

per assorbire la differente conoscenza architetturale incorporata nel nuovo

prodotto. Per le imprese dominanti questo tipo di apprendimento può

risultare anche molto complesso poiché l’eredità di conoscenze pregresse,

architetturali e non, e di routine consolidate può non solo non essere un

vantaggio, ma anche costituire un ostacolo all’effettivo assorbimento di

nuovi saperi.

1.2 Christensen ed il modello della disruptive innovation

Una seconda categorizzazione tra diverse tipologie di innovazione che

può essere utile al nostro scopo è quella proposta da Clayton Christensen.

Tale tassonomia, rispetto a quella di Henderson e Clark, non è fondata

esclusivamente sulla differente complessità tecnologica del fenomeno

innovativo, quanto piuttosto sulla relazione che intercorre tra progresso

tecnologico e domanda di specifici settori del mercato. In un libro

dall’esaustivo titolo “The Innovator’s Dilemma”9 l’autore propone il

cosiddetto Disruptive Innovation Model 10, la cui considerazione di partenza

vuole che su ciascun mercato, per qualsiasi prodotto, vi sia un dato tasso di

9 Cfr. Christensen (1997). 10 In italiano è stato tradotto come “modello dell’innovazione scardinante”, ma qui si è preferito mantenere l’originale.

138

Page 139: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

miglioramento tecnologico che i consumatori possono utilizzare ed assorbire.

Gli avanzamenti tecnici che vanno al di là di tale soglia non possono essere

sfruttati dalla maggior parte degli utilizzatori o per motivi che dipendono da

fattori esogeni o perché il ritmo di tale progresso supera la loro effettiva

capacità di utilizzare appieno la tecnologia incorporata nei nuovi prodotti.

Un esempio del primo tipo è quello dell’industria automobilistica: i

produttori di autoveicoli continuano ad immettere sul mercato vetture

dotate di motori più potenti che consentono performance migliori delle

versioni precedenti, tuttavia fattori quali i volumi di traffico, i limiti di

velocità e le preoccupazioni relative alla sicurezza pongono un confine alle

effettive possibilità del consumatore di sfruttare questi miglioramenti.

Esempio del secondo tipo è invece quello dei personal computer (PC).

Quando, nella prima metà degli anni ottanta, i PC hanno comininciato a

diffondersi e a rimpiazzare progressivamente le macchine da scrivere come

strumento per la battitura a macchina, erano così poco potenti che

obbligavano l’utilizzatore a fermarsi spesso per aspettare che il processore

elaborasse correttamente i dati inseriti. Oggi, dopo quasi trent’anni di

innovazione permanente, i nuovi PC lanciati sul mercato sono dotati di una

capacità di calcolo che va ben al di là delle esigenze di utilizzo della

maggioranza dei consumatori che, sebbene si siano ampliate rispetto agli

anni ’80, sono mutate ad un ritmo molto meno incalzante rispetto a quanto

non abbia fatto la tecnologia.

La ragione di questa discordanza tra traiettoria tecnologica ed

esigenze reali di una buona parte dei consumatori risiede, secondo

Christensen, nel fatto che le imprese leader portino avanti una strategia

tecnologica e competitiva basata su quelle che vengono definite come

sustaining innovations: si creano prodotti sempre più complessi dal punto di

vista tecnologico, con funzionalità e performance addizionali rispetto alle

versioni precedenti, per poterli vendere ai consumatori di fascia alta,

realizzando margini di profitto più ampi. La divergenza che si costruisce

sulla distanza tra la traiettoria tecnologica di una sustaining innovation e le

139

Page 140: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

caratteristiche di consumatori di fascia più bassa costituisce però la base di

partenza per una differente tipologia di innovazione: la disruptive

innovation. Quest’ultima si caratterizza come l’opposto della sustaining

innovation, poiché non è tesa a creare prodotti e servizi migliori da vendere

su mercati esistenti ma è focalizzata a ridefinire la traiettoria tecnologica

introducendo prodotti più semplici, più pratici e meno cari che attraggano

due categorie di acquirenti: i non consumatori ed i consumatori di fascia

bassa11. Nel primo caso la disruptive innovation compete con l’assenza di

consumi e deve quindi dare vita ad un prodotto tanto più economico e tanto

più facile da usare, rispetto a quelli forniti dalle imprese leader, da

consentire ad una nuova porzione di popolazione di cominciare ad

utilizzarlo. L’esempio storicamente più rilevante in questo senso è

sicuramente quello del modello T prodotto dalla Ford, che riuscì ad essere

tanto economico rispetto alle automobili allora prodotte da consentire ad

un’intera nazione, e poi al mondo, di acquistare la propria prima vettura.

Nel secondo caso, la disruptive innovation contende alle imprese leader la

fascia più bassa dei suoi consumatori ed ha quindi come obiettivo principale

quello di ridurre il prezzo senza limitare eccessivamente le prestazioni del

prodotto o la qualità del servizio offerto.

Come per la tassonomia di Henderson e Clark ciò che in primo luogo

ci interessa è il potenziale competitivo di questi due tipi di innovazione. La

sustaining innovation non costituisce, ovviamente, una strategia tecnologica

e competitiva facilmente perseguibile da imprese nuove entranti poiché,

oltre a necessitare di risorse considerevoli, le porterebbe a sfidare le imprese

egemoni proprio su quelle fasce di mercato che queste sono specializzate a

servire. Al contrario, la disruptive innovation, che sia tesa a creare nuovi

mercati, o a conquistare la fascia più bassa di mercati esistenti, può

rappresentare una freccia all’arco delle nuove entranti nella sfida allo status

quo. Le imprese incumbents infatti in un primo momento semplicemente

non reagiscono in alcun modo a questo tipo di innovazione, poichè non sono

11 Cfr. Christensen e Raynor (2003).

140

Page 141: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

né interessate né preparate a rispondervi per via delle differenti motivazioni

alla base della loro strategia tecnologica: cercano la fascia alta del mercato,

margini di profitti più alti e non hanno il minimo deisiderio di lasciare la

loro impronta in mercati difficili e poco profittevoli. Una nuova impresa può

così inizialmente affermarsi sui mercati dimenticati con un prodotto

innovativo basasto su una disruptive technology, evitando la competizione

con prodotti dalle funzionalità simili, ma con performance più elevate,

pensati per i consumatori high-end. Visto che, nella visione di

Christensen12, ciascun prodotto ha una sua traiettoria che va verso il

miglioramento delle prestazioni, anche un prodotto nato da una disruptive

innovation seguirà la sua specifica traiettoria di avanzamento tecnologico.

Figura 3.2: Il modello della disruptive innovation di Christensen

Domanda della fascia bassa del mercato

Domanda della fascia alta del

mercatoSustaining Innovation

Disruptive Inn

Non Consumo

Tempo

Pe

rfo

rma

nc

e d

el p

rod

ott

o

ovation

Fonte: Adattamento su Christensen (1997).

Man mano che tale prodotto procede sul suo percorso di miglioramento,

diventa sempre più attraente anche per i consumatori di fascia più elevata,

12 Cfr. Christensen (2003), p. 43.

141

Page 142: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

soprattutto se i prodotti offerti dagli incumbents hanno superato quella

soglia di progresso tecnico che la maggior parte dei consumatori è in grado

di assorbire. Una volta che il prodotto basato su una disruptive innovation

entra in diretta competizione con quelli fondati su sustaining innovations

comincia a sottrarre mercato alle imprese leader, partendo dai clienti meno

esigenti e poi muovendosi verso quelli di fascia più alta. Quando ciò accade,

gli incumbents finalmente si accorgono della concreta minaccia portata dai

disruptors ma, anche in questo caso, trovano molto difficile reagirvi poiché

per loro creare un prodotto dalle prestazioni inferiori, su cui possano

realizzare margini di profitto più bassi rispetto a quelli a cui abitualmente

mirano, va contro il proprio modello di crescita. Le imprese egemoni, se

volessero competere con i nuovi entranti adattandosi alla disruptive

innovation, dovrebbero modificare completamente le routine consolidate

della loro organizzazione, a partire dalla modalità di allocazione delle

risorse e dal modello di business, cosa che ovviamente non sono né

preparate, né disposte a fare, se non in rari casi e comunque con i tempi che

una tale transizione implicherebbe. Non è un caso che l’enigma a cui

Clayton Christensen mira a trovare soluzione nel suo lavoro più celebre,

“The Innovator’s Dilemma”13, sia relativo al perché le grandi imprese, anche

qualora siano ben amministrate e facciano della ricerca e dell’innovazione il

loro punto di forza, possano fallire. La risposta data dall’autore è semplice:

per l’incapacità di rispondere efficacemente all’innovazione che proviene dal

basso, alla disruptive innovation.

In secondo luogo ci preme mettere in evidenza come il concetto

proposto da Christensen sia molto utile al nostro lavoro poiché prevede la

possibilità che anche un prodotto pensato per consumatori di fascia bassa, o

addirittura non-consumatori dimenticati dalle imprese leader, possa

divenire una valida alternativa anche per mercati di fascia più alta nel corso

della sua traiettoria di miglioramento tecnologico. Posto nell’ottica del

rapporto tra economie dei paesi industrializzati e paesi emergenti ed in via

13 Cfr. Christensen (1997).

142

Page 143: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

di sviluppo, risulta abbastanza evidente come il concetto di disruptive

innovation si presti ad essere associato ai concetti di innovazione per la base

della piramide ed innovazione appropriata analizzati nel corso del primo

capitolo. I consumatori a basso reddito, e soprattutto i non-consumatori, che

abitano i paesi in via di sviluppo o le aree periferiche e più povere dei paesi

emergenti, costituiscono infatti un’ottima opportunità per le imprese locali

di ritagliarsi uno spazio di sopravvivenza lontano dalla concorrenza delle

multinazionali attraverso disruptive innovations dedicate alle loro

specifiche esigenze. Le opportunità di mercato alla base della piramide

possono infatti essere colte solo attraverso innovazioni che tengano conto del

fatto che le necessità della popolazione a basso redditto sono completamente

diverse rispetto a quelle del consumatore medio che le imprese incumbents

sono abituate a servire. Tali innovazioni devono pertanto modificare il

rapporto prezzo/prestazioni dei prodotti, abbassando il primo senza limitare

troppo le seconde, trasformando apparenti costrizioni, quali condizioni

ambientali o infrastrutturali difficili, la scarsa alfabetizzazione o i bassi

liveli di reddito pro capite, in nuovi mercati. Anche partendo da questi nuovi

mercati nei paesi emergenti o in via di sviluppo, un prodotto basato sulla

disruptive innovation può imboccare il proprio percorso di miglioramento

delle prestazioni ed andare, prima a soddisfare la domanda proveniente da

consumatori di fascia più alta nei mercati locali e, in un secondo momento

anche quella dei consumatori meno esigenti dei mercati avanzati dei paesi

industrializzati. Ciò dà il via ad un’inversione dei tradizionali flussi di

innovazione nord-sud e genera un effetto di feedback verso la frontiera

tecnologica da cui proviene il cambiamento iniziale.

Un esempio abbastanza conosciuto di come un prodotto, inizialmente

pensato per una popolazione di non consumatori provenienti dai paesi in

via di sviluppo e basato su una disruptive innovation, abbia generato un

mercato completamente nuovo poi allargatosi fino a coinvolgere i paesi

avanzati, è quello dei cosiddetti netbook. Il mercato di questi mini computer

portatili, versioni più piccole, meno potenti e molto meno care dei

143

Page 144: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

tradizionali laptop, destinate in particolar modo alla navigazione in rete e

all’utilizzo in mobilità, è letteralmente esploso tra il 200714 ed il 2009.

Secondo Display Search15 nel solo 2009 sono state vendute oltre 33 milioni

di unità, per un giro di affari arrivato a valere 11,4 miliardi di dollari con un

aumento anno su anno del 72 per cento, andando a costituire circa il 20 per

cento delle vendite totali di notebook. Le origini di un tale successo sono da

ricercare però, secondo molteplici osservatori16, nel progetto portato avanti

dall’organizzazione non-profit One Laptop for Child17 (OLPC), presieduta da

Nicholas Negroponte18. L’idea del fondatore del MediaLab del MIT era

quella di creare, produrre e distribuire un computer portatile il cui prezzo di

vendita non fosse superiore ai 100 dollari, in modo tale da consentire ai

governi dei paesi in via di sviluppo di acquistarne grandi quantità da

destinare a scopi educativi. Sebbene i risultati del progetto non abbiano

rispettato appieno le attese (nonostante l’uso di software open source, il

prezzo di vendita della singola unità è rimasto vicino ai 200 dollari e

pertanto anche le vendite sono risultate inferiori rispetto a quanto

auspicato), il XO-1 (questo il nome ufficiale del laptop) ha costituito l’origine

della traiettoria di disruptive innovation che ha portato i netbook a

conquistare anche i mercati avanzati. Ispirati dallo XO-1 alcuni produttori

di notebook, in particolar modo quelli basati in prossimità di aree emrgenti

o in via di sviluppo, come le taiwanesi AsusTek ed Acer, hanno infatti

cominciato a credere alla possibilità di generare nuovi mercati nei paesi

emergenti, vendendo, ad un prezzo accessibile (inizialmente 250 dollari),

mini computer portatili dalle prestazioni inferiori rispetto a quelli prodotti

tradizionalmente19, ma adatti a compiti semplici quali la navigazione in

rete. Inaspettatamente questo tipo di prodotto non si è affermato

14 I primi netbook sono stati commercializzati da Asus nell’estate 2007. 15 Sito internet www.displaysearch.com 16 Cfr. The Economist (2009) , Wired (2009). 17 Per maggiori informazioni sul progetto il sito ufficiale di OLPC è http://www.laptop.org/en/ 18 Pagina Web istituzionale accessibile al sito http://www.media.mit.edu/people/nicholas/ 19 Il primo Eee Pc di Asustek, commercializzato nell’ottobre 2007 era basato su sistema operativo Linux, dotato di schermo a 7 pollici, memorie flash da 4 gigabyte e 512 megabyte di RAM.

144

Page 145: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

esclusivamente tra consumatori a basso reddito di paesi emergenti e in via

di sviluppo ma ha venduto benissimo nei paesi avanzati, in particolar modo

negli Stati Uniti ed in Europa. Man mano che i netbook hanno proseguito la

loro traiettoria di miglioramento tecnologico sono andati incontro alla

domanda di consumatori sempre più esigenti, consentendo alle imprese che

per prime li hanno introdotti di allargare la propria quota di mercato. I

netbook costituiscono dunque un esempio tipico di disruptive innovation.

Solitamente nell’industria dei computer gli sviluppi di nuovi prodotti

avvengono riversando gli avanzamenti tecnologici pensati per i consumatori

high end sul mercato di massa, i netbook hanno invertito il flusso di questo

processo. Cercando di rispondere alle esigenze dei consumatori a basso

reddito, e dei non-consumatori, a basso reddito hanno pertanto rivelato

qualcosa sui tradizionali utilizzatori di PC: non volevano un computer

sempre più caro con prestazioni spettacolari, ma un computer più economico

che soddisfasse esigenze comuni. Il concetto di disruptive innovation

introdotto da Christensen sta in quache modo alla base della convinzione di

Prahalad, secondo cui: “Alcune innovazioni sviluppate per i mercati alla

base della piramide possono trovare applicazione nei mercati sviluppati” 20.

1.3 Le imprese cinesi e l’innovazione appropriata

Secondo l’interpretazione evolutiva proposta nel primo capitolo, le

imprese basate in un paese emergente come la Repubblica Popolare Cinese,

per poter sopravvivere e competere devono obbligatoriamente modificare lo

status quo, o sottraendo quote di mercato agli incumbents o creando nuovi

mercati. Sono quindi in qualche modo costrette ad introdurre elementi di

novità, a fare ricorso all’innovazione come strumento di sopravvivenza.

Poiché, come abbiamo visto nel secondo capitolo, le politiche di apertura del

governo cinese hanno trasformato la Repubblica Popolare in un nodo

fondamentale delle reti di produzione globale, le imprese locali, sia che

abbiano concentrato le loro operazioni sul mercato domestico, sia che, a

20 Cfr. Prahalad (2008), p. 71.

145

Page 146: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

maggior ragione, abbiano scelto un modello di business orientato verso

l’esportazione, si sono trovate e si trovano tutt’ora in una situazione di

competizione particolarmente aspra con multinazionali provenienti dai

paesi avanzati. Questa centralità nelle reti di produzione e innovazione

globali, ovviamente, non ha portato con sé solo svantaggi per le aziende

locali, ma soprattutto agevolazioni, in particolar modo in termini di accesso

alla tecnologia e ad un volume crescente di conoscenza codificata.

Le tassonomie proposte in questo primo paragrafo risultano molto

utili nel capire come molte delle imprese cinesi emergenti siano riuscite a

sfruttare abilmente l’integrazione in tali reti per sviluppare quella capacità

innovativa specifica che è risultata essere la chiave della loro affermazione.

Sulla base della tassonomia di Henderson e Clark risulta evidente come le

imprese cinesi, in quanto nuove entranti, abbiano dovuto fare ricorso ad un

tipo di innovazione che minacci l’ordine costituito invece che consolidarlo.

Innovazione incrementale e modulare sono rimaste quindi fuori dallo spettro

delle possibilità dei gruppi cinesi. E’ d’altra parte evidente come alla

maggioranza delle imprese della Repubblica Popolare rimanga preclusa

anche la possibilità di sfidare la leadership degli incumbents attraverso

l’innovazione radicale, vista la disparità di risorse organizzative, finanziarie

e tecnologiche con le multinazionali occidentali. Tale impossibilità sembra

essere confermata anche a livello macro dagli indicatori tradizionali esposti

nel secondo capitolo. Per quanto il divario con i paesi di più antica

industrializzazione sia stato infatti sensibilmente accorciato, la distanza

dalla frontiera tecnologica, soprattutto per quel che riguarda misure di

output come i brevetti, rimane infatti piuttosto importante. L’innovazione

architetturale, invece, ha rappresentato e rappresenta una risorsa molto

preziosa per le imprese cinesi poiché, sebbene non necessiti di cambiamenti

tecnologici decisivi e di grandi investimenti di tempo e di risorse, ha il

potenziale per garantire una notevole espansione in termini di quote di

mercato. Come si vedrà meglio nel prosieguo del capitolo le imprese cinesi

hanno potuto sfruttare due elementi che hanno accresciuto le loro possibilità

146

Page 147: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

di realizzare con successo questo tipo di innovazione. Da un lato infatti

l’integrazione nelle reti di produzione globali e la crescente

modularizzazione della produzione, rendendo facilmente disponibili i singoli

componenti tecnologici che vanno a costituire l’architettura dei prodotti

commercializzati dalle imprese incumbents, hanno consentito alle imprese

locali di modificarla per creare nuovi prodotti attraverso l’innovazione

architetturale. Dall’altro i gruppi cinesi, disponendo di una conoscenza

approfondita delle caratteristiche e delle esigenze delle diverse tipologie dei

consumatori locali, sono state capaci di ripensare l’architettura dei prodotti

in maniera tale da indirizzare la loro offerta verso le necessità specifiche del

mercato.

Le categorie introdotte da Clayton Christensen ci aiutano invece a

comprendere quali mercati abbiano costituito le fondamenta per il successo

delle imprese cinesi. Viste le dimensioni della Repubblica Popolare, sia in

termini di superficie che in termini di popolazione, il mercato locale non può

essere certo inteso come un mercato omogeneo di 1,3 miliardi di consumatori

ma si caratterizza piuttosto per una forte segmentazione basata in primo

luogo sui livelli di sviluppo economico delle differenti aree del paese. In

particolar modo sussistono diversi dualismi fondati sulle disuguaglianze

intercorrenti tra città e campagna o tra regioni costiere e regioni interne,

che possono essere fatti rientrare in una tradizionale dicotomia centro-

periferia. Sebbene sia una semplificazione, può essere utile per ora pensare

al primo come ad una zona ricca, di dimensioni limitate, popolata da

consumatori di fascia alta, le cui esigenze sono assimilabili a quelle dei

consumatori dei paesi avanzati, mentre alla seconda come ad una zona

povera, di enormi dimensioni, in cui le possibilità di consumo degli abitanti

si avvicinano più spesso a quelle di un paese in via di sviluppo. Le

multinazionali provenienti dai paesi avanzati si sono dunque concentrate

nel servire il mercato del centro. La loro strategia tecnologica e competitiva

è rimasta incentrata sull’ampliamento delle prestazioni dei prodotti e

finalizzata a maggiori margini di profitto. Se le imprese locali nuove

147

Page 148: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

entranti avessero voluto competere da subito sui mercati di fascia alta,

difficilmente sarebbero state in grado di superare le barriere all’entrata

poste dalle sustaining innovations delle multinazionali straniere. In molti

casi hanno quindi puntato sulla creazione di nuovi mercati attraverso

disruptive technologies che garantissero prestazioni inferiori a quelle

pensate per i mercati del centro, ma costruite su misura per la popolazione

della periferia, ad un prezzo notevolmente inferiore. Le disrupting

innovations hanno così costituito uno strumento indispensabile per la

sopravvivenza e lo sviluppo iniziale di molte imprese locali che sono potute

crescere senza dover fronteggiare da subito la concorrenza di imprese più

dotate in termini di risorse e di tecnologie. Le traiettorie di miglioramento

delle performance delle disruptive technologies hanno fatto poi sì che

prodotti pensati per le periferie e le aree rurali divenissero appetibili anche

per i consumatori delle aree urbane delle regioni costiere e, da ultimo, per

quelli dei paesi avanzati.

Tornando alla prospettiva evolutiva, a nostro avviso appare evidente

come il tipo di novità introdotta dalle imprese emergenti della Repubblica

Popolare Cinese, abbia dunque molto a che vedere con i concetti di

innovazione architetturale e di disruptive innovation. La combinazione di

queste due idee ci aiuta infatti a comprendere appieno le caratteristiche

dell’innovazione realizzata dalle imprese cinesi, per la quale, dovendo

trovare una definizione, useremo il termine di innovazione appropriata, già

citato nel primo capitolo. Ci sembra un’espressione doppiamente calzante

poiché, proprio come ci aiutano a capire i concetti di disruptive innovation e

di innovazione architetturale, da un lato è appropriata alla disponibilità di

risorse e conoscenze che contraddistingue le imprese cinesi, dall’altro è

appropriata alle condizioni specifiche del mercato e dei consumatori della

Repubblica Popolare. Nel prosieguo del capitolo vedremo dunque come le

aziende locali, grazie all’innovazione appropriata, siano riuscite ad

avvantaggiarsi delle opportunità offerte dal cambiamento del paradigma

tecnologico, dall’accresciuto accesso a tecnologie e conoscenze provenienti

148

Page 149: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

dall’estero e a trasformare apparenti costrizioni in importanti possibilità di

sviluppo prima in ambito locale e poi globale.

2 L’innovazione appropriata nella sfida per il mercato interno

L’idea fondamentale di questo lavoro è che l’innovazione abbia

rappresentato e rappresenti uno strumento fondamentale per lo sviluppo

delle imprese di un paese late comer come la Repubblica Popolare Cinese,

contrariamente a quanto vorrebbe almeno una parte della letteratura

economica dedicata ai processi di catch up. Come abbiamo visto nel

paragrafo precedente si tratta però di un particolare tipo di innovazione, che

abbiamo definito innovazione appropriata, in cui la tecnologia non è

necessariamente l’elemento decisivo dal momento che la comprensione delle

esigenze di uno specifico segmento di mercato può essere un fattore ben più

determinante per le sorti di un’impresa nel contesto cinese. Tuttavia è

proprio il cambiamento del paradigma tecno-economico analizzato nel primo

capitolo, e di cui la Repubblica Popolare è una delle frontiere, ad avere

creato i presupposti, o per dirla con Carlota Perez le windows of

opportunity21, su cui le imprese cinesi hanno costruito la propria specifica

capacità innovativa. In questo paragrafo vedremo dunque come alcune

imprese cinesi abbiano utilizzato l’innovazione appropriata per ottenere il

massimo da una serie di vantaggi offerti dalle condizioni tecnologiche e di

mercato che hanno contraddistinto il contesto cinese negli ultimi anni,

trasformando quelle che per la concorrenza erano costrizioni in opportunità

di business.

2.1 Delocalizzazione, disintegrazione della catena del valore, produzione

modulare e innovazione appropriata.

Uno dei fattori principali che ha aperto la strada verso l’innovazione,

ed in particolare verso quella di tipo architetturale, per le imprese cinesi è

21 Cfr. Perez (2001)

149

Page 150: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

sicuramente il fenomeno della delocalizzazione della produzione e della

frammentazione geografica della catena del valore che ha caratterizzato

l’accelerazione del processo di globalizzazione registrata negli ultimi

decenni. Inizialmente la necessità di abbassare i costi di produzione ed

aumentare la profittabilità ha portato la gran parte delle multinazionali

occidentali a localizzare la propria produzione in paesi in cui la manodopera

fosse meno costosa e a conservare nel paese d’origine solo fasi dello sviluppo

dei prodotti a maggior valore aggiunto, quali ad esempio Ricerca e Sviluppo

e progettazione. Man mano che la competizione sul costo si è fatta più

aspra, la catena del valore è stata sezionata ancora più finimente: le fasi

produttive più intensive in lavoro non qualificato, come ad esempio quella

dell’assemblaggio, sono state non solo delocalizzate in paesi in cui il fattore

lavoro fosse meno caro, ma direttamente subappaltate ad aziende locali che

hanno così potuto affacciarsi alle reti di produzione globali. Si è dunque

passati da una fase di integrazione verticale della produzione, in cui le

imprese leader a livello globale gestivano internamente e spesso unicamente

nel proprio paese d’origine ogni fase del processo produttivo, dalla R&S fino

alla distribuzione, ad una fase di specializzazione verticale in cui gli

incumbents si concentrano esclusivamente su attività ad alto valore

aggiunto e appaltano il resto della produzione a subfornitori localizzati in

diverse parti del mondo a seconda del vantaggio comparato che detiene il

paese d’origine.

Come abbiamo visto nel secondo capitolo, l’apertura agli investimenti

esteri decisa dal governo cinese all’inizio degli anni novanta ha avuto

risultati tanto spettacolari, dovuti in primo luogo al basso costo della

manodopera (basti pensare in tal senso che ancora nel 2007 un lavoratore

cinese guadagnava tra il 5 e il 20 per cento di un pari grado statunitense o

europeo a seconda del settore e del livello22), da avere portato la Cina ad

essere considerata l’officina del mondo. Sebbene le attività localizzate in

Cina siano quelle che incidono di meno in termini di creazione del valore, la

150

Page 151: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

frammentazione internazionale della produzione ha fatto sì che la

Repubblica Popolare divenisse uno degli snodi fondamentali nelle reti di

produzione internazionali, non solo in virtù degli stabilimenti produttivi di

imprese a partecipazione straniera ma anche grazie alla nascita di rilevanti

catene locali di fornitura e subfornitura. Questi sistemi locali di produzione,

inizialmente nati al mero servizio delle grandi imprese multinazionali, nel

tempo hanno accresciuto le proprie capacità competitive ed hanno

sviluppato capacità produttive tali da ritagliarsi quote di mercato

indipendenti dalla collaborazione con i loro committenti23.

La frammentazione internazionale della produzione ha dunque

rappresentato un fattore decisivo nel consentire alle imprese cinesi di

accedere ai mercati globali e poter così entrare in contatto diretto con

tecnologie e conoscenze provenienti dall’estero, tuttavia, di per sé, non dice

molto su come ciò abbia facilitato lo sviluppo di una specifica capacità

innovativa endogena, se non viene presa in considerazione una

caratteristica fondamentale che ha accompagnato questo fenomeno: la

modularizzazione della produzione. Per capire cosa si intende per

produzione modulare dobbiamo tornare per un momento all’idea di

Henderson e Clark di guardare al prodotto come ad un sistema di diverse

componenti, con funzioni specifiche ed indipendenti, inserite in un’unica

architettura. La produzione modulare è un metodo che consente di

organizzare in modo efficiente la produzione delle singole componenti,

definiti moduli, a patto che l’architettura di un determinato prodotto sia

sufficientemente standardizzata. Ciascun impresa può specializzarsi infatti

nella produzione del singolo modulo su cui ha competenze e margini di

profitto più alti, abbassando così i costi di coordinamento e accelerando

anche il passo dell’innovazione (modulare). Il miglior esempio del passaggio

alla produzione modulare è sicuramente quello dell’industria dei PC. Fino

alla metà degli anni ottanta la produzione di personal computer era

22 Cfr. Sirkin, Hemerling e Bhattacharya (2007). 23 Cfr. Amighini e Chiarlone (2007), p.95.

151

Page 152: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

caratterizzata da una profonda integrazione verticale: aziende come IBM,

Fujitsu e Nec realizzavano internamente chip, memorie, sistemi operativi e

programmi. Tra la fine della decade e l’inizio degli anni novanta, dal

momento che si era affermata un’architettura del prodotto relativamente

standardizzata, la competizione si è spostata sulla produzione dei singoli

moduli: Motorola ed Intel concorrevano per la leadership nei processori,

Sharp e NEC nel campo dei monitor e delle tecnologie video, Microsoft si è

imposta nel software24. Negli ultimi due decenni questo fenomeno è andato

allargandosi a molti altri settori quali ad esempio quello dell’automotive e

dell’elettronica di consumo.

Come si è visto nel caso dell’iPod citato nel secondo capitolo, nella

produzione modulare la gran parte del valore del bene finale risiede nella

progettazione e nella produzione dei singoli moduli. L’assemblaggio si

configura invece dunque come un’operazione a scarso valore aggiunto e

intensiva in lavoro che, nell’ottica della frammentazione internazionale

della produzione, va localizzata in aree dove vi sia abbondanza di

manodopera a basso costo. Per tale ragione le filiere industriali nate in Cina

nel corso degli anni novanta hanno, in primo luogo, svolto compiti di

assemblaggio di moduli standardizzati provenienti dall’estero o, al più,

prodotto le componenti più semplici. Nonostante possa sembrare un’idea

contraria al senso comune, il fatto che le attività a più basso valore aggiunto

si siano concentrate in Cina ha delle implicazioni importanti per la capacità

delle imprese cinesi di realizzare innovazione. La modularizzazione

garantisce infatti alle imprese locali la disponibilità sul proprio mercato di

tutte componenti tecnologiche necessarie alla realizzazione del prodotto

finito, altrimenti inaccessibili ad aziende dotate di risorse e di un potenziale

tecnologico limitato come quelle cinesi. Per le aziende più dinamiche ed in

grado di riconoscere le esigenze dei consumatori locali non soddisfatte dai

prodotti delle multinazionali, ciò rappresenta un’opportunità di creare e

24 Per un’analisi approfondita del passaggio alla produzione modulare nella produzione di PC si vedano ad esempio Kodama (2004) e Sturgeon (2002).

152

Page 153: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

guadagnare quote di mercato attraverso l’innovazione appropriata,

architetturale nel senso che ripensa l’interazione di moduli standardizzati,

disruptive poiché indirizzata a consumatori per i quali le prestazioni ed i

costi dei prodotti esistenti sono troppo alti. Uno degli esempi migliori di

come la produzione modulare abbia dato alle imprese cinesi l’opportunità di

innovare e guadagnare un’importante fetta del mercato locale a danno dei

concorrenti stranieri è sicuramente quello della produzione di telefoni

cellulari.

2.1.1 Il caso dell’’industria dei telefoni cellulari in Cina. Prima fase 1998-

2003.

Come abbiam visto nel secondo capitolo ( figura 2.17) il mercato dei

cellulari in Cina ha cominciato ad esplodere a partire dal 1997. Alla fine del

2003 la Repubblica Popolare Cinese, sebbene solo circa il 20 per cento dei

cinesi possedesse un apparecchio, contava già sul proprio territorio

nazionale più telefoni cellulari di qualunque altro paese al mondo (270

milioni). Nei primi anni di tale espansione il mercato era dominato dai

prodotti delle multinazionali dei paesi avanzati: nel 1999 le imprese a

partecipazione straniera detenevano una quota di mercato complessiva del

92,2 per cento25, con un netto dominio di Motorola, Nokia ed Ericsson,

seguite da Siemens, Alcatel e Philips. A partire dal 2000 la situazione ha

cominciato a mutare considerevolmente. Se fino alla fine degli anni novanta

la produzione dei cellulari era infatti rimasta caratterizzata da un’elevata

integrazione verticale, con il nuovo millennio, sia l’architettura che la

tecnologia alla base delle singole componenti sono andate maturando e

standardizzandosi, rendendo profittevole passare alla produzione modulare.

L’interazione tra i diversi moduli (antenne, circuiti per la ricezione delle

frequenze radio, software batterie, tastiera, schermo) era ora dunque

regolata da una serie di standard codificati e disponibili per tutti. Dalla fine

degli anni novanta molte imprese, soprattutto provenienti da Giappone,

153

Page 154: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

Taiwan e Corea del Sud, si sono specializzate nella realizzazione dei singoli

moduli ed hanno localizzato i loro stabilimenti in Cina, permettendo dunque

alle imprese cinesi di poter ottenere moduli standardizzati molto facilmente.

Alcune imprese, come la francese Wavecom o la coreana Bellwave, hanno

addirittura cominciato a commerciare WISMO modules26, moduli già dotati

di tutto l'hardware, il software e la tecnologia necessaria per permettere le

comunicazioni wireless attraverso le reti GSM e CDMA, progettati per

permettere a qualsiasi apparecchiatura o sistema, di comunicare senza un

collegamento fisso. Ciò ha consegnato alle imprese locali, intenzionate ad

entrare sul mercato, la possibilità di creare un nuovo prodotto

semplicemente selezionando e mixando i diversi moduli disponibili. Le

risposte non si sono fatte attendere. Sin dal 2001 aziende come Haier Group,

Ningbo Bird e TCL Corporation sono entrate sul mercato sfruttando i

WISMO modules per la parte tecnica e concentrando le proprie limitate

risorse destinate alle R&S sul design esterno degli apparecchi. Oltre che

sull’accesso facilitato alla tecnologia le imprese locali potevano contare su

altri due tipi di vantaggi. In primo luogo le multinazionali detenevano sì il

92 per cento del mercato nel 1999, ma a tale data la percentuale di cinesi

che disponeva di un cellulare era inferiore al 3,5 per cento della popolazione.

Le imprese incumbents si erano preoccupate di servire soprattutto le aree

municipali più importanti e più ricche, quali Pechino, Shanghai, Tianjin,

Xian, Wuhan, Chengdu e Shenzen. Tuttavia in queste aree, alla fine del

1999, il livello di penetrazione dei telefoni cellulari era già al di là del 50

per cento27 della popolazione locale, un’ulteriore crescita, benché indubbia,

sarebbe stata certamente più lenta. In altre province, Hunan, Henan,

Shandong, Yunan, Jangsu e tutte le privince dell’ovest la penetrazione era

estremamente più bassa ma le multinazionali straniere, anche volendo, non

erano in grado di servire queste aree poiché la rete distributiva a cui si

25 Liu (2005), p. 18. 26 Per avere un’idea più chiara della natura di tali moduli è possibile consultare il sito di Wavecom: wwww.wavecom.com 27 Xie e White (2005), p. 22.

154

Page 155: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

erano affidati non copriva direttamente tali zone, ma le subappaltava ad

altri distributori che erano però scarsamente incentivati, dal punto di vista

del compenso, a coprirle in modo efficace. Le imprese locali erano invece

dotate di una struttura distributiva diretta che gli consentiva di raggiungere

in maniera incisiva anche le province rurali e periferiche, trascurate dalle

multinazionali. In secondo luogo quasi tutti i competitor stranieri, con in

testa i leader di mercato Nokia e Motorola, avevano adottato la strategia

one size fits all, proponendo sul mercato cinese gli stessi modelli che

avevano venduto bene nei paesi industrializzati28. Anche se potevano

funzionare per la fascia alta del mercato cinese, questi apparecchi non

rispondevano alle esigenze della maggioranza dei consumatori locali per via

in primo luogo dei prezzi elevati ed in secondo proprio del design esteriore

che mancava di accontentare i gusti del mercato locale, sia per forma che

per colore. In particolar modo le multinazionali non si erano accorte di una

spiccata preferenza da parte della popolazione cinese per i modelli a

conchiglia (clamshell)29 e, fatta eccezione per Siemens, non avevano

commercializzato neanche un modello con tale design esterno.

Le imprese locali avevano dunque a loro disposizione i moduli con cui

creare facilmente nuovi prodotti, i mercati trascurati a cui indirizzarli

sbloccando la domanda latente, la conoscenza dei gusti dei consumatori

cinesi e la capacità di accontentarli visto che le uniche spese in R&S erano

state destinate alla elaborazione di nuovi design. Tra il 2001 ed il 2003

Ningbo Bird, Haier, TCL, Konka e Amoi hanno messo in commercio circa

venti nuovi modelli per ciascuno ogni anno, la maggior parte dei quali con

design a conchiglia (altri con design innovativi come l’Haier P5, a forma di

penna e dotato di un puntatore laser) a prezzi che andavano tra il 30 ed 50

per cento in meno rispetto a quelli degli apparecchi dei competitor stranieri.

Nel 2000 la quota di mercato dei gruppi locali era di poco superiore all’otto

28 Cfr. Xie e White (2005). 29 Nel 2005 oltre l’ottanta per cento dei modelli di cellulari in Cina avevano questo tipo di design (Liu 2005).

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Page 156: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

per cento, alla fine del 2003 ha raggiunto il 55 per cento30. In quello stesso

anno i cinesi che possedevano un cellulare erano poco più di 85 milioni, nel

2003 sono arrivati a più di 270 milioni. Risulta quindi evidente come le

imprese locali abbiano svolto un ruolo molto importante nella prima

diffusione della tecnologia cellulare alle masse e come la possibilità di

portare alta tecnologia ad un costo più basso possa rappresentare

un’opportunità importantissima per le imprese cinesi, oltre che un beneficio

e una possibilità di sviluppo per l’intero paese. Sebbene, come vedremo in

conclusione di questo capitolo, a partire dal 2005 le caratteristiche del

mercato dei cellulari siano nuovamente cambiate e le imprese dominanti a

livello globale siano riuscite a riguadagnare la leadership anche sul mercato

cinese, è chiaro come la modularizzazione della produzione fornisca alle

imprese cinesi la chiave d’accesso al mercato, sia locale che globale, e gli dia

la possibilità di avvantaggiarsi della propria conoscenza delle esigenze dei

consumatori locali realizzando innovazioni appropriate.

2.2 Trading market for Technology: le dimensioni contano

Anche nei settori in cui la modularizzazione della produzione procede

più lentamente o in cui la tecnologia alla base di un prodotto è meno

matura, più tacita o maggiormente protetta tramite brevetto, le imprese

cinesi possono beneficiare di un’opportunità unica per l’utilizzo e

l’assorbimento di tecnologie straniere: il cosiddetto trading market for

technology 31. Questa strategia, fortemente incentivata dal governo nel

corso degli anni novanta, sfrutta la leva della domanda proveniente da un

mercato di dimensioni potenzialmente enormi, per incentivare le

multinazionali straniere a condividere conoscenze e tecnologie con imprese

locali o attraverso Joint Venture (JV) o tramite la cessione di licenze. Un

esempio molto esaustivo in questo senso è quello del Progetto Tre Gole32

30 Cfr. Williamson e Zeng (2007), p.49. 31 Cfr. Mu e Lee (2005) e Liu (2009) 32 Cfr. Williamson e Zeng (2007), p. 144.

156

Page 157: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

(China Three Gorges Project- CTGP33 ). Il CTGP prevedeva la costruzione

della centrale per la produzione di energia idroelettrica più grande al

mondo, attraverso la costruzione di una diga sul fiume Azzurro (Yangtze).

La realizzazione della diga è stata effettivamente ultimata nel 2006 e la

centrale funziona a pieno regime dal 2008. Il progetto richiedeva delle

turbine idroelettriche in grado di generare 700 megawatt per unità,

macchine di enormi dimensioni, complessità e potenza. Alla partenza del

CTGP, alla metà degli anni ‘90, solo un manipolo di grandi imprese al

mondo (tra cui General Electric, Siemens e Mitsubishi) erano in grado di

produrre ed installare questo tipo di turbine e anch’esse avevano venduto

solo ventuno macchine di queste dimensioni complessivamente a livello

globale. Le barriere all’ingresso in tale mercato apparivano oggettivamente

insormontabili per le imprese locali. Il governo cinese lanciò allora una gara

d’appalto per la produzione e il montaggio delle turbine in cui erano state

fissate alcune condizioni. In primo luogo la gara poteva essere vinta solo da

un consorzio guidato sì da un’impresa straniera ma a cui dovevan

partecipare anche aziende locali. In secondo luogo la multinazionale

vittoriosa avrebbe dovuto trasferire effettivamente la propria tecnologia

proprietaria ed il know-how necessario al suo utilizzo ai suoi partner cinesi.

In un contesto normale qualunque azienda avrebbe semplicemente rifiutato

di partecipare ad una gara d’appalto con condizioni così stringenti e

pericolose dal punto di vista della competitività futura. Tuttavia la proposta

cinese non era di quelle che si possono rifiutare facilmente poiché il

contratto prevedeva la produzione di quattordici turbine, vale a dire due

terzi del numero totale di quel tipo di turbine installate a livello globale fino

a quel momento. Le partecipazioni non mancarono e a vincere fu un

consorzio formato da General Electric (GE Hydro e GE International Inc.),

Siemens AG e Voith. Le cinesi Harbin Electrical Machine Factory Co. e

Dongfang Electrical Machinery34 furono scelte come partner locali del

33 Sito internet ufficiale del CTGP: www.ctpg.com.cn/en 34 Cfr. China Daily (2009).

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Page 158: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

consorzio. Quando nel 2005 è stata inaugurata la seconda fase del Progetto

Tre Gole è stata lanciata una nuova gara d’appalto per la produzione di

altre turbine da 700 megawatt, le due imprese cinesi sono state scelte per

produrne otto su dodici. Sono state infatti in grado di assorbire tanto in

fretta tecnologia e know-how da riuscire ad offrire un prodotto valido ad un

costo più basso rispetto a quello della concorrenza estera. Vantaggio di costo

detenuto, non solo sul mercato locale, ma anche all’estero, come dimostra il

fatto che nel 2006 un consorzio costituito esclusivamente da imprese cinesi,

tra cui ovviamente Harbin e Dongfang, è riuscito a battere la concorrenza

delle multinazionali occidentali per la costruzione di una centrale elettrica

da otto miliardi di dollari in Indonesia35.

Questo esempio, sebbene non testimoni direttamente la capacità di

innovare delle imprese locali, è indicativo di come anche in settori in cui

apparentemente la diffusione della tecnologia dovrebbe risultare più

difficile, le dimensioni del mercato cinese, unite talvolta all’azione del

governo, possono costituire un ottimo canale per accedere a conoscenze che

consentano di competere con le imprese straniere.

2.3 Innovazione appropriata e basso costo della manodopera.

Il basso costo del lavoro viene spesso individuato come l’unico

vantaggio competitivo detenuto dalle imprese cinesi nei confronti delle

multinazionali straniere. La competizione basata sullo sfruttamento di tale

vantaggio viene solitamente percepita un po’ come all’opposto di quella

realizzata attraverso l’innovazione, poiché sarebbe basata su imitazioni di

scarsa qualità che risulterebbero concorrenziali solo in ragione del loro

prezzo contenuto, risultato dello sfruttamento di forza lavoro a basso costo.

Se da un lato quest’idea è una rappresentazione abbastanza fedele di un

certo tipo di realtà, in particolar modo in alcuni settori (tessile,

abbigliamento, giocattoli), dall’altro manca di cogliere come anche questo

vantaggio possa costituire uno stimolo ad utilizzare l’innovazione come

35 Cfr. China Daily (2007).

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Page 159: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

strategia concorrenziale. Risulta evidente infatti come lo sfruttamento di

manodopera a basso costo non costituisca una prerogativa esclusiva delle

imprese locali ma come rappresenti un beneficio fruibile anche dalle

multinazionali estere che delocalizzano la propria produzione sul territorio

della Repubblica Popolare. Secondo Peter Williamson e Ming Zeng36 la

competitività delle imprese cinesi, non potendo risiedere nella semplice

possibilità di utilizzare manodopera a basso costo per abbassare i costi di

produzione, deriverebbe invece dalla loro capacità di adoperare questo

vantaggio da costo in maniera “più piena” rispetto alle imprese straniere,

Le imprese cinesi sarebbero in grado di sfruttarlo non solo nella produzione

ma in ogni fase dello sviluppo di un prodotto e della gestione dell’impresa,

realizzando quella che definiscono come innovazione di costo37 .

Il modo migliore per capire come l’abbondanza di manodopera a basso

costo possa essere utilizzata come fonte d’innovazione è sicuramente fare

riferimento a casi concreti. Tuttavia prima di prendere in esame l’esempio

fornito dall’impresa cinese BYD (batterie) è opportuno cercare di

quantificare, almeno in via approssimativa, questo vantaggio da costo e di

comprendere a quali categorie di lavoro sia applicabile.

Un operaio non specializzato in Cina guadagna circa 1 dollaro l’ora e

lavora in media dalle dieci alle dodici ore al giorno. Un pari livello negli

Stati Uniti può guadagnare fino a 25 dollari l’ora e lavora in media per sette

ore al giorno. Anche tenendo conto della potenziale differenza in termini di

produttività tra un lavoratore cinese ed uno statunitense, la disparità è tale

da non necessitare commenti. Un tema spesso discusso riguarda invece le

possibilità di persistenza di questo gap, dal momento che alcuni osservatori

ritengono che nelle economie in rapido sviluppo (Cina, Brasile, India) il

divario nel costo del lavoro con i paesi ricchi andrà presto assottigliandosi,

riducendo i vantaggi delle imprese locali e gli incentivi per le multinazionali

a localizzare la produzione in questi paesi. Una conferma a questa ipotesi

36 Cfr Williamson e Zeng (2007). 37 Cfr. Williamson e Zeng (2009).

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sembra venire dal fatto che oggi un numero crescente di imprese originarie

dalle economie in rapido sviluppo comincino a loro volta a spostare la

produzione in paesi caratterizzati da un costo della manodopera ancora più

basso. Tuttavia è opinione diffusa che, per lo meno per quel che concerne la

Repubblica Popolare Cinese, tale divario sia destinato a perdurare almeno

per i prossimi vent’anni38. Uno dei vantaggi di cui dispongono i paesi che

avviino un processo di sviluppo tardivo è infatti rappresentato dalla

possibilità di spostare forza lavoro da settori tradizionali come l’agricoltura,

caratterizzata da una forte sottoccupazione o disoccupazione nascosta39, a

settori a più alta produttività come quello industriale, senza costringere gli

imprenditori ad “aumentare i salari unitari per procurasi forza lavoro

addizionale come avverrebbe in un normale mercato del lavoro in cui

l’offerta di lavoro è semirigida” 40 (modello di Lewis). Un’elevata percentuale

di popolazione attiva impiegata nel settore agricolo rappresenta dunque un

serbatoio di manodopera che può essere trasferita al settore industriale

senza alzare il costo del lavoro. Nonostante dagli anni ottanta ad oggi oltre

150 milioni di persone si siano trasferite dalle aree rurali della Repubblica

Popolare alle città e alle province orientali in cerca di un lavoro nei settori

secondario e terziario, il bacino di forza lavoro sottoccupata impegnata nelle

campagne è ancora molto ampio: la percentuale di popolazione attiva che

lavora nel settore agricolo supera il 40 per cento del totale ma contribuisce

solo alla creazione dell 11 per cento del valore del PIL cinese41. Queste cifre

non consentono di immaginare elevati tassi di crescita del salario medio nel

prossimo futuro ed è dunque molto probabile che le imprese locali potranno

contare a lungo su manodopera a basso costo.

Ancora più importante per la competitività delle imprese cinesi a

livello globale è la disponibilità di manodopera qualificata a basso costo.

Anche se il differenziale nei salari medi con i paesi industrializzati è più

38 Cfr. Sirkin, Hemerling e Bhattacharya (2008), p.60. 39 Cfr. Nurkse (1953). 40 Cfr. Valli (2005) p.126, a proposito di Lewis (1954). 41 Cfr. NBS (2008).

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Page 161: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

basso rispetto a quello della manodopera non specializzata, il gap rimane

comunque consistente. Basti pensare al fatto che nel 2008 lo stipendio

annuale di un Project Manager, negli Stati Uniti, era di circa 90.000 dollari,

mentre in Cina la media era invece di circa 23.000 dollari. O al fatto che con

lo stipendio annuale di un ingegnere statunitense o europeo oggi si possono

arruolare tra i quattro e i cinque ingegneri cinesi42. Sebbene, come si è visto

nel secondo capitolo, non solo il salario ma anche il numero di ricercatori e

laureati cinesi in percentuale della popolazione sia tuttora

considerevolmente più basso rispetto a quello dei paesi avanzati, già a

partire dal 2005 la Repubblica Popolare Cinese è divenuta il paese che

produce il maggior numero di laureati all’anno in valore assoluto. Nel 2008

il loro numero ha addirittura superato i sei milioni. Come abbiamo già visto,

la crescente disponibilità di manodopera qualificata ha fatto sì che molte

multinazionali provenienti dai paesi avanzati, alla ricerca di costi più bassi,

abbiano spostato in Cina anche parti importanti delle attività di Ricerca e

Sviluppo. Tuttavia quello che ci preme mettere in evidenza è come ciò abbia

consentito alle imprese cinesi di avere al loro interno sin dalle prime fasi di

sviluppo una percentuale di manodopera altamente qualificata, da dedicare

ad attività di R&S, decisamente elevata per essere imprese provenienti da

paesi emergenti. Esempio emblematico è quello della ZTE Corporation,

impresa originaria di Shenzen specializzata nella fornitura di infrastrutture

per rete mobile. ZTE, dall’alto del suo 12 per cento di ricavi investiti in R&S,

è giustamente considerata come una delle aziende leader nel campo

dell’innovazione in Cina. L’8 per cento dei ricavi investiti in R&S da una

multinazionale come Motorola nel 2007 era però superiore ai ricavi totali di

ZTE per quello stesso anno43. Tuttavia, poiché “lo stesso milione di dollari

compra molte più ore di ricerca in Cina di quanto non riesca a fare negli

Stati Uniti, in Europa o in Giappone”44, ZTE impiega poco più di 30.000

42 Cfr. Williamson e Zeng (2009) e Sirkin, Hemerling e Bhattacharya (2008), p.5. 43 Cfr. Sirkin, Hemerling e Bhattacharya (2008), p.197. 44 Cfr. BCG (2008a), P.16.

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dipendenti ma oltre un terzo di essi è costituito da ingegneri con un’età

media di 30 anni45 ed oltre il 50 per cento della forza lavoro totale possiede

almeno una laurea di livello bachelor46. Caso analogo è quello della Huawei

Technologies, diretta concorrente di ZTE. Tale impresa ha alle proprie

dipendenze circa 87.000 dipendenti ed investe circa il 10 per cento dei propri

ricavi in R&S. L’investimento in valore assoluto è meno della metà di quello

profuso da un gruppo come Nokia, tuttavia Huawei riesce ad impiegare un

numero di ingegneri che si aggira intorno ai 30.000, quasi comparabile con i

37.000 addetti alla R&S della multinazionale finlandese.

Anche nel caso della forza lavoro qualificata, in Cina i livelli di

retribuzione difficilmente avranno un rialzo nel breve periodo. La

contrazione dell’economia mondiale del biennio 2008-2009 ha infatti

evidenziato un fenomeno già emerso in modo meno marcato a partire dal

200647: la crescente disoccupazione tra i laureati cinesi. Sin dall’inizio del

nuovo millennio la Cina ha cominciato a produrre più forza lavoro

qualificata di quanto il suo sistema economico potesse effettivamente

assorbire. Nel momento in cui le offerte di lavoro sono andate ulteriormente

riducendosi a causa della crisi economica ed in particolare del calo

dell’export, il fenomeno ha raggiunto il suo apice: il 30 per cento dei sei

milioni di laureati che hanno concluso il proprio ciclo di studi nel 2009 non

ha trovato lavoro entro la fine dell’anno e si è andato ad aggiungere al

milione e mezzo di laureati nel 200848, che oggi risulta ancora disoccupato.

Il basso costo sia della manodopera qualificata che non qualificata,

nonostante coinvolga delle problematiche di carattere sociale di cui il

governo cinese dovrà presto o tardi occuparsi, costituisce una buona

opportunità per l’imprenditoria cinese poiché rende l’intero processo di avvio

e gestione dell’impresa molto più conveniente che nei paesi avanzati.

Richard Lim, responsabile di un’azienda che si occupa di Venture Capital

45 Cfr. Sirkin, Hemerling e Bhattacharya (2008), p.59. 46 Cfr. Fan (2006). 47 Cfr. Repubblica (2006). 48 Cfr. China Real Time Report (2009).

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(GSR Ventures) sottolinea come per mettere in piedi un’azienda da 100

dipendenti negli Stati Uniti possano servire anche 20 milioni di dollari

l’anno, ma ad avviare una start up delle medesime dimensioni in Cina

bastino non più di 2,5 milioni. Ciò consente alle imprese cinesi di ottenere

profitti molto velocemente49.

2.3.1Il caso BYD Company

La BYD Company, fondata nel 1995 a Shenzen da Wang Chuanfu, è

un’impresa specializzata nella produzione di batterie ricaricabili. La BYD è

cresciuta rapidamente e a partire dal 2002, dopo l’acquisizione della

Tsinchuan Automobile Company, ha cominiciato a dedicarsi anche alla

produzione di autoveicoli ed in particolar modo di automobili elettriche ed

ibride. Il suo successo iniziale è pero dovuto alle batterie per telefoni

cellulari ed alla capacità del suo fondatore di sfruttare il basso costo del

fattore lavoro in modo innovativo.

All’inizio degli anni novanta avevano fatto la loro comparsa in Cina i

primi telefoni cellulari. L’ingegnere Wang Chuanfu, allora professore

associato in un istituto di ricerca ministeriale specializzato in batterie

ricaricabili, capì sin dal principio che, a meno che il prezzo dei cellulari non

fosse calato drasticamente, difficilmente un cittadino cinese avrebbe potuto

permettersi di possedere un tale apparecchio. Secondo Wang il fattore che

contribuiva maggiormente ad alzare i prezzi era costituito proprio dalle

batterie ricaricabili, il cui costo unitario, a metà degli anni novanta, si

aggirava intorno ai 150 dollari. A Wang non sembrava però possibile che

fosse così difficile produrre batterie in modo più economico. All’epoca il

mercato delle batterie ricaricabili agli ioni di litio (Li-Ion) era dominato da

imprese giapponesi: Sanyo, Toshiba, Matsuhita e Sony detenevano

complessivamente una quota pari al 90 per cento del mercato mondiale. La

prima idea di Wang fu semplicemente quella di andare in Giappone ed

acquistare la tecnologia necessaria per la produzione di batterie al litio e poi

49 Cfr. Business Week (2007).

163

Page 164: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

di tagliare i costi grazie alla manodopera a basso costo e a materiali più

economici. Tale possibilità era però bloccata da una legge giapponese che

vietava l’esportazione della tecnologia e delle attrezzature necessarie alla

produzione di batterie ricaricabili al litio. Alcune multinazionali nipponiche,

visto il passaggio alla produzione di batterie al Li-Ion, avevano però

cominciato a vendere alcune linee produttive per la realizzazione di batterie

al nichel-cadmio (NiCad), ritenute obsolete. Wang decise allora di lasciare

perdere momentaneamente la produzione di batterie agli ioni di litio e di

concentrarsi sulle batterie al nichel che disponevano ancora di un mercato di

sbocco piuttosto vasto nell’industria dei giocattoli e dei telefoni cordless.

Nonostante la disponibilità sul mercato delle tecnologie e delle attrezzature

necessarie, gli ostacoli che separavano la BYD dalla fase della produzione

non erano ancora terminati. Il prezzo dell’acquisto e dell’installazione di una

linea produttiva dai giapponesi eccedeva infatti il capitale a disposizione di

Wang di oltre 700.000 dollari. In un primo momento Wang Chengfu pensò di

progettare e realizzare autonomamente alcuni dei macchinari che

componevano la linea produttiva, ma anche in tal modo i costi sarebbero

rimasti troppo alti. Elaborò così una soluzione migliore: dal momento che la

produzione di batterie non prevedeva operazioni tecnologicamente troppo

sofisticate, non vi era ragione per cui degli esseri umani non potessero

svolgere lo stesso compito dei robot, con risultati qualitativamente

comparabili. Wang quindi riprogettò completamente la linea di produzione,

sostituendo le persone alle macchine in ogni punto della linea dove fosse

possibile. La BYD riuscì a dotarsi così di una linea di produzione con una

capacità da 4000 batterie NiCad al giorno, costata circa 125.000 dollari

contro il milione di dollari che sarebbe costata una linea automatizzata con

la stessa capacità, comprata dalle imprese giapponesi. Nel 1996 BYD

sviluppò una nuova linea di produzione da 100.000 batterie al giorno grazie

alla quale, anche calcolando i costi extra derivanti dal lavoro (necessitava di

2000 operai), riusciva a produrre batterie NiCad al costo unitario di circa 1

dollaro. A Sanyo, leader di mercato in quel periodo anche per le batterie

164

Page 165: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

NiCad, ciascuna batteria costava invece tra i 5 ed i 6 dollari. Ma il costo non

era l’unico, né forse il maggiore, dei vantaggi derivanti dall’utilizzare una

linea di produzione estremamente intensiva in lavoro. Wang non si era

limitato ad utilizzare lavoro invece che capitale per abbassare i costi ma

aveva ripensato l’architettura stessa della produzione, creando un tipo di

fabbrica completamente differente che consentiva alla BYD di essere

estremamente più flessibile e veloce nella fornitura di nuovi prodotti

rispetto alla concorrenza. Le linee produttive della BYD, dal momento che

non necessitavano di riprogrammare o riprogettare macchinari ma solo

dell’approvvigionamente dei nuovi materiali e della formazione del

personale, erano infatti in grado di passare alla realizzazione di un nuovo

prodotto in tempi brevissimi, meno di un mese contro i tre necessari per

riattrezzare una linea automatizzata, e con costi enormemente più bassi.

Nel 1997 le vendite di batterie NiCad della BYD sono aumentate del 90 per

cento e l’anno successivo la BYD ha cominciato a fornire questo tipo di

batterie anche ad imprese giapponesi come la Nikko (giocattoli), Panasonic e

Sony (per telefoni cordless).

La BYD non si è limitata a sfruttare il vantaggio da costo sulla

manodopera non qualificata ma, non avendo abbandonato il desiderio di

entrare sul mercato delle batterie agli ioni di litio per i cellulari, ha

cominiciato ad investire in maniera decisa in Ricerca e Sviluppo. Per

riuscire a produrre le batterie al litio si erano rese necessarie tecnologie e

attrezzature più complesse rispetto a quelle utilizzate per le batterie NiCad,

ed era dunque indispensabile trovare idee innovative tese a ridurre i costi.

Due erano i principali obiettivi che la divisione R&S della BYD doveva

perseguire: sostituire le materie prime più costose impiegate nella

produzione di celle agli ioni di litio con materiali alternativi più economici e

permettere la produzione a temperatura e umidità ambiente, rendendo

inutile la costruzione di costosi locali deumidificati all’interno degli

impianti. Sebbene l’investimento in R&S non superasse l’1,5% dei ricavi, il

basso costo della manodopera qualificata cinese ha consentito alla BYD di

165

Page 166: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

impiegare sin dal 1999 un numero di ingegneri in R&S comparabile a quello

della leader di mercato Sanyo. Tale abbondanza ha permesso all’azienda di

concretizzare i due obiettivi di ricerca che si era preposta e, sfruttando

sempre anche linee di produzione fortemente intensive in lavoro, di

realizzare batterie al litio ad un costo poco superiore ad un quarto (12

dollari anziché 40) di quello dei concorrenti ed in particolare di Sanyo. Già

nel 2000 BYD forniva batterie al 30 per cento dei cellulari Motorola, a cui

sono seguiti contratti con Ericsonn nel 2001 e Nokia nel 2002.

Abbassandone drasticamente i costi BYD ha fatto anche sì che le batterie al

litio sostituissero progressivamente quelle NiCad anche su prodotti come

giocattoli e telefoni cordless. Il successo della strategia della BYD è visibile

nelle quote di mercato conquistate: nel 2007 deteneva il 75 per cento del

mecato delle batterie per telefoni cordless, il 38 per cento in quello dei

giocattoli ed il 30 per cento in quello degli attrezzi elettrici, rappresentando

l’azienda leader a livello mondiale in tutti e tre i settori.

L’innovazione appropriata applicata al processo produttivo, ideata

dal fondatore Wang Chuanfu, ha fatto sì che la BYD sfruttasse il vantaggio

da costo, detenuto sia su manodopera qualificata che su forza lavoro non

specializzata, in modo più pieno e profondo di quanto le imprese straniere

avrebbero mai potuto fare anche delocalizzando la produzione. Quella che

era un’iniziale costrizione, la mancanza del capitale necessario ad acquisire

una linea produttiva automatizzata, ha costretto la BYD a introdurre delle

novità che le consentissero di tirare fuori il massimo da ciascuna fase della

catena del valore, a introdurre quella che Zeng e Williamson hanno definito

innovazione di costo. Tali novità, introdotte in principio esclusivamente per

riuscire a sopravvivere, hanno costituito il vantaggio competitivo

fondamentale nei confronti degli incumbents.

2.4 Opportunità offerte dalla conoscenza del mercato locale.

Un altro fattore decisivo nel consentire alle imprese cinesi di

sopravvivere prima e competere poi, con le multinazionali straniere

166

Page 167: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

attraverso l’innovazione appropriata è rappresentato dalla conoscenza delle

peculiarità del mercato locale. Se da un lato l’accesso facilitato alla

tecnologia costituisce la condizione necessaria allo sviluppo di una capacità

innovativa endogena, dall’altro le caratteristiche che distinguono il mercato

cinese da quello dei paesi avanzati danno alle imprese locali l’opportunità di

metterla in pratica. Sebbene abbiano potuto contare su risorse, sia

tecnologiche che finanziarie, molto più importanti rispetto alla maggior

parte delle imprese locali, le multinazionali straniere hanno infatti spesso

mancato di cogliere le occasioni fornite dalle dimensioni del mercato cinese

per due ordini di ragioni. Da una parte hanno preferito non avventurarsi in

mercati complessi che non garantissero margini di profitto comparabili a

quelli realizzati sui mercati avanzati. Hanno in questo caso scelto di servire

solo i consumatori ad alto reddito che popolano le grandi città delle zone

costiere, proponendo le stesse strategie tecnologiche e competitive basate

sulle sustaining innovations, adottate negli home market. Dall’altra, anche

quando hanno percepito la distanza tra le caratteristiche dei mercati serviti

abitualmente e quello locale, hanno interpretato l’arretratezza economica e

tecnologica della realtà cinese seguendo l’idea, semplicistica e superata, di

un modello unico e sequenziale di sviluppo. In questo senso il mercato cinese

è stato spesso valutato dalle imprese occidentali in termini di “x anni

indietro rispetto al mercato dei paesi avanzati”50. Entrambi questi approcci

al mercato cinese lasciano campo aperto all’attività delle imprese locali per

una ragione piuttosto semplice: il mercato della Repubblica Popolare Cinese

non assomiglia e, con tutta probabilità, non assomiglierà mai a nessun altro

mercato al mondo, tanto meno a quello dei paesi avanzati. Come abbiamo

potuto in parte già notare nel secondo capitolo, la Cina è un paese ricco di

contraddizioni e peculiarità: vi sono ancora oltre 300 milioni di persone che

vivono con meno di un dollaro al giorno, oltre 700 milioni che risiedono in

aree rurali, ma nello stesso tempo è il paese con il maggior numero di utenti

internet al mondo ed il maggior numero di cellulari. E’ dunque per molti

50 Cfr. BCG(2008c), p. 13.

167

Page 168: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

aspetti un paese in via di sviluppo ma nello stesso tempo è il più grande

mercato a livello globale per le più recenti tecnologie. Le imprese che

intendono sopravvivere e emergere in questo contesto devono, non solo

comprendere la natura di queste contraddizioni, ma essere in grado di

cavalcarle, trasformando le apparenti costrizioni che hanno fatto da ostacolo

all’avanzata delle multinazionali occidentali in opportunità di business da

concretizzare attraverso l’innovazione appropriata.

Le imprese locali che sono andate affermandosi nel corso degli ultimi

dieci o quindici anni hanno dunque in molti casi costruito il loro successo sul

gap intercorrente tra i prodotti offerti dai grandi gruppi esteri e le esigenze

specifiche del mercato, o quantomeno di alcuni segmenti. Scendendo più nel

particolare possiamo riconoscere due cause principali all’origine di tale gap.

La prima potrebbe essere definita come macro-differenza e concerne la

distanza del mercato cinese nel suo complesso, anche considerandolo come

tutt’uno omogeneo, dal resto del mondo. La seconda riguarda invece le

differenze esistenti all’interno dello stesso mercato cinese che, nella realtà

dei fatti, è tutt’altro che assimilabile ad un insieme coeso di 1,3 miliardi di

consumatori con caratteristiche affini, ma presenta profonde segmentazioni

soprattutto dal punto di vista del reddito.

2.4.1 Macro-differenze

Anche nel caso in cui le multinazionali provenienti dai paesi

industrializzati indirizzino la propria offerta sulla fascia alta del mercato

locale, credendo di servire così consumatori con abitudini e stili di consumo

simili a quelli dei paesi avanzati, non vanno necessariamente incontro a

sicuro successo. Come vedremo nei seguenti studi di caso, vi sono infatti

alcune caratteristiche, sociali, economiche, politiche, regolamentative, che

accomunano l’intero paese, che impediscono alle multinazionali un’effettiva

penetrazione sul mercato locale.

168

Page 169: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

2.4.1.1 Differenze socio-economiche. Il caso Shanda Interactive

Entertainment

Un esempio tipico di come prodotti pensati per i paesi occidentali

possano non funzionare nel contesto cinese, anche qualora siano destinati

alla fascia alta del mercato locale, e di come ciò possa rappresentare una

grande opportunità per le imprese cinesi è quello fornito dall’industria

dell’intrattenimento ed in particolare dai video giochi. Nei primi anni del

nuovo millennio questo settore era infatti fortemente dominato a livello

globale dalle console realizzate da colossi come Sony, Microsoft, Nintendo e

Sega (Playstation 2, XBox, Game Cube, Dreamcast). Nonostante il successo

planetario dei loro prodotti, si calcola che tra il 2000 ed il 2006 siano state

vendute poco meno di 190 milioni di console51 e, benchè in Cina la

popolazione di giocatori sia piuttosto vasta (oltre il 67 per cento della

popolazione cinese che vive in aree urbane accede ad internet almeno una

volta alla settimana per giocare a video game on line52) queste

multinazionali hanno però avuto grandi difficoltà a penetrare sul mercato

cinese, tanto che, alla fine del 2005, il giro d’affari totale del settore delle

console in Cina era di soli 16 milioni di dollari, irrilevante rispetto a quello

mondiale di oltre 2 miliardi. Le ragioni del fallimento sono da ricercare

nell’inadeguatezza di un modello di business che, sebbene si fosse rivelato

vincente nei paesi avanzati, non poteva andare bene per la realtà cinese per

due ordini di ragione. In primo luogo la profittabilità di tale modello non era

basata esclusivamente sulla vendita dell’hardware, cioè delle console, ma

anche, ed in alcuni casi soprattutto, dalla vendita del sofware, ovvero dei

singoli giochi. L’economia cinese dei contenuti digitali (musica, film,

software, giochi ecc.) si contraddistingue però tuttora per una dilagante

pirateria tanto che, ancora prima che Sony e Microsoft sbarcassero

ufficialmente con i loro prodotti nella Repubblica Popolare, sul mercato nero

51 Nello specifico 138 milioni di Playstation2, 25 milioni di Xbox, 21 milioni di Gamecube e 10 milioni di Dreamcast. 52 Cfr. BCG(2008b).

169

Page 170: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

erano già disponibili, per una cifra che andava tra gli 80 centesimi ed 1

dollaro53, versioni contraffatte di centinaia videogame, il cui prezzo di

vendita nei paesi avanzati era compreso tra i 25 ai 50 dollari. Un modello di

business basato in buona parte sui margini di profitto realizzabili sulla

vendita del software semplicemente in Cina non poteva funzionare e questo

ci porta alla seconda ragione del fallimento. La risposta data a questo

problema da una multinazionale come la Sony è stata infatti quella di alzare

il prezzo di vendita dell’hardware rispetto a quello praticato sui mercati

avanzati e di abbassare invece quello del software. Così mentre negli USA

una Playstation 2 veniva venduta a 179 dollari, a Pechino costava 240

dollari (1988 yuan). Giochi che a New York costavano 50 dollari in Cina

venivano però commerciati a 2054. Tuttavia, quando nel 2003 la console è

stata messa in commercio per la prima volta nelle città più importanti delle

province orientali, il reddito medio annuo pro capite a Pechino era di circa

13.880 yuan55. Ciò significa che i 1988 yuan che servivano per l’acquisto

della console rappresentavano circa il 14,3 per cento dell’intero reddito

annuale di un cittadino medio della seconda città più ricca della Repubblica

Popolare (ed il 25 per cento del reddito medio annuo di un lavoratore

urbano, in generale), un po’ come se negli Stati Uniti, in cui il reddito pro

capite nel 2003 era di 37.550 dollari56, una console fosse costata 5.332

dollari. A queste condizioni sono stati ovviamente molto pochi i consumatori

cinesi che hanno deciso di fare questo tipo di acquisto. La differenza di

redditto che intercorre anche tra le aree più ricche della Cina ed i paesi

avanzati è infatti ancora tale da sconsigliare persino alla fascia alta dei

consumatori cinesi l’acquisto di devices che offrano servizi ridondanti.

Computer e telefoni cellulari ad esempio sono beni la cui diffusione nelle

regioni orientali è stata capillare sin dall’inizio del nuovo millennio, che

possono essere utilizzati a vari scopi, tra cui quello dell’intrattenimento. Se

53 Cfr. USA Today ( 2004). 54 Cfr. Digital Trends (2003). 55 Cfr. NBS (2004). 56 Cfr. World Bank (2004).

170

Page 171: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

il consumatore cinese utilizza già il computer per giocare ai videogame,

difficilmente spenderà anche il 14 per cento del proprio reddito annuale per

comprare un prodotto specifico che serva allo stesso scopo.

La mancata comprensione delle peculiarità del consumatore cinese da

parte dei colossi internazionali del videogame ha lasciato campo aperto alle

imprese locali capaci di utilizzare le costrizioni del mercato locale a proprio

vantaggio, attraverso nuovi modelli di business. Shanda Interactive

Entertainment, fondata a Shanghai nel dicembre del 1999, è l’azienda che

ha sfruttato al meglio tale occasione. Due erano le problematiche principali

a cui Shanda doveva trovare soluzione: redditi bassi e pirateria. Shanda

notò che, sebbene a livello nazionale la diffusione dei computer fosse ancora

limitata (poco più del 10 per cento per la popolazione urbana totale), nelle

tre aree urbane più vaste ed importanti, Pechino, Shanghai e Canton, target

ideale dell’azienda, nel 2000 circa il 40 per cento delle famiglie già

disponeva di un PC57 e di lì a poco avrebbe potuto contare su una

connessione internet. Shanda decise così di sviluppare in Cina una tipologia

di giochi fino ad allora molto diffusa in Corea del Sud, i cosiddetti MMORPG

(Massive Multiplayer Online role Playing Games), basati sulla possibilità di

far giocare contemporaneamente migliaia di computer connessi ad internet.

Il software necessario poteva essere scaricato gratuitamente dalla rete sul

proprio PC, il pagamento era invece necessario per l’accesso al sito che

consentiva effettivamente di prendere parte al gioco ed avveniva attraverso

un sistema di carte prepagate, elaborato da Shanda per porre rimedio alla

scarsa diffusione di carte di credito soprattutto tra i giocatori più giovani. In

questo modo si ovviava ad entrambi i problemi. In primo luogo non c’erano

costose console da comperare dal momento che l’hardware necessario

all’esperienza di gioco era già ampiamente diffuso tra la popolazione o

poteva essere facilmente accessibile nei sempre più popolari internet cafè. In

secondo luogo la pirateria non poteva praticamente nulla contro questo

modello: il valore era creato dall’esperienza condivisa di gioco, mentre il

171

Page 172: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

software, componente che poteva essere facilmente copiato, era

completamente gratuito. Il modello di Shanda non solo si dimostrò efficace

ma provò anche come i consumatori cinesi fossero ben disposti a pagare per

un intrattenimento di qualità purchè proposto ad un prezzo adeguato alle

loro possibilità. Alla fine del 2003 i ricavi di Shanda erano arrivati a 76

milioni di dollari e nel corso dei due anni successivi triplicarono arrivando a

toccare i 235 milioni nel 200558. Nel 2006, poiché sia il pc che i collegamenti

internet andavano diffondendosi velocemente anche ad aree del paese

caratterizzate da redditi medi più bassi, Shanda ha deciso il passaggio dal

modello pay-to-play, adottato sino a quel momento, ad uno di tipo freemium

in cui l’accesso al gioco è completamente gratuito ed i ricavi giungono

esclusivamente dall’acquisto di contenuti premium (tipicamente oggetti

virtuali che consentono di migliorare le proprie capacità di gioco) da parte

degli utenti. Se in un primo momento questa scelta è sembrata penalizzare

l’azienda, tanto che per la prima volta in cinque anni i ricavi anno su anno

sono calati, tra il 2007 ed il 2008, grazie all’incremento del numero di

giocatori totali, i ricavi hanno ricominciato a crescere ad un ritmo anche più

veloce rispetto al periodo 2003-2005, arrivando a toccare i 522 milioni di

dollari nel 2008. Alla fine del 2008 Shanda era ampiamente leader di

mercato per i giochi di tipo MMORPG, categoria di videogame dominante

sul mercato cinese. Nel settembre 2009 ha deciso di quotarsi al Nasdaq

(attraverso lo spin-off di Shanda Games) raccogliendo oltre 1 miliardo di

dollari, a circa 12 dollari e mezzo per azione, rappresentando l’IPO più alta

di tutto il 2009.

Risulta dunque ben chiaro come il vuoto lasciato dall’offerta

inadeguata delle grandi multinazionali provenienti dai paesi avanzati possa

rappresentare una grande opportunità di crescita per le imprese locali, a

patto che queste siano in grado di elaborare nuovi prodotti e nuovi modelli

57 Cfr. NBS(2001). 58 Shanda Interactive Entertainment Annual Report (vari anni).

172

Page 173: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

di business che tengano in debito conto le caratteristiche, a partire dal

reddito, dei consumatori locali.

2.4.1.2 Differenze Politiche: Il caso Baidu Inc.

Un altro settore ad alta intensità tecnologica in cui le multinazionali

occidentali, nonostante l’enorme vantaggio in termini di risorse tecnologiche

e finanziarie, non sono riuscite ad imporsi è quello dei motori di ricerca. A

livello globale tale mercato è dominato da tre delle multinazionali

statunitensi più conosciute: Google, Yahoo! e Microsoft. Come mostra la

figura sottostante, l’85 per cento delle ricerche mondiali vengono compiute

con il motore di ricerca creato da Sergei Brin e Larry Page, mentre Yahoo! e

Bing (motore di ricerca di Microsoft) insieme non arrivano al 10 per cento

del totale delle ricerche globali.

Figura 3.3 Il mercato dei motori di ricerca a livello globale (percentuali)

Google , 85.64

Yahoo, 6.17Bing, 3.19 Altri, 3.39

Fonte: ComScore (2009).

Sebbene in questo settore le quote di mercato possano variare anche molto

da paese a paese, ad esempio negli Stati Uniti la quota di Google scende al

65 per cento, a vantaggio di Yahoo! e Bing, mentre in molti paesi europei

(tra cui l’Italia) supera il 90 per cento, la Repubblica Popolare Cinese

173

Page 174: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

presenta una situazione, se non unica59, assolutamente particolare. Baidu

Inc., impresa cinese fondata nel 2000 a Pechino, detiene una quota di

mercato che supera il 61 per cento, mentre Google China raccoglie meno

del 30 per cento delle ricerche condotte nella Repubblica Popolare Cinese,

come è testimoniato dalla figura sottostante.

Figura 3.4 Il mercato dei motori di ricerca in Cina (percentuali)

Yahoo Cn, 5.6 Altri , 3.4

Baidu , 61.6

Google, 29.1

Fonte: iResearch (2010).

Le dimensioni, l’esperienza e le risorse tecnologiche e finanziarie di un

gruppo come Google, che gode di un quasi monopolio a livello globale, non

sono state dunque sufficienti a sconfiggere la concorrenza di un’impresa

locale che, pur partendo da una condizione di svantaggio60, è riuscita a

divenire leader indiscussa del mercato locale, con un fatturato di oltre 620

milioni di dollari nel 2009. L’altra multinazionale americana, Yahoo!, ha in

realtà addirittura ceduto la versione cinese del proprio portale ad

Alibaba.com (azienda cinese specializzata in e-commerce business to

business) nel 2005, a causa dei modesti risultati conseguiti. China Yahoo! è

pertanto oggi da considerare alla stregua di un motore di ricerca

completamente cinese.

59 Situazioni simili si registrano anche in Corea del Sud (Naver.com), Russia (Yaandex.ru) e Repubblica Ceca (Seznam.cz). 60 Nel primo anno di vita aveva raccolto solo 10 milioni di dollari da alcuni fondi di venture capital.

174

Page 175: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

Anche questa volta le ragioni del successo della cinese Baidu stanno

nella sua capacità di creare un prodotto in grado di rispondere meglio alle

esigenze del mercato locale. In questo caso non sono state però le condizioni

socio-economiche a limitare l’avanzata delle multinazionali, favorendo

l’impresa locale, quanto piuttosto le caratteristiche del regime politico e del

sistema regolamentativo della Repubblica Popolare Cinese61. Poiché alla

modernizzazione economica in Cina non ha fatto seguito la modernizzazione

politica, come è tristemente noto, l’opposizione all’operato del Partito

Comunista Cinese (PCC), alla guida del paese dal 1949, non è mai stata

tollerata. Il governo cinese ha una lunga storia di politiche e leggi tese al

controllo della quantità e della qualità dell’informazione a cui i cittadini

cinesi devono essere esposti e che essi stessi possono diffondere. Ovviamente

l’avvento di Internet ha posto la censura cinese davanti ad una nuova sfida,

prontamente raccolta attraverso la promulgazione di leggi ad hoc62 ed un

sistema di filtri (soprannominato Great Firewall) teso a bloccare la

diffusione di contenuti sgraditi all’autorità. Proprio il Great Firewall ha

rappresentato uno dei vantaggi fondamentali per l’affermazione di Baidu,

ma non in virtù di una discriminazione in senso protezionista delle imprese

estere da parte dell’autorità, quanto per una miglior capacità di

adattamento di Baidu alle condizioni poste dal governo. Per capire meglio è

necessario guardare da più vicino al funzionamento del sistema di filtri

elaborato dai censori cinesi63. Senza scendere in dettagli tecnici, basti

sapere che il Great Firewall ha fondamentalmente due funzioni principali:

da un lato blocca l’accesso ai siti considerati sgraditi a prescindere,

modificandone l’indirizzo IP, dall’altro monitora tutto il traffico dati in

ingresso ed in uscita dalla Repubblica Popolare attraverso la ricerca di

61 Cfr. Maseeha (2008). 62 Una legge del 2000 vieta l’utilizzo di Internet per la pubblicazione di materiale che: inciti al rovesciamento del governo o del sistema socialista, inciti alla divisione del paese e minacci l’unità nazionale, distorca la verità e distrugga l’ordine sociale, promuova le superstizioni feudali, promuova il gioco d’azzardo, violenza o assassinio, mostri contenuti sessualmente espliciti, inciti ad attività criminali e terrorismo, insulti la reputazione degli organi di stato, promuova altre attività contro la Costituzione, la legge o i regolamenti amministrativi. 63 Per un approfondimento dell’argomento Fallows (2008).

175

Page 176: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

parole chiave ritenute sensibili, sia nell’indirizzo URL che nel contenuto di

ciascuna pagina web dei siti navigati dagli utenti. Nel caso della seconda

funzione, quando vengono rilevate le keywords da monitorare, l’accesso al

sito viene temporaneamente bloccato, anche se solo una piccola porzione del

contenuto proposto risulta sgradita. Anche un sito di norma tollerato e

solitamente accessibile senza problemi dalla Cina, può occasionalmente

essere sottoposto a blocchi. I motori di ricerca, per essere sicuri di non essere

bloccati, devono pertanto non consentire le ricerche relative a determinati

temi o non restituire risultati per quelle ricerche: devono pertanto

autocensurarsi. La lentezza e la scarsa disponibilità ed abilità delle

imprese occidentali, in particolare di Google, nell’adattarsi a questo sistema

sono state le prime responsabili del successo di Baidu.

Google entrò sul mercato con una versione in cinese del proprio

motore di ricerca sin dal settembre del 200064. Nei suoi primi anni di

attività andò molto bene in Cina, tanto che nel 2003 divenne leader di

mercato con una quota del 35 per cento delle ricerche condotte in Cina65,

guadagnata soprattutto tra la classe media e occidentalizzata che stava

emergendo nelle città delle province orientali, mentre la quota di Baidu era

sotto il 5 per cento. I problemi di Google cominciarono però ad emergere

proprio tra la fine del 2002 ed il 2003. Con il numero degli utenti internet

cinesi, andava crescendo anche il numero di ricerche che includessero

keywords sensibili e Google, a quell’epoca, non censurava ancora alcun

contenuto perché i suoi server erano in California e non aveva una presenza

giuridica nella Repubblica Popolare che la obbligasse ad obbedire alla

normativa locale. Il Great Firewall entrò in funzione bloccando

ripetutamente, talvolta per alcune ore di fila, la versione cinese del motore

di ricerca che, secondo alcune stime66, risultava inaccessibile il 10 per cento

delle volte che si provava ad accedervi. Nel 2004 il servizio offerto da Google

64 Senza però trasferire i propri server nella Repubblica Popolare e sottoponendosi così ad un più stretto controllo da parte del Great Firewall che monitora soprattutto il traffico in entrata ed in uscita dalla Cina. 65 Cfr. Maseeha (2008), p.4. 66 Cfr. Maseeha (2008), p.5.

176

Page 177: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

cominciò ad essere ritenuto crescentemente inaffidabile, mentre Baidu,

avendo già adottato il sistema di autocensura necessario ad un’impresa

basata in Cina e rimanendo quindi costantemente raggiungibile, iniziava a

guadagnare importanti quote di mercato sia sottraendole a Google, sia

guadagnando la fiducia dei nuovi utenti internet. Alla fine del 2004 Google

era sceso al 21 per cento del mercato, mentre Baidu aveva conquistato il

47,5 per cento. Google inizialmente reagì all’avanzata del motore di ricerca

cinese entrando nel capitale di Baidu, assicurandosi, nel giugno 2004, il 2,5

per cento della società per 10 milioni di dollari. Ma l’anno successivo la

strategia mutò del tutto, le quote di Baidu acquisite vennero vendute e

Google aprì una sua filiale nella Repubblica Popolare Cinese, Google China,

adattandosi alla legislazione cinese e mettendo in piedi un sistema di

autocensura.

Sebbene possa sembrare un’operazione semplice, l’efficacia

dell’autocensura è tutt’altro che scontata, poiché, contrariamente a quanto

molte imprese occidentali si attendono all’ingresso sul mercato locale, il

governo cinese non fornisce una lista nera di siti e parole chiave da

censurare, ma si aspetta che le aziende interpretino correttamente la pur

vaga regolamentazione cinese. Un recente studio ha dimostrato che i 3

principali motori di ricerca, Baidu, Google China e China Yahoo!, in realtà

non bloccano né gli stessi siti, né le stesse parole chiave. In questo

particolare contesto la capacità di censurare i contenuti effettivamente

sensibili si configura come una competenza poiché il mancato allineamento

con la posizione governativa può portare a blocchi parziali o totali del

servizio, con effetti molto negativi per la concorrenza con le imprese rivali.

Baidu sin dalla sua fondazione ha dedicato risorse ed un reparto specifico

della sua divisione di Ricerca e Sviluppo all’elaborazione di un sistema per

ottemperare alle richieste del governo in merito alla censura. Baidu, oltre

che poter vantare, in quanto impresa locale, una maggiore ricettività

rispetto alle imprese straniere per quel che concerne l’individuazione delle

parole chiave più sensibili, nel momento in cui Google decise di entrare in

177

Page 178: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

Cina aveva già maturato quasi cinque anni di esperienza potendo

mantenere il proprio servizio più stabile ed affidabile rispetto a quello della

concorrenza, riuscendo così a confermare la propria leadership sul mercato

locale nonostante la reazione di Google. Sebbene il fondatore di Baidu,

Robin Li, citi motivazioni differenti per la crescita del suo motore di ricerca,

anch’egli ammette che la forza della sua impresa sta “nell’essere locali e nel

comprendere al meglio i cambiamenti che avvengono molto velocemente”67.

Oltre a quello politico vi è stato un altro fattore peculiare al contesto

cinese che ha consentito a Baidu di ottenere il successo che ha avuto e

questo riguarda il sistema giuridico ed in particolar modo la tutela del

diritto d’autore. Nel novembre 2002 Baidu lanciò un servizio denominato

mp3Search che consentiva agli utenti di cercare, ascoltare e scaricare file

musicali (mp3 ma anche wma) gratuitamente attraverso deep linking68.

Questo servizio, basato per il 99 per cento su musica pirata, portò a Baidu

molto popolarità, soprattutto tra i giovani cinesi che nei primi anni del

nuovo millennio si sono affacciati per la prima volta sul web, tanto che è

stato stimato che nel 2004, anno del sorpasso a Google, abbia rappresentato

il 22 per cento del suo traffico totale. Dal momento che un servizio di questo

tipo non sarebbe legittimo nei paesi occidentali, mentre secondo la

normativa cinese (impostazione confermata in una recente sentenza69) non

violerebbe il copyright, dato che i file illegali non sono ospitati su server di

proprietà del motore di ricerca, Baidu ha potuto beneficiare di un vantaggio

fondato sulle differenti caratteristiche della legge cinese su cui le imprese

americane, perlomeno finchè hanno mantenuto i server fuori dalla Cina, non

hanno potuto contare. La rilevanza di questo vantaggio per il successo finale

di Baidu è testimoniata dal fatto che Google, dopo non esser riuscita a

guadagnare terreno nei confronti di Baidu anche nei primi due anni di

attività della sua filiale cinese, ha recentemente messo in piedi un servizio

67 Cfr. Maseeha (2008), p. 9. 68 Ciò significa che la ricerca restituiva dei link a file che non erano effettivamente ospitati sui server di Baidu, ma su server di altri siti. 69 Cfr. Financial Times (2010).

178

Page 179: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

molto simile a quello del concorrente cinese per il download gratuito di file

musicali70, creando un caso di inversione del tradizionale processo di

imitazione.

2.4.2 Segmentazione del mercato interno e “Guerrilla Tactics”.

Il secondo fattore che ha creato lo spazio di mercato per la

sopravvivenza e la crescita di imprese cinesi sul mercato interno è l’elevato

livello di segmentazione che lo caratterizza. Come abbiamo detto nel corso

del capitolo, le multinazionali leader provenienti dai paesi avanzati, nel

contesto cinese tendono a concentrarsi nel servire consumatori di fascia alta,

le cui esigenze possano essere quanto meno simili a quelle dei consumatori

che risiedono nei paesi ricchi. Ciò è dovuto al fatto che la strategia

tecnologica e competitiva degli incumbents è spesso basata sull’introduzione

di sustaining innovations che migliorano le prestazioni di un prodotto o

servizio in modo tale da poterlo commercializzare ad un prezzo più alto,

realizzando margini di profitto più ampi. Nel paragrafo precedente abbiamo

visto come le particolari caratteristiche che contraddistinguono i

consumatori cinesi, anche di fascia alta, limitino spesso la diffusione di

prodotti pensati per i paesi avanzati e quindi anche il successo delle

multinazionali che li propongono, a vantaggio di imprese locali in grado di

rispondere attraverso l’innovazione appropriata alle esigenze specifiche del

contesto locale. Uno scoglio ancora più grande per una profonda

penetrazione delle imprese occidentali sul mercato cinese e dunque

un’ulteriore opportunità per i gruppo locali è rappresenta dalla distanza che

intercorre tra le condizioni di vita nelle diverse zone della Repubblica

Popolare.

La segmentazione del mercato implica, secondo Wendell Smith,

“guardare ad un mercato eterogeneo come ad un gruppo di mercati omogenei

più piccoli”71, sulla base di alcune variabili, dette variabili di

70 Cfr. Mashable(2008) (2009). 71 Cfr. Smith (1956), p. 11.

179

Page 180: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

segmentazione. Da questo punto di vista la Repubblica Popolare Cinese,

basti pensare alle sue dimensioni in termini di superfice (al terzo posto tra

gli stati più estesi al mondo), di popolazione (1 miliardo e 330 milioni di

abitanti circa) e al numero delle amministrazioni subnazionali (22 province,

4 municipalità a rango provinciale, 5 regioni autonome e 2 regioni ad

amministrazione speciale), non può far altro che configurarsi come un

mercato profondamente segmentato sulla base di innumerevoli variabili,

non solo geografiche e socio-economiche, ma anche culturali e lingustiche72.

La principale variabile di segmentazione che individua le spaccature più

nette e su cui pertanto concentreremo l’attenzione in questo paragrafo, è

però senza ombra di dubbio quella relativa alla distribuzione della ricchezza

ed ai livelli di reddito pro capite nelle diverse aree del paese.

La Repubblica Popolare Cinese è infatti caratterizzata da una profonda

disparità nei livelli di reddito: il suo indice di Gini nel 200573 era del 41,5

per cento, con il 10 per cento più ricco della popolazione che deteneva il 31,4

per cento del reddito totale, mentre al 10 per cento più povero spettava

appena il 2,4 per cento74. Secondo i dati del World Institute for Development

Economics Research (UNU-WIDER), nel 2004 il quintile più ricco della

popolazione cinese deteneva quasi il 52 per cento del reddito del paese, al

quintile più povero andava solo il 4,2 per cento75. Appare evidente come,

anche guardando solo a questi dati sulla distribuzione del reddito, possa

essere riconosciuta una netta segmentazione tra un mercato ricco ma

numericamente ristretto, ovviamente in relazione alle condizioni

economiche e alle dimensioni della popolazione locale76, ed uno più povero

ma vastissimo. A sua volta questo schema di distribuzione della ricchezza

non è omogeneamente ripartito a livello territoriale, ma l’associazione della

dimensione geografica a quella economica ci offre lo spunto per individuare

72 Cfr. Schmitt (1997). 73 Cfr. World Bank (2006). E’ il dato più recente disponibile. 74 Ivi. 75 Cfr. UNU-WIDER (2008). Il 2004 è l’anno dell’inchiesta più recente per la Repubblica Popolare Cinese

180

Page 181: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

le due segmentazioni fondamentali del mercato locale. In primo luogo la

Repubblica Popolare è contraddistinta da una fortissima disparità nei

redditi tra la popolazione che abita le aree urbane e quella che abita le

campagne. Nel 2007 il reddito annuo medio di un cinese residente in città

era di 13.785 yuan, quello di un abitante delle aree rurali si fermava invece

a 4140 yuan. Come si può notare dal grafico in figura 3.5, la distanza nei

redditi tra città e campagna non solo è molto profonda ma, nel decennio

1997-07, è andata aumentando in maniera considerevole.

Figura 3.5: Reddito medio annuo pro-capite in aree urbane e rurali (yuan)

0

2000

4000

6000

8000

10000

12000

14000

16000

1997 1999 2001 2003 2005 2007

Campagna Città

Fonte: NBS (2008).

Se infatti nel 1997 in città si disponeva di un reddito medio annuo superiore

di 2,5 volte rispetto a quello fruibile in aree rurali, nel 2007 tale rapporto è

arrivato a 3,3 volte77. Questo dislivello, oltre che ad essere di per sé molto

rilevante, ha un valore ancora più profondo se pensiamo al fatto che,

76 Come abbiamo visto nel caso di Shanda la distanza dai redditi dei paesi avanzati è profonda anche per quel che concerne la fascia più alta del mercato. 77 Ivi.

181

Page 182: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

contrariamente a quanto avviene nei paesi avanzati dove la percentuale di

popolazioni che abita le campagne è mediamente poco sopra al 20 per cento

del totale78, la popolazione rurale della Cina è numericamente più

importante rispetto a quella urbana, essendo costituita da oltre 727 milioni

di unità e rappresentando circa il 55 per cento della popolazione totale.

In secondo luogo alla divisione tra città e campagna si aggiunge

un’ulteriore segmentazione sulla base del reddito, anche se meno profonda,

tra le province costiere ad est del paese, e quelle centroccidentali. Il reddito

medio annuo pro capite della popolazione urbana delle province orientali è

infatti di 18.544 yuan, mentre nelle province centrali e occidentali risulta

essere rispettivamente 12.392 e 12.130 yuan annui79. Disparità che si

manifesta anche nelle aree rurali: mentre il reddito medio annuo di un

abitante delle campagne dell’est del paese è di circa 5.850 yuan, nelle

campagne dell’ ovest è di poco più della metà, 3.028 yuan, ed in quelle

centrali 3.844 yuan80. A questi dati va aggiunto il fatto che la popolazione

che abita in aree rurali nelle regioni centro occidentali è superiore rispetto a

quella delle regioni costiere, perciò nelle stime del prodotto regionale pro

capite le disuguaglianze sull’asse est ovest risultano ancora più marcate. Il

dislivello assume dimensioni davvero spropositate se poi, invece che

confrontare esclusivamente le medie dei redditi per città e campagna e tra

province est-ovest, incrociamo le due distribuzioni e guardiamo ai loro

estremi, ovvero alla distanza che intercorre tra il reddito medio annuo di un

cittadino dell’area urbana più ricca, la municipalità di Shanghai, ed un

abitante delle zone rurali del Guansu, la provincia più povera della Cina in

termini di reddito pro capite. Il primo ha infatti a disposizione un reddito

medio annuo addirittura dieci volte superiore rispetto al secondo (23.622

yuan contro 2.328)81.

78 La media per i paesi del G8 è di circa il 24 per cento (elaborazione su dati World Bank 2009) 79 Cfr. NBS(2008). 80 Cfr. NBS(2008). 81 Cfr. NBS(2008).

182

Page 183: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

Non è dunque difficile comprendere come le multinazionali provenienti dai

paesi avanzati, entrando sul mercato cinese, non possano far altro che

individuare il loro target nella popolazione urbana delle aree costiere del

paese. Le aree rurali ed in particolare le campagne delle province centro-

occidentali della Cina non possono essere considerate segmenti di mercato

attraenti dalle imprese occidentali per diversi ordini di ragioni. In primo

luogo poiché le aree urbane possono essere valutate come mercati

sufficientemente grandi, soprattutto nel caso di multinazionali che si

affacciano per la prima volta sul mercato cinese, ed in continua crescita

grazie al rapido sviluppo economico ed al progressivo inurbamento della

popolazione. In secondo luogo perché solo una piccolissima percentuale delle

popolazioni che abita le aree rurali potrebbe permettersi l’acquisto di

prodotti e servizi ai prezzi proposti dai gruppi occidentali. Per realizzare poi

i margini di profitto necessari a mettere in piedi una rete distributiva in

quel tipo di contesto, il prezzo unitario dei prodotti dovrebbe addirittura

essere alzato rispetto a quello proposto nei mercati occidentali, rendendo

ancora più difficile l’acquisto anche per la piccola parte di popolazione che

dispone delle risorse necessarie. Terzo, le imprese multinazionali

dispongono di informazioni troppo limitate (Too Little Information-TLI82)

sulla caratteristiche e le abitudini dei consumatori, o non-consumatori, delle

aree periferiche rispetto a quante ne ritengono necessarie per decidere se

servire o meno un nuovo mercato. Semplicemente non ci sono abbastanza

dati per poter costruire le metriche attraverso le quali solitamentente le

multinazionali incumbents valutano il ritorno su un eventuale investimento

e ne decidono la fattibilità. Infine, anche qualora una multinazionale avesse

intenzione di entrare nei mercati delle aree periferiche semplicemente non

vi riuscirebbe poichè i suoi prodotti o servizi sono pensati per le esigenze, le

capacità e le condizioni infrastrutturali dei mercati avanzati e non

sarebbero adatti a questo tipo di aree. Le imprese occidentali, anche nel caso

in cui siano riuscite a conquistare importanti quote del mercato locale grazie

82 Cfr. Sirkin, Hemerling e Bhattacharya (2008), p.117.

183

Page 184: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

al successo nelle aree urbane, sono quindi molto riluttanti a tentare la

penetrazione nelle campagne. Per farlo infatti non potrebbero seguire la

routine consolidata delle sustaining innovations, ma dovrebbero ripensare il

proprio prodotto in modo tale da abbassarne il prezzo senza limitarne troppo

le prestazioni, per poter soddisfare la domanda proveniente da consumatori,

o non consumatori, di fascia bassa.

Come insegna il modello della disruptive innovation di Clayton

Christensen, abbandonare i segmenti di mercato che offrono margini più

bassi o trascurare la domanda latente di non consumatori può costituire

un’opportunità per i nuovi entranti. Così è stato per le imprese cinesi che,

attraverso l’innovazione appropriata, hanno potuto utilizzare i mercati

dimenticati dalle multinazionali come teste di ponte83 per poi affermarsi

anche in mercati di fascia più alta come quelli urbani e delle province

costiere. L’innovazione appropriata ha rappresentato l’arma fondamentale

in quella che è stata metaforicamente definita come guerrilla tactic84

(tattica della guerriglia) in virtù dell’affinità con la strategia di guerra

utilizzata da Mao Zedong nell’affrontare i nazionalisti del Kuomintang di

Chiang Kai-Shek nella guerra civile (1945-1949). Mentre il governo

nazionalista si preoccupava esclusivamente di mantenere il controllo delle

grandi città, Mao sceglieva i fatti di “radicarsi profondamente nelle

campagne, così da apparire come unica vera forza nazionale e circondare le

città, lasciandole isolate e pronte a cadere al momento opportuno”

n

85. Molte

delle imprese cinesi oggi di maggiore successo hanno seguito, almeno in

parte, questo stesso tipo di strategia. L’analogia più interessante risiede

proprio nel fatto che questo metodo di combattimento fosse l’unico possibile:

se le imprese cinesi avessero deciso di servire i mercati di fascia alta delle

aree urbane, già occupati dai prodotti della concorrenza straniera, non

avrebbero avuto che esigue chance di successo così come se Mao avesse

tentato di prendere Pechino sin dal principio. Le aziende locali sono state

83Cfr. Williamson e Zeng (2007), p. 91. 84 Cfr. The Economist (2007), p.14.

184

Page 185: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

obbligate a partire dai mercati dimenticati dalle multinazionali, poiché

questi costituivano l’unico ambiente in cui potevano sperare di sopravvivere

al riparo dalla concorrenza straniera. Ma, per rimanere in vita in simili

contesti, sono state costrette a trovare nuovi modelli di business, nuovi

prodotti e nuovi servizi che si adattassero alle esigenze dei consumatori

rurali, sono state forzate a specializzarsi nell’innovazione appropriata, a

capire che la domanda latente proveniente dai mercati dimenticati non

poteva essere soddisfatta solo con prezzi più bassi ma necessitava di

prodotti ad hoc pensati per coloro che li abitano. L’impossibilità o la

riluttanza delle imprese occidentali a servire le periferie ha rappresentato

per le imprese cinesi l’opportunità migliore che si potesse presentare loro.

Secondo David Wei, presidente dell’Alibaba Group, impresa specializzata

nell’e-commerce business to business e seconda impresa cinese nel settore

internet per fatturato, la fortuna più grande della sua azienda è stata di non

nascere a Pechino o a Shanghai, ma in una città piccola come Huangzhou

dove ha potuto elaborare un modello di business particolare, la cui forza sta

nell’essere dedicato alle piccole e piccolissime imprese, piuttosto che ai

grand

rurale abbia avuto un costante e notevole aumento. Ciò ha consentito agli

i gruppi esteri86.

Una questione resta però aperta ed è relativa al perché conquistare

consumatori a basso reddito delle aree rurali della Cina possa costituire un

vantaggio decisivo per le imprese locali. La risposta non è ovviamente

univoca. In primo luogo, sebbene le popolazioni che abitano le aree

periferiche della Cina abbiano un reddito più basso rispetto a quelle delle

grandi aree urbane, ciò non significa che non abbiano alcuna capacità di

consumo e che la crescita economica che ha investito la Cina negli ultimi

trent’anni non le abbia sfiorate. La figura 3.7 mostra invece come dall’inizio

delle riforme ad oggi il reddito medio annuo pro capite della popolazione

85 Cfr. Guarracino (1999), p. 58. 86 Cfr. The Economist (2007).

185

Page 186: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

Figura 3.7: Andamento del reddito medio annuo pro capite nelle aree rurali della Repubblica Popolare 1978-2007 (migliaia di yuan)

0.00.51.01.52.02.53.03.54.04.5

19

78

19

85

19

91

19

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19

95

19

97

19

99

20

01

20

03

20

05

20

07

Fonte NBS(2008).

abitanti delle aree rurali di ridurre la percentuale del proprio reddito

dedicata al consumo di beni primari ed in particolar modo al cibo, come è

dimostrato dalla figura 3.8, e di allargare progressivamente la propria

capacità di consumo.

Figura 3.8: Andamento del coefficiente di Engel 1978-2007 nelle aree rurali (percentuale destinata al cibo dei consumi totali di una famiglia).

30.0

35.0

40.0

45.0

50.0

55.0

60.0

65.0

70.0

19

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20

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20

05

20

07

Fonte: NBS(2008).

186

Page 187: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

Anche i mercati periferici sono dunque popolati da potenziali clienti che

spesso, proprio poiché solitamente rimangono al di fuori delle reti

distributive, sono costretti a subire la cosiddetta poverty trap, ovvero a

pagare di più di quanto non accada nei mercati urbani per poter disporre

dello stesso prodotto o servizio.

In secondo luogo questi consumatori, o potenziali consumatori,

trascurati dalle imprese multinazionali, in un paese delle dimensioni della

Cina, eccedono in numero la popolazione di qualsiasi paese avanzato. Basti

pensare al fatto che la sola popolazione rurale cinese, con i suoi quasi 730

milioni di abitanti, eguaglia circa le popolazione di tutti i paesi membri del

G7 (Stati Uniti, Giappone, Germania, Francia, Regno Unito, Italia e

Canada) sommate insieme. Risulta quindi evidente che trovare modelli di

business, prodotti e servizi adatti a servire i mercati dimenticati della Cina

non significa esclusivamente accontentarsi di margini più bassi, ma vuol

dire realizzare volumi assolutamente non trascurabili. Portare il proprio

prodotto, poniamo ad esempio un televisore o un frigorifero, anche solo

nell’uno per cento delle famiglie che abitano le campagne cinesi significa

vendere qualcosa come due milioni di unità del proprio prodotto.

L’analogia con la tattica della guerriglia condotta da Mao Zedong è di nuovo

molto calzante. Secondo Mao questa strategia andava infatti adottata dalla

parte più debole solo nella fase iniziale del conflitto e con l’intento di

sviluppare capacità e dimensioni che garantissero la vittoria anche nel

combattimento convenzionale. Nonostante uno svantaggio negli armamenti,

il profondo radicamento ottenuto nelle campagne cinesi e la fiducia

conquistata da Mao presso le popolazioni rurali, assicurarono così

all’Armata di Liberazione Nazionale una costante e pressoché illimitata

riserva di combattenti nelle fasi finali del conflitto, tanto che in una delle

battaglie fondamentali, la campagna di Huaihai, parteciparono oltre cinque

milioni di contadini. Come per Mao allora, anche per le imprese locali oggi

radicarsi nelle campagne cinesi significa conseguire dimensioni tali da

realizzare economie di scala su cui solo poche imprese al mondo possono

187

Page 188: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

contare. Ciò consente di avere costi più bassi e di realizzare gli investimenti

necessari, anche in termini di Ricerca e Sviluppo e di acquisizioni, a sfidare

la concorrenza estera sui mercati di fascia più alta.

Il modo migliore per capire come la conquista dei mercati rurali,

attraverso la realizzazione di innovazioni appropriate, abbia consentito alle

imprese cinesi di mettere in difficoltà la concorrenza straniera è guardare a

casi specifici. Nel prosieguo del paragrafo vedremo dunque l’esperienza di

alcune tra le aziende locali che hanno applicato tale tattica con maggiore

successo: Haier Group, Huawei Technologies e ZTE Corporation.

2.4.2.1 Il caso Haier Group ed il mercato delle lavatrici.

Un esempio di come la segmentazione del mercato locale offra

un’importante opportunità per l’affermazione delle imprese cinesi che siano

in grado di trasformare le apparenti costrizioni in nuovi mercati attraverso

l’innovazione appropriata è offerta dal caso, piuttosto noto87, dell’Haier

Group e del suo successo sul mercato delle lavatrici. Haier Group è oggi una

delle imprese della Repubblica Popolare più importanti ed il cui marchio è

maggiormente riconosciuto all’estero, come dimostra il fatto che sia stata la

prima impresa cinese ad essere inclusa tra i Case Studies dell’Harvard

Business School88. Basata a Qingdao89, Haier è specializzata nella

produzione di elettrodomestici ed elettronica di consumo ed è attualemente,

con i suo 17,8 miliardi di dollari di fatturato, uno dei leader mondiali nelle

vendite in questo settore90. Del suo successo a livello globale torneremo a

parlare nel prossimo paragrafo, tuttavia, nel 1984, quando è stata presa in

consegna dall’attuale presidente Zhang Ruimin, la Haier, allora ancora nota

come Qingdao Group91, era sommersa dai debiti e sull’orlo della bancarotta.

Zhang riuscì a mutare completamente il volto dell’impresa mettendo la

qualità, l’innovazione e la connessione con il mercato al centro della cultura

87 Cfr. Duyster et al. (2009), Xu ed al.( 2007), Williamson e Zeng (2007). 88 Cfr. Crawford e Paine (1998). 89 Una delle città più importanti nella provincia di Shandong, situata nell’est della Cina. 90 E’ dal 2006 stabilmente tra i primi cinque produttori di elettrodomestici al mondo per fatturato.

188

Page 189: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

aziendale. Sin dalla metà degli anni ’80 Haier ha cominciato a guadagnare

quote di mercato creando nuovi prodotti destinati a segmenti specifici del

mercato stesso. Dopo la ristrutturazione promossa da Zhang, negli anni

novanta Haier ha cominciato a diversificare la propria attività attraverso

l’acquisizione di aziende in difficoltà, passando gradualmente dalla

specializzazione nella produzione di alcune tipologie di frigoriferi degli anni

’80, alle 96 linee di prodotti che ne caratterizzano l’offerta attuale.

L’ingresso dell’azienda di Zhang nel settore delle lavatrici rientra in questo

processo di diversificazione ed è avvenuto tramite l’acquisizione della Red

Star Electric, impresa, anch’essa di Qingdao, specializzata in tale settore.

La Haier, in realtà, possedeva già una sua linea di produzione di lavatrici

ma era di dimensioni molto limitate (100.000 unità all’anno) e la sua quota

di mercato era pertanto trascurabile. La Red Star aveva invece una capacità

produttiva di 700.000 unità92, tuttavia, a metà degli anni novanta,

attraversava un periodo di profonda crisi causata da una pluralità di fattori.

All’elevato indebitamento e alle accuse di corruzione per il suo presidente si

aggiungeva infatti il cambiamento che aveva investito il mercato cinese

degli elettrodomestici bianchi: la domanda stava rallentando a causa della

progressiva saturazione del mercato urbano e, soprattutto, avevano fatto la

comparsa sul mercato locale, attraverso joint venture con imprese cinesi,

Maytag e Whirlpool, multinazionali statunitensi che dominavano il mercato

globale. Nonostante questa congiuntura e pur essendo a sua volta già

indebitata, Haier decise ugualmente di acquisire Red Star nel 1995 e di

entrare in maniera decisa nella produzione di lavatrici. Tre anni dopo Haier

Group era divenuta leader del mercato locale con una quota molto prossima

al 35 per cento93. Whirlpool e Maytag, invece, abbandonavano la Cina

vendendo le quote nelle proprie Joint Venture e registrando ingenti perdite,

rispettivamente nel 1999 e nel 200394. Nonostante una buona partenza

91 Il nome è stato cambiato nel 1991, a seguito di una partnership con la tedesca Liebherr. 92 Cfr. Crawford e Paine (1998) p.14. 93 Cfr. Xu et al. (2008), p.39. 94 Cfr. Williamson e Zeng (2007), p. 151.

189

Page 190: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

iniziale, le due multinazionali americane, a causa della saturazione del

mercato urbano (nel 1995 già oltre 88 famiglie su 100 tra quelle residenti in

area urbana disponevano di una lavatrice) e di un’accesa concorrenza sul

prezzo da parte di imprese locali che offrivano prodotti simili destinati allo

stesso tipo di consumatore, avevano infatti faticato a sviluppare la scala

necessaria a rendere profittevole la propria attività. La reazione, in

particolare di Maytag, a queste difficoltà fu quella di spendere i fondi

disponibili per la Ricerca e Sviluppo nella creazione di nuovi prodotti da

destinare alla fascia più alta del mercato locale, importando anche una linea

di produzione ad alta tecnologia, identica a quella utilizzata negli Stati

Uniti. Le vendite, ovviamente, non migliorarono. La Maytag aveva

considerato la Cina solo come un altro nuovo mercato in cui applicare le

stesse regole vigenti su quelli avanzati, ma era l’opposto di ciò che era

necessario per trionfare in tale contesto, come il caso di Haier dimostra.

Zhang Ruimin era da sempre convinto che il modo migliore per creare

nuovi prodotti fosse ascoltare le richieste di consumatori insoddisfatti, in

modo tale da creare, contestualmente al nuovo prodotto, anche un nuovo

mercato, stimolando la domanda latente attraverso innovazioni ad hoc.

L’opportunità di applicare questa convinzione nel settore delle lavatrici

venne dalle osservazioni svolte da alcuni tecnici della Haier, i quali si

accorsero che alcune delle prime macchine vendute in zone rurali, ed in

particolar modo nel Sichuan, necessitavano frequentemente di assistenza

per intasamenti nei tubi di scarico causati da due elementi insoliti: terra e

buccia di patate dolci. Molti dei consumatori che abitavano le campagne

cinesi ritenevano infatti che una lavatrice, vista l’importanza

dell’investimento economico che necessitava, dovesse fare qualcosa di più

che lavare soltanto i vestiti e la utilizzavano pertanto anche per pulire

tuberi e altri tipi di ortaggi. Molte imprese avrebbero semplicemente

consigliato di evitare un simile utilizzo e invalidato le garanzie per quel tipo

di problema, Haier, invece, individuò in questa particolare modalità di

impiego la possibilità di cogliere l’opportunità offerta dalla segmentazione

190

Page 191: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

del mercato per ritagliarsi il proprio spazio nel contesto locale e sfruttare la

capacità produttiva che l’acquisizione di Red Star Electric aveva consentito.

Haier mise così in produzione un nuovo modello di lavatrice, denominata

Big Yam95, che disponeva di tubi di scarico e di filtri mutuati da quelli per la

pulitura industriale di ortaggi, dunque esplicitamente pensati per

consentire al consumatore rurale cinese il lavaggio del raccolto accanto a

quello dei vestiti ed affisse sul nuovo prodotto istruzioni specifiche su come

utilizzarlo con questa duplice funzionalità. Successivamente Haier sviluppò

addirittura un modello che poteva essere usato o come una tradizionale

lavatrice oppure per produrre del formaggio di capra96. Questo tipo di

innovazione appropriata, disruptive in quanto dedicata ad una fascia di

consumatori sino a quel momento esclusa dal mercato, architetturale poiché

derivante dalla combinazione di tecnologie esistenti, accrebbe l’accettabilità

del prodotto tra i consumatori delle aree rurali, che ora non vedevano più le

lavatrici come un bene di lusso, ma come uno strumento utile all’attività

produttiva e quindi meritevole di un piccolo investimento. Nel 2000, per lo

più per merito dell’innovazione di Haier, il 30 per cento delle famiglie rurali

disponeva di una lavatrice97. Il gruppo di Qingdao, concentrandosi sulle aree

rurali, era riuscito così a sopravvivere alla concorrenza delle multinazionali

straniere e alla guerra dei prezzi determinata dal rallentamento della

domanda sui mercati urbani. Le economie di scala raggiunte, le

consentivano adesso di affrontare la competizione anche sul campo di

battaglia preferito dalla concorrenza: le città. Anche in questo caso Haier

riuscì ad individuare un aspetto dei consumatori locali a cui le imprese

straniere, ed in un primo momento la Haier stessa, non avevano dedicato

attenzione. I nuclei familiari cinesi sono numericamente circoscritti a causa

della politica del figlio unico portata avanti dal governo cinese per mettere

un freno all’espansione demografica. Inoltre, la maggior parte delle famiglie

95 Cfr. Wang (2008), p.151. 96 Cfr. Bonaglia (2007). 97 Cfr. NBS (2001)

191

Page 192: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

residenti in area urbana, in special modo quelle inurbartesi di

recente,caratterizzate da redditi più bassi, vivono in case di dimensioni

molto ridotte. Haier mise allora in produzione una lavatrice di piccole

dimensioni (denominata Mini Whiz Kid) studiata apposta per stare in spazi

ristretti, per realizzare carichi ridotti adatti a nuclei familiari circoscritti o

ai single e per risparmiare sia acqua che elettricità. Anche sui mercati

urbani l’impresa cinese aveva evitato di proporre un prodotto standardizzato

ma, fatto tesoro dell’esperienza rurale, aveva cercato di rispondere alle

esigenze di consumatori trascurati, attraverso l’innovazione appropriata. La

Mini Whiz Kid si dimostrò un grande successo, riuscendo a catturare buona

parte della della domanda di sostituzione proveniente dalla fascia di

consumatori residenti nelle città a reddito più basso e mettendo in profonda

crisi imprese come Maytag e Whirlpool.

A cavallo del nuovo millennio, mentre le multinazionali americane

abbandonavano la Cina, Haier apriva invece l’American Haier Industrial

Park a Camden (Sud Carolina), negli Stati Uniti, dove era pronta a fare

tesoro, come vedremo nel prossimo paragrafo, dell’esperienza maturata nei

mercati dimenticati della Repubblica Popolare Cinese.

2.4.2.2 Il Caso Huawei Technologies e ZTE Corporation.

La segmentazione del mercato, ancora più che nel caso di Haier, è alla

base dell’affermazione di due delle imprese cinesi oggi di maggiore successo

a livello globale, Huawei Technologies e Zhongxing Telecommunication

Equipment (ZTE) Corporation. Entrambe nate a Shenzen nella seconda

metà degli anni ottanta (1988 per Huawei e al 1985 per ZTE), sono

specializzate nella fornitura di infrastrutture per sistemi di

telecomunicazioni, mercato nel quale hanno recentemente ottenuto

rispettivamente la seconda e la quinta quota di mercato più grande a livello

globale98. Tutte e due le imprese sono inoltre specializzate nella produzione

98 Cfr. Rusconi (2009b). Secondo i dati forniti dal Dell’Oro Group (agenzia di ricerca di mercato specializzata in telecomunicazioni) Huawei avrebbe superato al secondo posto Nokia Siemens Network a

192

Page 193: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

di telefoni cellulari e di internet key venduti secondo accordi OEM (Original

Equipment Manufacturing) alle compagnie telefoniche di oltre 120 paesi.

Sebbene oggi più dei due terzi dei loro ricavi origini dai mercati esteri,

il loro successo è stato costruito in primo luogo sul mercato interno ed in

particolare sulla capacità delle due imprese di approfittare dei segmenti

trascurati dalle Joint Venture partecipate da multinazionali incumbents che

dominavano il mercato cinese dei dispositivi di rete fissa all’inizio degli anni

novanta. All’indomani dell’avvio delle riforme di Deng Xiaoping la rete

telofonica cinese era infatti basata in gran parte su tecnologie molto datate,

importate dall’Unione Sovietica alla fine degli anni ’50, e successivamente

prodotte localmente per imitazione, che nei paesi avanzati erano state

abbandonate da oltre due decenni. Vista la profonda necessità di

aggiornamento dell’infrastruttura telefonica, negli anni ottanta il governo

cinese acconsentì alla creazione di due Joint Venture (JV) con imprese

occidentali, con l’obiettivo da un lato di ammodernare la rete e dall’altro di

assorbire la tecnologia straniera per la produzione di switches

(commutatori) digitali. Nacquero così prima la Shanghai Bell Telephone

Equipment Manufacturing, JV con la belga BTM (Bell Technology

Manufacturing, a sua volta acquisita da Alcatel nel 1985) e BISC ( Beijing

International Switching Corporation), JV tra la tedesca Siemens,

interessata più che altro alle dimensioni ed al potenziale di crescita del

mercato cinese, ed il Ministero dell’Industria Elettronica (MEI). A partire

dal 1993, per imposizione del GATT, il mercato fu aperto all’ingresso di altre

imprese straniere (sempre tramite JV) e fecero così la loro comparsa sul

mercato cinese degli switches digitali anche Lucent, NEC, Nokia, Ericsson,

AT&T e Nortel. Nel 1995 le JV a partecipazione estera dominavano il

mercato con una quota che superava il 95 per cento.

Il sistema delle JV aveva dato però il via, come nei desideri del

governo cinese, ad un processo di spill over delle conoscenze tecnologiche e

fine 2009. Al primo posto della top five c’è Ericsson, mentre al quarto, subito prima di Zte, c’è Alcatel-Lucent.

193

Page 194: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

del know-how necessario alla produzione di switches verso i tecnici locali.

Alla fine degli anni ottanta un gruppo di ricercatori cinesi, legato al

Ministero della Posta e delle Telecomunicazioni (MPT), cominciò a

sviluppare i primi switches completamente cinesi, senza però riuscire a

commercializzarli se non su piccole reti private. Nel novembre 1991 una JV

costituita dal Ministero delle Poste, dal Centro per le Tecnologie

Informatiche e dall’Istituto di Ingegneria Elettronica dell’esercito,

denominata PTIC ( Posts and Telecommunications Industrial Corporation)

fece uscire un nuovo tipo di commutatore digitale (HJD-04), adatto a reti di

piccola scala e molto economico rispetto ai prodotti offerti dalle JV a

partecipazione occidentale. La prima impresa cinese a commercializzare

questo tipo di switch fu, a partire dal 1995, la Great Dragon che, grazie al

costo più basso del HJD-04, riuscì a guadagnare il quindici per cento del

mercato locale in meno di tre anni99 . Tuttavia le imprese che di lì a poco

avrebbero cambiato il volto di questa industria dovevano ancora fare il loro

ingresso in campo. Per capire cosa determinò il loro successo dobbiamo però

fare un breve riferimento all’architettura della rete telefonica cinese. Se si

escludono gli ingressi verso il traffico internazionale, la rete pubblica cinese

è costituita da 6 livelli. I primi tre livelli regolano il funzionamento dei

grandi nodi di traffico e comprendono 8 nodi nazionali, i nodi nelle città

capitali di province o regioni autonome e i nodi nelle città (districts) sub

provinciali . I livelli dal 4 al 6 regolavano invece i nodi delle contee (county),

delle città più piccole e dei villaggi. Le JV a partecipazione estera avevano

concentrato la loro attenzione sui primi tre livelli ed in particolar sulla

produzione di switches per le capitali provinciali, trascurando

completamente i mercati rurali. Ciò avvenne da un lato poiché i mercati

delle grandi città erano semplicemente sufficientemente grandi ed in

crescita tra il 1985 ed il 1995 perché le JV straniere non necessitassero di

ricercare altre occasioni di incremento del proprio volume di affari, dall’altro

soprattutto poiché, anche qualora avessero voluto tentare di servire i

99 Cfr. Liu (2007)

194

Page 195: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

mercati rurali, i loro prodotti non sarebbero stati adatti allo scopo. In primo

luogo c’era infatti un problema di infrastruttura: la qualità dei segnali nelle

campagne cinesi era così bassa che i prodotti stranieri, non modificati per

quelle specifiche condizioni, difficilmente sarebbero stati in grado di

funzionare. In secondo luogo il tipo di utilizzo della rete che caratterizzava i

mercati rurali era completamente differente da quello urbano, dal momento

che si contraddistingueva per un basso tasso di penetrazione di telefoni fissi

(basti pensare al fatto che ancora nel 2000 in Cina vi erano solo 10

apparecchi ogni cento abitanti) ed un alto utilizzo di ciascun apparecchio,

mentre gli switch prodotti dalle JV a partecipazione straniera erano

progettati per funzionare in condizioni opposte (tanti apparecchi con basso

utilizzo ciascuno), e ciò poteva anche portare ad interruzioni del servizio.

Terzo, tutti gli switch digitali stranieri avevano un menu in inglese e, se

questo poteva non costituire un problema nelle grandi città, lo era

sicuramente nelle aree rurali dove trovare operatori che sapessero l’inglese

era molto improbabile. In ogni caso anche Great Dragon, pur disponendo di

un prodotto che glielo avrebbe consentito, aveva trovato il suo spazio di

mercato al livello 4 della rete e non era dunque scesa molto in profondità nel

servire i mercati rurali.

Huawei Technologies e ZTE Corporation, al contrario della

concorrenza, videro nei mercati rurali una buona opportunità per entrare

sul mercato degli switches digitali e realizzare economie di scala. Sebbene

tali segmenti non avessero una profittabilità confrontabile con quella dei

mercati urbani, in termini di quantità i livelli da 4 a 6 della rete pubblica

cinese erano circa quattro volte più grandi rispetto a quelli da 1 a 3. Riuscire

a servirli in modo efficace avrebbe quindi garantito alle due aziende una

quota molto rilevante del mercato locale. Huawei e ZTE, dedicando allo

scopo un notevole impegno in Ricerca e Sviluppo sia in termini finanziari

(entrambe vi investivano già a metà degli anni novanta oltre il 10 per cento

195

Page 196: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

dei ricavi100), che in termini di forza lavoro (oltre il 40 per cento dei

dipendenti delle due imprese era impiegato in attività di R&S101),

svilupparono così, tra il 1994 e 1995, due nuovi switch (il C&C08 di Huawei

ed il ZXJ2000 di ZTE) a partire dall’architettura del HJD-04. Modificarono

alcuni elementi ed integrarono nuove funzionalità specificamente pensate

affinchè garantissero maggiore velocità e affidabilità sui livelli 5 e 6 della

rete, ovvero nelle piccole città e nei villaggi. Poiché erano stati realizzati

esplicitamente per le campagne, tali prodotti erano stati progettati

spremendo letteralmente ogni centesimo a disposizione ed il loro costo di

vendita finale riusciva ad essere di oltre il 50 per cento inferiore rispetto a

quello di uno switch realizzato da una JV a partecipazione estera. L’entità

dell’impegno delle due aziende nel servire i mercati rurali è ben

testimoniato dal fatto che, nel 1996, il 90 per cento dei prodotti di Huawei

ed il 100 per cento di quelli di ZTE fosse installato nei livelli 5 e 6 della rete

cinese, per contro il 90 per cento dei prodotti di Shanghai Bell, allora ancora

leader di mercato, erano installati nei primi tre livelli della rete 102. Gli

apparecchi delle due imprese di Shenzen si rivelarono da subito un grande

successo tanto che, nel 1998, Huawei e ZTE avevano già conquistato

rispettivamente il 24 ed il 20 per cento dell’intero mercato dei commutatori

digitali, consegnando alla prima il primo posto tra i produttori di switch a

livello nazionale davanti a Shanghai Bell. Le imprese locali, nel 1995 ancora

ferme a meno del 5 per cento del mercato, nel 1998 avevano così raggiunto

una quota di oltre il 66 per cento del totale. Sebbene non fossero ancora

riuscite a divenire leader per i primi tre livelli della rete, dove avevano poco

più del 20 per cento del mercato, dominavano però il contesto rurale dove

installavano più dell 80 per cento del totale degli apparecchi.

Grazie ai grandi volumi realizzati nelle campagne, Huawei e ZTE

riuscirono ad abbassare ulteriormente i prezzi e a mantenere un alto livello

di investimenti in ricerca attraverso cui migliorare velocemente la qualità e

100 Cfr. Fan (2006), p.363. 101 Ivi.

196

Page 197: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

la funzionalità dei prodotti in diverse situazioni di traffico. Alla fine degli

anni novanta potevano così cominciare la loro penetrazione sui tre livelli più

alti della rete cinese e a vendere i propri switch digitali anche al di fuori dei

confini nazionali. Nel 2000 Huawei aveva ulteriormente incrementato la sua

leadership, con una quota di oltre il 35 per cento del mercato locale103.

Già dalla fine degli anni novanta il core business delle due aziende di

Shenzen stava virando verso la fornitura di infrastrutture telefoniche mobili

tuttavia, rispetto a quello degli switch, l’infrastruttura GSM era molto più

chiusa in quanto protetta da brevetti detenuti dalle multinazionali

occidentali. La leadership, guadagnata a partire dalle campagne, nella

fornitura di apparecchiature per la rete fissa aveva però conferito alle due

imprese una coppia di vantaggi. Da un lato l’aver sconfitto la concorrenza

straniera aveva infatti trasformato Huawei e ZTE in veri e propri campioni

nazionali e gli valse così il decisivo appoggio del governo cinese nel

convincere Qualcomm, impresa californiana, a cedere la licenza del sistema

CDMA 2000 (evoluzione del GSM) alle due imprese di Shenzen. Dall’altro

aveva garantito a Huawei e ZTE le risorse economiche necessarie

all’acquisto di tale licenza ed alle attività di R&S necessarie alla

progettazione di prodotti che utilizzassero la nuova tecnologia. Come si è

detto all’inizio di questo studio di caso Huawei e ZTE riusciranno poi

entrambe ad entrare nella top 5 delle più grandi imprese a livello globale

che forniscono infrastrutture per reti mobili, ma le radici di questo successo

affondano nelle aree rurali della Repubblica Popolare, dimenticate dalle

multinazionali occidentali.

102 Cfr. Mu e Lee (2005), p.777. 103 Cfr. Liu (2009)

197

Page 198: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

3 Internazionalizzazione, innovazione appropriata ed effetti di feedback

verso la frontiera tecnologica.

Uno degli aspetti più dibattuti negli ultimi anni104 in merito alle

caratteristiche del processo di globalizzazione è sicuramente quello della

rapida e crescente internazionalizzazione da parte di imprese provenienti da

paesi emergenti o in via di sviluppo. Come confermano le liste 100 New

Global Challengers pubblicate dal Boston Consulting Group tra il 2007 ed il

2009, i gruppi cinesi rappresentano una delle componenti più importanti in

questo movimento e pertanto hanno destato l’interesse di un gran numero di

osservatori ed accademici. Una delle questioni esaminate con maggior

attenzione da questo tipo di letteratura riguarda le cause che stanno alla

base del successo che le imprese provenienti dalla Repubblica Popolare

hanno registrato in quella che è stata definita come una strategia di

“internazionalizzazione aggressiva” o “accelerata” 105 . Il fatto che alcune

multinazionali provenienti da un paese come la Cina, completamente chiuso

a qualunque rapporto con l’esterno fino al 1978, siano oggi in grado di

minacciare la leadership di imprese incumbents provenienti dai paesi

avanzati nonostante la disparità di risorse iniziali, di conoscenze, di

esperienza e di accesso ai mercati globali e benché buona parte di esse non

abbia alle spalle che due decenni di attività, ha infatti suscitato molti

interrogativi e dato adito a differenti interpretazioni. In particolar modo gli

studiosi specializzati nell’analisi dei processi di internazionalizzazione si

sono domandati se questo nuovo fenomeno potesse essere fatto rientrare

nelle teorie tradizionali dell’impresa transnazionale o se necessitasse invece

dell’elaborazione di nuove teorie. In questo lavoro evidentemente

ipotizziamo che l’innovazione appropriata abbia giocato un ruolo importante

nel determinare le tempistiche, le direttrici e le modalità

dell’internazionalizzazione delle imprese cinesi, tuttavia per potere provare

la validità di tale ipotesi è necessario inserirla nella adeguata cornice

104 Per un’analisi critica della letteratura in materia si veda Amighini, Sanfilippo, Rabellotti (2009).

198

Page 199: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

teorica e pertanto si analizzeranno ora alcune delle teorie e delle

interpretazioni più importanti relative a questo fenomeno.

3.1 L’internazionalizzazione delle imprese cinesi: un’eccezione alla teoria ?

Uno dei fondamenti della teoria tradizionale dell’impresa

transnazionale, dovuto a Stephen Hymer106, vuole che il processo di

internazionalizzazione ed in particolare la decisione di servire i mercati

esteri attraverso la creazione di filiali produttive in paesi stranieri,

comporti, di per sé, costi e rischi extra legati al diverso ambiente culturale,

linguistico, legale, economico e politico in cui l’impresa si troverebbe ad

operare, rispetto alla semplice esportazione. L’investimento diretto estero

(IDE) da parte di un’impresa deve essere quindi determinato dall’esistenza

di vantaggi specifici che l’impresa già possiede e che può sfruttare anche

all’estero per aumentare il proprio potere di mercato. Questa intuizione di

Hymer è alla base del più importante e sinora seguito contributo teorico sul

fenomeno degli investimenti diretti esteri: lo schema eclettico di Dunning.

Secondo questa teoria, proposta da John Dunning nel 1981107, la decisione

dell’impresa di espandere all’estero le proprie attività si basa sulla

possibilità di sfruttare tre tipi di vantaggi108: vantaggi di proprietà

(ownership), vantaggi localizzativi (location) e vantaggi di internalizzazione

(internalization). I vantaggi di proprietà si configurano come risorse in

possesso di una specifica impresa che possono essere sfruttate all’estero.

Esempi di questo tipo di vantaggio possono essere le dimensioni ed il potere

di mercato di un’azienda, tecnologie proprietarie, un brand riconosciuto ma

anche la conoscenza di un mercato specifico. I vantaggi localizzativi sono

legati alle caratteristiche del paese destinatario dell’investimento diretto

estero ad esempio in termini di infrastrutture, dotazione di risorse naturali,

qualità e prezzo dei fattori produttivi, politiche di accoglienza del governo. I

105 Cfr. Duyster et al. (2009). 106 Cfr. Hymer (1960). 107 Cfr. Dunning (1981).

199

Page 200: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

vantaggi di internalizzazione sono benefici che derivano dalla possibilità

dell’impresa di svolgere alcune attività all’interno dell’impresa stessa

piuttosto che appaltarle a fornitori, evitando i costi di transazione sui

mercati esterni. Sulla base di queste tre tipologie di vantaggi Dunning

individua tre condizioni che devono realizzarsi affinchè un’impresa avvii il

proprio processo di internazionalizzazione: in primo luogo “le imprese in

esame devono possedere netti vantaggi di proprietà rispetto a imprese di

diverse nazionalità, nel servire particolari mercati”109 ; in secondo luogo

“l’impresa deve ricevere dei benefici dall’internalizzare l’uso delle risorse in

cui gode tale vantaggio, piuttosto che venderle sui mercati esterni”110; infine

“il paese dove gli IDE hanno luogo deve offrire speciali vantaggi

localizzativi, da sfruttare insieme a quelli derivanti dalla proprietà e

dall’internazionalizzazione”111. Risulta ben evidente che, come già suggerito

da Hymer, anche per Dunning le imprese, per poter riuscire nella fase

dell’internazionalizzazione, devono già possedere qualche tipo di vantaggio

competitivo.

Tuttavia lo schema eclettico di Dunning è stato creato per l’analisi

dell’investimento diretto estero proveniente dai paesi avanzati e non dà

alcuna specifica indicazione per interpretare il processo di

internazionalizzazione di imprese provenienti dai paesi emergenti o in via

di sviluppo. Secondo alcuni autori questa cornice interpretativa mal si

adatterebbe a descrivere questo fenomeno perché le imprese provenienti dai

paesi emergenti difficilmente potrebbero disporre di vantaggi, in particolar

modo di vantaggi di proprietà, comparabili con quelli delle multinazionali

originarie dai paesi avanzati e necessari per avviare il processo di

internazionalizzazione nel senso inteso dalla teoria di Dunning. Autori come

John Mathews112 e Peter Ping Li113 ritengono infatti che nell’interpretare

108 In letteratura sono conosciuti come OLI Advantages per le iniziali delle diverse tipologie di vantaggio (Ownership, Location, Internalization). 109 Cfr. Ietto-Gillies (2005), p. 116. 110 Ivi. 111 Ivi. 112 Cfr.Mathews (2006).

200

Page 201: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

questa nuova tipologia di IDE non si debba guardare ai vantaggi già

posseduti dalle imprese, quanto ai vantaggi che possono essere acquisiti

grazie all’internazionalizzazione. Mathews ha anche proposto un modello

d’analisi alternativo, denominato Linkage, Leverage and Learning (LLL)114,

secondo cui le imprese provenienti dai paesi emergenti in primo luogo

escono dal proprio paese alla ricerca di risorse che mancano internamente,

quali ad esempio una determinata conoscenza tecnologica o anche solo la

riconoscibilità del brand. Per questa ragione molto spesso non compiono

investimenti di tipo green field ma cercano accordi di partnership, join

venture o acquisizioni. Una volta collegate (linked) si concentreranno sulla

comprensione di come le risorse mancanti possano essere assorbite e

sfruttate (leverage) o quanto meno su come rimuovere le barriere che

ostacolano l’assorbimento e lo sfruttamento delle risorse in questione.

L’iterazione dei processi di linkage e leverage, consente alle imprese dei

paesi emergenti l’effettiva acquisizione di un vantaggio competitivo,

derivante, oltre che dall’aver acquisito risorse prima non possedute,

dall’aver appreso (learning) e sviluppato competenze su come si opera a

livello internazionale. Secondo questa impostazione l’internazionalizzazione

dei gruppi cinesi andrebbe considerata come una eccezione rispetto alla

teoria dominante e sarebbe dunque motivata dalla necessità di colmare le

lacune interne attraverso l’acquisizione di asset tecnologici o di brand

piuttosto che dalla volontà di sfruttare all’estero vantaggi competitivi

precedentemente acquisiti. Peter Li115, nell’analizzare l’evoluzione da

impresa locale a multinazionale di tre aziende cinesi (Haier, Lenovo e TCL),

sottolinea pertanto come prima di avviare la fase dell’internazionalizzazione

queste imprese fossero sprovviste di vantaggi di proprietà nei confronti delle

multinazionali originarie dei paesi avanzati. Ciò sarebbe anche confermato

dal fatto che, come notato anche da Mathews, hanno scelto in molti casi la

113Cfr. Li (2007). 114Cfr. Mathews (2006), p. 19. 115Cfr. Li (2007). L’autore in questione ha posto la sua attenzione in particolare sull’internazionalizzazione di Haier, Lenovo e TCL.

201

Page 202: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

via delle alleanze strategiche con gli incumbents o delle acquisizioni di

imprese in difficoltà, piuttosto che la concorrenza diretta.

Benchè questo tipo di interpretazione colga certamente alcuni aspetti

del fenomeno ed in particolar modo sia calzante per spiegare i casi delle

acquisizioni di IBM da parte di Lenovo e di Thompson da parte di TCL, in

questo lavoro si ritiene tuttavia che il processo di internazionalizzazione

avviato dalle imprese cinesi tra la fine degli anni novanta e l’inizio del nuovo

millennio possa essere spiegato meglio seguendo le teorie tradizionali che

vedono l’investimento diretto estero come conseguenza, e non come fonte, di

vantaggi specifici acquisiti da parte dell’impresa. Questa considerazione può

essere svolta con relativa sicurezza in primo luogo sulla base del fatto che,

come è messo in luce peraltro dallo stesso Li, le imprese cinesi prima di

avviare il processo di internazionalizzazione hanno quasi sempre

conquistato una fetta molto importante, se non la leadership, del mercato

locale. Anche Peter Williamson e Ming Zeng, nel tratteggiare la minaccia

globale dei gruppi cinesi nei confronti delle multinazionali incumbents,

evidenziano come le imprese cinesi non rappresentino un pericolo per la

concorrenza occidentale in tutti quei settori e per tutti quei prodotti per i

quali il mercato locale della Repubblica Popolare abbia dimensioni ridotte o

sia addirittura inesistente116. Un esempio di come questo tipo di limite

abbia condizionato la capacità delle imprese cinesi di uscire dai propri

confini, secondo i due autori, è quello offerto dal settore dell’automotive.

Sebbene non si possa dire che il mercato delle automobili in Cina sia di

piccole dimensioni, dal momento che dal 2009 la Repubblica Popolare è

diventata il paese dove si producono più auto al mondo, rimane comunque

ancora circoscritto alla fascia alta dei consumatori. Nel 2007 solo 6 famiglie

residenti in aree urbane su 100117 possedevano un’automobile, che veniva

considerata ancora come un bene di lusso. In un contesto di questo tipo le

principali aziende interamente locali, BYD e Chery, hanno cominciato solo

116 Cfr. Williamson e Zeng (2007), p.125. 117 Cfr. NBS (2008).

202

Page 203: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

di recente a recuperare terreno rispetto alle joint venture messe in piedi da

multinazionali straniere come Volksvagen, General Motor, Nissan e

Hyunday118 e sino ad ora non hanno mosso che timidi passi sulla strada

dell’internazionalizzazione119.

In quest’ottica si può ben ipotizzare come il vantaggio competitivo che

consente alle imprese cinesi di sopravvivere ed emergere sul proprio

mercato locale possa essere rilevante anche ai fini dell’espansione

internazionale. Nel corso di questo lavoro si è più volte sottolineato come, a

nostro avviso, questo vantaggio risieda nella capacità delle imprese cinesi

di utilizzare l’arma dell’innovazione appropriata per creare nuovi mercati,

stimolando la domanda latente di consumatori locali trascurati dall’offerta

tradizionale delle multinazionali incumbents. L’evidente conclusione di

questo ragionamento è che la specificità della capacità innovativa sviluppata

dalle imprese cinesi per crescere sul mercato interno rappresenti anche il

principale vantaggio competitivo detenuto dai gruppi cinesi nella sfida ai

players globali. Come sostenuto anche da Ravi Ramamurti120, l’esperienza

maturata nel servire i mercati complessi della Repubblica Popolare può

infatti rappresentare per le imprese cinesi un vantaggio proprietario nel

senso inteso da Dunning, visto che gli garantisce un netto vantaggio

“rispetto ad imprese di diverse nazionalità nel servire particolari mercati”. I

paesi in via di sviluppo e le economie emergenti si configurano infatti come

aree in cui i vantaggi specifici acquisiti nel contesto locale possono essere

sfruttati in maniera più piena. La concomitanza di vantaggi proprietari e

vantaggi localizzativi ha creato quindi per le imprese cinesi l’incentivo a

trascurare i costi ed i rischi connessi all’investimento diretto estero e ad

avviare il processo di internazionalizzazione, partendo, come è avvenuto per

il mercato interno, dalle aree periferiche trascurate dalla concorrenza. Ma

118 Shanghai Volkswagen Automotive, Faw-Volkswagen Automobile, Shanghai General Motor Co., Beijing Hyundai Co. 119 Chery tra il 2006 ed il 2007 ha aperto stabilimenti in Iran, Russia. (sito internet) 120 Cfr. Ramamurti (2008), p.10.

203

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questo non è che il primo passo. Williamson e Zeng121 mettono in luce come

il successo alla periferia dei mercati globali, offra alle multinazionali cinesi

la piattaforma da cui lanciare il proprio attacco alle multinazionali

incumbents anche sui mercati avanzati di Europa e Stati Uniti, per tre

ordini di ragioni. In primo luogo poiché, come nel caso del mercato interno, il

successo sui mercati periferici garantisce economie di scala, riducendo

ulteriormente i costi, già più bassi rispetto alla concorrenza, per le imprese

cinesi. I costi più bassi a loro volta consentono nuovi investimenti,

aumentano la probabilità di successo in nuovi mercati ed abbassano dunque

i rischi connessi all’ingresso nei mercati dei paesi avanzati. In secondo luogo

l’esperienza maturata nel servire i mercati complessi dei paesi emergenti ed

in via di sviluppo ha consentito alle imprese cinesi di affinare ulteriormente

l’arma dell’innovazione appropriata per adeguare i propri prodotti e i propri

modelli di business a diverse tipologie di consumatori, infrastrutture, climi,

regolamenti. La flessibilità nell’adattare la propria offerta e la capacità di

individuare i punti attaccabili (loose bricks) in un nuovo mercato connesse

con i vantaggi derivanti dai costi più bassi offrono alle imprese cinesi

l’opportunità di penetrare sui mercati avanzati rivolgendosi, anche in questo

caso, a clienti problematici o a segmenti di nicchia che le imprese

incumbents non trovano profittevole servire. Infine come il modello della

disruptive innovation di Clayton Christensen prevede, alcune delle

innovazioni appropriate realizzate per i mercati dei paesi emergenti possono

rivelarsi adatte, nel corso della loro traiettoria di miglioramento tecnologico,

anche ai consumatori dei paesi avanzati.

La capacità delle imprese cinesi di realizzare un particolare tipo di

innovazione costituisce dunque, nell’idea di questo lavoro, il vantaggio

competitivo specifico che è alla base del loro processo di

internazionalizzazione. La direttrice tradizionale dei flussi di innovazione

risulta pertanto invertita: i paesi emergenti diventano sorgente di nuove

conoscenze, elaborate attraverso la combinazione di tecnologie e saperi

121 Cfr. Williamson e Zeng (2007), p. 93.

204

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provenienti dall’estero con le esigenze di specifici segmenti di mercato, e

sono poi in grado di esportarle non solo in paesi con un simile livello di

sviluppo, ma anche ai paesi industrializzati, origine prima del processo di

cambiamento tecnologico, su cui generano un duplice effetto di feedback. Da

un lato attraverso la concorrenza che le imprese cinesi riescono a fare alle

multinazionali occidentali anche nei loro paesi d’origine, dall’altro

attraverso l’influeza che i modelli cinesi hanno sull’operato globale delle

multinazionali dei paesi avanzati.

Nel prosieguo del paragrafo si analizzeranno pertanto, anche questa

volta attraverso studi di caso, in primo luogo le caratteristiche del processo

di internazionalizzazione delle imprese cinesi dala periferia al centro ed in

secondo gli effetti di feedback sui paesi industrializzati che questo processo

determina.

3.2 Dalla periferia al centro: l’internazionalizzazione di Huawei

Technologies

Come abbiamo detto, molte delle imprese cinesi emergenti affondano

le radici del loro successo nella capacità di affermarsi sui mercati complessi

della Repubblica Popolare attraverso la realizzazione di innovazioni

appropriate. Questa abilità nel trasformare apparenti costrizioni in

opportunità di mercato ha rappresentato una grande risorsa nel momento in

cui alcune di queste aziende hanno deciso di avviare il processo di

internazionalizzazione poiché, da un lato, ha garantito loro un vantaggio

competitivo nei confronti delle multinazionali incumbents, dall’altro ha

indicato in maniera inequivocabile dove tale vantaggio poteva essere

sfruttato. Così come le campagne della Repubblica Popolare avevano

costituito il terreno ideale per la sopravvivenza delle imprese cinesi sul

mercato interno, i mercati periferici di aree come il Sud Est Asiatico,

l’Europa Orientale, l’Africa ed il Medio Oriente e l’America Latina hanno

rappresentato l’ambiente ideale per la loro espansione estera. Anche in

questi mercati, le multinazionali leader sono riluttanti (o scarsamente

205

Page 206: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

equipaggiate) ad entrare poiché sono popolate da consumatori con scarso

potere d’acquisto e presentano spesso condizioni infrastrutturali difficili che

condizionano la possibilità di una distribuzione efficiente. Servire questi

mercati implicherebbe pensare prodotti ad hoc ma gli incumbents, per lo

meno fino ad epoche molto recenti, hanno preferito concentrare la loro

attenzione e le loro risorse per penetrare i mercati dei paesi avanzati, dove i

consumatori possono essere serviti secondo la tradizionale strategia delle

sustaining technologies, con l’obiettivo di realizzare margini di profitto

sempre più alti sulla vendita di ogni singola unità di prodotto. Questa scelta

strategica ha dunque lasciato aperte delle windows of opportunity per

imprese, come quelle cinesi, in grado di operare con costi molto bassi ad ogni

livello della catena del valore e di offrire prodotti specifici a consumatori che

dispongono di redditi inferiori a quelli dei paesi avanzati e allo stesso tempo

hanno dimestichezza nel distribuire i propri prodotti e servizi in condizioni

ambientali e infrastrutturali ardue. Le imprese cinesi hanno potuto quindi

disporre di quello che Ramamurti definisce adversity advantage122, ovvero

del vantaggio derivante dalla maggiore abilità ad operare in contesti difficili

rispetto agli incumbents.

La concomitanza di vantaggi proprietari e localizzativi ha fatto sì che

molte tra le imprese cinesi di maggiore successo avviassero la propria

internazionalizzazione in paesi emergenti o in via di sviluppo dove l’arma

dell’innovazione appropriata poteva essere sfruttata con maggiore facilità.

E’ il caso di imprese come Hisense Group, ZTE Corporation, Lifan, Huawei

Technologies, Johnson Electric, BYD Company. La storia di Hisense123 è

rappresentativa. Impresa di Qingdao specializzata nella realizzazione di

prodotti di elettronica di consumo, oggi è una delle multinazionali più

conosciute tra quelle provenienti dalla Repubblica Popolare Cinese. Ciò è

dimostrato anche dal fatto che nel gennaio di quest’anno il presidente di

Hisense sia stato tra i relatori principali nella conferenza d’apertura del

122 Cfr. Ramamurti (2008), p. 14. 123 Cfr. Williamson e Zeng (2007) p. 101.

206

Page 207: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

Consumer Electronics Show (CES) di Las Vegas, la fiera dell’elettronica di

consumo più importante dell’anno. Attualmente vende i suoi prodotti in

tutto il mondo con filiali, commerciali e produttive in oltre 40 paesi.

L’espansione internazionale di Hisense è partita però dalla Africa. All’inizio

degli anni novanta Hisense ricevette il suo primo ordine internazionale da

un distributore sudafricano. Il mercato africano, all’epoca piuttosto ristretto,

era dominato da imprese coreane e giapponesi che vi esportavano gli stessi

prodotti che destinavano a qualunque altro paese al mondo. L’azienda

cinese era consapevole che, per poter conquistare tale mercato, doveva

offrire qualcosa che la concorrenza non era intenzionata, né in grado di

offrire. I ricercatori della Hisense si accorsero così che il televisore in Sud

Africa veniva utilizzato in condizioni di luce molto variegate, talvolta in

stanze molto buie, ma spesso anche all’aperto ed in pieno sole, e

consigliarono così di creare un apparecchio che regolasse automaticamente

la luminosità sulla base delle condizioni di luce dell’ambiente circostante. Si

sarebbe dovuto quindi creare un nuovo prodotto, con costi per Ricerca e

Sviluppo, progettazione e per la costruzione di una nuova linea produttiva

ad hoc, per andare incontro alle esigenze di un mercato periferico che offriva

stretti margini di profitto. Questo era proprio il genere di cose che le

imprese cinesi erano in grado di fare, sfruttando i costi più bassi lungo tutta

la catena del valore per realizzare l’innovazione appropriata. Hisense mise

dunque in produzione quel tipo di apparecchio e decise di farlo direttamente

in Sud Africa, dove avrebbe potuto sfruttare appieno il proprio vantaggio

competitivo. Il televisore fu un successo e consentì all’impresa di portare sul

mercato locale anche altri prodotti quali condizionatori e frigoriferi. Nel

2000 Hisense era la seconda azienda più importante di elettronica di

consumo dell’intero mercato africano.

Molte delle imprese cinesi che hanno avviato il processo di

internazionalizzazione hanno storie simili, basti pensare al caso del Coral

200 Solar, cellulare di ZTE che si ricarica ad energia solare prodotto per

penetrare sui mercati dei Caraibi e dell’America Centrale, citato nel primo

207

Page 208: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

capitolo. Tuttavia il caso forse più rappresentativo di come l’esperienza

maturata sul mercato locale conferisca alle imprese cinesi le capacità

necessarie a penetrare in un primo momento nei mercati difficili dei paesi

emergenti ed in via di sviluppo, per poi procedere verso i paesi avanzati è

quello costituito dall’espansione estera di Huawei Technologies. Come

abbiamo visto in precedenza, l’impresa di Shenzen aveva basato la sua

affermazione sul mercato interno sulla vendita di switch digitali per rete

fissa. Ciò le aveva anche consentito di disporre delle risorse necessarie e di

beneficiare dell’appoggio del governo per ottenere da Qualcomm la licenza

per la produzione di infrastrutture per rete mobile basate sul sistema

CDMA 2000, prima evoluzione, e potenziale rivale, del sistema GSM.

Tuttavia il mercato domestico per le reti mobili di seconda generazione alla

fine degli anni novanta era completamente dominato dalle multinazionali

straniere, Ericsson, Nokia, Motorola, Siemens, che avevano cominciato a

costruire la rete mobile cinese, basata sul sistema GSM, dal 1994. Huawei

era tagliata fuori dal mercato poiché disponeva ora di un’ottima tecnologia

ma basata su uno standard differente da quello in uso. Anche quando poi,

nel 1999, il governo cinese tentò di rompere il monopolio del GSM creando

una nuova compagnia telefonica, China Unicom, che utilizzasse il sistema

CDMA 2000, a conquistare la gran parte del mercato fu Motorola, che

poteva contare sui vantaggi di aver già installato quel tipo di infrastrutture

in tutti gli Stati Uniti. Ren Zhengfei, presidente di Huawei Technologies,

comprese allora che l’unica cosa da fare era riproporre la strategia utilizzata

con gli switch digitali sul mercato interno. Se i mercati più facili e redditizi

erano inaccessibili si doveva cominciare da quelli complessi e dimenticati

dalla concorrenza. Nel caso della rete fissa nazionale questo aveva voluto

dire rifugiarsi nelle campagne cinesi per poi avanzare secondo la logica della

guerrilla tactics, per la rete mobile questo significava varcare i confini della

Repubblica Popolare e indirizzare la propria offerta verso tutti quei paesi

che non si erano ancora dotati di una tale infrastruttura ma che lo

avrebbero fatto nel giro di un decennio. Si trattava dunque ancora una volta

208

Page 209: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

di conquistare le periferie, i paesi emergenti ed in via di sviluppo per

arrivare al centro. Dopo un primo successo ottenuto “a due passi da casa”,

ad Hong Kong (dista solo 28 km da Shenzen) per la Hutchinson Telecom,

Huawei orientò la propria offerta verso Russia, paesi africani e sud-est

asiatico. L’impresa di Ren Zhengfei, nel 1997, mise in piedi una Joint

Venture con un produttore russo di infrastrutture telefoniche con l’obiettivo

di penetrare su questo mercato. Poco dopo la Federazione Russa fu colpita

da una crisi finanziaria senza precedenti che portò molte multinazionali a

ritirarsi da quel mercato ritenendolo ormai poco profittevole e di bassa

priorità. Huawei decise di rimanere e di creare in primo luogo una buona

rete di vendita in attesa che il mercato russo si riprendesse. Cominciò così a

reclutare forza lavoro locale e mandarla a Shenzen a fare formazione per poi

poterla inviare in tutte le province della Russia per comprendere le esigenze

dei potenziali clienti. Con il nuovo millennio il mercato russo si riprese dalla

crisi finanziaria e Huawei era pronta a raccoglierne i frutti: nel 2001 le sue

vendite in Russia superarono i 100 milioni di dollari, nel 2003 triplicarono

assicurando all’impresa di Shenzen la leadership di mercato124, tutt’oggi

mantenuta, con una quota di oltre il 50 per cento del totale dei contratti.

L’idea di Rheng di rimanere in un mercato abbandonato dalle

multinazionali aveva premiato, soprattutto grazie alla capacità di Huawei di

trasferire l’esperienza maturata nei mercati rurali della Cina in un contesto

simile: “operare senza una rete distributiva locale, con popolazioni sparse su

grandi aree geografiche, con regolamenti e governi [nazionali e regionali]

poco trasparenti ed un sistema finanziario arretrato risultava piuttosto

semplice per Huawei perché era proprio come a casa”125. Poteva infatti

sfruttare il suo adversity advantage, la sua capacità di creare prodotti e

modelli di business specifici per i mercati dimenticati. Questo tipo di

vantaggio poteva essere sfruttato anche sul mercato africano, nel 2004

Huawei aveva già uffici commerciali in trenta paesi africani, centri di

124 Cfr. Wu e Zhao ( 2007). 125 Cfr. Williamson e Zeng (2007), p. 108.

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Page 210: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

formazione in Egitto, Nigeria, Kenya e Tunisia, Angola e Guinea, che

consentivano di formare personale che comprendesse le esigenze del mercato

locale, due quartier generali per le operazioni sul continente, uno al Cairo,

da cui venivano dirette le attività per il Nord Africa ed il Medio Oriente,

l’altro a Johannesburg, per l’Africa sub sahariana. Huawei a partire dal

2000 si impegnò sul mercato africano come nessuna multinazionale

occidentale avrebbe mai fatto, radicandosi in maniera capillare nel

continente e cominciando a realizzare prodotti fatti su misura per le

esigenze delle compagnie telefoniche committenti e della popolazione locale.

Grazie alla ormai tradizionale capacità delle imprese cinesi di maggiore

successo di sfruttare il vantaggio da costo su tutta la catena del valore,

Huawei era in grado di commercializzare la propria offerta ad un prezzo di

circa il 15 per cento in meno126 rispetto a quello proposto dalle

multinazionali dei paesi avanzati. Inoltre assicurava ai propri clienti una

completa e continua assistenza (24 ore al giorno, 7 giorni la settimana)

anche in un contesto difficile come quello africano, in cui le multinazionali

occidentali, qualora presenti, non avrebbero mai investito le stesse risorse

dell’impresa di Shenzen. In caso di un qualsiasi tipo di problema o nel caso

si rendesse necessaria una nuova infrastruttura in un ristretto periodo di

tempo, Huawei era in grado di mettere a disposizione del cliente un volume

di personale tecnico e di ingegneri che le imprese leader a livello mondiale

potevano difficilmente eguagliare, non solo sul mercato africano, ma anche

in molti dei loro mercati domestici127. In virtù del profondo impegno profuso

Huawei nel 2004 realizzava circa 440 milioni di dollari di ricavi in Africa ed

era di gran lunga leader nelle vendite. Ma era solo l’inizio. L’impegno in

Africa era sensato soprattutto se pensato con un’ottica di lungo periodo, con

la speranza di crescere insieme ai propri clienti e questo era proprio

l’obiettivo dell’impresa di Shenzen: radicarsi nei mercati difficili e farli

126 Secondo alcuni i prezzi sarebbero potuti essere ancora più bassi dal momento che i margini di profitto realizzati in Africa erano tra le 5 e le dieci volte più ampi rispetto a quelli in Cina (Africa Report). Chang et al (2010) ritengono che i prezzi fossero mantenuti più alti per comunicare l’idea che il prodotto Huawei fosse un prodotto di qualità confrontabile con quella dei prodotti delle multinazionali occidentali.

210

Page 211: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

crescere. Nel 2006 le vendite di Huawei in Africa superavano i 2 miliardi di

dollari, nel 2008 raggiungevano i 3 miliardi di dollari, andando a

rappresentare circa il 20 per cento dei ricavi ottenuti dall’impresa fuori

dalla Cina.

Anche l’India ha giocato un ruolo molto importante nel processo di

internazionalizzazione della Huawei. Il primo passo fatto in tale paese

dall’impresa cinese è stato l’insediamento, a Bangalore, del primo centro per

la Ricerca e Sviluppo al di fuori dei confini nazionali, ad oggi il più grande

tra quelli che l’azienda ha oltreconfine. L’obiettivo primario era quello di

poter attingere ai preparatissimi ingegneri informatici indiani, potendo in

tal modo beneficiare di costi bassi per le attività di R&S anche in settori in

cui la manodopera qualificata cinese non era molto numerosa. Nel frattempo

venivano comunque raccolte preziose informazioni e stabilite relazioni con le

compagnie telefoniche e con i responsabili della rete telefonica pubblica

indiana per la nascita di una filiale commerciale, insediata poi a Gurgaon

nel 2002. Come nel caso del mercato africano e russo Huawei non faticò

molto ad adattare i propri prodotti ad un contesto difficile che però aveva

molte caratteristiche in comune con quello domestico, tra cui il potenziale di

crescita. Venne così scelta in primo luogo dagli operatori pubblici BSNL e

MTNL per l’edificazione di parte della rete mobile CDMA e per la

realizzazione di oltre 10.000 chilometri di linea in fibra ottica. A partire dal

2004 cominiciò a servire anche compagnie private, prima regionali (il primo

contratto fu stipulato con una compagnia telefonica che gestiva la rete nel

Punjab), poi nazionali come Tata, Vodafone e Bharti Airtel128 per la

realizzazione della rete mobile. Huawei Technologies India divenne

l’impresa leader nel mercato indiano e nel 2008 arrivava a realizzarvi ricavi

per oltre 3,5 miliardi di dollari.

Con la conquista dei mercati dei paesi emergenti ed in via di sviluppo

Huawei aveva acquisito nuovi vantaggi competitivi, in termini di scala e di

127 Cfr. Ernst e Naughton (2007) 128 Cfr. www.huawei.com.

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Page 212: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

esperienza, che gli consentivano ora di poter procedere verso i paesi di più

antica industrializzazione. Il successo in questi mercati aveva insegnato a

Huawei che uno degli elementi decisivi per il conseguimento di un contratto

era la sua capacità di dispiegare un vasto numero di propri dipendenti,

ricercatori, tecnici e commerciali, vicino al cliente sul territorio poiché gli

consentiva di offrire una maggiore flessibilità ed una capacità di risposta più

tempestiva rispetto a quelli della concorrenza delle multinazionali

occidentali, che facevano invece affidamento su processi più standardizzati.

Ren Zhengfei era convinto che questo approccio avrebbe funzionato anche

sui mercati dei paesi avanzati e non si sbagliava. Nel 2004 Huawei vinse il

primo contratto in Olanda con la compagnia telefonica Telfort, in

precedenza cliente di Ericsson. Telfort aveva seguito le attività globali

dell’impresa di Shenzen ed aveva avuto occasione di riconosciore la qualità ,

nonostante il costo più basso, delle infrastrutture costruite da Huawei, in

particolar in alcuni paesi ricchi ma troppo piccoli perché le multinazionali

leader vi concentrassero eccessiva attenzione, come quello degli Emirati

Arabi Uniti129. Telfort rimase però soprattutto influenzata dall’offerta di

Huawei di costruire un centro per la Ricerca e Sviluppo, con più di cento

ingegneri impiegati, a pochi passi dal quartier generale di Telfort.

L’impresa cinese sfruttava i suoi costi più bassi per insediare interi

laboratori di ricerca per lo sviluppo di prodotti adeguati alle esigenze del

mercato locale e dei propri clienti. La localizzazione dei centri di R&S nei

paesi avanzati non serviva dunque esclusivamente ad attingere a tecnologie

e manodopera qualificata con competenze superiori a quella cinese ma

anche, ed in questo caso soprattutto, per sfruttare appieno i vantaggi

derivanti dalla capacità di realizzare innovazioni appropriate. Nel 2006

Huawei disponeva di quattro laboratori per la Ricerca e Sviluppo in Europa

(Olanda, Svezia, Inghilterra, Russia), di centri di assistenza tecnica

continua ( 24 ore al giorno, 365 giorni l’anno) e centri di formazione in

129 Cfr. www.huawei.com. Huawei aveva installato una delle sue prime reti di terza generazione (UMTS) per Etisalat negli Emirati Arabi Uniti nel 2003.

212

Page 213: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

Inghilterra, Germania, Francia ed Italia130. Nel 2008 Huawei ha totalizzato

oltre tre miliardi di dollari di ricavi in Europa, ovvero il 10 per cento delle

vendite totali di sistemi di telecomunicazione, provenienti in molti casi

dall’installazione di reti di ultimissima generazione (4G). Molto rilevante il

fatto che, a fine 2009, l’impresa cinese sia riuscita addirittura a battere

Ericsson, leader mondiale nel settore, sul suo mercato domestico. Huawei si

è infatti aggiudicata un contratto proprio per l’edificazione di una rete di

quarta generazione per il consorzio costituito da Tele2 Svezia e la

norvegese Telenor.

Seguendo la strategia già utilizzata sul mercato interno Huawei è

dunque riuscita ad arrivare ai mercati dei paesi di più antica

industrializzazione partendo da quelli difficili di paesi emergenti ed in via di

sviluppo. Sebbene non sia ancora riuscita a penetrare efficacemente sul

mercato statunitense, oggi Huawei realizza oltre il 70 per cento dei suoi

ricavi fuori dai confini nazionali, serve oltre 270 operatori a livello globale,

35 dei quali sono tra le 50 compagnie telefoniche più grandi al mondo e ha

recentemente scavalcato Nokia Siemens Networks al secondo posto della

classifica dei top vendor globali di sistemi di telecomunicazione131.

3.3 Inversione dei flussi di innovazione ed effetti di feedback verso i paesi

industrializzati

L’innovazione appropriata costituisce dunque il vantaggio competitivo

che consente alle imprese cinesi di espandersi oltre i propri confini e di

mettere in dubbio la leadership delle multinazionali incumbents,

provenienti dai paesi di più antica industrializzazione. La capacità di

innovare che, secondo gran parte della letteratura dedicata ai processi di

catch up, doveva rimanere preclusa alle aziende dei paesi late comer

rappresenta, invece, lo strumento fondamentale per la crescita e

l’affermazione delle imprese cinesi, non solo a livello locale o su mercati

130 Nel novembre 2009 Huawei ha aperto anche un centro per l’innovazione a Milano in collaborazione con Vodafone. Cfr. www.huawei.com

213

Page 214: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

dimenticati, ma anche nei paesi avanzati. L’idea tradizionale che le sorgenti

di nuova conoscenza debbano trovarsi per forza nei paesi della triade è

destinata a tramontare piuttosto in fretta visto che l’innovazione

appropriata proveniente dalla Cina ha già cominciato ad influenzare in

maniera decisa la condotta di molte imprese originarie dei paesi

industrializzati. In alcuni casi ne ha messo in pericolo la supremazia, e

talvolta anche la sopravvivenza, persino nei loro mercati domestici, in altri

alcune multinazionali incumbents sono state invece pronte a riconoscere il

valore dell’innovazione appropriata prodotta dalle imprese cinesi, tanto da

modificare alcuni aspetti delle loro strategie tecnologiche e dei loro modelli

di business seguendo l’esempio cinese.

Ciò che ci preme mettere in luce ora è come questa inversione dei

flussi di conoscenza ed innovazione rappresenti una sorta di chiusura di un

cerchio, una retroazione, su quella che in origine è stata la fonte primaria di

tale cambiamento. Nel corso di questo lavoro abbiamo visto infatti come

l’innovazione appropriata da un lato sia stata resa possibile dal

dispiegamento del nuovo paradigma tecno economico e dall’accelerazione del

processo di globalizzazione, fenomeni entrambi esogeni rispetto al contesto

cinese ed in particolar modo provenienti dai paesi avanzati; dall’altro sia

stata una reazione, come proposto dalla prospettiva evolutiva, alla

concorrenza proveniente dalle multinazionali estere che ha costretto le

imprese cinesi a creare segmenti di mercato in cui rifugiarsi al fine di

sopravvivere. L’innovazione appropriata, per quanto sia costruita su

vantaggi specifici offerti dal contesto della Repubblica Popolare, è quindi da

considerare in primo luogo come una reazione, indispensabile per lo sviluppo

e la crescita delle imprese locali, a stimoli e pressioni provenienti dai paesi

industrializzati. E’ un esempio paradigmatico di come l’apertura al mondo

esterno, in un contesto globale in cui la diffusione di conoscenza e

informazioni è resa più facile, anche per merito di nuove tecnologie, possa

influenzare positivamente lo sviluppo di un paese late comer e delle sue

131 Cfr. Il Sole 24 Ore (2009).

214

Page 215: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

imprese. Il fatto che il prodotto di questo fenomeno influisca a sua volta

sulla vita economica dei paesi avanzati può essere visto a pieno titolo come

un effetto di feedback verso la sorgente del fenomeno stesso. Come abbiamo

accennato, questo effetto può essere duplice. Da una parte può risultare più

diretto dal momento che lo stile innovativo elaborato dalle imprese cinesi

riesce a trovare applicazione anche su alcuni segmenti di mercato dei paesi

avanzati, consentendogli di competere con successo con le multinazionali

incumbents, la cui posizione viene indebolita nei loro stessi mercati

domestici. Dall’altra può essere meno diretto, ma a nostro avviso più

rilevante, perché porta ad un processo di apprendimento da parte delle

multinazionali incumbents che mutano una parte delle loro routine

manageriali per adeguarle a quelle proposte dalle late comer cinesi. Nel

prosieguo del capitolo dedicheremo la nostra attenzione a questi due tipi di

feedback che dalla Repubblica Popolare cinese vanno verso la frontiera

tecnologica dei paesi avanzati, aiutandoci con i casi offerti dalla storia di due

imprese, ancora una volta la cinese Haier e la finlandese Nokia.

3.3.1 Primo effetto di feedback: Haier e l’innovazione appropriata sui

mercati avanzati.

Il primo effetto di feedback verso i paesi industrializzati è dunque

quello che vede le imprese cinesi competere con le multinazionali

incumbents nei mercati avanzati. Come abbiamo già brevemente accennato,

le imprese cinesi possono sfruttare, anche nei paesi industrializzati, la

specificità della capacità innovativa acquisita servendo i mercati difficili dei

paesi emergenti, per lo più secondo due modalità.

In primo luogo, come previsto dal modello della disruptive innovation

di Clayton Christensen132 analizzato all’inizio di questo capitolo, le

innovazioni appropriate, inizialmente pensate per conquistare la fascia più

bassa dei mercati esistenti o per stimolare la domanda di nuovi

132 Cfr. Christensen (1997).

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Page 216: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

consumatori, seguono una propria traiettoria di miglioramento della

performance tecnologica che le può rendere appetibili anche per i

consumatori dei paesi industrializzati. Ciò è in particolar modo vero nel caso

in cui i prodotti offerti dalle imprese incumbents abbiano superato quella

soglia di progresso tecnico che il consumatore medio è in grado di assorbire o

se mancano di rispondere alle esigenze di segmenti specifici del mercato in

questione.

Il miglior esempio di come un’innovazione appropriata, pensata

specificatamente per rispondere ad esigenze peculiari del mercato cinese,

possa funzionare anche nel contesto dei paesi industrializzati, è quello

offerto da uno dei prodotti citati nel paragrafo 4.3, la lavatrice Mini Whiz

Kid, realizzata da Haier Group alla fine degli anni novanta. Nel paragrafo

precedente avevamo messo in luce come questa lavatrice fosse stata

progettata per andare incontro alle esigenze delle famiglie cinesi residenti in

città, ed in particolar modo di quelle a basso reddito, che abitavano per la

maggior parte in abitazioni con metrature molto limitate. Tale lavatrice

aveva dimensioni e capacità di carico ridotte rispetto ai prodotti della

concorrenza in modo tale da occupare meno spazio e consumare meno acqua

e meno elettricità. La Mini Whiz Kid fu un blockbuster sul mercato interno

e, per tale ragione, tra il 1998 ed il 2000 fu riproposta con alcune modifiche

e miglioramenti per ben dodici volte133. Seguendo la logica del modello di

Christensen, si può dire che avviò molto velocemente la sua naturale

traiettoria di miglioramento tecnologico. Nel 2002, l’ultima evoluzione della

Mini Whiz Kid poteva andare bene per i consumatori dei mercati avanzati

con esigenze specifiche, quali ad esempio la vasta popolazione di single

giapponesi residenti in città, dal momento che abitavano anch’essi in

abitazioni di pochi metri quadri e non avevano grandi esigenze di carico.

Haier decise così di fare il suo ingresso sul mercato giapponese, solitamente

difficile da penetrare anche per multinazionali statunitensi ed europee, e lo

133 Cfr. Xu et al.(2007), p. 39.

216

Page 217: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

fece attraverso una collaborazione con Sanyo, garantendosi così l’accesso ad

una rete distributiva consolidata in Giappone134. La Mini Whiz Kid fu

quindi uno dei primi prodotti portati da Haier sul mercato del Sol Levante e

costituì un vero successo, potremmo dire sia di critica che di pubblico,

risultando la seconda lavatrice più venduta nel 2002 e vincendo il G-mark, il

premio più importante nel campo del design industriale conferito in

Giappone135, mai assegnato prima ad un’azienda cinese.

In secondo luogo, l’esperienza maturata nel servire i consumatori

difficili di aree dimenticate dalle multinazionali provenienti dai paesi

avanzati, come le campagne cinesi o i paesi emergenti ed in via di sviluppo,

ha conferito alle imprese cinesi la capacità di adattare in maniera flessibile

e repentina i propri prodotti ed i propri modelli di business per poter

realizzare l’innovazione appropriata a servire i segmenti di mercato in cui

gli incumbents erano più deboli e su cui avrebbero avuto le maggiori

possibilità di successo. Ciò implica una duplice competenza, la prima,

ampiamente affrontata, è quella concernente la capacità di sviluppo di nuovi

prodotti, la seconda, più importante in questo caso, riguarda l’abilità delle

imprese cinesi nell’individuare i punti in cui le multinazionali leader sono

più deboli e su cui invece la capacità di realizzare innovazioni appropriate

può rappresentare un vantaggio più importante. Secondo Williamson e

Zeng, questa seconda capacità è risultata essere un fattore determinante per

il successo delle imprese cinesi sui mercati avanzati. In particolare gli ha

consentito di identificare due categorie di segmenti di mercato in cui

mettere in pratica l’innovazione appropriata: i clienti difficili e le nicchie di

mercato. I primi sono una tipologia di consumatori che necessita prodotti

costruiti su misura per le proprie esigenze ma non ha il potere d’acquisto o i

volumi che rendono sensato in termini economici per le imprese incumbents

realizzare un prodotto specifico. La customizzazione implica infatti costi per

la ricerca, la progettazione e per la costruzione di nuove linee produttive e

134 L’accordo prevedeva che in cambio Haier utilizzasse batterie ricaricabili Sanyo nei propri prodotti, sia in Cina che a livello globale (www.haier.com).

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può essere piuttosto rischiosa per gli incumbents visto gli alti costi su ogni

anello della catena del valore. Come abbiamo già visto per il caso di

Hisense, queste sono proprio le situazioni in cui le imprese cinesi riescono a

sfruttare al meglio la capacità di realizzare innovazioni appropriate, in

modo rapido ed economico, potendo contare su economie di scala e costi che

limitano il rischio dell’investimento.

Sebbene possa sembrare un’affermazione contraria al senso comune,

che vede le nicchie come all’opposto dei clienti problematici, popolate da

consumatori di fascia alta in grado di pagare un prezzo più alto per un

prodotto con caratteristiche particolari, il secondo segmento dei mercati

avanzati attaccabile dai gruppi cinesi è costituito proprio dalle nicchie ed in

particolar modo proprio da quelle di fascia alta. Le imprese cinesi

individuano in questa porzione di mercato la possibilità di realizzare

un’innovazione appropriata che, abbassando il costo del prodotto e

stimolando, anche in questo caso, la domanda dei non consumatori, faccia

esplodere la nicchia e la trasformi in un mercato di massa. Le

multinazionali incumbents sono particolarmente impreparate a rispondere a

questo tipo di attacco poiché, anche qualora si aspettino di dover fare i conti

con la concorrenza cinese sul proprio mercato interno, difficilmente si

aspettano che la sfida sia portata sulla fascia alta del mercato.

Ancora una volta la Haier Group ci offre gli esempi migliori di come

questi due particolari segmenti di mercato possano costituire l’occasione per

le imprese cinesi di sfruttare l’innovazione appropriata per penetrare nei

paesi avanzati. Rispetto ad un’azienda come Huawei, Haier ha scelto una

strategia di internazionalizzazione leggermente diversa. Benché abbia

compiuto, sin dalle prime fasi di questo processo, investimenti diretti in

paesi emergenti136, il primo paese in cui ha insediato una propria presenza,

sia produttiva che di ricerca, sono stati gli Stati Uniti, con l’edificazione

dell’Haier America Industrial Park a Camden, nel Sud Carolina, nel 1999.

135 Cfr. www.haier.com.

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Secondo Zhang Ruimin, presidente di Haier, produrre negli USA era

fondamentale poichè significava sottoporsi al battesimo del fuoco e far

conoscere il marchio Haier a livello globale. In questo senso le teorie di

Mathews e Li, che vedono nell’investimento diretto estero la possibilità di

acquisire nuovi vantaggi, sono senz’altro corrette. Tuttavia, come nel caso di

Huawei, Haier non ha localizzato oltreoceano i propri laboratori ed i propri

stabilimenti al fine di assorbire conoscenze tecnologiche non possedute

internamente, quanto piuttosto per sviluppare nuovi prodotti dedicati agli

specifici punti deboli del mercato in cui il vantaggio competitivo dell’azienda

di Qingdao poteva essere impiegato appieno.

Haier individuò il primo punto debole da cui cominciare la propria

espansione nel mercato dei mini frigoriferi destinati ai dormitori

universitari, un segmento di mercato trascurato, per i bassi margini di

profitto che lo contraddistinguevano, e servito solo attraverso prodotti

standardizzati dalle imprese leader del mercato U.S.A. quali General

Electric (GE), Whirlpool e Maytag. Era un mercato composto da clienti

difficili, studenti che, potenzialmente avrebbero avuto bisogno di un

prodotto costruito per le loro esigenze particolari, ma di fatto non potevano

spendere quanto sarebbe stato necessario perché le imprese americane

prendessero in considerazione l’idea di crearlo. L’esperienza maturata in

mercati complessi, come quello delle campagne cinesi, aveva insegnato ai

manager di Haier che l’innovazione non deve essere considerata un diritto

esclusivo dei consumatori di fascia alta. Haier inviò così una squadra di

ingegneri in alcuni dormitori americani per analizzare il modo in cui gli

studenti utilizzavano i mini frigoriferi e trovare un modo di differenziare il

proprio prodotto attraverso un’innovazione appropriata. I tecnici, abituati a

pensare ad individuare le costrizioni causate dalle piccole metrature,

notarono subito che le ridotte dimensioni delle stanze impedivano agli

studenti l’installazione di un tavolo aggiuntivo dove poter posizionare i

136 Nel solo 2001 ha localizzato stabilimenti e laboratori per la R&S in India, Pakistan e Bangladesh e fabbriche in Sri Lanka, Nigeria, Giordania, Tunisia.

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Page 220: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

propri computer e che talvolta gli stessi studenti disponevano delle assi tra

il minifrigo ed altri mobili per disporre temporaneamente di un ulteriore

piano d’appoggio. Per ovviare alla mancanza di spazio, Haier progettò un

minifrigo la cui sommità era costituita da un tavolo da computer pieghevole.

Il nuovo prodotto fu un immediato successo tra gli studenti americani e

consentì ad Haier di cominciare a realizzare volumi importanti nel settore

dei minifrighi. Grazie allo sviluppo di due nuovi prodotti indirizzati in modo

specifico agli uffici (si dava al consumatore la possibilità di chiudere a

chiave il mini frigo) ed alle camere d’albergo, Haier nel 2004 era divenuta

leader nel mercato dei minifrighi con una quota che superava il 50 per

cento. La prima affermazione di Haier sul mercato americano veniva

dunque dalla capacità dell’impresa cinese di realizzare l’innovazione

appropriata per i clienti difficili, dimenticati dalla concorrenza, che l’azienda

aveva appreso anni prima sul proprio mercato domestico.

Il secondo settore che Haier scelse come punto di ingresso del mercato

americano era invece quello dei frigoriferi da vino, prodotti assolutamente di

nicchia, dedicati ad intenditori e professionisti. L’impresa leader in tale

mercato era la francese La Sommelière. Il suo prodotto più economico

costava circa 1.600 dollari e aveva una capacità di circa 100 bottiglie. Haier,

viste le economie di scala che aveva raggiunto in Cina nella produzione di

frigoriferi, il costo più basso di ingegneri e progettisti, era in grado di far

uscire un frigo da vino ad una frazione del costo necessario ad un’impresa

americana o europea. Haier decise di sviluppare un prodotto teso a far

esplodere la nicchia, portando i frigoriferi da vino al mercato di massa.

Grazie al suo vantaggio da costo, l’impresa cinese correva bassissimi rischi

poiché, anche se non fosse riuscita a stimolare la domanda latente del

consumatore medio americano, difficilmente sarebbe incorsa in perdite

rilevanti. Progettò quindi un frigo disegnato per poter stare, sia a livello

estetico che di dimensioni, tra gli altri elettrodomestici da cucina, in grado

di portare fino a 50 bottiglie e lo commercializzò ad un prezzo inferiore al 50

per cento del prezzo del prodotto più economico della concorrenza. Il

220

Page 221: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

prodotto fu un successo, la domanda proveniente da chi comprava un frigo

da vino per la prima volta consentì ad Haier di guadagnare il 60 per cento

delle vendite di quel segmento di mercato nel 2001 e di ottenere ricavi per

200 milioni di dollari137, nel 2001, sul mercato americano. L’immissione di

questo prodotto condizionò, in un tipico effetto di feedback, l’offerta delle

multinazionali statunitensi specializzate nella produzione di frigoriferi che

entrarono repentinamente nel nuovo mercato creato da Haier ciascuna con il

proprio frigo da vino. Un mercato di nicchia in uno dei paesi più ricchi del

mondo, che fino al 2000 valeva meno di 100 milioni di dollari l’anno, nel

2006 si era trasformato in un business da 1,5 miliardi di dollari, per merito

di un’innovazione realizzata da una impresa cinese.

3.3.2 Secondo effetto di feedback: Il caso Nokia.

Il secondo effetto di feedback verso i paesi industrializzati che

l’innovazione appropriata realizzata dalle imprese cinesi ha messo in moto è

indiretto rispetto al primo ma a nostro avviso molto più rilevante. Questa

retroazione non influenza, infatti, gli assetti competitivi che le imprese

originarie dei paesi emergenti si trovano ad affrontare oggi sul proprio

mercato domestico, ma modifica le strategie, le routine manageriali e gli

obiettivi che le multinazionali incumbents intendono tenere a livello globale,

non solo nei prossimi anni, ma nei prossimi decenni. I gruppi industriali più

attenti si sono accorti che il mezzo utilizzato dalle imprese cinesi per

sopravvivere ed uscire dal proprio mercato, l’innovazione per la fascia bassa

dei consumatori, rappresenta, non solo una minaccia da cui è molto difficile

difendersi, ma soprattutto un’arma la cui potenza non può che venire

amplificata nel prossimo futuro. Ciò è vero non perché le imprese cinesi,

sfruttando la specificità della loro capacità innovativa, sono in grado di

portare la competizione anche sui mercati di fascia alta e nei paesi

industrializzati, ma perché la maggior parte dei consumatori che abiterà il

137 Cfr. Van Agtmael (2007), p. 330.

221

Page 222: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

mercato globale del futuro prossimo non vive né negli Stati Uniti, né in

Europa, né in Giappone, ma più realisticamente nelle campagne cinesi e

indiane o nelle metropoli brasiliane. Per avere un’idea più chiara basta

guardare ai potenziali di crescita nella penetrazione di tecnologie recenti

come i telefoni cellulari o internet. La Cina è oggi il mercato più vasto al

mondo in termini assoluti, sia per quel che concerne gli utenti internet, con

oltre 386 milioni di persone connesse138 a fine 2009, che per quel che

riguarda la telefonia mobile con oltre 630 milioni di utenti a fine 2008.

Tuttavia il tasso di penetrazione di queste tecnologie è, nel caso di internet,

di circa il 30 per cento della popolazione totale o, nel caso della telefonia

mobile, di poco meno del 50 per cento. In India alla fine del 2009 il numero

di utilizzatori di telefoni cellulari ha superato il mezzo miliardo di persone

(509 miliardi), ciò ne fa il secondo mercato al mondo dietro la Cina, ma

ancora piu di un indiano su due non possiede un apparecchio (43,5 telefoni

ogni 100 persone)139; gli utenti internet erano invece solo 81 milioni, con solo

7 indiani su 100 in grado di connettersi alla rete a fine 2008140. Negli ultimi

anni i tassi di crescita della diffusione di queste tecnologie sono stati a dir

poco spettacolari e non sembrano voler rallentare. Il mercato indiano dei

cellulari tra la fine del 2007 ed il 2009 è cresciuto di quasi 10 milioni di

unità al mese, quello cinese tra il 2002 ed il 2008 è cresciuto ad un tasso

medio annuo del 20 percento. A questo ritmo nei prossimi cinque anni il

livello di penetrazione di queste tecnologie sarà simile a quello dei paesi

industrializzati. Che le imprese incumbents lo vogliano o no qualcuno

venderà cellulari, contratti per l’accesso alla rete mobile e ad internet,

computer e altre centinaia di prodotti a quello che molti definiscono come il

prossimo miliardo (the next billion) di consumatori. Le multinazionali

provenienti dai paesi industrializzati che continueranno ad indirizzare la

propria offerta ai consumatori con un reddito ed uno stile di consumo

comparabile a quello di un cittadino statunitense, europeo o giapponese,

138 Secondo gli ultimi dati forniti dalla CNNIC (2010). 139 Cfr. 2pointsixmillion.com .

222

Page 223: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

vedranno le loro vendite rappresentare ogni giorno una fetta più piccola di

un mercato in perenne espansione, a vantaggio di imprese, come quelle

cinesi descritte in questo lavoro, che, in primo luogo per esigenza, sono nate

servendo i mercati complessi. “Catturare quote di mercato nelle economie in

rapido sviluppo sta diventando una necessità”141 per qualunque impresa al

mondo, ma riuscirvi non è un fatto scontato poiché servire mercati

caratterizzati da redditi più bassi e da ogni altro genere di costrizione,

infrastrutturale, ambientale o culturale, necessita di nuove competenze,

nuovi modelli di business e di nuove routine, per lo sviluppo delle quali è

spesso necessario disfarsi di vecchie convinzioni. Alcune multinazionali

occidentali hanno cominciato ad avviare questo processo e nel farlo hanno

dovuto iniziare a guardare da vicino all’esempio delle imprese cinesi,

abbandonando l’idea che l’unico loro vantaggio competitivo risiedesse nel

basso costo della manodopera e nella violazione dei diritti di proprietà

intellettuale, e cominciando a considerarle come possibile fonte di

apprendimento.

Il caso di Nokia è emblematico e doppiamente calzante perché, da un

lato testimonia come l’impresa finlandese abbia imparato sulla sua pelle

l’importanza dei consumatori difficili e, dall’altro, completa la storia

dell’industria dei cellulari in Cina affrontata al paragrafo 2.1.2. Come si è

detto, imprese come TCL, Ningbo Bird e Haier nei primi anni del nuovo

millennio, sfruttando l’elevata modularizzazione della produzione, la

mancanza di conoscenza delle esigenze e del gusto del consumatore cinese

da parte della concorrenza estera nonché una rete distributiva che di fatto

non consentiva ai prodotti delle grandi multinazionali di penetrare molto al

di là delle città più grandi delle province orientali, riuscirono a guadagnare

il 55 per cento del mercato locale.

Nokia aveva fatto il suo ingresso in Cina molto presto, addirittura nel

1991. Per tutti gli anni novanta aveva mantenuto un approccio al mercato

140 Cfr. World Bank (2009), dati più recenti disponibili. 141 Cfr. Sirkin, Hemerling, Bhattacharya (2008), p. 140.

223

Page 224: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

cinese simile a quello di qualunque altra multinazionale estera: aveva

individuato un certo numero di distributori nelle grandi città ai quali

vendeva i propri prodotti direttamente dai container, evitando rischi e

complessità connesse al mercato cinese. Nonostante l’effettivo contatto con

il contesto locale fosse ridotto al minimo, i prodotti di Nokia in Cina

vendevano tanto bene che l’azienda finlandese, senza prodursi in eccessivi

sforzi di marketing, nel 2002 era saldamente leader di mercato con una

quota che superava il 30 per cento delle vendite totali. A quel punto però

avevano fatto la loro comparsa i prodotti delle imprese locali. In poco più di

diciotto mesi Nokia vide più che dimezzarsi la propria quota di mercato,

arrivando ad una fetta del 13, 14 per cento. In realtà le vendite anno su

anno dell’azienda di Malmo non erano calate in valore assoluto, era successo

qualcosa di diverso: le imprese locali erano riuscite a vendere il primo

telefonino a milioni di consumatori cinesi, la cui esistenza non era neanche

stata presa in considerazione da Nokia e dalle altre multinazionali

provenienti dai paesi avanzati. Nokia capì però l’importanza di quello che

era successo, si accorse che quello poteva essere solo l’inizio. Affrontare i

mercati complessi di paesi come la Cina o l’India con gli stessi approcci e gli

stessi prodotti utilizzati in Europa e negli Stati Uniti poteva significare

perdere da un giorno all’altro quote di mercato rilevanti e soprattutto stare

in disparte in un processo che avrebbe potuto portare un cellulare nelle

mani di ciascun abitante del pianeta. I dirigenti della multinazionale

finlandese riconobbero di non sapere praticamente nulla dei consumatori

cinesi e di cosa effettivamente succedesse nel mercato cinese: “ se le vendite

calavano in una regione, i dirigenti Nokia potevano esclusivamente chiedere

spiegazioni al distributore. Quest’ultimo poteva segnalare i distretti che

andavano male, identificarne i motivi. Ma se si sbagliava?”142 Nokia decise

allora di prendere spunto da ciò che facevano le imprese locali. In primo

luogo si trattava dunque di avere un maggiore controllo sulla rete

142 Cfr. Sirkin, Hemerling, Bhattacharya (2008), p. 140.

224

Page 225: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

distributiva e di ampliare la rete medesima. L’azienda prese allora

direttamente il comando della rete logistica delle vendite, allargandola da

una decina di città a più di 400 nel corso del 2004. In questo modo riuscì ad

ottenere un volume crescente di informazioni sulle condizioni del mercato e

sul comportamento dei consumatori cinesi ai quali voleva effettivamente

vendere i propri prodotti. Da quel momento incominciò ad ampliare la

propria offerta di prodotti includendovi apparecchi più economici e con

funzionalità particolari, o sprovvisti di funzionalità particolari, giudicate

troppo care e poco utili dai consumatori cinesi. Oltre il 40 per cento

dell’offerta della multinazionale finlandese era costituita da prodotti il cui

prezzo di vendita non superava i 60 dollari. Nokia, analizzando le cause

all’origine del successo di imprese locali meno dotate in termini di risorse

tecnologiche e finanziarie, aveva capito che, soprattutto in mercati complessi

come quelli delle aree rurali della Cina, era necessario immergersi

nell’ambiente locale, comprendere dove le persone che si intendevano servire

effettivamente vivevano e raggiungerle con ogni mezzo possibile “che fosse

una bicicletta o un risciò”. Nel 2006 Nokia riuscì a vendere 51 milioni di

telefoni cellulari nella Repubblica Popolare, ottenendo nuovamente la

leadership di mercato con una quota che superava il 35 per cento delle

vendite totali. La Cina divenne così per Nokia il paese in cui realizzava più

ricavi, circa il 12 per cento di quelli globali. Ma il risultato reale trascendeva

il dato positivo delle vendite cinesi. Nokia aveva capito cosa bisognava fare

per servire i mercati complessi dei paesi emergenti ed in via di sviluppo:

innovare anche sui segmenti di fascia più bassa trasformando apparenti

costrizioni in vantaggi competitivi nei confronti della concorrenza. Il

successo avuto in Cina indusse così Nokia a sviluppare a livello globale un

metodo di produzione in due fasi, la prima in cui venivano prodotte le

componenti principali di un telefono cellulare e la seconda, chiamata

assemblaggio su ordinazione, in cui, sulla base del contesto locale, venivano

aggiunti rapidamente elementi differenti sulla base delle esigenze dei

differenti segmenti di mercato. Nel 2007 il 60 per cento dei cellulari

225

Page 226: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

commerciati da Nokia veniva venduta nei paesi emergenti e nel 2006

vendeva il doppio dei cellulari distribuiti nel 2002 nonostante il crescente

livello di saturazione per questo tipo di bene nei paesi avanzati. La quota di

mercato di Nokia nel 2007 nel Sud Est asiatico Nokia era di circa il 55 per

cento, in Africa e in Medio Oriente di oltre il 60 ed in India raggiungeva

addirittura il 70 per cento. Nella top ten dei mercati su cui Nokia realizzava

il maggior numero di vendite nel 2008, il primo posto era occupato dalla

Cina e il secondo dall’India, al quinto e al sesto si collocavano

rispettivamente Russia ed Indonesia, mentre in ottava posizione, subito

dietro gli Stati Uniti, c’era il Brasile. Rilevante anche il fatto che il mercato

cinese valesse, per la multinazionale finlandese, circa tre volte in più di

quello statunitense in termini di ricavi143.

Parte dell’attuale successo di Nokia è dovuto quindi al fatto che ha

imparato a comportarsi come quelle imprese che in Cina, anche se per un

breve periodo, gli avevano sottratto la leadership di mercato. Ciò è potuto

accadere solo poiché la dirigenza della multinazionale finlandese ha

riconosciuto alle imprese cinesi la capacità di introdurre novità in termini

tecnologici, anche se non secondo i canoni proposti dalle tradizionali

tassonomie dell’innovazione.

143 Cfr. Nokia Annual Report (2009).

226

Page 227: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

227

CONCLUSIONI

La questione principale a cui questo lavoro di tesi ha provato a fornire

risposta, per quanto parziale, è quella concernente la possibilità e l’utilità di

sviluppare capacità innovative endogene come strumento per avviare e

sostenere un processo di catch up, o di sviluppo tardivo, da parte di paesi in

condizioni di arretratezza economica relativa. Come abbiamo visto, la

letteratura tradizionale dedicata a tali processi vuole che le economie

emergenti nelle prime fasi di sviluppo concentrino i loro sforzi

nell’assorbimento e nell’imitazione di tecnologie mature importate dai paesi

industrializzati. In quest’ottica la capacità di innovare non è vista come uno

strumento utile allo sviluppo ma, piuttosto, come un traguardo a cui si

giunge grazie ad un percorso di apprendimento tecnologico sequenziale, che

consente il progressivo passaggio dall’imitazione all’innovazione. Nel nostro

lavoro, seguendo l’impostazione suggerita da alcuni studiosi della scuola

neo-schumpeteriana, abbiamo però ipotizzato che le condizioni necessarie

per l’avvio di un processo di sviluppo tardivo possano cambiare a seguito di

mutamenti profondi del contesto tecnologico ed economico globale. In questo

senso riteniamo che l’accelerazione del processo di globalizzazione,

caratterizzata dal trionfo di fenomeni come la frammentazione

internazionale e la specializzazione verticale della produzione, ed il parallelo

dispiegamento di un nuovo paradigma tecno-economico, contraddistinto

dall’esponenziale crescita della disponibilità di conoscenza codificata in virtù

dell’affermazione di tecnologie basate sull’ICT (Information and

Communication Technologies), abbiano drasticamente modificato le

condizioni che consentono e facilitano l’avvio del processo di catch up. I

processi innovativi oggi sono infatti più aperti e meno basati sulla

produzione endogena ad un singolo paese o ad una singola impresa di

Page 228: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

conoscenze scientifiche originali. L’innovazione giunge sempre più spesso

grazie ad una nuova combinazione di tecnologie esistenti ed ideate anche a

migliaia di chilometri di distanza l’una dall’altra, tanto da far parlare alcuni

esperti di innovazione senza ricerca e di innovazione nascosta. Questo

mutamento ha delle implicazioni notevoli per le economie emergenti poiché

ha portato in primo piano l’importanza della loro capacità innovativa anche

nella fase iniziale dello sviluppo. L’integrazione nelle reti di produzione e di

ricerca globali e l’accesso ad un volume crescente di conoscenza codificata

consentono ad un paese emergente di raggiungere lo stadio dell’innovazione

anche senza disporre di un’elevata capacità tecnologica iniziale, attingendo

in modo creativo a stock di tecnologie esistenti ed inglobandole in prodotti

destinati a rispondere, quantomeno inizialmente, ad esigenze specifiche del

proprio mercato interno. In questo nuovo panorama l’innovazione non

risulta più come privilegio dei paesi ricchi ma va a costituire una freccia

all’arco delle economie emergenti, ed in particolare delle sue imprese, che

abbiano aperto le porte a questo cambiamento ed ai flussi di conoscenza

provenienti dall’esterno, massimizzando gli sforzi per assorbire i benefici

derivanti dal contatto con la frontiera tecnologica. Ovviamente si tratta di

una tipologia particolare di innovazione che, nel corso di questo lavoro,

abbiamo definito come innovazione appropriata, da un lato perché risulta

appropriata alla dotazione limitata di risorse tecnologiche e finanziarie delle

imprese dei paesi emergenti, dall’altro poiché deve essere appropriata alle

costrizioni che i mercati dei paesi emergenti presentano in termini di redditi

pro capite dei consumatori, di infrastrutture, di sistemi giuridici e

finanziari. Vista la particolarità dell’innovazione appropriata, gli indicatori

classici della performance innovativa, basati su modelli lineari input-output,

possono non raccoglierla e fornire dunque una visione solo parziale delle

effettive potenzialità di un paese e delle sue imprese, soprattutto nel caso di

un’economia di più recente industrializzazione. Abbiamo quindi proposto di

analizzare il ruolo giocato dal progresso tecnologico e dall’innovazione sullo

sviluppo economico di un paese a partire dalla prestazione delle sue

228

Page 229: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

imprese. Se è vero, come suggerito già da Schumpeter, che le imprese stesse

affrontano un processo di selezione naturale, di distruzione creatrice, in cui

sono le più innovative a sopravvivere, la progressiva affermazione di

imprese locali nella competizione con multinazionali estere, sia sui mercati

interni che a livello globale, può dirci di più della capacità innovativa di un

paese e dell’influenza che questa ha sul suo sviluppo rispetto agli indicatori

tradizionali.

La Repubblica Popolare Cinese, più di ogni altra area a livello globale,

sembra essere la frontiera del cambiamento. Negli ultimi quindici anni è

divenuta il simbolo stesso della frammentazione internazionale della

produzione, guadagnando nel 2003 addirittura il primo posto nella

classifica dei maggiori destinatari di investimenti diretti esteri a livello

mondiale. Ancora più importante è il fatto che negli ultimi dieci anni sia

diventata anche sede sempre più frequente di laboratori per la R&S dei più

importanti gruppi multinazionali stranieri. All’impetuosa integrazione si è

accompagnato uno sforzo costante da parte del governo teso ad accrescere la

capacità di assorbimento ed il potenziale tecnologico del paese. Nonostante

ciò, la capacità innovativa dell’economia cinese ed il ruolo da questa

esercitato nella crescita delle sue imprese ha dato adito a valutazioni spesso

contrastanti. Da un lato vi è stato infatti chi, guardando a limitati successi

in settori specifici, ha espresso tutte le proprie preoccupazioni per

l’imminente emergere della Cina come superpotenza tecnologica a livello

globale. Dall’altro chi invece, puntando il dito sull’incapacità del sistema

innovativo cinese di dare alla luce innovazioni radicali, ha sottolineato il

gap tra lo sforzo profuso dal governo e la scarsità dei risultati ottenuti,

continuando pertanto a considerare la Repubblica Popolare esclusivamente

come l’officina del mondo, in cui si assemblano i pezzi di prodotti pensati

altrove. Alle valutazioni contrastanti circa il sistema innovativo nazionale

ha fatto però da contraltare l’emergere di un gruppo di imprese locali che,

nonostante la concorrenza delle multinazionali estere, sono riuscite a

ritagliarsi il proprio spazio sia sul mercato interno che su quello globale,

229

Page 230: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

come è ben testimoniato dall’attenzione crescente che molti osservatori

internazionali e molti studiosi hanno loro dedicato. In questo lavoro abbiamo

quindi sostenuto che l’ascesa della concorrenza cinese non sia basata

esclusivamente, come generalmente viene suggerito, su imitazioni di scarsa

qualità commerciate ad un prezzo molto contenuto grazie allo sfruttamento

di manodopera a basso costo e violazioni dei diritti di proprietà intellettuale,

quanto piuttosto sulla capacità di realizzare innovazione e di utilizzarla

come strumento di sopravvivenza e affermazione sul mercato locale e, in un

secondo tempo, su quello globale. Come abbiamo visto con l’ausilio di alcuni

studi di caso, le imprese cinesi sono riuscite ad acquisire considerevoli quote

di mercato locale in diversi settori, tra i quali spiccano quelli delle

telecomunicazioni, dell’informatica e dell’elettronica di consumo, nonostante

la concorrenza di multinazionali straniere ben più dotate dal punto di vista

delle risorse tecnologiche e finanziarie. Tale successo è sì dovuto alla

capacità di queste imprese di innovare sin dalle prime fasi del proprio

processo di crescita. Affermare ciò non significa però credere che i gruppi

cinesi abbiano sviluppato di colpo le potenzialità tecnologiche necessarie per

competere direttamente con i gruppi stranieri sui segmenti di mercato di

fascia più alta. Si è sostenuto piuttosto che le imprese locali abbiano

sviluppato, con successo ed in tempi molto rapidi, la capacità di realizzare

innovazioni appropriate alle proprie dotazioni di risorse tecnologiche e

finanziarie ed alle caratteristiche dei consumatori locali. La peculiarità di

questo tipo di innovazione è che il suo obiettivo principale non è quello di

creare prodotti e servizi completamente nuovi che offrano migliori

performance per le quali il cliente sia disposto a pagare di più, quanto

piuttosto quello di fornire prodotti e servizi che abbiano funzionalità simili a

quelli offerti dalla concorrenza, ma ad un prezzo più basso. Tale risultato è

ottenuto grazie all’utilizzo di elementi di tecnologie esistenti ricombinati per

andare incontro alle esigenze del mercato locale, di cui le imprese hanno una

conoscenza maggiore, sia in termini di capacità di consumo, come ha

dimostrato ad esempio il caso Shanda Enternainment, sia in termini di

230

Page 231: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

preferenze estetiche, come ha dimostrato il caso dell’industria dei cellulari.

Questo tipo di strategia, che potrebbe risultare poco sensata nei mercati dei

paesi industrializzati, funziona perfettamente nelle economie emergenti ed

in particolar modo nel caso del mercato cinese, caratterizzato da una

profonda segmentazione. La capacità di realizzare nuovi prodotti, pensati

per le specifiche esigenze di popolazioni con redditi annui anche molto bassi,

e di metterli sul mercato ad un prezzo contenuto, consente infatti alle

imprese locali di sbloccare la domanda latente proveniente da segmenti di

mercato complessi e sottovalutati dalle multinazionali poiché ritenuti poco

profittevoli. Come hanno dimostrato i casi di Haier Group, Huawei

Technologies e ZTE Corporation, conquistare mercati periferici e rurali della

Repubblica Popolare Cinese, dimenticati dalla concorrenza straniera, è

invece tutt’altro che un risultato da sottovalutare. In primo luogo il successo

in questi segmenti garantisce di per sé, vista la loro dimensione, una buona

quota del mercato nazionale. Inoltre consente alle imprese locali di ottenere

economie di scala, esperienza e risorse sufficienti a portare la sfida anche

sui mercati urbani più ricchi, seguendo un tipo di strategia di sviluppo, che è

stata definita come tattica della guerriglia, (vista l’analogia con la tecnica di

combattimento adottata da Mao Zedong che faceva seguire la conquista dei

grandi centri urbani all’affermazione militare e politica nelle campagne.

Le imprese cinesi che sono riuscite a servirsi meglio dello strumento

dell’innovazione appropriata, conquistando quote importanti del mercato

locale, hanno avviato a loro volta, in tempi molto stretti, il processo di

internazionalizzazione. Una delle questioni maggiormente dibattute rispetto

a questo fenomeno è quella riguardante cause e motivazioni.

L’interpretazione tradizionale della teoria delle IMN vuole che alla base di

ogni processo di internazionalizzazione vi sia una qualche sorta di vantaggio

competitivo di natura proprietaria detenuto da parte dell’impresa. Le ipotesi

più accreditate tendono però a guardare all’internazionalizzazione dei

gruppi cinesi come ad una eccezione rispetto alla teoria dominante e a

considerarla come motivata dalla necessità di colmare le proprie lacune

231

Page 232: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

attraverso l’acquisizione di asset tecnologici o di brand, piuttosto che dalla

volontà di sfruttare all’estero vantaggi competitivi precedentemente

acquisiti. Fatta salva la validità di queste ipotesi, abbiamo tuttavia supposto

che la specificità della capacità e della strategia innovativa sviluppata dalle

imprese cinesi per sopravvivere ed emergere sul mercato interno,

rappresenti il vantaggio competitivo detenuto dai gruppi cinesi anche nella

sfida ai players globali. Come ha dimostrato il caso

dell’internazionalizzazione di Huawei Technologies, la capacità di realizzare

innovazioni appropriate, in un primo momento, consente alle imprese cinesi

di attaccare le multinazionali estere nuovamente in mercati da esse

dimenticate (Sud-est Asiatico, Africa, America Latina, Europa dell’Est) e, in

un secondo tempo, di spostarsi dalla periferia ai paesi sviluppati,

indirizzando anche qui la propria offensiva su segmenti di mercato

considerati poco profittevoli dagli incumbents. Questo fenomeno non solo

testimonia l’importanza della capacità innovativa nel processo di catch-up

dell’economia cinese, ma anche l’inversione dei tradizionali flussi di

cambiamento tecnologico, la cui direzione cessa di essere semplicemente

quella nord-sud. L’innovazione appropriata realizzata dalle imprese cinesi

dà infatti il via a due effetti di feedback verso la frontiera tecnologica. Il

primo, più diretto e testimoniato dal caso dell’espansione di Haier Group in

Giappone e negli Stati Uniti, è quello che vede le imprese cinesi affermarsi,

in virtù della propria specifica capacità innovativa, anche sui mercati dei

paesi avanzati, ritenuti impenetrabili per le imprese cinesi. Il secondo,

indiretto ma più interessante, ben illustrato dal caso di Nokia nel mercato

cinese, concerne invece l’adeguamento dei modelli di business di grandi

multinazionali alle strategie delle imprese cinesi soprattutto nei mercati dei

paesi emergenti, che divengono giorno dopo giorno più appetibili visto il loro

potenziale di crescita e la progressiva saturazione per una gamma crescente

di prodotti dei mercati occidentali.

Alla luce delle considerazioni svolte e degli studi di caso analizzati in

questo lavoro, appare dunque evidente come la capacità innovativa possa

232

Page 233: Innovazione e feedback tecnologici tra paesi emergenti e paesi industrializzati. Il caso cinese.

costituire un valido strumento per i paesi in condizioni di arretratezza

economica relativa, in grado di trasformarli da meri destinatari di tecnologie

e conoscenze prodotte altrove, in sorgenti di conoscenze nuove e peculiari al

contesto in cui sono nate.

233

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