InfoAut - CGIL: Il Sindacato Va in Pensione

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Politica

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Alla CGIL si leccano le ferite e contano 723.969 iscritti in meno rispetto alla fine del 2014. Questo il bilancio impietoso del pi grande sindacato italiano con oltre 5 milioni di tesserati. Una perdita del 13% circa che, seppur possa apparire meno traumatica se vista in percentuale, riflette in verit una crisi profondissima del sindacato e del suo ruolo nelle nuove forme del mercato del lavoro. Giustamente Repubblica fa notare come le perdite ammontino pi o meno alla popolazione complessiva della provincia di Genova, che in pochi mesi ha fatto fagotto abbandonando il primo sindacato confederale. Guardando alle categorie i dati sono ancora pi eloquenti. Strapotere dei pensionati lo SPI primeggia con 2.644.835 tesserati che sarebbe ancora pi eclatante se la riforma Fornero non avesse alzato l'et pensionabile abbassando un dato che nel giro di due/tre anni torner aderente alla realt anagrafica, e caduta libera degli iscritti attivi. Commercio (Filcams) -24%, edili (Fillea) -21,4%, agricoltura (Flai) -24%, metalmeccanici (Fiom) -12,5%. Quest'ultimo dato eloquente nel gruppo FIAT dove la Fiom ha perso 10 mila iscritti in seguito alla battaglia persa sul modello Marchionne. Ma il vero boccone amaro l'incapacit di rappresentare e di dare forza strutturale alle figure che dentro la ristrutturazione neoliberista del mercato del lavoro non beneficiano pi delle garanzie sociali, del welfare e dei contratti a tempo indeterminato. Per non parlare delle masse di operai e lavoratori migranti che non godono di alcun diritto. Con una disoccupazione strutturale che a livello giovanile supera il 40% (dati riferiti ai soli cittadini italiani) la CGIL conta solamente 8 mila senza lavoro iscritti, dimezzati rispetto ai 15 mila del 2014, una briciola in un mare di irrapresentativit. Anche la nuova categoria delle Nuove identit del lavoro (Nidil), che dovrebbe dare rappresentanza agli atipici, e cio alle condizioni di precariet, intermittenza, contratti a chiamata e a tutele crescenti (la nuova realt lavorativa smart istituzionalizzata dal job act), registra un completo fallimento con un -48% di iscritti. Dati impietosi che giungono dopo anni di incapacit dei sindacati confederali di leggere le trasformazioni del mercato del lavoro imposte dal capitale che ha lasciato completamente esclusa dalla negoziazione sindacale una fetta ormai maggioritaria di non garantiti. Di fronte alla trasformazione dei paradigmi produttivi ed alle forme dello sfruttamento, evolutesi anche contro il sindacato, ha prevalso una ideologia di conservazione del proprio peso dentro le istituzioni per favorire pressioni di tipo politico, avvalendosi di garanzie e diritti ritenuti in un abbaglio democraticista irreversibili, senza rendersi conto di stare diventando una macchina vuota senza alcuna rappresentanza sociale. Di fatto il fenomeno pi significativo non la sottrazione di diritti ai lavoratori garantiti, ma lo spostamento del focus della produzione su nuove figure sociali che nelle relazioni socio-economiche in cui sono inserite non trovano nel sindacato confederale un mezzo di accrescimento della propria forza strutturale. Certamente questi due sistemi di relazione nel mercato del lavoro continuano a coabitare, ma la preminenza del secondo sul primo ormai un dato acclarato nella definizione della societ presente e futura. E in definitiva anche il sindacato confederale rischia di diventare un arnese del passato, venendo espunto come attore dal punto di scaturigine della nuova societ, attraversato dai conflitti di lavoro e dalla linea di classe. Dalle migliaia di giovani che si recano a lavorare gratis all'expo fino ad arrivare al lavoro bestiale del bracciantato migrante che muore letteralmente - di caldo nella campagne del Mezzogiorno necessario ricostruire una nuova forza strutturale, sociale e politica del nuovo mondo del lavoro. Per farlo forse meglio ipotizzare come sostenere, organizzare e dare continuit alle lotte dove esse di danno, legandole ad una nuova prospettiva di classe, agendo una ricomposizione dal basso delle soggettivit subalterne intorno ad una nuova proposta organizzativa, piuttosto che immaginare un processo inverso top-down, dove nel top non c' la classe. Nel top, semmai, come segnalavamo giorni fa, ci sono dirigenti e uomini politici che funzionano per s, per la loro macchina vuota. Nessuna coalizione pu rimettere in moto una classe che non la abita. Forse sarebbe pi utile indagare, facendo il verso al titolo di un famoso lavoro di inchiesta di Engels, dove abita e qual la condizione della classe operaia in Italia in base a osservazioni dirette e fonti autentiche.