Infermieristicamente 2012 n° 3-4

37
Mass Casualty Incident Hospital Preparedness Advanced Course - Israel National Center for Trauma & Emergency Medicine Research di Tel Aviv Valutazione dell’impatto del modello “Porte Aperte” nei servizi psichiatrici di diagnosi e cura Effetti dell’intervento motivazionale sul controllo glicemico nel diabete di tipo 2 Tagli e punture una direttiva europea La prevenzione dei suicidi e il “Fattore P” Efficacia e sicurezza sotto monitoraggio L’Infermiere e la Libera Professione NANDA-I, Diagnosi Infermieristiche: Definizioni e Classificazione 2012-2014 ANNO XX NUMERO 3-4/2012 LUGLIO-DICEMBRE 2012 infermieristica-mente infermieri professionali assistenti sanitari vigiliatrici d’infanzia Poste Italiane S.p.a - Spezione in abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 2, DCB Verona - Periodico Trimestrale di informazione Anno XX - n. 3/4 - luglio-dicembre 2012 Collegio provinciale IPASVI di Verona Foto di Eleonora Maestrini

description

Infermieristicamente 2012 n° 3-4

Transcript of Infermieristicamente 2012 n° 3-4

Page 1: Infermieristicamente 2012 n° 3-4

Mass Casualty Incident Hospital Preparedness Advanced Course - Israel National Center for Trauma & Emergency Medicine Research di Tel Aviv

Valutazione dell’impatto del modello “Porte Aperte” nei servizi psichiatrici di diagnosi e cura

Effetti dell’intervento motivazionale sul controllo glicemico nel diabete di tipo 2

Tagli e punture una direttiva europea

La prevenzione dei suicidi e il “Fattore P”

Efficacia e sicurezza sotto monitoraggio

L’Infermiere e la Libera Professione

NANDA-I, Diagnosi Infermieristiche: Definizioni e Classificazione 2012-2014

ANNo XXNuMERo 3-4/2012LugLIo-DICEMbRE 2012

infermieristica-menteinfermieri professionali assistenti sanitari vigiliatrici d’infanzia

Post

e Ita

liane

S.p

.a -

Spe

zion

e in

abb

onam

ento

Pos

tale

- D

.L. 3

53/2

003

(con

v. in

L 2

7/02

/200

4 n.

46) a

rt. 1

, com

ma

2, D

CB

Vero

na -

Per

iodi

co T

rimes

tral

e di

info

rmaz

ione

Ann

o X

X -

n. 3

/4 -

lugl

io-d

icem

bre

2012

Collegio provinciale IPASVI di Verona

Foto di Eleonora Maestrini

Page 2: Infermieristicamente 2012 n° 3-4

Pubblicazione trimestrale

Direttore Responsabile Rita Ivana Riolfi

Comitato di redazioneAllari Flavia, Avesani Beatrice, Ballarin Silvana, Corso Maurizio, Dal Corso Dario, Marcotto Enrico, Pasquetto Francesca, Ronconi Rita, Rossi Alessandro, Tabarini Gabriella, Vallicella Franco, Vanzetta Marina, Zumerle Michele, Zanella Maria Teresa

CollaboratoriBernardelli Stefano, Ferens Stefania, Poli Zeno

Editore Collegio IPASVI di Verona, via Cà di Cozzi 14/a, 37124 Verona

StampaPrintedita srl, Negrar (Vr)

Note editorialiGli articoli inviati dovranno essere corredati dal titolo, dalle note bibliografiche, cognome e nome dell’autore e qualifica professionale, ente o istituto di appartenenza, recapito postale e telefonico.Dovranno essere inviati alla sede del Collegio IPASVI di Verona, via Cà di Cozzi 14/a, 37124 Verona

[email protected] indirizzati al Direttore di Infermieristica-mente

Si autorizza, nel rispetto delle comuni regole di salvaguardia delle pubblicazioni scientifiche e dei diritti d’autore , la riproduzione a scopo didattico e informativo degli articoli di Infermieristica-mente purchè con citazione esplicita dell’autore e della rivista.

Page 3: Infermieristicamente 2012 n° 3-4

1 infermieristica-mente

ArticoliMass Casualty Incident Hospital Preparedness

Advanced Course - Israel National Center for Trauma & Emergency Medicine Research

di Tel AvivMichele Zumerle

Valutazione dell’impatto del modello“Porte Aperte”

nei servizi psichiatrici di diagnosi e curaL’esperienza del servizio psichiatrico di Trento

M. Davì

RubricheReview

Effetti dell’intervento motivazionale sul controllo glicemico nel diabete di tipo 2

Studio controllato randomizzatoS. Bernardelli.

Rassegna stampaTagli e punture una direttiva europea

Terapia del dolore norme avanzate ma poco applicate

Nel mondo un milione di suicidi l’annoLa prevenzione dei suicidi e il “Fattore P”

Via l’inglese e le sigle difficiliEfficacia e sicurezza sotto monitoraggio

Se la salute vale 1 euroI dati del paziente non vanno onlineSalva infrazioni, stretta sui trapianti

Traumi dentali, ecco le linee guidaG. Tabarini

Libera ProfessioneL’Infermiere e la Libera Professione

E. Marcotto

L’angolo del libroNANDA-I, Diagnosi Infermieristiche: Definizioni e Classificazione 2012-2014, ed. ital. a cura di Rigon

L.A., Casa Editrice Ambrosiana, Milano 2012.Accertamento Clinico Lancia L.

Allattamento materno consigli per le mamme Gaudino F.,- Maseri O., Riolfi r.- Urli N.

R. Riolfi

2

12

22

24

30

33

sommario

infeRmieRisticA-menteNotiziario aggiornamenti professionaliNumero 3-4 / 2012 anno XX

I punti di vista e le opinioni espressi negli articoli sono degli autori e non rispettano necessariamente quelli dell’Editore. Manoscritti e fotografie anche se non pubblicati non saranno restituiti.

L’Editore è a disposizione di tutti gli eventuali proprietari dei diritti sulle immagini riprodotte, nel caso non si fosse riusciti a reperirli per chiedere debita autorizzazione.

Page 4: Infermieristicamente 2012 n° 3-4

infermieristica-mente 2

Mass Casualty Incident Preparedness Advanced

Course - Israel National Center for Trauma &

Emergency Medicine Research di Tel Aviv

intRoduzioneAlcuni colleghi che nel 2005 avevano par-tecipato al corso base per infermieri Mass Casualty Incident Management for Nurses (MCI) sulla gestione di un massiccio afflusso di feriti in area critica1 hanno seguito nel no-vembre 2010 il corso di formazione avanzata per la gestione ospedaliera delle maxiemer-genze (MCI Hospital Preparedness Advanced Course) al Gertner Institute for Epidemiology and Health Policy Research del Chaim She-ba Medical Center di Tel Hashomer - Tel Aviv (Fig. 1). Entrambi gli eventi sono stati orga-nizzati da alcuni colleghi del Collegio Ipasvi di Bergamo che hanno scelto Israele per l’eccellenza nel campo delle emergenze. Le-zioni, simulazioni ed esercitazioni, delle quali un’intera giornata sulla risposta ad un even-to biologico (Full Bio Drill) al Kaplan Hospital di Rehovot, hanno coinvolto i migliori esperti del Chaim Sheba Medical Center, dei princi-pali ospedali e dell’Esercito. l rappresentante dell’Ambasciata italiana, Stefano Bertoletti,

e il direttore dell’Israel National Center for Trauma & Emergency Medicine Research, Kobi Peleg, hanno ricordato l’importan-te ruolo del nostro Paese nella formazione dei sanitari israeliani e descritto la struttura ospite (Fig. 2). Lo Sheba Hospital, centro di I livello e di riferimento per il Medio Oriente che comprende le strutture ospedaliere per acuti, riabilitativa, ostetrico-ginecologica, pe-diatrica, un centro di ricerca, il campus uni-versitario e una foresteria per il personale e i familiari dei degenti, copre una superficie di 150 acri alla periferia di Tel Aviv. 150 reparti e ambulatori ospitano 1700 posti letto e 7.500 sanitari e ricercatori, dei quali 1.400 medici e 2.600 infermieri, con una media annuale di prestazioni che supera 1.5 milioni di visite mediche e 2 milioni di esami diagnostici.Kobi Peleg ha sottolineato che il brevissimo tempo che intercorre tra una situazione di routine e l’emergenza comporta la necessità di personale preparato, people must be pre-pared ed ha proposto l’esperienza personale

Michele Zumerle

ConsigliereInfermiere Centrale Operativa SUEM 118Azienda ULSS 20 di Verona

fig. 1 chaim sheba medical center di tel Hashomer-tel Aviv

Page 5: Infermieristicamente 2012 n° 3-4

3 infermieristica-mente

di Head of Disaster Medicine Department della Tel Aviv University nel terremoto di Haiti del 2010 circa ciò che si è fatto, come è an-data e cosa fare/migliorare. Entro un’ora dal-la chiamata la Disaster Delegation israeliana formata da 1 medico e da 5 a 10 infermieri, è in aeroporto pronta a partire e qui riceverà le informazioni, tipo di evento e luogo del disastro, per allestire l’ospedale da campo (Fig. 3). L’esperienza nelle emergenze di ca-rattere nazionale ed internazionale stabilisce che nei primi 10 giorni dall’evento l’ospedale dovrà essere predisposto unicamente per il trattamento dei traumi e solo in un momen-to successivo si occuperà anche del coordi-namento delle situazioni, in quanto mem-bro del United Nation Disaster Assesment & Coordination (UNDAC). Inoltre, l’esperienza ha permesso di individuare alcuni elementi chiave nella gestione dell’emergenza (Tab. I).Zohar Rubinstein, Chief Mental Health Offi-cer-The Home Front Command, Israel Defen-ce Force, ha introdotto il tema della salute mentale nell’emergenza e nelle catastofi, Mental Health Issues in Emergency & Disa-ster Events. Il disastro provocato dall’azione umana intenzionale è causa di problemi psi-cologici più della fatalità dell’evento natura-le. Nel primo caso a ogni ferito con danni fisici (physical injured) corrispondono alme-no 3 o 4 soggetti compromessi dal punto di vista psichico (mental health casualties), con un rapporto di 1:3-4. Questo rapporto nell’attentato terroristico alla metropolitana di Tokyo del 1995 è di 1:38 (12 morti, 54 feriti gravi, 984 feriti lievi e ben 5200 mental health injured) e per il World Trade Center di New York dell’11 settembre 2001 è di 1:47. Il deterioramento psicologico a seguito di tali eventi non riguarda solamente i feriti, ma anche le persone coinvolte, familiari e

operatori ed è riassumibile nei quattro sta-di della fase acuta e post traumatica (fig. 5). Lo psychiatric background, potrebbe evitare il deterioramento soprattutto agli operatori e la conseguente compromissione profes-sionale. Nella prima fase (ASR) a circa due giorni dall’evento, la regressione iniziale dei comportamenti funzionali, riferiti alla quo-tidianità, richiede l’intervento dei Comunity Stress Treatment Center (CTSC) per la com-pensazione psicologica immediata.

Evento traumatico

1. ASR, Acute Stress Reaction2. ASD, Acute Stress Disorder

3. PTSD-A, Post Traumatic Disorder Acute 4. PTSD-C, Post Traumatic Disorder Chronic

Il workshop per pianificare e organizzare le esercitazioni, How to Plan & Organize MCE’s Drills, di Gila Margalit, Resuscitation Nurse dello Sheba Hospital, si è svolto con una breve lezione e simulando in piccolo gruppo la gestione di alcune situazioni gravi in tempi brevissimi. La formazione deve rea-lizzare l’obiettivo di rendere lo staff sanitario in grado di agire in modo adeguato in qual-siasi scenario possibile e di offrire il miglior trattamento a pazienti e familiari. Questo avviene integrando teoria (verifica del sape-re già consolidato, implementazione con le esercitazioni, consulto di esperti, costruzione di checklist) e training (programmi formativi informatizzati, gruppi di lavoro, centri di si-

tel Aviv

fig. 3 Haiti 2010 ospedale da campo israeliano

fig. 5 deterioramento psicologico conseguente ad evento traumatico

fig. 2 da sinistra a destra Kobi Peleg direttore dell’israel national center for trauma & emergency medicine Research e il direttore sanitario dello sheba Hospital

Page 6: Infermieristicamente 2012 n° 3-4

infermieristica-mente 4

mulazione, briefing con il personale coinvol-to, esercitazioni). Prima di una esercitazione è necessario mappare le strutture interne ed esterne, gestire le risorse umane e materiali, individuare e risolvere i gap logistici e pre-disporre le scorte di equipaggiamento. Du-rante e dopo la simulazione si analizzano e confrontano i risultati con le strutture ester-ne per migliorare il livello di performance. E’ opportuno ricordare che nella simulazione l’errore è sempre amico.Alexander Ash, Deputy of Assaf Harofe Se-curity Department Director ha affrontato il tema della sicurezza ospedaliera, l’Hospital Security in MCE.In questo paese ciascun ospedale è dotato di procedure codificate per ogni tipo di unu-sual situation, immediatamente disponibi-li per tutti gli operatori, che il Direttore del Department of Emergency and Acceptance (DEA) o l’Head Nurse di turno in caso di Maxiemergenza hanno l’obbligo di attivare richiamando i sanitari al pronto soccorso (via sms, telefono, cicalino o altro). Il personale di sicurezza provvede all’evacuazione del pronto soccorso dai codici verdi e visitatori e al blocco della viabilità nell’area. Le ambu-lanze in arrivo sono sottoposte a un duplice controllo che comprende i feriti a bordo. Si allertano l’esercito, servizi segreti, polizia na-zionale e vigili del fuoco e viene allestita una sede esterna, con personale che appartiene a queste istituzioni e appositamente preparato per la gestione delle informazioni ai media e ai familiari. Le guardie di sicurezza israeliane devono rispondere ai requisiti di aver presta-to servizio in una unità di combattimento

dell’esercito (Israel Defence Force) per alme-no tre anni, aver seguito un training nella struttura per acquisire la perfetta conoscen-za del luogo di lavoro, il superamento di un esame teorico, pratico e una simulazione e infine l’approvazione del Direttore dell’ospe-dale. Inoltre, sono necessari un corso specifi-co di sei giorni del Ministero della Sanità e il training di una giornata ogni trimestre. Cia-scun ospedale deve essere pronto ad affron-tare il terrorismo convenzionale, kamikaze, autobomba, ostaggi, conflitti a fuoco, ecc. e non convenzionale, tossicologico, chimico, biologico e radiologico e deve rispondere autonomamente e con cadenza annuale ad una esercitazione predisposta dal ministero della sanità e attivata senza alcun preavviso.Poiché le notizie sono di immediato dominio universale e non è possibile preparare in an-ticipo le risposte, Gili Shenar, Strategic Disa-ster & Emergency Management Consultant, illustra la rilevanza dei media e la gestione dell’intervista e/o delle dichiarazioni.Durante la crisi/disastro le comunicazioni permettono di salvare sé stessi e gli altri e pertanto è necessario preparare il personale all’uso degli innumerevoli canali d’informa-zione e a conoscere e capire le necessità e la particolare utilità dei media in questi mo-menti. Caratteristiche dello spokesman sono l’accuratezza, anche qualora si tratti di “sti-me”, onestà, apertura, empatia ed impegno. Secondo la linea temporale ideale si danno notizie appena è possibile, quando vi sono aggiornamenti e una volta che la situazione è sotto controllo. E’opportuno ricordare che i telefoni cellulari

fig. 4 maya Golan disaster delegation israeliana - Haiti 2010

Page 7: Infermieristicamente 2012 n° 3-4

5 infermieristica-mente

dell’ultima generazione permettono a chiun-que di trasmettere foto e video di un even-to al computer e via internet alle breaking news/youtube.Maya Golan, infermiera dell’esercito israe-liano e della Disaster Delegation intervenuta ad Haiti nel gennaio 2010, ha proposto la prospettiva infermieristica su questo evento (Fig. 4).L’Ospedale da campo della delegazione era già in funzione 86 ore dopo il terremoto con una capacità di 120 posti di emergenza, me-dicina interna, chirurgia, pediatria, ginecolo-gia, ostetricia, e 121 professionisti all’opera. L’ospedale è sorto nello stadio di calcio, se-condo una scelta strategica che ha permesso di contenere in sicurezza l’afflusso incontrol-lato di feriti. La rapidità nel rendere operativo l’ospedale ha comportato un notevole carico di lavoro nei primi 10 giorni. Lior Katz dell’Israel Defense Forces Medical Corps ha approfondito il tema delle radia-zioni, tipi, fonti, danni e simulato uno sce-nario di rischio radioattivo con i tre periodi dell’esposizione, protezione e trattamento. In questi casi come potrebbe reagire un ospedale? Innanzitutto è indispensabile un protocollo per gli incidenti radioattivi, sia per il personale in prima linea sia per i funzio-nari e tecnici che interverranno. All’esterno del pronto soccorso deve essere allestito un punto di triage con i detectors per le ra-diazioni e devono essere previste due zone contaminate, una esterna ed una interna al pronto soccorso, considerando che solo una

minima percentuale delle migliaia di sogget-ti coinvolti che si rivolgeranno alle strutture sarà contaminata. Un intervento di assisten-za avanzato sul paziente contaminato non deve mai essere ritardato. Tale principio, so-stenuto dalle evidenze scientifiche, è sotto-lineato con forza perché già rimuovendo gli indumenti la carica diminuisce del 90%,Nel corso era programmata anche una gior-nata di Full Bio Drill, l’esercitazione nazionale di risposta a un evento biologico (fig. 6-7-8), al Kaplan Medical Center in qualità di osservatori (Fig. 5). L’esercitazione è iniziata a sorpresa come prevede il piano naziona-le. Un incaricato del ministero della sanità ha esibito la tessera di riconoscimento e comunicato il rapido aggravamento di due ipotetici pazienti del DEA ricoverati per una sintomatologia simil influenzale e in seguito deceduti in terapia intensiva. Dopo aver sco-perto che i due sono padre e figlio, un terzo paziente, il fratello, presentava gli stessi sin-tomi con un rapido aggravamento del qua-dro clinico. Il DEA è stato suddiviso in due se-zioni per accogliere pazienti sospetti e non. Gli osservatori ufficiali, tutti esterni allo staff del Kaplan, raccoglievano dati sulle risposte dell’ospedale alla situazione che potrebbe essere circoscritta oppure esplosiva. Ad ogni azione del personale seguono delle reazioni (simulate) previste in anticipo al fine di ripro-durre tutte le possibili variabili. Dopo la di-chiarazione dello stato di emergenza da par-te del responsabile di struttura sono scattati immediatamente i protocolli che prevedono

fig. 5 il Kaplan medical center di Rehovot, a sud di tel Aviv

fig. 6-7-8 esercitazione nazionale in risposta ad evento biologico al Kaplan medical center

Page 8: Infermieristicamente 2012 n° 3-4

infermieristica-mente 6

una serie di azioni a cascata per circoscrive-re/isolare l’evento e nel contempo garantire l’accesso di routine. Il personale ha indossato i dispositivi di protezione individuale (DPI), i reparti hanno messo a disposizione del DEA posti letto e operatori, l’amministrazione ha richiamato il personale non servizio e reperi-bile, i servizi sociali si sono occupati dei fa-miliari e le forze dell’ordine della sicurezza, isolamento del perimetro dell’ospedale e dei media. Aria condizionata e posta pneuma-tica sono state bloccate e si sono contenuti gli spostamenti del personale. Nel momento di maggior confusione il Magen David Adom (MADA), corrispettivo del nostro Suem 118, ha comunicato l’arrivo di circa 140 pazienti potenzialmente contaminati in 80 minuti e sulla scena sono arrivate più di 100 compar-se. Tale affluenza era giustificata dal primo decesso, un giovane militare di leva e pa-dre di famiglia come tutti i commilitoni con i quali era stato recentemente a contatto e aveva trascorso l’ultimo week end nel centro di Tel Aviv. Come possono essere accolte tut-te queste persone?La legge dello stato d’Israele stabilisce che gli ospedali devono essere in grado di affrontare in qualsiasi momento un afflusso massiccio di pazienti e quindi assicurare il 20% in più dei posti letto effettivi. I posti letto saranno allestiti negli ambulatori, day hospital, pale-stre di rieducazione e in tutti i corridoi per i quali già in fase di costruzione e/o ristrut-turazione degli edifici sono stati predisposti gli impianti di ossigeno, aria compressa ed

aspirazione per il funzionamento dei venti-latori automatici e per l’O2 terapia. A sco-po precauzionale e fino alla dichiarazione di cessata emergenza tutte le informazioni e le pratiche amministrative informatizzate sono riconvertite in formato cartaceo. Di fronte a tale potenza organizzativa non potevamo che meravigliarci e da profani abbiamo no-tato solo alcune piccole imperfezioni come il megafono mal funzionante. Tuttavia, se-condo i loro criteri di giudizio, l’esercitazione non era stata del tutto soddisfacente. Nel debriefing abbiamo raccolto le impressioni ed è emerso che nel nostro paese queste si-mulazioni avvengono raramente e in modo spettacolare, allertando e preparando tutte le forze in gioco con notevole anticipo. In questo caso il Ministry of Health (MHO) isra-eliano comunica all’ospedale interessato che entro sei mesi vi sarà l’esercitazione e senza altro preavviso. Il valutatore non deve appar-tenere allo staff del valutato e per il Kaplan Hospital era Dvora Hertz, Head Nurse dello Sheba Hospital, inviata del MHO. Le esercita-zioni hanno lo scopo di far emergere le falle del sistema, evidenziando gli errori, per mi-gliorare (l’errore è amico) mentre nel nostro paese sono esaltati solo gli aspetti positivi, quasi nascondendo quelli che devono essere migliorati.Il Full Bio Drill è stato seguito dalla lezione di Liat Tusk-Helerman, medico militare del-la sezione biologica del Chimical, Biological, Radiological & Nuclear Medicine Branch (CBRN), sulla preparazione all’attacco bio-

Page 9: Infermieristicamente 2012 n° 3-4

7 infermieristica-mente

logico, Bio MCE, che rappresenta la prin-cipale sfida dell’ultimo decennio. L’evento biologico è una emergenza sanitaria di tipo infettivo che si sviluppa all’interno di un gruppo di individui e tale da influenzare la salute pubblica. L’agente può essere di tipo batterico, virale o una tossina e l’esposizione può essere naturale oppure mediata dall’uo-mo per motivi accidentali od intenzionali. Quanto più rapida sarà la scoperta e la con-ferma dell’agente tanto più importante sarà il controllo della sua evoluzione. Principio ir-rinunciabile nell’emergenza è la necessità di possedere linee guida e personale preparato che agisce sulla base della conoscenza, del-la formazione specialistica e con l’equipag-giamento adeguato. Pertanto le linee guida devono essere sperimentate e pronte all’uso, mai create durante l’emergenza. Il ruolo fon-damentale spetta alle esercitazioni (drill), si-tuazioni protette nelle quali emergono tutte le possibili problematiche e complicazioni.

Per affrontare al meglio tali eventi sono indi-spensabili studio, formazione del personale, regole precise, equipaggiamenti, infrastrut-ture e soprattutto simulazioni.Peleg ha richiamato gli aspetti etici di questi casi. Secondo le direttive del Ministero della Salute (MOH ) ciascun ospedale ha l’obbligo di effettuare un full drill annuale, con libera scelta di tempi e tipo di evento (Bio?,tox?...), nonché l’obbligo di assicurare la capacità, a pieno regime di ricoveri, di ricevere in con-dizioni di MCE, surge capacity. Poiché ogni struttura deve garantire, indipendentemente dal livello e dal momento, il 20% in più dei propri posti letto, questo significa che lo She-ba Hospital deve essere sempre pronto per l’allestimento immediato di 400 posti letto. Ogni struttura ospedaliera deve allestire i siti di stoccaggio del materiale per le maxiemer-genze (stockpiles) che si aggiungono così ai 3 siti nazionali permanenti.Infine, ma non meno importante, il daily re-port comunica quotidianamente al Ministe-ro della Salute la ricettività dell’ospedale, il numero dei posti letto di terapia intensiva e pronto soccorso e dei pazienti ventilati mec-canicamente (VAM) non ricoverati in terapia intensiva. Questi dati vengono confrontati con quelli relativi al giorno, settimana, mese ed anno precedente per valutare le differenze.

Page 10: Infermieristicamente 2012 n° 3-4

infermieristica-mente 8

DATA ARE POWER!

In caso di MCE il primo importante ingorgo di persone, bottle neck, si presenta nel pron-to soccorso, perché secondo le statistiche è sempre affollato. Nei primi 10/15 minuti il pronto soccorso è preso d’assalto e quindi è necessario inviare rapidamente a domicilio i pazienti non urgenti per accogliere quelli urgenti. Nell’MCE il rapporto minor injures/major injures è di 75%:25%, ma i pazienti minor saranno i primi ad arrivare in ospe-dale in grande numero ed è necessario lo spazio per accogliere quelli gravi. Il sistema, ormai collaudato di command, control e co-operation garantisce il continuo scambio di informazioni tra le forze sul campo per la gestione ottimale dello smistamento dei pa-zienti. Il daily report permette agli ospedali e al MADA (118 israeliano) di sapere in qual-siasi momento dove inviare i pazienti. Tutto questo si riassume nell’acronimo SS, (staff: numero di infermieri, medici …; stuff: equi-paggiamento e logistica).In tutto questo la figura e il ruolo dell’infer-miere risulta importante, perché gestisce il pronto soccorso e interviene secondo proto-colli, anziché attendere il medico, a nurse is not a waiter for a doctor, sostengono gli isra-eliani. L’infermiere di triage dello Sheba Ho-spital, in attesa della visita medica procede con l’anamnesi, gli esami ematochimici, ecg, eco fast, segni vitali e terapia antidolorifica. I protocolli sono condivisi per garantire l’inter-vento tempestivo senza invasioni di campo tra i vari professionisti.Nell’ultima giornata Peleg tratta la decision making in uncertainty sistuations, ma che cosa significa decidere in una situazione di totale incertezza? È opportuno sottolineare che nei primi 10-15 minuti il managment è assolutamente più importante della clinica.Durante un MCE, che per definizione è una situazione “sbilanciata”, principi e protocol-li permettono di definire inizialmente quali siano i target, e successivamente a cascata accompagnano il professionista attraverso una serie di decisioni ed azioni finché non si attiva la macchina di risposta. E’ assoluta-mente vero che in ogni momento non si sa

precisamente cosa fare, ma è necessario de-cidere e quindi identificare il problema, fare diagnosi, definire gli obiettivi e pianificare le azioni con una supervisione costante. È ne-cessario prevedere in anticipo su quali forze e mezzi contare e generalmente in MCE non ci sono il tempo per fare previsioni né infor-mazioni precise.Perciò è previsto il Big Manager coadiuvato dai Sub Manager che sono rispettivamente responsabili del triage, dei trasporti e della si-curezza e tutti i dipartimenti coinvolti lavora-no in sinergia. Nell’MCE Manager è il primo esperto che arriva sul posto e ogni paramedi-co è preparato per essere tale. È responsabile dei sub manager e permette loro di muoversi in autonomia. E’ colui che dà le direttive per-ché gli altri vogliono sapere cosa fare. Egli deve considerare una risorsa il fatto che ogni coinvolto pensi in modo differente, saper trattare con i media, considerare la possi-bilità/eventualità di cambiare una decisione assunta o correggersi. Il Big Manager all’ar-rivo osserverà e, se necessario, darà qualche consiglio. Un concetto molto importante è che l’MCE dovrebbe essere il “dejavù” di un precedente drill.In tale situazione le informazioni sono troppe e quindi è impossibile verificarle e gestirle op-pure sono scarse. L’evoluzione è sconosciuta e non si conosce il momento giusto per pren-dere ”la decisione”. La paura di sbagliare può comportare la perdita della possibilità di scelta e solo un training adeguato e costante e l’esperienza permettono di affrontare una decisione e di prevedere i rischi correlati. Nel-la preparazione del Manager si lavora sulla caratteristica dell’essere umano di rispon-dere a un nuovo evento secondo le proprie abitudini. L’apprendimento avviene in forma graduale mediante continue esercitazioni e i risultati saranno la velocità di risposta e la flessibilità rispetto ai limiti dei protocolli.Haik Josef, direttore dell’Intensive Care Burn Unit-Chaim Sheba Medical Center illustra la preparazione specifica del medico.La laurea in medicina e l’esame di stato ri-chiedono il possesso dei certificati di Advan-ced Trauma Life Support (ATLS), Advanced Cardiac Life Support (ACLS) e dell’Advanced Burn Life Support (ABLS) che sono obbliga-tori anche per svolgere le guardie notturne. In Israele le ustioni sono considerate un Multi Damage Trauma e l’investimento nella cura degli ustionati è sostenuto dalle evidenze. Nel 50% dei casi si tratta di bambini e di

Page 11: Infermieristicamente 2012 n° 3-4

9 infermieristica-mente

questi il 22% è al di sotto del primo anno di vita. Le ustioni sono causate prevalente-mente da liquidi bollenti e nell’80% dei casi dovute a incidenti domestici. Questo avvie-ne perché nelle famiglie ortodosse i bambini sono numerosi. Gli ortodossi rispettano lo Shabbat e non usano gli elettrodomestici dal tramonto del venerdì a quello del sabato, ri-scaldando i liquidi con il bollitore, “ammes-so” dalle regole religiose ma pericoloso per i

bimbi. Di frequente le ustioni sono invalidan-ti per lavoratori e per anziani. A differenza di quanto si immagina l’ustione correlata ad attentato (terror related) rappresenta solo lo 0,2% con mortalità del 6,4% e quelle non terror related il 2% con mortalità del 3,4%.1 Il riscaldamento domestico è prodotto da impianti solari che fino a qualche anno fa non erano regolamentati nelle loro caratte-ristiche, cosicché l’acqua dei rubinetti poteva

Page 12: Infermieristicamente 2012 n° 3-4

infermieristica-mente 10

raggiungere anche 80°C…. Le evidenze in-segnano che l’ustione aggrava notevolmente la severità del trauma prolungando le degen-ze di mesi o anni.In caso di maxi evento Israele non può trasfe-rire i pazienti negli stati confinanti e quindi deve essere autonomo. In alcune zone del paese sono piovuti 7000 missili in 7 anni che hanno colpito case, scuole, negozi e luoghi di lavoro. Infine è da considerare che in que-

sto paese tutti appartengono all’esercito e che negli ultimi decenni hanno partecipato ad alcune guerre. Ne consegue che squadre di esperti, Burn Speciality Teams, hanno stu-diato appositi piani (preparazione a livello locale, ospedaliera, regionale e nazionale) che prevedono ad esempio che tutte le parti degli ospedali, anche quelle pubbliche siano attrezzate per accogliere il paziente (impian-ti per ossigeno terapia e per i ventilatori).

da sinistra a destra michele zumerle e Kobi Peleg

Per appronfondire Israeli Trauma Registry, ITR 1997-2003. Per approfondire è utile vedere anche Haik J., Weissman O., Givon A., Tessone A., Stavrou D., Orenstein A., Peleg K., Examining National burn care policies-is the israeli burn care alignment based on National data? Journal of Burn care Research, 2012 jul; 33 (4):510-7.

Page 13: Infermieristicamente 2012 n° 3-4

11 infermieristica-mente

L’acronimo ASAP ben sintetizza tutto questoA wareness: consapevolezzaS ame language: tutte gli ospedali devono lavorare nello stesso modoA daptation: sapersi adattare alla nuova real-tà (terror related)P revention & P reparedness: grandi quantità di materiale sempre pronte e kit antigas ad ogni nuovo nato. Eppure, nonostante questo, Haik confessa con rammarico che ancor oggi, pur nella comunione di idee sulla necessità di eserci-tazioni e simulazioni continue ed aggiorna-te rispetto agli eventi precedenti, non esiste una totale intesa sugli standard di Burn Care.Il corso ha offerto una seconda possibilità di confronto con medici ed infermieri esperti che normalmente operano in diverse realtà operative su un tema importante ed attua-le. Il contesto italiano risulta condizionato da due fattori, quali il rischio sempre più reale di maxiemergenze e per contro la scarsa ca-pacità di risposta a simili eventi di gran parte degli ospedali italiani, nonché la mancanza di uniformità sul territorio nazionale .In questo Paese, tale tema, come molti al-tri, è affrontato in modo efficace ma il prag-matismo e l’ossessione per la preparazione rappresentano da sempre una necessità per la sopravvivenza, sin dalle origini dello sta-to d’Israele. L’eccellenza della formazione è documentata dalla letteratura. Principio fon-damentale è il bene comune, inteso come benessere psicofisico, ed è considerato una priorità.I cittadini israeliani hanno per comune de-nominatore il pensiero religioso e il servizio militare, “per essere un israeliano vero devi passare attraverso il servizio militare”. Il pas-saggio sotto le armi permea di un camerati-

smo comune che si risveglia nei momenti e nelle scelte difficili.

Da quest’esperienza è possibile dedurre la con-ferma che al tavolo di discussione e lavoro non devono esistere gerarchie ma ogni categoria professionale deve partecipare con il proprio contributo e ciascuna al pari delle altre: infer-mieri, medici, tecnici informatici, personale amministrativo, forze dell’ordine. Inoltre, sa-rebbe opportuno credere fermamente che solo le esercitazioni simulate continue ed obbliga-torie permettono al professionista di rispon-dere adeguatamente sempre e comunque, im-parando dai propri errori senza rischio alcuno.Questo corso ha offerto modelli di pensiero e strategie, decisionali ed operative, mutuabili ed adattabili a qualsiasi realtà è pertanto an-che al contesto italiano.

fig. Gli infermieri italiani del mcd Hospital Preparedness Advanced course al Kaplan Hospital – tel Aviv

sitografia:http://eng.sheba.co.il/About_Us/http://www.riaonweb.it/Documenti/Area%20Download/N&A%20apri-le%2006%20.pdfwww.gertnerinst.org.il/ehttp://ochaonline.un.org/OCHAHome/AboutUs/Coordination/UNDACSystem/tabid/5963/language/en-US/Default.aspxhttp://icbrnevents.com/past-events/cbrne-convergence-2010/conference-speakers/colonel-gilead-shenharhttp://pdm.medicine.wisc.edu/pdf_files/IPRED. pdf

Page 14: Infermieristicamente 2012 n° 3-4

infermieristica-mente 12

Valutazione dell’impatto del modello “Porte Aperte”

Maurizio Davì

Referente infermieristico di area Servizio Psichiatrico Diagnosi e Cura Ospedale S. Chiara di Trento

intRoduzioneNegli ultimi decenni i Servizi psichiatrici d’Europa sono stati attraversati da impor-tanti cambiamenti; sono state avviate infatti riforme sanitarie e politiche di de-istituzio-nalizzazione, anche se attualmente il qua-dro politico è assai differenziato. La tenden-za dei vari paesi europei ad avere reparti psichiatrici per acuti a porte aperte o chiuse a chiave è molto variabile ed è determina-ta principalmente per la maggior parte dei casi dalla tradizione locale (Rittmannsber-ger et al., 2004).I reparti “no restraint” (a porte aperte e senza uso di contenzione) sono più diffusi in Inghilterra, Austria, Ungheria, Romania e Slovenia, mentre in Italia sono ancora rari. Tuttavia a più di trent’anni dalla legge Ba-saglia, un numero crescente di reparti ha iniziato ad interessarsi a questo modello or-ganizzativo (Tabella 1), tra questi il reparto di Trento (Davì, 2009).

obiettivoValutare gli outcomes d’impatto del mo-dello “porte aperte” all’interno dei servizi psichiatrici diagnosi e cura.

metodi e stRumentiLa valutazione dell’impatto del modello or-ganizzativo a porte aperte è stata effettua-ta attraverso l’analisi dei seguenti outcome: episodi di aggressività, episodi di allonta-namento, soddisfazione. La soddisfazio-ne è stata approfondita anche attraverso un’analisi dei vissuti che ha consentito di evidenziare vantaggi/svantaggi dei due modelli organizzativi. I dati della lettera-tura sono stati arricchiti da quelli derivati dall’esperienza del Servizio psichiatrico di Trento. Le parole chiave maggiormente utilizzate

sono state: “open psychiatric ward”, “Re-straint”, “locked psychiatric ward”, “open psychiatric doors”, “locked psychiatric do-ors”, “advantages”, “disadvantages”.

L’esPeRienzA deL modeLLo oRGAniz-zAtivo “PoRte APeRte” neL seRvizio PsicHiAtRico di tRento Il progetto porte aperte del Servizio Psichia-trico Diagnosi e Cura (SPDC) di Trento è nato nel 2007 in coerenza con le pratiche e la cultura dell’empowerment e del “Fareas-sieme”, già da anni presenti all’interno del servizio. L’apertura delle porte del reparto di psichiatria ha rappresentato un punto di partenza, un’occasione per attenuare quella distanza che separa il mondo della salute mentale (caratterizzato troppo spes-so da isolamento, sofferenza, solitudine e regressione) dalla collettività, il tentativo di restituire dignità e soggettività agli utenti attraverso la loro responsabilizzazione.All’interno dell’SPDC si è formato un grup-po di lavoro multidisciplinare formato da rappresentanti di tutto il Servizio. Il gruppo, dopo aver effettuato un’attenta revisione della letteratura, ha cercato un confronto reale con le esperienze italiane no restraint, recandosi in visita in alcuni degli SPDC che lavorano già con le porte aperte. Alcuni rappresentanti del gruppo hanno visitato i reparti psichiatrici di Mantova, Siena, Arez-zo, Portogruaro, Merano. Gli incontri suc-cessivi (più di una trentina tra il 2007 e il 2010) hanno avuto lo scopo di mettere a fuoco le questioni cruciali, di riferire le sin-tesi dei confronti con le esperienze italiane di cui sopra, di fornire occasioni formative sull’argomento. Alla fine di un percorso du-rato quattro anni, il reparto a porte aperte di Trento è stato inaugurato il 17 gennaio 2011 (Foto 1).

“Porte chiuse: pazienti ostaggi degli operatori. Porte aperte: operatori ostaggi dei pazienti, questo rappresenta l’inizio della cura” (F. Basaglia).

Page 15: Infermieristicamente 2012 n° 3-4

13 infermieristica-mente

Valutazione dell’impatto del modello “Porte Aperte”

Tabella 1. Distribuzione geografica dei reparti a porte aperte e/o senza contenzione in Italia

Foto 1 Inaugurazione reparto psichiatrico a porte aperte di Trento

Page 16: Infermieristicamente 2012 n° 3-4

infermieristica-mente 14

STraTegIe DI coInvolgImenTo DeglI uTenTI e FamIlIarI nel ServIzIo PSI-chIaTrIco DI TrenToQuesta frase che ancora oggi colpisce per la sua profondità, rinvia con chiarezza alla questione dei poteri nella relazione. Se-condo Basaglia, la cura è possibile solo se i pazienti psichiatrici sono liberi e hanno con gli psichiatri e il personale sanitario una relazione caratterizzata da reciprocità e conservazione del potere contrattuale. Su questa linea di pensiero si trova l’SPDC di Trento, che da anni sta cercando di supera-re i limiti di pratiche basate esclusivamente sull’accudimento, sulla custodia e sull’uso del farmaco, al fine di promuovere la re-sponsabilità personale in un’ottica di “co-gestione” della malattia anche in fase acu-ta, secondo la convinzione che “nessuno è privo di risorse” (De Stefani, 2007). Aprire le porte nei servizi psichiatrici diagnosi e cura non può obbedire soltanto a una mera ideologia, questa scelta deve muoversi in-fatti in concomitanza con un cambiamento culturale e un’apertura mentale da parte di tutti. A questo scopo a seguito dell’apertu-ra delle porte, a Trento, si è cercato di am-pliare l’offerta di attività riabilitative e riso-cializzanti a valenza terapeutica con il fine di fornire delle strategie di coinvolgimento utili a stimolare processi di cambiamento e di sviluppo positivo, cercando di favorire al massimo processi di responsabilizzazione degli utenti.

Nel reparto di Trento nell’arco della setti-mana si svolgono attività strutturate (gin-nastica dolce e trattamenti shiatsu, gruppi psico-educativi, arte terapia, cineforum, laboratori di musica, teatro e cucito), tal-volta anche aperte al pubblico, oltre ad eventi extra-ordinari come feste e concerti che hanno la finalità di ridurre lo stigma e il pregiudizio e di favorire un clima di acco-glienza e positività rispetto al mondo della salute mentale, “aprendo le porte” alla col-lettività. Altre pratiche riabilitative che vanno nella stessa direzione sono: la Terapia cogniti-vo-comportamentale, basata sul modello stress-vulnerabilità-coping (Vendittelli et al., 2008) e il “progetto UFE” basato sui princi-pi dell’ Empowerment (Davì, 2011).

rISulTaTI Dell’eSPerIenza Del ServI-zIo PSIchIaTrIco DI TrenToepisodi di aggressività. Nel SPDC di Tren-to gli episodi di aggressività sono misurati attraverso l’utilizzo della “Scala Modificata dell’Aggressività Manifesta” – MOAS. Nella tabella 2 sono messi a confronto i dati degli episodi di aggressività verificatisi a Trento con le porte chiuse (2008-2010) con quelli verificatisi con organizzazione a porte aperte (2011-2012).

episodi di allontanamento. Nell’ SPDC di Trento gli episodi di allontanamento vengo-no monitorati attraverso un registro apposi-tamente creato. In esso viene indicata l’ora esatta dell’allontanamento e dell’eventuale rientro, la modalità di uscita (porta d’ingres-

Tabella 2 episodi di aggressività SPDc di Trento tra il 2008 e il 2012* *i dati del 2012 sono aggiornati a giugno

Page 17: Infermieristicamente 2012 n° 3-4

15 infermieristica-mente

so, giardino, sala fumo, finestre), l’esito (ri-entra da solo, accompagnato da operatori/UFE, da forze dell’ordine). Nella tabella 3 sono presentati i dati degli allontanamenti non autorizzati dall’SPDC di Trento dal 2008 al 2012.

soddisfazione degli utenti. Nell’SPDC di Trento la soddisfazione degli utenti viene ri-levata attraverso un questionario che è sta-to introdotto in reparto nel 2004 secondo il modello proposta da Vendittelli (Vendittelli et al., 2008). Nella tabella 4 sono presentati i dati tratti dal questionario di soddisfazione di Trento rivisto ed aggiornato dall’equipe di reparto nel marzo del 2012.

vAntAGGi/svAntAGGi deLLe PoRte cHiuse/APeRte: vissutiil vissuto degli utenti. Nel reparto di Trento il contributo degli utenti e familiari è stato fin dall’inizio del progetto valoriz-zato; oltre alla partecipazione alle riunioni di reparto

sul tema in questione, si è cercato di ap-profondire le loro percezioni sui vantaggi/svantaggi di un reparto psichiatrico con le porte chiuse/aperte attraverso la sommini-strazione di un questionario che è stato poi oggetto di discussione in una riunione di servizio. Le domande del questionario sono state tratte da uno studio pubblicato sul

tabella 3 Allontanamenti non autorizzati dall’sPdc di trento dal 2008-2012* *i dati del 2012 sono aggiornati al mese di giugno

tabelle 4 dati del questionario di soddisfazione reparto a porte aperte di trento – aprile/settem-bre 2012.

Page 18: Infermieristicamente 2012 n° 3-4

infermieristica-mente 16

Journal of Clinical Nursing (Haglund et al., 2006), tradotte e adattate nel 2008 dal dr. Alessandro Salvi e dal gruppo di lavoro por-te aperte del servizio psichiatrico di Trento.

il vissuto degli operatori. A Trento, il de-licato passaggio da porte chiuse ad aperte è stato strettamente monitorato. Nei primi mesi sono state organizzate frequenti riu-nioni ad hoc per parlare dei vissuti del per-sonale e per condividere situazioni di diffi-coltà legate alla nuova organizzazione; in alcune occasioni è stato utilizzato anche lo spazio quotidiano dopo le consegne infer-mieristiche. Come strumento di monitorag-gio è stata utilizzata la scheda del “clima di reparto” (Vendittelli et al., 2008). Sono stati messi a confronto i dati del “clima di reparto” dei primi 6 mesi del 2010, quando il reparto aveva ancora le porte chiuse, con i dati dei primi 6 mesi del 2011 con l’or-ganizzazione a porte aperte (Tabelle 5-6). Dati più recenti sono attualmente in elabo-

razione.

Formazione del personale. Prima dell’avvio della sperimentazione del modello organiz-zativo a porte aperte nell’SPDC di Trento si è cercato di formare il personale attraverso un confronto diretto con operatori che lavorano già con tale modello. Alcuni rappresentanti del gruppo si sono recati infatti in alcuni dei reparti psichiatrici a porte aperte in altre par-ti d’Italia dove non si pratica la contenzione fisica; per favorire una maggior condivisione delle informazioni raccolte in tali esperienze, sono stati stesi dei report delle visite e orga-nizzate riunioni di servizio su questo tema.

discussione e confronto con la letteratura Episodi di aggressività. I dati della letteratura hanno evidenziato una correlazione positiva tra le porte aperte e la diminuzione della rab-bia e dell’aggressività manifestata dagli uten-ti (Van Der Merwe et al., 2009), maggiore era il tempo trascorso con le porte aperte, minore era il verificarsi di abusi verbali e di

tabella 5 Percezioni del personale sul “clima di reparto” - porte chiuse (anno 2010)

Page 19: Infermieristicamente 2012 n° 3-4

17 infermieristica-mente

aggressioni fisiche contro gli oggetti ed altre persone (Bowers et al., 2002).La gestione dell’aggressività in reparto senza strumenti di contenzione fisica del paziente è certamente una competenza che richiede al personale un’adeguata formazione (Van Der Merwe et al., 2009). A questo proposito già da diversi anni nel servizio psichiatrico di Trento si è deciso di delineare delle indicazio-ni operative al fine di orientare gli operatori verso un unico modello di presa in carico del-la situazione critica per garantire la sicurezza degli operatori, dell’utente aggressivo e di chi gli è vicino. Una politica non restrittiva già da anni pre-sente all’interno del servizio psichiatrico di Trento (di cui l’apertura delle porte è solo un ultimo tassello) ha contribuito a una gradua-le riduzione degli episodi di aggressività. Tale esperienza ha portato il personale a riflettere su come porte chiuse e programmi molto ri-gidi di controllo durante i giorni di degenza (limitazioni a sigarette, denaro e caffè) fosse-ro spesso elementi di provocazione in grado di scatenare gravi reazioni comportamentali in quanto percepiti come una limitazione in-giustificata alla libertà dell’utente. Episodi di allontanamento. La maggior par-te degli studi analizzati suggeriscono che gli allontanamenti nelle unità psichiatriche con

le porte aperte non sono più frequenti che negli altri reparti, in quanto la maggior parte dei pazienti dimostra un certo grado di ade-renza ai programmi personalizzati concorda-ti con l’equipe (Lang et al., 2010; Toresini, 2005; Van Der Merwe et al., 2009). Anche in un’indagine nazionale che esplorava la frequenza degli allontanamenti nei reparti a porte aperte viene supportata tale ipotesi (Davì, 2009).L’esperienza di Trento mostra invece un au-mento del numero degli allontanamenti con le porte aperte anche se ad essersi ridotti sono gli eventi negativi ad essi correlati. Con le porte chiuse infatti, gli allontanamen-ti degli utenti nell’SPDC di Trento erano ac-compagnati nella maggior parte dei casi da reazioni violente o ad altissimo rischio come per esempio la forzatura di finestre e serra-ture, il tentativo di arrampicarsi sulle ringhie-re, episodi di aggressività nei confronti degli operatori (furto di chiavi), atti di vandalismo. Questi dati trovano supporto anche in altri studi internazionali (Van Der Merwe et al., 2009). I dati raccolti dal personale durante la fase a porte chiuse hanno mostrato inoltre che il numero relativamente ridotto degli al-lontanamenti dalla porta principale era con-trobilanciato da un più consistente numero di allontanamenti non autorizzati dal giar-

tabella 6 Percezioni del personale sul “clima di reparto” - porte aperte (anno 2011)

Page 20: Infermieristicamente 2012 n° 3-4

infermieristica-mente 18

dino. Secondo l’esperienza di Trento, con il modello organizzativo a porte aperte, nella maggior parte dei casi, gli utenti che sono usciti dal reparto dalla porta principale, non hanno assunto atteggiamenti incongrui e sono rientrati poco dopo (da soli o accompa-gnati); la meta della fuga è stata solitamente il bar dell’ospedale e il motivo principale il desiderio di bere un caffè. Soddisfazione degli utenti. Dalla revisione della letteratura si evidenzia un grado di sod-disfazione maggiore espresso dagli utenti ricoverati nelle unità con le porte aperte ri-spetto a quelli assistiti nei reparti con le porte chiuse (Van Der Merwe et al., 2009; Muller et al., 2002). La riflessione sui dati raccolti a Trento ha confermato quanto emerso dalla letteratura. I dati rilevati dal 2011 ad oggi infatti mostrano un progressivo aumento dei livelli di soddisfazione. In particolare gli 87 questionari compilati dagli utenti tra aprile e settembre 2012 a quasi due anni dall’aper-tura delle porte aperte, confermano questo trend positivo.Vantaggi/svantaggi delle porte chiuse: il vis-suto degli utenti. La letteratura analizzata evidenzia una prevalenza di svantaggi legati alla degenza in un reparto a porte chiuse. Esse aumenterebbero tra i degenti il senso

di ansia, vergogna, rabbia, frustrazione e de-pressione, mentre alla porta aperta viene at-tribuito un significato simbolico di recupero e riabilitazione. La maggior parte degli utenti ritiene oppressivo un reparto a porte chiuse considerandolo un ambiente più simile ad una prigione che ad un luogo di cura; alcuni vissuti fanno emergere tuttavia un desiderio di sentirsi protetti e al sicuro (Van Der Mer-we et al., 2009; Muir-Cochrane et al., 2012). Tale posizione è emersa anche a seguito della compilazione di un questionario sui “vantag-gi/svantaggi riguardo l’apertura delle porte del reparto psichiatrico” somministrato agli utenti di Trento prima dell’apertura delle por-te (Haglund et al., 2006).Ciò che emerge da questi vissuti, nella mag-gior parte dei casi, è un desiderio di libertà associata a un desiderio di sentirsi al sicuro e protetti, condizioni possibili queste gra-zie alla presenza del personale, in grado di “accompagnare” l’utente nel processo di cura, garantendo vicinanza e relazione. A tali bisogni dunque, più che lo stato della porta (chiusa/aperta), risponde la qualità del legame terapeutico proprio della relazione operatore-paziente. Quest’ultima è vissuta infatti, dal personale infermieristico, come fondamentale per aiutare le persone ricove-rate a stare meglio e per costruire una buona alleanza terapeutica (Hall, 2004). Aprire le porte vuol dire mettersi nella condizione di riconoscere i momenti di grandissimo disagio e di sofferenza senza isolare i pazienti. Vantaggi/svantaggi delle porte chiuse: il vis-suto degli operatori. Nello studio di Haglund et al. (2006) che è andato ad esaminare i vantaggi/svantaggi di un reparto psichiatrico con porte chiuse secondo le percezioni del personale è stato evidenziato che sono più gli svantaggi che i vantaggi legati all’attivi-tà lavorativa con le porte chiuse. Sulla stessa linea si trova Toresini (2005), che vede nelle porte chiuse un ostacolo al dialogo con gli utenti.Nello studio di Muir-Cochrane et al. (2012) emergono invece percezioni contrastanti sulla visione della porta; se da un lato con le porte chiuse il personale si sente privato del ruolo terapeutico e quasi calato nelle vesti di un “carceriere”, con le porte aperte ha la percezione di essere un “guardiano”,

Page 21: Infermieristicamente 2012 n° 3-4

19 infermieristica-mente

per giunta gravato da un senso di forte an-sia legato alla necessità di vigilare la porta e dalla preoccupazione di essere richiamato dai propri superiori nel caso si verificassero degli allontanamenti non autorizzati dei pa-zienti. Queste percezioni di insoddisfazione sono state condivise nei primi mesi anche dagli operatori del servizio psichiatrico di Trento. I dati analizzati hanno evidenziano, nei primi sei mesi, un peggioramento del clima di reparto, sono risultate diffuse tra il personale infatti reazioni emotive di tensione (codice arancio) e sentimenti di rabbia e fru-strazione (codice rosso). Questa situazione è stata certamente anche acuita dall’aumento del numero di ricoveri negli ultimi anni, dal ritardo dei lavori di ristrutturazione (lavori che avrebbero dovuto ampliare il reparto e spostare l’ambulatorio infermieristico vicino la porta d’ingresso), dalla mancata riduzione di 1-2 posti letto (attualmente 15), dai colle-gamenti non sempre funzionali tra le varie strutture dell’area criticità, dalla poco chiara definizione di ambiti di responsabilità e infi-ne dalla mancanza di una procedura scritta di gestione condivisa (criticità affrontate nei mesi successivi). Tali percezioni a Trento sono andate gradualmente a migliorare con il pas-sare dei mesi. I dati del 2012 confermano il trend positivo. Formazione del personale. Dalla revisione della letteratura è emerso come i programmi per limitare l’uso della contenzione e l’utiliz-zo di strategie alternative si basano preva-lentemente sulla formazione del personale, questo per favorire cambiamenti culturali e organizzativi. Per lavorare nelle strutture a porte aperte sono richiesti al personale infer-mieristico livelli di preparazione avanzata mi-rati all’utilizzo di affinate tecniche relazionali e alla costruzione di una relazione empatica con il paziente anche nelle situazioni di crisi acuta. In un’indagine nazionale condotta nel 2007 da Davì (2009) che andava ad esplorare attraverso un’intervista i bisogni formativi de-gli infermieri nei reparti psichiatrici che han-no le porte aperte, è emerso come sia ancora molto sentito il bisogno di apprendere stra-tegie di contenimento basate sulla relazione ed una specifica formazione riguardo alla gestione dell’escalation dell’aggressività (bi-sogno condiviso anche dall’equipe di Trento).

Si ritiene quindi fondamentale proseguire sulla strada della formazione continua del personale.

concLusioniDall’analisi effettuata emerge che i reparti a porte aperte sono più diffusi in Inghilterra, Austria, Ungheria, Romania e Slovenia, anche se recenti studi lasciano pensare che in alcune di queste strutture vi sia un ritorno alla porta chiusa, seppur con livelli bassi di istituzionaliz-zazione. Sui generis la situazione italiana, pa-tria della celebre riforma psichiatrica, dove a più di trent’anni dalla Legge Basaglia i reparti psichiatrici a porte aperte sono ancora una mi-noranza. Dall’analisi degli indicatori utilizzati per inda-gare il fenomeno delle porte aperte, è emersa una correlazione tra porte aperte e diminuzio-ne della rabbia e dell’aggressività manifestata dagli utenti, aumento della loro soddisfazione, limitazione degli allontanamenti o degli effetti negativi a essi conseguenti. L’analisi sui vissu-ti degli utenti e del personale invece ha fatto emergere per i primi l’importanza rivestita dalla relazione terapeutica, per i secondi la necessità di un adeguato percorso di formazione. La letteratura scientifica revisionata ha evi-denziato una prevalenza di svantaggi legati alla degenza in un reparto a porte chiuse. La maggior parte degli utenti riferisce un senso di oppressione legato alla presenza della por-ta chiusa, che contribuisce ad avvicinare il re-

Autunno 1945. foto di gruppo delle infermiere dell’ospedale psichia-trico provinciale di montebello di Limbiate, milano. L’infermiere n. 1/2005

Page 22: Infermieristicamente 2012 n° 3-4

infermieristica-mente 20

parto a un luogo di reclusione anziché a un luogo di cura; altri vissuti al contrario fanno emergere una sensazione di sicurezza e pro-tezione (Van Der Merwe et al., 2009). Ciò che emerge, nella maggior parte dei casi, è un desiderio di libertà accostata a un deside-rio di sentirsi al sicuro e protetti, condizioni possibili queste grazie alla presenza del per-sonale, in grado di accompagnare l’utente nel processo di cura, garantendo vicinanza e relazione. A tali bisogni dunque, più che lo stato della porta (chiusa/aperta), risponde la qualità del legame terapeutico proprio della relazione operatore-paziente. Quest’ultima è considerata infatti dal personale infermieri-stico come fondamentale per aiutare le per-sone ricoverate a stare meglio e per costruire una buona alleanza terapeutica (Hall, 2004). È evidente dunque che, seppur le porte aper-te siano generalmente percepite come un simbolo di recupero e riabilitazione, da sole non sono sufficienti per migliorare la sod-disfazione degli utenti: più che al controllo della porta, l’attenzione del personale deve essere quindi mirata allo sviluppo di strategie di coinvolgimento relazionali e alla creazione di un clima positivo; tale condizione può es-sere favorita certamente da un setting ade-guato all’interno del reparto e da un numero limitato di pazienti (non più di 10-12, come afferma Toresini, 2005). Ciò è in contrasto con la situazione generalmente esistente: dall’analisi degli studi emerge infatti che la pratica comune degli operatori sia quella di vigilare la porta, trascurando così la relazio-ne con gli utenti. Il risultato è una percezione di custodia gravato da un senso di insoddi-sfazione e frustrazione legato alla necessità di vigilare la porta e dalla preoccupazione di essere richiamato dai propri superiori nel caso si verificassero degli allontanamenti non autorizzati dei pazienti.La presenza dell’operatore a rotazione nei paraggi della porta d’uscita è naturalmente punto di partenza dello stesso percorso “no restraint”; anziché confermare la funzione “custodialistica” del personale psichiatrico essa si carica di un forte ruolo “terapeuti-co”: soprattutto nei pressi della porta si può infatti creare un clima di negoziazione e di aggregazione continua. La fase del control-lo umano della porta rappresenta quindi un percorso individualizzante sia per i pazienti, che realizzano che la porta aperta non è per ognuno ugualmente valicabile, che per gli operatori, auto-costretti a “negoziare” con l’utente. La fase successiva deve però neces-

sariamente prevedere uno spostamento del controllo dalla porta alla relazione (Toresini, 2005). In un certo qual modo dunque le por-te aperte amplificano il rapporto operatore-utente e la relazione di cura. Da ciò deriva che la gestione dei pazienti in un reparto a porte aperte senza strumenti contenitivi ri-sulta più complessa: non è facile convincere un paziente ad accettare le cure in regime volontario o convincerlo ad assumere una te-rapia. Climi meno restrittivi pongono infatti l’operatore e il paziente in situazioni di conti-nua relazione e confronto, obbligano i primi a trovare sempre espedienti relazionali nuovi per confrontarsi con la persona. Fare questo può risultare stimolante per il professionista, ma al contempo estremamente faticoso, fru-strante se non si è allenati a farlo. Alcuni au-tori suggeriscono di intraprendere all’interno del reparto strategie utili a stimolare processi di responsabilizzazione e mutuo-aiuto tra gli utenti stessi, tra queste attività gruppali e re-lazioni sociali, con anche un coinvolgimen-to attivo dei familiari. Per giungere a ciò è imprescindibile la formazione del personale, vero e proprio punto fermo se si vogliono rendere i reparti psichiatrici meno custodia-listici e più terapeutici (Van Der Merwe et al., 2009). Se questo non avviene con adeguato anticipo, vivere con difficoltà soprattutto i primi mesi di lavoro con il modello a porte aperte può essere normale. La scelta di aprire le porte nei Servizi psichia-trici diagnosi cura non può obbedire infat-ti soltanto a una mera ideologia, ma deve muoversi necessariamente in concomitanza con un cambiamento culturale e un’aper-tura mentale da parte di tutti, operatori e dirigenti. Gli operatori della Salute Mentale in psichiatria oggi devono scegliere di non essere dei semplici “sorveglianti” sulla por-ta: devono al contrario mirare a sviluppare le proprie abilità in un ruolo che è quello tera-peutico, riabilitativo, cognitivo, contenitivo-relazionale, di mediazione e di integrazione sia per il bene del paziente che per la propria gratificazione professionale. La relazione è l’unico strumento che gli operatori hanno per prendersi cura delle persone ricoverate; intorno a questa gioca tutta la loro profes-sionalità e autonomia. Non è semplice, ma non impossibile. Un lavoro sulla relazione utente-operatore tuttavia non è sufficiente per determinare il successo di un reparto a porte aperte; tale modello è possibile se si realizzano determinati accorgimenti organiz-zativi, strutturali ed operativi.

Page 23: Infermieristicamente 2012 n° 3-4

21 infermieristica-mente

AccoRGimenti oRGAnizzAtivi: la volontà di attuare tale politica, una chiara direttiva dipartimentale, che enunci gli obiettivi da perseguire e che dia alle strutture le necessarie risorse ambientali e umane;un Dipartimento di Salute Mentale ad alta integrazione con fluidi collegamenti tra le varie strutture che lo compongono;un’equipe flessibile fra ospedale e territorio (Area criticità);un numero di posti letto ridotto (10-12 al massimo);definizione di rapporti di collaborazione con Forze dell’ordine e servizi di sicurezza in caso di necessità;definizione di chiare procedure operative per la gestione del modello organizzativo a porte aperte e degli ambiti di responsabilità;istituzione di un sistema di monitoraggio dell’incident reporting;definizione di programmi di formazione per il personale;favorire approcci riabilitativi (presenza di tecnici della riabilitazione psichiatrica);prevedere figure di supporto “alla pari” per favorire climi di maggior accettazione e collaborazione (un esempio sono gli UFE - utenti familiari esperti - del Servizio Salute Mentale di Trento);prevedere momenti programmati di confronto e supporto per gli operatori (riunioni sui vissuti, riunioni caso, audit clinici);non avere un approccio ideologico (non voler tenere le porte aperte a tutti i costi);Accorgimenti strutturali:un ambulatorio infermieristico posizionato nei pressi della porta d’ingresso (per favorire un monitoraggio discreto delle entrate e delle uscite);la creazione di un ambiente più familiare e accogliente (salottino all’ingresso del reparto, possibilità di avere spazi aperti come per esempio un giardino);Accorgimenti operativi:spostamento del controllo sulla relazione e non sulla porta; definizione di strategie di assistenza personalizzate secondo il livello di complessità dei casi (quotidiana rivalutazione clinica e valutazione dei fattori di rischio rilevati);messa in atto di strategie di coinvolgimento degli utenti e dei familiari attraverso attività riabilitative gruppali a valenza terapeutica (terapia cognitivo comportamentale, gruppi psico-educativi) e attività risocializzanti (gruppi familiari di mutuo-aiuto, riunioni quotidiane con tutti i pazienti, gruppi gin-nastica o di rilassamento, attività artistiche di disegno o di scrittura, giochi da tavola, calcio balilla, ping-pong, cyclette ecc.).La porta chiusa oltre ad una barriera fisica veicola certamente un messaggio di barriera relazionale e terapeutica che rinforza stereotipi di pericolosità. Viceversa riuscire a tenere la porta aperta attraverso un sensato sistema di alleanze, con responsabilità, attraverso una scelta di tutti gli operatori, rap-presenta un riconoscimento dei diritti del cittadino-utente ed un indicatore di buona professionalità. Aprire le porte potrebbe rappresentare l’alternativa migliore per i Dipartimenti di Salute Mentale che hanno la possibilità di fornire alle strutture sufficienti spazi e risorse umane; determinanti per la rea-lizzazione del progetto saranno la formazione del personale, le relazioni interpersonali a tutti i livelli (dirigenti, medici, operatori, pazienti), la capacità di mettere in atto strategie di coinvolgimento di utenti e familiari.

bibLioGRAfiA Bowers L., Crowhurst N., Alexander J., Callaghan P., Eales S., Guy S., McCann E., Ryan C., Safety and security policies on psychiatric acute admission ward: results from a London-wide survey, Journal of Psychiatric and Mental Health Nursing, 9 (2002), pp. 427-33.Davì M., Bisogni formativi del personale nei reparti psichiatrici. Il progetto porte aperte, Rivista di Psichiatria, 5 (2009), pp. 320-327.Davì M., Strategie di coinvolgimento di utenti e familiari nei servizi psichiatrici a porte aperte: l’esperienza dell’SPDC di Trento. L’infermiere, 2 (2011), pp. 28-33.De Stefani R., Il fareassieme di utenti, familiari e operatori nel Servizio Salute Mentale di Trento, Rivista Sperimentale di Freniatria, 2, 2 (2007), pp. 1-18.Haglund K., Von Essen L., Von Knorring L., Psychiatric wards with locked doors advantages and disadvantages according to nurses and mental health nurse assistants, Journal of Clinical Nursing, 15, 4 (2006), pp. 387–394.Hall J.E., Restriction and control: the perceptions of mental health nurses in a UK acute inpatient setting, Mental Health Nursing, 25 (2004), pp. 539-552.Lang U.E., Hartmann S, Schulz-Hartmann S., Gudlowski Y., Ricken R., Munk I., Von Haebler D., Gallinat J., Heinz A., Do locked doors in psychiatric hospitals prevent patients from absconding? European Journal Psychiatry, 24, 4 (2010), pp.199-204.Muir-Cochrane E., Van Der Merwe M., Nijman H., Haglund K., Simpson A., Bowers L., Investigation into the acceptability of door locking to staff, patients, and visitors on acute psychiatric ward, International Journal of Mental Health Nursing, 21(2012), pp. 41–49.Muller M.J., Schlosser R., Kapp-Steen G., Schanz B., Benkert O., Patients’ satisfaction with psychiatric treatment: comparison between an open and a closed ward, Psychiatric Quarterly, 73 (2002), pp. 93-107.Rittmannsberger H., Sartorius N., Brad M., Burtea V., Capraru N., Cernak P. et al., Changing aspects of psychiatric inpatient treatment. A census inve-stigation in five european countries, European Psychiatry, 19 (2004), pp. 483-488.Toresini L., SPDC aperti e senza contenzione, Pistoia, Fogli di informazione, 203 (2005), pp. 5-88.Van Der Merwe M., Bowers L., Jones J., Simpson A., Haglund K., Locked doors in acute inpatient psychiatry: a literature review, Journal of Psychiatric and Mental Health Nursing, 16 (2009), pp. 293–299.Vendittelli N., Veltro F., Oricchio I., Bazzoni A., Rosicarelli M.L., Polidori G., Morosini P., L’intervento cognitivo-comportamentale di gruppo nel Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura, Centro Scientifico Editore, Torino 2008, pp. 5-101.

Page 24: Infermieristicamente 2012 n° 3-4

infermieristica-mente 22

intRoduzioneIl diabete di tipo 2 rappresenta una grave mi-naccia per la salute pubblica globale nonché una delle principali cause di morbilità e mor-talità che comporta l’aumento della richiesta assistenziale e dei costi sanitari. Elemento fondamentale del controllo del diabete è l’auto-gestione del paziente che solitamente richiede di modificare atteggiamenti, cono-scenze, abilità e comportamenti e di mante-nerli a lungo.

inteRventoI soggetti reclutati per lo studio e assegnati al gruppo sperimentale hanno ricevuto l’inter-vento motivazionale sotto forma di colloquio della durata di 45-60 min. Le interviste sono state condotte da un infermiere con vasta esperienza di colloqui motivazionali con i pazienti diabetici. Il colloquio motivazionale è stato presentato ai partecipanti come l’op-portunità di esprimere il proprio pensiero e i propri sentimenti circa la malattia, sottoli-neando che spetta a loro decidere in merito all’autogestione del diabete. Il colloquio si sviluppa nelle 5 fasi di introduzione, raccol-ta delle informazioni, strategie di intervento, valutazione della disponibilità al cambiamen-to, strategie usate nel colloquio. I soggetti del gruppo di controllo sono stati invitati a par-tecipare alla formazione e all’addestramento in ospedale e al “Club diabetici” condotti da un team di sanitari esperti. L’outcome pri-mario è stato individuato nel valore medio di HbA1c, misurata prima dell’intervento e 3 mesi dopo. Gli outcomes secondari sono stati misurati con alcuni questionari valida-ti. Il Diabetes Self-management Instrument (DSMI) valuta l’autogestione del diabete con 35 item che misurano l’autoregolamen-

tazione, l’interazione con i sanitari e altre persone significative, l’automonitoraggio glicemico e l’adesione al regime raccoman-dato. La Diabetes Management Self-Efficacy Scale -Chinese Version (C-DMSES), 20 item, è uno strumento che valuta la fiducia della persona nell’autogestione del diabete, della dieta e dell’esercizio fisico. La World Health Organization Quality of Life (WHOQoL), 28-item, misura la capacità fisica, il benessere psicologico e le relazioni sociali e infine la Depression Anxiety Stress Scales (DASS-21) a 21-item per la valutazione di depressione, ansia e stress.

cAmPione e metodoLoGiALo studio clinico, sperimentale e randomizza-to, valuta gli effetti del colloquio motivazio-nale nei pazienti diabetici di tipo 2 ed è stato condotto nell’ambulatorio di un ospedale di comunità nel sud della Cina dal 9 luglio all’8 novembre 2008. Sono stati reclutati soggetti con diagnosi di diabete di tipo 2 da più di tre mesi, di età superiore di 18 anni, in grado di fornire il consenso allo studio, non con-fusi, non affetti da patologie psichiatriche e in grado di parlare, leggere e scrivere cinese. Sono stati esclusi coloro che hanno dimo-strato difficoltà a comunicare in cinese o in condizioni di salute troppo compromesse a causa malattie terminali o in emodialisi.Il metodo statistico utilizzato è l’analisi di co-varianza (ANCOVA). Il campione richiesto è di 92 partecipanti per ogni gruppo (potenza = 0,95; alfa = 0.05, R2 covariata medio livel-lo 0.13; una differenza media tra i gruppi di 1% del valore di HbA1c con significato clini-co e deviazione standard del 2%) ai quali è stato aggiunto il 30% per consentire even-tuali drop out dallo studio. Pertanto, il cam-

Effetti dell’intervento motivazionale sul controllo glicemico nel diabete di tipo 2Studio randomizzato

controllato

Stefano Bernardelli

ConsigliereInfermiere Rianimazione A-SRAUPolo Chirurgico “Confortini”Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona

Page 25: Infermieristicamente 2012 n° 3-4

23 infermieristica-mente

pione è stato di 240 soggetti.

RisuLtAtiIl reclutamento iniziale del campione ha identificato 286 persone con diabete di tipo 2 delle quali 254 hanno soddisfatto i criteri di selezione. Dei potenziali partecipanti 4 han-no rifiutato per mancanza di tempo e quindi il totale è stato di 250 dei quali 125 assegnati a random al gruppo sperimentale e 125 al gruppo di controllo. Hanno portato a termi-ne lo studio, dopo 3 mesi di follow-up, 214 soggetti di cui 104 (83%) del gruppo speri-mentale, e 110 (85%) del gruppo di control-lo. L’analisi indica il livello di auto-gestione del diabete (DSMI) nei due gruppi median-te punteggio medio dal basale a 3 mesi di follow-up in entrambi i gruppi. Il t test mo-stra una differenza significativa a 3 mesi di follow-up sia nel gruppo sperimentale (t = -5,70, p <0,01) sia nel gruppo di controllo (t = 2,21, p = 0,029). La gestione del diabete, auto-efficacia, è aumentata costantemente nel gruppo sperimentale (t = -6,40, p <0.01) dopo i tre mesi di follow-up, ma non nel gruppo di controllo (t = -1,94, p = 0.054). La qualità della vita è aumentata costante-mente nel gruppo sperimentale (t = -4,49, p <0.01) ma non in quello di controllo (t = -0,93, p = 0.35) rispetto al basale a 3 mesi di follow-up. I partecipanti dei due gruppi sia diminuito dello stress ansia depressione pun-teggio medio dal basale a 3 mesi di follow-up. Il t test ha mostrato una differenza signi-ficativa nel gruppo sperimentale (t = 3,07, p = 0,003) e nel gruppo di controllo (t = 2,63, p = 0,010). Una riduzione progressiva HbA1c durante il periodo di studio è stato osserva-to in entrambi i gruppi, da 8,97% a 8,16% (una riduzione di 0,80%) nel gruppo di inter-vento e da 8,53% a 8,48% (una riduzione di 0,05%) nel gruppo di controllo. La diminu-zione della HbA1c dal basale è stata signifi-cativa (p <0,01) nel gruppo esperimento, ma non nel gruppo di controllo (p = 0,56).L’intervento sperimentale valutato a 3 mesi di follow-up ha migliorato in modo signifi-cativo l’auto-gestione, auto-efficacia, quali-tà della vita, e i valori di HbA1c dei soggetti del gruppo sperimentale rispetto ai valori basali (rispettivamente: <121,24, <174,57, <107,18, e> 7.62), ma non i livelli di de-pressione, ansia e stress (F = 0,13, p = 0,72).

concLusioni deGLi AutoRiI risultati dimostrano che il colloquio moti-vazionale può essere un metodo efficace

per la gestione del diabete di tipo 2 che produce una migliore auto-gestione, miglior controllo dell’ HbA1c e minori implicazioni psicologiche. Lo studio prova che l’intervista motivazionale è usufruibile e può migliorare notevolmente la salute, si vedano i valori di HbA1c, e tutti gli aspetti trattati nei questio-nari, tranne lo stress, l’ansia e la depressione. Inoltre, i risultati ottenuti dalla sperimenta-zione concordano con la letteratura.

commentoPunti di forza sono in particolare il rigore statistico e l’analisi multivariata dei dati. Tut-tavia, lo studio è monocentrico e questo co-stituisce un importante limite metodologico. Potrebbe essere interessante l’estensione a più centri per valutare la presenza di diffe-renze significative anche per popolazioni di-verse prese in esame.La ricerca fornisce preziose indicazioni, gene-ralizzabili a basso costo per migliorare e pro-muovere la salute dei diabetici e per ridurre complicanze e morbilità correlate.

indicAzioni PeR LA PRAticA cLinicALo studio ha testato interventi che si sono dimostrati efficaci per altre patologie croni-che e fornisce importanti elementi di prova dell’effetto positivo degli interventi motiva-zionali in termini di autogestione e miglio-ramento degli aspetti psicologici e dei tassi glicemici.

Effetti dell’intervento motivazionale sul controllo glicemico nel diabete di tipo 2Studio randomizzato

controllato

Altre letture consigliateAdolfsson E.T., Walker-Engstrom M.L., Smide B., Wikblad K., education in type 2 diabetes – a randomized controlled 1-year follow up study. Diabetes Rese-arch & Clinical Practice, 76, 2007, pp. 341–350.Wang Y.C., Stewart S.M., Mackenzie M., Nakoneznt P.A., Edwards, D., White P.C., A randomized controlled trial comparing motiva- tional interviewing in education to structured diabetes education in teens with type 1 diabe-tes. Diabetes Care, 33 (8), 2010, pp. 1741–1743.Huisman S., de Gucht V., Self-regula-tion and weight reduction in patients with type 2 diabetes: a pilot interven-tion study, Patient Education & Counse-ling 75 (1), 2009, pp. 84–90.

Page 26: Infermieristicamente 2012 n° 3-4

infermieristica-mente 24

rassegnastampa

tAGLi e PuntuRe: unA diRettivA euRoPeA PeR LA PRotezione deGLi oPeRAtoRi sAnitARiSi stima che ogni anno in Italia almeno 100 mila operatori sanitari si pungano o si taglino accidentalmente durante il lavoro. E i più esposti sono gli infermieri.

Con oltre i due terzi delle esposizioni accidentali, gli infermieri sono la categoria di operatori sanitari a più alto rischio biologico da taglie e punture sul luogo di lavoro.È uno dei dati emersi dal convegno “Il diritto alla sicurezza”. Prevenzione, protezione ed eliminazione del rischio di infezione per gli operatori sanitari” che si è svolto il 10 luglio a Roma. L’incontro è stato promosso dall’Associazione parlamen-tare per la tutela e la promozione del diritto alla prevenzione in collaborazione con il Gruppo Phase. L’esposizione al rischio biologico rappresenta l’infortunio sul lavoro più frequente tra gli operatori sa-nitari (41% d’incidenza), seguito dai traumi con il 30%. Delle circa 100 mila “esposizioni percutanee” l’anno, stimate nel nostro Paese, il 63% è riconducibile a punture accidentali con ago cavo, il 33% a punture o ferite con dispositivi taglienti o pungenti diversi (come lancette e aghi di sutura), il restante 4% ad altri dispositivi. Dai dati del progetto Siroh (Studio italiano rischio occupazionale da Hiv e da al-tri patogeni a trasmissione ematica) risulta che gli incidenti che hanno dato luogo a siero conversione ad almeno uno dei virus Hiv, Hbv e Hcv sono avvenuti durante un prelievo ematico nel 42% dei casi e altrettanti durante l’inserimento o manipolazione di un catetere. In queste due pratiche la percen-tuale degli infermieri sul totale degli esposti supera l’80%. I costi, naturalmente, sono tutt’altro che trascurabili: in media circa 850 euro a evento, per un totale di 72 milioni l’anno solo per quelli diretti, senza calcolare quelli indotti. E questo solo in Italia. Ma nel mondo il fenomeno assume dimensioni comprensibilmente molto più importanti: secondo un modello statistico elaborato dall’OMS, ogni anno più di tre milioni di operatori sanitari si feriscono sul lavoro; da tagli e ferite conseguono circa 66 mila sieroconversioni hbv, 6 mila hcv e mille hiv; il 37% delle epatiti B, il 39% delle epatiti C e il 4,4% delle infezioni da hiv contratte dagli operatori sanitari sono direttamente riconducibili a un’esposizione al virus attraverso tagli o punture sul lavoro; circa 1.150 operatori nell’anno muoiono prematuramente nei trenta anni successivi all’infezione. Eppure, come ha sottolineato Antonio Tomassini, presidente della Commissione Sanità del Senato e dell’Associazione parlamentare che ha promosso il convegno, «ci sono studi che indicano che, con una prevenzione adeguata, si potrebbe evitare anche l’80% delle infezioni». Si spiega così la direttiva europea 2010/32/UE del 10 maggio 2010 che, in soli cinque articoli e un allegato, dà attuazione a un accordo del 2009 tra l’Hospeem (l’Ass. europea dei datori di lavoro del settore ospedaliero e sanitario dell’Unione) e l’Epsu (la Fed. Europea dei sindacati dei servizi pubblici) che dà indicazioni su come prevenire le ferite da taglio e punture tra gli operatori sanitari. La direttiva dovrà essere recepita nell’ordinamento italiano entro l’11 maggio 2013.

Newsletter Fed. Naz. Ipasvi 10.07.2012

LibeRo un Posto dA infeRmieRe 649 in fiLA PeR un contRAtto dA PRecARioAssalto alla Usl 8. I veneti in corsa erano 160, il resto da altre regioni italiane

CASTELFRANCO (Treviso) – Tutti a caccia di un posto, a tempo determinato, da infermiere profes-sionale. L’Uls 8 ha aperto il bando di concorso e, inaspettatamente, alla prima selezione se ne sono iscritti 649, il 75% provenienti da fuori regione. Una vera e propria corsa anche se si tratta solo di una sostituzione temporanea che però sancisce una definitiva inversione di tendenza: la professione infermieristica è tornata in auge. Dopo anni in cui i concorsi andavano deserti o gli infermieri che li vincevano poi rinunciavano alle assunzioni per incarichi meglio retribuiti in strutture private e case di riposo. Forse è merito della riforma della professione, che oggi prevede per l’infermiere professionale un vero e proprio corso di laurea, ma sicuramente anche colpa della crisi, che porta gli infermieri di ogni regione d’Italia a rispondere all’appello di un’azienda sanitaria a centinaia di chilometri da casa. E non con la prospettiva, se si vince il concorso, di essere subito assunti a tempo indeterminato. Tutt’altro, qua in ballo c’è solo un posto in graduatoria,: nell’elenco da cui si pesca, nel caso in cui un infermiere dipendente si assenti per maternità, malattia, infortunio o aspettativa. L’azienda sanitaria, come tutte le altre del veneto, infatti, è sottoposta al blocco delle assunzioni e quindi non può offrire posti di lavoro, anche se in molti reparti gli organici sono in difficoltà. “L’elevato numero di candida-ture per un incarico simile – sottolinea il direttore sanitario della Usl 8 Paola Corziali – è una novità da non sottovalutare. Rispetto a pochi anni fa, quando il mercato del lavoro della sanità evidenziava una tensione dovuta alla differenza tra un’elevata domanda di professionalità e una limitata offerta, oggi la situazione sembra essere opposta. Questo riassetto ci consentirà di fare una selezione più vasta e completa e garantire una migliore qualità del servizio”. Insomma, anche se la fila è probabilmente legata alla fame di posti di lavoro, una buona notizia c’è: più difficile è la selezione, più elevato sarà il grado di professionalità del nuovo infermiere precario. Il Sole 24 Ore Sanità

Corriere del Veneto 21.08.2012

Gabriella TabariniSegretaria Collegio IPASVI di Verona

Page 27: Infermieristicamente 2012 n° 3-4

25 infermieristica-mente

teRAPiA deL doLoRe, noRme AvAnzAte mA AncoRA Poco APPLicAte

A due anni dal varo della legge 38 solo un medico su tre conosce gli obblighi e i pazienti ignorano i propri diritti. Un summit a Firenze per fare il punto della situazione. Ancora lontana l’Italia senza dolore. Per garantire a tutti i cittadini che soffrono un’assistenza qualificata e cure più appropriate, come stabilito dalla Legge 38/2012, serve un vero cambio di marcia. Questo in sintesi il messaggio di Impact proactive, l’annuale appuntamento fiorentino che raduna gli esperti del Ministero della salute, Regioni, società scientifiche, farmacisti, aziende farmaceutiche, infermieri e associazioni di pazienti. L’Italia a partire dal marzo 2010, ha sicuramente una normativa all’avanguardia in Europa per la gestione del paziente con qualsiasi tipologia di dolore (oncologico, mal di schiena, osteoartico-lare in genere, cefalea, dolore da parto e nel bambino); basta, a questo proposito, ricordare che al Parlamento Europeo si sono riuniti esperti e politici discutendo del quadro normativo dei diversi Paesi presenti e della reale gestione organizzativa del paziente con dolore. Il lavoro del Ministero della Salute e della Commissione Naziona-le, presieduta e coordinata dal professor Guido Fainelli, è stato considerato di riferimento per tutta l’Europa. Lo scenario sembrerebbe dunque dei migliori; la realtà invece conferma che, ancora oggi, oltre a due anni dal varo della normativa, solo 1 medico su 3 conosce realmente la Legge 38/2010 e ancora molti cittadini non hanno preso coscienza dei loro diritti. Come mai questa mancanza di consapevolezza da parte della maggioranza degli italiani? Eppure è fatto “obbligo” a medici e infermieri di registrare sulla cartella clinica di ogni paziente, sia in ospedale che in ambulatorio, l’intensità del dolore (che dunque deve essere ogni volta adeguatamente misurato) e la prescrizio-ne dei farmaci più appropriati, con relativi dosaggi e risultati raggiunti. La legge semplifica inoltre le modalità di prescrizione dei farmaci oppiacei per il trattamento dei pazienti con dolore cronico benigno. Le Istruzioni (Ministero della Salute e Parlamento) si sono mosse con grande attenzione e la Commissione Nazionale, costituita apposi-tamente per garantire l’appropriata applicazione della Legge 38/2010, a dato seguito a un’intensa programma-zione, perché venisse rispettato quanto previsto e stabilito. Fra l’altro il Ministero della Salute ha istituito l’ufficio XI, coordinato dal dottor Marco Spizzichino, con l’obiettivo di monitorare il recepimento da parte delle Regioni di quanto previsto dalla Legge 38, in merito a modelli organizzativi assistenziali, con relativo monitoraggio delle pre-stazioni sanitarie e degli schemi terapeutici applicati. Sempre nel 2011, la Commissione Parlamentare d’inchiesta sull’efficacia ed efficienza del Servizio Sanitario Nazionale, presieduta e coordinata dal Senatore Ignazio Marino, ha condotto un’analisi accurata su oltre 600 Strutture Ospedaliere, tramite i NAS, per valutare migliaia di cartelle cliniche di pazienti ricoverati o seguiti in ambulatori ospedalieri, in modo da confermare il corretto comportamento di tutti gli operatori sanitari. E’ una delle poche volte in cui c’è stato, da parte delle istituzioni, un impegno costante nel verificare che tutti i cambiamenti previsti dalla normativa avvenissero concretamente. [OMISSIS.]. E’ stata inoltre confermata l’esigenza di una costante campagna stampa sui grandi quotidiani e tramite i media, affinchè tutti i cittadini prendano coscienza e consapevolezza dei loro diritti, considerando il dolore non più un sintomo che accompagna obbligatoriamente una parte importante della loro vita quotidiana, ma come una patologia che oggi può essere curata in modo adeguato. Ciò che occorre, ora, è un significativo cambio di marcia, per garantire una migliore qualità di vita al paziente con dolore.

Corriere della Sera 22.07.2012

unA sceLtA PeR cui LA QuALitA’ deLLA vitA non HA PRezzo Valutare la casa di riposo i servizi che non devono mancare e quelli che fanno la differenza

Una scelta per cui la qualità della vita non ha prezzo. Le strutture che offrono assistenza alle persone anziane più o meno autosufficienti svolgono una importantissima funzione sociale spesso sottovalutata. Garantire un periodo di vita di qualità, abbracciando tutti i significati sottintesi a questo termine dovrebbe essere l’obiettivo comun e di questi centri., indipenden-temente dal prezzo e dai costi che questo comporta. Sfortunatamente non è sempre così, per questo diventa importante in fase di scelta tutelarsi cercando di capire, attraverso una serie di informazioni mirate, il grado di affidabilità della struttura di interesse. La casa di riposo o residenza assistenziale, pubblica o privata che sia, deve possedere tutte le autorizzazioni del caso ed essere presente negli elenchi regionali o comunali di competenza. Deve essere anche consultabile ed esistente, la carta dei servizi che il centro mette a disposizione dei suoi ospiti, con dettegli e specifiche sia sulle prestazioni offerte che sui costi. Nella scelta uno degli elementi più importanti è l’ubicazione della struttura, questa non dovrebbe mai essere troppo lontana dall’abi-tazione dell’anziano o dei familiari di riferimento che se ne prendono cura. E’ importante valutare anche qual è la tipologia e la frequenza dell’assistenza medica o infermieristica, soprattutto se l’anziano deve sottoporsi alla riabilitazione dopo incidente o infarto o ha bisogno di essere monitorato costantemente. La tipologia di alloggio, la collocazione dei servizi, l’indipendenza dei medesimi, la presenza nella struttura di ambienti ad hoc da utilizzare in caso di malattie infettive sono ulteriori elementi importanti da prendere in considerazione in fase di selezione. C’è poi da valutare la qualità dei pasti e della mensa, se siano o meno adeguati agli anziani da un punto di vista nutrizionale o se siano previste differenziazioni nel caso in cui si deva seguire una dieta specifica. La presenza di un servizio religioso o di attività ludiche e ricreative sono fattori che possono fare la differenza impegnando l’anziano e facendolo sentire meno solo e più attivo. Da non sottovalutare neanche il grado di autonomia garantita e la possibilità di uscire dalla struttura o di fare vere e proprie gite organizzative. Le conseguenze psicologiche di un passo tanto importante come quello di trasferirsi in una casa di riposo, lasciando il proprio ambiente e le proprie abitudini, possono essere di notevole entità e non devono mai essere sottovalutate. I fattori che possono renderle meno pesanti son essenzialmente umani. La vicinanza costante dei familiari, le visite frequenti dei parenti e la presenza di personale giovane, allegro e motivato, aiutano a far sentire la persona anziana meno sola e abbandonata e più amata. Per chi non è più autosufficiente, o lo è in modo parziale, le alternative a disposizione, restando tra le quattro mura domestiche sono molte ed hanno un costo psicologico decisamente inferiore rispetto al trasferimento vero e proprio. Esiste l’assistenza domiciliare generica grazie alla quale è previsto un aiuto nello svolgimento delle faccende domestiche, l’assistenza sanitaria praticata da medici o infermieri accordata dalla Asl in caso di bisogno, e il telesoccorso, un servizio grazie al quale in caso di emergenza viene inviato soccorso premendo soltanto un pulsan-te. Ci sono poi centri di accoglienza diurna, i day hospital, i poliambulatori, o i servizi di ospedalizzazione a domicilio in caso si abbia bisogno di una vera e propria assistenza ospedaliera ma non si abbia voglia di riceverla in ospedale.

La Repubblica 25.07.2012

Page 28: Infermieristicamente 2012 n° 3-4

infermieristica-mente 26

L’oms Ammonisce: “neL mondo, un miLione di suicidi L’Anno.“Un decesso ogni 40 secondi”: l’annuncio dato in occasione della Giornata mondiale di prevenzione dei suicidi”.

Ogni anno quasi un milione di persone si toglie la vita suicidandosi; che, in numeri, equi-vale ad un decesso ogni 40 secondi. Negli ultimi 45 anni, a livello globale i tassi di suicidio sono aumentati del 60%, tant’è che la scelta di togliersi la vita è una tra le principali cause di morte per le persone tra i 15 e i 44 anni , e la seconda tra i ragazzi (10-24 anni). Si tratta di una stima emersa in occasione della giornata mondiale per la prevenzione del suicidio (10 settembre) a cura dell’Oms. La cosa grave è che, nella tragica statistica, sono stati esclusi i tentativi di suicidio, fini a 20 volte più frequenti. Dai dati, poi, è emerso che, per tradizione, i tassi di suicidio sono più alti tra i maschi anziani, oggi, i tassi tra i giovani sono aumentati a tal punto che ora sono il gruppo più alto a rischio in un terzo dei paesi, senza differenze tra zone industrializzate e in via di sviluppo. In Europa e in Nord America sono i disturbi mentali – in particolare, la depressione – e l’abuso di alcool, i fattori di ri-schio più importanti, ma nei Paesi asiatici (dove il fenomeno è assai diffuso) la causa resta l’impulsività nell’affrontare le problematiche quotidiane della vita.

(News - Fed. Naz. Ipasvi 11.09.2012)

LA PRevenzione dei suicidi e iL “fAttoRe P” In Italia un milione di potenziali candidati, sono i malati con disturbo bipolare non diagnosti-cati o curati male.

Dieci settembre, decima giornata mondiale per la prevenzione del suicidio. Ma è possibile arrivare a impedire che chi ha questo impulso lo porti a compimento? In teoria sì. Nove suicidi su dieci sono associati ad un disturbo mentale, spesso non diagnosticato. E se si considera che il disturbo bipolare è tra le cause principali dietro ad un gesto estremo si comprende perché esiste una maglia larga nel-la diagnosi e quindi nell’intercettazione degli aspiranti suicidi, che in Italia si stimano possano essere un milione. Tale, infatti, è il numero di coloro la cui psiche oscilla tra mania e depressione: il disturbo bipolare appunto. [Omissis.].DISTURBO BIPOLARE – Il disturbo comporta una tendenza al suicidio 21 volte più elevata rispetto alla popolazione generale. Non a caso è il togliersi la vita la principale causa di morte nei pazienti con tale disturbo. Uno su 5 arriva al gesto estremo. Inoltre una diagnosi non corretta ed una cura sbagliata aumentano circa 4 volte il rischio suicidiario. Circa 84 volte in più rispetto alla popolazione generale. [Omissis.]. CAMPANELLI D’ALLERTA – Tre i “campanelli d’allerta” da tenere costantemente sotto controllo in queste persone: insonnia prolungata, forte agitazione interiore e cambi repentini di umore. Segnali in grado di rendere praticabile una strategia di prevenzione, il disinnesco dell’idea suicidiaria. “Pos-sono indicare un reale rischio di suicidio in pazienti bipolari”, dice Maurilio Pompili, responsabile del Servizio per la prevenzione del suicidio dell’Ospedale Sant’Andrea di Roma. Che continua: “ Non va dimenticato che il 70% di questi pazienti riceve una prima diagnosi non corretta. Frequentemente accade, infatti, che vengano curati per depressione maggiore, aumentando il rischio di un gesto estremo”. [Omissis.]FATTORE P – Un farmaco “bipolare” che oscilla come la malattia. Gli esperti però sottolineano che al di là dei farmaci corretti, non si può prescindere dal “fattore P”, ossia dalla personalizzazione del-la malattia, poiché le variabili individuali hanno un grande peso e ogni paziente risponde ai farmaci in modo differente. [Omissis.] Nel disturbo bipolare i farmaci mirati permettono di abbattere il rischio clinico di suicidio e di com-portamento violento. [Omissis.]. Oltre al trattamento terapeutico mirato, infine, occorre il coinvol-gimento del caregiver, cioè di parenti ed amici, figure fondamentali nel supportare il paziente nella quotidianità ed evitare l’interruzione della cura. [Omissis.]. “Nel tentativo di prevenire il rischio suicidiario di un paziente bipolare bisogna evitare di cadere in una visione fatalistica”, commenta Carlo Boscardini, specialista in medicina legale e delle Assicura-zioni. “Lo specialista che riesce a leggere l’intenzione suicidi aria del paziente non può trincerarsi dietro il diritto di privacy, ma deve provare coinvolgere la rete sociale del malato, evitando che si crei una frattura tra paziente, medico e famiglia”.

Corriere della Sera 10 settembre 2012

Page 29: Infermieristicamente 2012 n° 3-4

27 infermieristica-mente

si Puo’ PARtoRiRe in AnonimAto AncHe se iL fiGLio e’ in PRovettA

Potranno essere disconosciuti anche i bambini nati in seguito a tecniche di procreazione assistita. Esattamente come accade per piccoli venuti alla luce da madri che madri che hanno avuto una gravidanza naturale. E’ quanto prevede un emendamento presentato in Commissione Affari sociali della Camera da Adriano Palagiano (Idv), votato da tutti i gruppi eccetto la Lega. L’emendamento prevede l’abrogazione della norma della legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita (articolo 9 comma 2), che prevede che la madre del nato a seguito dell’applicazione di tecniche di procreazione assistita non può dichia-rare la volontà di non essere nominata. Questo in contrasto con quanto stabilito dall’art. 30, comma 1, del Dpr 396/2000 che prevede espressamente che in sede di dichiarazione di nascita, va rispettata l’eventuale volontà della madre di non essere nominata. L’emen-damento è stato presentato in riferimento alla legge in discussione in Commissione, ha spiegato Palagiano, per “garantire il segreto del parto alle donne che non intendono riconoscere i loro nati. La modifica ha come primo obiettivo, ovviamente, di proteggere il bambino, la libertà di scelta della donna, ma soprattutto, cancella una norma che aveva evidenti finalità punitive”.

Il Sole 24 Ore Sanità

13-19 Nov. 2012

viA L’inGLese e Le siGLe difficiLi

La semplificazione degli ospedali: da Firenze a Napoli, così cambiano i cartelli nei repartiL’iniziativa della Toscana. E “day surgery” diventa chirurgia giornaliera. La semplificazione degli ospedali da Firenze a Napoli, così cambiano i cartelli nei reparti. La Uoc di cardiolo-gia è al primo piano, accanto all’Uos di diabetologia, davanti al day hospital di medicina. Si trova sullo stessi piano del fosd di chirurgia laparoscopica. Frastornato da inglese e acronimi che la cartellonistica non sviluppa nella forma completa, il cittadino si disorienta e impiega più tempo del necessari per raggiungere la meta, il letto dove dovrà ricoverar-si o l’ambulatorio per il controllo. La Toscana sta per rivoluzionare la segnaletica. Dopo diverse proteste, specie da parte di persone anziane, l’Assessore alla Salute Luigi Marroni ha deciso di cambiare la toponomastica: “Togliamo dagli ospedali i termini incomprensi-bili, assolutamente bisogna semplificare”. [Omiss.]- “La riforma della sanità cui stiamo lavorando pone al centro dll’attenzione il malato. Dunque abbiamo il dovere di rivolger-ci a lui evitando anche per posta un linguaggio burocratico, per addetti ai lavori. Non dovremmo più inviare lettere zeppe di abbreviazioni”. L’Uoc è l’unità operativa complessa. Il reparto diretto da dirigenti medici che fino alla riforma del 1999 si chiamavano primari. L’Uos è l’unità operativa semplice, dove c’è un vice primario. Per Oosd si intende unità operativa semplice dipartimentale. Il dizionario degli acronomi salutari è ricco di tranelli. Smia, Tsmree, Uompia, Smria che indicanoo i servizi per l’infanzia e l’adolescenza deno-minati in modo diverso da, nell’ordine, Toscana, Emilia Romagna, Lazio, Lombardia. Poi c’è l’inglese: day hospital, day surgery, day service, unit stroke, triage, emergency room, rooming … E’ vero, certe parole sono difficilmente traducibili in italiano. [Omiss.] “E’ ora di uniformare la terminologia a livello nazionale” – sostiene Massimo Cozza, Cgil medici Funzione pubblica – “La gente non ci capisce nulla. L’unica parola che tutti conoscono è tiket. Oltretutto sbagliata. Si dovrebbe chiamare tassa per non ingannare. La traduzione letterale è biglietto”. [Omiss.].La mancanza di informazione e la difficoltà di orientamento sono problemi diffusi. Il 70% degli ascensori non dispongono di indicazioni sui reparti ad ogni piano. Quasi il 50% non danno lumi su nomi e qualifica dei medici e del coordinatore infermieristico. Opuscoli informativi? Assenti nel 60% dei casi. L’operazione chiarezza negli spazi pediatrici di molti centri italiani sta per partire con un progetto di riorganizzazione.

Corriere della Sera

01.10.2012

Page 30: Infermieristicamente 2012 n° 3-4

infermieristica-mente 28

efficAciA e sicuRezzA sotto monitoRAGGiocuRe innovAtive e sostAnze nAtuRALi AL vAGLio deGLi esPeRti

Sono otre 11 milioni gli italiani che fanno ricorso alle cosiddette cure non convenzionali. Un numero in crescita, leggermente rallentato nell’ultimo anno per effetto della crisi. Per questo, l’Istituto superiore di Sanità da qualche anno ha avviato una seri di studi per monitorare i percorsi di efficacia e sicurezza delle sostanze impiegate. Questo argomento è stato inserito nel ciclo di seminari organizzativi dal gruppo di studio “Terapie innovative e sostanze naturali “ (Tisna) dell’Iss, nato dalla collaborazione di tre Diparti-menti (Malattie infettive, parassitarie e immunomediate, Farmaco-Tecnologie e Salute) e costituito da una serie di esperti in grado di lavorare in maniera interdisciplinare scientifica su tutti gli aspetti in uso delle “sostanze naturali” e delle “medicine e terapie innovative” diverse dalle convenzionali, con lo scopo di individuarne sia i benefici che gli eventuali effetti avversi. Allo stesso modo funziona anche il Cnesps (Cen-tro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute) che si occupa della segnalazione degli eventuali effetti avversi delle sostanze naturali con un servizio di fitosorveglianza. L’obiettivo è fare chiarezza sui percorsi intrapresi negli ultimi anni nei riguardi delle medicine non convenzionali in termini normativi, scientifici e di consumo che ormai attestano una nuova presa di coscienza relativa alle cure integrate e una richiesta sociale di umanizzazione della medicina. Le sostanze naturali vengono utilizzate come rimedi salutistici o terapeutici. Così spiega Francesca Mondello, coordinatrice Tisna. “Per carenza di regolamentazione nell’ambito della normativa d’uso e per la loro classificazione terapeutica a cavallo fra farmaci e parafarmaci molti prodotti naturali vengono venduti senza chiare finalità d’uso e senza specifi-che indicazioni e precauzioni d’impiego (su internet soprattutto). Ciò può portare a rischi specie nei casi di automedicazione, di prescrizione inappropriata, di uso di altri farmaci o quando si assumono prodotti non sottoposti alle buone pratiche di preparazione”. Oggi una sostanza naturale può essere esaminata, e quindi regolamentata, come: alimento, farmaco, herbal product (nell’ambito della fito-terapia, delle medicine tradizionali), dispositivo medico, integratore alimentare, rimedio omeopatico, cosmetico. “Cia-scuna area pone tutta una serie di problematiche che si possono riassumere con tre parole chiave: qualità, sicurezza, efficacia”, - conclude Mondello.

Il Sole 24 Ore Sanità 11-17 dicembre 2012

se LA sALute vALe un euRo La sintesi del livello di universalità del nostro Sistema Sanitario è un bene prezioso, da preser-vare: ecco i possibili scenari

II livello raggiunto dai sistemi sanitari dei principali Paesi europei, sia termini di avanzamento scien-tifico e tecnologico sia di accesso alle cure, rappresenta una grande conquista sociale e politica. Tendiamo a scordarlo perché ormai la diamo per scontata. Ci irritiamo per una coda, ci arrabbiamo per la mancanza di cortesia di un infermiere o di un medico, e non ci viene in mente che la cura che stiamo per fare in altre nazioni ci costerebbe migliaia di euro (in contanti o sotto forma di polizza sanitaria), mentre in altre ancora, semplicemente, non sarebbe proprio possibile. La sintesi di livello e universalità del nostro Sistema sanitario è un bene prezioso, da preservare. E, a dispetto delle no-stre amnesie come singoli cittadini, la sensibilità collettiva su questo tema è ben rappresentata dalle reazioni allarmate all’ipotesi di futura insostenibilità di tale Sistema, paventata nelle scorse settima-ne. Reazioni che, anche su questo giornale, hanno informato numerosi e approfonditi interventi sui pro e contro delle diverse, possibili, soluzioni da adottare in un contesto economico e demografico di crescente difficoltà. Ogni strategia ha una sua validità, che, però, non può essere misurata elu-dendo i diversi scenari macroeconomici in cui potrebbe trovarsi a essere declinata. Se, per esempio, si dovesse, oppure si volesse, uscire dall’area euro, tutte le variabili in gioco andrebbero rivalutate. Se, da un lato, forse, potremmo esportare salute in termini intellettuali e magari anche industriali, dall’altro lato c’è da dubitare che le multinazionali del farmaco o dei dispositivi medici ci farebbero sconti pari alla presumibile svalutazione cui andrebbe incontro la nostra moneta. E ciò nella pratica clinica, significherebbe, probabilmente, l’indisponibilità di cure avanzate per i tumori e di terapie croniche per talune infezioni, l’irrealizzabilità di interventi chirurgici praticabili solo con strumenti o protesi di alto profilo tecnologico, l’inaccessibilità a procedure diagnostiche sofisticate. Si tratta solo di ipotesi ovviamente, però forse vale la pena tenerle presente. Possibili scenari per il nostro Sistema sanitario nazionale.Luigi Ripamonti

Corriere della Sera 15 dicembre 2012

Page 31: Infermieristicamente 2012 n° 3-4

29 infermieristica-mente

i dAti dei PAzienti non vAnno on Line

Il Garante per la privacy ha richiamato alcune amministrazioni sanitarie alla corretta applicazio-ne delle novità normative introdotte dalla legge di conversione/n. 134 del 7.8.2012) del decreto sviluppo 2012, vietando la diffusione on line dei dati sulla salute dei pazienti. Le aziende sanitarie chiedevano in particolare se l’articolo 18 della legge, che introduce nuove disposizioni in tema di agenda digitale e trasparenza nella pubblica amministrazione, le obbligasse a pubblicare su internet anche i dati dei pazienti che hanno ad esempio ricevuto indennizzi per danni irreversibili (come il contagio da epatite o Hiv) causati da vaccinazioni o dalla somministrazione di emoderivati, rimborsi per cure di altissima specializzazione, interventi assistenziali o altri contributi legati a patologie me-diche certificate. L’autorità ha chiarito che, per quanto riguarda le persone fisiche, l’articolo prevede la pubblicazione on line solo dei dati di chi riceve “corrispettivi o compensi” dalla Pa e che deve in ogni caso essere interpretato alla luce dei principi fondamentali in materia di protezione dei dati personali.

Il Sole 24 Ore Sanità 18-24 dicembre 2012

coLPo di codA deLLA PRofessione PeR usciRe dALL’APPiAttimento

Non mi stupisco particolarmente dei dati che sono emersi in tema di rappresentatività dalla rilevazione dell’Aran. Ovviamente i numeri forniti vanno approfonditi, studiati e analizzati con maggior tempo e specificità, ma comunque penso di poter già fare alcune considerazioni. Il momento è difficile, i tagli si sentono e tanto. Lo sconcerto è ampio e diffuso anche perché molti nel Servizio sanitario nazionale con-tinuavano a cullarsi sull’idea che in Sanità non si sarebbe tagliato ancora e poi non fino a questo punto: non si può non garantire il turnover, non si possono cambiare i paradigmi organizzativi e professionali, non si può ribaltare il sistema. Invece sta succedendo e allora è più facile trovare un “colpevole”: i sinda-cati “grandi” ma “generalisti”, per ripiegare sui sindacati direttamente legati alla propria specificità. Ancora di più queste riflessioni valgono per la categoria degli infermieri, la più numerosa assieme a quella dei medici in assoluto e nel servizio pubblico hanno spesso visto indicazioni contrattuali nazionali che valorizzavano alcune loro specificità operative (cito ad esempio l’indennità di assistenza domiciliare oppure la cosiddetta indennità di terapia intensiva) distribuite ampiamente su altri profili professionali sminuendo la valenza di quell’articolo contrattuale e respingendoli verso un “tutti uguali” forzato nella professionalità e quindi nella negazione di uno specifico e reale disagio lavorativo. Oppure hanno visto un cinico utilizzo del loro elevato turnover per spostare le risorse derivanti dalla non sostituzione per assumere atri profili professionali lasciando inalterata la sofferenza lavorativa da super carico di lavoro degli infermieri. Segnali su cui, comunque, riflettere tutti. Aziende, rappresentanze professionali e rappresentanze sindacali. Nulla è più scontato.Annalisa Silvestro

Il Sole 24 Ore Sanità 4-10 dicembre 2012

sALvA infRAzioni stRettA sui tRAPiAnti

E’ pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 288 il decreto legge 216/2012 “salva infrazioni” Ue. Per la Sanità il decreto legge prevede tra l’altro nuovi principi che regolano il trapianto da vivente, il controllo e la se-gnalazione degli eventi avversi e lo scambio di organi con altri Stati. Previste anche sanzioni per il traffico di organi per i trapianti: reclusione da 3 a 7 anni e multa da 50 mila a 300 mila euro. Recepimento anche della direttiva sulla farmacovigilanza degli studi post-Aic, sul rispetto degli obblighi di registrazione e co-municazione delle reazioni avverse, sulla gestione dei fondi, le comunicazioni e una serie di altri controlli (quattordici in tutto).

Il Sole 24 Ore Sanità 18-24 dicembre 2012

tRAumi dentALi: ecco Le Linee GuidA

Eventi traumatici a bocca e viso comprese le arcate dentarie: scuola, ambiente domestico, ambiente sportivo e strada sono le sedi dove con maggior frequenza si verificano e dove è possibile prevenire. Il Ministero della salute ha messo a punto linee guida di raccomandazioni e indicazioni evidence-based sulla prevenzione gestione immediata del trauma dei pazienti in età evolutiva. Le indicazioni sono volte a Mmg, pediatri, chirurghi maxillo-facciali, di urgenza e pronto soccorso, medici dello sport, legali, odontoiatri, igienisti dentali, infermieri, personale scolastico e di assistenza nei centri sportivi, genitori/caregivers.

Il Sole 24 Ore Sanità 18-24 dicembre 2012

Page 32: Infermieristicamente 2012 n° 3-4

infermieristica-mente 30

L’infermiere e la Libera Professione

Enrico Marcotto Consigliere Referente del Progetto Libera Professione Collegio IPASVI Verona

libera professione

Le recenti normative hanno modificato la formazione e l’esercizio professionale, facendo emer-gere uno scenario ricchissimo di aspetti positivi, ma anche di altrettanti problemi.La libera professione negli ultimi anni ha visto un sostanziale incremento e a Verona gli infer-mieri iscritti all’Ente di Previdenza sono circa 600. Tuttavia, rimangono ancora molti problemi ir-risolti come la concorrenza di figure non professionali che esercitano, i colleghi extracomunitari, il tariffario, la pubblicità, le normative in continua evoluzione…. Il Direttivo del Collegio IPASVI di Verona cerca di rispondere alle esigenze dei propri liberi professionisti con consulenze e for-mazione e a tal proposito circa i quesiti che pervengono quotidianamente coloro che desiderano intraprendere l’attività libero professionale è bene ricordare alcuni aspetti.

foRme di eseRcizio LibeRo PRofessionALeLa libera professione può essere esercitata in forma individuale o associata. La scelta può essere determinata da vari fattori e aspetti: l’attitudine di lavorare singolarmente o in gruppo, la ten-denza a scegliere la tipologia delle attività da solo o la voglia di condividerla, l’esigenza di avere un rapporto diretto one-to-one col cliente. Il lavorare da solo implica essere imprenditore di se stessi a 360 gradi, scegliersi la tipologia dei clienti, gli orari di lavoro, ricercarsi personalmente la clientela e farsi carico totale di tutti gli adempimenti fiscali, assicurativi…. Il professionista deve inoltre considerare, nel momento in cui assume gli incarichi, della sua effettiva capacità di af-frontarli sia dal punto di vista della competenza professionale (come detta il Codice Deontologi-co) che da quello dell’accumulo di impegni professionali (vedi Linee guida comportamentali per l’esercizio autonomo della professione infermieristica). Lavorare in gruppo consente il confronto con altri professionisti, la ripartizione delle spese e la possibilità di avere una forza contrattuale maggiore soprattutto quando ci si rapporta con enti o aziende. I vantaggi sono di natura gestio-nale, di marketing, di natura fiscale ed amministrativi rispetto all’esercizio individuale, mentre come svantaggio esiste il rischio di limitarsi nell’espressione individuale, tipica dell’esercizio autonomo. Infine non è da sottovalutare la responsabilità solidale: pur rimanendo personale la responsabilità professionale (se non stabilito diversamente dallo statuto dell’associazione), tutti i soci sono chiamati a rispondere sotto il profilo amministrativo, non solo per il proprio operato, ma anche di quello di tutti gli altri.

AdemPimenti Ai QuALi è tenuto iL LibeRo PRofessionistA1.Iscrizione all’Albo ProfessionaleCome tutti gli infermieri che intendono esercitare l’attività è d’obbligo l’iscrizione al Collegio IPASVI del capoluogo della provincia di residenza o del domicilio professionale. E’ possibile tro-vare tutte le informazioni al riguardo all’indirizzo www.ipasviverona.com.2.Apertura Partita IVAPer l’apertura della partita IVA si deve presentare all’Agenzia delle Entrate l’apposito modello, che si trova in qualsiasi ufficio dell’Agenzia o sul sito www.agenziaentrate.gov.it, entro 30 giorni dall’inizio dell’attività. L’apertura della Partita IVA può avere valore retroattivo al primo giorno

Page 33: Infermieristicamente 2012 n° 3-4

31 infermieristica-mente

del mese in cui si è aperta. Esistono varie tipologie di partita IVA, ordinaria, per l’imprendito-ria giovanile… Il consiglio è quello di affidarsi ad un Dottore Commercialista per conoscere obblighi ed esoneri fiscali e l’aggiornamento della normativa.3.Comunicazione al Collegio di Inizio AttivitàL’infermiere deve notificare l’inizio dell’attività professionale al Collegio provinciale nel quale risulta iscritto entro 30 giorni, trasmettendo l’apposito modulo di Censimento. Per quanto riguarda il Collegio di Verona questo modulo è scaricabile dal sito del Collegio, nella sezione Libera Professione. Poiché il Collegio deve mantenere aggiornato l’elenco dei liberi professionisti va comunicata anche la cessazione dell’attività libero professionale.4.Iscrizione all’Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza della Professione Infermieristica (ENPAPI)I liberi professionisti devono versare i contributi all’Ente di Previdenza. Questi contributi pre-videnziali andranno a costituire il fondo su cui, a fine carriera, andrà calcolata la prestazione previdenziale, cioè la pensione. Dal sito Enpapi (www.enpapi.it) è scaricabile il modulo di iscrizione che va compilato e spedito con la documentazione richiesta per via raccomandata AR all’Ente stesso. Il contributo soggettivo per l’anno 2013 sarà pari al 13% del reddito professionale netto, mentre il contributo integrativo sarà del 2% del volume d’affari se il committente si identifica come Pubblica Amministrazione, del 4% in tutti gli altri casi. Per agevolare l’inserimento nel mondo del lavoro libero professionale Enpapi applica su richiesta del professionista una riduzione/esonero della contribuzione (vedi Domanda di Iscrizione ad Enpapi).5.Copertura AssicurativaE’ d’obbligo per chi esercita libera professione stipulare un’assicurazione di responsabilità civile verso terzi in modo da tutelare il professionista dal dovere risarcire in proprio il cliente che abbia accidentalmente subito dei danni a causa di prestazioni erogate dal professionista stesso. Inoltre è opportuno stipulare un’assicurazione per gli infortuni professionali. La Fe-derazione nazionale dei Collegi Ipasvi ha individuato per gli iscritti agli Albi alcune proposte assicurative, su base volontaria, a condizioni particolarmente favorevoli. Le proposte si ri-feriscono appunto a “Responsabilità Civile professionale”, “Tutela giudiziaria” e “Infortuni professionali. Esiste anche la polizza di “Responsabilità Civile patrimoniale” per la copertura dei Dirigenti infermieristici e Coordinatori. Specifiche informazioni si possono ottenere dal link: https://clientportal.willis.it/ipasvi/.6. Posta Elettronica Certificata (PEC)La legge n. 2 del 28 gennaio 2009 ha reso obbligatoria la dotazione di un indirizzo persona-le di Posta Elettronica Certificata (PEC) per tutti i Professionisti iscritti all’Albo con la quale è possibile inviare e-mail con valore legale equiparato ad una raccomandata con ricevuta di ritorno, agevolando il rapporto con la Pubblica Amministrazione. Enpapi fornisce gratuita-mente la PEC ai propri iscritti.

Page 34: Infermieristicamente 2012 n° 3-4

infermieristica-mente 32

Nel convegno di Bologna si sono confrontati gli esperti, ma non solo, che nei diversi ambiti, clinico, didattico

e gestionale, lavorano con le tassonomie Nanda, Nic e Noc (NNN). In quell’occasione è stata presentata l’edizione italiana di NANDA-I Diagnosi Infermieristiche: Definizione e Classificazione 2012-2014, l’ultimo volume della pubblicazione periodica, biennale fino al 2008 e triennale dal 2009, del manuale ufficiale di NANDA International della quale Carlo Calamandrei è stato promotore e curatore dal 2004 e Luisa Anna Rigon dal 2009. Come avviene in altri Paesi, il traduttore principale è affiancato da un gruppo di esperti, di diversa provenienza e formazione nell’ambito infermieristico, che concordano la terminologia italiana dei titoli e delle definizioni diagnostiche. Dal 2005 è in corso un progetto analogo per la traduzione condivisa dei titoli delle classificazioni NOC e NIC. L’edizione NANDA-I Diagnosi Infermieristiche: Definizioni e Classificazione 2012-2014 comprende 216 nuove diagnosi e rispetto alla precedente edizione 11 risultano modificate, 1 ritirata, 19 hanno cambiato dominio e classe nella Tassonomia II di NANDA-I e 7 hanno cambiato dominio e classe nella Tassonomia NNN.La prima parte del testo è dedicata all’introduzione e alle attuali Tassonomie II NANDA-I e NNN della pratica infermieristica (NANDA-NOC e NIC). I concetti dei 7 assi che costituiscono la tassonomia sono stati rivisti e confrontati con il modello terminologico di riferimento della International Standards Organization (ISO). Nell’asse 1 è stato modificato il “concetto diagnostico “ in “focus diagnostico”, nell’asse 2 compaiono nuove definizioni di persona, famiglia, gruppo e comunità, sono stati aggiunti nuovi valori e definizioni negli assi 3, 6 e 7, in quest’ultimo è stata eliminata la categoria di diagnosi di benessere e tutte le relative diagnosi sono state convertite in diagnosi di promozione della salute, infine nuovi sistemi si sono aggiunti all’asse 4. La seconda parte descrive l’uso delle diagnosi infermieristiche nella pratica clinica, formazione, documentazione sanitaria elettronica, ricerca e organizzazione dei servizi. La terza illustra

i 13 domini della Tassonomia II di NANDA-I, con le relative classi, titoli diagnostici, anno di approvazione e successive revisioni, livello di evidenza, definizione, caratteristiche definenti, fattori correlati o fattori di rischio e riferimenti bibliografici. La quarta ed ultima parte contiene le procedure per la proposta di nuove diagnosi o revisioni. Particolarmente utile è il glossario dei termini principali usati da NANDA-I e riportati nella versione italiana.Il manuale, pur nella sua complessità, è di sicuro interesse per coloro che conoscono e seguono l’evoluzione delle tassonomie e il loro impiego nella metodologia clinica e può rappresentare un valido strumento per la pratica quotidiana.

Le Tassonomie NNN nella pratica clinica, nella formazione, nella documentazione sanitaria elettronica, nella ricerca infermieristica e nell’organizzazione dei servizi. Stato attuale e prospettive dell’infermieristica italianaRita Riolfi

L’angolodel libro

Bologna 19 settembre 2012

Page 35: Infermieristicamente 2012 n° 3-4

33 infermieristica-mente

Dalla presentazione dell’Autore“…. Molti degli esiti sui pazienti, positivi o negativi, attribuibili all’assistenza infermie-

ristica, dipendono dalla capacità degli infermieri di accertare precocemente i segni di deterioramento cli-nico dei loro assistiti, evitando che il decorso naturale di un processo assistenziale possa deviare dai binari della governabilità ed esporsi alle insidie degli eventi avversi, ossia di quelle complicanze involontarie im-putabili più alla gestione delle cure che alla comples-sità dei problemi di salute sottostanti. L’infermiere, in grado di riconoscere le manifestazioni di normalità delle funzioni organiche più importanti e di coglierne tempestivamente i segnali di compromissione, può rappresentare un meraviglioso, quanto efficace siste-ma di monitoraggio umano, che nessuna macchina potrà mai sostituire, sia in ospedale, sia a casa dell’as-sistito. Il fatto di essere il professionista sanitario che, soprattutto in ospedale, è a più stretto contatto con i pazienti, spesso per tempi molto lunghi, conferisce all’infermiere una posizione di assoluto privilegio per il reperimento di quelle informazioni di carattere clini-co, talvolta sfuggenti a un’osservazione occasionale, ma che invece, possono rivelarsi preziose e contribu-ire in modo sostanziale a migliorare l’accuratezza del giudizio diagnostico, sia quando viene formulato dal medico, nel caso in cui riguardi la malattia, sia quan-do viene formulato dall’infermiere, nel caso in cui abbia a che fare con gli effetti, di sua competenza, indotti nei pazienti e nelle loro famiglie dalla malattia stessa …. l’accertamento clinico è parte integrante del più generale accertamento infermieristico, iniziale e continuo, che rappresenta la prima e, forse, la più importante fase del processo di assistenza infermie-ristica, determinante per definire appropriatamente, in termini di diagnosi infermieristiche, le risposte di natura biologica o psico-relazionale, delle persone ai propri problemi di salute, spesso generati, oltre che dalle malattie, anche da particolari momenti del complesso processo vitale …. Si tratta di una guida all’esame clinico, strutturata per facilitare l’acquisizio-ne di abilità specifiche nell’ambito della semeiotica di base, attraverso l’uso di innumerevoli illustrazioni, molto ben curate dal punto di vista figurativo e ac-compagnate da un testo essenziale, chiaro e di facile comprensione…”

Il volume è un manuale agevole pensato per le mamme, frutto dell’esperienza professionale, ma anche e soprattutto personale dell’essere

madri delle autrici e come tale può essere un utile strumento per tutti. “La guida è una lettura piacevole e stimolante … ”, come la presenta il prof. Massimo Franchi Direttore dell’UO di Ostetricia e Ginecologia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona, “… che con estrema semplicità e assoluto rigore scientifico si rivolge ai futuri e neo genitori … porta a riflettere e a meditare sulla meravigliosa esperienza del divenire ed essere genitori. Quando si parla di allattamento spesso il tema della genitorialità appare secondario, poiché si privilegia l’attenzione per gli aspetti propriamente tecnici, lasciando in secondo piano la nuova relazione che si viene a creare nella triade madre-padre-bambino …. La guida, scritta da esperte che conoscono le intime problematiche, le ansie e le aspettative delle mamme e delle famiglie, è un lavoro intriso di una lunga e maturata esperienza clinico-assistenziale, via maestra per inquadrare e trattare nel modo migliore la questione. Il tutto sottoposto al controllo delle evidenze scientifiche e nella prospettiva contemporanea, da un accenno alle differenti culture dell’allattamento presenti nel nostro paese, ai suggerimenti per ricevere sostegno e aiuto anche dai social network …. ”.

Accertamento clinico Guida metodologica illustrata per i professionisti della salute

Allattamento materno -Consigli per le mamme

A cura di Loreto Lancia A cura di Gaudino F.-Maseri O.- Riolfi R.- Urli N.

Lancia L. (ed. ital. a cura di) Accertamento clinico. Guida metodologica illustrata per i

professionisti della saluteCasa Editrice Ambrosiana, Milano

2012, pp. 256 euro 29,00

Allattamento materno - Consigli per le mamme

Gaudino F., Maseri O., Riolfi R., Urli N. Edizioni Libreria

Cortina, Verona 2012euro 16,00

NANDA-I Diagnosi infermieristiche: Definizioni e classificazione 2

012-2014Edizione italiana a cura di L.A. Rigon

Casa Editrice Ambrosiana, Milano 2012

pp. 688 euro 42,00

ALLATTAMENTO MATERNO:CONSIGLI PER LE MAMME

Presentazione di M. Franchi

al

la

tt

am

en

to

ma

te

rn

o: c

on

sig

li p

er

le

ma

mm

e

La peculiarità di questa guida è quella di favorire la riflessione circa la meravigliosa esperienza della genitorialità e il sostegno professionale che si può ottenere dagli operatori sanitari coinvolti in questa delicata ed importante fase della vita. La sintesi di tali elementi e di quelli di carattere culturale specifico/professionale che qui viene presentata, rende questo strumento particolarmente prezioso per quanti si apprestano ad affrontare direttamente l’argomento.

La prima parte del volume descrive l’importanza dell’allattamento materno per la vita del bambino, sia dal punto di vista nutrizionale ma anche di legame con la madre. La seconda parte considera tutte le problematiche inerenti alle le varie fasi e momenti dell’allattamento, fornendo utili consigli e istruzioni precise di carattere tecnico e pratico circa i comportamenti da adottare e quelli assolutamente da evitare.

L’esperienza e la competenza professionale delle autrici permette loro di individuare le intime difficoltà, ansie, aspettative che madri e famiglie si trovano ad affrontare quotidianamente, e i loro preziosi consigli saranno un valido aiuto alle neomamme e a chiunque desideri approfondire l’argomento.

,!7II8H7-ejbhbi!ISBN 978-88-7749-171-8

e 16,00

F. GAUDINO, O. MASERI, R.I. RIOLFI, N. URLI

F. GAU

DIN

O, O

. MASERI, R.I. RIO

LFI, N. U

RLI

Page 36: Infermieristicamente 2012 n° 3-4

#

Note di Segreteria

Orario di apertura al pubblicoLunedì, mercoledì e venerdì dalle ore 10.00 alle ore 12.00Martedì e giovedì dalle ore 14.00 alle ore 16.30Tel. 045 913938 fax 045 914671

E-mail [email protected]; [email protected].

Sito web www.ipasviverona.com

Conto corrente postale n. 11103371

BibliotecaLa consultazione può essere effettuata durante gli orari di apertura della segreteria

Colloqui con il PresidenteE’ possibile avere colloqui diretti con il Presidente, previo appuntamento.

VARIAZIONE DI INDIRIZZO (Domicilio o Residenza) comunicazione da far pervenire alla Segreteria del Collegio tramite servizio postale, a mano, via fax o e-mail.

Cognome e nome ______________________________________ nato/a il _______________________

Iscrizione N. _____________________________________ Località/Prov. __________________________

Nuovo indirizzo: via ________________________________________ CAP ______________________

Località/Prov. ___________________________________________ E-Mail:_______________________

Page 37: Infermieristicamente 2012 n° 3-4

Segreteria OrganizzativaCollegio Provinciale IPASVIVia Cà di Cozzi, 14/A - 37124 VERONATel. 045 913938 - Fax. 045 914671www.ipasviverona.come-mail: [email protected]

PrinteditaVerona

infermieristica-mente3

Collegio provinciale IPASVI di Verona