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INCONTRI ASOLANI XXXIII FESTIVAL INTERNAZIONALE DI MUSICA DA CAMERA Europa...

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INCONTRI ASOLANIXXXIII FESTIVAL INTERNAZIONALE DI MUSICA DA CAMERA

Europa...

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INCONTRI ASOLANI

Europa...

INCONTRI ASOLANI

XXXIII FESTIVAL INTERNAZIONALEDI MUSICA DA CAMERA

Asolo30 agosto - 16 settembre 2011

Parrocchia di AsoloComune di Asolo

Direzione Generale per loSpettacolo dal vivo

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In copertina:Toni Benetton: “Linee Generatrici”, 1973Un sentito ringraziamento alla famiglia dell’artista per aver concesso ad Asolo Musica l’utilizzo dell’immagine dell’opera.

L’uomo che non ha musica dentro di sé,ed è insensibile agli accordi delle dolci melodie,

è pronto per tradimenti, stratagemmi e rapine(“Il mercante di Venezia” - W. Shakespeare)

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Una nuova stagione di concerti, sei nuovi momenti per ritrovare e rivivere emozioni, questa volta riferite ai molteplici aspetti culturali, emotivi e spirituali della musica europea.E un’Europa che si declina in sei diversi caratteri, quella che la XXXIII edizione di “Incontri Asolani” propone, passando dagli aspetti dolorosi a quelli romantici, dal futuro rappresentato dal vincitore del Concorso Pianistico “F.Busoni” al passato imprescindibile di cui l’ultima grande opera bachiana costituisce la Summa. Senza dimenticare i confini stilistici e geografici di un’Europa che da sempre si confronta con se stessa, con altri popoli, s’intreccia con altre storie, si apre verso diverse culture…Fin dalla sua prima edizione, la formula e l’atmosfera di questo Festival hanno imposto Asolo Musica come punto di riferimento nel panorama musicale italiano ed internazionale. Lo ricordiamo qui non per sterile autocelebrazione della sua lunga storia, ma perché è in virtù di questa unicità degli “Incontri” che anche quest’anno abbiamo potuto realizzare un cartellone di assoluto prestigio. È, infatti, grazie alla disponibilità e all’amicizia dimostrata dagli artisti che si esibiranno al Festival che abbiamo potuto proporre questa nuova edizione “Incontri Asolani”, pesantemente minacciata dalla scure dei “tagli” imposti all’espressione culturale ed artistica italiana.Ringraziamo innanzitutto loro, che hanno consentito alla musica di risuonare tra le antiche volte di san Gottardo, per raccontare la lunga e complessa storia d’Europa, nella quale si sono alternati momenti bui, stupefacenti scoperte e ottuse superstizioni, momenti di arte finissima e atroci devastazioni, periodi di benessere e altri di miseria….E ringraziamo i sostenitori privati dell’Associazione e del Festival, senza i quali non avremmo potuto andare avanti; per parte nostra ci ripromettiamo di presentare loro per il prossimo avvenire, programmazioni sempre all’altezza della loro sensibilità culturale.Ci dobbiamo abituare tutti a conquistare la cultura, non possiamo dipendere in modo determinante dal sovvenzionamento pubblico, ovviamente gradito ma spesso precario nei tempi e negli importi e quindi, tra l’altro, difficilmente compatibile con una vera programmazione.Con l’aiuto di questi amici e del nostro fedele pubblico ascolteremo nuovamente grandi interpreti e singolari programmi, certi che la frase di Dostoevskij secondo cui “la bellezza salverà il mondo” resta sempre uno straordinario incoraggiamento per chi, come Asolo Musica, s’impegna quotidianamente per la promozione e la diffusione della cultura musicale.

Buoni Incontri!

Maurizio Jacobi Federico Pupo Presidente Asolo Musica Direttore Artistico

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INCONTRI ASOLANIXXXIII FESTIVAL INTERNAZIONALE DI MUSICA DA CAMERA

Europa...Asolo

Chiesa di San Gottardo

Martedì 30 agosto … Dolente Ensemble L’arsenale Livia Rado, soprano primo Sonia Visentin, soprano secondo Tamara Soldan, mezzo soprano Francesca Poropat, contralto Francesca Cescon, flauto basso Massimo Raccanelli, violoncello Nicola Buso, live electronics Filippo Perocco, direttore

Luigi Nono: Quando stanno morendo. Diario Polacco N.2 Testi a cura di Massimo Cacciari pag. 11

Venerdì 2 settembre … Intrigante Sergej Krylov, violino Maria Mazo, pianoforte

Musiche di M. Ravel, G. Gershwin, I. Albéniz, M. De Falla, G.Bizet pag. 17

Martedì 6 settembre Vincitore del 58° Concorso Pianistico Internazionale “Ferruccio Busoni” pag. 21

Domenica 11 settembre … Pensante Quartetto “Il Suonar Parlante” Vittorio Ghielmi, viola soprano Rodney Prada, viola tenore Fahami Alqhai, viola basso Cristiano Contadin, basso di viola o violotto Lorenzo Ghielmi, fortepiano Silberman 1747

Johann Sebastian Bach: Die Kunst der Fuge pag. 23

Martedì 13 settembre … Errante Orchestra d’Archi Italiana Mario Brunello, violoncello e direttore

Musiche di M.De Falla, G.Sollima, A.Sokolovic, tradizionali turche e armene pag. 27

Venerdì 16 settembre … Romantica Natasha Korsakova, violino Manrico Padovani, violino Bruno Giuranna, viola Wolfgang Wölfer, viola Valter Vestidello, violoncello Luca Franzetti, violoncello

MusichediJ.Brahms,P.Čajkovskij pag.31

I concerti hanno inizio alle ore 20.45

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Martedì 30 agosto 2011

EUROPA DOLENTE

ENSEMBLE L’ARSENALELivia Rado, soprano primo

Sonia Visentin, soprano secondoTamara Soldan, mezzo sopranoFrancesca Poropat, contralto

Francesca Cescon, flautobassoMassimo Raccanelli, violoncello

Nicola Buso, live electronics

FILIPPO PEROCCO, direttore

Luigi Nono Quando stanno morendo. Diario Polacco N.2(1924-1990) per quattro voci femminili, flautobasso,violoncelloeliveelectronics

Testi a cura di Massimo Cacciari

Programma di sala a cura di Marina Grasso

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“Agli amici e compagni polacchi che nell’esilio, nella clandestinità, in prigione, sul lavoro, resistono

– sperano anche se disperati, credono anche se increduli”.(L. Nono)

“E sopraggiunge il tema apocalittico” dice Florovskij commentando l’opera di V. Solov’ëv dopo il 1890. Nell’angoscia apocalittica vivono i poeti che qui citiamo. Il loro tempo è tempo d’avvento. Il loro linguaggio: lamentazione, salmo, profezia. Il momento della catastrofe è indisgiungibile, nel simbolo apocalittico, da quello della redenzione. Tanto violenta appare quella catastrofe da farci augurare, a volte, di non raggiungere mai la salvezza, pur di poterla evitare.

La visione messianica non ha così nulla delle appaesanti fedi progressive che han cercato, di volta in volta, di alimentarsene o di disfarsene – essa sconta in ogni sua fibra la possibilità del fallimento, ma, come il profeta, è inesausta nell’interrogare, nell’attendere. Non è speranza cieca, così come rifiuta ogni fede cieca: comprende il tempo d’avvento. Chi sei? risuona in essa continuamente. Russia, chi sei? Mosca, chi sei? Nome di Donna, chi sei? Chi sei Tu? E Linguaggio, chi sei, per poter dire questo tempo, per poterlo cantare nel suo dramma? È ora di liberare questa poesia dallo stereotipo quietistico e ipocrita del crollo, della disillusione, dell’angoscia dopo il naufragio delle “speranze rivoluzionarie”. Questa poesia vede da sempre il tempo d’avvento come simbolo di speranza e naufragio. Angoscia apocalittica è sperare disperati – credere increduli. Disperare e basta è pessimismo intellettuale – credere e basta trombettismo burocratico.

Questa poesia ha il suo luogo: dove l’Europa fa barriera e ponte verso l’Asia; dove essa incessantemente resiste in sé, nel suo proprio, nel suo ethos, e incessantemente si discute e si interroga. Dove l’Europa inizia-finisce: il territorio de Gli Sciti e I Dodici. Qui soltanto sono possibili nuovi, veri inizi come è possibile una vera fine.

Da questo luogo ora – nel primo ‘movimento’ dei testi che citiamo – vengono immagini di morte. I Messia non hanno redento; la terra promessa si è ricoperta di nevi. Il cardo l’ha ricoperta. Ma come lavora dentro il linguaggio con la pazienza di una talpa che scavi gallerie per il futuro (Mandel’stàm), così Chlebnikov, l’immenso Chlebnikov spacca col suo “rasoio di pietra” i muri che la tengono prigioniera, accusa i “lupi ortodossi” che la incatenano. Li minaccia con le sue “scritture-vendetta”: invenzione, magia, metamorfosi inafferrabile per il potere, forza visionaria, capacità di vedere le cose, ogni cosa, come inaudite.

E se ogni cosa può essere cosi vista – come inaudita, singola, indivisibile – ogni cosa potrà ancora sottrarsi a quel destino di morte cui vuole consegnarla l’inverno dei “lupi ortodossi”. Se sapremo custodire quest’attesa, potremo ancor far “luce al giorno” rifiutare la morte che ora ci viene. Ora ci viene morte, ma non sarà mai la Morte, finché queste voci parleranno – finché Miłosz darà ancora luogo nel suo linguaggio alla patria polacca e in Ungheria si parla la lingua di Ady e in Russia quella di Pasternak. “Io non ho alzato la bandiera bianca”: anche “quando stanno morendo, gli uomini cantano”...

Massimo Cacciari – Luigi Nono

QUANDO STANNO MORENDO

Testi a cura di Massimo Cacciari da: Endre Ady (“Qui sono le lacrime più salate”),Aleksander Blok (“E di nuovo di nuovo le nevi”),

Velimir Chlebnikov (“Mosca, chi sei?”, “Quando stanno morendo”),Czesław Miłosz (“Mia lingua fedele”, “Spedisci la tua seconda anima”),

Boris Pasternak (“L’anno 1905”)

I. Mia lingua fedele, ti ho servito. Ogni notte ti ho offerto i miei colori, perché tu avessi un luogo nella memoria. Sei stata la mia sola patria perché l’altra ho perduto, perché le sue città sono vuote, perché il cardo ha coperto la sua terra.... Czeslaw Milosz Qui sono le lacrime più salate E diversi anche i dolori. Mille volte Messia Sono i nostri Messia. Se mille volte muoiono, non redime la croce, poiché nulla hanno potuto, oh nulla hanno potuto... Endre Ady E di nuovo di nuovo le nevi Han cancellato le impronte... E lontano lontano lontano nei campi gavazza la morte, di nuovo si specchia da stelle senza tramonto... Aleksandr Blok

II Mosca – chi sei? Mosca – vetusto cranio, con un rasoio di pietra spaccherei questi muri, in cui, come preghiere d’autunno, saltano avanti alla morte i bambini...

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UN DIARIO SONORO D’INESTIMABLE VALOREdi Filippo Perocco

Nell’ottobre 2010 L’arsenale è stato invitato ad eseguire “Quando stanno morendo. Diario Polacco n.2” alla Biennale Musica di Venezia, opera presentata in anteprima proprio alla Biennale Musica nell’ottobre 1982. Proporre un’opera di Luigi Nono nella sua città, per noi che siamo stati la prima formazione italiana ad eseguirla, è stato un indiscutibile onore ed un momento cruciale del nostro percorso artistico.Abbiamo iniziato, così, un attento studio della partitura ma anche dell’opera di Nono nel suo complesso, ben consapevoli che la musica di Nono va oltre i confini dell’esclusivamente musicale. Infatti, nel suo linguaggio avanzato e nei contenuti, l’opera di Nono si collega con-tinuamente con la realtà politico-sociale e prende posizione nei suoi confronti con quello che lo stesso autore definì “impegno totale, ideologico e tecnico”. Questo diario sonoro dall’inestimabile valore culturale affida alle quattro voci le parole di al-trettanti poeti dell’Est (Boris Pasternak, Czeslaw Milosz, Endre Ady e Velemir Chlebnikov), scelte da Massimo Cacciari per narrare il doloroso silenzio costruito dal regime polacco in quello che la Storia sancirà essere l’ultimo estremo tentativo di difendere i sistemi repressivi del suo regime totalitario. La legge marziale proclamata in Polonia nell’autunno 1981 in seguito agli scioperi ai cantieri navali di Danzica fece sciogliere la direzione del Festival Internazionale di musica contem-poranea di Varsavia, che aveva commissionato a Nono un nuovo “Diario Polacco”. Il primo era stato composto in seguito al soggiorno del compositore in Polonia in occasione della se-conda edizione di quel Festival: la visita al campo di concentramento di Auschwiz-Birkenau e del ghetto di Varsavia, nonché la conoscenza del popolo che si oppose coraggiosamente al nazismo, avevano suscitato in lui dolore e ribellione, espressi in musica nella Composizione n.2 per orchestra, detta appunto “Diario Polacco”. Opera che si contraddistingue per le sue sonorità crude e metalliche, per la lucida e partecipata furia che ne deriva. Quasi l’opposto, insomma, di quanto espresso ventitré anni dopo nel secondo Diario Polacco, che alterna tensioni e silenzi per mezzo di figurazioni ritmiche ed intervalli ristretti che creano vibranti pulsioni sonore. Il fragore orchestrale del primo diario si tramuta nel secondo in uno spazio musicale dilatato, in un’opera poetico-musicale nella quale i testi sono quasi pretesti per usare le voci e non vengono esibiti come tali. Scomposti in note o gruppi di note divisi tra i vari strumenti e le varie voci, i versi attraver-sano il registro e la gamma di colori sonori delle varie voci, tanto che il significato linguisti-co diventa spesso irriconoscibile. Strumenti e voci offrono timbri all’elaborazione, e anche quando la voce recupera la sua capacità di raccontare viene avvicinata, allontanata, ruotata, distorta, ridotta alle sibilanti e alle fricative, o anche alle vocali, ma scagliate su altezze side-rali in cui si mescolano in gelide polifonie e s’innestano l’una nell’altra in prolungamenti di suono impossibili in natura. Pare quasi che dopo aver scelto un preciso messaggio e testi ade-guati, il compositore abbia poi voluto togliere chiarezza ai testi stessi. Nono sosteneva invece che così non si distrugge il contenuto del testo ma i suoi significati si trasferiscono ai mezzi espressivi della musica. I suoni non si limitano, quindi, ad essere un veicolo per esprimere

Mosca – chi sei? Io so che voi siete Lupi ortodossi. Ma come mai come mai non udite Il fruscio dell’ago della sorte, questa sarta mirabile? Guai a voi, che avete preso un angolo falso del cuore verso di me: vi sfascerete sugli scogli e gli scogli rideranno di voi, come voi avete riso di me Velemir Chlebnikov

III Ma, dopo un poco, noi verremo alla luce. Un giorno o l’altro, il sole del crepuscolo ci chiamerà alla finestra. Animeremo a caso Insoliti tramonti Sussulteremo Alla vista dei camini Faremo luce al giorno Come al figliuolo prodigo... Boris Pasternak Spedisci la tua seconda anima Oltre i monti, oltre il tempo; dimmi che cosa hai visto, aspetterò ... Czeslaw Milosz Quando stanno morendo, i cavalli respirano, quanto stanno morendo, le erbe instristiscono, quando stanno morendo, i soli si spengono, quando stanno morendo, gli uomini cantano Velemir Chlebnikov

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dei testi, ma conservano la loro autonomia e varietà, senza delegare però alla parola parlata il privilegio di essere la principale forma di comunicazione.La particolare attenzione dedicata alle voci, chiamate qui ad una prova non comune, è già ben chiara nella struttura dell’opera, che si compone di tre parti ciascuna delle quali suddivisa a sua volta in tre altre parti: la prima e la terza parte sono dominate dalle voci, mentre solo la sezione centrale pone in rilievo la parte strumentale. La concezione del suono è spinta a risultati estremi, grazie alle possibilità offerte dal tratta-mento elettroacustico e a tecniche vocali e strumentali innovative.Le voci ora si confondono, ora si differenziano attraverso microintervalli, piccoli cambia-menti di dinamica ed emissioneAlla vocalità viene costantemente richiesta l’abilità di passare da intervalli d’intonazione perfetta, pura, cristallina agli stessi modificati e distorti attraverso l’uso della microtonalità, dello “scarto d’intonazione”, del controllo del vibrato, dell’apertura labiale, del suono rauco e dell’utilizzo dello strumento microfonico.Lo spasmodico avvitamento del canto elimina le distinzioni tra linguaggio e suoi esiti acusti-ci, tra disegni musicali manoscritti e filtraggi elettronici. Perché questa è anche la prima opera importante in cui Nono impiega un sistema coordinato di elaborazione in tempo reale del suono emesso da voci e strumenti durante l’esecuzione - sistema costituito da strumenti per il trattamento del segnale live mediante dispositivi di ritardo, di riverberazione, di modificazione dello spettro armonico e per il controllo del mo-vimento del suono nello spazio. Ma il gorgo spaziale di suono che ne deriva, più che un prodigio elettronico continua ad es-sere soprattutto emozione d’ ascolto.

Venerdì 2 settembre 2011

EUROPA INTRIGANTE

SERGEJ KRYLOV, violino

MARIA MAZO, pianoforte

Maurice Ravel Sonata per violino e pianoforte (1875 –1937) Allegretto Blues moderato Perpetuum mobile: Allegro

Tzigane, rapsodie de concert

***Jascha Heifetz Da Porgy and Bess di George Gershwin:(1901 –1987) Bess, You Is my Woman It Ain’t Necessarily So

George Gershwin Preludio n. 1(1898 –1937) Preludio n. 2 Preludio n. 3

Jascha Heifetz Sevilla dalla Suite Española Op. 47 n.3 di Isaac Albéniz

Fritz Kreiselr Danza spagnola da La vida breve di Manuel de Falla(1875-1962)

Pablo de Sarasate Fantasia da Carmen, Op. 25(1844-1908)

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VIAGGI, COINCIDENZE E PASSIONIdiSergejKrylov

Sono nato e cresciuto in Russia. La mia scuola violinistica e musicale d’origine è saldamente russa. Ma vivo in Italia da più di vent’anni e da altrettanti ho la fortuna di suonare in molti paesi del mondo. Che significa viaggiare, conoscere, imparare, confrontarsi.Per questo mi sento anche un musicista europeo, oggi felice di poter raccontare con il mio violino la cultura europea più “intrigante”. Quella che seduce, affascina e coinvolge, ma anche che intreccia, collega e sovrappone culture e storie…Mio padre, violinista e liutaio moscovita, è stato uno dei primi liutai sovietici venuto a Cre-mona per frequentare la scuola di liuteria. Era il 1971, io ero nato da pochi mesi e rimasi a casa con mia madre. Anche perché in quegli anni venire in Italia, per un russo, non era un fatto consueto... Dopo molti anni e per motivi indipendenti da quella scelta di mio padre Cremona è diventata la mia città… Ed anche questa è una storia europea, di coincidenze che determinano culture. O viceversa?!? Sul programma che propongo con la brillante Maria Mazo (anche lei moscovita che oggi vive in Germania ed è presente nelle principali sale da concerto internazio-nali) di storie casuali o meno che portano i musicisti a spostarsi e la loro musica ad assorbire le diverse esperienze, ce ne sono davvero molte. Cominciamo da Ravel, che non lasciò mai per lunghi periodi la Francia ma che, fin da giova-nissimo (anche perché originario della regione basca) s’interessò al fascino e alle seduzioni del folklore spagnolo, ma anche a quello orientale e balcanico. Già molto prima della sua lunga tournée di concerti e in Canada (del 1928) si appassionò anche al jazz e al blues ed è proprio da questo suo interesse verso quello che potremmo definire il folklore americano che nasce una delle più rilevanti particolarità della sua Sonata per violino e pianoforte, ossia un secondo movimento che impegna il violino in un vero e proprio canto blues. Opera dalla gestazione lunga e laboriosa, fu abbozzata nel 1923 ma terminò solo nel 1927, dopo numerosi ripensa-menti: sembra che l’autore abbia voluto evidenziare al massimo l’indipendenza delle parti del violino e del pianoforte (“due strumenti essenzialmente incompatibili”, secondo le sue stesse parole), in modo da dare l’impressione che ciascuno strumento suoni solo per sé, se non ad-dirittura contro l’altro. Articolata in tre movimenti, la Sonata si apre con un sereno Allegretto, di tono vagamente pastorale. Il secondo tempo è il notissimo Blues moderato, il cui incipit, tra l’altro, ricorda la popolarissima Summertime di Gershwin (che però fu scritta diversi anni dopo), mescolando poi con finissima ironia elementi di scrittura jazzistica e moduli melodici del tardo-romanticismo. Il terzo e ultimo movimento, Perpetuum mobile, è invece un vero e proprio moto perpetuo in cui il dialogo tra gli strumenti si fa serratissimo. Nel 1924, Ravel lavorò anche a un’altra composizione per violino e pianoforte, “Tzigane, rap-sodia da concerto”, dedicata alla violinista ungherese Jelly d’Aranyi, per la quale anche Bartók scrisse le sue due Sonate per violino e pianoforte. L’esigenza frequente in Ravel, è anche in questo caso di uscire dai binari della tradizione musicale “colta”: se il “Blues” della Sonata afferma una dichiarata e geniale incursione nel terreno del jazz, Tzigane si ricollega in modo diretto a quella tradizione musicale che già da Haydn a Brahms si era cercato di addomesticare e di assimilare come elemento esotico all’interno della musica occidentale colta. L’impatto con la tradizione tzigana è per Ravel occasione di dichiarato virtuosismo (l’autore si documentò,

per scriverlo, anche sui Capricci di Paganini) dove l’invenzione timbrica prende decisamente il sopravvento ribaltando il senso di un brano che, almeno sulla carta, sembrerebbe presentar-si come un brillante e piacevole intrattenimento salottiero. Dopo la lunghissima, struggente introduzione affidata al violino solo, una cadenza del pianoforte introduce tutta una serie di spericolate variazioni che si succedono l’una all’altra fino al vorticoso, parossistico finale, su un travolgente accelerando.Nell’anno 1928, dicevo, Ravel visitò gli Stati Uniti e incontrò tra gli altri George Gershwin che gli chiese di poter diventare suo allievo. Ma pare che il compositore francese abbia risposto: “Perché dovresti essere un Ravel di secondo livello quando puoi essere un Gershwin di primo livello?”Il compositore americano (di origine russa anche lui, va ricordato!), era già molto noto come compositore di musical, e continuò a fondere elementi jazzistici con il linguaggio della musica colta europea, tanto da arrivare a mixare blues e melodramma ottocentesco nella sua opera “Porgy and Bess”. Gershwin morì a soli 38 anni e tra la molta musica che non fece in tempo a scrivere c’era anche il concerto promesso a un giovane violinista lituano che aveva conquista-to l’America e il mondo nel 1917: Jascha Heifetz. Per includere Gershwin nel suo repertorio, quindi, quello che ritengo essere stato il più grande violinista del Novecento arrangiò alcune opere dell’autore scomparso, tra cui alcuni brani selezionati da Porgy and Bess.Il nostro omaggio a Gershwin proseguirà con tre pagine pianistiche che vi faranno apprezzare la raffinata arte di Maria Mazo: i tre preludi che l’autore iniziò a comporre nel 1924 (ricordate? Proprio l’anno in cui Rave compone Tzigane!). Pare che i preludi per pianoforte di Gershwin fossero cinque, ma solamente tre furono pubblicati. Il primo (Allegro ben ritmato e deciso), fu definito da Gershwin “spagnolo”, per certi suoi tratti melodici e per il suo ritmo di Habanera. Il secondo (Andante con moto e poco rubato) è una delle poche pagine pianistiche in tempo lento scritte Gershwin, una sorta di ninna-nanna blues; il terzo (Agitato) è brevissimo, come molte delle pagine più felici di Gershwin, e propone armonie di grande originalità.Tra le oltre centocinquanta trascrizioni di pagine che voleva suonare con il suo violino pur es-sendo state concepite per altro/i strumento/i Heifetz si dedicò anche alla Sevilla di Isaac Albe-niz, compositore catalano giustamente considerato l’iniziatore della musica moderna spagnola, ma anche pianista che già prima della fine dell’Ottocento varcava frequentemente l’Atlantico per i suoi concerti. Nella trascrizione di quest’opera Heifetz riesce, quasi, a strappare all’idea pianistica originale un’anima violinistica, chiedendo al violino di alternare un certo lirismo vagamente gitano con una sorta di percussività quasi pianistica. Ne consegue una pagina ful-minante nella sua brevità e trasparenza.E restiamo in ambito spagnolo, dove un giovane Manuel De Falla (un altro futuro emigrante: da giovane a Parigi e poi, dopo l’avvento del franchismo nel suo paese, in Argentina) nel 1905 componeva la sua opera “La vida breve”, oggi scarsamente rappresentata anche se le sue vivaci danze sono spesso eseguite in concerti sinfonici. Anche la Danza spagnola, che nell’opera fa parte di una festa nuziale, è ben nota fra i violinisti per l’arrangiamento di Fritz Kreisler, altri celeberrimo violinista austriaco che dopo lunghi soggiorni negli USA si stabilì a New York. Si tratta di una pagina ricca di drammaticità, nella quale il violino si trova assolutamente a suo agio nel cantare il fastoso colore iberico. Ma non dobbiamo dimenticare che quella che è la musica “spagnola” per eccellenza fu inventata, nel 1875, da un francese che non era mai stato

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Martedì 6 settembre 2011

CONCERTO DEL VINCITOREDEL 58° CONCORSO PIANISTICO

INTERNAZIONALE “FERRUCCIO BUSONI”

“Un’acquisizione della tecnica non è altro che latrasformazionediunadifficoltàinunacosafacile.Checiòsiraggiungaconunminimodieserciziofisico,

e un massimo di attenzione intellettuale è vero, ma forse non altrettanto evidente per ogni didatta del pianoforte.

Sicuramente però il pianista che raggiunge i propri traguardi viriesceattraversoautoeducazioneelariflessione”.

Ferruccio Busoni

in Spagna. Nella sua “Carmen” George Bizet elabora con sontuosa invenzione qualche motivo folkloristico e crea suggestioni spagnole più ispaniche della tradizione spagnola, così che le atmosfere di Carmen diventano per i francesi (e non solo) la Spagna tout court. Tanto che Pablo de Sarasate, spagnolo autentico, nel 1883 compone la sua Carmen Fantasy sui temi dell’opera di Bizet: è una delle sue opere più amate ed anche più complesse, che intreccia audacia tecnica e intensa espressività. La Fantasia contiene l’adattamento di Aragonese, Habanera, un Intelu-dio, Seguidilla e Danza degli Zingari. Volendo chiudere il cerchio delle coincidenze dovrei dire anche che Sarasate, ultimo autore in programma andò a morire in Francia, proprio in quella Biarritz nei pressi della quale nacque Ravel, con il quale il programma si è aperto.Mi preme, invece, evidenziare maggiormente l’elevato numero d’intrecci, di viaggi, d’influen-ze e di omaggi ad altre culture che questo recital propone attraverso la grande scuola delle trascrizioni e degli arrangiamenti, ad esempio, o attraverso le elaborazioni di temi e colori folklorici che i musicisti hanno incontrato nel loro cammino di uomini e di artisti. Nel Novecento il progresso della tecnica ma anche e soprattutto i rivolgimenti politici hanno favorito enormemente la mobilità degli artisti europei, partiti per cercare nuove idee, nuovi palcoscenici o, spesso, le libertà negate nella loro patria: viaggi che hanno arricchito la loro musica con molteplici sfaccettature e influenze, in un processo che conosco bene perché l’ho vissuto in prima persona. Sono nato in quella che si chiamava Unione Sovietica e ho studiato al conservatorio di Mosca, una delle scuole violinistiche migliori del mondo e tra le più severe. Fino alla caduta del muro di Berlino la Russia era un paese molto chiuso, che salvaguardava le proprie tradizioni d’in-terpretazione musicale: i brani dei compositori russi andavano eseguiti con determinate arcate e diteggiature, con ben precisi tempi ed esatte dinamiche. È un modo che mi è rimasto sicura-mente dentro, ma che si è anche incrociato con la mia esperienza di uomo e di musicista che ha lasciato la Russia a diciotto anni, che ha sviluppato gusti ed esperienze diverse, che ha avuto la fortuna di incontrare musicisti come Salvatore Accardo, col quale ho studiato per sette anni e che mi ha dato davvero tanto, o come l’indimenticabile Mstislav Rostropovich con il quale è stato entusiasmante sia suonare sia ripensare, lontano da essa, alla nostra comune scuola russa. Per un artista confrontarsi con altre culture significa soprattutto capire che la vera arte inizia nel momento in cui la tecnica scompare, in cui non ci si sente più solamente appartenente a una “scuola”, ma una persona che ha raggiunto una sorta di perfezione geometrica e la può, quindi, abbandonare per cercare nuove perfezioni, nuove bellezze, nuovi orizzonti, siano essi geografici, emotivi o morali…Concludo con l’ultima annotazione sulle coincidenze e sui miei legami: il violino che suonerò per voi è uno Stradivari del 1734, lo “Scotland University” della Collezione Sau-Wing Lam che sono onorato di aver avuto in concessione dalla Fondazione A. Stradivari di Cremona. Quella Cremona dove, com’è noto, Stradivari nacque. E dove mio padre venne a perfezionare la sua arte liutaia, dove adesso vivo e suono spesso un violino che lui costruì per me… Perché “i cerchi si chiudono”… ma il cuore degli uomini, soprattutto degli artisti, deve sempre restare aperto.

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Domenica 11 settembre 2011

EUROPA PENSANTE

QUARTETTO DI VIOLE DA GAMBA“IL SUONAR PARLANTE”

Vittorio Ghielmi, viola sopranoRodney Prada, viola tenoreFahami Alqhai, viola basso

Cristiano Contadin, basso di viola o violotto

LORENZO GHIELMI, fortepiano Silberman 1747

Johann Sebastian Bach Die Kunst der Fuge, BWV 1080(1865-1750)

Contrapunctus 1Contrapunctus 2Contrapunctus 3Contrapunctus 4

Canon alla Ottava

Contrapunctus 5Contrapunctus 6 a 4 in Stylo FranceseContrapunctus 7 a 4 per Augmentationem et Diminutionem

Canon alla Decima -- Contrapunto alla Terza

Contrapunctus 8 a 3

*** ***Contrapunctus 9 a 4 alla DuodecimaContrapunctus 10 a 4 alla DecimaContrapunctus 11 a 4

Canon alla Duodecima in Contrapunto alla Quinta

Contrapunctus XII, a 4 rectus, inversusContrapunctus XIII, a 3 rectus, inversus

Canon per Augmentationem in Contrario Motu

Contrapunctus 14 Fuga a 3 soggetti (recte a 4), completato da Lorenzo Ghielmi

Choral. Wenn wir in hoechsten Noethen Canto Fermo in Canto

QUEL PREMIO CHE CAMBIA LA VITAIl Concorso Busoni secondo Roberto Cominati

Non sappiamo ancora chi salirà sull’altare-palcoscemico di San Gottardo per questo concerto. Se ci sarà qualcuno (il Concorso Busoni è selettivo a tal punto da avere una lunga storia di primi premi non assegnati) si tratterà di uno dei 230 pianisti che da tutto il mondo ha inviato la sua domanda di ammissione al concorso fondato nel 1949 da Cesare Nordio. Altrettanto sicuramente sarà uno dei 150 ammessi e dei 27 finalisti selezionati più di un anno fa. Quindi qualcuno che per un anno ha in-tensamente preparato le prove di fine agosto davanti ad una giuria presieduta da Martha Argerich, vincitrice a soli sedici anni dell’edizione 1957 del Concorso. Sarà qualcuno che ha partecipato alla finalissima del 2 settembre, riservata ai tre candidati più autorevoli e che ha appena vinto un pre-mio di 22.000 euro nonché, se decretato vincitore all’unanimità, un premio intitolato alla memoria di Arturo Benedetti Michelangeli dell’ammontare di 5.000 euro. Un artista cui si aprono le porte del concertismo internazionale grazie agli ingaggi prestigiosi legati al concorso.Sarà, inoltre, una pianista o una pianista che si esibirà in pubblico fregiandosi della qualifica di vincitore del “Busoni” per la prima volta, a pochi giorni dalla sua proclamazione.Ma che cosa significa “vincere il Busoni”? Lo sa bene Roberto Cominati, pianista napoletano che lo vinse nel 1993, primo italiano dopo 17 anni, che ricorda: “Avevo già vinto alcuni premi e altri ne ho vinti dopo, ma è stato il Busoni a cambiare la mia vita. Sapevo che si trattava di un evento straordinario e credo di aver realizzato solo qualche giorno dopo la finale di aver conquistato un titolo così ambito. La giuria del Busoni è celebre per essere molto esigente e non potrebbe essere altrimenti dal momento che assegna un premio così importante. Quando vinsi, eseguendo il Con-certo n.3 di Rachmaninov, in giuria sedevano, tra gli altri, Marcello Abbado, Boris Bloch e Sergio Perticaroli, che lo aveva vinto nel 1952. Suonare per loro era già sufficientemente emozionante; arrivare a una finale del genere, poi, era per me davvero sorprendente… ma mi ero impegnato duramente e tutto andò per il meglio, tanto che rimasi frastornato per qualche giorno e che ancora oggi non si sono spenti attorno a me gli echi di quella vittoria e il Premio Busoni continua a essere per me la parte più importante del mio curriculum, anche se ho successivamente scelto di dedicare la mia vita solo parzialmente alla carriera pianistica”.Roberto Cominati, nel 2011, è stato chiamato a far parte della giuria che ha selezionato i 27 finali-sti dell’edizione 2012 del Concorso e quindi conosce tutti i possibili candidati alla vittoria finale, quindi è inevitabile tentare di carpire qualche sua preferenza. Ma con il riserbo del giurato rispon-de: “La qualità del suono e della maturità tecnica e interpretativa è stata generalmente molto, molto alta: la cosiddetta “scuola russa” sarà ancora una volta protagonista della finale, con ben cinque canditati provenienti da quell’area, ma sono in lizza per il titolo anche numerosi coreani, alcuni cinesi, americani, un cubano, un croato e tre italiani. Spesso, però, sono giovani che studiano o si perfezionano anche lontano dalla loro terra d’origine, quindi è difficile attribuire loro un vero e proprio “marchio” di scuola. Non posso dire altro anche perché è trascorso un po’ di tempo da quando li ho ascoltati ma sicuramente hanno portato tutti una tecnica solidissima e forse non sarà questo l’aspetto che farà la differenza ma la capacità di comunicare che sapranno associare a essa. Si tratta di un premio che cambierà letteralmente la vita di chi lo vincerà e la selezionatissima giu-ria chiamata ad assegnarlo dovrà valutare la maturità complessiva degli interpreti che si candidano a essere protagonisti del concertismo del futuro”.

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SUONI ARCAICI PER UN’OPERA PER SEMPRE MODERNA di Vittorio Ghielmi

L’Arte della Fuga, estremo lascito bachiano, continua a stupire ascoltatori ed esecutori per il suo essere fuori dal tempo e dallo spazio. Ed è proprio questo lo spirito nel quale lavora Bach negli anni della tarda maturità, quando sembra estraniarsi dal mondo che lo circonda per dedicarsi a composizioni libere da ogni progetto pratico e sperimentare soluzioni contrappuntistiche. Ma la popolarità di quest’opera ineguagliabile deriva anche dall’alone di mistero e dalle ipotesi, anche piuttosto fantasiose, che su di essa si sono formulate. Ogni riflessione su di essa sembra non possa prescindere dal mito romantico (o “promozionale”) dell’opera incompiuta e dall’irrisolvibile dibattito sulla destinazione strumentale voluta da Bach, che non indica (sia sui manoscritti sia sulle edizioni a stampa) gli strumenti da utilizzare, secondo una prassi, peraltro, all’epoca abbastanza diffusa. Mio fratello Lorenzo, riconosciuto come uno dei massimi interpreti ed esperti di Bach, ha condotto approfonditi studi musicologici che offrono un’innovativa chiave di lettura sulla “incompiutezza” di questa Summa bachiana, come illustra di seguito. Per proporre la sua “soluzione” agli enigmi dell’opera abbiamo pensato a una strumentazione coerente con l’epoca di composizione, che mira a restituire al capolavoro teorico bachiano quegli aspetti di musica “eseguibile” e fruibile su tutti i livelli che rendono veramente grande questa partitura. Il piano Silbermann, fu l’unico “piano” posseduto da J.S.Bach, che contribuì anche al suo perfezionamento e che firmò addirittura un contratto d’intermediazione alla vendita dei pia-noforti prodotti da Gottfried Silbermann. Il colore di questo piano, reale ponte tra clavicembalo e pianoforte, porta una luce nuova sul contrappunto bachiano, anche se – va ricordato – Bach non scrisse mai per pianoforte, continuando a preferire il clavicembalo. Il quartetto di viole da gamba riconduce il capolavoro bachiano alle sue origini rinascimentali grazie alla sua sonorità “arcaica”, che illumina dei dettagli del fraseggio sottolineandone nel contempo le possibilità espressive con infinite variazione di colore. I contrappunti vengono per lo più eseguiti alternativamente da pianoforte (o clavicembalo) e quartetto di viole, creando un ritmo che sottolinea la macro-struttura dell’opera e conduce l’ascol-tatore per mano tenendo sempre viva l’attenzione. Abbiamo, quindi, affrontato la partitura assumendoci i rischi dell’astrazione, del gioco di labi-rinti. A noi piace dire che è un gioco intellettuale, come una partita a scacchi in cui si alternano le mosse del quartetto e del pianoforte. Suoniamo insieme il primo contrappunto come fosse una presentazione, poi il piano fa la sua prima mossa e il quartetto risponde con il suo gioco…. Una “partita a scacchi” che imprime nuova varietà e tensione all’opera, senza intaccarne l’unità.

IL DIFFICILE LAVORO DI “FALSARIO”di Lorenzo Ghielmi

Fino al XIX secolo un’opera d’arte incompiuta veniva per lo più completata da chi, discepolo o successore, prendeva il posto dell’artista. Alcune grandi realizzazioni, in particolare nel campo architettonico, erano addirittura opere di diverse generazioni che si succedevano, a volte alterando completamente il progetto del primo artefice: la categoria artistica dell’“incompiuto” era estranea a un’opera d’arte di valore. Con il Romanticismo le categorie dell’“ineffabile”, dell’“inesprimibi-le”, della “nostalgia dell’infinito” fecero sì che anche un’opera incompiuta guadagnasse un fasci-

no e un valore particolare. Nel mondo musicale, accanto alla celebre ottava Sinfonia di Schubert, un’altra opera assurse a emblema del capolavoro che mira alla perfezione ultima e per tale motivo “deve” rimanere incompiuto: “L’Arte della Fuga” di Johann Sebastian Bach. L’immagine di un Bach che muore mentre cerca di portare a termine la “summa” della sua arte contrappuntistica ben corrisponde all’idea romantica dell’artista che lotta contro la sorte per raggiungere l’eterna bellezza. Ma negli ultimi trent’anni gli studi hanno notevolmente cambiato le nostre conoscenze su quest’opera ed è tempo di abbandonare questa visione romantica che niente ha a che fare con la concezione estetica di Bach. Nelle righe seguenti cercherò di spiegare i motivi che mi hanno indotto a “completare” l’opera. Premetto subito: ho agito più da artigiano che da artista, più come un minuzioso investigatore in un romanzo giallo che come improbabile scrittore di fantascienza.Secondo Christoph Wolff, Johann Sebastian Bach iniziò ad elaborare la prima idea di una rac-colta di contrappunti sullo stesso tema, già verso il 1740. Gregory Butler vede nel “Volkommene Kappellmeister” di Johann Mattheson (1739) un probabile stimolo a questa impresa: le pagine dedicate alla fuga in questo trattato presentano le varie tipologie di fuga secondo un ordine che richiama lo schema che Bach adotterà per la sua raccolta. Un primo piano della serie di contrappunti, leggermente più breve della stesura definitiva, è rico-struibile grazie al manoscritto autografo, conservato oggi nella biblioteca di Berlino. Lo studio calligrafico ci permette di capire come la stesura di queste pagine non sia stata concentrata in un unico breve periodo, bensì abbia attraversato alcuni anni. L’idea di stampare “L’Arte della Fuga” nacque forse in Bach dalla sua adesione alla società Mitzler, un consesso di musicisti interessati alla teoria musicale e al contrappunto, per cui Bach aveva già pubblicato le Variazioni canoniche nel 1748. Bach prese parte attiva alla preparazione della stampa dell’”Arte della Fuga”, incidendo di persona molte delle lastre di rame; la malattia agli occhi, seguita da un’operazione chirurgica e quindi dalla morte, ne impedì, però, il completamento. Furono gli eredi, in primo luogo Carl Philipp Emanuel, e Johann Friederich Agricola che portarono a termine l’edizione, riordinando il materiale già pronto e dandolo alle stampe nel 1751.Non sappiamo se l’interesse di Carl Philipp Emanuel per questa musica era reale o si trattava più di un dovuto - quasi obbligato - omaggio all’ingombrante figura paterna (se non addirittura una constatazione di carattere economico: la maggior parte delle costose lastre di rame era già incisa e pronta alla stampa). Sta di fatto che gli editori neppure si accorsero di pubblicare due volte lo stesso brano, il Contrappunto X, una doppia fuga che unisce il tema dell’“Arte della Fuga” con un nuovo soggetto; Bach aveva composto una fuga con i due soggetti combinati e solo in seguito aveva aggiunto una prima parte, dove il nuovo soggetto “sussidiario” è esposto da solo. Fra i ma-noscritti lasciati dal musicista sulla sua scrivania vi erano probabilmente la fuga, nella versione definitiva pronta per la stampa, e il manoscritto della parte combinatoria, che erroneamente fu ripubblicato come una differente composizione.Nel 1983 Gregory Butler condusse un’indagine sulle copie a stampa originale conservate nelle varie biblioteche del mondo giungendo a un’interessante conclusione: l’ordine delle composi-zioni voluto da Bach era stato alterato dagli editori. Alcuni dei numeri di paginazione originari, sebbene erosi dalle lastre di rame, erano però decifrabili e permettevano di ricostruire l’ordine voluto dal compositore. Si giunse così a scoprire che il contrappunto XIV secondo le intenzioni di Bach non chiudeva l’opera bensì si collocava in penultima posizione seguito dai quattro canoni, disposti nel seguente ordine: canone all’ottava, alla decima, alla duodecima, in aumentazione.

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Cosa era avvenuto? Ai curatori dell’opera postuma si era presentato un grave problema: mancava la parte finale del contrappunto XIV. Così avevano deciso di muovere questo in fondo, di aggiun-gervi a sorta di completamento il corale “Wenn wir in hoechsten Noten”, una composizione che con ”L’Arte della Fuga” non ha molto a che vedere se non il grande uso degli artifici contrappun-tistici. Spostando il contrappunto XIV in penultima posizione, il vuoto lasciato nella paginazione originaria fu colmato anticipando di alcune pagine l’ultimo dei canoni, inserendo la versione “corta” del contrappunto X e la variante “per due Clav.” della seconda fuga a specchio. Il torso del contrappunto XIV che conclude la stampa, per assurdo non usa il tema principale de ”L’Arte della Fuga” ma solo tre nuovi soggetti, uno dei quali sulle note sib, la do, si (in tedesco B.A.C.H.): l’ultima parte, perduta, avrebbe dovuto presentare i quattro temi combinati, secondo più fonti sia a moto recto sia a moto contrario. È assai verosimile, oserei dire ovvio, che Bach prima di comporre le parti con i differenti soggetti si sia interessato della parte finale “combina-toria”, con procedere analogo a quello del Contrappunto X: la parte finale, o almeno uno schizzo quasi completo con le differenti combinazioni era già sulla carta al momento di aggiungere le parti precedenti. Che l’ultimo foglio del manoscritto arrivato fino a noi non dovesse essere continuato è già stato brillantemente notato da Christoph Wolff. I righi seguenti nella pagina in questione sono tracciati malamente: nell’intenzione dell’autore l’interruzione era semplicemente il rimando a un altro foglio dove vi era la musica in precedenza composta, foglio che purtroppo è andato perduto.Uno dei risultati più interessanti dell’indagine di Butler è di poter comprendere come la parte smarrita dovesse occupare una sola pagina della stampa, quindi – confrontando con la media delle misure contenute nelle pagine precedenti – non più di quaranta misure (di cui sette deducibili dal manoscritto e non presenti nella versione a stampa).Ecco dunque tutti i presupposti che mi hanno guidato in una ricostruzione: - il contrappunto XIV era probabilmente già stato terminato, se non “de facto” almeno concettual-mente e la parte finale era al massimo di quaranta misure;- il manoscritto conservato s’interrompe là dove inizia la combinazione dei quattro soggetti;- tutta l’opera è eseguibile alla tastiera da un interprete, ed è quindi necessario rimanere anche per quest’ultima parte, nonostante la complessità contrappuntistica nel contesto di una scrittura “tastieristica”; - i quattro soggetti devono comparire per moto recto e inverso;- dopo l’intensa sezione dedicata al soggetto sul nome di Bach, che cromaticamente raggiunge to-nalità lontane, mi sembra più convincente semplicemente affermare re minore e la sua dominante, senza quindi ulteriori toni relativi;- ogni voce, per quanto possibile, deve enunciare i quattro temi;- una fuga di dimensioni così estese necessita un pedale finale.Nella ricostruzione della parte mancante (30 battute) ho cercato il più possibile di non essere fan-tasioso o creativo ma semplicemente di “seguire gli indizi”, ricostruendo con cura “la scena del delitto”. Forse uniche piccole concessioni a elementi “di fantasia” sono l’inserimento - sul pedale finale - di una scala di sedicesimi quale ultimo gesto “virtuosistico” (simile alle cadenze che si ritrovano nei finali dei contrappunti VIII e X), come pure l’ulteriore citato del tema B.A.C.H., si-mile a una quale firma conclusiva (ad analogia di quello che avviene nelle variazioni canoniche): anche in un quadro falso bisogna saper imitare l’autografo del pittore, fa parte dell’opera difficile del falsario…

Martedì 13 settembre 2011

EUROPA ERRANTE

ORCHESTRA D’ARCHI ITALIANA

MARIO BRUNELLO, violoncello e direttore

Improvvisazione Odusia

Manuel De Falla Polo(1876-1946) Nana

Ana Sokolovic Vez (1968)

Canto tradizionale turco 11’LI

Anonimo Canti armeni per violoncello solo(trascr. di Mario Brunello) IHovernenkan(Soffianoiventi) II Tchatchané (Danza popolare) III Kali yerg (Canzone dei contadini) IV Havun-havun (preghiera di Gregorio di Naek, sec. X)

Giovanni Sollima Spasimo(1962) De Harmonia Peste Raffaello: il naufragio Porta dei Greci De Harmonia Via Dolorosa

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IN VIAGGIO OLTRE I CONFINIdi Mario Brunello

Odusia, traduzione latina di Odissea, è il titolo di una mia recente incisione, un immaginario viaggio musicale nella cultura più remota e profonda del Mediterraneo. Un viaggio durante il quale si possono scoprire sonorità ed emozioni, ritmi colorati e ferite profonde, silenzi e con-trasti…Per raccontare l’Europa Errante penso quindi di dover cominciare proprio da lì. Da un’im-provvisazione che da quel viaggio senza meta prende spunto, perché come tutti i viaggi deve prepararci anche alle incognite, alle sorprese, ad accogliere le persone, le cose e le storie che nel corso di un viaggio s’incontrano…Da Le Siete canciones populare españolas che Manuel de Falla ha raccolto nel 1914 nella sua Op. 40, la trascrizione per violoncello e archi di Polo e Nana. La prima è una lenta danza cantata andalusa, che sembra trasformarsi in pianto nel suo testo originale, che parla di un amore infelice. Nana è una ninna nanna andalusa che sembra essere stata portata in Spagna dagli zingari dall’India e che De Falla confidò di ricordare cantata da sua madre, quando lui non era ancora abbastanza grande per pensare: un patrimonio culturale diventato memoria familiare, una tradizione collettiva che si trasforma in ricordo personale. E forse anche questo è un altro “viaggio”…Particolarmente significativo è eseguire a San Gottardo questa musica, vicino alla casa di Gian Francesco Malipiero che di De Falla fu lungamente amico (tanto da ricevere in regalo una delle prime copie delle Siete canciones). Ed è proprio Malipiero a consegnarci - in un suo saggio intitolato “Manuel De Falla e la musica spagnola” - dei passi di un’intervista rilascia-ta dallo stesso De Falla al giornale parigino Excelsior che descrivono come il compositore si sia impegnato in una sua personale e profonda Odusia. “Gli elementi essenziali della musica, le sorgenti d’ispirazione si trovano nelle nazioni, nei popoli. Sono contrario alla musica che prende come base autentici documenti folkloristici. Viceversa mi pare che le sonorità, i ritmi, si debbano ricercare alle sorgenti naturali, non per quello che offrono di esteriore (…) ”.Alla citazione di De Falla segue, nel programma, Vez, lavoro contemporaneo per violoncello solo, scritto nel 2005 dalla compositrice serba Ana Sokolovic. Nel 1992 Sokolovic aveva 24 anni, era una giovane e brillante compositrice di Belgrado e aveva un obiettivo ben preciso: andare via, lontano dal suo martoriato Paese. Così si è trasfe-rita in Canada, dove oggi è un’artista molto affermata, dallo stile eclettico e personalissimo. Nella sua lingua-madre Vez significa ricamo, cucito. E di tanti piccoli “ricami” è composta questa partitura ispirata alla musica tradizionale balcanica, costruita su ritmi irregolari e note ripetute, nella quale l’autrice impone una puntigliosa ricerca timbrica di grande impatto evo-cativo. E’ musica che ci ricorda la ferita, profonda e ancora molto evidente, di un popolo composito o di molti popoli che dir si voglia… Di tante storie interrotte o stravolte da una guerra ancora tutta da capire, a pochi passi da casa nostra.Il violoncellista turco Uğur Işik ha arrangiato per violoncello una serie di canti popolari tra-dizionali anatolici che nel loro tramandarsi rischiavano, se non di disperdersi, sicuramente di continuare quella continua modificazione inevitabile in tutto quello che non viene fissato su carta. Ha messo così a disposizione di esecutori e ascoltatori alcune autentiche rarità come

11’Li, che ha arrangiato per due violoncelli e percussioni: in questo nostro viaggio sonoro possiamo così apprezzare i raffinati arabeschi di una cultura che non può propriamente dirsi europea, ma nelle radici della quale è facile per un europeo riconoscersi, così com’è facile ritrovare declinazioni già conosciute, grazie a contaminazioni di vecchia, vecchissima data.Il viaggio prosegue verso est e giunge in Armenia, nascosta agli occhi (e alle orecchie) dell’Occidente per almeno mezzo secolo, se non addirittura dai tempi della Rivoluzione Rus-sa e della nascita della Repubblica Turca secolare. L’Armenia, culla della civiltà cristiana, che segna il confine tra Europa e Asia e che per questo vanta una cultura frutto di antico cosmo-politismo, la musica è divenuto strumento di conservazione dell’identità di un popolo ripetu-tamente angariato.Lì, alla fine dell’Ottocento, nacque Soghomon Soghomonyan, meglio noto come Komitas (1869-1935), artista oggi quasi sconosciuto ma autentica icona della cultura armena, che fin da giovanissimo s’impegnò nella raccolta e trascrizione della musica popolare del suo paese e che divenne in seguito compositore e musicologo notissimo in Europa (tanto da guadagnar-si anche l’ammirazione di Debussy). Testimone del genocidio turco in Armenia del 1915-1917, arrestato e deportato, quello che oggi considerato il padre della musica armena moder-na sprofondò nella malattia che lo portò al rifiuto della musica. Una storia umana e artistica notevolmente emblematica, che mi piace ricordare in questo viaggio attraverso alcuni antichi canti armeni da lui raccolti con appassionata dedizione girovagando di villaggio in villaggio e da me adattati per violoncello: melodie che descrivono paesaggi e tradizioni, feste popolari e sentimenti religiosi, ma anche e soprattutto una cultura forte della propria storia, capace di sopravvivere a questa. Dopo aver simbolicamente varcato numerosi confini affacciati sul Mediterraneo, andiamo nel cuore di questo mare, Palermo, vera e propria calamita in mezzo al Mediterraneo che da sem-pre attira genti lontane. La musica del violoncellista e compositore palermitano Giovanni Sollima accoglie in un abbraccio suoni e culture provenienti da diverse rive del Mediterraneo, rielaborandole nella sua opera Spasimo, per violoncello e orchestra d’archi.Spasimo è il nome di una vecchia chiesa a Palermo, uno dei monumenti più belli della città: una chiesa che nel corso del tempo ha dovuto cambiare molte volte la sua identità: teatro, lazzaretto, albergo dei poveri, ospedale, sifilicomio. I bombardamenti e l’oblio ne hanno fatto una discarica con schegge di palazzi, lapidi, liriche pietre crollate e sparpagliate lungo lo spazio, a cielo aperto. Al termine di un lungo restauro, nel 1995, Spasimo fu riaperta e consegnata alla città e Solli-ma fu incaricato dal Teatro Massimo di Palermo di descrivere la storia del sito con una com-posizione. Ne è nato un autentico concentrato di emozioni in forma di sei brani provenienti dall’altra parte del mare. Nulla di inventato, ma solo riscoperto e reso espressivo, si può dire messo in carica come una batteria, che esplode nell’esecuzione per quanta energia riesce a mettere in circolazione. Un canto solitario, come di un muezzin, apre De Harmonia, dando il via a una sfida di virtuosismo tra percussioni e violoncello. Segue poi La peste: una scena convulsa e disperata, un ritmo incalzante e irresistibile di grande coinvolgimento emotivo.Raffaello, il Naufragio ricorda l’originaria presenza di un dipinto di Raffaello nella chiesa: una nenia triste e dolce, si culla sul suono delle onde del mare, prodotto da un incredibile strumento, l’ocean drum, un tamburo su cui si fanno rotolare pallini di piombo. Poco a poco

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Venerdì 16 settembre 2011

EUROPA ROMANTICA

NATASHA KORSAKOVA, violino

MANRICO PADOVANI, violino

BRUNO GIURANNA, viola

WOLFGANG WÖLFER, viola

WALTER VESTIDELLO, violoncello

LUCA FRANZETTI, violoncello

Johannes Brahms Sestetto n.1, Op. 18(1833-1897) Allegro ma non troppo Andante, ma moderato Scherzo. Allegro molto - Trio. Animato Rondo. Poco allegretto e grazioso

*** ***

Pëtr Il’ič Čajkovskij “Souvenir de Florence”, Op. 70(1840-1893) Allegro con spirito Adagio cantabile e con moto Allegretto moderato Allegro vivace

la melodia si carica di tensione e le armonie degli archi, assieme alle onde del mare, la sovra-stano, inghiottendola. Il risveglio avviene con un colpo improvviso di tamburello che annun-cia la Porta dei greci, la porta che si attraversa per entrare nel quartiere della Kalsa, dove si è subito immersi nei ritmi di danze scatenate. Per finire, un ricordo della Peste, questa volta in versione “rockettara”...Si conclude così questo viaggio di suoni e storie che ci pone in ascolto di confronti, incroci, mescolanze, ibridazioni. Che ci ricorda che l’identità non può essere definita in modo chiuso, ma solo con un processo di dialogo. “Io sono perché c’è un Altro che mi definisce”.

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QUELL’INTENSO REGALO PER CLARAdi Bruno Giuranna

Ad Asolo sono di casa, questo è risaputo. E non solo perché mi sono innamorato di questa città molti anni fa (proprio “per colpa” degli Incontri Asolani) tanto da prendervi casa, ma anche e soprattutto perché lo spirito di “incontro” che si respira in questo festival è per me beneficamente familiare. Qui ho suonato con colleghi celeberrimi e con giovani esordienti; ho proposto musiche molto note e opere relativamente sconosciute; sono stato solista ed anche parte di gruppi di diverso organico… Qui “ho fatto musica” come piace a me, con l’entusiasmo che ogni “incontro” con autori ed artisti regala, con i benefici di un’accoglienza sempre calda e affettuosa. Ho quindi colto subito e con vivo piacere l’invito rivoltomi da Natasha Korsakova di co-stituire un sestetto per proporre queste due opere che onorano una formazione abbastanza inusuale, che impegna gli esecutori in maniera molto diversa rispetto al quartetto e che offre agli ascoltatori impasti sonori davvero unici.Delego a Natasha, per nascita, per cultura ma anche per sua personale passione, il compito di illustrare al pubblico asolano il Souvenir de Florence e passo quindi ad illustrare il primo Sestetto di Brahms che apre il programma, un autentico caposaldo della musica da camera assieme al secondo sestetto, composto quattro anni dopo. Il Sestetto in si bemolle maggiore op. 18 nacque tra il 1859 e il 1860 ad Amburgo e Detmold: a quel tempo il ventisettenne Brahms aveva al suo attivo soltanto poche pagine per lo più pia-nistiche che avevano già conquistato la stima incondizionata di Robert Schumann. Il tentativo fallito di dedicarsi alla forma sinfonica (poi trasformato nel Primo Concerto per pianoforte e orchestra op. 15), aveva spinto l’ipercritico autore verso una serie di composizioni da camera e orchestrali (le due Serenate op. 11 e op. 16) che gli consentirono di dilatare i confini e le dimensioni della sua musica strumentale. Prima di Brahms, la formazione del sestetto d’archi (due violini, due viole e due violoncel-li) non aveva alle spalle una vera e propria tradizione (a parte Luigi Boccherini, solo Luigi Spohr, nel 1850, si era cimentato con questo organico) e offriva possibilità di combinazioni ricche e impegnative in un ambito in cui, proprio per la mancanza di “precedenti”, era possi-bile muoversi con relativa libertà.Infatti, l’aggiunta di una seconda viola e di un secondo violoncello al “quartetto” classico sposta il suono dell’ensemble verso il basso e rende meno importante l’uguaglianza tra gli strumenti, principio fondamentale della scrittura per quartetto. Anche il primo violino perde quel ruolo di guida principale tipica del quartetto, come indica anche il fatto che i temi prin-cipali di quest’opera sono introdotti dalla viola o dal violoncello e che spesso le melodie del primo violino sono raddoppiate all’ottava dagli strumenti più gravi. Il maggior peso sonoro delle voci basse rende necessaria anche una particolare attenzione per controbilanciare il divario e Brahms alleggerisce, così, il più possibile l’intreccio delle voci sfruttando ogni espediente della tecnica degli strumenti ad arco. Ne consegue un lavoro con tutte le carat-teristiche del linguaggio della musica da camera, ma con uno stile che simile a quello della musica sinfonica.Il tre temi dell’ Allegro ma non troppo iniziale, che si presenta con una meravigliosa evoca-trice del violoncello, si coordinano e si integrano l’uno nell’altro dando al discorso una piana

fluidità di sviluppi che disegnano orizzonti ampi e sereni. L’Andante, ma moderato ricorre a una forma musicale elementare e molto amata da Brahms, il tema con variazioni. Il solido tema proposto dalla prima viola con progressiva espansione degli intervalli e poi ribadito dal primo violino con chiara intensificazione espressiva, coglie l’ascoltatore come un vortice di sentimenti e passioni. Tanto che in un vecchio film intito-lato “Les amants”, il regista Louis Malle sceglie proprio questo movimento del Sestetto per accompagnare le immagini di un idillio amoroso in un’incantevole campagna illuminata dal chiaro di luna. Ma il fatto che Brahms lo trascrisse per pianoforte inviandone la partitura a Clara Schumann come regalo di compleanno, rivela meglio ancora le segrete ed appassionate corrispondenze della musica.I critici riconoscono un carattere beethoveniano al breve Scherzo, ma bisogna allora pensare al Beethoven più lieto, grandiosamente burlesco, senza cipiglio corrucciato. nelle elaborate simmetrie del Rondò finale – poco allegretto e grazioso – fa capolino un briciolo di pedan-teria; quella tenacia con cui Brahms si attaccava ad un tema, sbriciolandolo e triturandolo infaticabilmente; il Poco Allegretto e grazioso finale è una vivace forma di rondò e comunica una solarità di stampo classico ancora maggiore, concludendo in maniera energica, di grande impatto e felice comunicativa. Ma l’elemento di maggior fascino di quest’opera è dato dalla strumentazione, che privilegia i colori degli archi gravi (Brahms affida spesso alla viola i grandi temi, in questa come in altre composizioni) e crea associazioni timbriche di grande suggestione, originali nel trattamento dei registri e delle loro combinazioni. A ciò va aggiunto una particolare felicità nell’inven-zione dei temi, e prima ancora dei motivi su cui essi sono costruiti. Ho eseguita quest’opera molte volte e continuo a considerarla un’autentica miniera di idee e di sapienza assoluta nel riproporre gli stessi temi con accorgimenti di tecnica compositiva che assumono una straordi-naria valenza estetica, con la gioiosa estroversione di un giovane e sapiente compositore che ha già raggiunto una grande maturità.

UN SOUVENIR CARICO DI ROMANTICISMO EUROPEO E COLORE RUSSOdi Natasha Korsakova

Tornare ad Asolo, per me, è sempre un piacere, un’emozione. E questa volta sono partico-larmente felice di tornarci con una formazione di grandi musicisti, primo tra tutti il maestro Giuranna, cui mi lega una fortissima ammirazione.Ed è con grande gioia che ci torno per suonare il Sestetto di Čajkovskij, che ho avuto occa-sione di suonare a Roma alcuni anni fa e che mi ha regalato grande stupore ed emozioni che spero di riuscire a trasmettere al pubblico asolano. Ma sono ancora più felice di suonare questa pagine mirabile in un programma intitolato al ro-manticismo europeo. Perché se è naturale legare Brahms al romanticismo europeo (pur se lui stesso non accettava questa etichetta), meno comune è guardare alla musica dei compositori russi come ad opere “europee”. Ma molti musicisti russi hanno viaggiato molto e tratto ispi-razioni dai diversi paesi europei, grazie anche agli incontri con colleghi e culture che hanno contribuito ad allargare i loro orizzonti ed esperienze. Le opere romantiche dei compositori russi sono, però, sempre singolari e riescono ad intrecciare il lato più gioioso del romantici-

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GLI ARTISTI

smo con la malinconia intesa però, con spirito russo, ossia come l’esaltazione della sensibilità come migliore caratteristica dell’animo umanoČajkovskij ha scritto Souvenir de Florence tra il 24 giugno e il 6 agosto 1890, a Frolovskoe (Russia), elaborando quanto ispiratogli da un recente soggiorno a Firenze. “Spero le piacerà sapere – scrive alla sua finanziatrice e confidente Nadežda von Meck – che, oltre alla Dama di Picche, ho composto una partitura per archi (…) Troverà, intessuta nelle note, la remine-scenza della grande passione per “la bella Firenze”, anche se non ho impiegato alcun motivo italiano o toscano ma ho solo trasferito su carta il senso del canto che il nome di questa città di sogno risveglia sempre in me”. Il questo Sestetto è anzitutto mirabile il contrasto di questa straordinaria pagina con la coeta-nea opera teatrale, contrasto tipico del grande autore che riesce a dar voce, quasi contempo-raneamente, ai richiami dell’abisso come a quelli della vaghezza.Realmente, di “fiorentino” questo Souvenir non ha quasi nulla al di fuori della solarità dei temi e dell’espansività del loro trattamento; da quest’ultimo non è escluso, peraltro, uno sguardo sul paesaggio del contrappunto tedesco. Quello che più mi affascina e mi sorprende è il primo accordo del primo movimento, Allegro con spirito: un accordo di settima… e non conosco nessun altro brano di musica classica che cominci con un accordo così deciso, che annuncia subito la grande energia, quasi la violenza del primo movimento, che rimane tuttavia al contempo molto melodico. Il secondo movimento, Adagio cantabile e con moto, è introdotto da accordi sonori che por-tano ad un tema dolcissimo affidato al primo violino sull’accompagnamento pizzicato degli astri strumenti, prevede una serie di rapidi accordi veloci in terzine che chiede agli interpeti di suonare “pppp”, ossia con un volume di appena percettibile, praticamente in suonabile, usando l’arco il più leggermente possibile.Il terzo e i quarto movimento furono rivisti tra il 1891 e il 1892: il compositore fu molto deluso della sua opera dopo averla ascoltata per la prima volta in concerto. Sappiamo solo che anche quelli originali, come quelli attuali, erano ispirati dal folklore russo. Il terzo movi-mento, Allegretto moderato, infatti, evoca paesaggi di colore tipicamente russo, con un trio di tempo così marcato da far presentire i passi di danza del prossimo Schiaccianoci. Il finale, Allegro vivace, ci conclude con una fuga che intreccia con grande naturalezza le sei voci in un’autentica esplosione di fuoco e passione musicale. In tutta la composizione si può cogliere anche una sorta di procedimento brahmsiano nel frequente uso del secondo violino e delle viole in passaggi meramente armonici, che produ-cono una trama di grande interiorità. Ma tutti e sei gli esecutori sono chiamati ad una prova solistica perché devono porre grande attenzione all’indipendenza delle loro parti ma anche alla grande omogeneità dell’insieme, affrontando grandi difficoltà tecniche e proponendo una vasta gamma di caratteri e colori. Mentre compone quest’opera Čajkovskij scrive al fratello Anatolij: “Ho cominciato a scrivere il sestetto e la composizione per ora procede con molta difficoltà; questa forma d’espressione completamente nuova mi crea dei problemi; mi sembra sempre che non ci siano veramente sei voci, ma di comporre, in realtà, per orchestra e di fare soltanto una riduzione per sei stru-menti ad arco…”.Riflessione dell’autore che come esecutori non solo dobbiamo tenere sem-pre presente, ma che non possiamo fare a meno di considerare ad ogni passo perché proprio perfettamente calzante sia con lo spirito sia con la tecnica di questa pagina straordinaria.

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FAHMI ALQHAINato a Siviglia, in Spagna, nel 1976 da padre siriano e madre palestinese, ha vissuto i suoi primi undici anni di vita in Siria, dove ha iniziato giovanissimo gli studi musicali. In seguito ha studiato in Spagna come autodidatta fino a quando è entrato nel Conservatorio Manuel Castillo a Siviglia per studiare viola da gamba con Ventura Rico. Ha continuato i suoi studi nella Schola Cantorum Basiliensis con Paolo Pandolfo e nel Conservatorio della Svizze-ra Italiana con Vittorio Ghielmi. Contemporaneamente, si è laureato in Odontoatria presso l’Università di Siviglia.Da alcuni anni è richiesto dai più importanti gruppi di musica antica, sia nazionale sia interna-zionale. La sua carriera l’ha portato a collaborare con: Hesperion XXI, Il Suonar Parlante, Or-phenica Lyra come membro fondatore e molti altri, con i quali suona regolarmente in tutta Eu-ropa, Giappone, USA e America Latina. Come solista ha suonato con orchestre come Ensemble Vocal de Lausanne, Sinfónica de Galicia o Orquesta Barroca de Sevilla. Oltre ad occuparsi di musica antica, ha lavorato come solista in spettacoli di flamenco della Biennale di Flamenco di Siviglia, e compie anche incursioni nel campo della musica contemporanea e jazz.

MARIO BRUNELLONel 1986 è il primo artista italiano a vincere il Concorso Čaikovskij di Mosca che lo proiet-ta sulla scena internazionale. Viene invitato dalle più prestigiose orchestre, tra le quali cui London Philharmonic, Royal Philharmonic, Munich Philharmonic, Philadelphia Orchestra, Mahler Chamber Orchestra, Orchestre National de France, NHK Symphony di Tokyo, Fi-larmonica della Scala, Accademia di Santa Cecilia; lavora con direttori quali Valery Gergiev, Zubin Mehta, Riccardo Muti, Yuri Temirkanov, Riccardo Chailly, Ton Koopman, Seiji Ozawa, Daniele Gatti, Myung-Whun Chung e Claudio Abbado.Brunello si presenta sempre più di frequente nella doppia veste di direttore e solista dal 1994, anno di fondazione dell’Orchestra d’Archi Italiana, con la quale ha un’intensa attività sia in Italia sia all’estero. Nell’ambito della musica da camera Brunello collabora con celebri artisti, tra i quali Gidon Kremer, Martha Argerich, Frank Peter Zimmermann, Yuri Bashmet, Mauri-zio Pollini, Andrea Lucchesini, Valery Afanassiev e i Quartetti Borodin e Alban Berg. Nella sua vita artistica Brunello riserva ampio spazio ai progetti che coinvolgono forme d’arte diverse (letteratura, filosofia, scienza, teatro), integrandoli con il suo repertorio tradizionale. Interagisce con attori e musicisti di altra estrazione culturale, quali Uri Caine, Paolo Fresu, Marco Paolini, Gianmaria Testa, Margherita Hack, Moni Ovadia e Vinicio Capossela. At-traverso nuovi canali di comunicazione Brunello cerca di avvicinare il pubblico a un’idea diversa e multiforme di fare musica, creando spettacoli interattivi, che in gran parte nascono nello spazio alternativo di Antiruggine, un’ex-officina ristrutturata, luogo ideale per la speri-mentazione. Tra i suoi spettacoli di maggior successo “Pensavo fosse Bach” è una creazione multimediale di musica, luci e video-immagini dedicata alle Suites di Bach, di cui Brunello è oggi considerato uno dei massimi interpreti.I diversi generi artistici sperimentati da Brunello si riflettono nell’ampia discografia che in-clude opere di Vivaldi, Bach, Beethoven, Brahms, Schubert, Franck, Haydn, Chopin, Scelsi, Janáček, etc. Nel 2008 Deutsche Grammophon ha pubblicato un CD con il Triplo Concerto di Beethoven diretto da Claudio Abbado, mentre l’etichetta EGEA Records ha dedicato all’arti-

sta una collana intitolata “Brunello Series” composta da vari Cd: “Odusia”, odissea musicale nella cultura del Mediterraneo, “Brunello and Vivaldi”, “Violoncello and” per violoncello solo, “Schubert e Lekeu” con Andrea Lucchesini e le Suites di Bach. Quest’ultime hanno riscosso un grande successo sia di pubblico sia di critica, ricevendo il Premio della Critica 2010. La prossima uscita riguarderà un’incisione live del Concerto per violoncello e orchestra di Nino Rota, realizzata a Tokyo, con Mario Brunello nel doppio ruolo di direttore e solista. Tra i principali impegni di Mario Brunello per la stagione concertistica 2010-11 figurano con-certi con la London Symphony Orchestra a Londra, con l’Orchestra del Teatro alla Scala di Milano, con la San Francisco Symphony. Terrà recital a Roma, Vienna, Bregenz, Milano, Tok-yo, al Klavier Festival Ruhr ed eseguirà le Suites di Bach in varie città europee. Nell’ottobre 2010 ha eseguito al Concertgebouw di Amsterdam la prima esecuzione europea del Concerto n. 2 di Rautavaara diretto da John Storgards. Mario Brunello ha studiato con Adriano Vendramelli, perfezionandosi in seguito con Antonio Janigro. È direttore musicale del festival “Artesella arte e natura” e direttore artistico del Pre-mio Borciani e del Festival del Quartetto di Reggio Emilia. È stato nominato Accademico di Santa Cecilia. Suona un prezioso violoncello Maggini del 1600, appartenuto a Franco Rossi.

NICOLA BUSO Diplomato in pianoforte presso il Conservatorio di Trieste e in musica elettronica a Venezia, dove si laurea in Filosofia; ottiene il dottorato in Musicologia presso l’Università di Udine, con cui tuttora collabora. Insegna Musica Elettronica presso il Conservatorio “G.Tartini” di Trieste.

FRANCESCA CESCONNata a Calcutta nel 1979, ha studiato flauto traverso con Enzo Caroli conseguendo il diplo-ma presso il Conservatorio “B. Marcello” di Venezia nel 1999. Nel corso dei suoi studi si perfeziona con M. Larrieu, C. Klemm, J. Wion, M. Ancillotti e R. Trevisani. Ha conseguito il diploma presso l’Accademia flautistica di Imola sotto la guida di Glauco Cambursano. Da alcuni anni svolge attività concertistica sia come solista sia in formazioni cameristiche e ha conseguito premi in concorsi nazionali e internazionali.Avvicinatasi alla musica contemporanea, nel settembre 2002 ha partecipato al Corso di per-fezionamento sulla musica contemporanea tenuto da Roberto Fabbriciani e organizzato dal “Gruppo Aperto Musica Oggi GAMO” di Firenze. Ha frequentato il corso biennale di esecu-zione contemporanea sotto la guida di Annamaria Morini presso il Conservatorio di Bologna “G.B. Tartini” dal 2002 al 2004. Collabora con numerosi compositori e le sono stati dedicati numerosi brani tra cui …Della Rosa e del vento… del compositore bresciano Mauro Montal-betti, pezzo questo edito da RaiTrade.Ha conseguito, nel marzo 2003, la Laurea in Lettere con la tesi “Das Atmende Klarsein di Luigi Nono. Indagine analitica e filologica sulla prima esperienza di Luigi Nono con il Live Eletronics” e nel marzo 2007 la Laurea Specialistica in Musicologia e Beni Musicali con un lavoro intitolato: “Nono e Dalla Piccola, rispecchiamenti”. Nell’agosto 2003 come membro del “Quartetto Aulos” formato da Roberto Fabbriciani, ha eseguito in prima assoluta musiche del compositore Carlo Denti.

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Nel marzo 2004 ha suonato con l’Ensemble Venezia nella Wiener Saal del Mozarteum di Salisburgo in occasione dello scambio internazionale tra questo Istituto e il Conservatorio “B. Marcello” di Venezia e nell’aprile 2004 ha eseguito alcune composizioni finaliste del Concorso Internazionale di Composizione “Women Composers” presso la fondazione Giorgio Cini di Venezia. Nell’ottobre 2004 ha partecipato al concerto “Nuove musiche d’Europa” in occasione dell’inaugurazione della Sala Rossi presso il Teatro La Fenice di Venezia e nel 2005 e 2009 ha suonato come solista con l’Orchestra dello stesso Teatro.È stata primo flauto nell’Orchestra Regionale dei Conservatori del Veneto sotto la guida di Donato Renzetti. Ha completato col massimo dei voti, presso il Conservatorio “B. Marcello” di Venezia, il Biennio di II livello sotto la guida di Federica Lotti e nel marzo 2010, sempre con il massimo dei voti, il Biennio di II livello in musica da camera con Luisa Messinis. Dall’ottobre 2010 segue a Lugano il Master of Advanced Studies in Contemporary Music presso il Conservatorio superiore della Svizzera Italiana. Dal 2007 è membro stabile dell’Ensemble L’Arsenale diretta da Filippo Perocco con la quale svolge intensa attività concertistica, alternando al flauto anche l’ottavino, il flauto in sol e il flauto basso. Ha partecipato con questo gruppo alla Biennale Musica nel 2009 e 2010. In quest’ultima edizione ha eseguito Diario Polacco n.2 di Luigi Nono e ha collaborato con i Neue Vocalsolisten Stuttgart per Aventures di Gyorgy Ligeti, esecuzione questa trasmessa dai Rai3 per la Radio Televisione Italiana.

CRISTIANO CONTADIN Diplomatosi prima in pianoforte e in seguito in viola da gamba, ha iniziato a collaborare da subito con gruppi italiani e stranieri specialisti nella prassi esecutiva antica, tra cui Accademia Bizantina, Il Giardino Armonico, Accademia Strumentale Italiana, Accademia Dià ∙ Pasón, Ensemble Elyma, Orchestra Filarmonica del Teatro alla Scala di Milano, Capella Ducale Ve-netia, Quartetto Italiano di Viole da Gamba, Orchestra del Teatro Comunale di Bologna, Radio Svizzera Italiana, I Barocchisti, Ensemble il Suonar Parlante e musicisti tra i quali U.Caine, D.Fasolis, K. Wheeler, E.Onofri, O.Dantone, G.Garrido, A.L.King, R.Clemencic, J.Tubery, L.Ghielmi, G.Banditelli, R.Invernizzi, A.Rasi, F.M.Bressan, G.Türk, S.Montanari, V.Ghielmi, G.Laurens, C. Hogwood, S. Kuijken... con i quali ha ricevuto riconoscimenti in ambito nazio-nale e internazionale.Il CD “Full of colour” con il consort di viole da gamba dell’Ensemble Il Suonar Parlante ha recentemente ottenuto tre importanti premi: il Diapason d’Or e Le choc de la Musique, Preis des deuthschen schallplatten come miglior disco pubblicato nel marzo 2006.Oltre al consueto repertorio violistico approfondisce la musica contemporanea sia come soli-sta sia con l’Ensemble il Suonar Parlante eseguendo partiture scritte da famosi jazzisti e com-positori quali Kenny Wheeler, Uri Caine, Don Byron, Vanni Moretto, Francesco Hoch, Ernst Reijseger, Markus Stockausen… Ha effettuato registrazioni per l’etichetta Winter & Winter, Universal (Deutsche Grammophon) EMI Classic, Brilliant, Glossa, K617, Tactus, Stradiva-rius, Bongiovanni, Naxos, Capriccio, RAI, ORT (Austria), RTSI, ORF (Austria), RNB (Bel-gio), WDR (Germania), Radio Polka (Polonia).Ha curato la traduzione italiana di The early history of the viol di I.Woodfield edito da EDT, Torino e per la casa editrice Musedita è il Direttore artistico della collana dedicata alla Viola

da gamba - La voce dell’Ambasciatore. È docente di Viola da gamba presso il Conservatorio “B.Marcello” di Venezia e agli Incontri Internazionali di Nervi, Urbino Sacile e Gabicce. Suona una viola da gamba basso veneziana della prima metà del Settecento.

LUCA FRANZETTIHa cominciato a studiare violoncello molto tardi, all’età di 17 anni dopo aver compiuto spo-radici studi musicali di pianoforte e violino. A vent’anni però comincia subito a lavorare in piccole orchestre e a ventiquattro si diploma al Consevatorio di Milano. Comincia, già dall’anno prima del diploma a lavorare nell’orchestra Verdi e in altre realtà italiane facendo sempre in avanti un passo alla volta.Dopo varie esperienze in giro per l’Italia riapproda all’orchestra Verdi nell’era di Riccardo Chailly, diventandone il primo violoncello e suonando spesso come solista.Parallelamente collabora come primo violoncello con la Scottish Chamber Orchestra di Edim-burgo, la Royal Philharmonic of Flanders di Anversa e l’Operanorth di Leeds.Nel 2004 viene chiamato da Claudio Abbado a far parte della sua nuova “Orchestra Mo-zart” e, nel 2008, dell’Orchestra del Festival di Lucerna, dove convergono i migliori musicisti d’Europa provenienti da Berliner Philharmoniker, Wiener Philharmoniker Conzertgebow di Amsterdam Gewandhaus di Lipsia insieme a solisti quali Natalia Gutman, Mario Brunello, Wolfram Christ, Kolia Blacher Alessio Allegrini.L’esperienza e l’amicizia con Claudio Abbado si rivelano fondamentali, dalla musica da ca-mera con musicisti di questo calibro, fino al 2009, quando viene invitato in Venezuela a parte-cipare al famoso Sistema di Jose Antonio Abreu insieme a Claudio Abbado. In questo luogo la vita e la visione del mondo e della musica vengono rivoluzionate totalmente.La musica come riscatto sociale, medicina per tutti i mali, economici, politici, spirituali dell’uomo, un buon affare sotto tutti i punti di vista.In Venezuela suona come solista il concerto di Schumann con la Simon Bolivar Orchestra di Gustavo Dudamel diretta da Diego Matheuz (erede di Claudio Abbado).Successivamente partecipa al progetto di Alessio Allegrini, “Musicians for human rights” suonando anche come solista, realizzando attraverso la musica dei progetti sociali, come il concerto per la raccolta fondi a Lucerna per l’informatizzazione di ospedali in Kenia.In Settembre suonerà da solista con la “HumanRights Orchestra in Japan” in Giappone nell’Osaka Symphony Hall, dopo aver tenuto masterclass sulla musica e i diritti umani. A dicembre suonerà il concerto in Do Maggiore di Haydn al festival di musica barocca di Ra-mallah, insegnando musica ai bambini palestinesi e offrendo loro così un’alternativa a una vita di strada in continua guerriglia e sassaiole. Luca Franzetti crede veramente nella musica come un rimedio universale, e nella missione del musicista che contribuisca a lenire le paure dell’uomo.

LORENZO GHIELMI Si dedica da anni allo studio e all’esecuzione della musica rinascimentale e barocca. Tiene concerti in tutta Europa, in Giappone e negli Stati Uniti, e numerose sono le sue registrazioni radiofoniche e discografiche (Winter & Winter, Passacaille, Harmonia mundi, Teldec). Le

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sue registrazioni di Bruhns e di Bach sono state premiate in Francia con il “Diapason d’or”. Ha pubblicato un libro su Nicolaus Bruhns e studi sull’arte organaria del XVI e XVII secolo e sull’interpretazione delle opere di Bach. Insegna organo, clavicembalo e musica d’insieme presso l’Accademia Internazionale della Musica di Milano, Istituto di Musica Antica e dal 2006 gli è stata affidata la cattedra di organo presso la Schola Cantorum di Basilea. È organi-sta titolare dell’organo Ahrend della Basilica milanese di San Simpliciano dove ha eseguito l’opera omnia per organo di J.S. Bach.Fa parte della giuria di concorsi organistici internazionali (Tolosa, Chartres, Tokyo, Bruges, Friburgo, Maastricht, Losanna, Norimberga) e tiene conferenze e corsi di specializzazione per numerose istituzioni musicali (Accademia di Haarlem, Mozarteum di Salisburgo, Conserva-toire National Supérieur de Musique di Parigi, Hochschule für Musik di Lubecca, New En-gland Conservatory di Boston). Dirige l’ensemble strumentale “La Divina Armonia” e suona in duo con il fratello Vittorio (viola da gamba e clavicembalo).

VITTORIO GHIELMISi è distinto sin da giovanissimo per l’intensità della sua interpretazione musicale e per la no-vità del suo approccio alla viola da gamba. Vincitore del Concorso Internazionale Romanini di Brescia (1995) ha ricevuto nel 1997 “The Erwin Bodky Award” (Cambridge, Massachussets), riservato al miglior giovane musicista. Ha compiuto gli studi sotto la guida di Roberto Gini, Wieland Kuijken e Christophe Coin e si è laureato in filologia italiana all’Università Cattolica di Milano. In duo col fratello Lorenzo o con il liutista Luca Pianca, ha tenuto recital nelle più importanti sale d’Europa (Musikverein a Vienna, Philharmonie a Berlino), in Giappone (Ca-sals Hall) e negli Stati Uniti. Ha collaborato con artisti quali Gustav Leonhardt (in duo), Chri-stophe Coin, Cecilia Bartoli, András Schiff, Viktoria Mullova, Mario Brunello e, come solista ospite e direttore, con importanti orchestre (Wiener Philharmoniker, London Philharmonia, Los Angeles Philharmonic Orchestra, Il Giardino Armonico, Freiburger Barockorchester). Con l’ensemble Il Suonar Parlante, da lui creato, si dedica all’investigazione del repertorio antico, ma anche a nuove realtà musicali; ha collaborato con jazzisti quali Kenny Wheeler, Uri Caine, Jim Black, Don Byron, Markus Stockhausen, cantautori come Vinicio Capossela, mu-sicisti di formazione extraeuropea come i virtuosi afghani Siar Hashimi (tabla), Khaled Arman (ensemble Kaboul). Ha inoltre eseguito in prima mondiale importanti composizioni contempo-ranee (Kevin Volans al Teatro Regio di Torino, Nadir Vassena alla Philharmonie di Berlino).Nel 2007 ha ideato e diretto uno spettacolo attorno al ciclo “Membra Jesu Nostri” di Buxtehu-de prodotto dal festival Semana de musica religiosa di Cuenca (Madrid); è inoltre assistente di Riccardo Muti al festival di Salisburgo per il repertorio napoletano del ‘700.Docente di viola da gamba al Conservatorio Luca Marenzio di Brescia, ha tenuto master class e conferenze in tutta Europa. Al Politecnico della cultura, delle arti e delle lingue di Milano organizza un ciclo di studi dal titolo “Il Suonar Parlante” sulle antiche tecniche strumentali e la loro sopravvivenza nelle tradizioni “etniche”. Autore di un metodo per viola da gamba (metodo Biordi-Ghielmi, ed. Ut-Orpheus, Bologna), ha pubblicato numerose pagine inedite e studi sul repertorio antico (ed. Minkoff, Fuzeau). Numerosissime le incisioni discografiche per Decca, Teldec, Virgin, Supraphon, Auvidis, win-terwinter, CPO, Harmonia Mundi Iberica meritando numerosi premi.

BRUNO GIURANNA Nato in una famiglia di musicisti, è stato tra i fondatori de I Musici, membro del Quartetto di Roma, e del Trio Italiano d’Archi. Ha iniziato la carriera solistica presentando in prima ese-cuzione assoluta, sotto la direzione di Herbert von Karajan, la Musica da Concerto per viola e orchestra d’archi dedicatogli da Giorgio Federico Ghedini. Ha suonato con orchestre quali Berliner Philharmoniker, Concertgebouw di Amsterdam, Tea-tro alla Scala di Milano, e direttori come Claudio Abbado, Sir John Barbirolli, Sergiu Celibi-dache, Carlo Maria Giulini e Riccardo Muti. Titolare fino al 1998 della cattedra di viola presso la Hochschule der Künste di Berlino, ha insegnato nella Musik- Akademie di Detmold, nel Conservatorio S.Cecilia di Roma, nel Royal College e nella Royal Academy di Londra ed in master classes in tutto il mondo. Frequentemente invitato al Festival di Marlboro negli Stati Uniti, insegna attualmente nei corsi della Fondazione Stauffer di Cremona, dell’Università di Limerick in Irlanda, dell’Ac-cademia Chigiana di Siena. Dal 1983 al 1992 è stato direttore artistico dell’Orchestra da Camera di Padova e del Veneto e nel 1988 ha presieduto la giuria della First International Bruno Giuranna Viola Competition in Brasile. La sua vasta discografia comprende registrazioni per Philips, Deutsche Grammophon, EMI; come violista ha ottenuto una Grammy Award Nomination e come direttore ha vinto un Grand Prix du Disque dell’Académie Charles Cros di Parigi.Profondamente convinto dell’importanza del “suonare insieme” come strumento insostituibile nello sviluppo della personalità musicale, si dedica da anni alla realizzazione di progetti di musica da camera che lo vedono impegnato al fianco di giovani musicisti in Europa e negli Stati Uniti.Cavaliere di Gran Croce al merito della Repubblica Italiana, ha ricevuto nel 2003 una laurea in lettere honoris causa dall’Università di Limerick ed è stato eletto nel 2011 presidente europeo di ESTA, associazione che riunisce gli insegnanti di strumenti ad arco in Europa.

NATASHA KORSAKOVADi origini greco-russe nasce a Mosca ed è figlia d’arte. Inizia lo studio del Violino all’età di cinque anni con il nonno Boris Korsakov e in seguito con il padre, il rinomato violinista An-drej Korsakov, presso la scuola del Conservatorio Tchaikovsky di Mosca. Dopo la prematura scomparsa del padre, continua gli studi con Ulf Klausenitzer a Norimberga e con Saschko Gawriloff a Koeln, riuscendo senza difficoltà nella difficile transizione da “enfant prodige” ad artista adulta.Ospite di alcuni prestigiosi festival europei: Liechfield (UK), Schleswig-Holstein, Uto Ughi per Roma, Bad Kissinger, Lockenhaus, Asolo Musica e Tempo Barocco Bergamo, si esibisce anche presso la Sala Grande del Conservatorio di Moskva, la Wigmore Hall London, Alte Oper Frankfurt, Auditorium di Milano, Konzerthaus Berlin, Concertgebouw Amsterdam e Suntory Hall Tokyo.Solista molto apprezzata per la sua musicalità e ampio repertorio (più di 55 concerti per Vio-lino ed Orchestra) in Europa suona regolarmente con la Philharmonisches Staatsorchester Mainz, Iceland Symphony, Düsseldorf Symphoniker, North Czech Philharmonie, Orchestra Filarmonica di Verona, Orchestra di Padova e del Veneto, Orchestra Sinfonica Verdi di Mila-

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no, Dutch Radio Orchestra.Nell’anno 1998 è stata nominata “Artista dell’Anno” in Chile. Oltre ai concerti eseguiti sotto la bacchetta del grande Mtislav Rostropovich, collabora con i direttori: Alun Francis, David Wiley, Ernest Green, Georg Fritzsch, Charles-Olivier Munroe.Nel 2000 partecipa a Parigi al concerto in Memorian Dimitri Šostakovič su invito di Irina Šostakovič.Nella stagione 2007/08 è ospite dei “Concerti del Quirinale” a Roma alla presenza del Presi-dente della Repubblica Italiana. Nel 2008 riceve Premio Sirmione Catullo e Artista dell’Anno in Italia.Nel 2009, in duo con il pianista Simone Soldati, suona nella romana Piazza del Campidoglio.Appassionata comunicatrice, è spesso ospite – in Italia – di trasmissioni televisive sui canali RAI e SKY. Nel Novembre 2010 è invitata a partecipare alla conferenza “21 minutes Know-ledge of Excellence” di Milano, che vanta la partecipazione di ospiti quali David Gross (Pre-mio Nobel di Fisica 2004), Susan Polgar (campionessa di Scacchi ), Woodrow Clark (Premio Nobel per la Pace 2007), Mario Brunello (musicista). Dal 2011 è testimonial della Fondazione Sorella Natura. Punti culminanti di questa stagione saranno la Tournée in USA e Messico con diverse orche-stre americane e l’inizio della collaborazione e la prima registrazione CD con il violinista Manrico Padovani. Dal 2006 è testimonial di Laura Biagiotti “Prêt-à-porter” e durante i suoi concerti, indossa gli abiti della stilista romana.Natasha Korsakova suona un violino “1843 Giovanni Francesco Presenda”, messo generosa-mente a sua disposizione, dalla sua collezione privata, da Giovanni Accornero.

SERGEJ KRYLOVNato a Mosca in una famiglia di musicisti, inizia lo studio del violino a cinque anni e all’età di dieci anni debutta con l’orchestra, affrontando i primi impegni concertistici in Russia, Cina, Finlandia e Germania. Giovanissimo conquista il Primo Premio al Concorso Internazionale “R. Lipizer” di Gorizia e, dopo un periodo di perfezionamento con Salvatore Accardo, vince il Concorso “A. Stradivari” di Cremona e il Concorso “F. Kreisler” di Vienna. Da quel momento intraprende una prestigiosa carriera concertistica che lo porta a esibirsi nelle grandi sale internazionali quali Philharmonie di Berlino, Philharmonie e Herkulessaal di Monaco, Musikverein e Konzerthaus di Vienna, Théatre des Champs-Elysées e Auditorium de Radio France a Parigi, Bozar di Bruxelles, Megaron di Atene, Suntory Hall di Tokyo, Teatro Colon di Buenos Aires, Teatro La Fenice di Venezia e Teatro alla Scala di Milano. Sergej Krylov collabora con prestigiose orchestre, tra le quali Wiener Symphoniker, Orchestra del Teatro Mariinsky, Staatskapelle di Dresda, English Chamber Orchestra, Russian National Orchestra, St. Petersburg Philharmonic, Hessischer Rundfunk Frankfurt, Camerata Academi-ca Salzburg, Orchestra Verdi di Milano, NHK Symphony Tokyo, Czech Philharmonic, Filar-monica Toscanini, ORT Orchestra Regionale della Toscana, Philharmonisches Staatsorchester di Amburgo e Copenhagen Philharmonic. Tra le personalità artistiche con cui ha collaborato, Mstislav Rostropovich è stata una figura fondamentale per il rapporto di amicizia e stima cre-atosi negli anni, oltre a quello professionale.

Nella sua carriera Krylov ha lavorato con direttori quali Valery Gergiev, Yuri Temirkanov, Vladimir Ashkenazy, Mikhail Pletnev, Rafael Frühbeck de Burgos, Nicola Luisotti, Andrey Boreyko, Vladimir Jurowski, Julian Kovatchev, George Pehlivanian, Jutaka Sado, Saulius Sondeckis, Zoltan Kocsis e Yuri Bashmet. Oltre ai numerosi recital per violino solo tenuti nelle principali sale da concerto, Krylov è stato molto impegnato anche nella musica da camera, collaborando con partner quali Yuri Bashmet, Bruno Canino, Itamar Golan, Denis Matsuev, Lilya Zilberstein, Aleksandar Madzar, Stefania Mormone, Maxim Vengerov, Misha Maisky, Yefim Bronfman, Nabuko Imai, il Quartetto Bel-cea ed Elina Garanča. Dal 2009 è Direttore Musicale della Lithuanian Chamber Orchestra. La sua discografia include registrazioni per EMI, Melodya e Agorà. Sergej Krylov suona lo Stradivari “Scotland University” (1734) della Collezione Sau-Wing Lam su concessione della Fondazione A. Stradivari di Cremona.

L’ARSENALEFondato nel 2005 a Treviso da giovani musicisti e compositori e sotto la direzione artistico/musicale di Filippo Perocco, è un gruppo di musicisti che si propone di superare la divisione tra lo scrivere musica e il fare musica; tra il concepire un suono e il gesto che produrrà quel suono; tra il tempo di vita di un suono e lo spazio che lo accoglie consumandolo. A riprova di un’indagine sempre viva e a servizio della Nuova Musica, l’ensemble dedica sin dal principio ampio spazio a prime esecuzioni e commissioni di giovani compositori, model-lando con prontezza di volta in volta il proprio organico.Organizza una propria rassegna quale L’arsenale_nuova musica a Treviso al cui interno ar-ticola concerti, seminari, masterclass e il concorso di composizione Chiamata alle musiche. Propone costantemente la collaborazione con ensemble, solisti e direttori del panorama in-ternazionale tra i quali ensemble Argento (New York), Neue Vocalsolisten, Edison Studio, Coro della Radio Lettone, Mario Caroli, Marco Angius, Zoltan Pesko, Michele Lomuto, Nadir Vassena, Kaspars Putninsh.Collabora con diverse istituzioni e partecipa a numerose rassegne di musica contemporanea quali la Biennale di Venezia, Mata Festival di New York, Beams, Northestern University e Brandeis University di Boston, University of Minnesota, Contemporanea e Taukay di Udine, American Academy e Goethe Institute di Roma, Centro tedesco di studi veneziani, associa-zione Kairos-Camino al Tagliamento, Accademia Musicale Villa Ca’ Zenobio, Compositori a Confronto di Reggio Emilia, Cemat-Progetto Sonora, ArsPublica e tante altre. Si è esibito in diverse sale quali Le Poisson Rouge di New York, Slosberg Music Hall, Fenway Cen¬ter di Boston, Ferguson Hall di Minneapolis, Teatro alle Tese, Piccolo Arsenale e Teatro Malibran di Venezia, Teatro delle Voci di Treviso.

MARIA MAZO Nata a Mosca nel 1992, si è avvicinata al pianoforte a cinque anni grazie alla madre violinista. Ha poi proseguito i suoi studi al conservatorio Čajkovskij di Mosca e ha debuttato in concerto all’età di nove anni eseguendo il Concerto per pianoforte di Mozart in la maggiore, KV 414, con la Moscow Chamber Orchestra.

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Da allora si è esibita in tutta Europa e Israele, a Londra, Milano, Mosca, Parigi e Tel Aviv, tra gli altri. All’età di tredici anni è stata la più giovane concorrente e vincitore del Concorso Internazionale per Giovani Pianisti Arthur Rubinstein in memoriam, in Polonia.Dal 2002 ha proseguito i suoi studi presso l’Università di Musica e Teatro di Hannover, in Germania. Dal 2007 promuove e sviluppa un innovativo format di concerti da camera desti-nati ad un pubblico giovane, supportata dall’Università di Musica e Teatro di Hannover dove insegna pianoforte.Oggi è tra gli artisti più promettenti della sua generazione. Il suo repertorio comprende una vasta gamma di lavori da solista e da camera e 17 concerti per pianoforte. È uno dei quattro personaggi principali del film “Nel cuore della musica” prodotto da Bel Air Media in collaborazione con ARTE, che dal 2005 è stato programmato nel canale televisivo americano PBS. Premiata in numerosi concorsi internazionali (XII Concorso Pianistico Internazionale Van Cliburn, USA; Richard Laugs Beethoven Piano Competition di Mannheim; Hastings Music Festival Piano Concerto Competition; Ha vinto più volte il Premio Giuliano Pecar e Città di Cantù. E ‘membro del Live Music Now! Fondazione Yehudi Menuhin e ha ricevuto le borse di studio dalla Fondazione Solti, il Konzertarbeitswochen internazionale a Goslar, Germania e Olanda Music Sessions, Paesi Bassi. Ha anche completato uno stage con The Boston Con-sulting Group - una delle società di consulenza leader a livello mondiale. Contemporaneamente ai suoi studi e alla sua carriera musicale, segue un master in gestione dei media.

ORCHESTRA D’ARCHI ITALIANAL’Orchestra d’Archi Italiana, fondata nel 1994, ha trovato in Mario Brunello un preparatore ideale per creare un percorso artistico coerente e originale, tramite un’attività che prosegue, rinnovandola, la lunga tradizione veneta della musica per archi. L’OdAI ha dedicato lunghi periodi allo studio e alla ricerca, preparando un vasto repertorio da Corelli ai compositori contemporanei. Progetti ed esecuzioni sono stati incoraggiati fin dall’inizio dall’approvazione entusiastica della critica, che ne ha colto l’impronta particolar-mente italiana, caratterizzata da generosità di suono, timbro, originalità del fraseggio e atten-zione alle ragioni dell’interpretazione. Scelta quale ensemble residente dell’Unione Musicale di Torino dal 1998 al 2000, quindi presente con un ciclo di concerti ad ogni stagione, l’OdAI trasferisce dal 2001 la propria resi-denza presso Musica Insieme di Bologna e contemporaneamente inizia un ciclo di concerti a Milano all’Auditorium e al Teatro Dal Verme. L’ODAI è stata regolarmente invitata da prestigiose stagioni concertistiche quali la Società del Quartetto di Milano, la IUC di Roma, gli Amici della Musica di Firenze, gli Amici della Musica di Mestre e dai Festival musicali internazionali, quali il Festival delle Nazioni di Città di Castello, il Festival di Cervo, il Festival Oleg Kagan di Tegernsee (Baviera), il Festival di Sorrento.Nel 2000 l’OdAI ha effettuato una lunga tournée in Asia e successivamente è tornata in Giap-pone dove sono stati presentati i tre CD registrati per Japan-Victor.Oltre a essere onorata della collaborazione con grandi musicisti come Gidon Kremer, Natalia

Gutman, Gunter Pichler, Viktoria Mullova, Giuliano Carmignola, Franco Rossi, Enrico Din-do, Giovanni Sollima, Joaquin Achucarro, Evgeni Kiriliov, François-Joel Thiollier, Alexan-der Lonquich, Andrea Lucchesini, Paul Meyer, Markus Stockhausen, Sergio Azzolini, Fabris Pierre, Emanuele Segre, Peter Sadlo, Bruno De Simone, Renaud Capuçon, Lorna Windsor, l’OdAI si distingue anche per la commistione frequente nei suoi concerti di temi di cultura contemporanea grazie alla presenza di personaggi impegnati, come Milena Gabanelli, Padre Enzo Bianchi, Erri De Luca, Alessandro Baricco, Philippe Daverio, Stefano Benni e Marco Paolini. L’OdAI ha anche collaborato con altre orchestre, quali la Kremerata Baltica di Gidon Kremer, e l’Orchestra da Camera di Mantova, diretta da Umberto Benedetti Michelangeli, per l’esecu-zione della Nona Sinfonia di Beethoven. Molte produzioni dell’ODAI sono state registrate per la RAI Televisione e per Radio Tre Suite.Tra i progetti speciali di forte impatto sul pubblico, figurano lo spettacolo multimediale in col-laborazione con il fotografo G. Iannuzzi (musiche di Schostakovich e Gubaiduljna) e quello del “Teatro da Camera” con il musicattore Luigi Maio, la cui trascrizione per archi del Peer Gjnt di Grieg è dedicata all’OdAI.Nell’ambito del suo progetto “Restauro” l’OdAI ha collaborato con alcuni tra i più noti mu-sicisti jazz italiani, tra i quali Gabriele Mirabassi, Pietro Tonolo e Stefano Battaglia. L’anno scorso ha compiuto una lunga tournée in Sudamerica e ha collaborato allo spettacolo teatrale “Concerto Apocalittico” con Stefano Benni e Danilo Rossi.

MANRICO PADOVANINasce a Zurigo da genitori italiani e studia con Aida Stucki-Piraccini a Winterthur e Herman Krebbers ad Amsterdam, perfezionandosi parallelamente con personalità quali R. Ricci, F. Gulli, V. Pikaizen, B. Belkin, D. Zsygmondy e K.H. Stockhausen.Considerato uno dei maggiori talenti svizzeri, sostenuto attualmente anche dalla violinista Anne-Sophie Mutter tramite la sua Fondazione, vince premi e riconoscimenti al “Concorso internazionale di musica di Vienna”, al “Ruggiero Ricci’s International Master Competition” di Berlino, all’ “Accademia Chigiana” di Siena. Vince a livello nazionale anche il “Premio del giubileo” UBS, più volte il premio “Kiefer-Hablitzel” dell’”Associazione dei musicisti svizzeri”, premi nazionali e borse di studio presso le fondazioni “J. Bär” e “Schuler”.Ospite di prestigiosi Festivals come il “Lucerne Festival”, le “Interlakner Festwochen”, il “Bad-Kissinger Sommer” e lo “Schleswig-Holstein Musik Festival”, si esibisce anche in pre-stigiose sale come la sala grande del Musikverein di Vienna, Alte Oper Frankfurt, Ohji Hall di Tokio, Kultur- e Kongresszentrum Lucerna e molte altre.Dopo il suo debutto nella grande sala del casino di Basilea si è esibito in Europa, in Ameri-ca del nord e del sud e in Asia accompagnato da orchestre come l’Orchestra Filarmonica di Stoccarda, la Sinfonia Varsovia, l’Orchestra Filarmonica di Praga, l’Akademische Staatska-pelle di San Pietroburgo, la Güri Philharmonic Orchestra di Seoul, l’Orchestra Filarmonica di Mosca, l’Orchestra sinfonica di Basilea, l’Orchestra della Svizzera Italiana, l’Orchestra del Musikkollegium di Winterthur, la Südwestdeutsche Philharmonie di Costanza e la Regina Symphony Orchestra, ecc., con direttori come A. Boreiko, R. Barshai, M. Viotti, A. Griffiths,

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B. Perrenoud, Jia Lü, P. Altrichter e molti altri.Accanto alle sue registrazioni su CD e DVD già esistenti (tra le quali spiccano i Concerti per violino e orchestra di Brahms, Beethoven, Prokofjev e Paganini), saranno pubblicate prossi-mamente su CD e DVD esibizioni dal vivo registrate a Vienna, a Praga e a Seoul ed è molto attesa la sua registrazione del ciclo completo dei 24 capricci op. 1 di Niccolò Paganini.È stato inoltre invitato a registrare parte della colonna sonora del Film “Sinestesia” di Erik Bernasconi presentato al festival internazionale del Film di Berlino 2010.Dal 2011 è testimonial della Fondazione Sorella Natura.Manrico Padovani suona sullo Stradivari “Jupiter” del 1722 messo a disposizione dalla Nip-pon Music Foundation di Tokio.

FILIPPO PEROCCOSi diploma in Composizione (R. Vaglini) e Organo presso il Conservatorio di Venezia. Ha studiato Direzione d’Orchestra con E. Pomarico e S. Cambreling. Partecipa al 40° e 41° Fe-rienkurse von neue Musik Darmstadt. Nel 2006 è Composer in residence all’ European Centre for the Arts di Dresda.Nel 2007 è stato selezionato per Acanthes. Nel 2008 riceve l’Italian Arts Fellowship dell’Ame-rican Academy in Rome. Nel 2009 riceve il premio Fulbright conferito dalla Commissione per gli scambi culturali fra l’Italia e gli Stati Uniti - J. William Fulbright Foreign Scholarship Board (FSB) con un’affiliazione con la Brandeis University di Boston (USA).Sue opere sono commissionate da Biennale Musica di Venezia, Kulturprojekts Enparts von Musik der Jahrhunderte, Incontri Asolani, Settimane musicali, Finestre sul ‘900, Divertimento ensemble, ExNovoMusica, Brighton Festival, trio Kaida, Vokalensemble Neue Musik Berlin, Astra concerts, Altri Canti, Brinkhall Summer Concert, ECHO, collaborando con solisti e direttori quali Ciro Longobardi, Sonig Tchakerian, Daniel Gloger, Natasha Korsakova, Asami Kanai, Marco Angius, Fabian Panisello, Peter Hirsch, Michael Finnissy, Jonathan Stockham-mer, Jacques Mercier, Milko Kersten e tanti altri.I suoi lavori sono eseguiti da Holland Symphonia, Dresdner Sinfonikern, Young Janáček Phil-harmonic Orchestra, Sinfonia Varsovia Orchestra, Orchestre National de Lorraine, Filarmonia Veneta, Orchestra d’Archi Italiana, ORT, Orchestra Mitteleuropa, Dresden Sinfonietta, Vir-tuosi Italiani, Vocal Modern, CoroinCanto, Ixion, Aleph, Argento, Knights, Accroche Note, Algoritmo, Kaida, ExNovo, Astra Choir, e trasmesse da Radio di Belgrado, NPS, WQXR, SBS, BBC, RAI, Polski Radio. Presente in rassegne internazionali tra le quali Biennale di Venezia, Gaudeamus, Manca, Aspekte Salzsburg, Time of Music, Acanthes, Warsaw Autumn, ExNovoMusica, Musica Strasbourg, MATA Festival, UND#, Spannungen, Incontri Asola-ni, Contemporanea Udine, Theatre Dunois Paris, Musica/Realtà, Cantiere di Montepulciano, Italian Academy, BEAMS, Finestre sul ‘900, Zèppelin, Axes, Muziekcentrum De IJsbreker, Tufts Composers New Music Festival, Rencontres Lunel, C. N. de la Música México, Rebus, New London Wind Festival, Boston Harp Festival, Review of Belgrade, Brighton Festival, Astra Concerts.Coautore ed esecutore delle musiche del monologo di D. Villatico “Voi che ascoltate” ( Ve-nezia, Ateneo Veneto e Teatro La Fenice - Sala delle Esposizioni - Febbraio 2005). Come direttore è chiamato a collaborare con Neue Vocalsolisten, EuropaChorAkademie, United In-

struments of Lucilin, Mannheimer Schlagwerk, Argento, Acme, Ecce, Metropolis, Biennale di Venezia, Mata festival, Johannes Gutenberg-Universität Mainz, Brandeis e Northeastern University di Boston.È fondatore e direttore artistico dell’ensemble L’arsenale e del festival Nuova musica a Trevi-so. È pubblicato da ArsPublica e Doblinger.

FRANCESCA POROPAT Nata a Venezia, dove ha conseguito il diploma di canto presso il Conservatorio “B. Marcello” nel 1999. Nel 2001 è unica vincitrice del concorso internazionale per un posto di contralto nel Coro del Teatro La Fenice di Venezia. Nello stesso anno viene premiata con una borsa di studio al “XIX concorso di musica vocale da camera Città di Conegliano” e nell’ottobre 2006 vince il Premio speciale “Silvio Omizzolo” all’omonimo concorso di musica da camera.Nella sua attività concertistica ha interpretato brani del repertorio lirico, cameristico e sacro fra i quali spiccano Requiem di W. A. Mozart; Dixit Dominus di G. F. Haendel; Gloria, Ma-gnificat, Beatus Vir di A. Vivaldi; Missa in Tempore Belli di F. J. Haydn e Nunc Dimittis di B. Galuppi con orchestra e coro del Teatro La Fenice di Venezia e Messa di Gloria di G. Rossini con orchestra e coro del Teatro dell’Opera di Roma.Molto attiva nell’ambito della musica contemporanea, ha eseguito opere di L. Nono, L. Berio, L. Andriessen, C. Ambrosini, M. Di Bari, G. Pauletta, M. Lenzi, R. Vaglini, e dal 2007 fa parte dell’ensemble L’Arsenale con il quale ha anche partecipato a numerose prime esecuzioni as-solute di giovani autori italiani (F. Perocco, L. Sammarchi, F. Costanza, D. Sibilla, E. Maestri, O. Francescato, L. Tomio).Ha inoltre collaborato con piccoli gruppi vocali come l’ottetto Tourdion, l’ensemble Nuove Antiche Note ed il Cuiusvis Toni Quartet spaziando dal repertorio della musica antica a cap-pella fino a quello della musica contemporanea.

RODNEY PRADANato nel 1973 in Costa Rica in una famiglia di liutai, inizia giovanissimo gli studi musicali nella sua città natale. Si trasferisce all’età di 11 anni in Italia dove prosegue la propria forma-zione presso la Civica Scuola di Musica di Milano dove si dedica allo studio della viola da gamba sotto la guida di Roberto Gini e Vittorio Ghielmi.Affermatosi rapidamente nel panorama musicale italiano ed europeo, collabora con ensemble di primo piano quali Elyma, Il Giardino Armonico, La Fenice, Les Musiciens du Louvre, Eu-ropa Galante, Accademia Bizantina, Les Talens Lyriques, Concerto Italiano, Il Suonar Parlan-te, Accademia del Piacere, La Venexiana, L’Amoroso, Labyrinto, Quartetto Italiano di Viole da gamba, La Capella della Pietà de’ Turchini, L’Arpeggiata con concerti per le maggiori istituzioni musicali in Europa e in nord e sud America.Come solista e con Il Suonar Parlante, oltre al repertorio antico, si dedica anche a quello con-temporaneo e jazzistico in progetti che sperimentano l’uso degli strumenti antichi in contesti musicali attuali, collaborando con giovani compositori italiani e jazzisti quali Uri Caine, Ernst Reijseger e Kenny Wheeler.Ha inciso per: Teldec, Astrée, K617, Opus111, Winter&Winter, Symphonia, Glossa, Arts, Nai-ve e Tactus. Nel 2007 partecipa con Stefano Montanari e Maurizio Salerno alla registrazione,

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per la rivista Amadeus, dell’integrale delle Sonate per violino, viola da gamba e b.c. di Buxte-hude. Insegna viola da gamba presso l’Accademia Internazionale della Musica di Milano.

MASSIMO RACCANELLINato nel 1988, inizia a 11 anni lo studio del Violoncello con Marco Dalsass. A 17 anni è ammesso al Conservatorio “A.Steffani” di Castelfranco Veneto nella classe del Walter Vesti-dello.Dal 2000 al 2006 ha fatto parte dell’orchestra giovanile la “Rejouissance” diretta da Elisabetta Maschio, in qualità di primo violoncello e solista.È invitato da 6 anni a partecipare in qualità di basso continuo e solista al Junges Musik Podium Dresda-Venezia esibendosi in Italia e Germania, un laboratorio europeo dedito all’esecuzione di musica barocca, sotto la guida di Maestri quali Andrea Marcon, Giuliano Carmignola e Stefano Montanari. È membro co-fondatore de “l’Arsenale”, ensamble di musica contempo-ranea diretto da Filippo Perocco, con il quale ha suonato per importanti istituzioni e rassegne musicali quali il Goethe Institut di Roma, Compositori a Confronto di Reggio Emilia, Centro Tedesco di Studi Veneziani, Matha Festival (New York),Brendeis University(Boston),Fenway Center (Boston), Ferguson Hall(Minneapolis) .Ha fondato, inoltre un quartetto d’archi, il Quartetto “Logos” con il quale si esibisce per varie ed importanti associazioni e rassegne musicali, tra le quali Asolo Musica, Amici della Musica del Veneto,Bottega Tartiniana (Padova), Suonar da Camera (Venezia), Musei d’Estate (Tre-viso), Musica dal Vivo2008 (Treviso,palazzo Bomben), i Venerdì della Musica (Tarvisio).Il Quartetto è stato premiato nel 2007 al Concorso Internazionale “Città di Pieve di Soligo”e riceve ampi consensi di critica e di pubblico.Suona inoltre in un gruppo di Ottetto d’Archi “Il Divertimento” guidato da Piero Toso.Nell’anno 2006,2008 e 2009 ricopre il ruolo di primo violoncello nell’Orchestra Regionale dei Conservatori del Veneto(ORCV) sotto la direzione di Piero Bellugi ed Eliahu Inbal.Collabora frequentemente con l’Orchestra d’Archi Italiana (Mario Brunello), i Filarmonici Europei (Aldo Ceccato),Orchestra delle Venezie(Giovanni Angeleri).Nel corso degli anni di studio partecipa a Masterclass Estive quali “Festival Musicale Savi-nese” con Marco Dalsass e nel 2008 alla “Fondazione S.Cecilia di Portogruaro” con Enrico Bronzi.Nell’ottobre 2009 si diploma col massimo dei voti al Conservatorio “A. Steffani” di Castel-franco Veneto sotto la guida di Walter Vestidello. Nell’anno 2009/10 ho studiato con Mario Brunello presso la Masterclass Annuale in “Antiruggine”. Ha partecipato nell’anno 2010 al Corso di Perfezionamento in “Accademia Chigiana” di Siena tenuto da Antonio Meneses. Nell’Estate 2010 gli viene assegnata dal “Festival Musicale Savinese” la Borsa di Studio inti-tolata a Federico Bindi. Da ottobre 2010 studia Direzione d’Orchestra presso l’ “Hochschule für Musik und Theater” di Monaco di Baviera nella classe di Bruno Weil.

LIVIA RADO Si diploma in canto sotto la guida di Marina Bottacin e si perfeziona con Fernando Cordeiro Opa. Dopo aver frequentato i corsi di Claudio Desderi presso la Fondazione Musicale di S. Cecilia di Portogruaro e la Scuola di Musica di Fiesole, viene selezionata l’opera Lo Speziale

di J. Haydn, che debutta con l’Orchestra di Padova e del Veneto. Collabora in seguito con l’ensemble Collegium Apollineum e con La stagione Armonica per diversi festival tra cui Mi-steria Paschalia (Cracovia), Ravenna Festival, Salzburg Festival, diretta tra gli altri da R. Muti e O. Dantone. Rivolge costantemente la sua attenzione al repertorio contemporaneo, anche come componente dell’ensemble L’arsenale. Numerose, in questo ambito, le partecipazioni a importanti festival tra cui Mata Festival (New York), Biennale di Venezia, Nuova Consonanza (Roma), l’Imaginaire (Strasburgo), Cantiere Internazionale d’Arte di Montepulciano. Il suo repertorio spazia dai lavori di compositori quali L. Nono, L. Berio, G. Griséy, M. Feldman, G. Kurtàg, I. Fedele, B. Furrer, alle numerose prime esecuzioni assolute di giovani compositori.

TAMARA SOLDANInizia gli studi musicali nella sua città Oderzo (TV) a 9 anni studiando il violino e contempo-raneamente cantando in un coro polifonico con il quale ha vinto il prestigioso premio “Guido d’Arezzo” e si è avvicinata alla musica contemporanea collaborando con don Mansueto Viez-zer. Nel 1995 si avvicina al jazz seguendo i corsi di armonia e improvvisazione jazzistica con il pianista Bruno Cesselli e tecnica vocale con la cantante, ex corista di F. De Andrè, Danila Satragno. Contemporaneamente entra a far parte del Coro Lirico Opitergino con il quale parte-cipa a numerosi concerti e all’allestimento di Opere liriche. Come cantante jazz ha partecipato a varie manifestazioni; nell’agosto 2004 al seminario “Viggiano jazz” seguendo il corso di canto con Carla Marcotulli e partecipando all’orchestra diretta da Mario Raja (Siena jazz). Ha frequentato inoltre seminari di canto con: Rachel Gould, Sheila Jordan, Marc Murphy, Carl Anderson, Ines Raiger, Barry Harris, Shauwn Monteiro, Dave Shnitter, Michele Hen-drics, Norma Winstone, Barbara Casini, Pete Churchill, Bob Stoloff, John Taylor, Michael Brecker. Nel luglio 2005 ha frequentato il Summerjazz Workshop a Bassano del Grappa tenuto dagli insegnanti della New School For Jazz And Contemporary Music di New York sotto la guida delle cantanti Sheila Jordan e Kate Baker. Nel 2006 ha partecipato al Symposia Art di Spoleto e al corso di perfezionamento in improvvisazione jazzistica a Bertinoro con Norma Winsto-ne.Nel 2007 frequenta i seminari a Sant’Anna Arresi (CA) e al workshop “duo piano-voce” sotto la guida di Glauco Venier e Diana Torto.Attualmente si sta laureando in Musica jazz presso il Conservatorio di musica di Adria sotto la guida della cantante Diana Torto e del direttore Fabio Petretti oltre a svolgere attività concerti-stica in teatri e rassegne musicali. Ricopre inoltre il ruolo di solista nel gruppo vocale “Aurea Luce”che propone la divulgazione del canto gregoriano.

WALTER VESTIDELLOVioloncellista trevigiano, ha studiato sotto la guida di A. Vendramelli con cui si è diplomato al Conservatorio di Musica “B. Marcello” di Venezia.Ha svolto intensa attività concertistica in Italia ed all’estero con diversi gruppi cameristici: ha studiato con il Quartetto Amadeus e si è esibito con un quartetto formato da prime parti dell’Orchestra del Teatro “La Fenice” di Venezia in importanti rassegne musicali internazio-nali. Con l’Orchestra di violoncelli “Villa-lobos” guidata da Mario Brunello ha effettuato di-

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verse tournées tra cui, nel 1987, in Brasile in rappresentanza dell’Italia per il centenario della nascita di H. Villa-lobos.Per alcuni anni è stato primo violoncello dell’Orchestra Filarmonia Veneta di Treviso.Nel 1983 ha fondato i Sonatori de la Gioiosa Marca, ensemble che interpreta musiche dei se-coli XVI, XVII e XVIII seguendo le regole della prassi originale. Fin dalla fondazione questo gruppo è stato invitato ad esibirsi in importanti manifestazioni musicali in tutta Europa ed in alcune città del Sud America. Nel 1998, con i Sonatori ed il mezzosoprano Cecilia Bartoli, ha suonato al Mozarteum di Salisburgo, allo Staatsoper di Monaco di Baviera, Filarmonica di Colonia, Musikverein di Vienna, Concertgebow di Amsterdam.Per alcuni anni è stato il violoncellista del Paganini Consort con F. Mezzena violino, M. De-fant viola, M. Scattolin chitarra.Dal 2007 collabora stabilmente con l’Orchestra Mozart, fondata e diretta da Claudio Abbado, in cui è stato chiamato a coprire il posto di ‘Primo violoncello’ ed a partecipare ai concerti cameristici dei solisti dell’orchestra stessa; con quest’orchestra registra per la Deutsch Gram-mophon. Ha tenuto numerosi corsi di violoncello barocco in tutta Italia.Ha collaborato con la Radio della Svizzera Italiana, ha registrato per RAI 3, la Radio Austria-ca, la WDR (Germania) e la Deutchland Rundfunk di Colonia. Numerose le incisioni disco-grafiche. Per la Divox Antiqua ha realizzato diversi CD con i Sonatori de la Gioiosa Marca, alcuni dei quali con la partecipazione del violinista Giuliano Carmignola, incisioni che sono state premiate dalla critica internazionale. Sempre con i Sonatori ha poi registrato per la Erato di Parigi e per la Warner Classics ha inciso “Early concertos for Violoncello obligato” di A. Vivaldi come violoncello solista.È docente di violoncello presso il Conservatorio “A. Steffani” di Castelfranco V. (TV).

SONIA VISENTINDiplomata in canto con il massimo dei voti, ha debuttato ruoli principali come Lucia in Lucia di Lammermoor di Donizetti, Der Koenigin der Nacht in Die Zauberfloete di Mozart, Corinna nel Viaggio a Reims di Rossini, Dinorah nell’omonima opera di Meyerbeer, Olympia in Les Contes d’Hoffmann di Offenbach, M.me Herz in Der Schauspieldirektor di Mozart, Lucieta in I Quattro Rusteghi di Wolf-Ferrari.Nel suo repertorio figurano inoltre Ophelia in Hamlet di Thomas, Zerbinetta in Ariadne auf Naxos di Strauss, Gilda in Rigoletto,Violetta in Traviata di Verdi, Les Noces di Stravinsky, Carmina Burana di Orff.Alcuni direttori con i quali ha lavorato: Zedda, Oren, Bellugi, Panni, Tate, Fournillier, Vero-nesi, Renzetti, Rizzi-Brignoli, Lijfors, Parisi, Masson, Curtis, Borgonovo, Rek, Benedetti-Michelangeli, Pidò. Fra registi si ricordano: Kemp, Proietti, Foà, De Fusco, Gregoretti, De Bosio, Marini, Crivelli, Barberio-Corsetti, Pichon, Landi.È stata ospite di stagioni d’opera e concertistiche (sia liriche che contemporanee) in vari teatri e manifestazioni tra cui: Regio di Parma, Regio di Torino, Fenice di Venezia, Comunale di Bologna, San Carlo di Napoli, Teatro Verdi di Trieste, Politeama di Palermo, Teatro Verdi di Firenze, Ponchielli di Cremona, Donizetti di Bergamo, Grande di Brescia, Festival Teatro Napoli all’estero al Teatro di S.Etienne e Vichy (Francia), allo Chatelet di Parigi, Teatro di Bastia (Corsica), Liceu di Barcelona, Teatro di Oviedo, Teatro di Avignone, Teatro di Lione,

Festival Barocco “le Feste di Apollo” (Parma) e in Festival di musica contemporanea a Rey-kjavik (Islanda), Tourcoing (Francia), Ludwigsburg (Germania), Dordrecht (Olanda), Istanbul (Turchia), Budapest (Ungheria).Nell’ambito della musica contemporanea, è stata protagonista di numerose prime assolute, e concerti, in particolare: “Medea” nell’omonima Opera di A.Guarnieri, “Il Giudizio Universa-le”, “Big Bang Circus”, “il Canto della Pelle” di C.Ambrosini, “Pietra di diaspro” di A. Guar-nieri, “Una favola per caso” opera di N. Sani e L. Gregoretti, “Il Re Nudo” di L. Lombardi, “Il carro e i canti” di A. Solbiati e a dicembre 2010 alla Fenice di Venezia è stata co-protagonista de “Il Killer di parole” di C. Ambrosini, premio “Abbiati 2010-2011”.

WOLFGANG WÖLFERNato a Eisenstadt, ha ricevuto le sue prime lezioni di violino presso il locale Conservatorio “Joseph Haydn” a partire dall’età di sette anni. Dal 1985 ha studiato violino presso la Univer-sity of Music and Performing Arts.Nel 1989 ha ricevuto il Primo Premio al concorso nazionale “Giovani Musicisti”. I suoi inse-gnanti a quel tempo erano M. Frischenschlager e R. Kuchl.Dal 1993 ha ricevuto lezioni di viola e J. A. Staar e ha iniziato suonare nella Vienna Philhar-monic Orchestra.Dal 1995 ha studiato con il leggendario Z. Bron a Lubecca.Nel 1997 è finalista al provino per prima viola della Vienna Philharmonic Orchestra.È stato solista al Musikverein e alla Konzerthaus di Vienna, alla Sala Bruckner di Linz, e al Festival di Haydn in Giappone. Ha eseguito musica da camera con musicisti di fama mondiale come Z. Bron, R. Kuchl, O. Mandozzi, K. Urushihara, J. Hattori e molti altri.Dal 1999 al 2003 ha vissuto in Giappone dove ha insegnato viola presso il College of Music di Tokyo e la Bunri Tokushima University. Ha tenuto corsi di perfezionamento a Vienna, Londra e in Giappone ed ha al suo attivo nu-merose registrazioni radiofoniche e televisive. Ha registrato CD, delle sonate per viola e pia-noforte di J.Brahms con la pianista giapponese Akira Wakabayashi e duetti per viole con Wolfgang Klos. Wolfgang Wolfer suona una viola realizzata da Federico Goldnagl a Vienna nel 1995 e usa le corde “Vision Solo” Thomastik-Infeld.

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I SOSTENITORI

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Il Gruppo Fil Man Made, operante sul mercato da quasi trent’anni di attività e di continuo e costante sviluppo, ha raggiunto il traguardo della produzioni di filati di altissima qualità con le più avanzate tecnologie a disposizione del settore. Questo processo si avvale di investimenti nella ricerca e nelle risorse tecnologiche più evolute, di acquisizioni di aziende di nicchia altamente specializzate, formazione e continuo aggiornamento del personale tecnico ed operativo.

Fondata nel 1972 dall’attuale proprietà, il Gruppo Fil Man Made, iniziata la propria attività a Trieste, ha il suo primo nucleo produttivo a Trevignano (Tv), a cui fanno seguito la costruzione dello stabilimento di S.Giorgio di Nogaro (Ud) nel 1980 (ed ampliato nel 1984 e nel 1997) e la creazione di una nuova società, la SUNFIL con sede a Maniago (Pn), con macchinari e tecnologie avanzate, che le permettono di essere considerata la più moderna unità produttiva di filati di qualità dell’intera Europa. Dal 2000 sono stati creati gli stabilimenti di Muggia (Ts), Cerkezkoy (Turchia), Suzhou (Cina) anch’essi dotati delle più avanzate tecnologie di settore.

Per fare fronte alle crescenti esigenze del mercato, vi sono 5 diverse unità produttive con macchine, fasi di lavorazione e prodotti differenziati, mirati a trasformare le materie prime in filati, che saranno poi impiegati in vari settori.

Il Gruppo Fil Man Made rappresenta oggi una delle maggiori realtà europee in questo settore.

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PresidenteMaurizio Jacobi

Direttore artisticoFederico Pupo

Segreteria artistica e organizzazioneClaudio Sartorato, Gianfranco Spigolon Meneguzzo, Sara Zanchetta

Segreteria amministrativa e organizzativaAnna Lydia Dalla Rosa, Maria Rosa Florian, Sergio Pavan

Consulente amministrativoStefano Fibbia

Stampa e comunicazioneMarina Grasso

CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONEMaurizio Jacobi, presidenteRiccardo Moscatelli, vicepresidenteBattista Parolin, presidente onorarioBattista SernagliaGino Sist

COLLEGIO SINDACALEPaolo AndolfatoMarco Bottari De Castello, presidenteDaniele Carboni

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Finito di stampare nel mese di agosto 2011 pressoTipografia Biblos Srl - Cittadella (PD)

STAMPA & EDITORIAwww.biblos.it

BELLUSSIVALDOBBIADENE

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